Aerofan #8

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PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 15/03/2020 spedizione in abbonamento postale Comma 26, Art. 2, Legge 549/95

Anno 2 | Numero 8 | Mar./Apr. 2020 | € 12,00

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA


Concorde Aérospatiale - British Aerospace

La piu ’ completa monografia dedicata all'aereo supersonico a nglo-fra ncese mai realizzata in Italia. La storia e l'impiego raccontati attraverso oltre 200 fotografie, testimonia n ze, testi tecnici e documenti.

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S

cene simili non si vedevano dal gennaio del 1991, quando scoppiò la prima Guerra del Golfo. E con questa frase iniziale ad effetto dichiariamo chiusa la dissertazione sul nostro nuovo compagno di viaggio per questo anno 2020, l’ineffabile COVID-19, che di virologi, sociologi, dietrologi e tuttologi ne abbiamo già in quantità tutto intorno a noi. Per quanto riguarda invece il 1991, facendo due conti risulta che il prossimo anno coinciderà con il trentennale del conflitto Irak-Resto del Mondo e quindi volevamo dare una prima spoilerata a quello che sarà l’argomento di una prossima pubblicazione... Questo numero 8 passerà invece alla storia come il più sofferto dall’inizio delle pubblicazioni della nuova rivista Aerofan. Il diffondersi LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA del virus in Italia e il progressivo processo di chiusura e isolamento del territorio per limitare il contagio ha visto la sede della nostra attività passare per tutti i colori dell’emergenza: da zona confinante con la Rossa, a zona Arancio, fino a essere (mentre scriviamo) parte integrale di un Paese completamente in Rosso. E probabilmente quando leggerete queste righe la situazione sarà nuovamente cambiata. La situazione complicata che stiamo affrontando ci ha tenuto sospesi fino all'ultimo tra il procedere con la pubblicazione, rimandare o annullare questo numero, perché l'incertezza delle scorse settimane non ci permetteva di avere garanzie sufficienti né sulla stampa né sulla consegna alle edicole. Infine, considerati i pro e i contro, abbiamo deciso di procedere. Anche perché ci dispiaceva lasciare in naftalina un numero così ricco di contenuti e di spunti di lettura. Finalmente una copertina dedicata all’ala rotante, dirà qualcuno; e per cominciare non potevamo che ospitare LUI, l’elicottero utility per eccellenza, il capostipite di tutto ciò che vola oggi con un’ala rotante sulla testa: lo Huey. Vi raccontiamo poi la storia del Goose, il “piccolo Albatross” della Grumman che vola ancora Decollo di una coppia di AB-205 oggi a dispetto della sua rispettabile età, e la nascita di una delle più prolifiche e interessanti appartenenti al 34° Gruppo fabbriche del volo europee: la SAAB. In questo numero analizziamo le realizzazioni a pistoni Squadroni “Toro” dell’Aviazione dell’Esercito. della ditta svedese, mentre nei prossimi numeri sarà la volta dei jet militari e degli aeroplani civili. Per gli altri contenuti della rivista vi invitiamo a scoprirli da soli nelle pagine che seguono. Vi ricordiamo infine che è già disponibile il secondo Aerofan Focus, dedicato al complesso e, spesso, sconosciuto mondo delle Flying Wings. Che contrariamente a quanto noto ai più, si è sviluppato parallelamente al progresso aeronautico fin dagli Anni ‘10, quindi praticamente dalla nascita dell’Aviazione.

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Buona lettura e ricordate: volare è impossibile! Luciano Pontolillo

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7

appuntamento al buio Una notte in volo con l’Aviazione dell’Esercito

21

grumman g.21 goose Un indistruttibile veterano

67

f-15 eagle asat Prove generali di Guerre Stellari

76

ali del futuro Un film dedicato ai pionieri inglesi del volo supersonico

81

operazione cicogna Progetto di recupero di un FIAT BR.20M

38

inserto speciale

Una ricerca durata dieci anni

- Con l’S.64 a caccia di record - Lo scooter con le ali -

il marauder francese abbattuto sul piacentino

45

svenska aeroplan aktiebolaget saab Gli aerei venuti dal Nord - prima parte

4

storie di ali italiane


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appuntamento al buio Una notte in volo con l’Aviazione dell’Esercito

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grumman g.21 goose Un indistruttibile veterano

67

f-15 eagle asat Prove generali di Guerre Stellari

76

ali del futuro Un film dedicato ai pionieri inglesi del volo supersonico

81

operazione cicogna Progetto di recupero di un FIAT BR.20M

38

inserto speciale

Una ricerca durata dieci anni

- Con l’S.64 a caccia di record - Lo scooter con le ali -

il marauder francese abbattuto sul piacentino

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svenska aeroplan aktiebolaget saab Gli aerei venuti dal Nord - prima parte

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storie di ali italiane


Appuntamento al

buio Una notte in volo con l’Aviazione dell’Esercito Francesco Gertosio Luciano Pontolillo

L

L’equipaggio dell’AB.205 “Mole 328” attende il via libera per la messa in moto.

elicottero scivola nel buio volando a pochi metri dal suolo. La vernice scura con cui è dipinto lo rende indistinguibile tra le ombre della notte, lo scarico schermato del motore impedisce ai rilevatori di calore di scoprirne la presenza, tutte le luci esterne sono spente. Solo il suo equipaggio riesce a vedere il gregario che vola a fianco in formazione, e solo grazie ai visori notturni e alle comunicazioni radio; così l'elicottero vola indisturbato, pronto ad intervenire per evacuare un ferito, recuperare una squadra di soldati o sor vegliare il territorio.

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Appuntamento al

buio Una notte in volo con l’Aviazione dell’Esercito Francesco Gertosio Luciano Pontolillo

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L’equipaggio dell’AB.205 “Mole 328” attende il via libera per la messa in moto.

elicottero scivola nel buio volando a pochi metri dal suolo. La vernice scura con cui è dipinto lo rende indistinguibile tra le ombre della notte, lo scarico schermato del motore impedisce ai rilevatori di calore di scoprirne la presenza, tutte le luci esterne sono spente. Solo il suo equipaggio riesce a vedere il gregario che vola a fianco in formazione, e solo grazie ai visori notturni e alle comunicazioni radio; così l'elicottero vola indisturbato, pronto ad intervenire per evacuare un ferito, recuperare una squadra di soldati o sor vegliare il territorio.

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LUCIANO PONTOLILLO

Al crepuscolo l’elicottero dotato di verricello eettua una simulazione Ā di recupero di un militare ferito sul cielo campo.

6

Mole 328. Sullo sportello anteriore del vano batteria, cosa alquanto singolare, è stato dipinto un piccolo stemma di reparto.

5

La dottoressa, un Tenente arruolatasi dopo la laurea conseguita alla “Sapienza” di Roma. FRANCESCO GERTOSIO

Antonelliana simbolo della città di Torino. La missione è preceduta dal briefing tenuto dal Comandante del 34°, il T. Col. Pilota Arrigo Arrighi, durante il quale vengono definiti tutti i dettagli della missione, compreso il bollettino meteo aggiornato, vengono assegnati i compiti a ogni equipaggio e, soprattutto, noi reporter abbiamo la possibilità di avanzare le nostre richieste per

LUCIANO PONTOLILLO

4

Il paesaggio monocromo visto attraverso i visori NVG. 7-8 L’angolo di campo limitato a 115° obbliga a continui movimenti della

LUCIANO PONTOLILLO

FRANCESCO GERTOSIO

testa per compensare la mancanza di visione periferica.

10

AEROFAN | APPUNTAMENTO AL BUIO

realizzare al meglio fotografie e video, aspetto che, ovviamente, rimane subordinato alle esigenze addestrative e alla sicurezza. Ritornati in linea di volo assistiamo agli ultimi preparativi sulle cinque macchine che parteciperanno alla missione, poi arriva il nostro turno di imbarcarci; il nostro equipaggiamento specifico di missione, oltre ai visori NVG ITT Anvia 6 indispensabili per avere la corretta percezione di ciò che ci succederà intorno, consiste in una cyalume verde agganciata ai giubbotti fotografici che permetterà agli equipaggi, una volta in zona di operazioni, di vedere sempre dove ci troviamo per non perderci (e di evitare soprattutto che possiamo essere d'intralcio, anche se molto educatamente i militari non hanno posto la questione in questi termini…). Infine non resta che mettere in moto e attendere il decollo. Mole 328 volerà in coppia con un altro elicottero dotato di verricello e allestimento MEDEVAC per il soccorso e l'evacuazione dei feriti dalle zone di combattimento;

MAR/APR 2020 | AEROFAN

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LUCIANO PONTOLILLO

Al crepuscolo l’elicottero dotato di verricello eettua una simulazione Ā di recupero di un militare ferito sul cielo campo.

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Mole 328. Sullo sportello anteriore del vano batteria, cosa alquanto singolare, è stato dipinto un piccolo stemma di reparto.

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La dottoressa, un Tenente arruolatasi dopo la laurea conseguita alla “Sapienza” di Roma. FRANCESCO GERTOSIO

Antonelliana simbolo della città di Torino. La missione è preceduta dal briefing tenuto dal Comandante del 34°, il T. Col. Pilota Arrigo Arrighi, durante il quale vengono definiti tutti i dettagli della missione, compreso il bollettino meteo aggiornato, vengono assegnati i compiti a ogni equipaggio e, soprattutto, noi reporter abbiamo la possibilità di avanzare le nostre richieste per

LUCIANO PONTOLILLO

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Il paesaggio monocromo visto attraverso i visori NVG. 7-8 L’angolo di campo limitato a 115° obbliga a continui movimenti della

LUCIANO PONTOLILLO

FRANCESCO GERTOSIO

testa per compensare la mancanza di visione periferica.

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realizzare al meglio fotografie e video, aspetto che, ovviamente, rimane subordinato alle esigenze addestrative e alla sicurezza. Ritornati in linea di volo assistiamo agli ultimi preparativi sulle cinque macchine che parteciperanno alla missione, poi arriva il nostro turno di imbarcarci; il nostro equipaggiamento specifico di missione, oltre ai visori NVG ITT Anvia 6 indispensabili per avere la corretta percezione di ciò che ci succederà intorno, consiste in una cyalume verde agganciata ai giubbotti fotografici che permetterà agli equipaggi, una volta in zona di operazioni, di vedere sempre dove ci troviamo per non perderci (e di evitare soprattutto che possiamo essere d'intralcio, anche se molto educatamente i militari non hanno posto la questione in questi termini…). Infine non resta che mettere in moto e attendere il decollo. Mole 328 volerà in coppia con un altro elicottero dotato di verricello e allestimento MEDEVAC per il soccorso e l'evacuazione dei feriti dalle zone di combattimento;

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l'allestimento comprende, se così si può dire, una graziosa dottoressa che sarà l'elemento più importante della prima parte della missione, incentrata sulla ricerca e il soccorso di un ipotetico soldato ferito e il compito del nostro elicottero sarà quello di supervisionare e dirigere le operazioni di recupero. Portelloni chiusi, cinture strette, visori notturni calati sugli occhi, un ultimo controllo visivo per assicurarsi che nulla possa impedire il decollo e lentamente i cinque elicotteri staccano i pattini dal terreno dando inizio alla

9

missione. Il nostro elicottero è pilotato da un Capitano con oltre 1.800 ore di volo, mentre sul sedile del secondo pilota trova posto il Comandante di Gruppo. Altri due sottufficiali trovano posto alle spalle dei piloti; contribuiscono alla navigazione in continuo contatto radio con il resto dell'equipaggio, pronti a segnalare ostacoli e minacce che potrebbero compromettere la missione. Distanziati di alcune decine di metri, gli elicotteri si tuffano nel nero della notte. Ad un segnale del Comandante le luci di posizione rosse e verdi, e

quelle rosse lampeggianti anti-collisione vengono spente. Gli elicotteri svaniscono letteralmente nel buio; senza l'ausilio dei visori NVG è impossibile distinguere le sagome dei velivoli che avanzano “pancia a terra” sfruttando l'orografia del terreno per confondersi con l'ambiente circostante. D o p o u n u l t i m o c o n t ro l l o a l l e a tt re z z a t u re fotografiche e nell'attesa di giungere in zona d'operazioni è il nostro turno di goderci il volo; indossati i visori NVG entriamo in un mondo monocromatico

verde, in cui la vegetazione appare candida come fosse ricoperta di brina e il fiume Po che scorre sotto di noi è un serpente nero. Gli elicotteri scomparsi nel buio dopo il decollo riappaiono come per magia attraverso i visori ed è impressionante la differenza tra le macchine dotate di soppressori IR allo scarico del motore e quelle che ne sono sprovviste: mentre nel primo caso lo scarico appare scuro, nel secondo caso da esso fuoriesce una fiamma lunga un paio di metri. Osserviamo un elicottero saltare un filare di pioppi a meno di cinquanta metri da noi, un

KURT FAIRHURST

Alcuni fotogrammi tratti dalla sequenza video relativa al soccorso del militare “ferito”.

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l'allestimento comprende, se così si può dire, una graziosa dottoressa che sarà l'elemento più importante della prima parte della missione, incentrata sulla ricerca e il soccorso di un ipotetico soldato ferito e il compito del nostro elicottero sarà quello di supervisionare e dirigere le operazioni di recupero. Portelloni chiusi, cinture strette, visori notturni calati sugli occhi, un ultimo controllo visivo per assicurarsi che nulla possa impedire il decollo e lentamente i cinque elicotteri staccano i pattini dal terreno dando inizio alla

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missione. Il nostro elicottero è pilotato da un Capitano con oltre 1.800 ore di volo, mentre sul sedile del secondo pilota trova posto il Comandante di Gruppo. Altri due sottufficiali trovano posto alle spalle dei piloti; contribuiscono alla navigazione in continuo contatto radio con il resto dell'equipaggio, pronti a segnalare ostacoli e minacce che potrebbero compromettere la missione. Distanziati di alcune decine di metri, gli elicotteri si tuffano nel nero della notte. Ad un segnale del Comandante le luci di posizione rosse e verdi, e

quelle rosse lampeggianti anti-collisione vengono spente. Gli elicotteri svaniscono letteralmente nel buio; senza l'ausilio dei visori NVG è impossibile distinguere le sagome dei velivoli che avanzano “pancia a terra” sfruttando l'orografia del terreno per confondersi con l'ambiente circostante. D o p o u n u l t i m o c o n t ro l l o a l l e a tt re z z a t u re fotografiche e nell'attesa di giungere in zona d'operazioni è il nostro turno di goderci il volo; indossati i visori NVG entriamo in un mondo monocromatico

verde, in cui la vegetazione appare candida come fosse ricoperta di brina e il fiume Po che scorre sotto di noi è un serpente nero. Gli elicotteri scomparsi nel buio dopo il decollo riappaiono come per magia attraverso i visori ed è impressionante la differenza tra le macchine dotate di soppressori IR allo scarico del motore e quelle che ne sono sprovviste: mentre nel primo caso lo scarico appare scuro, nel secondo caso da esso fuoriesce una fiamma lunga un paio di metri. Osserviamo un elicottero saltare un filare di pioppi a meno di cinquanta metri da noi, un

KURT FAIRHURST

Alcuni fotogrammi tratti dalla sequenza video relativa al soccorso del militare “ferito”.

