Maxim maggio 2012

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EDITORIALE

UN GIRO DI GIOSTRA

di Paolo Gelmi direttore responsabile

Provo sempre a immaginarmi un mondo migliore senza cadere nella retorica più bieca, e ogni volta la mia immaginazione scavalca confini, attraversa spazi inesplorati e si abbandona a speranze perdute, ma come la fine di un incantesimo ricado sempre nella realtà e le mie illusioni lasciano spazio a cose che ben poco mi appartengono e poco mi soddisfano e troppo spesso mi lasciano basito nel silenzio più totale. Apparteniamo a un mondo dove tutto spesso è colluso, vanno avanti solo quelli che hanno santi in paradiso e per paradiso intendo le stanze del potere - qualunque esso sia, nessuno fa niente per niente, il solo obiettivo e raggiungere la vetta percorrendo la strada più comoda e breve, se sei amico di quello oppure dell’altro hai più possibilità di raggiungere il tuo scopo e poco conta quanto tu realmente valga, conta solo chi è il tuo sponsor, e occhio a non pestare il piede alla persona sbagliata, rischieresti di vedere il tuo lavoro andare in fumo nonostante il tuo impegno. Il chiacchiericcio e la diffamazione sono oramai il biglietto da visita dei personaggi più vili che non hanno il coraggio di ferirti frontalmente ma che aspettano che volti le spalle per sferrarti la più vile delle coltellate, ma peggio sono coloro che si nutrono delle illazioni e delle diffamazioni altrui e che non ti lasciano la possibilità di difenderti e che non si curano del tuo lavoro ma si preoccupano solo di distruggerlo. Quanta tristezza ci circonda, quanto squallore domina il nostro orizzonte, ma voglio ancora credere che ci sia una speranza, una sola: quella che la gente ci metta sempre la faccia in quel che fa, che si assuma sempre la responsabilità delle proprie azioni nel bene ma sopratutto nel male. Mi piacerebbe poter guardare dritto negli occhi il mio nemico, poterlo affrontare ad armi pari per trovare una sintonia, un confronto, un chiarimento. Il mio universo è fatto così, di gente vera, che è capace a rialzarsi dopo una caduta o una sconfitta, di persone che hanno voglia di lottare, sperimentare, osare e credere.Il mio universo è fatto di contaminazioni, di colori e di creatività, di gente che vale, che si mette in gioco, professionale, seria ma non seriosa, di giovani che hanno ancora voglia di metterci la faccia e per dirla alla Renzo Rosso, di: “Stupidi Veri”. Maxim è contro ogni forma di diffidenza, di razzismo, di infamia. Benvenuti nel nostro universo, benvenuti in Maxim. Buona lettura.

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SOMMARIO Cover maggio 2012

10 EDITORIALE 12 SOMMARIO 14 PREMIÈRE CINEMA 16 PREMIÈRE MUSICA 18 PREMIÈRE LIBRI 21 PREMIÈRE GAMES 22 ART FILE 24 PROFILE

34 FACE TO FACE WRITER 38 FOCUS ON 52 SHOOTING MODA 62 ICON MODE 66 SPORTSWEAR 1 68 SPORTSWEAR 2 72 NEXT ICON MODE 75 SELECTION 82 FORMALE VS INFORMALE 84 A(P)PUNTI DI STILE 86 METTIAMO CASO CHE... 88 TACCUINO DI VIAGGIO 92 CONSIGLI DI STILE 96 BEAUTY 100 DESIGN GALLERY 104 PUBLICITART 108 MAN AT WORK 113 ZOOM BRAND 116 INCHIESTA

128 PIT STOP 132 FACE TO FACE SPORT 1 136 FACE TO FACE SPORT 2 140 OLYMPIC GAMES 146 PREMIÈRE DAME 154 DAME 160 INTERVISTA 165 SOUND TREND 166 SOUND VINTAGE 168 FACE TO FACE MUSICA 172 FACE TO FACE CINEMA 174 ON THE ROAD 178 FACE TO FACE HOLLYWOOD 182 OCCHIO DI VENERE 184 OROSCOPO 186 SPECCHIO DELLE MIE BRAME 188 BEVERAGE 190 FOOD 192 COLOPHON/CREDITI

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PREMIÈRE CINEMA

IL DITTATORE

THE RUM DIARY

(Paramount Pictures)

(01 Distribuition)

A forza di farlo slittare – un po’ per ragioni strategiche un po’ per non accavallarsi con delicate ricorrenze storiche – rischiavamo di vedere chissà quando il nuovo e geniale personaggio interpretato da Sacha Baron Cohen. “Il Dittatore”, punge e fa ridere, come tutti i film dove impazza il nostro folle comico che questa volta si impegna a far tramontare per sempre la democrazia (compito mica difficile…) con la sua mise a metà tra il comandante Gheddafi e un qualsiasi dittatore che troviamo ancora presente sul nostro pianeta. Finalmente adesso esce e state certi che saremo pronti a sorridere di fronte alle avversità che ci circondano, e voi?

di Tommaso Toma

DVD BANDE À PART (RHV)

Johnny Depp ha sempre avuto una fortissima attrazione per le storie alcoliche di Hunter S. Thompson. Vi ricordate il folle e visionario “Paura e Delirio a Las Vegas”? Depp adesso ci riprova con un favoloso manoscritto del vecchio Thompson e chiama alla regia un inglese, Bruce Robinson che nel 1987 aveva girato “Withnail & I”, ispirata storia di alcolismo e diventato rapidamente in Inghilterra un cult movie. E ci colpisce con l’eleganza delle immagini che ci accompagnano in questo torbido viaggio dentro le debolezze dell’uomo: dipendenze, sesso, potere… Assieme a Johnny Depp, la bellissima Ember Heard che sfodera un aurea da set anni Cinquanta.

Un indimenticabile film sulla giovinezza, “Bande À Part” del primo Jean-Luc Godard (il film uscì nelle sale nel 1964) è la storia di due ragazzi e una ragazza che si incontrano, bisticciano, si riconciliano e si innamorano; come accade a tutti i giovani. Ispirato dal romanzo di Dolores Hutchens “Pigeons Vole”, questa opera è ancora un esempio di come fare regia con i ragazzi attraverso una leggerissima ma efficace vena di humor. Oggi che la RHV ve lo riconsegna restaurato, è arrivato il momento di trovargli il giusto posto nella vostra videoteca.

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Suneva

Golf Club

Apri gli occhi e sogna.

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PREMIÈRE MUSICA

MINA

DAMON ALBARN

Dalla Bussola – 40° anniversario (Emi)

Dr Dee (Parlophone) di Alberto Motta

1972, Mina ha 32 anni e canta alla Bussola. 2012, la registrazione di quel concerto torna nei negozi. E non sembra passato un giorno. La cura del suono, la coolness dell’orchestra (una big band swing/jazz), la Voce, tutto lascia a bocca aperta. Tra un classico del pop italiano e uno standard americano, la temperatura si fa più calda e più coinvolgente, gli ottoni – registrati in maniera impeccabile – innalzano l’interpretazione di Mina. La cantante raggiunge, al solito, le note più alte e limpide del suo registro. E noi non possiamo che spegnere la playstation e applaudire. La grandezza a un passo dal precipizio per Damon Albarn è una costante stilistica. Passata la grandeur pop dei Blur, il cantante ha iniziato a flirtare metodicamente con uno sperimentalismo al limite della criptofonia. Tipo, prendi il pastiche sconclusionato del disco “The Good, the Bad and the Queen”, francamente ce lo siamo fatto piacere giusto perché eravamo in astinenza da quella voce unica, da quel gusto melodico inarrivabile nel pop odierno. Bene. Con “Dr Dee” Damon Albarn rimescola ancora una volta le carte, compone un’opera (nel senso di opera teatrale, con libretto, orchestra e tutto il resto) su un alchimista inglese, infarcisce di strumenti medievali la registrazione, ci infila canzoni pop magistrali e impacchetta il tutto in 18 tracce

M WARD

A Wasteland Companion (Merge Records)

in cui perdersi. Pronti al peggio, come sempre quando abbiamo a che fare con Albarn, ma certi degli sprazzi di genialità compositiva unicamente suoi, diamo inizio alla messinscena.

L’imprescindibile baritono dei Monsters of Folk, l’him degli She & Him, il bluesman del nostro decennio dà alle stampe 12 canzoni inedite registrate con un’orchestra di 18 elementi in 8 studi diversi sparsi tra Portland, Omaha, New York, Los Angeles, Austin e Bristol (Uk). Il risultato è un cantautorato ricco di sfumature, un disco da viaggio avvolgente e maturo.

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PREMIÈRE LIBRI

LA CONTEA PIÙ FRADICIA DEL MONDO

FISICA DEL FUTURO

Matt Bondurant (Dalai Editore)

Michio Kaku (Codice Edizione)

Virginia, proibizionismo, grande depressione. E i Bondurant, famiglia di canaglie degne de “La casa dei 1000 corpi” di Rob Zombie, che scorazzano per la contea di Franklin distillando alcool illegale (si chiamava Moonshiner) e contrabbandando cazzotti e rasoi affilatissimi. La storia è vera, repertata, documentata, anche se si stenta a credere quanti stenti abbia sopportato l’America nel suo passato recente. Non vi sarà sfuggito che l’autore è anch’egli un Bondurant. Esatto, questa avventura è la storia della sua famiglia. I Matt Bondurant La contea più fradicia Malavoglia non sono del mondo mai stati così upper class.

di Alberto Motta

romanzo

Dalai editore

IL PROFESSIONISTA W.C. Heinz (Giunti) foto di Andrea Brizzi

Fisico teorico nella teoria delle stringhe e divulgatore scientifico, Michio Kaku ci conduce per mano nel multiverso dell’ubiquitous computing, della tecnologia aptica, del futuro plausibile. Il suo saggio è una summa leggiadra che tratta il cervello rettiliano, il “punto di riferimento della felicità”, la fisica quantistica e: “perché il termine stesso incidente stradale scomparirà dal linguaggio comune”. Il tutto senza soluzione di continuità. Testo fondamentale per organizzarvi l’agenda nei prossimi 100 anni di umanità, “Fisica del futuro” ha tutti i

pro della più limpida narrativa di fantascienza e consegna tutta la vertigine di uno scienziato abituato a ragionare in 11 dimensioni. ‘Come la scienza cambierà il destino dell’umanità e la nostra vita quotidiana entro il 2100’ recita il sottotitolo. E nella foto di copertina un bambino vestito da astronauta ci sorride. Il futuro è adesso.

Il miglior libro scritto sulla boxe (parole di Ernest Hemingway) è un reportage infinitamente laconico e forse proprio per questo centratissimo sullo sport per eccellenza. Nel “Professionista” il ritmo di un incontro di pugilato e il dominio dell’istinto di sopravvivenza vengono resi perfettamente dalla prosa chirurgica, impietosa di Heinz. Fino all’umanissimo, ancora impietoso epilogo.

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PREMIÈRE GAMES

EVOLUZIONE ESPLOSIVA

Ritorna Prototype insieme a un mutante dalle capacità offensive pressoché illimitate di Filippo Mantero

FIFA STREET Disponibile per Ps3 e Xbox 360 Ecco una nuova versione del gioco dedicato al calcio più selvatico, quello in strada visto tante volte in celebri spot televisivi. Articolato nelle possibilità di gioco, sfrutta il motore di gioco di FIFA dando la possibilità di sfidarsi unocontro-uno oppure 5 vs 5 nei contesti più disparati: parcheggi, parchi e più di altre 30 arene. Con lo Street Dribble e 50 nuove mosse di abilità, scoprirete che dentro di voi c’è un Messi, e un Ronaldo, e un Ronaldinho, e un Pelé….

MASS EFFECT 3 Disponibile per Ps3, Xbox 360 e Pc

Come dicono quelli che l’hanno sviluppato, questo è l’unico gioco dove potete prendere a colpi di kungfu un elicottero dell’esercito. Se vi sembra poca cosa, uscite di casa e provateci! Certo è che in Prototype 2 (Ps3, Xbox 360 e Pc) farete anche molto, ma molto altro: anzitutto, comanderete il tenente James Heller, che deve al famigerato Alex Mercer (ricordate il primo capitolo?) la propria contaminazione ad opera del virus Blacklight e lo sterminio della sua famiglia. Quindi uno cazzuto. Heller è capace di tutto, perché la sua natura mutante gli conferisce poteri via via sempre più micidiali. Per darvi qualche esempio, nella vasta New York Zero (quel che rimane della Grande Mela dopo

la devastazione virale), Heller potrà affrontare orde nemici di ogni genere (militari compresi) rispedendo al mittente esplosivi lanciati da elicotteri non proprio benevoli, utilizzando taxi come proiettili, spappolando mostri come fossero hamburger, scagliando giù dai palazzi i nemici per poi finirli con munizioni devastanti prima che cadano a terra, oppure lanciandoli contro altri nemici come fossero granate. Heller è scatenato, e nelle vostre mani dio sa che cosa combinerà. Buona mutazione a tutti.

Sarai di nuovo il buon “pastore” della galassia, perché il Comandante Shepard è tornato con il terzo capitolo dell’avvincente e pluripremiata saga intergalattica di BioWare. Questa volta il nostro affronterà la razza aliena dei Reapers, che sta seminando distruzione un po’ ovunque. A Shepard il compito di riunire le forze alleate e porre fine alla barbarie cosmica. L’arrivo del terzo episodio di Mass Effect è celebrato con una N7 Collector’s Edition molto molto ricca e a tiratura limitata.

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ART FILES

DISORIENTAMENTE ARTE di Alessandro Gedda

ART BASEL - MIART Siamo lontani ragazzi! Lo scrivo da artista, da collezionista, da persona che vive in un grande Paese ove l’arte potrebbe essere la soluzione a tanti dei nostri problemi, crisi economica compresa: sono lontani i tempi in cui Sgarbi contestava la decisione di chi non aveva approvato l’installazione di Peter Greenaway (Miart 2008), sono altrettanto lontani i tempi in cui si leggeva sui quotidiani che Miart sarebbe uscito dalle mura della fiera, con una sorta di coinvolgimento della città, sì, come il Fuorisalone che viviamo ogni anno ad aprile. Sì, “loro” ci sono riusciti, Miart no. È singolare leggere il comunicato stampa di Miart 2012 dal titolo “Festa dell’arte in città”. Milano è coinvolta da Miart con importanti programmi ed eventi durante la settimana della fiera. Da Palazzo Reale, all’Hangar Bicocca, dalla Triennale al Palazzo della Regione Lombardia a molti altri luoghi coinvolti in un grande opening/happening culminato venerdì 13 aprile nella Notte Bianca dell’Arte. Singolare però che abbiamo digitato “13

aprile Notte Bianca dell’Arte Milano“ e il più potente motore di ricerca al mondo non ci abbia restituito nulla! Neanche un risultato. L’opera d’arte titolata Cayman art 2008, oggetto dell’installazione a 80 mt di altezza simbolicamente sospesa sul Duomo di Milano, è stata considerata da Miart troppo commerciale. Ma che caso… scopriamo che a Miami - ove ogni dicembre si tiene Art Basel Miami, 3 anni più tardi una Porsche dipinta diventa protagonista! Rimaniamo sconcertati e diciamo… siamo lontani ragazzi! Ma parliamo di eventi di successo, Art 43 Basel, 2012: la più importante mostra internazionale d’arte apre dal 14 al 17 giugno. Parliamo di fermento, di attività che pulsano, di interesse del pubblico che premia chi dà linfa vitale a questa manifestazione. Parliamo di Art Statements (contenuta dentro Art Basel). In linea con la sua sperimentata tradizione quale luogo per scoprire nuovi artisti emozionanti,

quest’anno Art Statements porterà alla ribalta 27 gallerie internazionali, e nessuna italiana! Parliamo di Art Feature (contenuta dentro Art Basel). Giunta alla sua terza edizione, Art Feature si concentrerà nuovamente su progetti curatoriali specifici. Per l’edizione di quest’anno, 20 gallerie presenteranno un mix di dialoghi artistici, mostre personali e materiale storico-artistico di carattere eccezionale. E nessuna galleria italiana! Ma la culla dell’arte dov’è? Non stupiamoci se i giovani cinesi vanno a studiare l’arte classica italiana e greca all’accademia di San Pietroburgo e non in Italia! Non stupiamoci perché se mai andassi a proporre idee per il rilancio di Miart, magari nel medio periodo alla Milano capitale dell’arte (con oggi 15.000 visitatori contro 65.000 di Art Basel), il presidente di Fiera Milano non avrebbe il tempo di ascoltarmi. Allora, come già nel 2011, anche quest’anno andrò sia ad Art Basel che ad Art Basel Miami. Le mie opere sono già là, in terra americana, e non chiamiatelo snobismo.

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PROFILE

NON BADO AL GALATEO La filosofia pop nella cucina e nella vita di Davide Oldani. testo e styling di Salima Arfoudi / foto di Marco Cella / Assistente fotografo Jacopo Vimercati hanno collaborato allo styling Filippo Casaroli e Nello Marchesano / grooming Micol Salvioni@ greenapple Si ringrazia per la location www.Casavilla.it

“A Cornaredo non c’è il mare. Non c’è l’aria ossigenata di montagna né il profumo dolce del lago, non ci sono le colline né la brezza profumata di lavanda. Non è una stazione termale, non si coltivano ortaggi rinomati né si producono costose porcellane. (…) Sento il richiamo della terra della gente, a volte perfino del dialetto”. Da La mia cucina pop ed. Rizzoli Milano 2009. Riconoscere e rispettare il valore della tradizione, della storia di un posto, di un vissuto, di uno stile, questo per Davide Oldani, cuoco di fama internazionale, è il principio sul quale costruire e aggiungere il nuovo. Siamo stati a Cornaredo dove nel 2003 ha aperto il D’O ed è vero: non c’è l’aria ossigenata di montagna. Ma abbiamo trovato un ristorante dove tutto ha un significato, dove la cucina

e il cibo sono la punta di un iceberg fatto di passione, di considerazione per i dettagli, di rispetto per la tradizione e per le idee di tutti. Al D’O abbiamo trovato anche un posto dove la visione imprenditoriale si amalgama con il rispetto dei ritmi e dei prodotti della natura, lo studio e la ricerca per avere un impatto nel mondo il più possibile bello e equilibrato, avendo cura che ogni gesto e ogni prodotto rimangano in armonia con il contesto e con le persone. Al D’O abbiamo imparato che ci sono regole da rispettare, ma che il farlo permette di vivere un’esperienza di conoscenza non solo culinaria, ma umana. E la cosa che ci ha sedotto è che quest’esperienza è per tutti, non è esclusiva. Basta cercarla. Questa, abbiamo scoperto, è la filosofia della cucina Pop.

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Il design della giacca da chef è studiato da Davide Oldani in collaborazione con Davide Martelli. Questa collaborazione rientra nel concetto di design funzionale della filosofia Pop di Davide Oldani.

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“La mia filosofia? Predicare bene e razzolare bene.” Partiamo raccontando il tuo futuro. Parlaci in anteprima del tuo prossimo libro. Mi hanno proposto un libro senza ricette, era un po’ il mio sogno raccontare quello che amo fare. Al giorno d’oggi avere un lavoro che è una passione è una carta vincente. Mi sento molto fortunato, parlo di quello che è giusto raccontare ai giovani che vogliono approcciarsi al mio lavoro o alle persone che hanno bisogno di sentirsi dire come si può essere soddisfatti della propria vita. La mia filosofia è predicare bene e razzolare bene, ma è una sfida con me stesso; non voglio certo dire agli altri cosa fare. Dicono che la tua è una carriera di successo… Io non ho successo, mi è successo quello che doveva succedere. Avendo seminato ho cominciato a raccogliere. Il mio successo non è essere in vista, ma realizzare le idee. Il messaggio del mio prossimo libro sarà imperniato sul fare, sul parlare poco, ma fare. Torniamo allora al tuo prossimo libro. Il mio è un mestiere artigianale, ci vuole la testa, ma anche le mani, quindi spiegherò e racconterò il mio concetto del fare. Ti faccio un esempio: quando chiedo a un giovane chef di cosa si sta occupando, spesso mi racconta cosa ha fatto, ma confondendo l’aver visto fare con il fare. Questo è fondamentale: confondersi è molto semplice, è certamente importante guardare e recepire, ma poi è fondamentale eseguire con le proprie mani.

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In che momento hai sentito che potevi realizzare un piatto completamente tuo? Non c’è stato un momento, la mia vita è sempre stata condizionata dall’esigenza di fare passo dopo passo, non è mai successo che aspirassi a più di quello che potessi in quel momento. Ho seguito una scala di esperienze che mi ha portato alla conoscenza del lavoro – dalla manualità alla gestione – che mi ha condotto a quello che avevo già in testa quando ho iniziato. Il sogno si è avverato, ma continuo a sognare. Questo mi tiene vivo.

In attesa del nuovo libro vi consigliamo Titolo:

La mia cucina Pop L’arte di caramellare i sogni Autore: Davide Oldani Editore: Rizzoli Anno: 2009 Prezzo: € 16,00

Raccontaci allora il tuo percorso. Non mi sono mai neanche accorto di imparare, passo dopo passo, grazie alle scuole. Ho assimilato tutto lentamente, senza colpi di testa. Divenire chef e poi imprenditore sono stati passi spontanei. Per farti capire, quando ho aperto il ristorante D’O non ho avuto uno choc, non ho avuto eccessivi problemi nella gestione, perché già quando lavoravo da Marchesi o da Ducasse vivevo la responsabilità, la volontà e la possibilità di gestirli come se fossero miei. In pochi riescono a realizzarsi saltando gli step, sono i veri fenomeni, ma sono solo uno su un milione.

Titolo:

POP La nuova grande cucina italiana Autore: Davide Oldani Editore: Rizzoli Anno: 2010 Prezzo: € 26,00

Facci qualche esempio di fenomeni. Roberto Baggio, Lionel Messi, Diego Armando Maradona. Roberto Baggio è molto intelligente, è uno dei personaggi che stimo di più; ho letto anche la sua autobiografia “Una porta nel cielo”. Messi a 12 anni era già Messi, non lo è diventato a 22.

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Esiste una formula per raggiungere l’eccellenza anche nella cucina? Devi praticare, formarti il palato, capire che è un lavoro sacrificante, imparare a organizzarti, capire da chi puoi imparare basandoti sulla notorietà del ristorante e dello chef. Intuire chi sta iniziando a cambiare le convenzioni. Frequentare i posti in cui sai che puoi apprendere, conoscere il curriculum e il passato dei tuoi maestri. E infine c’è il carattere: bisogna essere equilibrati, saper gestire i contrasti. Nella cucina come nella vita. Definisci l’equilibrio per te. Sapere che non devo correre più veloce del mio limite anche se sono sempre in competizione con me stesso. Nel mio passato sono stato un calciatore, ero in C2 a 16 anni e volevo arrivare assolutamente in serie A, non mi sono fermato un momento a pensare e ho distrutto tutto. Mi mancava la consapevolezza: mi trovavo a terra con un osso fuori dalla gamba, ma riuscivo solo a pensare che il sabato successivo ci sarebbe stata una festa a cui non volevo mancare e al modo per andarci. Sono esigente con me stesso, e so che devo imparare a maneggiare questo impulso. Sono in competizione con me stesso, ma voglio essere una persona linda, come i miei genitori. Allora mi pongo delle mete perché sono ambizioso, ma scelgo di comportarmi in maniera pulita, di usare con consapevolezza il cervello e imparare ogni possibile risvolto della mia occupazione. Questo mi fa andare a letto contento. La colazione di Davide Oldani? Sveglia alle 7 e mezza. A colazione un decaffeinato macchiato. Alle 11 un piccolo pasto. Poi mangio qualcosa nel tardo pomeriggio. Non solo mangio esclusivamente prodotti di qualità, sto anche imparando a farlo nel modo giusto, lentamente, lontano dal sonno. In questo periodo mangio solo borragine, barba dei frati e ortica (nel mese di aprile n.d.r.). Cosa fai fuori dalla cucina? Mi dedico allo sport e alla famiglia. L’etica dello sport credo sia imprescindibile; così come mangi, hai anche bisogno di praticare sport. Uso la bici un paio di volte alla settimana, mi dà soddisfazione anche curarmi dei dettagli, dell’attrezzatura. Abbiamo parlato molto di sostanza, passiamo ora alla forma. Mi piace curare i dettagli estetici, anche negli oggetti. Imprescindibile è la praticità. Anche la mia divisa da lavoro, l’ho fatta modificare su misura da un amico. La mia estetica deriva dall’etica della praticità. Del resto il contenitore, il design dei piatti, ne valorizza il contenuto. Io non vado a galateo, io vado a realtà! Mi adeguo al tempo in cui vivo: la mia tavola è libera, ordinata. Quando ti siedi a un mio tavolo ti senti libero perché ho notato che il 99% della gente che viene al D’O, quando si siede a tavola desidera appoggiare le mani. Se nel 2012 mi accorgo di questo non posso continuare a imporre le regole del galateo. Allora ho pensato di organizzare la tavola in modo da agevolare il cliente eliminando il superfluo. Parliamo infine della tua cucina. La cucina della salute, del buon gusto e del giusto prezzo… tutto questo è la filosofia pop della cucina, nel servizio, nell’accoglienza, nel trattamento dei fornitori, dei ragazzi che lavorano con me. Sono un cuoco della cucina popolana che ha bisogno di adrenalina.

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MILLEFOGLIE A PRIMAVERA Il curioso caso dello scrittore che raccontò la felicità e divenne felice. Forse. di Alberto Motta (Twitter @albertomotta) / foto Alberto Cattaneo

Proviamo allora a riassumere perché ci troviamo qui, prima di cedere la parola al nostro scrittore del mese. Valerio Millefoglie a un certo punto della sua vita (più di un anno ma meno di cinque anni fa) si getta in un esperimento neosociologico. Lascia in giro per l’Italia delle schede dal titolo “cronometroterapia”. In esse gli sconosciuti devono appuntare l’attimo della giornata in cui sono felici, quanto dura l’attimo felice, il motivo della felicità. L’esperimento ha una duplice valenza: se da una parte racconta meglio di mille servizi del Tg5 il volto dell’Italia, dall’altra aiuta Millefoglie a superare il lutto per la perdita del padre grazie alla felicità altrui. E qui la diga emozionale inonda il nostro; lo scrittore inizia a intervistare personalmente i suoi (chiamiamoli) pazienti. Prende lo pseudonimo di Dott. Medico Millefoglie, inizia a tenere sedute di autopsicanalisi pubbliche affidandosi al pupazzo di Sigmund Freud. Non pago, in preda a latente schizofrenia si dà al cabaret (nel circuito off dello Zelig), ad aprile pubblica il surreale e peculiarissimo disco “I miei migliori amici immaginari”. In mezzo a tutto questo, vanno almeno citati una maschera da lucha libre e una carriera da ex rapper. Proviamo a farci raccontare il tutto da Valerio Millefoglie, in persona.

Milano, città di Centofiori e Millefoglie. No, davvero! Nel senso che incontriamo lo scrittore Valerio Millefoglie davanti alla libreria Centofiori di piazzale Dateo per approfondire un discorso ampio, variegato, sfaccettato e multicolore sbocciato con la pubblicazione del bel libro “L’attimo in cui siamo felici” (Einaudi – lo abbiamo recensito nella première libri del mese scorso, nda) e di cui abbiamo intenzione di comprendere tutti i retroscena qui e ora. Illusi che siamo. Intervistare Valerio Millefoglie è come sondare la materia oscura. Non sai dove inizia. Non sai dove finisce.

