5 minute read
SAPERE
from Maggio 2022
CIHEAM, la storia lungo 60 anni di progetti
Dall’agricoltura sostenibile in generale, alla sicurezza alimentare passando per l’ uso efficiente delle risorse naturali, adattamento ai cambiamenti climatici, gestione integrata delle aree costiere, empowerment delle donne, pesca e acquacoltura. Ecco il CIHEAM Bari che lavora in più di 20 paesi mediterranei, africani e asiatici e ha centinaia di partenariati con istituzioni, università, società civile e imprese.
Cosimo Lacirignola
Investire nel nostro Pianeta condividendo e adattando la conoscenza ai bisogni del territorio è l'obiettivo del CIHEAM Bari, sede italiana del Centre International de Hautes Études Agronomiques Mediterranéennes, Organizzazione intergovernativa con sede principale a Parigi. Il lavoro di ricerca svolto dal 1962 dal Centro di Bari è improntato principalmente sulla gestione delle risorse idriche, del suolo e sull’agricoltura biologica. Quest'anno ricorre il 60esimo anniversario dalla fondazione e la progettualità sviluppata sul territorio potrebbe portare la Puglia a diventare un modello a livello mondiale. Il CIHEAM Bari è un centro di formazione postuniversitaria, ricerca scientifica applicata e progettazione di interventi in partenariato sul territorio nell'ambito di programmi di ricerca e cooperazione internazionale. L'Istituto di Bari, uno dei quattro centri operativi del CIHEAM (Bari, Montpellier, Chania e Zaragoza), è stato, con quello di Montpellier, il primo a essere fondato. Una ricorrenza rilevante, quella dei sessant'anni, in un momento in cui la corretta gestione delle risorse del Pianeta è ormai una sfida non più prorogabile. In tale occasione, un'area del campus sarà intitolata a Cosimo Lacirignola,
direttore dell’Istituto di Bari dal 1987 al 2016 e Segretario Generale del CIHEAM dal 2013, prematuramente scomparso nel 2018. Il suo contributo è stato fondamentale per lo sviluppo del territorio. Dal 2006 al 2010 è stato anche presidente della Fiera del Levante e, in precedenza, funzionario della Commissione Europea e consigliere dell'ex ministro delle politiche agricole Gianni Alemanno.
Illustrando lo spirito del Centro, il direttore aggiunto del CIHEAM Bari, Nicola Lamaddalena, sottolinea come le idee non possano essere calate dall'alto in un territorio diverso da quello in cui sono state elaborate. Senza formazione e adattamento alle caratteristiche peculiari del luogo (e della cultura), ogni idea rischia di essere fallimentare. "L'attività principale si svolge nel Bacino del Mediterraneo – spiega – in tutti i 13 Paesi che fanno parte del CIHEAM. Nel Sud circa l'80% della risorsa idrica è utilizzata in agricoltura. L'acqua è un problema cruciale. Se si vuol cercare di risparmiare acqua bisogna agire in agricoltura. Esiste infatti un forte problema di sbilancio tra domanda e offerta. La popolazione cresce, il clima cambia, le abitudini alimentari variano. La popolazione aumenta e, di conseguenza, la richiesta di acqua e cibo. Dunque è assolutamente importante ottimizzarne il consumo”.
A impattare in modo violento sulla diminuzione di acqua disponibile sono l'inquinamento, il cambio climatico e i problemi di tipo geopolitico. “I Paesi che si trovano in un'area a monte spesso intercettano l'acqua ostacolando il consumo per quelli che invece si trovano a valle. Pensiamo ai grandi conflitti del Nilo, del Giordano, del Tigri e dell'Eufrate: sono conflitti nati per l'acqua. La modalità con cui queste problematiche vanno affrontate richiede un approccio
Nicola Lamaddalena
tecnico e gestionale” sostiene ancora Lamaddalena, sottolineando l'importanza del confronto. “Se inseriamo una nuova tecnologia in un Paese e non la accompagniamo con un modello di governance non otteniamo alcun risultato. Noi in Istituto ci occupiamo infatti anche della formazione. La tecnologia non può essere trasferita; va adattata e l'adattamento va fatto con i partner. Non trasferiamo mai un progetto così com'è: studiamo e discutiamo i problemi del territorio oggetto di intervento e insieme troviamo soluzioni, condividendo le esperienze”.
Nicola Lamaddalena fornisce alcuni esempi concreti: “In Egitto, dove l'unica fonte è il Nilo, gli agricoltori prendono acqua attraverso i canali utilizzando sistemi a pelo libero. Il che rende le produzioni di grano molto alte, ma c'è un eccesso di acqua che finisce nei canali di drenaggio che poi viene trasferita nel resto dei distretti e riutilizzata. La qualità di quest'acqua di riutilizzo è molto bassa. Insieme alla Fao abbiamo svolto un progetto per mettere a punto dei prototipi di distribuzione dell'acqua in modo calibrato, attraverso tubi forati, che aumentano l'efficienza. In via sperimentale siamo arrivati a una riduzione dell'acqua di drenaggio del 50%. Sui campi egiziani siamo riusciti a ridurre del 30% lo spreco di acqua”.
Dobbiamo pensare al meccanismo di irriga-
Alcune immagini storiche degli anni '70
zione come a un bicchiere d'acqua: è possibile riempirlo fino a certo punto, dopodiché va tutto sprecato. Allo stesso modo ogni campo, e ogni coltura, ha bisogno di un quantitativo preciso di acqua, superato il quale si perde efficienza, come nel caso dei campi egiziani. “A Taranto – racconta Lamaddalena – abbiamo fatto uno studio sulla vite da tavola. Gli agricoltori utilizzano circa 5mila mq/ettaro di acqua con punti di eccesso e punti di crisi. Il nostro studio ci ha permesso di appurare che ne bastano 3.700 mq/ettraro”.
Tra i vari progetti messi a punto nel CIHEAM Bari, c'è stato anche il contributo allo sviluppo degli “acqua card”, cioè idranti che funzionano con scheda elettronica. “Abbiamo sviluppato il microprocessore, molto diffuso nei sistemi di distribuzione di acqua in pressione, e abbiamo adattato questa tecnologia al prelievo di acqua dalla falda. Si imposta il volume di acqua da poter prelevare sulla scheda. Questa apparecchiatura consentirebbe di risolvere il problema del sovrasfruttamento della falda effettuando anche un controllo sulla qualità poiché l'apparecchio è collegato a un rilevatore di salinità. Quando si supera un certo livello di salinità si ferma il prelievo. Se fosse diffusa potrebbe contribuire a creare un modello di gestione della falda che al momento nel mondo non esiste. La Puglia potrebbe diventare così un modello di corretta gestione".