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Missione I-0551: ritorno dal Libano

I

l 26 febbraio 2008 i quattro AB.205 del contingente ITALAIR, con a bordo 18 uomini del 34° Gr. Sq. Toro, decollano dalla base libanese di Naqoura con destinazione Venaria Reale, chiudendo così l'epoca degli AB.205 italiani nel teatro mediorientale. I velivoli saranno sostituiti dagli AB.412 che affiancheranno gli AB.212 già presenti in quel teatro operativo. Per l'occasione viene realizzato uno Special Color commemorativo dal Maresciallo Osvaldo Moi e dai suoi colleghi della Task-Force: l'AB.205 EI-299 del Comandante sembra perdere la bianca livrea dell'ONU per riassumere quella mimetica verde dell'AVES. Sui portelli di accesso fanno bella mostra di sé i quattro Assi del poker con in

primo piano l'Asso di Cuori, mentre sui portelli degli AB.205 EI-273,EI-348 ed EI-353 sono dipinti gli Assi di Quadri, Picche e Fiori. Dopo oltre 4.000 km percorsi in circa 20 ore di volo e con nove scali intermedi sorvolando Libano, Siria (fuori dalle acque territoriali) Turchia e Grecia, i quattro elicotteri atterrano infine a Torino tre giorni più tardi, il 29 febbraio. Il 15 marzo successivo a Venaria, alla presenza di Autorità civili, militari e Associazioni d'Arma, una breve cerimonia chiude definitivamente la missione segnando inoltre il cambio di comando al 34° Toro tra il T. Col. Pilota Arrigo Arrighi e il suo successore T. Col. Pilota Alberto Scapella.

LUCIANO PONTOLILLO

L’AB.205 EI.299 Special Color.

Il poker d’Assi dipinto sullo Special Color pilotato dal Comandante del 34°.

Per il volo di rientro dal Libano, gli AB.205 sono stati equipaggiati con speciali serbatoi supplementari installati in cabina e con galleggianti d’emergenza in caso di ammaraggi forzati.

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AEROFAN | APPUNTAMENTO AL BUIO

Un momento della cerimonia del 15 marzo 2008 a Venaria Reale.

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Missione I-0551: ritorno dal Libano

I

l 26 febbraio 2008 i quattro AB.205 del contingente ITALAIR, con a bordo 18 uomini del 34° Gr. Sq. Toro, decollano dalla base libanese di Naqoura con destinazione Venaria Reale, chiudendo così l'epoca degli AB.205 italiani nel teatro mediorientale. I velivoli saranno sostituiti dagli AB.412 che affiancheranno gli AB.212 già presenti in quel teatro operativo. Per l'occasione viene realizzato uno Special Color commemorativo dal Maresciallo Osvaldo Moi e dai suoi colleghi della Task-Force: l'AB.205 EI-299 del Comandante sembra perdere la bianca livrea dell'ONU per riassumere quella mimetica verde dell'AVES. Sui portelli di accesso fanno bella mostra di sé i quattro Assi del poker con in

primo piano l'Asso di Cuori, mentre sui portelli degli AB.205 EI-273,EI-348 ed EI-353 sono dipinti gli Assi di Quadri, Picche e Fiori. Dopo oltre 4.000 km percorsi in circa 20 ore di volo e con nove scali intermedi sorvolando Libano, Siria (fuori dalle acque territoriali) Turchia e Grecia, i quattro elicotteri atterrano infine a Torino tre giorni più tardi, il 29 febbraio. Il 15 marzo successivo a Venaria, alla presenza di Autorità civili, militari e Associazioni d'Arma, una breve cerimonia chiude definitivamente la missione segnando inoltre il cambio di comando al 34° Toro tra il T. Col. Pilota Arrigo Arrighi e il suo successore T. Col. Pilota Alberto Scapella.

LUCIANO PONTOLILLO

L’AB.205 EI.299 Special Color.

Il poker d’Assi dipinto sullo Special Color pilotato dal Comandante del 34°.

Per il volo di rientro dal Libano, gli AB.205 sono stati equipaggiati con speciali serbatoi supplementari installati in cabina e con galleggianti d’emergenza in caso di ammaraggi forzati.

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Un momento della cerimonia del 15 marzo 2008 a Venaria Reale.

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Grumman G.21

goose Un indistruttibile veterano

Domenico Binda

N

Long Island, New York, 1943. Grumman JRF-2 Goose davanti all’hangar dell’US Coast Guard presso il Floyd Bennett Field.

ella storia d e l l ’Av i a z i o n e non sono molti i velivoli che possono aspirare alla qualifica di “immortale”, caratterizzati cioè dalla lunghissima carriera operativa e dalla pratica insostituibilità con tipi più moderni. Benché il capofila della categoria sia indiscutibilmente il Douglas DC-3, che a oltre 80 anni dal primo volo ancora vola in varie parti del mondo, vi è un altro prodotto quasi contemporaneo dell'industria americana, sebbene meno noto e diffuso, a tutt'oggi ancora attivo in regolare servizio commerciale: il Grumman G-21 Goose.

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Grumman G.21

goose Un indistruttibile veterano

Domenico Binda

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Long Island, New York, 1943. Grumman JRF-2 Goose davanti all’hangar dell’US Coast Guard presso il Floyd Bennett Field.

ella storia d e l l ’Av i a z i o n e non sono molti i velivoli che possono aspirare alla qualifica di “immortale”, caratterizzati cioè dalla lunghissima carriera operativa e dalla pratica insostituibilità con tipi più moderni. Benché il capofila della categoria sia indiscutibilmente il Douglas DC-3, che a oltre 80 anni dal primo volo ancora vola in varie parti del mondo, vi è un altro prodotto quasi contemporaneo dell'industria americana, sebbene meno noto e diffuso, a tutt'oggi ancora attivo in regolare servizio commerciale: il Grumman G-21 Goose.

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Un JRF-2 della US Coast Guard sgancia una carica di profondità, 5-6probabilmente al largo di Long Island, nel 1943. In basso: rifornimento

difficili condizioni di mare e di sopravvivere a incidenti anche seri (molti sono stati i veri e propri relitti ricostruiti e riportati in volo) e l'impiego degli ottimi e diffusissimi motori Wasp Junior, gli stessi installati sul Beech 18 e sul DHC Beaver. L'impiego del Goose ha coperto una grande quantità di ruoli, dal trasporto di linea e aerotaxi all'uso “corporate”, al controllo e protezione della pesca e della fauna selvatica, alla polizia aerea e si è esteso ai quattro angoli del mondo, dall'Islanda con la Loftleidir alla Nuova Zelanda con la Mount Cook Airlines e la Sea Bee Air, alla Thailandia, all'Australia. L'ultima apparizione del Goose nel continente europeo si deve alla croata European Coastal Airlines, che nel 2002 ne impiegò brevemente un esemplare per collegamenti turistici sperimentali fra le isole del litorale adriatico, prima di iniziare voli regolari con i più moderni Twin Otter a scarponi nel 2014, fino alla cessazione dell'attività nel 2016. Le aree dove più intensivo e protratto è stato l'impiego del bimotore Grumman possono sostanzialmente essere considerate tre. La prima è l'area caraibica, dove fra i tanti utilizzatori possiamo ricordare la Chalk's Flying Service, una compagnia operante fin dal 1917, che impiegò alcuni Goose nei collegamenti regolari fra Miami e le Bahamas prima di passare ai più grandi Grumman Mallard e Albatross e la Antilles Air Boats, con sede nelle Isole Vergini

americane, che ebbe in servizio fra le isole dei Caraibi negli anni dal 1963 al 1981 un totale di ben 23 Goose. Una seconda area di impiego fu la costa meridionale della California, dove il Goose assicurò per alcuni decenni i collegamenti con l'isola Catalina, frequentatissima meta turistica chiamata “The magic isle”, sita una cinquantina di

GRUMMAN

mediante allungamento della fusoliera in modo da accogliere quattro passeggeri in più, questa versione non riscosse il successo sperato e quindi iI passo successivo fu la conversione di entrambi i modelli in Turbo Goose, sostituendo i motori a pistoni con due turboelica P&W PT6A-20 da 550 shp alloggiate in nuove gondole-motore notevolmente allungate per compensare il minore peso dei motori a turbina, giungendo infine, nel 1969/70, ai modelli definitivi G-21E e G-21G muniti delle più potenti PT6A-27 da 680 shp e di serbatoi carburante maggiorati, realizzati in complessivi tre esemplari. La designazione G21F fu invece attribuita ad una singola conversione direttamente realizzata dallo US Fish & Wildlife Service, sulla base della documentazione tecnica fornita dalla McKinnon, utilizzando le turboelica Garrett TPE 331-2UA e con allungamento della fusoliera. Dopo il fallimento della McKinnon, la Antilles Seaplane LLC, che ne aveva rilevato le certificazioni di tipo e le attrezzature, annunciò nel 2007 l'intenzione di rimettere in produzione il Turbo Goose in una nuova versione modernizzata, con migliorie strutturali e dotata di avionica digitale allo stato dell'arte, ma questo progetto non si concretizzò mai per l'intervenuta bancarotta dell'azienda. Come già accennato, a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, similmente a quanto accadde al Dakota, grazie alla disponibilità a prezzo conveniente di una grande quantità di macchine surplus militari il Goose intraprese una nuova, lunga carriera civile presso molte aviolinee locali operanti in zone costiere e insulari dove la carenza di strutture aeroportuali non consentiva l'utilizzo di velivoli puramente terrestri. Alla sua diffusione contribuirono anche la sua leggendaria robustezza, che gli permetteva di operare in

7 Confronto tra il Goose quadrimotore della McKinnon ed il normale bimotore.

di un JRF-2 presso la Grumman Aircraft Company facility.

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AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE

Il Goose JRF-3 V190 c/n 1085 fu consegnato alla NAS Anacostia il 20 novembre 1940 e trasferito al CGAS di Brooklyn all’inizio del 1941. Fu distrutto in un incidente nella notte del il 21 aprile al largo di Rhode Island durante la ricerca di un sospetto U-Boat. Nessuno dei tre membri dell’equipaggio si salvò.

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Un JRF-2 della US Coast Guard sgancia una carica di profondità, 5-6probabilmente al largo di Long Island, nel 1943. In basso: rifornimento

difficili condizioni di mare e di sopravvivere a incidenti anche seri (molti sono stati i veri e propri relitti ricostruiti e riportati in volo) e l'impiego degli ottimi e diffusissimi motori Wasp Junior, gli stessi installati sul Beech 18 e sul DHC Beaver. L'impiego del Goose ha coperto una grande quantità di ruoli, dal trasporto di linea e aerotaxi all'uso “corporate”, al controllo e protezione della pesca e della fauna selvatica, alla polizia aerea e si è esteso ai quattro angoli del mondo, dall'Islanda con la Loftleidir alla Nuova Zelanda con la Mount Cook Airlines e la Sea Bee Air, alla Thailandia, all'Australia. L'ultima apparizione del Goose nel continente europeo si deve alla croata European Coastal Airlines, che nel 2002 ne impiegò brevemente un esemplare per collegamenti turistici sperimentali fra le isole del litorale adriatico, prima di iniziare voli regolari con i più moderni Twin Otter a scarponi nel 2014, fino alla cessazione dell'attività nel 2016. Le aree dove più intensivo e protratto è stato l'impiego del bimotore Grumman possono sostanzialmente essere considerate tre. La prima è l'area caraibica, dove fra i tanti utilizzatori possiamo ricordare la Chalk's Flying Service, una compagnia operante fin dal 1917, che impiegò alcuni Goose nei collegamenti regolari fra Miami e le Bahamas prima di passare ai più grandi Grumman Mallard e Albatross e la Antilles Air Boats, con sede nelle Isole Vergini

americane, che ebbe in servizio fra le isole dei Caraibi negli anni dal 1963 al 1981 un totale di ben 23 Goose. Una seconda area di impiego fu la costa meridionale della California, dove il Goose assicurò per alcuni decenni i collegamenti con l'isola Catalina, frequentatissima meta turistica chiamata “The magic isle”, sita una cinquantina di

GRUMMAN

mediante allungamento della fusoliera in modo da accogliere quattro passeggeri in più, questa versione non riscosse il successo sperato e quindi iI passo successivo fu la conversione di entrambi i modelli in Turbo Goose, sostituendo i motori a pistoni con due turboelica P&W PT6A-20 da 550 shp alloggiate in nuove gondole-motore notevolmente allungate per compensare il minore peso dei motori a turbina, giungendo infine, nel 1969/70, ai modelli definitivi G-21E e G-21G muniti delle più potenti PT6A-27 da 680 shp e di serbatoi carburante maggiorati, realizzati in complessivi tre esemplari. La designazione G21F fu invece attribuita ad una singola conversione direttamente realizzata dallo US Fish & Wildlife Service, sulla base della documentazione tecnica fornita dalla McKinnon, utilizzando le turboelica Garrett TPE 331-2UA e con allungamento della fusoliera. Dopo il fallimento della McKinnon, la Antilles Seaplane LLC, che ne aveva rilevato le certificazioni di tipo e le attrezzature, annunciò nel 2007 l'intenzione di rimettere in produzione il Turbo Goose in una nuova versione modernizzata, con migliorie strutturali e dotata di avionica digitale allo stato dell'arte, ma questo progetto non si concretizzò mai per l'intervenuta bancarotta dell'azienda. Come già accennato, a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, similmente a quanto accadde al Dakota, grazie alla disponibilità a prezzo conveniente di una grande quantità di macchine surplus militari il Goose intraprese una nuova, lunga carriera civile presso molte aviolinee locali operanti in zone costiere e insulari dove la carenza di strutture aeroportuali non consentiva l'utilizzo di velivoli puramente terrestri. Alla sua diffusione contribuirono anche la sua leggendaria robustezza, che gli permetteva di operare in

7 Confronto tra il Goose quadrimotore della McKinnon ed il normale bimotore.

di un JRF-2 presso la Grumman Aircraft Company facility.