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Nome Valerio Cognome Millefoglie Nome d’arte Ho un cognome d’arte. Quello vero è Delle Foglie, volevo essere più preciso e conferirmi una grandezza. È questo che fanno di solito i nomi d’arte. Età 34 Professione Farmi venire in mente delle buone idee. Dove vivi Milano. In un palazzo di periferia, mi accoglie un androne dalle atmosfere di “Shinging” e che mi porta nell’epoca delle DDR. Siamo sempre attratti da ciò che non abbiamo vissuto e io sono attratto dalla DDR, così mi beo della finzione storica. Miglior libro della vita: Non so se sia il migliore della vita, ma è quello che sento più vicino alla mia vita: “La follia di Banvard” di Paul Collins. Una sorta di piccola enciclopedia di personaggi, realmente esistiti, che erano a un passo dal farcela, dal passare alla storia. Poi sono passati e basta. Dall’uomo che invece dei raggi X inventò i raggi N all’uomo che voleva organizzare una spedizione all’interno della

terra perché pensava fosse cava e abitabile. Per me il fallimento è molto più importante del successo, ti forma molto più di un podio. Vincere vizia, e comunque anche per vincere devi avere alle spalle una grande carriera da perdente. Ho letto “Open”, la biografia di Agassi, uno che passerà alla storia. Anche la sua vita è costellata da una serie di innumerevoli e stupendi insuccessi, la gloria però li ha oscurati. Raccontaci qualcosa dei pazienti che hai incontrato per realizzare il tuo nuovo libro. Innanzitutto per trovarli ho fatto girare un volantino di ricerca cavie per un esperimento sulla felicità. L’ho nascosto nei volumi in libreria, l’ho abbandonato sull’autobus o in alcune trattorie. Valentina Pedale, una delle pazienti, mi ha scoperto una sera mentre, facendo finta di nulla, lo lasciavo sul bancone di un locale. Per accettare di compilare un questionario su cui appuntare i tuoi momenti felici devi essere una persona che ha voglia di raccontarsi, o anche di ricercarsi. L’hanno fatto tutti in modo molto spontaneo e vero. Un insegnante è stato così felice a un collegio docenti che per il resto della settimana non è riuscito a vivere altra felicità, era quasi distrutto da questa gioia. Si era ritrovato con gli altri professori a vivere un transfert: la scuola svuotata di studenti li aveva trasformati a loro volta in studenti nei confronti della preside. Se non sei tu l’autorità diventi la controparte, e per loro era stato quasi un ritorno alla

giovinezza, al gioco. Momenti assolutamente normali come questo mi hanno stupito e mi sono sembrati fuori dall’ordinario. Cosa ti ha colpito dell’intera esperienza? Di solito, anche chi vive nella città più grande del mondo, si ritaglia nel quotidiano un percorso che potrebbe essere un piccolo paese. Il piccolo paese dell’autobus che lo porta al lavoro, il piccolo paese del bar in cui fa colazione o dell’ufficio in cui passa il resto della giornata. Difficilmente incontriamo persone diverse da noi. Con questa ricerca sono uscito dalle mie strade prestabilite, ho conosciuto persone in cui difficilmente sarei riuscito a imbattermi. Sono stato alla fiera dell’imprenditoria funeraria e ho scoperto che non è così funerea e ci sono gli stessi tramezzini di tutte le fiere, ho incontrato una ragazza che si è fatta dividere la lingua in due e la sua più grande felicità è stata quella di riuscire a pronunciare la sua prima parola dopo l’intervento, come una nuova rinascita. Ho passato delle notti in una trattoria segreta in cui si riuniscono i maghi per esercitarsi con i loro numeri. Se mi fossi inventato ad esempio la felicità di un mago non sarei mai arrivato a pensare che potesse essere quella di sentire sua madre felice al telefono, oppure quella di creare un programma Excel per gestire i risparmi in borsa. Era bella questa dicotomia, vedere un certo tipo di persone, di cui si ha un’idea prestabilita, e poi scoprire che non c’è nulla di prestabilito. Incontrare gli altri è ciò

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ancora più felicità. Quasi da comiche. Nel momento in cui realizzi qualcosa che hai in testa, una tua idea, per quanto malsana e deviata sia, se la realizzi comunque vivi un attimo felice. Nel bunker sarà finita la sua felicità.

che ci rende felici, altrimenti non usciremmo di casa al mattino. Ammettilo, la cosa ti sta sfuggendo di mano. La mia idea iniziale era proprio questa, che mi sfuggisse di mano e andasse nelle mani degli altri. Sto presentando il libro sottoponendomi a delle sedute di psicoanalisi pubblica, con una vera psicologa che mi analizza sui miei attimi felici. Ho messo online la Terapia della felicità (www.attimofelice.it) e stanno continuando ad arrivare contributi di nuovi pazienti. A fine maggio parteciperò al Festival Della Felicità, a Urbino, in questo caso ci saranno dei raccoglitori in cui i visitatori potranno imbucare i propri momenti di gioia e a sera li leggerò come buonanotte. Ok, analizziamo il tuo albero genealogico e proviamo a fare il punto… Mio padre non scriveva. Ma per conoscerlo meglio, qualche anno fa, gli ho dato una serie di titoli che lui ha svolto come temi: Il mio primo amore, La mia prima Fiat 850, Il mio primo smoking. Sappiamo sempre le ultime cose dei nostri genitori e mai le prime. Uno di questi racconti l’ho inserito nel libro, mio padre lavorava in banca e con quel suo modo di scrivere, molto preciso, “pertinente”, attento ai dettagli mi ha commosso, mi ha messo molta tenerezza sentire la storia di uno smoking fatto ad hoc per il celebre Gran Galà della Stampa a Bari. Mia madre da giovane lavorava nel cinema teatro dei miei nonni. Da piccolo mi piaceva passeggiarci prima dell’apertura, anche se non c’era ancora lo spettacolo mi sembrava in qualche modo di sentirne l’eco. Poi il terremoto dell’82 l’ha distrutto per metà. Il tempo, ha distrutto l’altra metà. Ogni anno tornavo e c’era sempre qualche pietra in meno. Ora non c’è nulla. Ma le macerie sono fondamentali per ricostruirsi. Una paziente ha chiesto che il suo nome nel libro comparisse in minuscolo. Non pensava di meritarsi la maiuscola. Commovente, no? Sì, mi ha esplicitamente chiesto di togliere l’iniziale maiuscola al suo nome, perché secondo lei solo i grandi artisti, i grandi medici o chi fa del bene possono permettersi una maiuscola. Gli altri, fra cui lei, no. Mentre lavoravo alla sua cartella clinica delle felicità

nella foto: una scheda di cronometroterapia

Era più felice Albert Camus o Emilio Fede? Camus pensava molto, se pensi molto ti fai problemi che uno che fa le feste non si fa. Naturalmente le feste si fanno per non pensare a qualcosa. È soltanto un diverso approccio al risolversi, all’intrattenersi. Dunque sì, Emilio Fede è stato felice. Ma Hitler lo è stato di più. Sei scrittore, musicista, prototerapeuta, performer, creativo... quando conosci una persona, quante ore ci metti a spiegargli chi sei? Meno di un secondo. Come ora, non spiego nulla.

stavo per scriverle, come “ricetta della gioia”, che tutti quanti possiamo fare qualcosa di maiuscolo. Poi l’ho cancellata, mi suonava finta e consolatoria. Qualcuno ha bisogno di una spinta di fiducia, ma a volte funziona anche la spinta di sfiducia. Sei un esperto di felicità, quindi ti chiedo: Mario Monti è felice? Ho visto una sua foto, era a tavola, rideva di gusto, mi sembrava felice. Nel momento in cui ambisci a qualcosa, anche a fare il Papa, stai già manifestando la tua smania di grandezza. Se questa smania viene soddisfatta, almeno per qualche minuto sei felice. Forse era proprio quel minuto della foto che ho visto io. Hitler era felice? Anche in questo caso ho visto un filmato d’epoca con Hitler che rideva di gusto. Era nella sua residenza di vacanze, sulle montagne bavaresi. Accarezzava i cani, sorrideva alla telecamera e agli amici, si muovevano tutti un po’ a scatti velocizzati, come i filmati di allora, la felicità sembrava

In una tua canzone racconti che non pensavi che saresti diventato un ex in molte professioni... insomma il fallimento come consapevolezza? Quando hai venti anni e sogni di diventare qualcosa, dai per scontato che lo diventerai. Pensi quasi che ogni sogno ti sia dovuto, la vita in realtà non ti deve assolutamente nulla. Però sei dentro quella cosa, magari fai il rapper come lo facevo io, e pensi “sarò questo per sempre”. Invece cresci e dici “anche questo non sarò per sempre”. Quindi gli uomini che si sono realizzati, tipo Mick Jagger, sono i fantasmi di se stessi? Mick Jagger avrà per sempre il rammarico di non aver vissuto la vita dell’idraulico. In una recente intervista hai sostenuto che “l’ambizione abbassa la soglia di felicità”. Preferiresti tendere al mito del buon selvaggio? La natura mi annoia. Dopo il secondo albero perdo l’emozione e la voglia di vedere il terzo. Il buon selvaggio arriva almeno al quarto. Non si deconcentra, sa che l’ambizione quando raggiungi qualcosa, non si placa ma ti tiene sotto tiro. Quando arrivano le vacanze mi sembra di morire, che la vita si fermi, non riesco a stare senza far nulla. Vorrei una settimana di soli lunedì, per far accadere le cose.

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Milioni di emozioni

Una visione più profonda della natura umana non può prescindere da ciò che avviene sotto le coperte. Il piacere è un dovere. di Alberto Motta (Twitter @albertomotta)

Eros, sensualità, rapporti, passione, slancio, relazioni, sguardi, conquiste. L’eterna danza dell’amore carnale ci accomuna e ci ricongiunge all’istinto, al regno animale. E però. E però l’uomo è un animale razionale. Ecco allora che sublimare un istinto fa di noi ciò che siamo, l’apice piramidale dell’evoluzione. Ce lo ricorda David Brooks, uno dei columnist più apprezzati e seguiti del New York Times, nel suo saggio “L’animale sociale” (Codice Edizioni) e allora ci affidiamo alle sue parole per introdurre il tema del Focus On di questo mese. Prendete appunti. L’EROS SOTTO UNA NUOVA LUCE Oggi, quando sentiamo la parola eros, pensiamo a qualcosa di abbastanza di-

stinto e compartimentalizzato: il sesso. In libreria, per esempio, i libri erotici sono in una sezione separata. Ma questo è il significato ristretto e grammentato dell’erotismo, il prodotto di una cultura incentrata sul sesso. Nella visione degli antichi greci l’eros non rappresentava solo il desiderio di orgasmo, di sesso, né di trasmissione genetica, ma era piuttosto considerato come un’aspirazione totalizzante all’unione con il bello e con l’eccelso. Le persone mosse dalla libidine vogliono provare orgasmi con altre persone. Invece le persone spinte dall’eros vogliono ottenere una fusione molto più ampia. Vogliono condividere le stesse emozione, visitare gli stessi luoghi, assaporare gli stessi piaceri e replicare reciprocamente i modelli mentali dell’altro. Come ha scritto Allan Bloom: “Per gli animali c’è il sesso e per gli esseri umani l’eros, e senza questa distinzione nessuna scienza affidabile è possibile.

La conclusione di un assunto del genere si condensa nella quarta di copertina del libro stesso, e ancora una volta lasciamo la parola a Brooks: “Cosa siamo, quindi? Siamo grandi stazioni ferroviarie spirituali. Siamo svincoli autostradali, in cui ogni secondo si incrociano milioni di sensazioni, emozioni e segnali”.

David Brooks L’animale sociale

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Galleria By Line Room, Via Ariberto 31 Milano Artista: Olimpia Soheve Titolo: Starving anno: 2010 tiratura: 1/20 tecnica: carta baritata misure: 45x27,35

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MUSI C A Sound is sexy

Suoni e visioni che accendono il corpo. Serge Gainsbourg, archivio privato Gainsboug

di Marco Pantaleone Radiomarco - Rare Records

La musica è stimolo continuo per la nostra psiche e per il nostro corpo. L’incrocio tra corpo, sensi e musica, con il passare dei secoli, si è trasformato, assumendo significati differenti. La musica è sexy, perché fa muovere il corpo, è erotica, perché avvicina i corpi, è sensuale perché ci rende maliziosi e provocanti, desiderosi di farci vedere. La musica coinvolge tutti i sensi, condizionando i nostri comportamenti sessuali. La musica è erotismo per Serge Gainsbourg, musicista francese, la cui influenza ha segnato profondamente la musica contemporanea, attingendo dal jazz alla musica afro-cubana, dal progressive rock fino al synth-pop, con l’album “Love on the Beat” o con il rap di “You are under arrest” ha scandalizzato. L’originalità del suo stile è nei testi , dove i riferimenti all’erotismo sono costanti, la sua stessa voce profonda, è considerata tra le più “erotiche” . Figli di Gainsbourg sono senza dubbio i contemporanei Air, creatori di un’elettronica avvincente denominata “French Touch”, che con il loro super hit “Sexy Boy” hanno riscaldato i dance-floor di tutto il mondo, il testo della canzone è esplicito, tra sinth e tastiere in crescendo, “Ragazzo sexy, Apollo del 2000, zero difetti, 21 anni. E’ l’uomo ideale, fascino al maschile.” L’uomo moderno, ama il ritmo, come bisogno fisico oltre che mentale, che sia musica elettronica o rock poco importa, il leitmotiv è l’ascolto, che deve accendere gli istinti, e la musica da sempre fa da sfondo ad appassionati e intriganti incontri amorosi, come la conturbante “Teardrop” dei Massive Attack, icone anni ’90, dove un battito costante scuote i sensi in un vortice

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foto di Mick Rock, Madonna 1980

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di tastiere che scandiscono il ritmo di un desiderio che sfocerà in un contatto, “love is a verb, love is a doing word” (amare, amare? Un verbo, un verbo di azione). Il decennio dei 2000 ci ha regalato Justin Timberlake, il “bello di Memphis”, che con il singolo “Sexy Back”, primo hit estratto dal fortunato album Future Sex/Love Sounds, ha scalato le vette delle classifiche mondiali, pluripremiato agli MTV Video Music Awards del 2006. Un testo esplicito nei suoi riferimenti ad un sesso vissuto come provocazione ma anche come spensieratezza, “Sto puntando un sedere sexy”, avvolto da un sound pop veloce e ritmato, tra dance, pop e rhythm and blues. Il sesso e l’erotismo non si propongono solo con una voce sensuale o un testo, ma anche attraverso quello che gli occhi osservano, dallo schermo della televisione fino a quello dell’i-phone. E’ nella nostra mente che vivono come gemme immortali centinaia di videoclips che, dai robotici anni ’80 fino ad oggi, ci hanno regalato Duran Duran (“The Chauffeur”) Brian Ferry (“Slave To Love”), Madonna (l’album “Erotica” ), George

Artisyta: The Jimi Hendrix Experience Titolo: Electric Ladyland Etichetta: Track Record Anno: 1968 Design: David King Photo: David Montgomery

Michael (“I Want Your Sex”) fino ai recenti Austra, band di punta della Domino Records, che con il video “Beat And The Pulse” hanno scosso positivamente l’immaginario lesboerotico con un elettronica misteriosa e accattivante. Ma la sessualità della musica si diffonde ancor prima attraverso l’incontro fisico tra le star e suoi fan, ovvero con il concerto live. Prince, il “genio di Minneapolis”, voce in falsetto maliziosa, sound funky conturbante, movenze che richiamano ad un sesso libero e liberatorio, la sua empatia sensuale è visibile nei sui tanti videoclip. “I Wanna Be Your Dog” (voglio essere il tuo cane) canta invasato Iggy Pop, leader degli Stooges, torso nudo, un’esplosione di fisicità, tra chitarre che graffiano come fruste, batteria incessante, basso pulsante, un suono viscerale, vera metafora dell’orgasmo. Chiude il cerchio il mito Freddy Mercury, icona gay rock immortale, “Voglio tutto, e lo voglio adesso”, come prescindere dal riferimento sessuale? E’ il grido energico e liberatorio a dare valore alle parole, al nostro desiderio.

Questa copertina con le donne nude fu censurata in America perché ritenuta scandalosa, un insieme di “grupies girls” reclutate dall’etichetta di Jimi Hendrix nei locali notturni di Londra. Alla fine la foto fu proposta esclusivamente per il mercato Europeo.

Le fotografie sono tratte da: 1000 records di Michael Ochs (Ed. Taschen)

Artista: Roxy Music Titolo: Country Life Etichetta: Island Anno: 1974 Design: Nicholas Deville Art Direction: Bryan Ferry Photo: Eric Bowman

Questa copertina con le donne che posano le mani rispettivamente sulla vagina e sul seno fu censurata perchè ritenuta offensiva al comune senso del pudore. Le due affascinanti modelle, scelte proprio dal cantante Brian Ferry, scompaiono definitivamente nella versione americana, lasciando spazio solo al prato verde di sfondo.

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Iggy Pop - foto (censurata) di Gerard Malanga, titolo “Iggy Pop nude” (1971) Freddy Mercury - fonte corriere.it Air - copertina ufficiale del singolo “Sexy Boy” (Source records - 1997) Prince - copertina di “The Very Best Of Prince” (warner bros, 2001)

Sostiene il neuroscienziato Danile J. Levitin, insegnante all’Università Mc Gill di Montreal che la musica attiva il cervello proprio come uno stimolante chimico ed è in grado di amplificare sensazioni di piacere ed eccitazione, in sostanza, proprio le stesse che già di per se il sesso fornisce. La musica produce una risposta chimica, grazie alla quale i circuiti nervosi interessati aiutano a modulare i livelli di dopamina, il cosidetto ormone “del benessere” nel cervello, proprio come avviene per sesso. (fonte Repubblica) Ne scaturisce che per alcuni artisti già il comporre musica li predispone ad un risultato musicale sexy, e allora ecco Billboard, il prestigioso settimanale statunitense, che stila i più sexy dal 1958 ad oggi. Partendo dal primo posto di “Phyical” di Olivia Newton

John, passando per “Hot Stuff” di Donna Summer” e “Promiscuous” di Nelly Furtado, fino a “Like A Vergin” di Madonna. Nel vivere frenetico della contemporaneità, dove le distanze comunicative interattive si accorciano sempre di più grazie ai Social Network e il contatto fisico intimo è sempre più difficile, la musica funge da avvincente trade – union tra le persone, tra i corpi, da intendere come “eros” collettivo, spontaneo, necessario e vitale, che stimola prima, per poi eccitare. Il nuovo territorio dove trasformarci in prede o cacciatori diventa la pista da ballo, il club giusto, il concerto, che ci vede diventare ora trasgressivi, ora erotici, ora sensuali, ora desiderosi. L’importante è trovare la giusta colonna sonora.

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ARTE Erotica(mente)

e se l’arte si mettesse in lingerie? di Santa Nastro

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L’arte ha a che fare con i sensi. Tutti. La vista è sicuramente quello che viene interpellato maggiormente, ma quando si parla di arte contemporanea anche l’olfatto, il gusto, il tatto sono ugualmente protagonisti. E anche l’amore. Ciò che soprattutto oggi appartiene alla mente talvolta, pur senza smettere di pensare, si abbandona all’occhio dello spettatore e diventa sexy. Si pensi alla fisicità di Polina Kanis, artista ventiseienne russa, attualmente in mostra alla Galleria Glance e al centro Videoinsight a Torino. Nel video “Purification”, Polina è una Maddalena contemporanea che si presta ad una perturbante lavanda dei piedi. Una illuminazione caravaggesca incornicia la scena e i volti dei sei uomini che aspettano di essere mondati con lo stesso atteggiamento che avrebbero se in attesa di andare con una prostituta. La giovane artista, che indossa biancheria intima maschile, si presta ad una azione ripetitiva ed umiliante che racconta un rapporto tra uomo e donna passionale, ma non paritario, che

si ripete schematicamente. “L’atto del pulire”, spiega, infatti, la psicoterapeuta Rebecca Russo interpretando il video, “diventa quello del purificare, nell’offrire un’esperienza di piacere, anche erotico. L’uomo è in posizione one-up rispetto alla donna, ha il potere di farsi servire. Ma anche lei in realtà ha un potere: quello di dare piacere e di decidere come, quanto e fino a quando”. Amori tormentati sono

anche al centro della ricerca di Ivana Spinelli, classe 1972, che nel progetto “Global Sisters” riflette sul ruolo del corpo della donna nella società attraverso opere d’arte che chiamano in causa tutti i media, dalle installazioni, alla scultura in ceramica, dal patrimonio sterminato di immagini offerte dal web alla pittura, in un calembour di riferimenti dove sono protagoniste silhoutte femminili in

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abiti da soldato o da kamikaze, mentre seducono lo spettatore con il loro fare compiacente. Non si tratta unicamente di farsi guardare, amare, idolatrare, ma anche di mettere sotto la lente i temi della rivendicazione femminista che di questi tempi, anche a causa della sovraesposizione mediatica cui sono soggette le “curve” quotidianamente e grazie a movimenti spontanei come “Se non ora quando?”, sono ritornati ad essere d’attualità. Tanto che a Ferrara, in occasione della XV Biennale Donna (fino al 10 giugno), curata da Lola Bonora e Silvia Cirelli, quando si parla di donne, si dice della violenza su di esse attraverso lo sguardo vigoroso di artiste come Valie Export, Naiza Khan o Nancy Spero, tra le altre. I lacci e le catene che stringono Regina Josè Galindo al collo, alla vita, alle braccia non sono quelli di un gioco amoroso tra due partner consenzienti, bensì il simbolo

perverso della supremazia oppressiva dell’uomo sulla donna, della società sull’individuo, delle convenzioni sulla vita umana. Diversamente Thomas Ruff, cui Gagosian a Londra ha recentemente dedicato la mostra “Nudes”, fotografa immagini erotiche, provocanti, estreme, ma le ammorbidisce nascondendole con una coltre opaca, eterea, di indefinitezza, come se i protagonisti fossero nascosti da una tenda e noi li stessimo spiando. È anche vero, se parliamo di sensualità, che non è necessario rifarsi per forza ad immagini così esplicite. Basti pensare alle opere pittoriche di Veres Szabolcs, in cui il corpo umano viene destrutturato e ricomposto in una amplesso carnale e oscuro di materia. O agli “Untitled” in ceramica di Cristiano De Gaetano: tre lavandini in prospettiva, bianchissimi, corrosi dalla sporcizia e rovinati dal tempo raccontano una storia complessa. Fatta di momenti intimi, mattutini o serali, 2 3 4

1 Polina Kanis, Eggs, 2010 2 Naiza Khan, Armour suit for Rani of Jhansi 3 Veres Szabolcs, Porthunt 2011, 140 x 120 cm, oil on canvas. Courtesy prometeogallery di Ida Pisani, Milan_Lucca 4 Regina Jose Galindo, Peso

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Marina Abramovic’ - The Abramovic’ Method: Chair for Man and His Spirit Materials: Wood, Selenite. - 2012 - ©Marina Abramovic’ by SIAE 2012, courtesy Marina Abramovic’

o di bagni pubblici, in cui si incontrano esistenze molteplici, differenti, si danno appuntamento amori proibiti, occasionali, non sempre sinceri, ma soprattutto di vita, qualunque essa sia, ordinaria o randagia, trasandata o tutto il contrario. Tradita dalla fisicità della tecnica con cui Cristiano rende le sue sculture: sono struggenti, comprendono tutto un passato. E che dire di Oscar Tuazon, in mostra alla Fondazione Giuliani di Roma fino al 21 luglio? “Ho intitolato la mostra “Scott Burton”- spiega l’artista – “perché dovevo scegliere un nome che esprimesse il mio stato d’animo. Probabilmente avrebbe avuto più senso prendere il titolo da Bea Schlingelhoff, e chiamarla “Fuck The Participant”, un gioco di parole che avrebbe descritto più precisamente il dualismo presente nel lavoro di Burton, sottilmente perverso, antagonista, sexy. C’è un bellissimo autoritratto di Burton, in posa con una parrucca Afro e la faccia bianca, vestito con la salopette e un enorme dildo, che potrebbe benissimo essere il sottotitolo di “Fuck the Participant”. Si tratta di una relazione quasi sessuale tra scultura e design, tra spettatore e opera che richiama universi dell’arte lontani e

fantascientifici. Il corpo è, inoltre, primo attore anche della ricerca di una signora dell’arte come Marina Abramovic, forse la più importante performer vivente, in mostra fino al 10 giugno al Pac – Padiglione di Arte Contemporanea di Milano con “The Abramovic Method”. Ha quaranta anni di carriera, ma è una leonessa. Bella, con un fisico atletico e morbido allo stesso tempo, porta a Milano riflessioni scaturite dalle sue più recenti performances: “The House With the Ocean View” (2002), “Seven Easy Pieces” (2005) e “The Artist is Present”, inscenata al MoMa di New York nel 2010. E che costituiscono il primo passo verso un congegno di installazioni interattive che chiama, attraverso l’utilizzo di pietre preziose e un gioco di luci e ombre, lo spettatore a partecipare e ad essere parte integrante del progetto artistico. Anche perché, spiega Marina: “senza il pubblico, la performance non ha alcun senso perché, come sosteneva Duchamp, è il pubblico a completare l’opera d’arte. Nel caso della performance, direi che pubblico e performer non sono solo complementari, ma quasi inseparabili”.

“Tetralogia della polvere” è il titolo, Gian Maria Tosatti è il protagonista di un progetto artistico curato da Julia Draganovic e Alessandro Facente, in mostra fino al 3 giugno presso Casa Bossi di Novara. Nei meravigliosi spazi antonellani – 5000 metri quadri disposti su sette livelli – l’artista romano costruisce un percorso affascinante e simbolico, in cui il tema principale è la memoria, con l’obiettivo di riportare alla luce una storia messa in soffitta. Ma attenzione: si visita in pochi e solo su prenotazione.

Presso la Brand New Gallery di Milano è in mostra Alessandro Roma, classe 1977 con la personale “Il sole mi costrinse ad abbandonare il giardino”. Luogo di elezione nella letteratura e nella memoria, il giardino diventa qui il leit motiv di una ricerca artistica che non si limita ad un solo mezzo, sintetizzando collage, scultura e pittura, nel tentativo di rappresentare al meglio la metamorfosi in corso, i ricordi, l’immagine del Paradiso cui siamo abituati. Fino al 24 maggio.

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MODA Eros & Photoshop

Quando le donne decidono di non farsi ritoccare. di Matteo Greco

Quell’attrazione che ti spinge ad avere a tutti i costi quel pezzo. Senza avere assoluta coscienza di ciò che puoi e ciò che non puoi avere. Questo è l’eros declinato nell’ambito sociale della moda. I fashionisti hanno un rapporto fortissimo con la moda, quasi come se fosse un’ossessione avere e accumulare ogni singolo pezzo “forte” di determinate collezioni. Il pezzo forte a volte piace, a volte è scomodo, a volte ancora è sola pura immagine da mostrare durante un evento o una sfilata per essere immortalato e finire in un blog che neanche si conosce, ma l’importante è esserci con quel pezzo. Porta a perdere la ragione, quindi a mettersi addosso cose che non si sarebbe mai pensato di poter indossare. La lista di capi che si “devono” avere per la stagione primavera-estate 2012 è lunga, ma sicuramente non si può rinunciare ad avere

le creepers di Costume National. La scarpa, che veniva utilizzata dai soldati nel dopo guerra nei locali malfamati di Londra, viene rivisitata e indossata con uno stile casual ma allo stesso tempo elegante e giovane. Un altro pezzo d’obbligo sono gli abiti di Z Zegna color blu topazio, con giacche severe e legate in vita che si ammorbidiscono con pantaloni ampi e morbidi. L’eros può essere declinato anche nella sua forma più comune e conosciuta come la forma attraente ed erotica che si può riscontrare guardando un’immagine o una persona. Nel mondo della moda l’eros e le immagini erotiche hanno sempre rivestito parecchia importanza per quanto riguarda la fotografia di moda. Helmut Newton e la sua “ossessione” per il nudo artistico: le sue donne sono personaggi che si tolgono senza problemi tutti gli indumenti

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Irina Shayk

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Tanya Mityushina Costume National

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per rimanere più naturali possibili, e gli scatti hanno una potenza erotica, rappresentando delle donne coscienti del proprio corpo e della loro carica amorosa. Forme, curve, occhi e labbra sono le caratteristiche da mettere in risalto, per creare lo scatto perfetto. Dal punto di vista dell’erotismo maschile, fra i fotografi più importanti, si può trovare Mapplethorpe con i suoi scatti al corpo maschile, nudo e crudo, con carica erotica all’ennesima potenza, pur con il loro tocco di solitudine e intimismo. E’ proprio questo che differenzia Mapplethorpe e Newton da alcuni fotografi commerciali. Nelle campagne pubblicitarie di intimo molto spesso si ritrovano donne particolarmente sensuali in completini intimi davvero succinti. E’ il caso dell’ultima campagna di “Intimissimi” con la modella Tanya Mityushina, modella russa, capelli biondo scuro e forme da far girare la testa a qualsiasi uomo. Ritratta sui colli toscani, Tanya viene rappresentata in una forma assolutamente naturale che esplode

di sensualità e carica erotica. Tanya prende il posto di un’altra modella che aveva fatto letteralmente perdere la testa a parecchi uomini come Irina Shayk celebre anche per la campagna Intimissimi uomo, dove indossava abbigliamento intimo da uomo, o la nostra italianissima Bianca Balti, ritratta nell’ultima campagna di Dolce&Gabbana nella veste della ragazza del Nord che va a sposare il ragazzo del Sud e conosce tutta la famiglia di quest’ultimo. Anche attrici bellissime e famosissime del nostro paese si sono prestate per essere immortalate in campagne di intimo. Celebre è il video di Monica Bellucci diretta da Gabriele Muccino sempre per il marchio Intimissimi dove sotto a una musica travolgente di tango si intrecciano le storie di diverse donne, o come Isabella Ferrari per Yamamay che diretta da Paolo Sorrentino si mette “a nudo” di fronte alla telecamera con un pizzico di timidezza. La quarantasettenne è decisamente lontana dai modelli femminili che predominano sui nostri schermi e decide per questo video, di non ricorrere neanche al fotoritocco proprio per rappresentare una donna vera, con una storia da raccontare, con un’anima e perché no anche con qualche difetto. Del resto, la perfezione non fa parte di nessun uomo o donna sulla terra, ma la normalità è proprio rappresentata dai difetti che ciascuno di noi può avere e che rendono unici tutti noi.

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ROCK COUTURE

Maxim incontra lo stilista Ermanno Scervino. di Irene Pollini Giolai

pulito, semplice, eleganza classica ma, al contempo, modernità e una spasmodica e continua ricerca nei tessuti. “Rock Couture” con queste parole Ermanno Scervino, stilista della maison sintetizza lo stile delle sue collezioni ma noi di Maxim volevamo sapere qualcosa di più.

La tradizione dell’artigianalità e la forza propulsiva della ricerca. La portabilità dei capi ma, al contempo, la loro semplice originalità. Termini spesso opposti e contrastanti quando si parla di moda, ma che trovano una perfetta collocazione nel mondo di Ermanno Scervino. Design

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nella foto Ermanno Scervino

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immagini della sfilata P/E 2012

Quando hai capito che da grande avresti fatto lo stilista? Da subito, sin da piccolo, nutro da sempre un viscerale interesse per il bello. Penso di saper fare solo questo. Qual è stato il tuo percorso di formazione? Sono totalmente autodidatta. Ho studiato architettura in Italia e ho visto all’opera i più grandi stilisti di sempre. Osservare è molto importante. Saper aver l’intuizione giusta forse ancora di più. Un tuo pregio. Mettermi in discussione, amo molto il confronto. Un tuo difetto. Dovresti chiederlo a chi mi circonda, forse a volte sono un po’ iroso.

Ermanno Scervino veste da sempre moltissime personalità dello spettacolo e non solo. Qual è stata la prima celebrità ad indossare una tua creazione? Dalila fu la prima. Le serviva un abito per un’intervista con Pippo Baudo. Per Domenica In. Era bellissima. Infatti, passò poco tempo ed arrivò il bis. Il secondo fu un abito per un film con Alberto Sordi. Cosa significa per te la parola eleganza? Made in Italy e sartorialità. Ma ha ancora senso parlare di made in Italy? Certo. Dobbiamo parlare del made in Italy. Dobbiamo celebrarlo e continuare a portarlo avanti come valore fondante della nostra moda. Made in

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Italy è sinonimo di qualità, artigianalità e perfezione. La nostra capacità sartoriale è uno dei valori più forti e significativi. Da dove prendi ispirazione? La strada è il posto migliore dove cercare ispirazione. La gente mette in circolo nuove idee, stili e mood. Amo molto viaggiare e le città come New York, Londra ma anche Parigi e Milano regalano ogni giorno grandissimi spunti su cui lavorare. Un posto per te importante? New York. Ho avuto la fortuna di poterla vivere in un periodo magnifico, non sono un nostalgico ma l’esperienza dello Studio 54, l’incontro con Andy Warhol, beh… hanno irrimediabilmente segnato in senso positivo la mia visione del mondo, la mia vita.

Se dico Factory, cosa mi dice? Facile rispondere: Bello. Bello far parte di qualcosa di così importante, è stato un periodo divertente. Oggi credo che Londra porti in sé lo stesso spirito di quella tanto citata New York. A Londra c’è fermento, i giovani hanno voglia di vivere, d’essere protagonisti del loro tempo. E parlando proprio dei nostri giorni, l’estate sta arrivando. Un accessorio cult per lui della P/E 2012. Il cappello in paglia stretch per lui. La comodità e la praticità sono due valori assoluti in campo maschile.