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AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE

Il Goose JRF-3 V190 c/n 1085 fu consegnato alla NAS Anacostia il 20 novembre 1940 e trasferito al CGAS di Brooklyn all’inizio del 1941. Fu distrutto in un incidente nella notte del il 21 aprile al largo di Rhode Island durante la ricerca di un sospetto U-Boat. Nessuno dei tre membri dell’equipaggio si salvò.

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gli asset dedicati alla Trans Provincial Airlines, che operava fin dal 1968, con una flotta già comprendente alcuni Goose, dall'idroscalo di Seal Cove a Prince Rupert nell'estremo nord, vicino al confine con l'Alaska. La compagnia cessò l'attività, per difficoltà finanziarie, all'inizio del 1993, lasciando l'onore di ultimo bastione di attività commerciale del Goose alla Pacific Coastal Airlines. Fondata nel 1987, la compagnia gestisce attualmente dalla propria base sull'aeroporto internazionale di Vancouver una rete di collegamenti regionali con una flotta di biturbina Beech 1900 e Saab 340 e dispone di una divisione idro basata sull'aeroporto di Port Hardy, nel nord della Vancouver Island, che ha continuato a impiegare due DHC.2 Beaver muniti di scarponi anfibi e quattro dei veterani Goose in voli regolari e charter a supporto di varie comunità di nativi e di attività estrattive, del legname, della pesca e turismo sulla costa settentrionale della British

Columbia. La rotta più singolare del network è quella che la compagnia definisce “the sked”, un servizio circolare giornaliero con partenza e arrivo a Port Hardy e soste programmate, con ammaraggi nei fiordi, in tre diverse località, cui se ne possono aggiungere altre, a richiesta, ove vi siano passeggeri o consegne di merce per destinazioni diverse lungo la rotta. Per questo tipo di servizio il Goose si è rivelato praticamente insostituibile; nel tempo la Pacific Coastal ha sperimentato altri velivoli più moderni, come il Twin Otter, ma con risultati negativi in quanto le condizioni di mare in alcune destinazioni non consentono un utilizzo agevole di idro a scarponi ed i motori a turbina non si prestano al particolare tipo di impiego, caratterizzato da brevi settori di volo e frequenti decolli e atterraggi e sono più sensibili alla corrosione derivante dall'impiego in atmosfera marina. Due gravi incidenti avvenuti a breve distanza di tempo

nel 2008, che hanno comportato la perdita dei velivoli e di vite umane, sembravano avere pregiudicato seriamente la continuità delle operazioni con il Goose ma, dopo un periodo di sospensione, vista la difficoltà di trovare un'alternativa, la compagnia ha deciso di riprenderne l'attività, ricostituendo la flotta a quattro esemplari completamente revisionati e, nel 2016, ne ha trasferito la gestione ad una divisione dedicata, denominata Wilderness Seaplanes. Sotto questi nuovi colori il Goose continua, a ottant'anni dal suo primo volo e unico “airliner” a pistoni ancora in regolare servizio di linea al mondo, a fornire il suo prezioso servizio nel nord del Canada e aspira a farlo per vari anni ancora, dando ragione alla battuta che circola nell'ambiente, secondo cui l'unico valido sostituto di un Goose è… un altro Goose.

ARCHIVIO BINDA

che, nei primi anni di questo secolo, rimase attivo il solo collegamento regolare bi-giornaliero fra Dutch Harbor e la remota isola di Akutak, nell'arcipelago delle Aleutine, operato con tre Goose fino a tutto il 2012, quando, con un certo rimpianto, il velivolo della Grumman venne infine posto fuori servizio dalla compagnia. Ad oggi rimangono attivi in Alaska pochi esemplari appartenenti ad operatori minori ed a privati. Anche in Canada il Goose trovò largo impiego presso compagnie di terzo livello e privati, come pure la Royal Canadian Mounted Police e la compagnia di servizi antincendio Forest Industries Flying Tankers, che lo utilizzava come velivolo scout e posto di comando volante per i suoi giganteschi tanker idro Martin Mars dalla sua base di Port Alberni, sullo Sproat Lake. Una delle principali compagnie utilizzatrici è stata la Air BC, che nel 1986 trasferì le proprie rotte secondarie della British Columbia e

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AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE

Goose della Catalina Air Lines ripreso nel maggio 1978 in flottaggio a Pebbly Beach sull’isola californiana di Catalina.

MAR/APR 2020 | AEROFAN

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gli asset dedicati alla Trans Provincial Airlines, che operava fin dal 1968, con una flotta già comprendente alcuni Goose, dall'idroscalo di Seal Cove a Prince Rupert nell'estremo nord, vicino al confine con l'Alaska. La compagnia cessò l'attività, per difficoltà finanziarie, all'inizio del 1993, lasciando l'onore di ultimo bastione di attività commerciale del Goose alla Pacific Coastal Airlines. Fondata nel 1987, la compagnia gestisce attualmente dalla propria base sull'aeroporto internazionale di Vancouver una rete di collegamenti regionali con una flotta di biturbina Beech 1900 e Saab 340 e dispone di una divisione idro basata sull'aeroporto di Port Hardy, nel nord della Vancouver Island, che ha continuato a impiegare due DHC.2 Beaver muniti di scarponi anfibi e quattro dei veterani Goose in voli regolari e charter a supporto di varie comunità di nativi e di attività estrattive, del legname, della pesca e turismo sulla costa settentrionale della British

Columbia. La rotta più singolare del network è quella che la compagnia definisce “the sked”, un servizio circolare giornaliero con partenza e arrivo a Port Hardy e soste programmate, con ammaraggi nei fiordi, in tre diverse località, cui se ne possono aggiungere altre, a richiesta, ove vi siano passeggeri o consegne di merce per destinazioni diverse lungo la rotta. Per questo tipo di servizio il Goose si è rivelato praticamente insostituibile; nel tempo la Pacific Coastal ha sperimentato altri velivoli più moderni, come il Twin Otter, ma con risultati negativi in quanto le condizioni di mare in alcune destinazioni non consentono un utilizzo agevole di idro a scarponi ed i motori a turbina non si prestano al particolare tipo di impiego, caratterizzato da brevi settori di volo e frequenti decolli e atterraggi e sono più sensibili alla corrosione derivante dall'impiego in atmosfera marina. Due gravi incidenti avvenuti a breve distanza di tempo

nel 2008, che hanno comportato la perdita dei velivoli e di vite umane, sembravano avere pregiudicato seriamente la continuità delle operazioni con il Goose ma, dopo un periodo di sospensione, vista la difficoltà di trovare un'alternativa, la compagnia ha deciso di riprenderne l'attività, ricostituendo la flotta a quattro esemplari completamente revisionati e, nel 2016, ne ha trasferito la gestione ad una divisione dedicata, denominata Wilderness Seaplanes. Sotto questi nuovi colori il Goose continua, a ottant'anni dal suo primo volo e unico “airliner” a pistoni ancora in regolare servizio di linea al mondo, a fornire il suo prezioso servizio nel nord del Canada e aspira a farlo per vari anni ancora, dando ragione alla battuta che circola nell'ambiente, secondo cui l'unico valido sostituto di un Goose è… un altro Goose.

ARCHIVIO BINDA

che, nei primi anni di questo secolo, rimase attivo il solo collegamento regolare bi-giornaliero fra Dutch Harbor e la remota isola di Akutak, nell'arcipelago delle Aleutine, operato con tre Goose fino a tutto il 2012, quando, con un certo rimpianto, il velivolo della Grumman venne infine posto fuori servizio dalla compagnia. Ad oggi rimangono attivi in Alaska pochi esemplari appartenenti ad operatori minori ed a privati. Anche in Canada il Goose trovò largo impiego presso compagnie di terzo livello e privati, come pure la Royal Canadian Mounted Police e la compagnia di servizi antincendio Forest Industries Flying Tankers, che lo utilizzava come velivolo scout e posto di comando volante per i suoi giganteschi tanker idro Martin Mars dalla sua base di Port Alberni, sullo Sproat Lake. Una delle principali compagnie utilizzatrici è stata la Air BC, che nel 1986 trasferì le proprie rotte secondarie della British Columbia e

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AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE

Goose della Catalina Air Lines ripreso nel maggio 1978 in flottaggio a Pebbly Beach sull’isola californiana di Catalina.

MAR/APR 2020 | AEROFAN

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Il variopinto Goose C-FVFU della Forest Industries Flying Tankers si avvia al decollo dalla sua base sullo Sproat Lake nell’agosto 1990 per coordinare l’intervento su un incendio da parte dei tanker Martin Mars della stessa compagnia. Questo stesso esemplare ha operato da ultimo in Croazia con la European Coastal Airlines.

L’unico Mc Kinnon G-21G Turbo Goose operato dalla Pen Air, ripreso a Lake Hood nel 1993, ha avuto una breve vita operativa, andando distrutto in un incidente mortale nel novembre 1996.

15

Uno dei Goose della Wilderness Seaplanes, attualmente l’ultimo operatore regolare del velivolo, in volo su un tipico paesaggio costiero canadese.

DOMENICO BINDA ADOLFO TAGLIABUE

14

Un Goose della PenAir, l’unico a conservare i galleggianti fissi, in sosta davanti all’hangar di manutenzione della compagnia sull’idroscalo di Lake Hood nell’agosto 1990.

DOMENICO BINDA

12

Come appassionato di aviazione e, in particolare di vecchi aerei a pistoni e di idrovolanti, dopo aver già sperimentato qualche volo su Beaver e Cessna a scarponi covavo da tempo il desiderio di provare a volare su un “vero” classico idrovolante a scafo e, in particolare, con il Grumman Goose, uno dei miei modelli preferiti. L'occasione mi si presenta nell'estate dell'ormai lontano 1991 quando, trovandomi in Canada a Vancouver per l'Abbotsford International Airshow, decido con un amico di affrontare il viaggio di 1.500 km fino a Prince Rupert, nel nord della provincia di British Columbia, dove mi risulta che la compagnia locale Trans Provincial abbia ancora in linea alcuni esemplari di Goose e dovrebbe quindi offrirmi la possibilità di soddisfare il mio sogno. Dopo tre giorni di macchina nell'immenso nord canadese arriviamo infine alla meta e ci dirigiamo subito all'idroscalo di Seal Cove, che già di per sé si presenta come una visione quasi fiabesca: una tranquilla baia in fondo a un fiordo, circondata dal verde di fitte foreste di abeti, il mare di un blu intenso su cui ristagna una leggera nebbiolina, da cui emergono prima un rumore di motori e poi le sagome di un paio di idro in arrivo, diretti all'ormeggio presso una serie di pontoni cui è già affiancata una fila assortita di Beaver, Otter e Cessna, accanto ai quali sorgono piccole costruzioni in legno che ospitano i terminal delle compagnie che vi operano. Superato il primo momento di “estasi” per questo spettacolo, volgo lo sguardo verso il piccolo piazzale e l'hangar accanto al terminal della Trans Provincial e… delusione! nessuna traccia di Goose. Comincio a temere di avere fatto il viaggio per niente e quindi mi reco all'interno del terminal dove pongo subito alla gentile signorina che mi accoglie la fatidica domanda: “sono previsti voli con il Goose nei prossimi giorni ed è possibile prenotare un posto?” La signorina mi guarda un po' stupita e mi chiede: “ma lei dove deve andare ?” Le spiego allora che non devo andare in nessun posto specifico, che vengo dall'Italia e ho affrontato un viaggio in auto di 3.000 chilometri, fra andata e ritorno, con il solo scopo di fare un volo sul Goose; quindi, ovunque vada l'aereo voglio andarci anch'io e prenotare un posto per l'indomani, se disponibile. Nello sguardo della signorina l'aria di stupore mi sembra volgere verso il compatimento, ma comunque mi conferma infine che sì, per il giorno successivo è previsto un volo per Masset, sull'isola Graham nell'arcipelago Queen Charlotte e che c'è un posto libero. Sollevato, concordo di riservare il posto sui voli di andata e ritorno e di rivederci l'indomani all'ora stabilita. Il mattino dopo mi presento con congruo anticipo a Seal Cove e noto con sollievo la presenza del Goose con matricola C-FUMG, splendente al sole sulla piccola rampa della compagnia. Nel terminal incontro il pilota che, già avvisato dalla signorina della presenza di uno strano tipo di italiano venuto da un altro continente in questo remoto angolo di mondo solo per volare sul Goose, mi accoglie cordialmente e mi invita a salire a bordo ed a prendere posto in cabina sul sedile destinato al secondo pilota,

ADOLFO TAGLIABUE

ARCHIVIO WILDERNESS SEAPLANES

DOMENICO BINDA

DOMENICO BINDA

IN VOLO CON IL GOOSE

16

17

18

Il Grumman Goose della Trans Provincial e ettua il rifornimento di carburante sul piazzale della compagnia prima del volo da Prince Rupert per Masset nell’agosto 1991.

In attesa della messa in moto prima del volo.

L’aereo sullo scivolo di alaggio di Seal Cove si appresta a scendere in acqua.

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Il variopinto Goose C-FVFU della Forest Industries Flying Tankers si avvia al decollo dalla sua base sullo Sproat Lake nell’agosto 1990 per coordinare l’intervento su un incendio da parte dei tanker Martin Mars della stessa compagnia. Questo stesso esemplare ha operato da ultimo in Croazia con la European Coastal Airlines.

L’unico Mc Kinnon G-21G Turbo Goose operato dalla Pen Air, ripreso a Lake Hood nel 1993, ha avuto una breve vita operativa, andando distrutto in un incidente mortale nel novembre 1996.

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Uno dei Goose della Wilderness Seaplanes, attualmente l’ultimo operatore regolare del velivolo, in volo su un tipico paesaggio costiero canadese.

DOMENICO BINDA ADOLFO TAGLIABUE

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Un Goose della PenAir, l’unico a conservare i galleggianti fissi, in sosta davanti all’hangar di manutenzione della compagnia sull’idroscalo di Lake Hood nell’agosto 1990.