Oltre al talento è necessaria la passione. Cosa pensi delle scuole di moda? Come ogni cosa se fatta bene hanno un senso. Se ci si impegna nel momento in cui le si frequenta ti danno grosse possibilità. Essere tecnicamente preparati è importante, direi fondamentale. Poi bisogna mettersi bene in testa che la fatica e la dedizione sono fondamentali. Un sogno nel cassetto. Tantissimi, difficile sceglierne uno.

Un consiglio che daresti ad un giovane stilista? Chiedersi davvero se è pronto ad affrontare il duro percorso che ha davanti.

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SPORTSWEAR

LACOSTE: UN NOME NELLA LEGGENDA Da quasi ottant’anni un’icona dello stile casual sportivo.

di Demetrio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli

Era il 1933 quando un gracile tennista francese dal naso adunco e dalla tenacia imbattibile, improvvisatosi stilista, portava alla creazione di quella che poi sarebbe diventata una delle linee di abbigliamento sportivo più celebri al mondo: la Lacoste. Da allora il coccodrillo scelto a simbolo della casa dallo stesso Lacoste in omaggio al soprannome con cui era conosciuto nei circuiti internazionali ne ha sicuramente macinata tanta di strada. Partito dai campi da tennis, grazie anche all’audacia imprenditoriale della moglie del fondatore, il brand arrivò ben presto a coprire una gamma sempre maggiore di prodotti e spaziando dalla maglieria alle polo, cuore storico della Maison, sino ad arrivare alle scarpe, oggi nucleo chiave della casa francese. Che si tratti di una sneakers stringata piuttosto che di un mocassino, di una espadrillas o di un qualsiasi altro modello di calzatura, le scarpe col coccodrillo sono uniche proprio per il loro appeal storico e contemporaneo al tempo stesso.

Offerte in un pantone cromatico senza eguali e che non ammette concorrenti in merito alla varietà dei modelli proposti, il business calzaturiero è diventato oggi uno dei nuclei fondamentali del patrimonio della casa e una delle sue principali risorse. Non più relegate al mondo del tennis le scarpe Lacoste sono perfette sia per il tempo libero sia per la città, che per la più classica delle gite fuoriporta con gli amici e sono, ormai da decenni in verità, diventate un must irrinunciabile in tutti i guardaroba di coloro che, capaci di apprezzare la moda, pur non essendovi succubi, vogliano sentirsi cool anche con un semplice cardigan ed un jeans. Inoltre è recentemente uscita sul mercato la nuova LACOSTE L!VE, una linea ispirata ad alcune delle silhouette più classiche della Maison come la René Lacoste e al Broadwick HI e prodotte in numerosi materiale: dal suede alla pelle sino alla sempre apprezzata tela estiva, tutte proposte in un’ampia gamma di colori tra cui poter scegliere.

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SENTIRSI A CASA di Irene Pollini Giolai / foto di Valeria Anzolin

La genuina eleganza di Casa Dondup riporta la qualitĂ al centro della vita.

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SPORTSWEAR

Scoprire degli angoli di Milano sconosciuti e d’improvviso ritrovarsi a casa. Nascosta in Via Sirtori 34, a due passi dalla fermata metro di Porta Venezia, troviamo Casa DonDup. Un progetto del tutto sperimentale in cui prima del prodotto, la volontà è quella di comunicare qualcos’altro. Qualcosa di molto più forte e profondo: l’anima del brand. Moda e cucina si suddividono equamente i 400 mq di que-

sta ex officina, ridisegnata splendidamente nei suoi interni dalla stilista di Dondup, la solare e grintosa Manuela Mariotti. Le luci sono calde e l’atmosfera è accogliente, nel negozio come nel ristorante al secondo piano. La cucina e i suoi ingredienti sono la più grande passione di Massimo Berloni, marito di Manuela e “animale d’impresa”, nonchè presidente e amministratore delegato dell’azienda.

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Massimo, com’è nata l’idea di Casa Dondup? MB: E’ stata una conseguenza fisiologica. Questo posto nasce dall’esigenza di comunicare in modo chiaro chi siamo. I nostri valori. Casa Dondup esprime con un unico ambiente quello che di fondo è Dondup stessa. La nostra azienda assomiglia molto a quello che potete vedere qui. Siamo Marchigiani. Siamo cresciuti in un ambiente sano e questo accompagna tutti i giorni delle nostre vite. Sentirsi a casa aiuta anche a lavorare meglio, no? Qualità della vita prima di tutto quindi. Legno, cristallo, bianco e grigio, si fondono in un’atmosfera permeata d’accoglienza, quella casalinga, quella che profuma di pane appena sfornato. Una genuina eleganza si racconta nei dettagli del negozio, nella scelta dei colori sino alla cucina proposta da Mimmo, fatta di ricette semplici ma curate nei profumi e negli accostamenti.

Un tratto distintivo della vostra filosofia di living sembra essere “la qualità, mai la quantità”. MB: Certo. Meglio poche cose ma fatte davvero bene. Fare quantità significa ragionare con una logica legata al guadagno immediato. Con quella abbiamo già perso. Nella moda, come nel cibo, la qualità degli “ingredienti” di partenza è fondamentale. MM: Poi è necessario sperimentare ed essere curiosi. D’altronde Casa DonDup è un esperimento. Nel nostro shop per esempio non vediamo solo i nostri prodotti. Abbiamo scelto di tenere con noi anche altri designer e brand, vicini alla nostra filosofia. Non un brand ma un vero e proprio stile di vita quindi. Ma Casa Dondup è un esperimento che sarà replicato all’estero? MB: Ci piacerebbe, ma non abbiamo un’esperienza formata e matura quanto a re-

tail. Come dicevo prima, se si fa una cosa è necessario farla bene. Coerenza e credibilità, oltre che qualità. O forse è tutto conseguente. MB: Oggi siamo sempre tutti di corsa, sempre attenti a performare. Abbiamo corso così tanto che oramai ci manca la terra sotto i piedi. Dobbiamo rallentare. Ho sempre lavorato per la qualità, la velocità non è amica della qualità, molto spesso. Per noi è davvero importante comunicare chi siamo. Essere credibili lo è ancora di più. Trovare ispirazione oggi è difficile, mi verrebbe da dire, ma le vostre collezioni suggeriscono il contrario. MM: La musica, le strade, la gente. E’ pieno di bellezza in giro. Basta saperla cogliere e analizzare. L’ispirazione è qualcosa che viene dalla pancia. E’ un attimo. Anche il brutto a volte può stimolarla.

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L’Intuizione è un ingrediente sempre fondamentale per la riuscita di un progetto, di un brand. Creativamente ma anche commercialmente… MM: L’intuizione è il motore, poi bisogna essere coraggiosi e preparati. MB: Quando le cose riescono, aggiungerei che bisogna essere coraggiosi anche nell’essere felici. Non bisogna mai dare nulla per scontato.

Per chiudere vorrei chiedere a entrambi un consiglio per un giovane che si sta affacciando al mondo del lavoro. So che avete 5 figlie. MB: Verissimo, sono un uomo solo con cinque donne (ride – nda). Ai giovani dico di studiare bene bene quello che abbiamo fatto noi e fare esattamente il contrario. Non replicate gli errori. Non cercate la scorciatoia, godetevi il percorso duro per arrivare alla meta.

MM: Non lo so se si diventa creativi, forse lo si nasce. Quello che però è fondamentale è la curiosità. E’ necessario amare ogni forma creativa per riuscire in un lavoro come lo stilista. Come un imprenditore, bisogna accettare il rischio, il giudizio. Avere carattere e convinzione è necessario. Infine ascoltare tutti, rimanere in crescita, ma essere sicuri su chi si è.

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di Matteo Greco

CHRISTIAN PELLIZZARI Trentuno anni, Christian Pellizzari è uno dei designer italiani che ritengo possa davvero essere il capostipite della nuova ondata generazionale per il mondo della moda. Un viaggiatore nato che prende spunto dalla gente comune, che s’ispira leggendo un libro e che da grandissimo osservatore assorbe ogni piccolo dettaglio della vita di tutti i giorni. Un carosello di contaminazioni sia a livello di tessuti (l’accostamento di tessuti classici della tradizione biellese a materiali più insoliti come i tessuti tecnici o più sofisticati tipo il jacquard in seta e misto seta) sia a livello di styling (il mix di giacche da sera a capi casual). Capi assolutamente made in Italy che nascono però da Parigi, città che Christian ama particolarmente e che lo ha aiutato nella sua crescita personale. Lui stesso afferma: “Ho imparato tantissimo negli atelier di Parigi, ci sono persone capaci di creare il sogno, dal disegno al drappeggio, al capo finito, con una manualità e sartorialità uniche al mondo”. L’uomo che Christian vuole rappresentare è lui stesso: un uomo che ama la vita sia di giorno che di sera e proprio come lui ha uno spirito solare e leggero. Il look si completa con le scarpe che vanno dalla pantofola da sera alla rivisitazione della scarpa inglese, con un tocco di classe aggiunto dai foulard e sciarpe con stampe che completano l’immagine dell’uomo contemporaneo. Un ragazzo giovane ma con grandissima personalità e tantissimo entusiasmo, davanti al quale non si può rimanere in nessun altro modo se non a bocca aperta.

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A/I ANDREA INCONTRI Nato nel 2009, A/I di Andrea Incontri, è un brand Made in Italy che arriva da esperienze che il designer mantovano ha avuto con il mondo dell’architettura e del design di complementi d’interni. Uno studio accurato alle superfici raccontato dai pellami e dai tessuti. Andrea riassume perfettamente forma e materia con l’idea di leggerezza, resistenza e semplicità. La collezione si sviluppa in “contenitori” dalle diverse funzioni come sacchetti che danno il via alla libera interpretazione di ogni singolo soggetto, sia esso un uomo o una donna. Bisogna interpretare a proprio gusto le nuove proporzioni degli zaini, delle borse e del beauty. I materiali principali delle sue collezioni sono il bufalo e il vitello martellato. Questa scelta arriva dalla tradizione italiana della metà del Novecento dove le borse venivano utilizzate per parecchio tempo ma sempre portate con una forma di gentilezza e rigore. Andrea ha vinto Who’s on Next nel 2010 nella categoria accessori, avendo l’occasione di farsi conoscere da un pubblico sempre più vasto ed internazionale.

FORFEX

Un brand giovane, underground e molto particolare. Dalla fantasia di Gio Forbice, giovane e talentuoso designer italiano, nasce Forfex, marchio di scarpe fuori dal solito modo di fare calzature. Spesso ironico e dinamico questo tipo di scarpe si rivolgono a un pubblico che vuole migliorare sempre il proprio stile e la propria personalità ogni singolo giorno. I principali modelli di Forfex sono le “Dark Side” un paio di scarpe da ginnastica classiche realizzate in pelle morbida o tela. Ma ci sono anche modelli decisamente più sofisticati come le “Sex Studs” e le “Killers” tutte realizzate aggiungendo un elemento che Gio Forbice ama inserire nel suo lavoro: le borchie. Un altro must have del brand sono gli “Space Boots”: una via di mezzo fra un dopo-sci e una scarpa da ginnastica. Quest’ultimo modello è stato ed è un successo fra gli addetti al settore moda e proprio per questo sono nate diverse collaborazioni con altri designer. In modo particolare anche Skin, la cantante degli Skunk Anansie, si è innamorata di queste scarpe, volendole indossare spesso durante le performance. Un brand che si è trasformato da semplice brand di calzature a vera e propria filosofia di vita.

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SÉLECTION

SPORT STYLE

Voglia di caldo, voglia dei primi week-end al mare, voglia di abbandonare gli abiti pesanti per indossare solo quelli più comodi e freschi. Come il classico bermuda, che può trasformarsi in tante versioni. Casual: per l’effetto usato e i tasconi laterali. Elegante: per la particolare attenzione al taglio e ai motivi a righe. Ricercato: per fantasie come il camouflage colorato o il tartan. E poi felpe di ogni genere: legate allo sport, con cappuccio a tinta unita; di ispirazione college, bicolori con bottoni; e fashion, con stampa fantasia e zip. Al polso ovviamente solo orologi colorati ma in gomma e in più, per chi è trendy non solo in città, ecco due accessori allo stesso tempo utili e alla moda. Il nuovo casco di Momodesign: un’esplosione di colori ne fa un vero e proprio accessorio, da abbinare con quello che si indossa e un oggetto di design ispirato all’universo pop, il tutto senza tralasciare la sicurezza su due ruote. E le cuffie di Original Fake per ascoltare la musica, ad archetto e dal colore forte per non passare mai inosservati.

BERMUDA di Roberta Lo Baido

FELPE

OROLOGI Momodesign, casco colorato di design con visiera regolabile. Original Fake, cuffie per la musica dal colore acceso

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SÉLECTION

di Roberta Lo Baido

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SÉLECTION

ERMUDA 8

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CAESAR

Da taglio classico, a quadretti. 2

CITY TIME

Eleganti con righine bianche e blu. 3

DESIGUAL

Ispirazione country, a quadrettoni rossi e blu. 4

GANT BY MICHAEL BASTIAN

Fantasia camouflage dal colore acceso. 7

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GEOX RESPIRA

In cotone con tasconi laterali. 6

PIAZZA ITALIA

Cargo stampa mimetica con tasche laterali. 7

DOCKERS

Con tasconi sul davanti e risvolto. 8

DOLOMITE

Multitasche, nella nuance verde menta. 9 9

H&M

A quadri colorati, per non passare mai inosservati.

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SÉLECTION

ELPE 8

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PIRELLI PZERO

Classica, con zip e con cappuccio. 2

ARMATA DI MARE

Bicolore, con bottoni, ispirazione college. 3

FRED PERRY

Classica, con cappuccio a contrasto. 4

LACOSTE L!VE

Bicolore con zip e maxi Coccodrillo. 5

LEVI’S

Effetto vintage, in cotone con cappuccio. 6

BLOMOR

In cotone con stampa sul davanti. 7

G-STAR RAW

Stampa fantasia con polsini e colletto in maglia.

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GAP

Dal colore acceso con tasche sul davanti. 9

VINTAGE 55

Dalla tonalità forte con cappuccio a contrasto.

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SÉLECTION

OROLOGI 1

ADIDAS ORIGINALS

Con cassa in policarbonato e maxi logo colorato.

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BOXER MILANO

Con cassa estraibile in policarbonato e cinturino in gomma. 3

TOYWATCH

Monocrome, in plasteramic con ghiera girevole. 4

OPS!

Con quadrante rotondo e cinturino in silicone. 8

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KIENZLE

Impermeabile, con ghiera bicolore e cinturino in silicone. 6

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MORELLATO

Con cassa e cinturino in plastica trasparente e vetro minerale. 7

BROSWAY WATCHES

Oblò Aviatore, con cassa in acciaio e cinturino in gomma. 9

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HIP HOP

Sportman, multifunzione, colorato in gomma. 9

SWATCH

Touch, in vendita da giugno, dal colore fluo.

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MODE

abito Ermenegildo Zegna / camicia Brioni / cappello e scarpe Paul Smith

giacca e camicia Stone Island / abito Iceberg / scarpe Paul Smith

FORMALE VS INFORMALE di Matteo Greco / foto di Aaron Olzer Grooming Cristina Bertaggia using MAC Cosmetics / Modello Giulio@Fashion Ha collaborato Simona Dell’Unto

Abiti color sabbia e delle tonalitĂ del marrone si abbinano a giubbotti e camicie colore rosso. Uno stile elegante per un uomo di classe e moderno. www.maximitaly.com

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giacca Brioni / abito GF Ferré / camicia Z Zegna / cache-col Paul Smith / scarpe Iceberg

giacca e camicia GF Ferré / abito e cache-col Brioni / scarpe Iceberg

abito Missoni / camicia GF Ferré / cappello e scarpe Paul Smith


MODE

No!

sì.

al maglio ne di lana grossa

a l g iu b b o tt o er da l ta g li o o v

sì.

No!

al giubbotto in pelle

al pantalone con tasche laterali

sì.

sì.

alle fan tas ie pat chw ork o tar tan su cam icie e giu bbo tti

alla cin tura a con tra sto

No!

No!

alla borsa in coordinato con il cappotto

alla sneakers

A[P]PUNTI DI STILE di Irene Pollini Giolai e Demetrio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli illustrazioni Irene Pollini Giolai

I costumi cambiano, ma lo stile resta. www.maximitaly.com

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borsa da viaggio by WANT LES ESSENTIELS DE LA VIE

scarpe by ROKIN

giubbotto by GIORGIO BRATO

camicia by TRUE RELIGION

Che vi troviate in vacanza sul Cervino e magari stiate sognando una scalata a una delle pareti incontaminate dell’Anapurna o dell’Aconcagua, oppure siate solo usciti per una passeggiata al parco dietro casa poco importa. Sull’onda dell’into the wild di Sean Penn tutti prima o poi sognamo un ritorno alla natura o, quanto meno, ad una maggiore rilassatezza. Ecco allora che riprendiamo in mano giubbotti basici e nel contempo ricercati, canottiere e tshirt dal taglio over, magari accostate a pantaloni dal taglio iper-classico e dal fit slim. Perché se è vero che un look un po’ radical sarà tra i più seguiti dell’estate, è pur vero che la caduta di stile nel (finto) radical – (poco) chic è sempre in agguato.

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MODE

Metti che...

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CENA ROMANTICA AL CLANDESTINO

SĂŒ -

Tessuti leggeri, naturali come il lino, la garza di cotone, ma anche il cinz

abbinate liberamente gli stili e non curatevi del purismo

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se siete accompagnati omaggiate l’ospite con fiori dal colore accesso

NO -

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Non indossate gli occhiali da sole al tramonto, ma teneteli nel taschino al posto della pochette Non inzuppatevi di colonia, ma usate il buon odore di una doccia con ottimi prodotti e degli abiti freschi Non usate le calze, ribadisco non-usate-la-calze

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Il Clan desti no

Il Clandestino sushi bar si trova nella baia di de Portonovo, scoglio bianco, acqua turchese, lavan a iamo prend , enti, e ginestre sulle colline adiac prestito la breve ma invitante descrizione di una questo posto incantato.Ve lo consigliamo per e voi tra re oppu cena riflessiva tra voi e la bellezza una magnifica creatura.

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www .more noce dron i.it/c land estin o/ma in.ph p

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METTIAMO CASO CHE... di Salima Arfoudi / illustrazioni Irene Pollini Giolai

Piccola guida illustrata del guardaroba adatto a ogni occasione. www.maximitaly.com

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MODE 1

Metti che...

CONFERENZA SU ARTE, MODA E DESIGN

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Normalità e cura, chiarezza e personalità L’impermeabile vi rifinisce La camicia sa di impegno e precisione I pantaloni dovrebbero essere dei jeans completamente lisi, ma adoperatevi affinché il colore rimanga intenso

NO

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Se dovete tenere voi la conferenza non agghindatevi sperando che mamma vi veda, perché se funziona con lei qualcosa è pruriginosamente sbagliato Se siete i moderatori abbiate rispetto del ruolo dell’oratore al vostro fianco, se voi siete belli come Fabio Novembre state leggermente e fintament e dimessi

Si è appena concluso un aprile impegnativo e affollato di curiosi intenditori di design arte e moda. Per non perdere il gusto della scoperta e della ricerca tenete d’occhio le pubblicazioni specializzate come:

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www .frui tofth efore stma gazi ne.c om

CENA ROMANTICA AL CLANDESTINO:

IL POLIGONO:

1 Camicia OVS

1 Trench ALLEGRI

2 Occhiali SUPER

2 Giacca DANIELE FIESOLI

3 Giacca LARDINI

3 Camicia DEL SIENA

4 Scarpa da barca HENRY LLOYD

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Jeans REPLAY

5 Pantaloni AVIREX

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Stringata HOGAN

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camicia Paoloni / maglia Calvin Klein Jeans/ bermuda MSGM

giacca Manuel Ritz /camicia Bomboogie /bermuda Paul&Shark /cravatta Paul Smith

TACCUINO DI VIAGGIO photo Matteo Felici / styling Demetrio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli model Sander Hoeksma@Independent Men Special thanks Lucio Colapietro

Quando la moda incontra il viaggio. Da questo numero Maxim offre ai propri lettori un nuovo contenitore moda dall’inconfondibile sapore travel. Ogni mese, infatti, la nostra troupe viaggerà alla ricerca di mete di viaggio, italiane e non, note e poco note, cercando di indicarvi gli indirizzi dei luoghi imperdibili per ogni destinazione proposta. Dall’hotel al ristorante, che si tratti di una gita fuori porta o di una settimana di relax, saremo noi di Maxim a condurvi per mano alla scoperta delle risorse di ogni singola location, con un’inedita pagina di backstage, proponendovi anche alcuni look ispirati al luogo che si visiterà. Per la prima destinazione la troupe ha scelto un posto magico: Bordighera, nel cuore della celebre Riviera dei fiori, resa celebre da pittori, letterati e regine.

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maglia MSGM camicia CK Calvin Klein bermuda American Apparel orologio Misaki

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maglia Paul&Shark camicia Paul&Shark / bermuda Ballantyne / cintura Ballantyne

costume Calvin Klein

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TACCUINO DI VIAGGIO

DIETRO LE QUINTE: BORDIGHERA Tra le mete preferite dagli inglesi fin dall’inizio del XIX secolo,Bordighera, resa famosa dai dipinti di Monet che la scoprì nel 1883, è stata la location scelta dalla troupe di Maxim per gli scatti di moda delle pagine precedenti. A poche ore da Milano e a una manciata di minuti dalla Francia, la cittadina ligure dal fascino inglese, che conquistò il cuore della regina Margherita, gode di un’atmosfera unica dove il verde dell’entroterra incontra il blu del Mediterraneo. Meta perfetta per gli amanti del mare che non disdegnano però anche svaghi culturali: consigliata la visita alla Fondazione Terruzzi - Villa Regina Margherita, recentemente riaperta al pubblico.

Un ospite inatteso A far visita alla troupe sul set la piccola Tullia, che si è prestata a giocare con il modello durante una pausa del servizio.

Coffee break Niente di meglio che un caffè in riva al mare prima di ricominciare con gli scatti.

GLI INDIRIZZI Hotel Grand Hotel del Mare via Portico della Punta 34. tel +39 0184262394 - www.grandhoteldelmare.it La struttura si trova in una posizione suggestiva a picco sul mare, facilmente raggiungibile dal centro città. Offre un ambiente suggestivo, spiaggia privata, piscina, SPA, fitness club e moderne sale conferenze. Tutte le camere hanno ampi terrazzi con affaccio sulla baia.

Pranzo Ristorante Aloha via Portico della Punta 11. tel +39 0184262389 Ristorante caratteristico sulla spiaggia: un dehors a pochi passi dal mare dove poter gustare specialità di pesce.

Cena Ristorante Valdisogno via Parini 7. tel +39 0184998140 Locale situato nella città vecchia, dal 2007 offre piatti di mare (consigliamo i gamberoni spadellati allo zafferano) e il proprietario, Andrea Previato, può vantare il titolo di Pizza Campione d’Italia 2011.

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CONSIGLI DI STILE

RASSERENATEVI

Look stonato? Cambiate registro! CANTANTI

Vasco Rossi

I consigli di Serena: Caro Vasco, lei è un’istituzione del rock e la polo stropicciatina non le si addice, proprio no! Perfetta invece una t-shirt nera con un lieve scollo a V. Se ne trovano di tutti i prezzi. La più facile da trovare? Quella di Intimissimi! E mi raccomando, sistemi i suoi capelli... Oltre che ad un taglio accurato necessitano di un ristrutturante capillare. Perfetta la maschera fortificante Bioscalin, che lucida e rinvigorisce la chioma.

Vasco! Ma che é questa faccia allucinata? Si é appena guardato allo specchio e ha visto i suoi capelli? Qui urge un taglio e una bella messa in piega! E di corsa!

Ma questo maxi-collo anni Settanta cosa ci fa a metà spalla? Il colletto della polo va dentro al bavero della giacca... non fuori!

Che ne dice di chiudere un paio di bottoncini? Eviterebbe l’ effetto bullo, che non dona alla sua età. Suvvia Vasco... non si faccia sgridare!

Questa giacca proprio non va. Fa le spalle cadenti, cambiamola! Che cos’è quell’effetto gruccia? Tristeeeeee. Bocciatissima!

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CONSIGLI DI STILE

Ha calcato le passerelle per quasi vent’anni. Poi si è occupata della distribuzione di marchi italiani nel mondo. Oggi dirige un importante showroom di abbigliamento, cura una rubrica radiofonica e fa la giornalista. Tagliente come un rasoio, ironica e sarcastica. Lo stile è la sua passione: noi di Maxim le abbiamo chiesto di commentare per noi le mise di alcuni personaggi pubblici. Negli scorsi numeri ci siamo occupati di politici. Ora tocca ai cantanti!

di Serena Fumar / foto Agenzia Fotogramma

Jovanotti

I consigli di Serena: Pe r cu ra re l a s u a b a r b e tta incolta, perfetto il regolabarba Braun, piccolo, compatto, facile da trovare e comodo da utilizzare. Poi con le sue splendide e comode scarpette, corra ad acquistare un paio di sneakers colorate e comode! Molto carine quelle della Ash. Buono shopping!

Carissimo Lorenzo, lei ha un bel faccino! Perché lo copre con tanto pelo incolto? Alleggerisca e sfoltisca questa barba, che di profilo le fa anche sembrare il mento sporgente!

Incredibile! Questa é una Fruit of the Loom, la famosa t-shirt anni Ottanta! Ma scusi: che ci fa su di lei, sotto la camicia in jeans, nel 2012? Old style! Se proprio ha freddino, opti per un collo a V! Ma a scomparsa... mi raccomando.

Qui è bocciato! Mi spiace, ma “Con tutto l’ amore che ho” non riesco a perdonarla! Vada per il jeans su jeans, anche se fa un po’ effetto teenager, ma almeno che sia dello stesso tono o lavaggio...

Mmmh, ma lei sa che queste sono delle runner (cioè scarpe da corsa)? E la tuta da ginnastica dov’è? Che ne dice di un bel paio di sneakers? Sono molto più trendy e senza cuscinetti-zeppa, che vista la sua altezza proprio non servono!

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CONSIGLI DI STILE

Valerio Scanu

I consigli di Serena: Caro Valerio, per lei è perfetta una camicia in cotone, non lucido, semplice, sciancrata e nera, in tema con il suo stile “Gelatina”, anche se vorrei proprio vederla con un taglio corto, proporzionato e sconvolto. Valorizzerebbe il suo viso senza enfatizzare la fronte. E ora... veniamo ai piedi! Le piacciono le scarpe lucide? Bellissime quelle di vernice nera, stringate! Io opterei comunque per l’estremo. Colori accesi per lei... il must della primavera-estate 2012! Che ne dice?

Caro Valerio, queste sopracciglia ad ala di gabbiano son troppo accentuate. Non vorrà spiccare il volo? La forma è troppo definita, lasci ricrescere la base e renda tutto più naturale!

Passi per il colore classico. Giusto anche il collo nel bavero della giacca, ma... scendendo sul pancino cosa vedo? Valerio! Ma é stretta, non si può guardare. Via la camicia o inizi la dieta!

Sto arrossendo! Ma cosa é successo? É ingrassato questa mattina, prima di vestirsi, o vuol mostrarci tutte le sue grazie? Ha i pantaloni che la fasciano un po’ troppo. No? E anche se cantando ci dice di essere “Così diverso”, io non la giustifico lo stesso!

Lucida, classica, colore identico alla camicia. Che noiaaaaa! É antica. Valerio, ma lei si ricorda quanti anni ha? Lasci stare questo stile da quarantenne in carriera e si butti su tutto il resto! Le piace la vernice? Opti per la scarpa affusolata e colorata! Quei mocassini son proprio out! Meglio scalzo!

RASSERENATEVI Alla prossima puntata con la categoria dei ... www.maximitaly.com

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CONSIGLI DI STILE

Tiziano Ferro

I consigli di Serena: Caro Tiziano, questa mise, mix tra anni Settanta e Novanta, non ci piace! Cambiamo immediatamente i jeans con un bel paio di Dondup, effetto used della taglia giusta! Slanciano la figura ed enfatizzano il lato B. La giacca la sostituirei con qualcosa di definitivamente aggressive. Un bel chiodo nero e rockettaro, perfetto per il palcoscenico.

Tiziano, questa giacca è una disperazione! Si chiede perché? É piccolissima, ha troppi bottoni e ha maniche lunghissime! Che ne dice? La cambiamo?

Orroreeeee! I Baggy jeans messi a vita alta? Questi pantaloni vanno portati a vita bassa! Rigorosamente! Sempre!

Mamma mia! La zampa larga! E oltretutto su quella scarpa? Sa qual è “Il regalo più grande”? Eliminare questo pantalone dal suo armadio! Subito!

Ma Tiziano! Ma lei sa che l’ armadillo è un animale protetto? E allora, cosa ci fanno due armadilli neri ai suoi piedi!? Bruttissime! Guardi che chiamo il Wwf! Via! Nel cestino!

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PROFUMO E MISURA

Una selezione delle novità dalla profumeria maschile da scegliere con cura e adoperare con misura a cura di Filippo Casaroli

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Ora che ogni tanto spunta il sole e le giornate si colorano di azzurro e il vento eccita la voglia di fare e di stare bene i profumi diventano fondamentali per rifinire la bellezza delle sensazioni. In questa primavera che zoppica vi regaliamo il piacere di annusare bene proponendo una lista assai parziale e del tutto soggettiva di buonissime fragranze. Poche indicazioni e modalità di utilizzo se non di essere leggeri nelle dosi. Centellinate con discrezione i liquidi suggestivi di seguito elencati, lasciate che intorno a voi aleggi un piacere sottile e fresco e quasi difficile da catturare.

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ACQUA DI PARMA Colonia Intensa Prestige Edition

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BURBERRY BRIT Summer Edition for men eau de toilette

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CHANEL Allure Homme Sport Eau Extrème

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4 DIOR Aqua Fahrenheit 5 DOLCE & GABBANA Light Blue Living Stromboli

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6 GUERLAIN Habit Rouge L’eau eau de toilette 7 HERMÈS Voyage parfum

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LANVIN Avant Garde eau de toilette

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LOEWE Solo eau de toilette

10 PRADA Amber pour homme Intense eau de parfum edition 11 YVES SAINT LAURENT La Nuit de l’Homme frozen cologne 12 ZADIG&VOLTAIRE eau de toilette

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SALONE DEL MOBILE 2012: Dentro al Salone in fiera, al FuoriSalone in città: come ogni anno, a Milano il mobile era ovunque e i 330.000 visitatori lo possono dire. Il claim di quest’anno recitava: “A Milano, dove se no?” e lei, da capitale della moda a capitale del design, ha cambiato veste con nonchalance, mantenendo l’eleganza di una esperta padrona di casa. E i prodotti di alto livello, destinati ai mercati di tutto il mondo, presentati per l’occasione, l’hanno confermata anche questa volta come il principale palcoscenico del design internazionale. Tra i suoi ospiti non mancava nessuno: star, archistar, progettisti internazionali e nostrani, trendsetter, giornalisti, studenti, appassionati e semplici curiosi e tutti, chi più e chi meno, avevano in testa la stessa domanda: “Quali saranno le tendenze di quest’anno?” Sì, perché una delle più importanti vetrine del design non può non essere un punto focale per le future tendenze di stile... e poi si sa, nei momenti di impasse, quando scegliere bene diventa una priorità in cui mediare tra istinto e ragione è necessario, il design può sicuramente offrire una garanzia in più. Ma quindi: forma, sostanza, ricerca, qualità, ergonomia ed efficienza quali fisionomie assumono in questo 2012? È certo che le linee si sono addolcite e il minimalismo “prima di tutto” ha lasciato spazio a qualche timido fronzolo, bianco e nero sì, ma c’è anche un tripudio di colori che rallegrano le atmosfere domestiche, pollice alzato per gli arredi salva spazio, i mobili con diverse funzioni e i complementi su ruote... insomma, un design che fa bene e facilita la vita quotidiana, che nasce da accortezze apparentemente semplici che in verità nascondono riflessioni complesse. Sostenibilità e ecologia definiscono linee guida costanti: dall’autoproduzione al riciclo d’autore, dagli studi su tecnologia e materiali alle interazioni tra design, artigianato e sperimentazione artistica. Come ha detto qualcuno: “Niente di indispensabile ma tutto insostituibile”. Giudicate voi! di Khiara

MILANO IS BETTER

IN-EI, ISSEY MIYAKE PER AREMIDE La filosofia artistica di Issey Miyake combina la tradizione giapponese della luce con la moderna cultura del progetto, in una forma plastica e tridimensionale realizzata con un materiale riciclato dalle interessanti capacità di diffusione della luce che riduce del 40% il consumo d’energia e le emissioni di CO2.

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MR. SOFTY, SUCCESSFUL LIVING FROM DIESEL WITH MOROSO Rock around the block con Mr.Softy il divano monoscocca che, con un tocco di classe, assume il carattere dell’abito che indossa. La gamma dei rivestimenti spazia dal basico al complesso: stampa jacquard con i resti dell’antica Roma, denim trapuntato casual o colori basici in lino e feltro.

TRASH CUBE, NICOLAS LE MOIGNE PER ETERNIT-WERKE LUDWIG HATSCHEK AG

À LA CARTE, BBMDS PER SELETTI

Un “cubo di spazzatura”: una soluzione semplice ed efficace per utilizzare gli scarti della lavorazione trasformandoli in arredi di design che, attraverso un’idea pratica ed essenziale, riciclano uno dei rifiuti più ingombranti e inquinanti dell’edilizia come gli scarti delle fibre di cemento.

Sistema che coniuga ironia, flessibilità e dimensione ludica in un tavolo unico e stravagante costruito con enormi carte da gioco nere. Le extra-large card lasciando ampio spazio di composizione e utilizzate in multipli possono diventare divisori.

ALTDEUTSCHE CUPBOARD, STUDIO JOB PER MOOI Un inno alla bellezza dei vecchi mobili francesi e un’interpretazione simbolica dell’essenza della vita, nell’armadio riccamente decorato di Studio Job. Rose, teschi, chiavi e piume solleticano l’immaginazione visiva ed esaltano la bellezza della vita e del suo misterioso svolgersi.

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IPERBOLICA, ALESSANDRO CIFFO (AUTOPRODUZIONE) Un collezione di 11 poltrone dedicate a grandi maestri dell’arte, come Joan Mirò, Claude Monet e Michelangelo Buonarroti, che si svelano attraverso l’elemento cromatico che le caratterizza. La serie è concepita con soli pezzi unici realizzati in schiuma poliuretanica elastica.

CHARIOT, GAMFRATESI PER CASAMANIA Un tavolino mobile composto da tre semplici elementi: ruote, vassoi e struttura. Le ruote che solitamente sono piccole vengono portate a estreme dimensioni, diventando l’elemento iconico del progetto, i vassoi fungono da portaoggetti e la struttura metallica è anche una maniglia.

KNOT, POLE-DESIGN PROJECT GROUP PER CORIAN® SPRINGS RUSSIAN DESIGN DROP, NENDO PER CAPPELLINI

Queste sedute sono modelli in scala e parte della collezione di oggetti per interni ed esterni di un progetto architettonico elaborato dallo studio. Prototipi di un’architettura futuristica concepita come un fiocco di seta annodato in maniera casuale a creare un pacco dono, sono realizzati in Corian®.

Librerie bifacciali a colonna realizzate in lamiera di metallo tagliata a laser e laccata opaco. La peculiarità del progetto è lo studio di una paletta di colori “Nendo” ispirata agli elementi naturali giapponesi: dal rosa dei boccioli dei ciliegi, al grigio caldo delle pietre dei ruscelli. Foto: Leo Torri per DuPont™ Corian®

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JOYNT, HARRY OWEN/LAGOSTUDIO PER LAGO Contemporanei e versatili, la sedia e gli sgabelli sono arredi snodabili che, grazie a un giunto in gomma integrato nella struttura in legno, assecondano il movimento del corpo. La gamba dello sgabello permette un leggero dondolio e lo schienale della sedia si flette all’indietro supportando il dorso.

JULIET, BENJAMIN HUBERT PER POLTRONA FRAU Poltrona simbolo del centenario di Poltrona Frau, offre una lettura del classico capitonné nuova, libera e contemporanea. Vincitrice del design contest lanciato dall’azienda per realizzarla occorrono: 13 mq di Pelle Frau®, 500 m di filo, 100 m di cuciture, 12 kg di legno massello e 24 h di lavoro.

IPOUF, EMANUELE MAGINI PER CAMPEGGI

FROLLA, ANDREA RADICE E FOLCO ORLANDINI PER SKITSCH

I prodotti Apple hanno segnato il nostro tempo determinando l’interazione con la tecnologia nella vita quotidiana. Questa seduta, con sistema di amplificazione audio wireless, interpreta con un linguaggio ludico e ironico l’immediatezza e la semplicità degli oggetti della mela di Cupertino.

Funzionalità, qualità e creatività in una poltrona ibrida, a metà tra la seduta a sacco e quella tradizionale e che, grazie al giusto mix nell’imbottitura, risulta morbida e accogliente ma dotata del giusto supporto: soffice come un nido ma non cedevole come un sacco.

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QUANDO LA PUBBLICITÀ INCONTRA L’ARTE E VICEVERSA di Maurizio Matarazzo Direttore creativo e socio Adv Activa

Questo mese Pubblicitart interpreta artisticamente un prodotto davvero rivoluzionario: la prima scarpa da calcio al mondo senza lacci. L’ultima grande invenzione di Lotto, un brand che da sempre fa della ricerca e dell’innovazione la sua mission. Il risultato? Una vera e propria “esplosione” di creatività! Continuate a scriverci all’indirizzo pubblicitart@advactiva.it. Commenti, stimoli creativi, anche critiche se lo riterrete opportuno. Maurizio Matarazzo ed Alex Koban già stanno selezionando le vostre idee per realizzare in 3D le proposte più originali.

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Lavorare creativamente su Lotto, mi fa subito venire in mente quante analogie sussistono tra una squadra di calcio e un’agenzia di pubblicità. La passione, innanzitutto. Tutti i calciatori giocano a pallone fin da bambini e tutti noi pubblicitari non lo siamo di certo diventati per caso. Magari non era così chiaro quando si era piccoli, ma interessarsi all’arte, alla musica, alla scrittura è certamente una dote innata in ogni creativo. Poi, fondamentale è lo spirito di gruppo. In un’agenzia si lavora insieme, si condividono giornate e giornate di fatica e anche di divertimento. Andare d’accordo è alla base di un team vincente. Anche gli allenamenti sono per noi pane quotidiano. Allenarsi nel nostro caso significa mante-

nere sempre viva la mente. Aggiornarsi, vedere show reel di registi e di fotografi, pensare, pensare e pensare. Anche una passeggiata in città, senza meta e da soli con se stessi, può essere a volte una buona forma di allenamento. Ma passiamo al gioco. L’allenatore è una figura chiave. Così come un direttore creativo. Qualcuno che sappia motivarti, “disporti bene in campo” e che ti sproni sempre a dare il meglio. Io non alzo mai la voce, eppure credo di riuscire bene ad ottenere il massimo dalle persone. Diciamo che sono un po’ della scuola “Zeman”. Ma per concludere con queste analogie, anche in pubblicità non basta essere un gruppo affiatato. Il colpo di genio ha la sua importanza. A volte un “numero 10” ti può far vincere una partita quando meno te lo aspetti.

E che dire invece dei tifosi?. Allo stadio la gente si esalta quando giochi bene. Per noi pubblicitari, invece, il miglior riconoscimento è quando qualcuno, guardando una nostra creatività, di certo non esulta come ad un goal, ma dentro di se’ pensa: “Guarda che bravi! Questa sì che è un’idea da applausi”.

Maurizio Matarazzo

Alex Koban

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LE IMPRESSIONI DEL CLIENTE Incontro Alberto Fraticelli, Direttore Marketing & Comunicazione Lotto Sport Italia, nella sede di Trevignano. Gli mostro la sua “Pubblicitart” e lui, persona estremamente affabile e simpatica, risponde volentieri alle nostre domande.

Racconti ai lettori qualcosa in più sul brand Lotto: la sua anima, i suoi valori. Partirei proprio dal pay-off: “Italian Sport Design”. Sintetizza perfettamente il nostro posizionamento. “Italian” perché la matrice italiana è un valore aggiunto importantissimo. In più la nostra zona di origine è un po’ riconosciuta quale il distretto mondiale dell’attrezzatura sportiva con un know how incredibile. L’Italia è la patria della moda, dello stile, del gusto. E in un contesto sportivo dove il più delle volte i brand hanno origini più meramente tecniche, l’italianità è un elemento molto rilevante. Il secondo valore è la sportività. Lotto lavora su prodotti per praticare lo sport, laddove spesso invece si fa riferimento più semplicemente ad uno stile sportivo. Questo richiede ricerca, investimenti, innovazioni, perché i prodotti diventino performanti e possano essere usati dai campioni nelle varie discipline. Il nostro primo testimonial è stato John Newcombe, grande tennista australiano degli anni 70. Un bell’ambasciatore perchè vincente, estroverso, ma soprattutto un campione con cui sviluppare insieme i nuovi prodotti che lui stesso testava. Da allora sono stati tanti i testimonial Lotto: Dino Zoff, Boris Becker, Andriy Shevchenko, ecc. Oggi sponsorizziamo campioni affermati come Francesca Schiavone, Luca Toni e Andrea Ranocchia, ma anche giovani che poi crescono con noi. Pensate che il grande campione Giuseppe Rossi è Lotto da quando aveva

sedici anni! Il terzo elemento è quello del design. Si collega fortemente all’italianità e ci contraddistingue in un settore in cui molto spesso non c’è questo tipo di cultura. Ora che vede per la prima volta la sua PubblicitArt, che cosa ne pensa a primo impatto? Prima di tutto sono colpito dal livello di emozionalità che una foto trattata tridimensionalmente riesce a generare. Spesso la post produzione rischia di rendere l’immagine artificiale. Qui invece c’è un impatto emozionale consistente, che si abbina peraltro ad un pensiero strategico assolutamente centrato, pur non avendo mai fatto insieme alcuna condivisione di brief. Questo prodotto è un terremoto nel mercato, una vera e propria deflagrazione. E vedere questi lacci che esplodono mi comunica davvero bene la forza dell’innovazione rivoluzionaria di questa Lotto Zhero Gravity, unica scarpa da calcio al mondo senza lacci. Che rapporto ha lei con l’arte? Per me la vera arte è tutto quello che riesce a darmi emozione. Ed il simbolo dell’emozione a mio parere è il brivido. Una sensazione fisica, dunque, non semplicemente mentale o astratta. E questo mi succede indifferentemente con l’arte classica, moderna, la pittura, la scultura. E con la musica, di cui sono molto appassionato avendo anche stu-

Alberto Fraticelli, Direttore Marketing & Comunicazione Lotto Sport Italia

diato pianoforte al conservatorio. In sintesi, io vivo l’arte non tanto come cultura nozionistica, ma come piacere per lo spirito. E con la pubblicità? Per me è a tutti gli effetti una forma d’arte. Ovviamente non tutta. Ma tante pubblicità riescono ad innescare in me quel brivido di cui ho appena parlato. Quando poi questa emozione, che è una magia, si collega perfettamente al messaggio da comunicare, allora questo è veramente l’allineamento astrale. Fin da ragazzo ho sognato di occuparmi di pubblicità e se uno mi chiedesse quali sono stati i tre momenti della mia vita professionale più emozionanti risponderei: la finale di Parigi del Roland Garros in cui Francesca Schiavone ha vinto; tifare per i propri colleghi Ferrari al Gran Premio di Montecarlo ed essere a Cannes al Festival della Pubblicità per godermi le più significative pubblicità del mondo.

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CREATIVI 2.0 Favorire la comunicazione è un valore imprescindibile nella società della condivisione. Ne parliamo insieme a Emiliano Novelli. di Rajan Gualtieri

Maxim incontra Emiliano Novelli, vice presidente del gruppo Giovani Imprenditori di Assolombarda e ideatore di Idea Link, Atizoe e Universitybox, aziende che fanno parte di Yuigroup e che si occupano di comunicazione verso il target 18-30 universitario. Laureato in Economia e Legislazione dell’impresa all’Università Luigi Bocconi di Milano, si definisce un imprenditore di prima generazione. Ma anche un uomo pieno di risorse, un creativo 2.0 a tutto tondo. Una stretta di mano vigorosa come le sue idee, introduce questa intervista.

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Ci racconti cos’è YuiGroup? Yuigroup è sicuramente il marchio leader nella comunicazione universitaria. All’interno di questa grossa realtà convivono un social network, il tour di Universitybox che raggiunge 22 città, un network con più di mille promoter e un circuito di affissione e cartoline nei principali Atenei. Ma questo è solo il punto di partenza: siamo anche editori e favoriamo la comunicazione tra le aziende e gli studenti promuovendo o creando progetti educational con diverse aziende multinazionali. Come siete organizzati in azienda? Siamo 3 soci: io sono il più vecchio e mi occupo della parte creativa, Nicoletta è a capo dell’operativo e Gianluca segue l’amministrazione. La sede è a Milano e siamo circa 20 persone, oltre a quasi mille studenti in tutta Italia che collaborano con noi.

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Come è iniziata la tua carriera? Fin dal liceo ho sempre lavorato, gestivo locali, facevo pr ed ero attivo nelle associazioni e nel volontariato. Vivere tra la gente più che un divertimento è sempre stata una necessità fisica. Dopo la laurea, per 8 anni ho lavorato come CTU per il tribunale di Milano, con tantissime soddisfazioni, ma la mia vera passione per le pr era troppo forte e ho ricominciato proprio dalle università Italiane. Universitybox dagli albori ad oggi. Come è nato e che cosa rappresenta per gli studenti universitari? Universitybox nasce a fine 2004, l’idea era quella di creare un social network di studenti universitari organizzando un tour itinerante nelle università italiane. Gli studenti ricevevano un welcome kit destinato alle matricole e si iscrivevano online alla community dove potevano, in modo trasparente, conoscere e condividere esperienze con altri ragazzi in tutta Italia. Oggi la community si è ampliata e Universitybox è un portale di informazione ed intrattenimento a 360°. Fare socializzare i giovani è uno dei punti cardini della vostra attività. In cantiere avete un progetto legato al mondo dei viaggi. Nello specifico cos’è Trip2gether? Lavorare con gli studenti e dunque con i giovani è uno stimolo incredibile che permette di rimanere al passo con i tempi e le mode, ma soprattutto ti aiuta a capire cosa i giovani vogliono e di cosa hanno bisogno. Il fascino dei social network è indiscusso ma questo è solo il mondo virtuale. Amare, stare insieme viaggiare. La nostra scommessa è ripartire dalle emozioni reali: a maggio lanceremo Trip2gether, il primo social travel universitario. Una sfida, attraverso un concorso online dove tutti gli studenti potranno dimostrare di essere i più “sociali” e conquistare un posto per un viaggio top secret di 3 giorni in una capitale europea, per vivere un esperienza reale. Il tutto ovviamente gratis sia in estate che in inverno. Tralasciando per un attimo la parte ludica, questo periodo di crisi colpisce anche e soprattutto i giovani. Che consigli ti senti di dare a chi sta affrontando un percorso di studi

nell’incertezza di un futuro senza occupazione? Avete qualche iniziativa a supporto? Il momento di crisi che stiamo vivendo è indiscutibile, ma sono convinto che questo è il momento migliore per i giovani per mettersi in gioco e trovare spazio nella società. Le idee e il merito potranno fare la differenza, e credere nei propri sogni sarà il trampolino di lancio per crearsi un futuro migliore. Su Universitybox verrà realizzato uno spazio dedicato che chiameremo “Your future”, per aiutare gli studenti a trovare lavoro mettendoli in contatto, senza alcun filtro, con le aziende, già durante gli studi. Supporteremo anche gli aspiranti imprenditori a mettersi in proprio e daremo spazio a tutti gli studenti che vogliono esprimere il proprio pensiero o le proprie idee. Come unisci la tua passione per il sociale alla realtà aziendale? YUP, la nostra associazione no profit, sta finanziando la costruzione di una scuola per i bambini più poveri della repubblica Domenicana con i contributi raccolti dagli studenti durante il nostro tour. Anche in Assolombarda, il mio impegno è sempre legato alla comunicazione. Essere Vice Presidente porta via molto tempo alla mia azienda ma, come dicevo all’inizio, l’associazionismo è la mia passione. E sono ripartito da dove avevo cominciato in università. Con altri 20 imprenditori è partito Social2Business, un progetto di networking e matching tra i giovani imprenditori Italiani. E’ un evento dove migliaia di persone possono conoscersi, fare business, trovare partner commerciali e finanziatori per nuove idee. Chi partecipa all’evento entrerà a far parte di un social network online sui generis dove il protagonista non è solo la persona, ma anche il proprio business. Cosa vuol dire per te fare comunicazione oggi in Italia? Nel nostro team abbiamo architetti, psicologi, programmatori, grafici ma nessuno ha studiato per fare comunicazione. Il team, la squadra e tante opinioni diverse ci aiutano a non seguire gli altri ma a inventarci sempre qualcosa di nuovo ed a innovare sempre. Il segreto, secondo me, è essere due passi davanti agli altri e un passo davanti al futuro.

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AUTO IN TV E CASA IN TV

SONO LE VETRINE PER TROVARE L’AUTO E LA CASA IN TELEVISIONE. IN ONDA SU E SULLE TELEVISIONI PRIVATE D’ITALIA

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PRECISIONE SVIZZERA Assos, quando la tecnologia è al servizio dello sport: dalla prima bici in carbonio agli high-performance shorts di Demetrio Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli / foto Matteo Felici

carbonio. A noi di Maxim la Assos ha aperto per un giorno le porte (quasi) segrete dei suoi laboratori di ricerca mettendosi a nudo per quello che è: se non l’unica, tra le più prestigiose aziende mondiali produttrici di abbigliamento e accessori sportivi e, nello specifico, dedicati al mondo del ciclismo.

Sono trascorsi quasi quarant’anni da quando il cuore pulsante di Assos ha iniziato a battere e ancora oggi, ininterrottamente dal 1976, le sensazioni che questo brand svizzero è capace di regalare ai tifosi e non del ciclismo sono pressoché uniche, sin da quando nei suoi laboratori venne realizzata la prima bici al mondo in

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A chi, come il sottoscritto, il mondo ciclistico è apparso sempre distante, eccetto che per i nome di Coppi, Pantani e pochi altri, la scoperta del mondo Assos ha letteralmente aperto le porte di un mondo sconosciuto. Un mondo dove i valori base attorno cui tale sport ruota sono gli stessi di sempre, rimasti immutati da decenni: tenacia, coraggio, dedizione e abnegazione. I valori simbolo di uno sport che raccoglie sempre più proseliti sono gli stessi infatti, e ne costituiscono anzi il nucleo fondante, anche di questo brand che, della creazione dell’abbigliamento sportivo ha fatto ben più che un mero business, bensì parte stessa della sua identità. Oggi la linea di prodotti Assos sul mercato è praticamente vastissima e pensata per poter seguire il ciclista durante gare ed allenamenti nel corso dell’intero anno: ciò che più colpisce è la meticolosa ricerca che troviamo dietro ogni singolo capo ed anche ogni singolo componente. E non

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parliamo solo di interfacce elastiche o utilizzo di materiali capaci di offrire un comfort totale, cosa peraltro ovvia, ci riferiamo a come l’anno solare sia stato suddiviso nei laboratori di ricerca in 7 sotto-stagioni con la previsione di 7 macro-aeree climatiche capaci, quindi, di aiutare i singoli clienti nella scelta del capo d’acquistare direttamente in base a quello che sarà il clima sul quale poi si troveranno a correre. Perché, come i ciclisti ben sanno, quello che può essere un giubbotto perfetto per una corsetta tra le placide colline della Maremma, può rivelarsi un indumento totalmente inadatto se si devono affrontare scoscese strade di montagna con temperature prossime allo zero. Non dimentichiamo che i capi Assos, proprio per il massimo confort e le caratteristiche tecniche di performance, sono stati quelli scelti dalla nazionale svizzera per la partecipazione alle Olimpiadi, senza peraltro che l’azienda abbia mai pen-

sato ad una forma diretta di sponsorizzazione di qualche team sportivo perché, come amano ripetere: “Il miglior sponsor sono i ciclisti nostri clienti”. Infatti, il plus che tutti i ciclisti riconoscono ai capi Assos è indiscusso: coloro che ne sono già aficionados non possono fare a meno di possedere le ultime novità messe sul mercato, mentre coloro che iniziano a provarli non possono più tornare indietro. Il perché è semplice: prescindendo anche dal fatto che qualità e prezzo convivono benissimo in tutti i capi delle “collezioni” della Casa, il vero perché di questa Assos victim risiede principalmente nell’aver saputo costruirsi un’immagine di vera e propria famiglia, se non di piccolo club sportivo dove tutti, dall’atleta agonista al dilettante, uniti dall’amore della bicicletta, possono farne parte. Perché, inutile nasconderlo, alla Assos dal C.E.O. all’operatore di ricerca e sviluppi tutti sono ciclisti: come dire… un brand pensato dai ciclisti, per i ciclisti.

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Come si conducono oggi i giochi di coppia? Scopriamolo insieme a un avvocato e a un’imprenditrice che hanno scelto di raccontarsi a Maxim. di Amanda Israel

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La tecnologia fa bene alla camera da letto. Lo racconta uno studio dell’Università di Rochester pubblicato sulla rivista Psychological Science. Nel solo 2011 ben 25 milioni di utenti unici si sono incontrati in rete, hanno cercato l’anima gemella, hanno fatto nuove conoscenze, hanno condiviso esperienze. E il trend degli incontri online è in continua ascesa. Se nel 2005 il 37% dei single americani fruitori di internet

era uscito almeno una volta con un partner conosciuto in rete, nel biennio 2007 – 2009 il 22% delle coppie eterosessuali e il 61% delle coppie omosessuali aveva trovato il partner grazie al web. Nella grande piazza degli incontri che è oggi internet, i luoghi preferiti per scambiarsi esperienze sono le chat e i social network. Siamo ben lontani ormai dalle “storie sexy di ragazze per bene” che finiscono in giochi erotici da cronaca nera. E se gli sparuti casi che finiscono in prima pagina inondano poi i salotti televisivi di sdegno, le comunità di incontri online prospera-

no imperterrite grazie alla rigida netiquette (il galateo digitale - nda) autoimposta. Del resto i tempi sono maturi – la prima chat della storia risale alla fine degli anni 80, girava su Minitel Francia ed era uno dei principali luoghi di ritrovo del cyberspazio con libero accesso da tutto il mondo, spiega il blog Felicisognatori – e un ventennio di incontri online ha plasmato le nostre abitudini sociali tanto che non è raro che sia i padri che i figli facciano conoscenze in rete. Esplorato il terreno di partenza, ciò che viene spesso meno è una comunicazione limpida che racconti la città dei sensi nella sua contemporaneità. Proviamo a colmare la lacuna dando voce a uomini e donne di diverse età che hanno accettato di raccontarsi per Maxim.

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INCHIESTA

“È importante fare una distinzione iniziale tra chat erotiche e chat dove incontrare l’anima gemella. Nelle chat a fine più esplicitamente sessuale il ventaglio è ampio: trovi lo sfigato che fatica a relazionarsi con il potenziale partner, la persona fidanzata, la persona sposata che non vuole rinunciare alla passione. Mi soffermo su quest’ultimo caso, che poi è anche il mio: rivesto quello che fino a un decennio fa era il ruolo - oggi tardo patriarcale - del padre di famiglia; sono sposato e ho due figli, entrambi maggiorenni. Non riesco a pensare che il sesso sia mercimonio quindi non ho mai pagato per una prestazione, allo stesso tempo non voglio rinunciare alla trasgressione. L’intesa sessuale con la mia compagna è calata nel corso del tempo e allora ho iniziato a giocare in chat, a flirtare con delle sconosciute, circa 7 anni fa. Sono passato poi ai primi incontri. Mi permetto di allargare un po’ la visuale sul fenomeno del sesso online: quello che mi ha affascinato con il passare dei mesi è stata la precisa frammentazione delle preferenze e dei gusti degli italiani. Ci sono chat dedicate alla sola masturbazione, chat sadomaso, chat per il bondage. Ci trovi persone di successo, etero e gay. E ho individuato delle costanti importanti: che le donne di

potere (e, a quanto mi dicono, anche gli uomini di potere) amano la sottomissione psicologica. Ne ho parlato con almeno un paio di persone. Per loro è importante svestirsi di un ruolo; quando si spogliano si liberano del ruolo sociale, non tanto dell’abbigliamento. L’altra costante della grande community online è la dinamica: al posto di reprimere i propri istinti ed esigenze iniziamo a sperimentare,

impariamo un nuovo linguaggio più esplicito e diretto, allarghiamo la nostra esperienza fino – in alcuni casi – a coinvolgere la partner, passando così allo scambio di coppia, ai rapporti bisessuali. Fondamentalmente grazie a internet oggi cerchi, e trovi, qualcosa di cui senti il bisogno. E alla fine del rapporto sei libero da vincoli, compromissioni, legami. La cosa nasce e finisce lì”.

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“Iniziamo con l’abc dei rapporti online: la prima volta incontratevi in luoghi pubblici; non pensate che gli incontri clandestini distruggano il vostro matrimonio perché spesso – o almeno, a me è successo così – non avrete voglia di mandare all’aria la famiglia, il sentimento che provate verso vostro marito; non è vero che in chat ci vanno solo gli uomini. Innanzitutto perché, va da sé, se ci fossero solo uomini mancherebbe la materia prima, poi perché il calo del desiderio indirizzato al compagno non è una prerogativa solo maschile. Continuo con il mio piccolo decalogo: non invaghitevi di una foto, spesso tutti siamo splendidi, brillanti,

bellissimi in chat. Allo stesso tempo abbiate rispetto e comprensione per i piccoli difetti del vostro partner del momento. O almeno se arrivate al punto di incontrarvi, concedetevi del tempo per scoprire qualcosa di più della persona che vi sta di fronte. Una mia idea personalissima, poi, è che il web ci abbia liberato di un male sociale: il playboy tombeur de femmes. Grazie agli incontri online, paradossalmente, siamo slegati dai vincoli di tempo. Non sei costretta a starci con uno che hai visto per mezz’ora in discoteca. Impari a conoscere una persona – se vuoi prenderti del tempo – oppure puoi trovare esattamente il tipo umano che

vai cercando, una persona con i tuoi stessi gusti e interessi. Con la tua stessa percezione del divertimento. E per finire, visto che restiamo delle principesse romantiche, è giusto ricordare che alcune di noi finiscono per fidanzarsi e poi sposarsi con il partner occasionale. Ma non fatevi illusioni, maschietti! Nel 99,999% dei casi siamo in cerca d’altro. Io, ad esempio non potrei mai fare sesso senza mio marito. Scusate la schiettezza, ma non ho un altro modo per dirlo: io non mi farei mai scopare da altri di nascosto. Ogni volta che mi viene voglia organizzo la cosa insieme a lui. Gli piace guardarmi mentre ho rapporti con altri uomini, anche con più di uno per volta”.

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di Iacopo Bottazzi

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Sesso telematico, corteggiamenti online, provoloni virtuali. Avete mai provato ad agganciare una ragazza a colpi di email? Oppure in chat, o tramite Twitter? Volete sapere se funziona? Ovviamente dipende da voi: ognuno ha le sue tecniche, e non tutte sono ugualmente efficaci. Ma noi di Maxim abbiamo il pallino della sperimentazione scientifica e abbiamo voluto verificare sul campo. In che modo? E’ molto semplice. Abbiamo creato due finti profili su Facebook, uno col nome di un ragazzo e l’altro col nome di una ragazza. Abbiamo provato ad abbordare il maggior numero possibile di estranei – ovviamente dell’altro sesso – ed ecco a voi quello che è successo. I risultati? Sconcertanti...