DOMENICO BINDA

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Come appassionato di aviazione e, in particolare di vecchi aerei a pistoni e di idrovolanti, dopo aver già sperimentato qualche volo su Beaver e Cessna a scarponi covavo da tempo il desiderio di provare a volare su un “vero” classico idrovolante a scafo e, in particolare, con il Grumman Goose, uno dei miei modelli preferiti. L'occasione mi si presenta nell'estate dell'ormai lontano 1991 quando, trovandomi in Canada a Vancouver per l'Abbotsford International Airshow, decido con un amico di affrontare il viaggio di 1.500 km fino a Prince Rupert, nel nord della provincia di British Columbia, dove mi risulta che la compagnia locale Trans Provincial abbia ancora in linea alcuni esemplari di Goose e dovrebbe quindi offrirmi la possibilità di soddisfare il mio sogno. Dopo tre giorni di macchina nell'immenso nord canadese arriviamo infine alla meta e ci dirigiamo subito all'idroscalo di Seal Cove, che già di per sé si presenta come una visione quasi fiabesca: una tranquilla baia in fondo a un fiordo, circondata dal verde di fitte foreste di abeti, il mare di un blu intenso su cui ristagna una leggera nebbiolina, da cui emergono prima un rumore di motori e poi le sagome di un paio di idro in arrivo, diretti all'ormeggio presso una serie di pontoni cui è già affiancata una fila assortita di Beaver, Otter e Cessna, accanto ai quali sorgono piccole costruzioni in legno che ospitano i terminal delle compagnie che vi operano. Superato il primo momento di “estasi” per questo spettacolo, volgo lo sguardo verso il piccolo piazzale e l'hangar accanto al terminal della Trans Provincial e… delusione! nessuna traccia di Goose. Comincio a temere di avere fatto il viaggio per niente e quindi mi reco all'interno del terminal dove pongo subito alla gentile signorina che mi accoglie la fatidica domanda: “sono previsti voli con il Goose nei prossimi giorni ed è possibile prenotare un posto?” La signorina mi guarda un po' stupita e mi chiede: “ma lei dove deve andare ?” Le spiego allora che non devo andare in nessun posto specifico, che vengo dall'Italia e ho affrontato un viaggio in auto di 3.000 chilometri, fra andata e ritorno, con il solo scopo di fare un volo sul Goose; quindi, ovunque vada l'aereo voglio andarci anch'io e prenotare un posto per l'indomani, se disponibile. Nello sguardo della signorina l'aria di stupore mi sembra volgere verso il compatimento, ma comunque mi conferma infine che sì, per il giorno successivo è previsto un volo per Masset, sull'isola Graham nell'arcipelago Queen Charlotte e che c'è un posto libero. Sollevato, concordo di riservare il posto sui voli di andata e ritorno e di rivederci l'indomani all'ora stabilita. Il mattino dopo mi presento con congruo anticipo a Seal Cove e noto con sollievo la presenza del Goose con matricola C-FUMG, splendente al sole sulla piccola rampa della compagnia. Nel terminal incontro il pilota che, già avvisato dalla signorina della presenza di uno strano tipo di italiano venuto da un altro continente in questo remoto angolo di mondo solo per volare sul Goose, mi accoglie cordialmente e mi invita a salire a bordo ed a prendere posto in cabina sul sedile destinato al secondo pilota,

ADOLFO TAGLIABUE

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IN VOLO CON IL GOOSE

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Il Grumman Goose della Trans Provincial e ettua il rifornimento di carburante sul piazzale della compagnia prima del volo da Prince Rupert per Masset nell’agosto 1991.

In attesa della messa in moto prima del volo.

L’aereo sullo scivolo di alaggio di Seal Cove si appresta a scendere in acqua.

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feeling fra la Grumman e l'US Navy è sembrato rompersi, quando la Marina ha scelto il Mc Donnell F-4H Phantom II come nuovo caccia di prima linea, preferendolo alla proposta Grumman. Per mantenere i propri livelli produttivi e occupazionali, la ditta decideva quindi di tornare a rivolgersi anche al mercato civile, realizzando il biturboelica executive e traspor to di terzo livello Gulfstream e, successivamente, il bireattore executive Gulfstream II, nonché la linea di monomotori da turismo Grumman American. La divisione civile veniva poi ceduta nel 1978 alla Gul fstream Aerospace. Al tra area di diversificazione dell'azienda, (nel f rattempo diventata Grumman Aerospace Corporation) è stata quella spaziale, con la realizzazione dell'Apollo Lunar Module, usato per lo sbarco sulla luna degli astronauti americani. La relazione

con la Marina americana non si era peraltro interrotta ed è ripresa alla grande negli anni '60 con il bireattore imbarcato da attacco A-6 Intruder, da cui è stato derivato il velivolo da contromisure elettroniche EA-6B Prowler, con il biturbina AEW E-2 Hawkeye, con il derivato da trasporto COD C-2 Greyhound e, grazie all'esperienza sulle ali a geometria variabile maturata nella collaborazione con General Dynamics per lo F-111, con il caccia F-14 Tomcat. La fine della Guerra Fredda, con la conseguente riduzione dei budget militari, ha avuto un pesante impatto su tutta l'industria aerospaziale americana e, in particolare, sulla Grumman, che ha visto progressivamente ridursi attività produttiva e personale sino a quando, nel 1994, è stata acquisita dalla Nor throp Corporation, dando vita all'attuale Northrop Grumman.

F6F-3 Hellcat sul ponte della USS Yorktown (CV-10) in una fotografia datata 31 agosto 1943. concepito come sistema antisom composto da due diverse versioni del medesimo velivolo, una da ricerca (hunter), equipaggiata di radar e una da attacco (killer), ben presto rimpiazzato dal bimotore S-2F Tracker, primo a riunire in un solo velivolo imbarcato entrambe le capacità di hunter e killer, destinato ad ampia diffusione mondiale. Dal Tracker sono stati estrapolati il C-1 Trader, trasporto COD

F8F-1 Bearcat dei Fighter Squadrons VF-15A e 16A sul ponte della USS Tarawa (CV40) al largo delle coste della California nel 1948.

F7F-3N Tigercat appartenente al Marine Night Fighter Squadron sul campo K-8 a Kunsan, in Corea, nel 1952.

34

(Carrier Onboard Delivery) e lo E-1 Tracer, Airborne Early Warning. Una insolita, per la Grumman, escursione nel campo dei velivoli militari “terrestri” è rappresentata dal bimotore a turboelica OV-1 Mohawk, realizzato per l'US Army per ricognizione e osservazione negli Anni '60. Verso la metà degli Anni '50 del secolo scorso, il pluriennale F9F-5 Panther del Fighter Squadron VF 114 sul ponte della portaerei USS Kearsarge (CVA 33) nel 1950.

AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE


feeling fra la Grumman e l'US Navy è sembrato rompersi, quando la Marina ha scelto il Mc Donnell F-4H Phantom II come nuovo caccia di prima linea, preferendolo alla proposta Grumman. Per mantenere i propri livelli produttivi e occupazionali, la ditta decideva quindi di tornare a rivolgersi anche al mercato civile, realizzando il biturboelica executive e traspor to di terzo livello Gulfstream e, successivamente, il bireattore executive Gulfstream II, nonché la linea di monomotori da turismo Grumman American. La divisione civile veniva poi ceduta nel 1978 alla Gul fstream Aerospace. Al tra area di diversificazione dell'azienda, (nel f rattempo diventata Grumman Aerospace Corporation) è stata quella spaziale, con la realizzazione dell'Apollo Lunar Module, usato per lo sbarco sulla luna degli astronauti americani. La relazione

con la Marina americana non si era peraltro interrotta ed è ripresa alla grande negli anni '60 con il bireattore imbarcato da attacco A-6 Intruder, da cui è stato derivato il velivolo da contromisure elettroniche EA-6B Prowler, con il biturbina AEW E-2 Hawkeye, con il derivato da trasporto COD C-2 Greyhound e, grazie all'esperienza sulle ali a geometria variabile maturata nella collaborazione con General Dynamics per lo F-111, con il caccia F-14 Tomcat. La fine della Guerra Fredda, con la conseguente riduzione dei budget militari, ha avuto un pesante impatto su tutta l'industria aerospaziale americana e, in particolare, sulla Grumman, che ha visto progressivamente ridursi attività produttiva e personale sino a quando, nel 1994, è stata acquisita dalla Nor throp Corporation, dando vita all'attuale Northrop Grumman.

F6F-3 Hellcat sul ponte della USS Yorktown (CV-10) in una fotografia datata 31 agosto 1943. concepito come sistema antisom composto da due diverse versioni del medesimo velivolo, una da ricerca (hunter), equipaggiata di radar e una da attacco (killer), ben presto rimpiazzato dal bimotore S-2F Tracker, primo a riunire in un solo velivolo imbarcato entrambe le capacità di hunter e killer, destinato ad ampia diffusione mondiale. Dal Tracker sono stati estrapolati il C-1 Trader, trasporto COD

F8F-1 Bearcat dei Fighter Squadrons VF-15A e 16A sul ponte della USS Tarawa (CV40) al largo delle coste della California nel 1948.

F7F-3N Tigercat appartenente al Marine Night Fighter Squadron sul campo K-8 a Kunsan, in Corea, nel 1952.

34

(Carrier Onboard Delivery) e lo E-1 Tracer, Airborne Early Warning. Una insolita, per la Grumman, escursione nel campo dei velivoli militari “terrestri” è rappresentata dal bimotore a turboelica OV-1 Mohawk, realizzato per l'US Army per ricognizione e osservazione negli Anni '60. Verso la metà degli Anni '50 del secolo scorso, il pluriennale F9F-5 Panther del Fighter Squadron VF 114 sul ponte della portaerei USS Kearsarge (CVA 33) nel 1950.

AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE


HU-16 Albatross dell’Aeronautica Militare.

Un A-6A Intruder sulla USS Forrestal nel 1975.

Un E-2C Hawkeye in servizio con l’Aéronavale francese.

Un F-14A Tomcat in servizio con l’Imperial Iranian Air Force. L’Iran è stato l’unico Paese ad impiegare il Tomcat oltre agli Stati Uniti.

36

AEROFAN | GRUMMAN G.21 GOOSE


HU-16 Albatross dell’Aeronautica Militare.

Un A-6A Intruder sulla USS Forrestal nel 1975.

Un E-2C Hawkeye in servizio con l’Aéronavale francese.

Un F-14A Tomcat in servizio con l’Imperial Iranian Air Force. L’Iran è stato l’unico Paese ad impiegare il Tomcat oltre agli Stati Uniti.

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LA MISSIONE

Il Marauder francese

abbattuto sul piacentino Una ricerca durata dieci anni

Luca Gabriele Merli

A

ll e 8 : 3 0 de ll' 1 1 luglio 1944 18 bombardieri medi bimotori Martin B-26C Marauder della 31ème Escadre de Bombardement Moyenne (6 aerei del GB I/19 “Gascogne” e 12 del GB II/20 “Bretagne”), decollano da Villacidro per attaccare un deposito di carburanti a Piacenza. Molti equipaggi conoscono bene questa rotta perché nei giorni precedenti, nel quadro dell'Operation Mallory Major, h a n n o e s e g u i to n u m e ro s e m i s s i o n i contro i ponti lungo il corso del Po.

38

Il Tenente Cornet ed il Sergente Bonnet il 6 Luglio avevano bombardato il ponte ferroviario e stradale di Piacenza a bordo del B-26 n. 35 e il giorno 10 luglio un deposito carburanti sempre nella stessa zona a bordo del velivolo n. 32. I bombardieri procedevano nella formazione prestabilita; alle 10:15 circa avvenne il rendez-vous con la caccia di scorta assicurata da 12 caccia Spitfire MkIXc del 238th Squadron RAF. Poco prima dell'inizio del bomb run, alle 11:05, la formazione francese subì l'attacco da parte di due distinte formazioni di caccia italo-tedeschi: 6 Messerschmitt Bf 109 G-6 del I./JG 77 decollati da Ghedi e 9 appartenenti al 2° Gruppo Caccia ANR, decollati da Villafranca alle 09:30. La formazione dell'ANR era divisa in due sezioni, ai comandi, rispettivamente, del Magg. Miani e del Cap. Bellagambi. Gli Spitfire, al comando del F/Lt. Small, si divisero in due gruppi: uno rimase accanto ai bombardieri, l'altro attaccò i Me 109 tedeschi mentre cabravano per mettersi in posizione favorevole. Il Lt. Van Rensburg aprì il fuoco sul Messerschmitt Me Bf 109 G-6 wr. nr. 163189 “nero” pilotato dall'Uffz. Richard Kurtz del 4./ JG 77, danneggiandolo e ferendo l'aviatore tedesco. Questi riuscì a mantenere il controllo del velivolo, portandolo ad effettuare un riuscito atterraggio di fortuna nei pressi del cimitero di Isola Dovarese. L'Uffz. Richard Kuntz, per la seconda volta nell'arco di un mese, se la cavò con ferite di poco conto; perderà la vita in un incidente aereo il 31 gennaio 1945. Nel corso del combattimento, il F/O Simmonds piazzò alcune raffiche di cannoncini e mitragliatrice sul Bf 109 pilotato dal Fw. Albert Ullrich, che si lanciò con il paracadute atterrando sano e salvo a Sud di Mantova. La decisa reazione degli Spitfire costrinse gli attaccanti a disperdersi ma la formazione di Marauder continuò il volo in quota mentre, man mano che l'obbiettivo si avvicinava, la visibilità diminuiva a causa della nuvolosità. Improvvisamente, sul lato destro della formazione, il n. 29 dovette abbandonare la missione per noie meccaniche, si sganciò e rientrò alla base, lasciando aperta una falla. Ora, di fianco al n. 37 s/n 707 pilotato dal Lt Pierre Cornet c'era il vuoto. Quando mancavano due minuti allo sgancio, si aprirono i portelloni; il bombardiere, S/Lt Francois Atger, si apprestava all'operazione quando due velivoli appartenenti al II Gruppo Caccia improvvisamente sbucarono dalle nuvole. I due Me Bf 109, pilotati dal Capitano Bellagambi e dal Sergente Pilota Talin, erano riusciti a penetrare le schermo difensivo degli Spitfire ed attaccarono i due ultimi B-26 della formazione nemica, contrassegnati dai numeri identificativi 34 e 37, con effetti devastanti. Bastò un passaggio per Bellagambi che colpì il Marauder dall'alto, di coda. Il velivolo contrassegnato dal numero 37 venne centrato in pieno, il radio mitragliere Cornec colpito rimase immobile nella torretta superiore, il motore destro si incendiò e il Co-pilota, Adj. Michel Despinoy, rimase ucciso sul colpo; il suo cadavere ostruì l'angusto passaggio che metteva in comunicazione la sezione di prua dell'aereo con il vano bombe ed i portelloni, mentre il mitragliere di

1

B-26 Marauder delle Forces Aèriennes Françaises Libres sul campo di Villacidro, con un vistoso danno da combattimento ai piani di coda.

2

Il Cap. Bellagambi davanti al suo Messerschmitt Bf 109 G-6.

3

Il Marauder n. 37 in volo.

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LA MISSIONE

Il Marauder francese

abbattuto sul piacentino Una ricerca durata dieci anni

Luca Gabriele Merli

A

ll e 8 : 3 0 de ll' 1 1 luglio 1944 18 bombardieri medi bimotori Martin B-26C Marauder della 31ème Escadre de Bombardement Moyenne (6 aerei del GB I/19 “Gascogne” e 12 del GB II/20 “Bretagne”), decollano da Villacidro per attaccare un deposito di carburanti a Piacenza. Molti equipaggi conoscono bene questa rotta perché nei giorni precedenti, nel quadro dell'Operation Mallory Major, h a n n o e s e g u i to n u m e ro s e m i s s i o n i contro i ponti lungo il corso del Po.

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Il Tenente Cornet ed il Sergente Bonnet il 6 Luglio avevano bombardato il ponte ferroviario e stradale di Piacenza a bordo del B-26 n. 35 e il giorno 10 luglio un deposito carburanti sempre nella stessa zona a bordo del velivolo n. 32. I bombardieri procedevano nella formazione prestabilita; alle 10:15 circa avvenne il rendez-vous con la caccia di scorta assicurata da 12 caccia Spitfire MkIXc del 238th Squadron RAF. Poco prima dell'inizio del bomb run, alle 11:05, la formazione francese subì l'attacco da parte di due distinte formazioni di caccia italo-tedeschi: 6 Messerschmitt Bf 109 G-6 del I./JG 77 decollati da Ghedi e 9 appartenenti al 2° Gruppo Caccia ANR, decollati da Villafranca alle 09:30. La formazione dell'ANR era divisa in due sezioni, ai comandi, rispettivamente, del Magg. Miani e del Cap. Bellagambi. Gli Spitfire, al comando del F/Lt. Small, si divisero in due gruppi: uno rimase accanto ai bombardieri, l'altro attaccò i Me 109 tedeschi mentre cabravano per mettersi in posizione favorevole. Il Lt. Van Rensburg aprì il fuoco sul Messerschmitt Me Bf 109 G-6 wr. nr. 163189 “nero” pilotato dall'Uffz. Richard Kurtz del 4./ JG 77, danneggiandolo e ferendo l'aviatore tedesco. Questi riuscì a mantenere il controllo del velivolo, portandolo ad effettuare un riuscito atterraggio di fortuna nei pressi del cimitero di Isola Dovarese. L'Uffz. Richard Kuntz, per la seconda volta nell'arco di un mese, se la cavò con ferite di poco conto; perderà la vita in un incidente aereo il 31 gennaio 1945. Nel corso del combattimento, il F/O Simmonds piazzò alcune raffiche di cannoncini e mitragliatrice sul Bf 109 pilotato dal Fw. Albert Ullrich, che si lanciò con il paracadute atterrando sano e salvo a Sud di Mantova. La decisa reazione degli Spitfire costrinse gli attaccanti a disperdersi ma la formazione di Marauder continuò il volo in quota mentre, man mano che l'obbiettivo si avvicinava, la visibilità diminuiva a causa della nuvolosità. Improvvisamente, sul lato destro della formazione, il n. 29 dovette abbandonare la missione per noie meccaniche, si sganciò e rientrò alla base, lasciando aperta una falla. Ora, di fianco al n. 37 s/n 707 pilotato dal Lt Pierre Cornet c'era il vuoto. Quando mancavano due minuti allo sgancio, si aprirono i portelloni; il bombardiere, S/Lt Francois Atger, si apprestava all'operazione quando due velivoli appartenenti al II Gruppo Caccia improvvisamente sbucarono dalle nuvole. I due Me Bf 109, pilotati dal Capitano Bellagambi e dal Sergente Pilota Talin, erano riusciti a penetrare le schermo difensivo degli Spitfire ed attaccarono i due ultimi B-26 della formazione nemica, contrassegnati dai numeri identificativi 34 e 37, con effetti devastanti. Bastò un passaggio per Bellagambi che colpì il Marauder dall'alto, di coda. Il velivolo contrassegnato dal numero 37 venne centrato in pieno, il radio mitragliere Cornec colpito rimase immobile nella torretta superiore, il motore destro si incendiò e il Co-pilota, Adj. Michel Despinoy, rimase ucciso sul colpo; il suo cadavere ostruì l'angusto passaggio che metteva in comunicazione la sezione di prua dell'aereo con il vano bombe ed i portelloni, mentre il mitragliere di

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B-26 Marauder delle Forces Aèriennes Françaises Libres sul campo di Villacidro, con un vistoso danno da combattimento ai piani di coda.

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Il Cap. Bellagambi davanti al suo Messerschmitt Bf 109 G-6.

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Il Marauder n. 37 in volo.

MAR/APR 2020 | AEROFAN

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aircrashpo cacciatori di aerei

A

ircrashPO è un progetto nato nel 2007 quando Stefano Merli, allora presidente del Gruppo Modellisti Soresinesi, ricostruendo la storia delle incursioni aeree su Soresina, realizzò il diorama con il percorso della vecchia linea ferroviaria del trenino bombardata. Durante la ricerca di informazioni entrò in contatto con lo storico Prof. Agostino Alberti e ben presto si creò un piccolo gruppo di appassionati tra cui il fratello di Stefano, Luca, ai quali si unirono il ricercatore di Brescia Diego Vezzoli e il bergamasco Matteo Annoni. Ognuno mise a disposizione ciò che aveva, Annoni delle bobine Afhra da sviluppare da cui ricavare migliaia di documenti utili alle ricerche, Vezzoli la sua esperienza ma soprattutto ognuno portò tanta passione e la volontà di fare ricerca. L'Archeologia Aeronautica non è cosa semplice, non esistono libri o testi che la insegnino, c'è bisogno di fare esperienza, provare e riprovare cercando di migliorarsi, sperimentando strade nuove: dalla consultazione di documenti, rapporti e archivi, alla ricerca sul campo con strumentazione idonea. Fondamentale, poi, è la testimonianza di coloro che ai tempi erano ragazzini e ora sono fonte di notizie e racconti. AircrashPO ha iniziato l'attività nell'autunno del 2007 con la prima ricerca sul campo. Fu in quel periodo che i fratelli Luca e Stefano Merli raccolsero la testimonianza del crash di un Wellington a San Bassano (CR) recuperando i primi frammenti di alluminio avio. Ben presto ai cinque amici si unirono altri appassionati della provincia di Lodi, Bergamo, del nord e centro Italia. Oggi, spesso e volentieri i ricercatori di AcPO rispondono agli appelli di parenti e veterani d'oltreoceano o di altre Nazioni, ma non mancano appassionati Italiani che chiedono supporto per le proprie ricerche. I ricercatori sono tutti volontari che si autofinanziano totalmente e la strumentazione utilizzata è di proprietà di ogni singolo membro. In questi anni abbiamo indagato sul campo in relazione a circa 80 incidenti aerei e pubblicato inoltre diversi libri, presenziato a cerimonie e posa di cippi alla memoria, partecipato a conferenze e lezioni nelle scuole, il tutto gratuitamente, perché la Storia venga tramandata alle future generazioni in modo che gli aviatori che diedero la vita, a prescindere dalla loro nazionalità, vengano ricordati oggi e domani. La filosofia su cui si basa il nostro gruppo è passione e piacere di condividere la Storia e la ricerca, non abbiamo ricevuto in passato e non riceviamo finanziamenti ne contributi di alcun tipo.

CREDITI Cremona sotto le bombe! - A. Alberti - S. Merli Air War Italy 1944-45 - N. Beale - F. D'Amico - G. Valentini Sardinian Air Force - Alessandro Ragatzu Un ringraziamento particolare a Alain Bonnet figlio del mitragliere di coda Clovis Bonnet

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AEROFAN | IL MARAUDER FRANCESE ABBATTUTO SUL PIACENTINO

7

Il Serg. dell’Aviazione Nazionale Repubblicana Leo Talin.

cascinale vicino fino agli Anni '70/'80 e di vagoni carichi di lamiere e parti di aereo alla stazione in partenza in direzione nord, non hanno avuto conferme. Ebbi infine la fortuna di mettermi in contatto con uno dei figli del mitragliere Bonnet, uno dei due sopravvissuti. Alain Bonnet aveva raccolto la testimonianza del padre e conservava diverso materiale, ed è riuscito a recuperare anche la documentazione composta da rapporti e testimonianze scritta dell'altro aviatore che si paracadutò, oltre alla lettera dell'ufficiale incaricato dell'inchiesta, il Capitano Guy de Blèvennec, che ricostruì l’accaduto con testimonianze dell'epoca. Incrociando i documenti e le informazioni in nostro possesso con la documentazione fornita da Alan e Guy Bonnet si è potuta ricostruire l'intera vicenda che vide coinvolti i Marauder della FAFL e i Bf 109 dell'ANR e della Luftwaffe. Una volta provveduto a inviare ai fratelli Bonnet alcuni frammenti del Marauder n. 37, la ricerca avrebbe potuto ritenersi conclusa. Ma alcuni interrogativi erano rimasti senza risposta: che fine aveva fatto il fotografo Adj. Jollivet di cui risultava la presenza a bordo dai rapporti ma non è menzionato tra i decorati dell'equipaggio? Il bersaglio da bombardare era veramente il deposito di munizioni sito dove ora c'è il Parco Galleana oppure si trattava del mastodontico deposito carburante sotterraneo a Castelvetro Piacentino a 6 km dal luogo dell'impatto, dove è ancora visibile un rifugio a cono nella struttura gestita dalla Wehrmacht? È iniziata così una nuova ricerca, e investigare su questa struttura sulle sponde del Po di cui abbiamo fotografie sia durante i bombardamenti a opera dell'USAAF che ricognizioni aeree da parte della RAAF sarà una nostra prossima impresa.

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Lettera con la relazione sull'inchiesta dell'abbattimento del B-26 redatta dal Capitano Guy De Blevennec al suo ritorno dall'Italia.


aircrashpo cacciatori di aerei

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ircrashPO è un progetto nato nel 2007 quando Stefano Merli, allora presidente del Gruppo Modellisti Soresinesi, ricostruendo la storia delle incursioni aeree su Soresina, realizzò il diorama con il percorso della vecchia linea ferroviaria del trenino bombardata. Durante la ricerca di informazioni entrò in contatto con lo storico Prof. Agostino Alberti e ben presto si creò un piccolo gruppo di appassionati tra cui il fratello di Stefano, Luca, ai quali si unirono il ricercatore di Brescia Diego Vezzoli e il bergamasco Matteo Annoni. Ognuno mise a disposizione ciò che aveva, Annoni delle bobine Afhra da sviluppare da cui ricavare migliaia di documenti utili alle ricerche, Vezzoli la sua esperienza ma soprattutto ognuno portò tanta passione e la volontà di fare ricerca. L'Archeologia Aeronautica non è cosa semplice, non esistono libri o testi che la insegnino, c'è bisogno di fare esperienza, provare e riprovare cercando di migliorarsi, sperimentando strade nuove: dalla consultazione di documenti, rapporti e archivi, alla ricerca sul campo con strumentazione idonea. Fondamentale, poi, è la testimonianza di coloro che ai tempi erano ragazzini e ora sono fonte di notizie e racconti. AircrashPO ha iniziato l'attività nell'autunno del 2007 con la prima ricerca sul campo. Fu in quel periodo che i fratelli Luca e Stefano Merli raccolsero la testimonianza del crash di un Wellington a San Bassano (CR) recuperando i primi frammenti di alluminio avio. Ben presto ai cinque amici si unirono altri appassionati della provincia di Lodi, Bergamo, del nord e centro Italia. Oggi, spesso e volentieri i ricercatori di AcPO rispondono agli appelli di parenti e veterani d'oltreoceano o di altre Nazioni, ma non mancano appassionati Italiani che chiedono supporto per le proprie ricerche. I ricercatori sono tutti volontari che si autofinanziano totalmente e la strumentazione utilizzata è di proprietà di ogni singolo membro. In questi anni abbiamo indagato sul campo in relazione a circa 80 incidenti aerei e pubblicato inoltre diversi libri, presenziato a cerimonie e posa di cippi alla memoria, partecipato a conferenze e lezioni nelle scuole, il tutto gratuitamente, perché la Storia venga tramandata alle future generazioni in modo che gli aviatori che diedero la vita, a prescindere dalla loro nazionalità, vengano ricordati oggi e domani. La filosofia su cui si basa il nostro gruppo è passione e piacere di condividere la Storia e la ricerca, non abbiamo ricevuto in passato e non riceviamo finanziamenti ne contributi di alcun tipo.

CREDITI Cremona sotto le bombe! - A. Alberti - S. Merli Air War Italy 1944-45 - N. Beale - F. D'Amico - G. Valentini Sardinian Air Force - Alessandro Ragatzu Un ringraziamento particolare a Alain Bonnet figlio del mitragliere di coda Clovis Bonnet

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Il Serg. dell’Aviazione Nazionale Repubblicana Leo Talin.

cascinale vicino fino agli Anni '70/'80 e di vagoni carichi di lamiere e parti di aereo alla stazione in partenza in direzione nord, non hanno avuto conferme. Ebbi infine la fortuna di mettermi in contatto con uno dei figli del mitragliere Bonnet, uno dei due sopravvissuti. Alain Bonnet aveva raccolto la testimonianza del padre e conservava diverso materiale, ed è riuscito a recuperare anche la documentazione composta da rapporti e testimonianze scritta dell'altro aviatore che si paracadutò, oltre alla lettera dell'ufficiale incaricato dell'inchiesta, il Capitano Guy de Blèvennec, che ricostruì l’accaduto con testimonianze dell'epoca. Incrociando i documenti e le informazioni in nostro possesso con la documentazione fornita da Alan e Guy Bonnet si è potuta ricostruire l'intera vicenda che vide coinvolti i Marauder della FAFL e i Bf 109 dell'ANR e della Luftwaffe. Una volta provveduto a inviare ai fratelli Bonnet alcuni frammenti del Marauder n. 37, la ricerca avrebbe potuto ritenersi conclusa. Ma alcuni interrogativi erano rimasti senza risposta: che fine aveva fatto il fotografo Adj. Jollivet di cui risultava la presenza a bordo dai rapporti ma non è menzionato tra i decorati dell'equipaggio? Il bersaglio da bombardare era veramente il deposito di munizioni sito dove ora c'è il Parco Galleana oppure si trattava del mastodontico deposito carburante sotterraneo a Castelvetro Piacentino a 6 km dal luogo dell'impatto, dove è ancora visibile un rifugio a cono nella struttura gestita dalla Wehrmacht? È iniziata così una nuova ricerca, e investigare su questa struttura sulle sponde del Po di cui abbiamo fotografie sia durante i bombardamenti a opera dell'USAAF che ricognizioni aeree da parte della RAAF sarà una nostra prossima impresa.