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Lui

ALFIO Richieste di amicizia effettuate

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Richieste di amicizia accettate

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Appuntamenti ottenuti

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Coefficiente di successo (sulle amicizie) 11,7% Coefficiente di successo (sugli appuntamenti)

0,7%

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INCHIESTA

Il nostro finto playboy si chiama Alfio, ha 32 anni, capelli castani e piglio imperioso. Tutte doti che riscuotono un certo successo nella vita reale, ma evidentemente non sul web. “Ma chi sei? Io non ti conosco”, scrive senza troppi giri di parole tale Antonella, una delle prime ragazze alle quali Alfio ha chiesto l’amicizia. “Sono Alfio, non ti ricordi? azzarda speranzoso lo sciupafemmine virtuale - Ci siamo conosciuti l’altra sera alla festa di Gigi”. Risposta: “Nun ce prova’... Hai 30 anni e sei ancora così sfigato?” Ma questo è solo l’inizio. “Trovati una donna, imbecille”, è il consiglio non esattamente diplomatico della dolcissima Luisa, 29 anni da Pescara. “Ma chi ti conosce? Sparisci!”, sibila Raffaella. Ancor più perfida è una certa Michela, 31 anni: la quale prima accetta l’amicizia di Alfio, dopodiché gli si fionda sulla bacheca e con la precisione di un cecchino lo impallina alle spalle. “Ragazze – scrive – questo è un povero scemo che ci pro-

va con tutte. Non dategli l’amicizia. Mandatelo aff...”. Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto, come se non bastasse, il povero Alfio si vede arrivare il seguente messaggio privato: “Non so chi sei, ma ti consiglio di lasciar stare la mia ragazza. Giuro che ti ammazzo, stronzo”. La foto del profilo ritrae il classico superpalestrato che sarebbe in grado di abbattere a capocciate una mandria di buoi inferociti. Alfio decide che è meglio optare per il silenzio. Su 145 richieste di amicizia effettuate, l’unico incontestabile successo è rappresentato da Stefania, 47 anni da Bologna, occhiali spessi come un vetro antiproiettile, tonnellaggio da tir e fondoschiena largo quanto il Molise (di professione macellaia): la quale non solo ha prontamente accettato la richiesta di amicizia del nostro playboy, ma gli ha subito ceduto il numero di telefono e ha persino detto sì all’ipotesi di un appuntamento. Che dite, poteva andare peggio?

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INCHIESTA

Lei

ELENA Richieste di amicizia effettuate

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Richieste di amicizia accettate

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Appuntamenti ottenuti

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Coefficiente di successo (sulle amicizie) 94,7% Coefficiente di successo (sugli appuntamenti) 57,5%

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INCHIESTA

Elena è una affascinante fake-girl di 25 anni. Castana, occhi verdi, una scollatura da favola e tanta faccia tosta. Tuttavia, dopo aver visto all’opera i suoi interlocutori, l’impressione che ci siamo fatti è stata la seguente: se anche al suo posto ci fosse stata la giunonica Stefania (la macellaia di Bologna di cui sopra), il risultato non sarebbe stato molto diverso. “Tira più una cara figliola che cento cavalli che trottano”, come dicono i saggi pastori della provincia di Bergamo. Ed è verissimo, a maggior ragione nell’epoca di internet. L’esordio faccialibresco di Elena è stato accolto da un autentico plebiscito: il 95% dei suoi interlocutori le hanno detto sì – roba che neanche in Bulgaria negli anni Cinquanta - e gli altri molto probabilmente dormivano. I più, con una certa sagacia, hanno cercato di spacciarsi

come possibili conoscenti: “Ci siamo presentati l’altra sera in discoteca, se non sbaglio; che bello risentirti”, mente sapendo di mentire l’arguto Roberto, 34 anni da Lucca. Michele da Roma, un po’ meno subdolamente, scopre fin da subito le sue carte: “Ciao Elena, io e te non ci conosciamo però mi fa piacere averti tra le mie amicizie. Sei bellissima”. E qui veniamo a due temi molto ricorrenti: la piaggeria (“Sei fantastica/ stupenda/ magnifica”, sulla falsariga del fantozziano “Lei è un apostolo”) e la febbre da stalking (“Cosa fai domani?/ Ci incontriamo?/ Ehi, perché non usciamo assieme?”). Se la povera Elena fosse realmente esistita – e avesse deciso di rispondere a tutti i messaggi ricevuti – molto probabilmente avrebbe dovuto assumere un paio di stagisti e mezzo plotone di segretarie. Poi dice che una se la tira...

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r e t o o c S La primavera corre su due ruote. Un consiglio? Cominciate a inseguirla. A bordo di uno dei modelli più in voga del momento. di Andrea Sceresini Primavera, è tempo di uscire all’aria aperta. Il consiglio che ci sentiamo di darvi – tra rincari della benzina, strisce gialle e strisce blu, pattuglioni di “ghisa” ad ogni angolo, aree C e Tzl – è pressapoco il seguente: la macchina quest’anno lasciatela in garage. E poi è stato dimostrato: le auto in città vanno più lente delle biciclette. Non quanto i mezzi pubblici, ma poco ci manca. Ok: se la vostra città è Reykjavik e là fuori si sta scatenando una tempesta di neve, forse è meglio che facciate di testa vostra. Ma in caso contrario provate a darci retta: munitevi di un ottimo scooter. L’aria è calda, il sole alto e la dolce brezza primaverile vi scompiglierà i capelli. Le cose che vi servono sono fondamentalmente due: un casco – ovviamente – e il modello di due ruote più in voga del momento. Non sapete da dove incominciare? Niente paura ci pensa Maxim.

HONDA INTEGRA 700 Ha scritto qualcuno: è l’anello di congiunzione tra le moto e gli scooter. E ancora: sembra uno scooter, va come una moto. Tutto vero: Integra non è semplicemente un maxi-scooter con caratteristiche da moto, ma è un concetto completamente nuovo. Abbina una seduta in sella con i piedi in posizione avanzata, tipica dello scooter, a linee aggressive ispirate alle moto sportive. Il motore a due cilindri in linea da 670 cm raffreddato a liquido è un’unità leggera e compatta posizionata in modo tale da ottenere un baricentro ribassato. Insomma: ecco a voi l’ultima novità di casa Honda. Cosa aspettate?

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GARELLI XÒE Ecco a voi uno scooter veramente speciale, ma soprattutto futuristico. L’XÒ è uno scooter elettrico altamente tecnologico: tutte le funzioni dello scooter vengono monitorate da un computer di bordo organizzato in tre diverse schermate, utili a verificare in tempo reale il funzionamento e lo stato del sistema. L’intero sistema elettrico/elettronico è garantito da un grado di protezione IP65.Il motore elettrico è di tipo brushless da 108 V. Il pacco batterie è posizionato all’interno della doppia culla, in posizione baricentrica. L’autonomia nella modalità ibrido seriale è da 50 a 100 km in base alla mappatura selezionata. Peso a secco dello scooter: 128 kg.

GOVECS GO! S3.4 Se quello che vi interessa è uno scooter elettrico, prendete in considerazione anche questa seconda ipotesi. Il Govecs S3.4 non ha nulla da invidiare a un normale scooter a motore a scoppio. E’ dotato di un sistema a frenata rigenerativa che consente il “riciclo” dell’energia consumata durante il tragitto. Accelerazione niente male, con una coppia di 114 Nm che permette allo scooter di viaggiare quasi alla pari degli altri scooter della categoria alimentati a benzina. Il punto forte è il motore, un modello brushless ad alta efficienza, molto leggero e con trasmissione a cinghia. Il sistema è alimentato da batterie ai polimeri di litio che garantiscono un’autonomia di 70 chilometri. Per la ricarica, basta collegare lo scooter con il caricabatterie in dotazione ad una qualsiasi presa elettrica domestica. Più facile di così...

KYMCO XCITING 400 Il nuovo Xciting 400 è pensato per lo stile di vita attivo e sportivo delle moderne città europee. Ottime caratteristiche di guida, comfort e design: sono queste le tre caratteristiche che hanno ispirato i progettisti Kymco. Cardine del progetto è la nuova motorizzazione 400cc quattro tempi ad iniezione elettronica; il nuovo motore cura in maniera eccezionale la fluidodinamica interna; l’albero motore è del tipo monolitico; le quattro valvole sono mosse da un albero a camme mediante l’interposizione di bilancieri con cuscinetti ad aghi come standard nei motori Kymco G5. Lo stile di Xciting richiama le versioni precedenti ma si rinnova completamente offrendo un’estetica totalmente nuova e matura.

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VESPA LXV VIA DELLA MODA SPECIAL EDITION Se quello che sognate è uno scooter dal nome roboante – oltre che chilometrico – provate a gettarvi su questo modello: la Vespa Lxv Via della moda Special edition (e scusate se è poco). Un due ruote che si distingue per glamour e ricercatezza: gli elementi di stile più caratteristici degli anni ‘50 e ‘60 nella loro forma e funzione sono reinterpretati in chiave fashion. Spinta da un modernissimo propulsore da 300 cc, a quattro valvole raffreddato a liquido, e da un motore 125, dotata di iniezione elettronica e omologata Euro3, questa specialissima Vespa primeggia – tra le altre cose - anche per la riduzione dei consumi e delle emissioni inquinanti.

GILERA RUNNER WHITE SOUL Dopo averlo proposto in black, Gilera raddoppia e propone il nuovo Runner in una esclusiva e ipersportiva colorazione: la colorazione White soul. Una serie speciale, con livrea opaca grigio e argento che esalta la personalità grintosa del Runner. Linee tese ed aggressive. E ancora, due motorizzazioni raffreddate a liquido; una ciclistica di riferimento caratterizzata da leggerezza e rigidità superiori. Ruota anteriore da 14’’ e impianto frenante al top della categoria. Ecco a voi, signori e signore, le caratteristiche dello scooter sportivo Gilera per eccellenza. Se siete amanti del genere, questo è decisamente il prodotto che fa per voi.

BMW C650 GT Bicilindrico 650 da 60Cv e cerchi da 15’’ sono le micidiali armi alle quali si affida questo futuristico gioiellino prodotto dalla casa bavarese. Sella bassa e confortevole, tanto spazio per i piedi e protezione aerodinamica efficiente. Il proiettore anteriore è dotato di un faro piuttosto potente; c’è la possibilità di portare due caschi anche in marcia grazie all’ampia sezione posteriore. Nelle parti laterali del codone sono stati poi ricavati altri due vani portaoggetti. Il Bmw C650 Gt è disponibile sul mercato in tre differenti colorazioni: grigio Titansilber metallizzato, Saphirschwarz metallizzato e Cosmicblue. Ce n’è per tutti i gusti. E siamo letteralmente ai vertici del mercato.

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YAMAHA T-MAX 530 Che il T-Max sia uno scooter dal successo straordinario è cosa risaputa. Basta guardare le cifre: 180mila pezzi venduti dalla sua apparizione sul mercato nel 2001, dei quali ben 115mila in Italia. Sono numeri da acquolina in bocca per qualsiasi produttore. Il T-Max 530 è l’ultima tappa evolutiva di questa fortunata famiglia. Grazie al nuovo motore da 530 cc e alla nuova trasmissione a cinghia, lo spunto da fermo è impressionante e l’agilità nel traffico ancora più sorprendente. La nuova posizione di guida e le sospensioni reattive aumentano la maneggevolezza su ogni superficie. Da provare...

LAMBRETTA LN125 Se come noi siete degli autentici patiti del made in Italy, se amate i marchi storici e l’inossidabile qualità dei bei tempi che furono, questo è decisamente il modello che fa per voi: la Lambretta Ln125 è un progetto tutto italiano, nato in Italia e coordinato da uno staff di tecnici italiani guidato dalla passione per il celebre veicolo. Il design è firmato da Alessandro Tartarini, figlio di Leopoldo, fondatore di Italjet. Come il progetto originale, Lambretta Ln nasce con una scocca in lamiera. Si presenta come uno scooter attuale e affidabile. Ma con un nome che profuma di leggenda. Insomma: la figurona è garantita.

LML STAR LIGHT 125 Ha le sembianze di uno scooter vintage. E invece, al di là delle apparenze, nasconde un nuovo motore col cambio automatico a variazione continua: un motore realizzato appositamente per questo modello, a quattro tempi, con cilindro verticale, distribuzione monoalbero a due valvole, raffreddamento ad aria e alimentazione a carburatore. Signori e signore, ecco a voi il nuovissimo Lml Star Light 125, dall’India con furore. Trattasi di una provocazione per i nostalgici degli scooter di una volta o piuttosto di un’opportunità per giovani fuori dagli schemi? Questo ce lo dirà il mercato: per il momento la sorpresa è piacevole, forse un po’ kitsch, viste le colorazioni, ma l’effetto tutto sommato non dispiace.

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ME T PES ALL ANT O E

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Se lo vedi a torso nudo con due bacchette in mano percuotere con violenza i tom di una batteria al ritmo del metal più trash, non penseresti mai che lo stesso uomo è anche capace di correre i 200 metri veloce come nessuno in Italia e di saltare in lungo la distanza che occupano due utilitarie. Andrew Howe, nato in California ma reatino doc, è uno di quei rari fenomeni in grado di stupirti ogni volta che si applica a una disciplina. Ci accoglie in un attico/loft nel centro di Rieti. “Le biciclette a scatto fisso sono la mia nuova passione” ci dice. E difatti ne possiamo contare almeno sei appoggiate in ogni angolo della casa. “Da ragazzino odiavo la bicicletta perché i miei amici avevano il motorino, poi crescendo ho imparato ad amarla. Un paio di anni fa, poi, la bici a scatto fisso è diventato il mio chiodo fisso! La vidi per la prima volta, mi sembrò figa e dopo che la provai fu amore vero!”.

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Ma le sorprese in casa non sono finite, saliamo su per una scala stretta fino al soppalco e qui troviamo una batteria digitale, una vera palestra domestica per un aspirante musicista. “Questo è il mio studio” ci dice Andrew, “qui passo molte ore, da solo a provare”. Il tempo di prendere le bacchette per farci sentire un attacco e dice scherzando “se rinasco voglio essere il batterista dei Kiss!” A tavola invece la conversazione si sposta sull’atletica, è l’anno delle Olimpiadi di Londra “saranno molto fashion, gli inglesi sono pignoli, ci tengono all’immagine” ci dice Andrew, “e poi spero che arrivino molti ragazzi a tifare Italia”. Ovviamente Andrew è candidato a una medaglia. “Il tendine del piede sinistro che si era rotto ora sta bene, quest’anno voglio gareggiare con calma, voglio fare una preparazione mirata” ci dice. “L’anno olimpico è pesante ma io sono abbastanza tranquillo, devo dire la verità, ormai sono maturato. Andiamo a testa bassa, dritto per dritto e poi quello che esce sarà ben accetto”. Gli chiediamo chi sono i saltatori da battere e lui senza esitazione “Phillips, Mokoena e anche Irving Saladino, campione olimpico in carica, che dopo un paio di stagioni meno entusiasmanti saprà sicuramente riscattarsi. Poi ci sono anche i 200 metri, una gara che senza dubbio mi piace.” La sensazione è quella che Andrew non stia lasciando niente al caso, ha anche modificato la preparazione spostando il carico di lavoro tutto la mattina. “Se fai tanto allenamento” ci spiega “devi concederti un lungo riposo per recuperare, altrimenti rischi di farti male, ci sono stati periodi in cui mi allenavo troppo”. È il momento di ordinare e Andrew ci sorprende, il classico menu italiano, primo secondo, un bicchiere di vino e anche un caffè: “La maggior parte delle volte non seguo regimi alimentari

particolari” ci dice “mangio tutto, ma con moderazione, ovviamente sto attento ad alimenti come il caffè o i dolci. Comunque i risultati mi danno ragione, il mese scorso sono andato al Coni a effettuare dei test e pesavo 77kg con solo il 5% di grasso corporeo”. Un corpo praticamente perfetto. E un cuore grande che tira fuori non appena parla della sua fidanzata. “Io e lei stiamo insieme da dieci anni”,

“Se rinasco voglio essere il batterista dei KISS!” www.maximitaly.com

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ci dice, “ovviamente le cose sono diventate serie negli ultimi anni. La mia ragazza studia giurisprudenza, e sogna di diventare notaio anche se in Italia non è facile, perchè nel nostro paese non vige un criterio strettamente meritocratico come in Germania, Spagna o Stati Uniti. Io le ho consigliato di provare, di metterci tutto l’impegno possibile, perchè non si deve mai mollare davanti all’ostacolo”. È difficile per un atleta abituato a misurare le cose con il metro o con il cronometro piegarsi alla legge del nepotismo! Mentre ci dirigiamo alla sala prove ci parla dei progetti della sua band, i Craiving “Abbiamo inciso un nuovo disco che dovrebbe uscire ad aprile, faremo uno showcase qui a Rieti, e poi lo manderemo in giro per l’Italia”. Poi, in un attimo, si siede dietro alla batteria e ci sorprende con un assolo degno del suo idolo Danny Carey dei Tool.

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CONTA SOLO VINCERE Il king kong bianconero che venera Maldini e Ligabue si confessa a Maxim. In attesa della sfida con Cristiano Ronaldo. di Joni Scarpolini

che Giorgio Chiellini ha girato in carriera per la preoccupazione del suo pubblico: il 27enne difensore della Juventus e della Nazionale ci ha ormai abituato a partite epiche, disputate a denti stretti e con la zucca fasciata. Ora il “Chiello”, nuovo testimonial di M&M’S Italia, è pronto ad affrontare gli Europei con la maglia azzurra. La sua testa è già là, in Polonia e Ucraina.

Due anni fa uscì dal campo con l’orsa maggiore tatuata sul cranio: sette punti di sutura per via di un durissimo scontro di gioco che gli procurò un taglio così profondo da far invidia a un gladiatore. Ciononostante, continuò a giocare imperterrito, indossando un turbante che minuto dopo minuto diventava sempre più scarlatto. Quella non fu l’unica scena di sangue

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Giorgio, sei proprio testardo, eh? E’ il mio miglior pregio. E il tuo peggior difetto qual è? A volte sono troppo testardo. Ma è più dura la tua testa, stare in panchina o farsi superare in tunnel? Credo che la cosa più dura sia stare in panchina, o peggio ancora in tribuna. E’ difficile accettare di dare il massimo ogni giorno e poi rimanere fuori, che è sicuramente molto meno doloroso di un taglio in testa o un naso sanguinante. Dove può arrivare la Nazionale agli Europei? La speranza è di arrivare il più lontano possibile. E’ difficile porsi obiettivi, si vedrà partita dopo partita. Più temibili i rossi di Spagna o gli arancioni di Olanda? Mi sa i rossi di Spagna… Quando hai imparato l’inno di Mameli? Lo conoscevo già da bambino, però dalla prima convocazione in nazionale giovanile ho cominciato a cantarlo con più frequenza e quindi a conoscerlo meglio. Vorresti i piedi di… Maldini, è sempre stato il mio idolo. L’attaccante più ostico che hai marcato? Sicuramente Ibrahimovic, anche se spero presto di poter giocare contro Messi o Cristiano Ronaldo, che in questo momento credo siano i migliori al mondo. E l’attaccante che hai azzerato e di cui vai più fiero? Torres agli Europei del 2008. Quello che ti ha fatto fare una grande figura di m…? Vittek della Slovacchia al Mondiale in Sudafrica. Il gol più clamoroso che ti sei mangiato? L’anno scorso ho centrato il palo da un metro… Perché quando segni, fai il gesto di King Kong? E’ stata un’esultanza condivisa con i miei

amici, volevamo trovare qualcosa che rendesse bene la mia personalità e che non fosse una cosa già vista. La tua partita più rocambolesca? Un Como-Livorno 3-5, ai tempi giocavo in amaranto: negli ultimi minuti, dal 2-2, ci fu una serie di emozioni incredibili!

Facebook o Twitter? Twitter. E cosa twitteresti in questo preciso momento? Intervista con gli amici di Maxim! La colonna sonora della tua carriera. E’ difficile trovare una canzone. A me piacciono molto Jovanotti e Ligabue, ma direi “Tu corri” dei Gemelli Diversi. Il complimento più bello che hai ricevuto? Dalle persone che ho rivisto dopo tanti anni e che mi hanno detto che non sono cambiato per niente rispetto a quando ero più piccolo. L’offesa più brutta che hai dovuto incassare? Di essere arrivato in Nazionale per presunte facilitazioni, illazioni gratuite che si sono poi dimostrate della grossissime cavolate. Se non avessi fatto il calciatore, saresti… Probabilmente un medico come mio padre. Chiellini tra dieci anni. Sicuramente mi piacerebbe restare con qualche ruolo nel mondo del calcio: è la mia vita e spero che anche gli studi che sto facendo possano aiutarmi a trovare un ruolo in questo mondo, alla Juve sarebbe un sogno. Sicuramente con una famiglia e dei bambini. Il motto che proprio non sopporti? Quello di De Coubertin “L’importante è partecipare”. La verità è che nel nostro mondo non conta partecipare, ma solo vincere!

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“Quando smetterò di nuotare? Studierò recitazione.”

“Se non avessi fatto il calciatore... Sarei probabilmente un medico come mio padre.” www.maximitaly.com

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piade inglese. lim l’O r e p p -u rm a w il Inizia ere e segnala p sa a d è c’ e ch llo e u q o Maxim vi racconta tutt re d’occhio. e n te a d i n lia a it ti e tl a i tre di Luca Corsolini

La metropolitana di Londra è come un’arca di Noè dei tempi moderni. Non solo due esemplari per specie, al contrario tanti atleti, di ogni nazionalità, di ogni disciplina, a testimoniare che lo sport e i Giochi Olimpici sono davvero quello che sostiene il Cio, il Comitato Olimpico Internazionale: “the best of us”, il meglio di noi, di quell’umanità che ogni quattro anni si concede una vacanza per specchiarsi e scoprirsi bella, entusiasta, positiva e propositiva nei record e nei risultati degli atleti. La metropolitana di Londra è come un’arca di Noè dei tempi moderni perché delle tante esplosioni di creatività che hanno accompagnato e stanno accompagnando il ritorno dei Giochi di Londra, prima città a ospitare per la terza volta il fuoco di Olimpia, la mappa delle stazioni ridisegnata per dare a ogni fermata il nome di un atleta è forse la più bella, quella più e meglio capace di riassumere il significato dell’appuntamento di Londra, dal 27 luglio al 12 agosto.

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Come da programma di Sebastian Coe, leggenda inglese del mezzofondo, i Giochi della prossima estate, accompagnati ormai dall’abituale chiasso per polemiche varie, dai costi che sfuggono a budget continuamente aggiornati alla sicurezza, dovranno segnare il ritorno al potere proprio degli atleti. E al loro esempio. Non per niente, lo stesso Coe, parla in modo insistito, ma sempre convincente, della legacy dei Giochi, dell’eredità che questa Olimpiade dovrà lasciare al Paese e, magari,

all’Europa: non solo il più grande spazio verde realizzato negli ultimi 150 anni, recuperando una delle zone più despresse e degradate della capitale britannica, ma anche e soprattutto un Paese capace di impegnarsi per una forma migliore. Non necessariamente per vincere una medaglia, perché quella è una missione che resta valida per pochi, gli atleti, the best of us; ma per essere tutti noi persone più in forma, dunque più in salute, con la prospettiva nemmeno troppo lontana di trovare così nuove risorse liberando i bilanci dello stato - di tutti gli stati verrebbe da dire - da spese per la salute pubblica che sono sì insostenibili e fuori controllo.

Ovviamente questa estate continueremo a viaggiare per le solite stazioni, aggiungeremo solo Stratford alle nostre mete, porta di accesso a un Olympic Park che non sarà comunque il solo gioiello a cinque cerchi in città, visto che ci saranno gare anche davanti a Buckingham Palace, ad Hyde Park, in templi dello sport già noti come Wembley, Wimbledon e il Lords Cricket Ground che sarà la casa degli arcieri, poco lontano dal passaggio pedonale di Abbey Road che i Beatles hanno portato nella storia. Il beach volley, poi, porterà il suo carico di freschezza e irriverenza in uno dei giardini della Regina: Horse Guards Parade. Ma, una volta di più, la storia dei Giochi, il loro presente e dunque il loro futuro, sempre agganciati al passato, sarà scritta dagli atleti. Noi ne abbiamo scelti tre, tra gli azzurri da medaglia. Restando volutamente lontani dalle discipline più note, cercando in loro qualcosa che non fosse solo il risultato, cercando quel pizzico di... Maxim che li può portare o riportare sul podio e farli finalmente conoscere e riconoscere come personaggi. In attesa che una linea di autobus in Italia dedichi loro una fermata.

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MAURO SARMIENTO MAURO SARMIENTO È UN ATLETA DI TAEKWONDO. Disciplina orientale. Sembra violenta, e tanti magari l’hanno adottata proprio per questo, in realtà vive essenzialmente del rispetto delle regole. E’, appunto, disciplina. Mauro ha vinto l’argento a Pechino e ancora adesso quando gli chiedono di dire il nome di un avversario a cui si ispira lui risponde che è rimasto ammirato dall’iraniano Hadi Saei: proprio chi lo ha battuto in finale. Che importa? Con quell’argento, Sarmiento ha fatto indossare al taekwondo gli stivali delle sette leghe: fino a Sidney 2000, non era nemmeno uno sport inserito nel programma. Adesso in molti hanno imparato persino come sono attribuiti i punti: un calcio al capo (e gli atleti per questo indossano un casco protettivo), vale tre punti. Il calcio è sempre stato importante nella vita di Mauro: nato a Napoli, quasi inevitabile che volesse giocare a calcio (e infatti il pallone continua a essere la sua passione). Però il padre, vigile urbano, lo ha

spinto verso la disciplina. E lui che nel classico gruppo degli scugnizzi era già speciale, soprannominato “o’luong”, a fotografare una taglia da giocatore di basket con quei 195 centimetri di altezza, si è trovato una storia speciale nel taekwondo. E’ fidanzato con Veronica Calabrese, anche lei atleta: non si è qualificata per i Giochi per un’inezia, ma andrà a Londra da commentatrice tv. E chissà, dopo che nell’estate 2010 tutto il mondo ha ricamato sulla storia tra il portiere spagnolo Casillas e la fidanzata giornalista dietro la porta, magari l’Olimpiade scoprirà la medaglia di un napoletano che oggi confessa come impegno irrinunciabile quello di sentire tutti i giorni papà e mamma (“da quando non vivo con loro è più difficile”, dice) raccontata dalla fidanzata a bordo pedana. Prossimo traguardo, già dichiarato da entrambi: mettere su famiglia. Prima regola da insegnare ai figli: “Bisogna essere leali”, dice con un sorriso Mauro.

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MAURIZIO FELUGO MAURIZIO FELUGO INVECE È UN GIOCATORE DI PALLANUOTO. Cresciuto tra Liguria, dove è nato e dove gioca oggi in quella corazzata che è la Pro Recco, e Campania, le due regioni faro della disciplina in Italia. La pallanuoto è difficile da giocare, ancora più difficile da vedere, perché il gioco è anche, forse soprattutto, sottacqua, e noi invece vediamo solo quello che succede in superficie. Maurizio ha vinto tanto, ha vinto tutto con la Pro Recco che è una specie di allenamento all’Olimpiade quotidiano, tanti e tali sono gli stranieri che ti trovi come compagno di squadra, imparando da ognuno qualcosa di sport e ancor più qualcosa della vita. In nazionale ci gioca dal 2001, però, fino all’anno scorso, in un Paese che mena vanto della sua tradizione, visto che la squadra azzurra ha persino un suo nome distintivo riconosciutissimo, nato proprio a Londra nel 1948, primo oro olimpico della nostra storia; mentre fino al 2011 aveva vinto briciole, qualche medaglia ai mondiali, e nemmeno d’oro. Poco. Anzi, troppo poco, una miseria riscattata l’anno scorso a Shangai ai Mondiali: finale con la Serbia, tutta l’Italia davanti alla tv a guardare una battaglia epica, finita ai supplementari proprio con un gol di Maurizio. E l’Olimpiade di Londra è cominciata proprio quel giorno: adesso

siamo la squadra da battere. Comincia il difficile, verrebbe da pensare. Comincia il bello, rispondono loro, gli azzurri di Sandro Campagna, uno che prima di diventare allenatore è stato giocatore dell’Italia e un oro olimpico, pure quello epico, lo vinse a Barcellona nel ‘92: in finale contro la Spagna padrona di casa. Si diceva di tutto quello che non si vede perché celato sott’acqua in partita. In effetti nemmeno si vede uno dei tatuaggi di Maurizio. Sono tanti, ma non banali. Poi, c’è quello che è una vera rivelazione: Felugo si è tatuato l’Africa su un fianco. Dopo i Mondiali di Roma finiti male, lecito dire malissimo, ha pensato di meritare un castigo e comunque un premio: ha ascoltato don fausto Brioni e con altri amici è andata a Maigarò, nella Repubbica Centrafricana, a lavorare in un ospedale. Abituato ad avere molto, è diventato più forte aiutando chi non aveva nulla. Da quella esperienza è nata anche e soprattutto Tene Ti Ala, una associazione che raccoglie fondi chiamando a raccolta tutte le persone di buona volontà. A partire ovviamente dai giocatori di pallanuoto. Tene Ti Ala è un’espressione in sango, la lingua del posto, vuol dire “Per loro”, ed è tratta da un versetto del vangelo di Giovanni. www.maximitaly.com

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ROSSANO GALTAROSSA

ULTIMA FERMATA, PADOVA. QUESTO È IL REGNO DI ROSSANO GALTAROSSA, CANOTTIERE. Lui lo sa bene che in Gran Bretagna, dove la cultura sportiva non è monopolizzata dal calcio, al contrario il canottaggio, il rowing, è una tradizione per tante famiglie alla pari del pub, e pure di più, perché a remare sul Tamigi e sui canali vanno pure tante donne. Non per niente, una delle icone dello sport d’oltre manica si chiama Steve Redgrave, anzi sir Steve Redgrave, una delle leggende di questo sport di fatica e di pulizia, di rigore morale. Rossano, come il collega Steve, è un highlander del canottaggio. Ha 40 anni e 5 Olimpiadi già disputate: un oro a Sidney, un bronzo a Barcellona nella prima partecipazione, e un totale di un oro, appunto, un argento e due bronzi. Straordinaria gioielleria per una carriera che è unica per longevità e per originalità: aveva già smesso Rossano, troppo difficile, non troppo duro, remare in foto di Juan Angel de Corral

Italia. Perché ti tocca remare controcorrente rispetto all’interesse della gente, alla sua comprensione, al suo incoraggiamento. Ma il canottaggio quanto ti toglie tanto ti dà. Diventi una roccia. E così la sfida olimpica di Galtarossa, l’ennesima, diventa una trasferta di tutto un territorio: il suo circolo canottieri che gli lascia la libertà di allenarsi e le aziende del padovano lo affiancano, magari dopo aver capito quei valori che l’highlander di casa nostra mette in cima a tutto. Determinazione, serietà, passione, professionalità. E infatti di questo parla Rossano quando va a tenere lezioni per le aziende. Non racconta le sue vittorie, spiega come sono nate, dove sono cominciate. Il titolo degli incontri spiega già tutto: vincere con la testa. Ovvio che questo sia il programma anche per l’estate 2012, quella dei Giochi di Londra.