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Lettera con la relazione sull'inchiesta dell'abbattimento del B-26 redatta dal Capitano Guy De Blevennec al suo ritorno dall'Italia.


Svenska Aeroplan Aktiebolaget

Gli aerei venuti dal Nord prima parte Paolo Gianvanni

L

Un SAAB B 18A convertito in ricognitore strategico e utilizzato dall’F 11 a Nyköping.

a Svenska Aeroplan Aktiebolaget AB venne costituita a Trollhättan il 2 aprile 1937, come società per azioni privata ma, sulla spinta del governo svedese, con un ambizioso programma di costruzioni incentrato sulle strutture di Trollhättan e di Linköping rispettivamente nella produzione di bombardieri medi e b o m ba rd i e r i l e g g e r i /a d d e s t ra to r i .

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Svenska Aeroplan Aktiebolaget

Gli aerei venuti dal Nord prima parte Paolo Gianvanni

L

Un SAAB B 18A convertito in ricognitore strategico e utilizzato dall’F 11 a Nyköping.

a Svenska Aeroplan Aktiebolaget AB venne costituita a Trollhättan il 2 aprile 1937, come società per azioni privata ma, sulla spinta del governo svedese, con un ambizioso programma di costruzioni incentrato sulle strutture di Trollhättan e di Linköping rispettivamente nella produzione di bombardieri medi e b o m ba rd i e r i l e g g e r i /a d d e s t ra to r i .

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La linea di produzione del B 17. Il velivolo mostrato è un B 17C equipaggiato con un motore Piaggio P. XIbis RC40 con elica sempre della Piaggio.

9

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6

48

Un B 17 armato con una bomba da 250 kg e quattro da 50 kg; è evidente la massa della carenatura del carrello retrattile intesa inizialmente per servire da aerofreno nel bombardamento a tu o, profilo di attacco poi abbandonato.

AEROFAN | SVENSKA AEROPLAN AKTIEBOLAGET

7

La versione idrovolante S 17BS aveva piccole superfici verticali inserite del piano orizzontale di coda per ripristinare la stabilità direzionale modificata dai grossi scarponi.

Formazione di B 17 dell’F 3. Il velivolo venne ritirato dalla linea da combattimento nel 1948.

I SAAB 17A durante il volo di consegna in Etiopia. La commessa fu funestata dalla caduta in Italia il 18 novembre 1947, sui rilievi della costiera salernitana, del Bristol 170 civile che riportava in patria piloti e tecnici protagonisti della prima parte dell’operazione.

10 Un B 17B con motore Pratt & Whitney Twin Wasp equipaggiato con gli sci retrattili.

Un B 17B dell’F 3 mostra la pulizia delle superfici di ala e fusoliera ottenuta con l’impiego di rivetti “a ogati”.


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La linea di produzione del B 17. Il velivolo mostrato è un B 17C equipaggiato con un motore Piaggio P. XIbis RC40 con elica sempre della Piaggio.

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Un B 17 armato con una bomba da 250 kg e quattro da 50 kg; è evidente la massa della carenatura del carrello retrattile intesa inizialmente per servire da aerofreno nel bombardamento a tu o, profilo di attacco poi abbandonato.

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La versione idrovolante S 17BS aveva piccole superfici verticali inserite del piano orizzontale di coda per ripristinare la stabilità direzionale modificata dai grossi scarponi.

Formazione di B 17 dell’F 3. Il velivolo venne ritirato dalla linea da combattimento nel 1948.

I SAAB 17A durante il volo di consegna in Etiopia. La commessa fu funestata dalla caduta in Italia il 18 novembre 1947, sui rilievi della costiera salernitana, del Bristol 170 civile che riportava in patria piloti e tecnici protagonisti della prima parte dell’operazione.

10 Un B 17B con motore Pratt & Whitney Twin Wasp equipaggiato con gli sci retrattili.

Un B 17B dell’F 3 mostra la pulizia delle superfici di ala e fusoliera ottenuta con l’impiego di rivetti “a ogati”.


SAAB B 17B

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SAAB B 17B

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B 18 L'altro programma lanciato nel 1939 fu quello dell'L-11 (poi Saab 18), un bimotore da bombardamento, ricognizione strategica e attacco antinave col siluro. Con lo scoppio della guerra lo sviluppo dell'L-11 venne temporaneamente bloccato per concentrare le risorse sul B 17 ma il lavoro fu ripreso nel giugno 1940. In realtà il progetto scelto non fu quello proposto da SAAB, ma quello della concorrente ASJA poco prima della sua fusioneincorporazione in SAAB. I piani originali erano di montare due Twin Wasp da 1.065 hp in attesa dei Bristol Taurus da 1.215 hp. Il prototipo volò il 19 giugno del 1942 e la produzione fu avviata nel marzo 1944 concludendosi nel dicembre 1945 con un totale di 244 esemplari distribuiti in due versioni principali: il B 18A/S 18 con gli SFA Twin Wasp ed il B 18B/T 18B con i Daimler Benz DB 605B che avevano preso il posto dei previsti Taurus.

12

Nel marzo 1944 iniziarono le consegne del B 18A che andò a sostituire il B 3 che armava l’F 1 di Västerås.

Lo sviluppo del bimotore non fu facile, sia per le continue richieste di modifiche da parte dell'aeronautica sia per problemi ai castelli motore dopo l'ingresso in servizio nell'F 1 di Västerås che fu l'unico a schierare il velivolo sostituendo i vecchi B3 (Ju-86K) poi modificati sempre da SAAB in trasporti. Il B18A, con un equipaggio di tre uomini, poteva trasportare un carico bellico di 1.400 kg (il 40% in più rispetto al B3) e l'armamento fisso era costituito da una mitragliatrice da 13,2 mm in caccia e altre due brandeggiabili per la difesa. Il velivolo restò in servizio con l'F 1 per poco tempo e già nel 1946 gli aerei consegnati vennero trasformati in S 18A e assegnati all'F 11 di Nyköping e poi all'F 3 di Malmslätt come ricognitori strategici. Nel 1949 venne introdotto un radar AP/APS-4 (PS-18A) con portata di 185 km in un pod esterno appeso sotto al muso con cui l'S 18A divenne il primo aereo

dell'aeronautica svedese equipaggiato con radar. I ricognitori servirono anche con l'F 21 di Luleä ed il modello venne ritirato dal servizio solo nel 1959 sostituito dal Lansen. Due esemplari, immatricolati civili, sopravvissero fino al 1960 con Airborne Mapping Ltd per operazioni di aerofotogrammetria. Tornando alla storia del B 18, il 10 giugno 1944 volò il B 18B rimotorizzato con i Daimler Benz DB 605B da 1.475 hp di cui era stata nel frattempo acquisita la licenza. Oltre alla maggiore potenza e velocità, il modello ebbe dalla sua l'introduzione del collimatore di sgancio SAAB BT9 che permetteva il bombardamento in picchiata leggera e fu il primo aereo svedese in grado di lanciare razzi (per un massimo di 12) di vari calibri montati sia sotto le ali che, su un'apposita rastrelliera, al di sotto della fusoliera rimuovendo la torretta inferiore. Infine, nel 1949, i velivoli in servizio, furono retrofittati in SAAB con l'installazione di due sedili eiettabili. A quell'epoca il velivolo era passato dal b o m b a rd a m e n to a l l ' a tt a c c o c o n l a r i d u z i o n e dell'equipaggio da tre a due uomini. Complessivamente furono costruiti 120 B 18B che servirono con gli Wing F14 a Halmstad, F 1 a Västerås e F 7 a Sâtenäs. L'ultimo esemplare venne ritirato dal servizio nel 1958. La terza versione del bimotore su la T 18B inizialmente destinata al lancio di siluri e mine; tramontata la specifica, il velivolo fu armato con due cannoni da 20 mm in caccia con l'opzione di un cannone Bofors da 57 mm pesante 735 kg con 40 colpi ed un rateo di tiro di 2 colpi al secondo. Il cannone, installabile in sole due ore, aveva una precisione eccezionale a distanze fino a 2 km. Il T 18B fu anche usato per la sperimentazione del missili antinave Rb 302. Complessivamente furono consegnati 62 T 18B che armarono l'F 17 a Ronneby dal giugno 1947 venendo sostituiti dai Lansen nel 1957-58.

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Nel marzo 1944 iniziarono le consegne del B 18A che andò a sostituire il B 3 che armava l’ F 1 di Västerås.

Una coppia di B 18B dell’F 14 di Halmstad. Col passaggio dalla specialità bombardamento a quella attacco, l’equipaggio fu ridotto a due soli uomini che, grazie ad un rapido programma di modifica, ebbero a disposizione sedili eiettabili.

Il B 18B fu il primo aereo svedese armato con razzi che potevano essere agganciati sotto le ali e il muso su un supporto smontabile visibile sugli esemplari dell’ F14 della foto.

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B 18 L'altro programma lanciato nel 1939 fu quello dell'L-11 (poi Saab 18), un bimotore da bombardamento, ricognizione strategica e attacco antinave col siluro. Con lo scoppio della guerra lo sviluppo dell'L-11 venne temporaneamente bloccato per concentrare le risorse sul B 17 ma il lavoro fu ripreso nel giugno 1940. In realtà il progetto scelto non fu quello proposto da SAAB, ma quello della concorrente ASJA poco prima della sua fusioneincorporazione in SAAB. I piani originali erano di montare due Twin Wasp da 1.065 hp in attesa dei Bristol Taurus da 1.215 hp. Il prototipo volò il 19 giugno del 1942 e la produzione fu avviata nel marzo 1944 concludendosi nel dicembre 1945 con un totale di 244 esemplari distribuiti in due versioni principali: il B 18A/S 18 con gli SFA Twin Wasp ed il B 18B/T 18B con i Daimler Benz DB 605B che avevano preso il posto dei previsti Taurus.

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Nel marzo 1944 iniziarono le consegne del B 18A che andò a sostituire il B 3 che armava l’F 1 di Västerås.

Lo sviluppo del bimotore non fu facile, sia per le continue richieste di modifiche da parte dell'aeronautica sia per problemi ai castelli motore dopo l'ingresso in servizio nell'F 1 di Västerås che fu l'unico a schierare il velivolo sostituendo i vecchi B3 (Ju-86K) poi modificati sempre da SAAB in trasporti. Il B18A, con un equipaggio di tre uomini, poteva trasportare un carico bellico di 1.400 kg (il 40% in più rispetto al B3) e l'armamento fisso era costituito da una mitragliatrice da 13,2 mm in caccia e altre due brandeggiabili per la difesa. Il velivolo restò in servizio con l'F 1 per poco tempo e già nel 1946 gli aerei consegnati vennero trasformati in S 18A e assegnati all'F 11 di Nyköping e poi all'F 3 di Malmslätt come ricognitori strategici. Nel 1949 venne introdotto un radar AP/APS-4 (PS-18A) con portata di 185 km in un pod esterno appeso sotto al muso con cui l'S 18A divenne il primo aereo

dell'aeronautica svedese equipaggiato con radar. I ricognitori servirono anche con l'F 21 di Luleä ed il modello venne ritirato dal servizio solo nel 1959 sostituito dal Lansen. Due esemplari, immatricolati civili, sopravvissero fino al 1960 con Airborne Mapping Ltd per operazioni di aerofotogrammetria. Tornando alla storia del B 18, il 10 giugno 1944 volò il B 18B rimotorizzato con i Daimler Benz DB 605B da 1.475 hp di cui era stata nel frattempo acquisita la licenza. Oltre alla maggiore potenza e velocità, il modello ebbe dalla sua l'introduzione del collimatore di sgancio SAAB BT9 che permetteva il bombardamento in picchiata leggera e fu il primo aereo svedese in grado di lanciare razzi (per un massimo di 12) di vari calibri montati sia sotto le ali che, su un'apposita rastrelliera, al di sotto della fusoliera rimuovendo la torretta inferiore. Infine, nel 1949, i velivoli in servizio, furono retrofittati in SAAB con l'installazione di due sedili eiettabili. A quell'epoca il velivolo era passato dal b o m b a rd a m e n to a l l ' a tt a c c o c o n l a r i d u z i o n e dell'equipaggio da tre a due uomini. Complessivamente furono costruiti 120 B 18B che servirono con gli Wing F14 a Halmstad, F 1 a Västerås e F 7 a Sâtenäs. L'ultimo esemplare venne ritirato dal servizio nel 1958. La terza versione del bimotore su la T 18B inizialmente destinata al lancio di siluri e mine; tramontata la specifica, il velivolo fu armato con due cannoni da 20 mm in caccia con l'opzione di un cannone Bofors da 57 mm pesante 735 kg con 40 colpi ed un rateo di tiro di 2 colpi al secondo. Il cannone, installabile in sole due ore, aveva una precisione eccezionale a distanze fino a 2 km. Il T 18B fu anche usato per la sperimentazione del missili antinave Rb 302. Complessivamente furono consegnati 62 T 18B che armarono l'F 17 a Ronneby dal giugno 1947 venendo sostituiti dai Lansen nel 1957-58.

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Nel marzo 1944 iniziarono le consegne del B 18A che andò a sostituire il B 3 che armava l’ F 1 di Västerås.

Una coppia di B 18B dell’F 14 di Halmstad. Col passaggio dalla specialità bombardamento a quella attacco, l’equipaggio fu ridotto a due soli uomini che, grazie ad un rapido programma di modifica, ebbero a disposizione sedili eiettabili.

Il B 18B fu il primo aereo svedese armato con razzi che potevano essere agganciati sotto le ali e il muso su un supporto smontabile visibile sugli esemplari dell’ F14 della foto.

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Un S 18A, completo di radar. L’equipaggio saliva a bordo grazie alla scaletta visibile nella parte posteriore della gongola della cabina in cui in origine era installata una delle mitragliatrici brandeggiabili per la difesa. Sul T 18B, in cui il muso venne modificato per contenere l’armamento, l’accesso a bordo avveniva invece attraverso un pannello ribaltabile frontale.

L’ultima versione fu la T 18B nata per l’attacco antinave 18-19 con siluro e mine, ma poi convertito all’attacco con un nuovo ventre del musetto, raccordato con la stiva bombe in cui erano inseriti due cannoni da 20 mm. Il T 18B ebbe anche l’opzione del montaggio in un paio di ore di un cannone Bofors L/50 da 57 mm con 40 colpi inserito nella stiva bombe, lungo 5,3 m e pesante 735 kg.

Manutenzione sul Daimler Benz DB 605B che migliorò decisamente le prestazioni del velivolo nella versione B 18B.

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Un S 18A, completo di radar. L’equipaggio saliva a bordo grazie alla scaletta visibile nella parte posteriore della gongola della cabina in cui in origine era installata una delle mitragliatrici brandeggiabili per la difesa. Sul T 18B, in cui il muso venne modificato per contenere l’armamento, l’accesso a bordo avveniva invece attraverso un pannello ribaltabile frontale.

L’ultima versione fu la T 18B nata per l’attacco antinave 18-19 con siluro e mine, ma poi convertito all’attacco con un nuovo ventre del musetto, raccordato con la stiva bombe in cui erano inseriti due cannoni da 20 mm. Il T 18B ebbe anche l’opzione del montaggio in un paio di ore di un cannone Bofors L/50 da 57 mm con 40 colpi inserito nella stiva bombe, lungo 5,3 m e pesante 735 kg.

Manutenzione sul Daimler Benz DB 605B che migliorò decisamente le prestazioni del velivolo nella versione B 18B.

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SAAB J 21A

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91 SAFIR Nel 1944 la SAAB avviò il programma dell'addestratore SAAB 91 Safir con capo della progettazione A.J. Andersson che nel 1939 era rientrato in Svezia dopo essere stato responsabile di vari ottimi modelli della società tedesca Bücker, dal biplano Bü 131 Jungmann al moderno monoplano Bü 181 Bestmann. Proprio questo ultimo servì di base al SAAB 91 che però era di costruzione quasi completamente metallica (salvo la parte posteriore delle ali e le superfici di controllo) e dotato di un carrello triciclo.

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Gipsy Major X da 147 hp; la prima serie di 48 esemplari venne venduta in gran parte all'Etiopia come addestratore primario e all'aeronautica svedese per collegamento (TP91). Come già accennato per il B 17, la SAAB ottenne un notevole successo in Etiopia e durante le consegne del Safir, il 9-10 maggio 1947, il conte Carl Gustaf von Rosen a bordo dell'esemplare 106 fu protagonista di un volo record senza scalo di 30h 52' dall'aeroporto Bromma di Stoccolma ad Addis Abeba. L'unica modifica apportata fu il montaggio di un serbatoio ausiliario sul sedile posteriore che portava la capacità totale da 118 a 947 litri con un peso totale al decollo di 1.500 kg contro i normali 1.075 kg. Nel 1949 apparve la versione 91B che montava un motore Lycoming O-435A a sei cilindri contrapposti da 190 hp ed il modello, caratterizzato da una piccola pinna di raccordo della deriva e da una vetratura della cabina più ampia, venne ordinato nel 1951 in 74 esemplari dall'aeronautica svedese per equipaggiare la scuola primo periodo come Sk 50B. La commessa, a causa della saturazione delle possibilità produttive della SAAB per i suoi impegni sugli aerei da combattimento, venne data in subcontratto all'olandese De Schelde (poi assorbita da Fokker) che finì col costruire tra il 1951 ed il 1955 ben 120 Safir forniti anche alle scuole delle compagnie aeree Sabena, Air France e con un nuovo lotto per l'aeronautica etiopica; del totale facevano parte anche alcuni 91C quadriposto in cui il

Il prototipo del SAAB 91 Safir volò il 20 novembre 1945. Il mercato civile postbellico sperato dalla società non si materializzò ma in compenso giunsero commesse militari.

Il primo volo ebbe luogo il 20 novembre 1945 e l'aereo entrò in produzione nella primavera del 1946 con la versione 91A che conservava il motore con cilindri in linea de Havilland

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L’arrivo del conte Carl Gustaf von Rosen a Addis Abeba dopo il volo di consegna record senza scalo dalla Svezia di uno dei Safir ordinati dall’aeronautica etiopica.

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Il prototipo del Safir venne usato, rispettivamente designato SAAB 201 e SAAB 202, per raccogliere dati sul comportamento dell’ala freccia in supporto ai programmi J 29 e J 32.

serbatoio in fusoliera era stato trasferito nelle ali. La Saab riprese in casa la linea del Safir nel 1956 per assolvere la commessa di 25 91D per l'aeronautica norvegese, 20 91D (col quattro cilindri Lycoming O-360-A1A da 180 hp) per l'aeronautica finlandese e 19 per la RLS, scuola per piloti civili del governo olandese. Il successo del Safir continuò con l'arrivo dell'ordine dell'aeronautica

tunisina per 14 aerei, di quella austriaca per 24 e i riordini delle aeronautiche di Svezia (Sk 50C), Finlandia e Etiopia. Questa ultima finì col divenire il principale cliente del modello dopo la Svezia (99 esemplari) con un totale di 48 aerei in diverse versioni e proprio gli ultimi quattro Safir costruiti, completati nel 1966, furono destinati all'Etiopia. La linea del Safir si concluse con 323 esemplari che servirono a lungo con successo in 6 forze aeree e, in totale, in 21 paesi e i cui superstiti confluirono poi nel mercato dell'aviazione generale dove ancor oggi possono essere incontrati frequentemente. Ne fu sviluppata anche una versione idrovolante provata col SE-AUN (primo di produzione), ma l'idea fu accantonata nel 1947 anche se l'esemplare TP 91 dell'Aeronautica operò per ricognizione, in configurazioni alternative ruote e galleggianti, in una spedizione internazionale nella Terra della Regina Maud in Antartico nel 1952. Il prototipo del Safir SE-APN è servito anche come banco prova per le ali di J29 (nel 1947 come SAAB 201) e Lansen (nel 1950 come SAAB 202). Inoltre, il primo 91B (n/c 91201) fu trasformato in Giappone nel Nihon Hikoki X1G1 dimostratore STOL usato dal Japanese Flight Test Center come JA-3055 per la ricerca in campo STOL con una APU (Auxiliary Power Unit) a bordo che soffiava aria sui flap e sulle superfici di controllo dotate di rivestimento metallico per resistere alle alte temperature. Nell'aeronautica svedese

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Con le linee impegnate sui velivoli da combattimento, SAAB dette in subcontratto la produzione del Safir all’olandese De Schelde.

Il primo esemplare di produzione del SAAB 91 provato in configurazione idrovolante.

il Safir venne sostituito nel 1971 dallo Scottish Aviation Bulldog designato Sk 61 ma continuò ad essere impiegato per collegamento fino al ritiro definitivo nel 1992.

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91 SAFIR Nel 1944 la SAAB avviò il programma dell'addestratore SAAB 91 Safir con capo della progettazione A.J. Andersson che nel 1939 era rientrato in Svezia dopo essere stato responsabile di vari ottimi modelli della società tedesca Bücker, dal biplano Bü 131 Jungmann al moderno monoplano Bü 181 Bestmann. Proprio questo ultimo servì di base al SAAB 91 che però era di costruzione quasi completamente metallica (salvo la parte posteriore delle ali e le superfici di controllo) e dotato di un carrello triciclo.

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Gipsy Major X da 147 hp; la prima serie di 48 esemplari venne venduta in gran parte all'Etiopia come addestratore primario e all'aeronautica svedese per collegamento (TP91). Come già accennato per il B 17, la SAAB ottenne un notevole successo in Etiopia e durante le consegne del Safir, il 9-10 maggio 1947, il conte Carl Gustaf von Rosen a bordo dell'esemplare 106 fu protagonista di un volo record senza scalo di 30h 52' dall'aeroporto Bromma di Stoccolma ad Addis Abeba. L'unica modifica apportata fu il montaggio di un serbatoio ausiliario sul sedile posteriore che portava la capacità totale da 118 a 947 litri con un peso totale al decollo di 1.500 kg contro i normali 1.075 kg. Nel 1949 apparve la versione 91B che montava un motore Lycoming O-435A a sei cilindri contrapposti da 190 hp ed il modello, caratterizzato da una piccola pinna di raccordo della deriva e da una vetratura della cabina più ampia, venne ordinato nel 1951 in 74 esemplari dall'aeronautica svedese per equipaggiare la scuola primo periodo come Sk 50B. La commessa, a causa della saturazione delle possibilità produttive della SAAB per i suoi impegni sugli aerei da combattimento, venne data in subcontratto all'olandese De Schelde (poi assorbita da Fokker) che finì col costruire tra il 1951 ed il 1955 ben 120 Safir forniti anche alle scuole delle compagnie aeree Sabena, Air France e con un nuovo lotto per l'aeronautica etiopica; del totale facevano parte anche alcuni 91C quadriposto in cui il

Il prototipo del SAAB 91 Safir volò il 20 novembre 1945. Il mercato civile postbellico sperato dalla società non si materializzò ma in compenso giunsero commesse militari.

Il primo volo ebbe luogo il 20 novembre 1945 e l'aereo entrò in produzione nella primavera del 1946 con la versione 91A che conservava il motore con cilindri in linea de Havilland

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L’arrivo del conte Carl Gustaf von Rosen a Addis Abeba dopo il volo di consegna record senza scalo dalla Svezia di uno dei Safir ordinati dall’aeronautica etiopica.

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Il prototipo del Safir venne usato, rispettivamente designato SAAB 201 e SAAB 202, per raccogliere dati sul comportamento dell’ala freccia in supporto ai programmi J 29 e J 32.

serbatoio in fusoliera era stato trasferito nelle ali. La Saab riprese in casa la linea del Safir nel 1956 per assolvere la commessa di 25 91D per l'aeronautica norvegese, 20 91D (col quattro cilindri Lycoming O-360-A1A da 180 hp) per l'aeronautica finlandese e 19 per la RLS, scuola per piloti civili del governo olandese. Il successo del Safir continuò con l'arrivo dell'ordine dell'aeronautica

tunisina per 14 aerei, di quella austriaca per 24 e i riordini delle aeronautiche di Svezia (Sk 50C), Finlandia e Etiopia. Questa ultima finì col divenire il principale cliente del modello dopo la Svezia (99 esemplari) con un totale di 48 aerei in diverse versioni e proprio gli ultimi quattro Safir costruiti, completati nel 1966, furono destinati all'Etiopia. La linea del Safir si concluse con 323 esemplari che servirono a lungo con successo in 6 forze aeree e, in totale, in 21 paesi e i cui superstiti confluirono poi nel mercato dell'aviazione generale dove ancor oggi possono essere incontrati frequentemente. Ne fu sviluppata anche una versione idrovolante provata col SE-AUN (primo di produzione), ma l'idea fu accantonata nel 1947 anche se l'esemplare TP 91 dell'Aeronautica operò per ricognizione, in configurazioni alternative ruote e galleggianti, in una spedizione internazionale nella Terra della Regina Maud in Antartico nel 1952. Il prototipo del Safir SE-APN è servito anche come banco prova per le ali di J29 (nel 1947 come SAAB 201) e Lansen (nel 1950 come SAAB 202). Inoltre, il primo 91B (n/c 91201) fu trasformato in Giappone nel Nihon Hikoki X1G1 dimostratore STOL usato dal Japanese Flight Test Center come JA-3055 per la ricerca in campo STOL con una APU (Auxiliary Power Unit) a bordo che soffiava aria sui flap e sulle superfici di controllo dotate di rivestimento metallico per resistere alle alte temperature. Nell'aeronautica svedese

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Con le linee impegnate sui velivoli da combattimento, SAAB dette in subcontratto la produzione del Safir all’olandese De Schelde.

Il primo esemplare di produzione del SAAB 91 provato in configurazione idrovolante.

il Safir venne sostituito nel 1971 dallo Scottish Aviation Bulldog designato Sk 61 ma continuò ad essere impiegato per collegamento fino al ritiro definitivo nel 1992.

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F-15 Eagle

ASAT Prove generali di Guerre Stellari

Luciano Pontolillo

E

rano le 12:42 del 13 s e tte m b re 1 9 8 5 q u a n d o i l maggiore Wilbert "Doug" Pearson premette il pulsante di sparo nella cabina di pilotaggio del suo F-15A, lanciando un missile in al to sull'Oceano PaciďŹ co. L'aeroplano stava eseguendo un'arrampicata quasi verticale volando appena sotto Mach 1, a 36.000 piedi. Il missile scomparve con un rombo sordo verso il suo obiettivo, il satellite Solwind P78-1, che si trovava 500 chilometri piĂš in al to e orbitava intorno alla Terra ad una velocitĂ di ol tre 28.000 km/h.

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ASAT Prove generali di Guerre Stellari

Luciano Pontolillo

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rano le 12:42 del 13 s e tte m b re 1 9 8 5 q u a n d o i l maggiore Wilbert "Doug" Pearson premette il pulsante di sparo nella cabina di pilotaggio del suo F-15A, lanciando un missile in al to sull'Oceano PaciďŹ co. L'aeroplano stava eseguendo un'arrampicata quasi verticale volando appena sotto Mach 1, a 36.000 piedi. Il missile scomparve con un rombo sordo verso il suo obiettivo, il satellite Solwind P78-1, che si trovava 500 chilometri piĂš in al to e orbitava intorno alla Terra ad una velocitĂ di ol tre 28.000 km/h.

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nuovo sistema d'arma aviolanciato, codificato ASM-135, al quale erano richieste capacità di risposta rapida e flessibile. Il programma era gestito dalla divisione spaziale dell'Air Force e riuniva appaltatori civili (principalmente Boeing, Ling-Temco-Vought e McDonnell Douglas) insieme al personale dell'Aeronautica. Le missioni previste dal programma si sarebbero svolte sulla Edwards AFB dove il maggiore Pearson comandava quella che venne chiamata F-15 Anti-Satellite Combined Test Force, o CTF. Perché l'F-15? Come ebbe a dichiarare Pearson “L'F-15 è un vero purosangue: possiamo volare supersonici e manovrare anche in salita per portarci nella giusta posizione di lancio. Possiamo integrare tutti i sistemi

7

Da sinistra: Patch dell’ASAT Test Force, del 6512th Test Squadron e commemorativa della missione del 13 settembre 1985.

richiesti per l'interfaccia vettore/missile e, non in ultimo, è l'unico in grado di trasportare l'arma ASAT senza bisogno di modifiche estese”. L'ASM-135 era un missile molto grande, quindi aveva bisogno di un aereo performante e abbastanza grande a sua volta. L'F-16, ad esempio, non aveva un'altezza sufficiente da terra per trasportare il missile in sicurezza. Quando il missile scomparve alla vista, quel 13 settembre, tutto ciò che Pearson poteva fare era aspettare che dalla sala di controllo confermassero la riuscita del lancio e dell'intercettazione: a tal proposito era stato elaborato un codice ben preciso in modo che le comunicazioni radio non svelassero ad eventuali “curiosi” la natura della missione né la sua riuscita. Al momento del lancio il pilota avrebbe comunicato al

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L’F-15A protagonista della missione del 13 settembre 1985 soprannominato “Celestial Eagle”.