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Elena Di Cioccio

Dal primo servizio con le Iene (“Finiva con io a chiappe nude che mingevo in un parco”), all’esordio cinematografico e le nuove esperienze televisive su la7d. Passando per gli spasimanti telematici, la sigla del Tg5, il sesso e la politica. Elena Di Cioccio si racconta a Maxim. E annuncia: “Mi piace un sirenetto!” di Andrea Sceresini foto di Adriano Russo / styling di Lucio Colapietro make up and Hair Elisa Rampi / fashion collaborator Rebecca Galvani / assistente fotografo Oscar Maso special thanks per la location Michele Casula Art Director di www.maisonespana.it special thanks per i ballerini: Accademia di Tango Argentino “Boca Negra” www.tamarablanco.com

cravatta e occhiali scuri, Elena ha detto arrivederci ai mitici studios di Cologno Monzese ed è partita alla ricerca di nuove avventure: niente più pugnale tra i denti; le nuove parole d’ordine sono sesso (la Malaeducaxxxion, in onda su la7d) e cinema (“L’industriale”, regia di Giuliano Montaldo con Pierfrancesco Favino). E il futuro? “Pane, amore e fantasia”. Chiamatela fessa…

Iena si nasce, star si diventa. Lei, Elena Di Cioccio, è una che di strada ne ha fatta parecchia: disc jockey, conduttrice radiofonica, organizzatrice di eventi. Nel 2004 esordisce in tv (su All Music). Nel 2007 il grande balzo in avanti: le Iene, il programma che la renderà celebre. La chiamano Velena: è pungente e diabolica, ma solo all’apparenza. Così, dopo sei anni ruggenti trascorsi in giacca,

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PREMIÈRE DAME

Cosa si prova ad esordire sulle pagine di Maxim? La verità ? Un attimo di imbarazzo perché devo dirlo, per me è proprio un battesimo . Non ci avevo mai pensato. Bello però! Farete spendere un botto in telefonate alla mia mamma che chiamerà mezza Italia . Descriviti in non più di 20 parole. Vedo le cose a modo mio, attraverso una spiccata emotività e un infiammabile entusiasmo. Sul lavoro sono lucida, precisa, rapida, appassionata e corretta. Nella vita privata invece mi incasino che è una bellezza tra le cose, le persone, gli animali che amo e che popolano la mia vita. Rompo le balle al prossimo. Ogni tanto sono un attimino pesante, lo ammetto! Sei figlia e nipote di musicisti. Quando eri bambina tuo padre (Franz Di Cioccio, fondatore della Pfm) suonava con De Andrè… Aspetta, aspetta. Mio padre ha suonato con De Andrè, ma anche con Patti Smith, Ian Anderson e con Battisti; ha diviso il palco con Santana, i Genesis e i Beach Boys. Vedi come sono precisina? Il primo ricordo musicale è proprio infantile. Passa attraverso l’odore del mobilio di casa dei nonni, quando nonno Umberto tirava fuori i suoi dischi di musica classica con gesti affettuosi e quasi rituali. Toglieva il panno sopra al giradischi e facendolo girare tra le mani liberava il disco dalla carta, lo alloggiava sul piatto e appoggiava la puntina. In quel momento un guizzo folle correva tra i suoi occhioni blu come a dire “State attenti, ora arriva la magia!” Sinfonie e fioriture si mischiavano ai tempi ritmici che babbo improvvisava con le mani sulle gambe, le dita sul tavolo, le forchette sui bicchieri. Rock e classica insieme, la chiave del progressive insomma. Anche il resto della famiglia era musicale. Nonna Luisa canticchiava le ariette del dopoguerra, mia sorella ripeteva “Giochi proibiti” al piano e mamma le canzoni di Battisti sbagliando i testi. Io a 8 anni egemonizzavo il giradischi con Bowie e gli Iron Maiden. In un intervista del novembre 2011 hai detto “Voglio un fidanzato!” Missione compiuta o sei ancora alla ricerca? Ah! L’ho riletta recentemente quell’intervista. Accidenti come stavo male! Un’affermazione di dolore, direi come tutte le donne del mondo, sotto il treno di una cocente delusione. In quella fase la “missione” nemmeno ti

sfiora l’anticamera del cervello. Sai quando ti chiudi a riccio, non sei disponibile, non ne vuoi più sapere. Zero! State alla larga dal mio cuoricino. Pian piano, poi, ritrovi un equilibrio che credevi perso e tutto riprende colore. E quando meno te lo aspetti… mi piace un sirenetto! Adesso vediamo che succede. Go with the flow. Ho letto che all’inizio degli anni Duemila lavoravi organizzando concerti, facevi la dj nei locali e registravi spot radiofonici. Come hai fatto a sbarcare in tv? La società per cui lavoravo era cresciuta tantissimo grazie al talento del direttore e

“I Love Rock ‘n’ Roll” per qualche anno dando fondo a tutte le mie libidini musicali. Un sogno. Come si fa a diventare una Iena? Ognuno è entrato a Le Iene in modo diverso e in tempi diversi. Se sei un giornalista puoi confezionare una bella inchiesta, altrimenti puoi proporre le idee più bizzarre. Se si accende la curiosità di Davide Parenti, ti danno la divisa e vieni messo in prova. Poi dipende da te. Io avevo avuto il cellulare di Parenti attraverso uno degli autori del programma appassionato di musica rock. Al colloquio avevo portato un filmato casereccio con una parodia “oltraggiosa” di un gadget trovato in un giornale: l’adattatore conico di cartone per fare pipì in piedi. Immaginati! Finiva con io a chiappe nude che mingevo contro un albero in un parco. Il servizio più divertente che hai fatto? Dai, ma come faccio a scegliere? E’ crudele. Ho sempre fatto cose diverse tra loro senza seguire un filone specifico. Farmi arrestare per prostituzione vestita da Ragazza Drive In sulla Salaria, terrorizzare intimamente David Beckham, documentare di persona (fingendomi una madre a cui avevano molestato il figlio) l’omertà della Chiesa nei confronti della pedofilia, correre dietro a Luttazzi che scappa in bicicletta, assediare con doppi sensi gli uomini italiani, portare alla luce il traffico di cuccioli dall’est, documentare il pericolo adescamento sulle chat aperte anche ai minori…

body ANTONIO MARRAS calze PIERRE MANTOUX

alla nostra appassionata voglia di musica e sarebbe passata in mano ad una multinazionale americana. Sarebbe diventata una vera struttura con un vero organigramma. Io non me la sentii. Presi la liquidazione mi misi a studiare come una forsennata per dare forma alle mie passioni. Teatro, canto, improvvisazione. Cantavo in un gruppo femminile tributo ai Kiss (io ero Paul Stanley) con tanto di trucco e parrucco, lavoravo nelle radio rock della zona, il week end mettevamo i dischi al mitico Rolling Stone di Milano. Un giorno accendo la tv e vedo All Music: tv musicale che aveva la sede proprio vicino a casa. Misi su un format, lo girai chiedendo favori a destra e manca (ancora grazie a tutti) e lo portai come provino . Presa ! Ho scritto e condotto

Un politico che avresti voluto avere tra le grinfie ma non ti è mai capitato di intervistare? Non ho quasi mai fatto politica, a parte una Letizia Moratti dei primi tempi che interpellai sulla riforma universitaria. Ti senti ancora una Iena o sei ormai entrata nel novero degli “ex”? Una volta dentro alla squadra ci resti per sempre, anche se ti prendi una pausa per fare altro. Il bello del programma è che se hai un’idea, chiami, proponi e, se piace, realizzi. In questo momento, dopo cinque anni, avevo bisogno di fermarmi sia dal punto di vista creativo sia dal punto di vista fisico. Ho avuto qualche guaio con la schiena e la riabilitazione è stata lunga. Quindi niente corse, niente ore in macchina, niente appostamenti, niente stress. Insomma una megera in pensione!

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vestito MOSCHINO orecchini MARINA FOSSATI

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PREMIÈRE DAME

Quali sono le 5 cose che guardi in un uomo? Mettiamo come base imprescindibile l’intelligenza. A seguire le doti morali: coraggio, onestà, sensibilità, comprensione, entusiasmo. Per quelle fisiche, fondamentali sono gli occhi. Se gli occhi mi agganciano come fossero mani, allora noto tutto il resto. Non ho alcuna preferenza fisica, perché mi accendo per la persona prima e per il corpo poi. Certo che se mi fai la stessa domanda spaparanzata su una spiaggia dove bazzicano surfisti abbronzati, allora lì andiamo sulla macelleria dettagliata: petto, spalle, ventre, collo e labbra. E le 5 cose che non guardi? Soldi, posizione sociale, mezzo di locomozione, tessera dello stadio, punti del fantacalcio. L’ultimo libro che hai letto? Appena finito “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini. Quanto mi piace come scrive, ti viene voglia di abbracciarlo. Ma sai che mi son fatta dare il suo numero di cellulare per fargli i complimenti e alla fine non ho avuto il coraggio di chiamarlo? Posso farglieli qui? Certo che sì. L’ultimo film che hai visto? “Pollo alle prugne” due sera fa al cinema. Come al solito ho pianto. Il precedente, due sere prima, “Quasi amici”. Il prossimo , stasera, “Diaz” . Facciamo il gioco della torre: chi butti? Berlusconi o Monti? Mediaset o la7? Ma che zecca che sei! Sul lavoro butto solo quello che non mi corrisponde. Cerco di fare del mio meglio con onestà intellettuale e divertimento. Butto, invece, tutta la politica che ha perso aderenza con i veri bisogni del paese. Il tuo nuovo programma è la Malaeducaxxxion, su la7d. Quanto conta il sesso nella tua vita? Molto. E’ un’esigenza, un piacere, uno sfogo, una bellezza, una consapevolezza di sé. E’ vo-

lersi bene. Trovare la propria libertà sessuale nel rispetto dell’altro è un regalo che ho imparato a farmi nel tempo. In coppia vedo il sesso come il piccolo pianeta protetto, dove ci siamo solo noi che ci abbandoniamo l’uno dentro l’altro, senza maschere e senza giudizi. Il tabù sessuale più diffuso tra gli italiani? Il giudizio degli altri, quello del vicinato, quello del “non sta bene” e del “non si fa”. Non importa se e cosa fai, l’importante e che nessuno sappia. E’ incredibile come in Italia si accetti di tutto alla luce del sole: corruttori, ladri, imbroglioni, traditori, malelingue, bugiardi; si sopporta tutto e tutti ma guai a voi a godere di qualcosa che non costa nulla ed è alla portata di tutti. Sei una fan dei social network. Sei attivissima sia su Facebook che su Twitter. Ho letto alcuni scambi di battute sul tuo wall ai quali non ti sei sottratta, duellando a colpi di post - e a volte ci scappa pure qualche vaffa. Fai tutto da sola o c’è qualcuno che ti aiuta? Tutto da sola con lo smartphone. Ho un caro amico Marco Camisani Calzolari, guru della comunicazione liquida, che mi ha istruito e instradato in tempi non sospetti alle meraviglie della rete. Mi ci diverto un mondo, leggo, imparo, scruto, mi informo e mi esprimo. Mi viene da ridere perché è vero, spesso mi incazzo come un puma via social. Soprattutto con i polemici qualunquisti che insinuano i dubbi cronici. Quelli che fanno l’urletto da dietro la folla e che mai si alzano per primi. Ho una mia pagina pubblica dove scrivo e posto quello che voglio. Il principio è: la pagina è mia, per entrare devi cliccare “mi piace”. Se non ti piaccio quella è la porta. Diverso invece quando vengo criticata su o per lavoro. Incasso e rifletto. Come ti ho detto all’inizio di quest’intervista: sono un’appassionata, curiosa della vita.

Chi è il tuo fan più sfegatato? Famiglia e amiche-di-una-vita a parte? Un caro amico attore del quale non ti farò mai il nome (ma cavolo se te lo farei volentieri perché è bravissimo). Follie poche. Di solito di persona le ragazze mi abbracciano e i maschietti si pietrificano. Dai 50 anni in su mi pastrungnano come fossi una nipote ed è bellissimo ! Mi arrivano tante mail, le più disparate. Alcune poetiche, altre raffinate altre ancora decisamente affettuose. Davvero è bellissimo. Una storia a parte sono le virili dichiarazioni porno-fetish-maniaco-subombelicali. E’ vero che tuo padre è l’autore della sigla del Tg5? Verissimo! Erano gli anni novanta e vinse la gara per la sigla del neo TG di Mentana. Che pacchia. Hai recitato nel film “L’industriale” con Favino e la Crescentini. Cosa vedi nel tuo futuro? Il cinema o la tv? Spero entrambe, sono cose talmente diverse. La tv è contenuto e divertimento per chi guarda, deve essere fatta per gli spettatori. La recitazione invece, teatro, cinema o laboratorio che sia , mi permette di andare più in profondo, mi permette di raccontare tutte le storie che mi piacciono, quelle divertenti e quelle toste. Se non avessi fatto l’attrice - e neppure la dj, la presentatrice tv, la showgirl o l’organizzatrice di eventi - che cosa avresti fatto? Da piccola ti avrei risposto “la patologa”… Fai te. Probabilmente sceglierei una professione che sia possibile esercitare in ogni dove perché amo viaggiare in cerca di mari,oceani e bellezze naturali. La cuoca credo. Girare il mondo sollazzando il palato delle persone: ecco, mi sarebbe piaciuto molto. Il tuo sogno nel cassetto? Pane, amore e fantasia. Ci metto la firma!

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vestito e scialle MISSONI bracciale MARINA FOSSATI

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maglia ICEBERG gonna SEX SADE calze PIERRE MANTOUX scarpe GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN orecchini MARINA FOSSATI ventaglio MISSONI

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giacca MOSCHINO pantalone CRISTIANO BURANI collant PIERRE MANTOUX scarpe GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN orecchini MARINA FOSSATI

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ELEONORA

BOLLA

di Iacopo Bottazzi / foto di Andrea Vailetti / stylist Lucio Colapietro / make up & hair Guja@hm Battaglia using Mac cosmetics fashion collaborator Demetrio Baffa Trasci Amalfitani / photographer assistant Matteo Engolli special thanks: hotel Tiziano - via Tiziano, 6 - 20145 Milano - tiziano@minihotel.it minicardigan BYBLOS / vestito MOSCHINO CHEAP & CHIC / cintura MILA SCHĂ–N / scarpe GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN / anello SCHIELD

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Cinema mon amour Ha recitato con Ozpetek, vorrebbe scavalcare l’oceano e duettare con Nick Nolte. Il suo sogno nel cassetto: “Interpretare la parte di Amanda Knox”. Signore e signori, ecco a voi Eleonora Bolla.

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Credete che il cinema italiano abbia bisogno di nuovi talenti? Qua la mano, la pensiamo allo stesso modo. Lei è Eleonora Bolla, viene dalla provincia di Treviso e fidatevi di noi: in futuro sentirete spesso pronunciare il suo nome. È giovanissima, ma le doti non le mancano. Ha recitato con registi del calibro di Ferzan Ozpetek (“Magnifica presenza”) e si è diplomata all’Accademia d’arte drammatica. La sua ultima fatica? “Com’è bello far l’amore”, con Fabio De Luigi, Claudia Gerini e Filippo Timi, attualmente nelle sale. Non perdetevelo. E non perdetevi Eleonora Bolla.

giubbotto ELISABETTA FRANCHI corsetto JEAN PAUL GAULTIER PER LA PERLA culotte LA PERLA scarpe e cintura GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN collana e orecchini PRADA occhiali JIMMY CHOO

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Sei al tuo esordio su Maxim. Hai a disposizione non più di 20 parole: presentati ai nostri lettori. Sono una ragazza nata in un piccolo paese in provincia di Treviso. Amo la solitudine e la libertà che può regalarti un piccolo paese. Amo la compagnia di pochi amici, amo il cinema e lo sport. Accipicchia, hai sforato. Ma andiamo avanti: se non fossi diventata attrice che lavoro avresti fatto? Avrei studiato criminologia o medicina legale. Magari un giorno per interesse personale lo farò. Ho letto su internet che per fare l’attrice ti sei trasferita dal Veneto a Roma e hai lavorato per un certo periodo come cameriera. Quanto è difficile farsi strada nel mondo del cinema? Il mio primo lavoretto l’ho iniziato a 18 anni. Terminato il liceo, frequentavo l’Accademia dello stabile veneto a Padova e ho fatto la cameriera, volantinaggio, consegna di giornali, animatrice di bambini nei centri estivi. Poi a Roma ho continuato a fare la cameriera, però solo la sera. Ho incontrato molti ostacoli per poter lavorare, ma chi non ne incontra? In questo lavoro, ancora più che in altri, devi essere completo il più possibile, e devi avere fortuna. Parliamo di un tema inevitabile: le raccomandazioni. Quanto contano? Onestamente non lo so. Immagino che contino molto, ahimè... Ti è mai capitato di ricevere proposte indecenti da parte del dirigente di turno? Non mi è mai capitato di ricevere proposte indecenti da parte di nessuno. È tutta fortuna o forse non sono sufficientemente affascinante? Certamente la prima! Mah, in ogni caso spero non accada mai. Quello che faccio con una persona nell’intimità lo faccio se mi piace davvero e con sincerità, senza voler nulla in cambio. A parte il rispetto.

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“Amo la compagnia di pochi amici, amo il cinema e lo sport”

Come è stato lavorare con Ozpetek? Ozpetek è straordinario. Avrei accettato di fare le pulizie dietro le quinte per vedere anche solo come lavora! È un regista che ama davvero i suoi attori. Ti dirige solo con uno sguardo e tu... tu capisci. Questo è successo a me. Non lo conosco molto come persona, ma quello che ho sentito standogli accanto è che è buono e molto sensibile, e io amo le persone e gli artisti di cuore. Hai esordito con un genere particolare: l’horror. Per quale ragione, secondo te, il cinema italiano produce pochi film dell’orrore? Ne produce pochi ed è un vero peccato perché la paura, a mio parere, è parte integrante della

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vita di ogni persona. Specialmente in questo periodo storico. Parlo della paura che ognuno si porta dentro: la parte oscura che ogni tanto si fa sentire, la paura del nostro io profondo, non solo di quello che sta fuori di noi. I film di genere italiani, tendenzialmente, preferiscono percorrere altre strade: molto sangue, molti effetti speciali e pochi soldi a disposizione. È un peccato, lo ripeto. Il modello al quale ti ispiri? Non ho un modello. Ci sono più modelli. Amo la professionalità e la serietà di Kate Winslet, la semplicità e l’intensità di Julianne Moore, la dolcezza di Diane Lane, la voce e l’eleganza di Kate Blanchett, la forza e quel “qualcosa” di unico negli occhi di Angelina Jolie, l’intelligenza di Jodie Foster, che tra l’altro ha prodotto film che ho amato molto a partire da “Nell”, una pellicola del ‘94... Un regista e un attore coi quali vorresti lavorare? Se devo sceglierne uno – ma è difficile – i nomi che ti faccio sono questi: regista, Jane Campion; attore, Nick Nolte; attrice, Katie Bates. Parlando dei film italiani, in un’intervista del 2008, hai detto: “Molti film sono prodotti e girati con budget più che sufficienti ma, scusa se lo dico, sono quasi inguardabili”. La pensi ancora così? Sì, la penso ancora così. E non parlo solo di film italiani: questo può accadere anche altrove, è umano. Hai detto anche: “Da spettatrice, gli attori veri li conto sulle dita della mano”. Allora fuori i nomi: i tuoi cinque attori preferiti. Stavo parlando forse di attori italiani. Devo dire che nel frattempo ho avuto modo di conoscere attori che ignoravo, quindi la cerchia si è allargata. I cinque nomi, comunque sia, sono i seguenti: Giovanna Mezzogiorno, Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Jasmine Trinca, Valerio Mastandrea. In questo periodo si parla molto di “talenti in fuga”. Hai mai pensato di tentare la fortuna all’estero? Ci ho pensato, sì. E la verità è questa: vorrei andare per un periodo in Canada. Non chiedermi perché; è uno strano presentimento. Sento che laggiù potrebbe succedermi qualcosa di bello, di speciale. È il mio istinto. Forse un bel giorno farò le valige e via, chissà...

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L’ultimo libro che hai letto? “La via del guerriero di pace” di Dan Millman. L’ultimo film che hai visto? L’ultimo film visto stanotte per la settima volta è “The end of the affair” (“Fine di una storia”) di Neil Jordan. Amo rivedere film che mi sono rimasti dentro. Le tre cose che guardi in un uomo? Guardo gli occhi, gli occhi degli uomini, delle donne, degli animali, per me sono la cosa più forte ed importante. Come si perde nei pensieri un uomo quando parla, e poi le mani. E le tre cose che non guardi in un uomo? Non guardo il corpo, i piedi. E non guardo mai tutto l’insieme; colgo e mi fisso su un particolare, un dettaglio. Sei single o fidanzata? Sono single ma sto cercando di rimettere assieme il bene che c’era con il mio ex, con il quale sono stata tre anni; mi sono resa conto dell’errore che ho commesso.

Facebook o Twitter? Facebook, Twitter non so neanche cosa sia... Un sogno nel cassetto? Vivere di questo lavoro, avendo accanto le persone che mi amano davvero per quella che sono. Un personaggio che ti piacerebbe interpretare? Amanda Knox, ha degli occhi da far paura. C’è qualcosa in quella ragazza; mi piacerebbe capire cosa attraverso lo studio del personaggio. Al di là del cinema, quali sono le tue passioni? Pratico boxe e kickboxing, mi piace correre o farmi lunghe passeggiate con la musica nelle orecchie, le arrampicate, leggere il giornale la mattina con il caffè, ogni tanto cantare e disegnare a pastelli, o molto semplicemente parlare di tutto con un’amica. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Nessun progetto in vista. Sono in attesa di risposte, e spero che saranno buone risposte.

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INTERVISTA

Maxim incontra l’inviata incoronata vera star della trasmissione di punta della Rai. di Alessandro Manieri

Ex regina delle notti romane, ex deputata del parlamento italiano, ex concorrente dell’Isola dei famosi, Vladimir Luxuria torna dall’Honduras in qualità di inviata dell’ultima edizione del reality targato Rai due. E torna da vincitrice. Ma come si fa a vincere senza esser stati in gara? Maxim l’ha incontrata proprio per capirlo. Dicono tutti che sia tu la vincitrice di questa edizione dell’isola. Ma… vincitrice di cosa? E contro chi pensi di aver vinto? Vincitrice rispetto ai pronostici perché questa Isola viveva di una grande assenza, quella di Simona Ventura. Vincitrice perché si trattava di un programma importante. Vincitrice anche contro chi ha cercato di celebrare il funerale di questa edizione in corso d’opera, senza però riuscirci. E poi vincitrice perché

ho sentito un grande consenso rispetto a questa esperienza. Certo non unanime, ma molto diffuso. E questo consenso secondo me è una bella vittoria. Non hai mai temuto di prestare la tua immagine a un programma trash? Sul significato di trash mi rifaccio alla definizione di Labranca (scrittore e autore televisivo - ndr) secondo cui è trash l’emulazione di un modello alto. Ovvero fare una cosa pur non sapendola fare, ma avendo la presunzione di esserne all’altezza. A proposito di questo a mi vengono in mente quelle che io definisco “flop star” , ovvero quei personaggi della tv che si sentono dei grandi artisti ma poi li vedi e ti accorgi che non sanno fare nulla... ecco perché penso di poter dire che l’Isola non sia stata trash: chiamavamo i nostri concorrenti “eroi”, le loro prove era-

no battezzate “gesta”, ma di epico non c’era nulla e tutto era evidentemente dichiarato. Alla luce di questa definizione, dici che l’Italia è un paese trash? In Italia ci sono un sacco di individui che occupano delle posizione per le quali uno si domanda “ma come ha fatto quello/quella ad arrivare lì?” Però non penso che il nostro Paese sia definibile complessivamente trash, anzi io credo che in Italia ci siano molte persone capaci alle quali invece non vengono riconosciuti né meriti né possibilità. In questo senso trovo che lo stesso “lavoro a termine” non rappresenti un’occasione reale per i giovani: sapere che tra 2 o 3 mesi difficilmente avrai modo di continuare il tuo impiego ti porta, cinicamente, a giocare “al ribasso”, a non impegnarti al 100%. In fin dei conti è lo stesso datore di lavoro che per primo dimo-

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stra di non avere fiducia in te scegliendo di non investire sulla tua formazione e sulla tua crescita, non ti pare? Dici che la tua sia anche una vittoria contro il pregiudizio? In fin dei conti sei anche la prima presentatrice transgender di un programma nazional-popolare di prima serata. Credo che questo problema sia già stato superato con la mia partecipazione al programma nel 2008 in qualità di concorrente e ancora di più con la vittoria in quell’edizione. Una vittoria che, a mio avviso, ha un significato ben preciso: non esser stata valutata solo per la propria identità sessuale, ma anche per altri aspetti. In fin dei conti l’orientamento sessuale non aggiunge ma nemmeno dovrebbe togliere nulla alle persone.

Se così fosse però il tema dell’omosessualità risulterebbe un tema pacificato… e invece basta ricordare una tua partecipazione a “Porta a porta” in cui l’onorevole Mussolini, sbottando, ti urlò: “Meglio fascisti che froci”. Be’, ci sono delle persone che pensano che l’omosessualità sia la condizione peggiore che tu possa augurare a qualcuno e che sia quasi preferibile spacciare droga o rubare i soldi pubblici. Però c’è una differenza: prima questo era un argomento completamente tabù che certo non si sarebbe potuto snocciolare in un programma televisivo. Mentre oggi invece si fa… sono dei “passi da geisha”, come li chiamo io, ovvero piccoli passi ma pur sempre passi in avanti. Va da sé che ci siano ancor delle forti resistenze da abbattere, basti pensare che l’Italia è ancora l’unico paese europeo che non sia riuscito a legiferare

in termini di unioni civili o relativamente ad una tutela per chi subisce violenze di tipo omofobo. Oggi tu appari come una persona molto serena. Io sono serena per quanto concerne la mia identità e ho chiaramente fatto i conti con me stessa. Ma la serenità è una condizione che tu contratti continuamente, non uno status permanente. Direi che io ora mi sento in armonia con ciò che mi circonda. Ma non è stato sempre così… Direi proprio di no… sai cosa dicono gli psicologi? Parlano di “minority stress”. È quella situazione in cui l’ambiente circostante (cioè l’ambiente preponderante) ti “racconta” che sei sbagliato. Ed era la mia situazione perché rispetto al mio sentire io non trovavo nessun

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Un carro armato. Però ci sono stati momenti davvero difficili. Una volta ebbi una paura tremenda: avevo circa 17 anni ed usci con un amico a mangiare la pizza in un paese vicino a Foggia. Entrammo nel locale e c’era un gruppo di ragazzi… davvero una brutta sensazione. Che so… forse avevano bevuto. Poi, sai, non è che io sia il gay che passa inosservato. Dissi al mio amico che sarebbe stato meglio cambiare locale e quindi uscimmo. Salimmo in macchina per andarcene, ma dopo un po’ quel gruppo ci raggiunse con la loro auto e cominciarono a tallonarci e a tamponarci. Io gridavo al mio amico di accelerare a più non posso. Lì ho pensato “se ci fermiamo questi ci ammazzano”. Una paura terribile. Poi finalmente le luci di ingresso della città e loro che desistono. Quando scesi dalla macchina baciai il suolo. Eravamo vivi per miracolo. Sai che ti dico? E’ proprio questa paura che quei farabutti, quelle “carogne”, come li chiamo io, cercano di instillarti. Vogliono “contagiarti” dei loro timori e farti pensare che non ti convenga esser come sei. Ma non bisogna darla loro vinta: la gente ha diritto di esser quello che è punto e basta.

supporto: per la chiesa ero contro natura, a scuola ….beh non ti dico cosa dicevano a scuola, con gli amici idem….e quindi tu cerchi di cambiarti. Ci provi anche ad esser eterosessuale….fai il cascamorto con qualche amichetta. Ma poi non riesci a raccontarti bugie e la tua vera identità emerge. E per fortuna, dico io, perché vivevo in modo nervoso, indisponente e soprattutto cominciavo a nutrire un sentimento orribile che è l’odio. Ma questo “switch-off” quando è successo? Ti ricordi un episodio? Avevo circa 16 anni e avevo cominciato a sentir dire che esistevano locali “pieni di gay”. Che per me già era una sorpresa meravigliosa perché se c’erano talmente tanti gay in giro da poter riempire un locale, anzi, più locali, significava che non c’ero solo io. In particolar modo avevo sentito di questo locale di Milano, “La nuova idea”… allora un giorno mi sono fatta coraggio: ho raccontato a mia madre che dovevo andare a trovare una mia amica del mare e così ho preso il treno da Foggia alla volta di Milano. Scesa dal treno, con la mia valigia in mano, ho comin-

ciato a chiedere ai passanti indicazione per arrivare in via Melchiorre Gioia (l’indirizzo del locale - ndr). Giunsi di fronte al cancello della “Nuova idea” alle 18.30… sempre con la mia valigia in mano. Quando aprì il locale (verso le 21.30) fui la prima a entrare. Poi sono arrivarono lentamente gli altri clienti. E io assistetti a questo spettacolo per me inedito, di uomini che ballavano con uomini e di donne con donne. Ma la mia vera sorpresa fu veder che queste persone si divertivano. “Ma come” mi dissi: “io sto tutto il giorno nella mia cameretta a rodermi il fegato e maledire come sono fatta e questi si divertono? Allora me la voglio godere anche io la vita”. E così tornai a Foggia. Ma cambiata. Era come se a Milano avessi comprato una corazza per affrontare il mondo. E io quella corazza non me la sono più tolta. Non ti è mai capitato nulla che abbia fatto vacillare la tua “corazza milanese”? Dalle mie parti si chiamano “capa tosta”. Io sono stata una “capa tosta”: tutto quello che si è messo come ostacolo tra me e la mia libertà di esser come sono è stato travolto.

Quale costo si sostiene a esser così “capa tosta”? L’unico vero costo è rinunciare a esser come si è. Quello è il vero costo. E poi le cose possono anche cambiare… a volte è proprio il modo in cui ti poni….ti faccio un esempio: terminata la laurea (in lingua a letteratura straniera con 110 e lode - ndr) ho cominciato a fare domanda per insegnare. Mi rispose una scuola di Civitavecchia, il liceo scientifico Galileo Galilei. Ovviamente risposero a Guadagno Vladimiro (il nome di battesimo di Luxuria ndr)… non a Vladimir Luxuria. Quindi Il Preside si aspettava un uomo. E quando andai al colloquio, pur vestendomi in modo decisamente “sobrio” (jeans, maglione e capelli raccolti) salutandomi mi disse: “Prego si accomodi signora”. E io subito pensai “ecco …namo bene…” E difatti una volta seduti il preside mi fissò, guardò la scheda sulla quale c’era il mio nome (Vladimiro) e rimase ammutolito. Puoi immaginare l’imbarazzo, anzi il gelo. Ma io partii dritta come un fuso e cominciai a dirgli che lo ringraziavo per avermi chiamato, che ero felicissima di esser lì di avere quell’occasione di mettere a frutto le cose che avevo imparto etc etc. Insomma lo travolsi con una valanga di parole e di entusiasmo. Secondo me fu colto da una sorta di labirintite… insomma alla fine si alzò, un po’ barcollante, e mi portò in classe dove mi presentò come il nuovo supplente di inglese. Sono convinta ancora oggi che se a quel

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preside avessero chiesto, in linea puramente teorica, cosa ne pensasse di un insegnante transgender nel suo istituto, probabilmente avrebbe risposto che non sarebbe stato il caso. Ma invece in quella situazione in cui ci incontrammo di persona, grazie anche all’energia e all’entusiasmo che io riuscii a trasmettergli, l’epilogo fu diverso. E la classe come reagì? E come vuoi che abbia reagito? Già che ero supplente (il che non aiuta molto) poi un supplente così strano… era un continuo risatine e gomitatine. Ma io nulla… tranquilla… serena… continuavo a ripetermi “il tempo è gentiluomo” e non raccolsi queste provocazioni. Chiesi quale canzone di lingua inglese preferissero e una ragazza mi rispose con accento romano “ A me piace “Like a virgin” di Madonna”. Quindi la volta dopo tornai con il testo della canzone e cominciai la mia lezione di inglese partendo da lì. Insomma per farla breve: durante le mie ore c’era silenzio, tutti seguivano con interesse e la fine della supplenza fu un momento piuttosto triste per tutti. Ricordo ancora uno di loro che mi disse “Che palle mo’ torna quella stronza della professoressa”. Pensa che mi fecero pure dei regali. Questo per farti capire che non c’è antidoto migliore contro il pregiudizio del contatto diretto perché poi la gente ti considera per quello che sei davvero e non per quello che rappresenti. Tu sei stata un “carro armato”… ma per i tuoi genitori e i tuoi amici come è stato rimanerti accanto? Gli amici bene o male te li scegli. Per cui chi non ti segue, può anche rimanere al palo. Poco male. Ma i parenti no. Quelli non te li scegli. Quelli ti capitano. E quindi volente o nolente ti ci devi rapportare. All’inizio è stata davvero complicata. Con mio padre ci sono stati grandi scontri: una volta mi vide truccato per strada mentre era coi suoi amici che gli dicevano “guarda tuo figlio ricchione”. Quindi al rientro a casa non puoi capire il dramma. E così anche con gli altri parenti: a una festa di compleanno dagli zii mi presentai con le sopraciglia rifatte. Una cosa che adesso è costume diffuso, ma allora no. Anche lì tragedie su tragedie. Con mia madre non c’erano scontri. Però lei piangeva: aveva trovato una lettera che avevo scritto a un ragazzo. E quindi aveva capito tutto. E il suo modo di reagire era il pianto. E sentirsi la causa del pianto di qualcuno ti assicuro che non è bello. Io vivevo tra questi due eccessi: quando uscivo di casa la gente rideva di me; quando tornavo in casa mia madre piangeva

per me. Tu pensa che invece adesso i miei genitori sono diventati degli attivisti: mia madre a mio padre sono iscritti all’AGEDO (Associazione genitori di figli omosessuali) e hanno pure partecipato a dei Gay Pride. Anche allora avevi la sicurezza che alla fine le cose sarebbero andate per il meglio? C’è stato un momento, a dire il vero, in cui io non vedevo futuro. Preso il diploma dovevo decidere della mia vita e non sapevo cosa avrei fatto, dove sarei andata, se avrei avuto una casa, un lavoro, una relazione… ho avuto un anno di vero sbandamento. Uno sbandamento profondo. Non vedevo futuro: pensavo che la mia vita sarebbe stata breve. Questa cosa mi spaventava molto. E per non pensarci mi sono lasciata andare a tutto… anche a cose dannose e svilenti per me. Poi la vita riserva dei doni proprio quando meno te lo aspetti. Mi hanno aiutato delle persone, delle “perle” che ho incontrato. In particolar modo ci fu quest’uomo, Giorgio, col quale non c’era nulla se non una simpatia. Non so dirti perché, ma lui mi aiutò davvero anche e soprattutto in termini economici: mi prestò del denaro con il quale feci alcuni piccoli investimenti e quindi ripresi un po’ di fiducia in me stessa. Capisci che la solitudine ti porta ad ingigantire tutti i tuoi problemi, ad incancrenire le tue malinconie. Diventare una “militante” della causa omosessuale mi sembrò inevitabile per cercare di infondere un po’ di coraggio a chi stava vivendo la mia stessa condizione. Anche la scelta di entrare in politica è una “lontana parente” di questa riflessione? Per altro tu sei stata la prima deputata transgender seduta nel parlamento di un paese europeo, quindi sapevi che saresti andata sotto le forche caudine. La proposta della politica arrivò inaspettata. E sapevo che avrebbero strumentalizzato la mia condizione sia contro di me come persona che contro il partito che rappresentavo (rifondazione comunista - ndr). C’erano tutti i presupposti per immaginare che non sarebbe stata una passeggiata. Però ho scelto di giocarmi lo stesso quella partita. L’ho giocata per due anni e sono riconoscente per quell’esperienza. Ma ora come ora ti dico che con la politica non voglio avere più niente a che fare. Non c’è rammarico, badare bene. Ma lo considero un capitolo chiuso. Ad ascoltare i tuoi racconti mi accorgo che la tua diversità ti ha richiesto molta fatica. Oggi invece sembra esser

addirittura il tuo vantaggio. L’avresti mai detto? Guarda, perdona il paragone, ma è come uno che si mette i pantaloni a zampa di elefante e tutti si mettono a ridere perché non sono di moda. E poi però lo diventano e quindi non fanno più ridere e anzi tutti li indossano. Vuoi dire che sei “diventata di moda”. (ride) no… non volevo dire di esser diventata di moda. Volevo dire che io ho sempre “indossato” la mia personalità. Sono gli altri che per fortuna sono cambiati e/o hanno cambiato il modo di vedermi. Abbiamo parlato di solitudine… e prima che tu partissi per l’Honduras ho letto una tua intervista in cui dicevi che hai “bisogno di essere avvolta e abbracciata…” che chiedi “il massimo della virilità: la gentilezza”. Mi pare di intuire che l’amore sia stata per te una rosa con molte spine… Mi sono innamorata quando ero giovane. E sono stata molto ferita. Così ferita da sviluppare una grande diffidenza nei confronti di questo sentimento. E come ben si sa la paura è cattiva consigliera: in più di un’occasione ho ostacolato o compromesso rapporti che avrebbero potuto svilupparsi poiché ero certa che tanto, poi, sarebbe finita male. Ho bruciato rapporti sul nascere per diffidenza. E questo rimane per me un grande rammarico. Penso, però, di essermi messa alle spalle questa fase e quindi ora vorrei qualcuno accanto con cui condividere quello che mi succede, al quale parlare la sera al rientro a casa. La vita va vissuta nella sua semplicità… e io devo imparare a esser ancora più semplice di quella che sono.

“La vita va vissuta nella sua semplicità.”

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SOUND TREND

THEESATISFACTION AWE NATURALE (SUB POP)

Fantastico album di futuristico funk-soul, in arrivo da Seattle e dalla sua etichetta storica, la Sub Pop che allarga i suoi confini estetici lanciando queste due effervescenti ragazze; Stasia Irons e Catherine Harris-White. Il loro debutto è davvero una delle cose più fresche in circolazione, le due performer che hanno come missione il “propagare energia positiva”, mescolano psichedelia afro con la bellezza dal soul e sfoderano pezzi che sembrano arrivare dal 2050. Le aspettiamo dal vivo, per assaporare ancor meglio gli effetti del loro “credo”. di Tommaso Toma

SIGUR RÓS VALTARI (EMI)

Volete davvero rilassarvi con della musica celestiale? “Valtari” è il nuovo, magnifico capitolo della saga islandese dei Sigur Rós. Uno dei loro migliori dischi. E pensare che sono sulla scena da quasi vent’anni. Miracoloso.

BEAR IN HEAVEN

I Love You, It’s Cool (Dead Oceans/Goodfellas)

Jon Philpot è da una decina di anni che ci prova a emergere con la sua alchemica pop music, alambiccata negli spazi intimi del suo appartamento di Brooklyn. E questo suo terzo album in studio è un gioiello. “Cool Light” è il pezzo meraviglia che testimonia la riuscita dell’intera opera: la torbida storia di un voyeur avvolta in un sound in bilico tra gli anni Ottanta dei Talk Talk e il pop contemporaneo dei Postal Service. Strike!

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SOUND VINTAGE

FAVOLA ROCK di Marco Pantaleone - Radiomarco - Rare Records

Affascinati dalle avanguardie artistiche e musicali di fine anni ‘60, i Who realizzarono la prima favola della storia del rock.

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colombe sfrecciano il volo, la sensibilità e l’immaginazione del protagonista non possono essere intrappolate. Tommy è uno dei pezzi più rari della Track Records, nelle prime emissioni la copertina è laminata, ossia rivestita di una particolare membrana trasparente che la rende lucida (in gergo collezionistico “laminated cover”) , ed è apribile in tre parti. Vi è allegato un libricino di 12 pagine in edizione limitata a 10.000 esemplari, che comprende i testi delle canzoni e delle affascinanti immagini nate sempre dalla brillante matita di Michael McInnerney. Disegni che illustrano parti della storia, un cut-up di illustrazioni surrealiste, evocative di una poesia che trova ragione nella quotidianità del vivere, immagini che agiscono come simboli per i momenti chiave della straordinaria storia di Tommy. Una copia in condizioni perfette (“mint” in gergo collezionistico) è di Ð 500,00.

La Storia Tommy degli Who è un album rivoluzionario e affascinante, inserito dal Rolling Stone magazine tra i dischi più importanti di tutti i tempi, è la prima grande Opera Rock. L’importanza del disco è da ricercarsi come espressione di un cambiamento radicale di concepire la musica, rappresenta il passaggio da album strutturati in canzoni al “concept album”, in cui vi è un tema cruciale. “Tommy” degli Who è un racconto, una storia magica pregna di significati, un sogno fatto musica. E’ un disco ricco di pathos ed energia, ma anche di tristezza, una metafora della vita. Nel 1975 è stato tratto il film, premiato con un Golden Globe, diretto da Ken Russell, che vede nel cast artisti del calibro di Eric Clapton, Jack Nicholson, Elton John e Tina Turner. “Tommy” è la storia di un ragazzo che diventa sordo, cieco e muto. L’avvenimento è l’omicidio dell’amante della madre da parte del padre. I genitori di Tommy, che assiste alla scena dietro a uno specchio, convincono il bambino a non dire, vedere e sentire nulla, conseguenza di ciò, traumatizzato, il ragazzo diventa muto, cieco e sordo. Tommy si chiude in se stesso, diventa introverso, ma riesce a percepire le vibrazioni della musica acquistando la percezione di se stesso appena è davanti ad uno specchio. Tommy cresce tra i tentativi di cura ed i drammi e le violenze che la crudeltà degli altri riversano su di lui. I tentativi

di riportare il ragazzo alla normalità sono vani, fino a quando diventa un fuoriclasse del gioco del “flipper”, ottenendo fama e ricchezza, trasformandosi in una sorta di “messia” in grado di liberare e curare le persone che gli sono accanto. Il tema ricorrente dell’album è appunto “See me, feel me, touch me, heal me”. (mi vedi, mi senti, mi tocchi, mi guarisci). L’unico modo per comunicare con Tommy è attraverso lo specchio, la madre distrugge tutti gli specchi della casa, ma questo evento rende il ragazzo libero e gli fa recuperare i sensi.

I libri consigliati Titolo: Autore: Editore: Anno: Pagine: Prezzo:

Tommy. The Who Bagarotti Elena No Reply 2012 160 € 12,00

Titolo:

The Who And The Making Of Tommy Nigel Cawthorne Vinyl Frontier 2006 224 € 27,00

Rarità in vinile La copertina dell’album è di Michael McInnerney, artista visionario, e membro attivo dello storico Ufo Club. Una sfera di colore azzurro, con nuvole e colombe che contornano le aperture quadrate, la rendono simile ad una gabbia nella quale sono racchiusi i ritratti dei membri del gruppo. Sul retro le colombe in stormo vanno a riempire il fondo nero, squarciato da un pugno. L’immagine esprime, con tratti surrealistici, il senso d’oppressione e la conseguente liberazione di Tommy, isolato a livello sensoriale e sociale dal mondo che lo circonda. Le sbarre di metallo racchiudono l’oscurità esistenziale, ma le

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LA VITA IN TOUR

In una pausa della loro tournèe Piero Pelù e Ghigo Renzulli si raccontano a Maxim. di Andrea Bertini / foto di Alessandro Bianchi-Studio Kime

“Non siamo rockstar. Siamo rockers, anzi come dicono i messicani rockeros.” La prima risposta ci riporta già alla copertina del loro ultimo disco, “Grande Nazione”, che ritrae Piero Pelù e Ghigo Renzulli come scheletri danzanti in uno scenario da fiesta messicana. La ricetta pare essere la fascinazione verso l’America Latina come metafora di libertà, condita con una dose massiccia di ironia. Ironia che mancava ai tempi dell’altro grande album di critica sociale che fu Terremoto.

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FACE TO FACE - MUSICA

Come mai questa scelta? Piero: L’ironia in realtà non ci è mai mancata. Molto dipende dai periodi storici in cui si scrive, oggi viviamo una situazione talmente schifosa che se non cerchiamo di riderci sopra veramente facciamo la rivoluzione! Per fortuna rimaniamo anarchici ma non violenti. Negli anni ‘70 si diceva: una risata vi seppellirà... Piero: La risata in verità sta seppellendo noi, purtroppo, ma tireremo le cuoia divertendoci e comunque venderemo carissima la nostra pelle. Questo deve essere assolutamente scolpito! Per quanto riguarda il sound? Ghigo: Nel nuovo disco c’è tanta tecnologia ma c’è anche tanto vintage. Abbiamo usato la tecnologia ma con un approccio classico, analogico, diciamo così. Il risultato è volutamente rock, roccioso, granitico. Del resto siamo due montanari: io sono originario dell’Appennino avellinese e Piero delle Alpi Apuane. Due figli dell’Appennino... Ghigo: Io vengo da un paese che si chiama Manocalzati, toponimo che significa “mano guantata di ferro”, questo perchè gli abitanti di quella zona erano bellicosi, indomiti. Piero: Sono nato e cresciuto a Firenze, ma ho sangue apuano al 100%. Gente tosta, come racconta Maurizio Maggiani nel libro Il coraggio del pettirosso, furono gli ultimi italici ad arrendersi ai Romani, perfino dopo i Sanniti, e per uno strano caso quando furono sconfitti vennero deportati proprio nell’avellinese! Incredibile come coincidenza.

Come è il vostro metodo di lavoro? Ghigo: Abbiamo idee che teniamo abbastanza in embrione e poi le sviluppiamo insieme. Alcune volte improvvisiamo anche sul momento, anche in questo disco è successo. Piero: Negli anni ‘80 eravamo abituati a chiuderci in cantina per settimane con un bel po’ di erba, un bel po’ di tequila e un bel po’ di rum. Improvvisavamo per ore e ore e quando veniva fuori qualcosa di interessante premevamo il tasto rec per salvare le cose buone. Della tecnologia cosa pensate? Ghigo: La tecnologia serve perché devi fare dei dischi che come tipo di suono stanno al pari della concorrenza internazionale, vedi americani e inglesi. Piero: Ti può far risparmiare tanto tempo, basta non farsi prendere la mano e saperla utilizzare, è come avere una Ferrari: bisogna sapere quando spingere e quando andare piano perché può snaturare completamente il tuo lavoro. Come si affronta una tournèe? Piero: Negli anni ‘80 praticamente vivevamo in tournèe, facevamo migliaia di concerti. Eravamo capaci di stare via due mesi per fare cinquanta date tra Francia, Belgio e Svizzera e ogni sera ci sfondavamo, suonando di brutto, bevendo, fumando e facendo festa con chi capitava. Quando tornavi da due mesi di bengodi così eri completamente alienato! Invece oggi è tutto più sotto controllo, siamo più maturi e non facciamo più quelle cazzate.

E il tempo libero? Quali sono le vostre passioni? Ghigo: Quando non suono amo tenere l’adrenalina bassa facendo cose che mi rilassano come curare il giardino e andare a pescare. Mi piace pescare al mare, spesso vado all’Argentario oppure a Bocca d’Ombrone, ci vuole pazienza ma alcune volte si pigliano anche bei pesci. Il miglior sarago che abbia mai mangiato l’ho pescato a Capo Passero in Sicilia, dove la qualità del mare è incredibile. Piero: Ho 6 ettari di terreno nella campagna fiorentina che mi cura un contadino settantaquattrenne. Dieci anni fa l’ho convinto a convertirsi al biologico e ora faccio un olio e un vino sano perchè non c’è dentro niente, solo la linfa della pianta.

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MARÍA VALVERDE Innocente e seduttiva, l’attrice spagnola più amata dagli italiani si racconta in esclusiva a Maxim. di Tommaso Toma

L’abbiamo conosciuta ancora adolescente nel riuscito film “Melissa P.” del nostro regista Luca Guadagnino che per primo ha visto in Maria la grande dote di saper essere seducente attraverso una credibile dose di innocenza. Davvero una delle migliori attrici nel nuovo panorama europeo, lei in questo momento di trova nelle foreste amazzoniche per prendere parte all’atteso biopic su Simon Bolivar. Ma per Maxim ha trovato il tempo per parlarci di “Madrid, 1987”, prossimo film di chiusura di CinemaSpagna, il Festival del cinema spagnolo, in programma dal 4 al 10 al Cinema Farnese Persol di Campo de’ Fiori, Roma.

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FACE TO FACE - CINEMA

locandina film originale

Hai la grande dote di comunicare molte emozioni attraverso il tuo corpo, forse per questo i registi ti scelgono per parti dove “ci si spoglia di tutto”. Come ti sei preparata per affrontare il film, in cui la nudità è totale, internamente ed esternamente? È stata una sfida in tutti i sensi. David Trueba ha giocato un ruolo importantissimo, aveva tutto nella sua testa, e la cosa più importante era mettersi all’opera. Nel film tutto ha un senso, i nudi sono giustificati dalla stessa storia, e sono a favore di questi quando c’è un perché, se è importante e ragionevole. Mi ha dato le vertigini, questo sì, non c’è dubbio. Che genere di problemi ha significato recitare nuda? Non era facile restare nuda mentre dovevi parlare e ascoltare. Molte volte non sapevo dove posizionarmi, ma il set è stato intimo e la troupe molto attenta, il che ha creato un ambiente rilassato e leggero; grazie a questo mi sono sentita comoda e a tratti mi dimenticavo di essere nuda. Come sei entrata in un progetto come questo? La sceneggiatura di “Madrid, 1987” me l’ha inviata il regista stesso, David Trueba. Era un copione molto ricco di dialoghi, ambientato

nel passato, e davvero molto speciale. L’ho letto fin da subito con molta curiosità, mi ha accattivato dalla prima lettura. Mentre viaggiavo attraverso le conversazioni dei due personaggi desideravo vederli sullo schermo. Ho sentito emozioni talmente forti durante la lettura che non ho avuto dubbi: volevo fare il film. Lo sentivo nelle mie viscere. E le mie viscere non mi ingannano mai. Cosa ti ha attratto del film e del tuo personaggio? David Trueba mi ha fatto innamorare di “Madrid, 1987”. Era una sfida in tutti i sensi. Era qualcosa che mi piaceva e mi intimoriva allo tempo stesso. Infatti alcuni giorni prima dell’inizio ero tentata di mollare tutto. Mi faceva paura espormi tanto... ma la gente attorno a me mi ha sostenuto ricordandomi la prima istintiva impressione che avevo provato leggendo il copione. Tu sei nata a Madrid proprio nel 1987. Fino a che punto il film descrive qualcosa che non conoscevi? Girare un film in un’epoca in cui ero appena nata mi ha insegnato moltissime cose. In ogni film che faccio ho l’opportunità e la fortuna di conoscere fatti e storie che ignoravo in assoluto.

Come pensi che reagirà il pubblico italiano? Non so quale sarà la reazione del pubblico… Solo spero che si godano il film, che si lascino trasportare. In questo film di Trueba, si confrontano – grazie al fatto di essere chiuse in un interno – due generazioni altrimenti lontanissime. Come è stato lavorare assieme a José Sacristán, un attore che ha quasi duecento film alle spalle, e la cui esperienza come professionista doppia gli anni che hai? È stato meraviglioso lavorare con lui. La prima volta che la sua voce è risuonata nella scenografia, sono rimasta paralizzata, era impressionante. Al di là della sua esperienza, è un grande esempio di semplicità e questo mi appassiona. Tutto risultava facile, tutto era positivo. Mi sentivo molto a mio agio e ogni giorno ho avuto la fortuna d’imparare qualcosa di nuovo al suo fianco. Un vero lusso.

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ON THE ROAD

STILI DI VIAGGIO IL PETER PAN FIJI Alle Fiji ci sono solo due regole. La prima è che le lancette segnano sempre il “Fiji Time”: una specie di “non ci frega dell’orologio” e per voi eterni Peter Pan è dunque il posto perfetto. La seconda è il motto “seganalega”, che non significa tornare alla pubertà, ma è legato ancora al Fiji Time: “no worries”, prendete la vita senza ansie. Manco a dirvelo: è 50 anni che lo fate. E ora che avete rimandato la moglie al mittente sentite di avere finalmente la vostra chance di tornare alla libertà vera, alla spensieratezza e a leggervi in santa pace i fumetti senza che qualcuno vi chieda di scendere a buttare la spazzatura. Le Fiji pullulano di Peter Pan come voi che decidono di ripartire da zero. Potete iniziare ad annusarle e farci una vacanza, ma anche inventarvi davvero una nuova vita. Ad esempio facendo il lavoro che avete sempre sognato: l’istruttore di diving, il maestro di surf, il gestore del chiosco sulla spiaggia. O il nullafacente, se potete permettervelo. Da un recente sondaggio, tra l’altro, le Fiji risultano essere in cima alla lista dei 58 paesi esaminati: l'89% degli intervistati ha dichiarato di essere felice. Sperdute nell’Oceano Pacifico al largo (ma molto largo) dell’Australia, le Fiji erano il sogno di Jim Carrey nel film The Truman Show, la meta tanto agognata per ritrova-

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re la libertà che gli era negata. Solo che lui non ci è mai arrivato (ed è andato a sbattere contro una parete di cartone ), mentre voi siete già a piedi nudi e occhiali da sole al ritmo di “Bula” (che significa “ciao”). Se cercate una donna per riconciliarvi con voi stessi e assaporare la vostra nuova vita, è indispensabile visitare Nananu-i-ra. È un’isola dove non c’è praticamente nulla se non spiagge magnifiche e vento che soffia. La tappa va “esperienziata” per almeno una settimana e potete alloggiare a www.safarilodge.com.fj (€13 a notte!), dove i gestori Alma, Steve e Liva si prenderanno cura di voi in modo impeccabile, come se

foste a casa (con la differenza che qui non c’è la vostra snervante ex moglie). Staccate però anche con la nostra cucina (anche se per i momenti di sconforto c’è l’Italian Shop di Flavio che vende vero cibo italiano, dal culatello alla mozzarella di bufala, www.italianiafiji.net) e abituatevi al latte di cocco, praticamente l’ingrediente base che condisce ogni cosa, anche la zuppa di pesce. L’accostamento è bizzarro, ma non disdicevole. Ma come si vivono le Fiji? Cercate di organizzarvi per conto vostro e iniziate a esplorarle negli ostelli, soluzioni economiche e confortevoli. Un esempio? Sulla Coral Coast, a 70 metri dalla spiaggia www. fijibeachouse.com (€39 a notte). Ci si arriva col bus locale (esperienza da provare, ma senza pensare che abbiano orari definiti!). L’atmosfera qui è bellissima: si può vivere in modo “free” e divertente, insieme a surfisti, giovani, finti giovani e bella gente. E magari, bevendo Cava - una tradizionale bevanda di origine indiana dagli effetti un po' allucinogeni ci trovate anche la vostra nuova Campanellino con un Frangipani tra i capelli.

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È passato un anno esatto dalla nascita di “On the road – stili di viaggio”. Quasi 50 posti per altrettanti tipi di turista: dall’esigente allo spartano, dall’attivo al pigro, passando per il conviviale, il nottambulo, il glamour e il businessman. E non è finita: le declinazioni di casi umani in viaggio sono in continuo aumento. Questo mese si parla di eterni Peter Pan in spiagge remote e di padri di famiglia in vallate montane; di giovani che amano la meditazione e di altri che vogliono l’esclusiva in pole position per sentire il rombo della Formula 1. Sparsi per il globo, diversissimi tra loro… ma sempre e comunque … on the road! di Fabienne Agliardi

IL PADRE DI FAMIGLIA TORGNON

Vacanze solo con i pargoli. Sempre e ovunque. E’ il destino di chi è padre. Ci sono poi due tipi di padri di famiglia: quelli devotissimi, sorte di “chiocce” tuttofare che in vacanza danno il meglio di se’ tra idee, ideone, iniziative e iper-attivismo con spupazzamento 24 ore su 24. E poi ci sono quelli mediamente coinvolti, non abituati all’argento vivo della prole. Sono la categoria più frequente, padri che più che altro subiscono i pupi e dalle vacanze ne escono devastati. In questa seconda categoria si annoverano i padri assenti, i padri separati, i padri che lavorano fino alle 10 di sera e anche i padri per caso (da lì avete smesso di bere troppo alla sera e viaggiate sempre protetti). In entrambi i casi, coi pargoli è importante

scegliere il posto giusto: natura, giochi, tranquillità e niente pericoli. E seguire sempre la dura legge dell’ “essere padre”: prima di tutto il loro divertimento. Poi, se avanza tempo e denaro, il vostro. Dove andare? Il mare a maggio è ancora freddino. Ma un buon compromesso lo raggiungete in montagna, a Torgnon. Detto il “paese del sole”, è un posto ideale per una vacanza formato famiglia: a 1500 metri di altitudine, è amatissimo dalle famiglie per la posizione molto soleggiata, le tante aree pic-nic, i parchi giochi e il bellissimo summer park. In primavera-estate è ideale per gli itinerari escursionistici per passeggiate (ChantornèGilliarey) e per percorsi per mountain bike (40 minuti di bicicletta fino alla Cappella di Saint-Evence, in sentiero pianeggiante, con pupo nel sellino). Dateci dentro con le passeggiate: servono a farli stancare ben bene e di conseguenza a ritagliarvi qualche ora di riposo senza il sempiterno sciamare urlante dell’amata-odiata figliolanza. Si dorme all’hotel Caprice des Neiges (www. hcdn.it), con un bellissimo centro benessere e con vasca esterna idromassaggio con vista sulla Valtournenche, le cui stanze riprendono i nomi delle frazioni del paese. Prezzi? A maggio, €70 al giorno in mezza pensione (minimo 3 notti; i bimbi in camera con 2 adulti

beneficiano ovviamente di sconti speciali). Il ristorante è ottimo e i dolci si superano (così come i pastrocchi che i vostri eredi si faranno sulla faccia) e le vedute circostanti - prati e distese verdi con un panorama spettacolare - inducono alla calma più assoluta, tanto che i piccoli dovrebbero riuscire a rimanere più contenuti del solito. Molto carino rino è anche il museo Petit Monde (frazione Triatel) dedicato ai bambini, il più completo museo ecologico della regione (e la novità 2012 è che è possibile visitarlo anche tramite dei touch screen, quindi i vostri piccoli hacker impazziranno a lasciare gioiose ditate ovunque). Per un pranzo soleggiato andate all’Alpe Gorza vicino al laghetto www.alpegorza.it. I pupattoli sicuramente si avvicineranno allo specchio d’acqua e i più sprovveduti e curiosoni ci finiranno dentro. Nel caso foste la categoria di padri mediamente coinvolti… tirateli fuori lo stesso. Suvvia.

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ON THE ROAD

IL MEDITATIVO MODIGLIANA È l’epoca dell’inquinamento acustico imperante, tra suonerie col gattino, suonerie con le hit del momento, suonerie dappertutto, anche in chiesa. Oltre agli sms-sirena della polizia, i clacson di auto in coda, i bipbip di Skype e la brigata di colleghi caciaroni che navigano YouTube mentre voi incrociate gli occhi e impazzite sui fogli di calcolo. E’ una vera e propria intrusione sociale. Ed è assordante. Come fate a sopravvivere, voi meditativi? Vi basterebbe così poco… un faro in mezzo al mare di cui essere il guardiano. Ma la lista d’attesa per il posto è lunga. Nel frattempo vivete sempre con le cuffie incorporate per essere scollegati dall’assordante mondo; avete le confezioni delle uova sulle pareti (e il colesterolo alto, a furia di comprarle) e vi rigenerate unicamente in luoghi isolati. Dove andate rigorosamente DA SOLI. In auto, con musica classica a coprire il

fastidioso suono del motore e mente già oltre, verso il silenzio e la pace. Un luogo di quiete e meditazione sono le colline Modigliana, nella verde Romagna-Toscana. Terra di mezzo ma dall’identità tenace, con vive tradizioni culinarie e panorami da togliere il fiato (per pochi secondi… poi respirate, tanto non è che respirare faccia così tanto rumore). Si dorme al Borghetto di Brola (www.borghettodibrola.com, €100 100 a notte in doppia con colazione), un relais della catena Relais du Silence (che è già una garanzia), ricavato in una casa in sasso del XVII° secolo circondata da una campagna costellata di vigne, orti e frutteti. Tra pareti vibranti di colori (vibranti non vuol dire rumorosi, tranquilli: è solo una sinestesia), qui potrete rilassarvi e godere la cultura locale, il cibo del territorio e soprattutto il silenzio che troneggia sul borgo. Il rumore più fastidioso sarà solo il canto del gallo all’alba (ma solo in lontananza e solo tre volte); il più frequente una brezzolina sul viso e quello più probabile del vostro singhiozzo dopo esservi ingollati il i vini Frawines della Casetta dei Frati (sono vini di nicchia da intenditori, www.casettadeifrati. it). Al ristorante del relais Le Barchesse provate le piadinette con gli affettati locali e

il formaggio raviggiolo e ovviamente tutta la serie di pasta fresca, tortelli in primis. Oltre al panorama, a Modigliana e dintorni trovate cultura e storia: chiese, musei (andate a vedere Silvestro Lega, il pittore macchiaiolo orgoglio locale,) e antichi borghi da scoprire, come la vicina Brisighella. Molto meditativo è il Parco Nazionale Foreste Casentinesi, dove il birdwatching delle cince val bene una messa (info@parcoforestecasentinesi.it). Un’attività rilassante e meditativa proposta in zona è andar per boschi con la signora Luciana, una guru locale espertissima che vi farà scoprire tutte le erbe e piante commestibili. Non c’è niente di meglio della natura per meditare: ecco perché chi ama il giardinaggio (e la tranquillità connessa) campa cent’anni. Certificato.

STILI DI VIAGGIO LE NOSTRE PROSSIME METE.. www.maximitaly.com

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L'ELITARIO MONTECARLO Dici Montecarlo e pensi a tre cose: i principi Grimaldi e i gossip relativi sui giornali patinati, la radio omonima (con musica di grrrran classe) e il Gran Premio di Formula 1. Delle prime due vi frega poco (l’unica che merita la vostra attenzione forse è la principessa Charlotte, dei quali fareste volentieri i principi consorti), ma al circuito cittadino più discusso del mondo non riuscite a resistere. Una gara spettacolare tra tunnel, curve e rettifili che ogni anno vi fa passare ore di adrenalina pura. E’ l’appuntamento dell’anno (quest’anno dal 24 al 27 maggio), per quella nicchia di persone come voi che sanno e vogliono vivere un’atmosfera “solo” in un certo posto, in un certo modo e con un certo spirito.

Marina di Castagneto Carducci

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Montecarlo è sicuramente anche il paradiso del jet set, dato che evoca la bella vita, l’eleganza e le celebri residenze di lusso. Ma soprattutto Montecarlo si accosta a una categoria: “l’élite”, ossia tutta quella bella cricca di armatori, figli di papà, ricconi non meglio identificati e yachts dove fare cene ristrette vestiti di bianco parlando di esclusivissimi argomenti come ogni élitario che si rispetti. Dove dormire? In uno dei più grandi hotel d’Europa, il Fairmont, un prestigioso hotel quattro stelle lusso vicino al leggendario Casinò di Monte Carlo, con una spa favolosa e una piscina riscaldata tutto l’anno. Una struttura con 602 stanze ma che resta un’élite visti i premi recenti conseguiti tra cui il “Migliore Albergo d’Europa” e il premio “Spa fortemente raccomandata”. Passare qualche giorno a Montecarlo significa essere davvero “in”: è una città ricca di eventi di prestigio - avvenimenti sportivi in primis - e il Gran Premio

Aosta

India

lo è in tutto e per tutto. Il Fairmont propone uno speciale pacchetto, l’Exclusive Formula 1 Experience, che include 4 notti con colazione, l’accesso alla terrazza sul tetto per assistere alla gara in pole position e mega-schermo (l’hotel si staglia proprio sulla famosa curva Fairmont Hairpin). In più, sono compresi l’accesso al rinomato Billionaire Club e la partecipazione a tutti i festeggiamenti pre e post Gran Premio (www.fairmont.com, dal 24 al 27 maggio da Ð 7.495). Fate un saltino al Museo dell’Automobile d’Epoca (giusto per restare in tema) e non perdete il Museo Oceanografico (ne è a capo Jacques Cousteau, ingresso Ð12,50). Lasciate invece perdere l’Azur Express: è il trenino turistico, con percorso guidato. Carino, ma un po’ popolare per élitari come voi. Non perdetevi una puntatina al Casinò, uno dei più belli del mondo: sfarzosissimo, ha però perso il tratto di avere “solo” certa gente ed è ora anch’esso abbastanza popolare. E’ un’evoluzione tipica di tutti i casinò del mondo, non datevi pena a cercarne altri di pura nicchia. Per cui, mettete da parte lo snobismo dei veri élitari e tentate ugualmente la fortuna. Se doveste vincere (e vincere forte), potete aprirne uno vostro, solo per eletti.

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La vedremo al cinema nel prossimo film di Tom Cruise, in uscita a giugno. Nel frattempo Arielle Reitsma si confida in esclusiva a Maxim. Annuncia di essere felicemente single e lancia un messaggio ai ragazzi italiani: “Siete i migliori! Non tradite mai e amate tanto la vostra mamma...”. di Iacopo Bottazzi / foto di Carter Jung retoucher Novella Genelza / make-up artist and styling Janelle Faretra

Prendete una top model americana. Dotatela di curve mozzafiato, due occhi da far paura e un sorriso al cardiopalma. Insegnatele la strada per Hollywood e fatela esordire sul set dell’ultimo film di Tom Cruise. Siete curiosi di sapere come si chiama? Non siate timidi, chiedetele i documenti. Il suo nome è Arielle Reitsma; viene da Boston, nel Massachusetts, e vi farà venir voglia di attraversare l’oceano a nuoto. Noi di Maxim l’abbiamo intervistata e fotografata in esclusiva. Volete un consiglio? Mettetevi comodi, spegnete il telefono, staccate il computer e imbottite di cotone il campanello. Dopodiché, godetevi questa meravigliosa fanciulla dall’accento yankee. Ne vale decisamente la pena. Fidatevi...

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“Sono single come una banconota da un dollaro.” Ciao Arielle, benvenuta su Maxim. Come ci si sente a esordire su queste pagine? Mi sento eccitata, felice, beata. Ho un sorrisone gigantesco... Allora cominciamo con un gioco: chi è Arielle Reitsma? Hai venti parole per descriverti. Occhio a non sforare... Sono una ragazza indipendente. Adoro amare. Sono testarda, timida, computerdipendente. Farei qualsiasi cosa per le persone a cui voglio bene... Hai sforato, ma solo di un soffio. Ovviamente sei perdonata. Andiamo avanti: se ti dico “Italia”, che cosa ti viene in mente? Ok, per prima cosa: il cibo. Conosco vari italo-americani, e ti posso assicurare una cosa: quando viene l’ora di mangiare smettono di trastullarsi e diventano improvvisamente seri. E poi mi viene in mente la famiglia: le famiglie italiane sono le migliori! Sei nel casting del prossimo film con Tom Cruise, il musical “Rock of ages”, che uscirà in Italia il prossimo 22 giugno. Sei riuscita a fare amicizia con Tom? Ahimè no! Quando ho recitato le mie scene lui non era sul set. In compenso ho girato alcuni ciak con un’altra grandissima star: Julienne Hough. Hai presente? Altroché! La super-ballerina a stelle e strisce. E hai avuto modo di conoscerla? Sì, è una persona fantastica. Molto simpati-

ca. “Rock of ages” è la storia di una giovane rockstar di provincia degli anni Ottanta. Immergersi nell’atmosfera di quell’epoca è stato a dir poco meraviglioso. Dicci qualcosa di te che noi non sappiamo, ma che vorresti che sapessimo. Ok. Sono cresciuta in una piccola cittadina a sud di Boston. La mia non era una famiglia ricca. Ho dovuto lottare molto, e tutto ciò che ho me lo sono conquistato combattendo. Cambiamo argomento. Rivolgiti ai ragazzi italiani che stanno leggendo questa intervista: che cosa pensi di loro? Ah, i ragazzi italiani! Credetemi: siete i migliori. Siete sempre fedeli e amate tanto la vostra mamma! Hai esordito sul piccolo schermo con la sitcom “How I met your mother – Alla fine arriva mamma”, che noi in Italia conosciamo bene. È stata una bella esperienza? Be’, puoi dirlo forte! Ho lavorato con Neil Patrick Harris e Josh Radnor: due tipi dannatamente divertenti. L’intero cast era meraviglioso: una piccola grande famiglia. Li adoro! Sei mai stata in Europa? Credimi: muoio dalla voglia di visitare l’Europa! Qual è la parte del tuo corpo che preferisci? Non per vantarmi, ma ho delle gambe veramente forti. Sai che c’è? Potrei stringerti

tra le mie ginocchia. Scommetto quanto vuoi che non riusciresti a divincolarti! Sarebbe un esperimento interessante. Ma il tuo ragazzo non direbbe nulla? Ehi amico, io sono single. Assolutamente single, come una banconota da un dollaro! Be’, allora è praticamente fatta. Ma dimmi una cosa: a parte stritolare i giornalisti qual è il sogno della tua vita? Per dirla in modo classico: cosa vorresti fare da grande? Ah, io voglio recitare. È chiaro, nessun dubbio: il mio sogno è sempre stato quello, fin da quando ero piccina come un soldo di cacio. Non appena ho compiuto i 18 anni, il giorno stesso del mio compleanno, ho fatto un bel pacco con tutte le cose di mia proprietà, sono balzata in macchina e mi sono fiondata a Hollywood. Sapevo a malapena dove fosse, ma avevo sentito dire in tv che da quelle parti si faceva il cinema, e tanto mi bastava. Ho fatto bene, che dici? Sempre guardare avanti, mai guardarsi indietro. È un motto che funziona! Sembrerebbe proprio di sì. Ma visto che sei così lanciata, prova a spingerti ancora oltre: come vedi il tuo futuro? Be’, è molto semplice. So che continuerò a seguire i miei sogni. Non so ancora in che direzione mi condurranno, ma qualunque sarà la destinazione finale sono certa che la adorerò. E adorerò ogni singolo attimo del mio percorso. E avrò una famiglia, e la amerò e me ne prenderò cura. E questo è tutto... ciao Italia!

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OCCHIO DI VENERE

PAROLA D’ORDINE, VENTRE PIATTO

Addio pancia e “maniglie dell’amore” in tempi record e senza ricorrere alla chirurgia. di Oriana Guidi

Gli uomini, come le donne, quando si avviano verso gli “anta” (qualcuno anche un po’ prima), cominciano a presentare degli accumuli di grasso in zone come i fianchi e la pancia; questo perché esistono dei particolari ricettori che richiamano il grasso proprio qui. Ecco che, accumulo su accumulo, si formano le cosiddette “maniglie dell’amore”, espressione gentile per descrivere un fenomeno decisamente fastidioso. E non basta! Ben pochi si salvano dalla pancia! Se è vero che il nostro corpo rappresenta la nostra vita, perché non correre ai ripari rinunciando a qualche piccolo peccato che ci siamo concessi (troppo cibo/alcol)? Oggi, tramite interventi di medicina estetica, possiamo ridurre e tonificare queste zone. Come? Non in una sala operatoria, ma in un centro di medicina estetica, dove ambulatoriamente si potrà, tramite delle nuove tecniche, sistemare questa zona fastidiosa di adipe, che difficilmente se ne va anche andando in palestra. I trattamenti possono essere differenti. Il più efficace consiste nell’iniettare tramite microscopici aghi, la fosfatidilcolina. La fosfatidilcolina è un fosfolipide in grado di sciogliere il grasso con il quale viene a contatto. Iniettata con sottilissimi aghi nelle aree di accumulo

adiposo, determina una riduzione degli adipociti (le cellule del tessuto grasso) con conseguente progressiva eliminazione dell’adiposità localizzata. “Il trattamento non è doloroso: identificata la zona di accumulo, si applica un po’ di crema anestetica prima delle iniezioni – spiega la dottoressa Dvora Ancona, titolare dello studio Juva di Milano -. La seduta è molto veloce: in genere bastano quindici minuti per due o quattro aree di adiposità. L’effetto iniziale compare a partire dalla seconda settimana e raggiunge il suo picco ad un mese dal trattamento, perdurando in maniera definitiva”. Nel corso di una seduta si riescono a trattare più zone contemporaneamente, in base all’entità dell’inestetismo. Il trattamento deve essere ripetuto a seconda della necessità una volta al mese per 3-4 sedute Il costo del trattamento è notevolmente inferiore a quello delle soluzioni chirurgiche tradizionali. Per chi ha paura dell’ago, invece, esiste il Bum-bum tonic acustic wave, un sistema che distrugge l’adipe in eccesso tramite un macchinario di ultima generazione, rimodella la composizione

e la disposizione del collagene e favorisce l’eliminazione dei piccoli e grandi accumuli adiposi, attraverso la circolazione. I tessuti, colpiti dall’urto delle onde, subiscono una sorta di “shock”, che li aiuta a “risvegliarsi”.

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OROSCOPO

L’OROSCOPO DI

di Serena Fumar

ARIETE:

Cari ariete... novità, novità ovunque. Un turbinio di proposte, oscene e non! E voi? Non sapete cosa scegliere? Iniziate con un bel testa o croce. E se scegliete testa, state attenti che non sia quella piena di corna! Eh sì! Perché le novità saranno anche quelle. Lungimiranza.

BILANCIA:

TORO: Cari toro... promozioni sul lavoro, ma a

Cari scorpione... Marte pelandrone vi abbandona, quindi perderete di grinta e sarete meno convincenti. Vi sentirete poco ascoltati, e vi gireranno le “balls” a mille, ma passerà. Buttatevi sulla sensualità che per fortuna non vi abbandona. Erotiche notti malandrine tra il 12 e il 16. Porcelli.

Cari gemelli... questo mese è una tragedia! Ogni vostro sforzo passato? Vanificato! Avete intenzione di scappare per l’esasperazione? Lasciate stare, cancellerebbero la vostra destinazione o sprofonderebbe l’isola! Insomma, la sfiga impera! Ma non buttatevi giù: il sesso è una bomba.

GEMELLI:

Cari sagittario... mese favorevole su ogni fronte. Marte vi aiuterà ad annientare quel collega lecca piedi del capo, che da tempo cerca di farvi le scarpe. Be’, presto leccherà anche quelle... proprio le vostre. Forma fisica al top. Mese perfetto per l’attività fisica e... sessuale! Voi? Sfuggenti come sempre.

Cari cancro... ma quanto è dura la salita! Mese complicato, ma ce la potete fare. Pazienza e una dose doppia di “zebedei rotanti” vi salveranno pellaccia e libido: dovrete prendere anche una bella decisione in amore. Seguirete il cuore o il sub ombelico? Cornuti o mazziati? Chissà...

CANCRO:

Cari capricorno... mese super fortunato. Top in amore e nei rapporti. Le spine del passato si volatilizzano nel vento, che per voi soffia in poppa e vi rende sereni e pronti a mettervi in gioco. Situazioni sub ombelicali al limite del raccontabile. Super–pigs: beati voi. Sarete invidiatissimi.

LEONE:

Cari acquario... transito di tutti i pianeti! Aiuto! Sconvolgerà tutti i vostri piani. Fragilità. Tranquillità in famiglia, ma il vostro stato di ansia potrebbe comprometterne la calma. Sessualità deceduta, troppa tensione. Datevi una calmata o comprate il viagra. Vi servirà. Distrazioni.

Cari bilancia... Saturno vi sorride e non deride. E per fortuna! Risolverete i problemi di famiglia che vi assillavano. Siete noiosi, scarichi di idee a causa di Nettuno, che vi annebbierà le percezioni e vi farà rallentare. Reagite però. Non arrivate alla lobotomia, o farete addormentare i vostri nemici-amici.

SCORPIONE:

costo di voli pindarici per soddisfare i piani alti. Non preoccupatevi, ce la farete, grazie a uno tsunami astrale che vi rende incredibilmente sexy e pronti a ogni disinibizione! Premunitevi con un multivitaminico! Previsto un mese hard.

SAGITTARIO:

CAPRICORNO:

ACQUARIO:

Cari leone... Marte vi ama! Vi rende combattivi e competitivi come non mai. Arroganza e loquacità ai massimi storici. Cercate di darvi una calmata o rischierete le legnate. Attenzione: qualcuno che avete aizzato cercherà di mettervela in quel posto. Che ne dite di un bel paio di mutande di latta?

PESCI: Cari pesci... piccole tensioni sul la-

VERGINE:

voro. I nodi verranno al pettine e voi senza pietà strapperete capelli e parrucchini. La salute è al top, dovete solo praticare più sesso (ma che sia ben fatto) e rilassarvi. Datevi alla night life e fregatevene alla grande di tutti i criticoni che vi stressano. Creperanno d’invidia. Seraficità...

Cari vergine... la dea bendata è proprio dalla vostra parte! Su tutto, proprio tutto. Ma... non è che l’avete corrotta? Mese top in ogni settore. La fatica passata porta finalmente i suoi frutti, anche in amore. Passerete giornate super-erotiche e notti da far impallidire una pornostar. Sporcaccioni...

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SPECCHIO DELLE MIE BRAME

CAPELLI AL VENTO di Oriana Guidi

Se uno ripensa al passare dei decenni, si rende conto di come sono continuamente cambiate per l’uomo le abitudini di taglio dei capelli. Provate solo a pensare agli anni Settanta: era l’epoca dei “capelloni”. Poi vennero le teste rasate (ricordate il commissario Kojak?) La capigliatura riccia, invece, ha imperversato negli anni Ottanta. Da buon estimatore di calcio, non posso non menzionare Gianluca Vialli e Giancarlo Antognoni con le sue lunghe onde. Insomma, come dicevano le nonne, i capelli “fanno la cornice del viso”. Ed è vero, perché se provate con le applicazioni del computer a modificare le vostre chiome vi renderete conto che cambierà anche l’espressività del

vostro viso. Purtroppo nella vita reale molti uomini sono spinti a fare scelte obbligate perché pian piano subiscono una perdita di capelli che lentamente si estende a tutto il cranio, a eccezione della parte posteriore e nucale. “È un processo in parte geneticamente programmato – racconta il dottor Maurizio Cavallini specialista in chirurgia plastica a Milano – e in parte legato a situazioni acquisite e reversibili come diete, interventi, farmaci eccetera”. Sta di fatto che l’uomo molto spesso subisce un contraccolpo psicologico, che si traduce in una perdita di appeal e virilità. Cosa si può fare allora per evitare e arrestare questo inestetismo? “In primo luogo bisogna di evitare eventi

stressanti come diete sbilanciate e lavaggi troppo frequenti con prodotti non adeguati”, sottolinea Cavallini. Se la caduta dei capelli prosegue inesorabile, la scienza ci permette di ricorrere all’uso di cellule rigeneranti proprie. La terapia prende il nome di Prp dalle iniziali di “Plasma ricco di piastrine”. Infatti le piastrine presenti nel nostro sangue hanno tanti fattori di crescita, che a contatto con la cute del cuoio capelluto sono in grado di fornire un fortissimo stimolo alle cellule del bulbo del capello, rinforzandolo e irrobustendolo fortemente. La procedura è molto semplice: si esegue un piccolo prelievo del proprio sangue così come si fa quando si fanno i controlli ematologici, dal braccio, quindi la provetta viene centrifugata e viene separato il sangue nelle sue diverse componenti. Solo la parte di plasma contenente piastrine (Prp) viene aspirata e quindi localmente veicolata nelle zone della testa dove c’è diradamento. La procedura richiede mezz’ora e non produce alcuna limitazione all’attività sociale, lavorativa o sportiva. Dopo un mese dalla seduta si procede ad eseguire alcune mini infiltrazioni sul cuoio capelluto con un cocktail di sostanze rivitalizzanti che potenziano l’effetto. Quindi in totale la cura viene eseguita in tre mesi circa e va ripetuta due volte all’anno. Gli effetti sono evidenti: si registra un rinfoltimento e irrobustimento di capelli soddisfacente. “Laddove i capelli sono già persi tutti, questa cura non ha senso e bisogna allora ricorrere all’autotrapianto, cioè a prelevare una piccola striscia di capelli dalla nuca e a impiantarli uno a uno nella zona mancante”, precisa il dottor Cavallini.

per info: www.mauriziocavallini.com

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BEVERAGE

VINI EN PLEIN AIR

Maggio: tempo di picnic, bucoliche scampagnate all’aria aperta e beati pomeriggi di relax nel verde del parco. Volete fare un figurone con i vicini di tovaglia? Benissimo, vi bastano due cose: un secchiello con un po’ di ghiaccio e una bottiglia di vino di quelle speciali. Per il primo dovrete pensarci voi. E la seconda? Ecco i consigli di Maxim. di Andrea Sceresini

APPODIATO LA FORNACE CARPINETO

BONARDA DONNA TENUTA BORGOLANO

Una produzione di sole 3600 bottiglie per un vino prodotto con il 100% di uve Cabernet Sauvignon: uno sposalizio perfetto con la bistecca fiorentina. Il colore è intensissimo, di forte concentrazione antocianica. Il profumo risulta vinoso con sentori di ribes nero, pepe nero e sfumature di vaniglia e liquirizia. Siamo a Chianciano, in provincia di Siena, e questo è l’Appodiato “la Fornace”, dal nome del vigneto di 282 pertiche dove viene prodotto.

Benvenuti a Montescano, provincia di Pavia: dove qualità fa rima con due parole, esperienza e tradizione. L’azienda agricola Tenuta Borgolano è stata fondata nel lontano 1903 dalla famiglia Quaroni, che già all’epoca si dedicava alla cura dei vigneti in località Casa Bernardini, nel comune di Montù Beccaria. Il Bonarda Donna è un vino di buona struttura, caldo, morbido, leggermente tannico e persistente. Da provare.

www.carpineto.com

www.tenutaborgolano.it

PECORINO ARMANNIA CANTINE DE LUCA

MONOPOLE SILVER TOP HEIDSIECK & CO

Eccoci a Mezzagrogna, provincia di Chieti, nel cuore dell’Abruzzo. L’azienda agricola De Luca nasce nel 1970 e da allora non ha mai smesso di produrre ottimi vini. Il Pecorino Armannia è uno dei maggiori vanti della produzione locale. Colore giallo paglierino carico, esordisce all’olfatto con note di pesca a polpa bianca e canditi, mentre al palato sviluppa una piena sapidità accompagnata da una grande mineralità. La gradazione alcolica è di 13°. Non fatevelo sfuggire.

Se volete fare un vero figurone, questa è la bottiglia che fa per voi: lo champagne Heidsieck & Co Monopole Silver Top è un blend di 60% Chardonnay, 20% Pinot Noir, 20% Pinot Meunier delle migliori Cru di Tour sur Marne. Dal colore giallo delicato con leggeri riflessi verdi, al naso offre un bouquet ampio, dagli aromi di fiori bianchi che si combinano armoniosamente con note di pesca bianca a cui si aggiungono, nel finale, note di mela gialla e note tostate. Insomma: un vero bijoux.

www.cantinedeluca.it

www.charlesheidsieck.com

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BEVERAGE

SEMETIPSUM MICHELE SATTA Vino più musica. E’ questa la delicata ricetta che ha dato vita a uno dei prodotti enologici più interessanti degli ultimi mesi: Semetipsum. Un grande artista di fama internazionale, il musicista e compositore norvegese Nils Petter Molvaer, ha improvvisato un intero concerto con la sua tromba, lasciandosi guidare dalle suggestioni della cantina, della terra, del paesaggio, ma soprattutto dall’incontro con Michele Satta e dall’ascolto del suo magnifico Viognier 2010. Le immagini video realizzate in tempo reale che sono nate dall’arte di Petulia Mattioli e il testo di presentazione di Marco Pierini, direttore artistico della Galleria Civica di Modena, hanno completato l’opera. Il concerto, che mai più potrà essere riprodotto, è stato registrato dal vivo e prodotto da RareNoise Records di Londra; il vino, selezionato appositamente per l’evento dalla Vigna Nuova, è stato imbottigliato in edizione limitata di 200 Magnum; l’etichetta e il libretto di presentazione accompagnano in esclusiva la confezione di Semetipsum 2011. Un consiglio: non fatevela sfuggire! www.michelesatta.com

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rtanti questi impo amo to contano si an o, u q rl : ri p ra o u no? Per sc fezione, cult del Qualità, per ercato italiano del vi eviso. Qui, a Crocetta a m ri Tr fattori nel eto, nella provincia di toria. Siamo nella pat se n As E Ve la y. o in al ic i n It at vi e in and enda di nze del mad a sede l’azi Montello, h una delle tante eccelle i darti una definizione o d o: tt o u cc tt cc se ra se p ro p ro o, so del di p produttore ualità è tutt ti”. chiedi a un risponderà così: “La q qualità, non vai avan è lla ti lo i su o lu ti Pa n à, u it lo p al qu atel non ia sieme al fr di crisi. Se in periodo rgio Polegato, che as zitutto, conta la mater o: io an et G n n n i g d “I vi i a. la d ri ro Pa re di Asto ossediamo 50 ettari la to . ti a” e zi an re -. Noi p fondato rima gar ga Polegato e questa è la nostra p te a partire ie sp – a m et , pri a, che si rifl o viene da là ve. il nostro vin uò investire nella form le acque blu del Pia p te el si n an i o, rt o rt er p b ce al im i, Po , come gli e è un fattore molto confezioni za an st so dalla stre ing, ch ne: no -. Le no sul packag “Puntiamo mprenditore trevigia Tradizione e innovazio l’i e. più n a o u n er n vi d ti – con nili, mo nostro ivanti, giova bottiglia del ca e colpisce tt La ca ? ac io p o n em n so i greto. Un es e dai solit tamente bia questo è il se cold wine”, è comple biamo deciso di uscir a ovunque, .5 rs Ab “9 osserva. celebre, il crisi imperve sta un’isola ente chi la miarci”. La immediatam ercato continua a pre a zona del prosecco re enissimo, i m on vanno b este parti: “L canoni. E il certo da qu Se in Italia le cose n nanzitutto. E poi gli n o n a m i, infatt co, in . ato -. uncia Poleg quello tedes ina e Brasile felice – ann continuano a tirare: si emergenti: India, C nostri vini, ri i ae mercati este Gran Bretagna. E i p parato ad apprezzare to a quello, la im Stati Uniti e ni, il mondo intero ha dubbio migliore rispet non è per o, an za Negli ultimi o qualità/prezzo è sen con i tempi che corron rt e, il cui rappo egli Champagne. Il ch a in più... ci ,d ad esempio uando si dice una mar .Q niente male”

legato to e Paolo Po orgio Polega Da sinistra Gi

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DA VITTORIO UN CLAN A TRE STELLE di Patrizia Gallini

Quando arrivi a Brusaporto e varchi il cancello della Cantalupa, hai la sensazione di entrare in un mondo diverso, un mondo a parte. Eppure l’aspetto elegante di una sontuosa villa-albergo è abbastanza consueto nel nostro bel paese, ma pian piano ti accorgi che nella sobria bellezza di un elegante relais chateaux c’è qualche cosa che non riesci a cogliere subito, ma che tuttavia ti circonda e ti accompagna durante tutto il tuo soggiorno da Vittorio. La sala ristorante, annunciata da un maestoso pianoforte a coda, è molto spaziosa ed i tavoli, ben distanziati fra loro, possono accogliere fino a un centinaio di ospiti, che da una parte ammireranno il parco mentre dall’altra sarà loro possibile assistere al continuo viavai delle circa 30 persone che approntano e servono sublimi sensazioni per il nostro palato.

Ecco, proprio osservando le cucine si intende la differenza fra un buon ristorante e il meglio della ristorazione; a nostro avviso, non è l’eccellenza dei piatti proposti, e la coreografia della loro presentazione non è neppure la ricchezza di una cantina, veramente unica, ma ci vuole di più e questo extra è come in questo luogo la professionalità riesca a metterti in una condizione di attenzione continua veramente unica, nella discrezione massima. La famiglia Cerea che esprime le sue eccellenze con la bravura e la genialità di Chicco e Bobo, i due chef, è composta da un terzo fratello responsabile della sala ristorante insieme a Rossella, l’ultima sorella, che segue anche la dimora, mentre una quinta sorella gestisce un’antica pasticceria in centro a Bergamo, e poi

ly aporto (BG) Ita 17- 24060 Brus 49 08 Via Cantalupa, 68 5 03 24 F. +39 T. +39 035 6810 davittorio.com

tutti insieme si occupano di catering ad altissimo livello e in tutto il mondo. Dopo aver organizzato fino a qualche anno fa il catering alla prima della Scala di Milano, sono passati per Hong Kong, gli Stati Uniti e il Brasile, e ovunque si richieda qualità e servizio anche per mille ospiti. C’è poi la scuola di cucina attiva nei locali della Cantalupa separati dalla Dimora, che per cerimonie ed avvenimenti possono ospitare un numero adeguato di invi-

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tati. Forse abbiamo dimenticato qualcosa ma ci sembra incredibile che un insieme di attività così impegnative si possano organizzare a un livello così eccellente. Siamo certi che questa grande macchina organizzativa sia il fulcro del successo di questa magnifica famiglia che coniuga grandi numeri con la qualità superiore in assoluto. Ecco, abbiamo dimenticato che all’interno della tenuta si produce un ottimo vino rosso che abbiamo gustato nel corso della nostra visita, a conferma che tenendo i piedi ben piantati per terra si può arrivare molto in alto. Menù tradizione di Vittorio, euro 170, vini esclusi. Menù carta bianca, euro 230, vini esclusi. Il ristorante è chiuso solo mercoledì a pranzo.

La Ricetta

Morbido di vitello al vapore con cappelle di porcini e condimentoai pinoli ed erbette

Ingredienti per 4 persone: ◊

4 Tranci di carrè di vitello (del peso di 120-140 gr. Cad)

◊ ◊ ◊ ◊

4 Foglie d’alloro 4 Cappelle di funghi porcini 1 Spicchio d’aglio Q.B.: Olio extravergine d’oliva sale Maldon - pepe mulino

Condimento di pinoli ed erbette

Emulsionare tutti insieme i seguenti ingredienti nel frullatore Kitchen aid:

◊ ◊

80gr di pinoli tostati e tritati

◊ ◊ ◊

Qualche goccia di olio di tartufo

1 cucchiaio di erbe aromatiche fresche (Cerfoglio, erba cipollina, prezzemolo, dragoncello tritate) 1 cucchiaio Succo di cottura dei funghi (se disponibile) Q.B.: Sale - pepe - olio d’oliva - un goccio d’acqua

Preparazione: Formare 4 tranci di carne del peso indicato. Avvolgerli in carta film ed arrotolarli per ottenere piccoli cilindri. Sottovuotarli con una foglia d’alloro. Programmare il forno a vapore a 80° e cuocere la carne per 15 minuti. Preparazione delle cappelle di porcini: Mondare e lavare i funghi. Sottovuotarli con un filo d’olio ed uno spicchio d’aglio (non al 100%). Cuocere in forno a vapore per 25 minuti a 68° Servire il carrè di vitello, insaporendolo con sale di Maldon e pepe mulino. Accompagnare con le cappelle e condire il tutto con il condimento ai pinoli ed erbette.

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