AEROFAN | F-15 EAGLE ASAT

Il Celestial Eagle in volo sulla Vandenberg Tracking Station.

Foto di squadra della Combined Test Force, formata da personale delle Ditte LTV, Boeing e McDonnell Douglas, dell’USAF e dello Space Command.

controllo missione la sua intenzione di livellare a 36.000 piedi. Se il lancio fosse riuscito, il controllo missione avrebbe risposto: “Roger, Aggie-1 (il call sign di Pearson). That's a good altitude”. Se invece il lancio non avesse avuto successo, al pilota sarebbe stato consigliato di portarsi ad una diversa quota. Ricorda Pearson: “Dalla sala controllo non fu necessario dire nulla: all'improvviso, aprirono la comunicazione e sentii nella radio le urla di gioia". La missione, la terza del programma di test, era riuscita. Per la prima volta nella storia, un satellite era stato colpito da un missile guidato lanciato da un aereo. Un momento

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unico nella complicata, e in continua evoluzione, lotta tra potenze rivali per la conquista della supremazia militare spaziale. La missione del 13 settembre non fu esente da problemi. Il satellite Solwind, vittima sacrificale del programma ASAT, stava ancora raccogliendo dati meteorologici pur avendo ormai superato ufficialmente la sua vita utile. Per questo motivo quando la comunità scientifica venne a conoscenza dell’intenzione di usare Solwind come cavia, ci furono molte proteste. Ma i calcoli avevano stabilito che il 4 settembre 1985, giorno inizialmente fissato per il test, il satellite si sarebbe

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nuovo sistema d'arma aviolanciato, codificato ASM-135, al quale erano richieste capacità di risposta rapida e flessibile. Il programma era gestito dalla divisione spaziale dell'Air Force e riuniva appaltatori civili (principalmente Boeing, Ling-Temco-Vought e McDonnell Douglas) insieme al personale dell'Aeronautica. Le missioni previste dal programma si sarebbero svolte sulla Edwards AFB dove il maggiore Pearson comandava quella che venne chiamata F-15 Anti-Satellite Combined Test Force, o CTF. Perché l'F-15? Come ebbe a dichiarare Pearson “L'F-15 è un vero purosangue: possiamo volare supersonici e manovrare anche in salita per portarci nella giusta posizione di lancio. Possiamo integrare tutti i sistemi

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Da sinistra: Patch dell’ASAT Test Force, del 6512th Test Squadron e commemorativa della missione del 13 settembre 1985.

richiesti per l'interfaccia vettore/missile e, non in ultimo, è l'unico in grado di trasportare l'arma ASAT senza bisogno di modifiche estese”. L'ASM-135 era un missile molto grande, quindi aveva bisogno di un aereo performante e abbastanza grande a sua volta. L'F-16, ad esempio, non aveva un'altezza sufficiente da terra per trasportare il missile in sicurezza. Quando il missile scomparve alla vista, quel 13 settembre, tutto ciò che Pearson poteva fare era aspettare che dalla sala di controllo confermassero la riuscita del lancio e dell'intercettazione: a tal proposito era stato elaborato un codice ben preciso in modo che le comunicazioni radio non svelassero ad eventuali “curiosi” la natura della missione né la sua riuscita. Al momento del lancio il pilota avrebbe comunicato al

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L’F-15A protagonista della missione del 13 settembre 1985 soprannominato “Celestial Eagle”.

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Il Celestial Eagle in volo sulla Vandenberg Tracking Station.

Foto di squadra della Combined Test Force, formata da personale delle Ditte LTV, Boeing e McDonnell Douglas, dell’USAF e dello Space Command.

controllo missione la sua intenzione di livellare a 36.000 piedi. Se il lancio fosse riuscito, il controllo missione avrebbe risposto: “Roger, Aggie-1 (il call sign di Pearson). That's a good altitude”. Se invece il lancio non avesse avuto successo, al pilota sarebbe stato consigliato di portarsi ad una diversa quota. Ricorda Pearson: “Dalla sala controllo non fu necessario dire nulla: all'improvviso, aprirono la comunicazione e sentii nella radio le urla di gioia". La missione, la terza del programma di test, era riuscita. Per la prima volta nella storia, un satellite era stato colpito da un missile guidato lanciato da un aereo. Un momento

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unico nella complicata, e in continua evoluzione, lotta tra potenze rivali per la conquista della supremazia militare spaziale. La missione del 13 settembre non fu esente da problemi. Il satellite Solwind, vittima sacrificale del programma ASAT, stava ancora raccogliendo dati meteorologici pur avendo ormai superato ufficialmente la sua vita utile. Per questo motivo quando la comunità scientifica venne a conoscenza dell’intenzione di usare Solwind come cavia, ci furono molte proteste. Ma i calcoli avevano stabilito che il 4 settembre 1985, giorno inizialmente fissato per il test, il satellite si sarebbe

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Fotografia autografata dal Maj. Pearson relativa al lancio del 13 settembre 1985.

Ritratto del Major General Wilbert D. “Doug” Pearson.

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trovato nel posto giusto, quindi la missione procedette nonostante tutto. Pearson aveva invitato il generale dell'Air Force Forrest McCartney, comandante della divisione spaziale di Los Angeles, ad essere presente al test. Mentre aspettavano nel club degli ufficiali che venissero effettuati gli ultimi controlli a terra, McCartney ricevette una telefonata. Dopo pochi minuti ritornò e disse a Pearson che la missione era stata bloccata da un'ingiunzione presentata da una manciata di rappresentanti del Congresso e della Federazione degli scienziati americani: la certificazione presidenziale al Congresso, attestante che il test era richiesto per la difesa nazionale, non era arrivata entro 15 giorni dal lancio, come previsto dalla legge, perché protocollata 14 giorni prima. L'ingiunzione non si basava solo su un banale tecnicismo ma ne prendeva spunto per una battaglia di più vasta portata. La Strategic Defense Initiative del presidente Ronald Reagan (le famose “Guerre Stellari”) era stata appena annunciata e molti oppositori vedevano il programma ASAT come parte della corsa agli armamenti spaziali. Gli oppositori contestavano inoltre la tempistica del test, che si sarebbe svolto a soli due mesi da un vertice programmato tra Reagan e il premier sovietico Mikhail Gorbachev, con il rischio di “provocare” inutilmente i sovietici. Una seconda ingiunzione fu negata da un giudice federale e la squadra di Pearson riprogrammò un nuovo lancio per il 13 settembre. Dopo il decollo Pearson ebbe il rendez-vous con un'aerocisterna a circa 200 miglia dalla Vandenberg AFB, in perfetto orario sulla tabella di marcia. Il profilo di missione prevedeva una serie di waypoint gestiti dal computer di bordo che indicava al pilota rotta, quota e tempi di percorrenza. La precisione di ogni riporto era essenziale per trovarsi al posto giusto nel momento del lancio, e la difficoltà era crescente man mano che i waypoint scorrevano sul computer. Infine Pearson alle 12:42, tre ore e mezza dopo il decollo, a 30.000 piedi e in volo livellato, accese i postbruciatori, accelerò l'aereo a Mach 1.3 e iniziò un'arrampicata a circa 60° gradi. L'F-15 rallentò a Mach 0.96 all'avvio del conto alla rovescia. A zero, Pearson premette il pulsante di sparo e il missile si separò rendendo l'F-15 improvvisamente più leggero di 1.300 chili. “È stato uno spettacolo meraviglioso vedere il missile sospeso in aria e poi la fiamma fuoruscire dal motore a razzo”, ricordò Pearson in seguito, “Attesi fino al momento in cui sapevo che avrebbe dovuto verificarsi un impatto, quindi chiamai il mio amico Scott nella sala di controllo e sentii gli applausi. È stato un grande giorno. Centinaia e centinaia di persone hanno lavorato molto duramente, per molto tempo, per rendere questo un successo, e lo è stato, e ha avuto un grande impatto sui nostri avversari perché avevano puntato molto sul vantaggio guadagnato grazie ai satelliti da ricognizione e ora sapevano - per dimostrazione - che potevamo azzerare quel vantaggio. Penso, dal loro punto di vista, che l'abbiamo fatto sembrare facile. Siamo decollati, siamo saliti in alto, abbiamo colpito un satellite. Non ci hanno mai visto sudare, in altre parole”.

ltv asm-135

L

'ASM-135 ASAT è stato un missile anti-satellite aviolanciato multistadio, sviluppato e costruito dalla statunitense Ling-Temco-Vought tra la fine degli Anni '70 e '80 su specifica dell'United States Air Force. Il missile fu progettato per essere lanciato da una versione appositamente modificata del McDonnell Douglas F-15 Eagle, seguendo un ben preciso profilo di volo. Il programma fu cancellato alla fine degli Anni '80 senza che l'arma entrasse mai in servizio operativo. Il programma per un sistema ASAT utilizzabile contro satelliti in orbita bassa venne avviato ufficialmente nel 1977, e due anni dopo la LTV Aerospace fu dichiarata vincitrice con un progetto riguardante un missile a tre stadi. Si trattava di un sistema aviolanciato lungo 5,42 m, con un diametro di 51 cm e un peso al lancio di 1.180 kg, realizzato partendo da componenti in gran parte già esistenti nell'inventario delle Forze Armate americane. Il primo stadio era costituito da un motore SR75-LP-1, lo stesso del missile AGM-69 SRAM. Questo stadio era stato sviluppato dalla Boeing, per l'occasione sub contractor della LTV. Il secondo stadio era, in sostanza, il quarto stadio del lanciatore Scout, ovvero di un Vought Altair III con motore Thiokol FW-4S. Questo stadio aveva il compito di dirigere la testata verso l'obiettivo, in modo da permettere poi al sistema di guida di inquadrarlo. Progettato dalla LTV, era munito di un sistema di guida inerziale, di un sistema ad elio liquido che serviva a raffreddare i sensori infrarossi del terzo stadio ed infine di un meccanismo per il controllo di assetto ad idrazina. Il terzo stadio era costituito dalla testata vera e propria, chiamata MHV (Miniature Homing Vehicle) o MKV (Miniature Kill Vehicle). Sviluppato anch'esso dalla LTV, era equipaggiato con sensori miniaturizzati all'infrarosso e di rollio, oltre che di un computer con una capacità di 24.000 bytes. La testata, che traeva le sue origini da un missile anticarro, non conteneva esplosivo in quanto la distruzione del bersaglio avveniva secondo la tecnica “hit-to-kill” grazie all'impatto dell'MHV sull'obiettivo alla velocità di 8 km/s, più che sufficiente a polverizzare qualsiasi satellite. L'avvicinamento e le correzioni di rotta a v ve n i va n o g r a z i e a 6 4 p r o p u l s o r i a r a z z o , c h e permettevano la manovrabilità della testata. In particolare, 56 di questi erano a piena carica, mentre negli altri 8 questa era dimezzata e questi ul timi venivano usati nei millisecondi finali dell'intercettazione. I test di volo con simulacri di dimensione e peso reali iniziarono nel 1982, mentre il primo lancio venne effettuato il 21 gennaio 1984. Il profilo di missione prevedeva la massima precisione nella determinazione del punto e del momento di lancio da parte dell'aereo vettore. Una volta che l'F-15 giungeva in posizione, alla quota di 11.600 m, con il caccia inclinato di 65° alla velocità di Mach 1.22, veniva sganciato il missile che immediatamente accendeva il primo stadio. Dopo che questo si separava, veniva attivato il secondo stadio che si dirigeva in rotta quasi verticale di collisione con il bersaglio. La testata, infine, una volta separatasi dal secondo stadio, si dirigeva verso il satellite bersaglio. La quota operativa massima che venne raggiunta durante le prove fu di 1.000 km, ma l'unica intercettazione reale venne effettuata a circa 560 km.

Il CASM-135A era la versione inerte del missile ASAT. Complessivamente, vennero effettuati cinque lanci reali, di cui quattro coronati da successo. Di questi cinque test, solo uno si concluse con la distruzione di un satellite. Il primo lancio ebbe luogo il 21 gennaio 1984; il missile era sprovvisto della testata MHV, in quanto lo scopo del test era di collaudare la strumentazione ed il sistema di guida di bordo. Il 13 novembre 1984 fu effettuato un secondo lancio, questa volta con il missile completo di testata, ma quest'ultima non funzionò come previsto e il lancio fu perciò considerato un fallimento. Il 13 settembre 1985 fu portato a termine il terzo lancio; questo fu l'unico test che comportò la distruzione di un satellite, in quanto il quarto e il quinto test, effettuati rispettivamente il 22 agosto e il 30 settembre 1986, comportarono solo la verifica del corretto comportamento dell'arma nel raggiungere la zona-bersaglio prevista dai lanci. Dopo il terzo lancio il missile fu ufficialmente designato ASM-135A (Anti-Satellite Missile), mentre i simulacri utilizzati per le prove ricevettero la codifica CASM135A (Captive ASM-135A). La previsione iniziale di acquisto dell'USAF verteva su 112 missili ASM-135, oltre alla modifica di 20 F-15 per il loro utilizzo, ma nel 1988 il programma venne cancellato dopo soli 15 esemplari prodotti. I motivi furono di ordine politico e tecnico: politico perché un sistema d'arma del genere avrebbe potuto costituire una violazione dei trattati internazionali vigenti sulla militarizzazione dello spazio, benché più o meno nello stesso periodo anche l'Unione Sovietica stesse portando avanti un programma simile; tecnico perché la gestione degli ordigni era complicata dal fatto che i sensori di bordo della testata necessitavano di essere raffreddati con l'elio liquido anche mentre l'aereo era a terra. Tuttavia, non è chiaro se il programma sia stato veramente i n te rro tto, o p p u re s e s i a p ro s e g u i to a l l ' i n s a p u ta dell'opinione pubblica, coperto da segreto militare. Inoltre, pare che parte dei missili siano stati stoccati in deposito, pronti per essere utilizzati in caso di emergenza.

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Fotografia autografata dal Maj. Pearson relativa al lancio del 13 settembre 1985.

Ritratto del Major General Wilbert D. “Doug” Pearson.

AEROFAN | F-15 EAGLE ASAT

trovato nel posto giusto, quindi la missione procedette nonostante tutto. Pearson aveva invitato il generale dell'Air Force Forrest McCartney, comandante della divisione spaziale di Los Angeles, ad essere presente al test. Mentre aspettavano nel club degli ufficiali che venissero effettuati gli ultimi controlli a terra, McCartney ricevette una telefonata. Dopo pochi minuti ritornò e disse a Pearson che la missione era stata bloccata da un'ingiunzione presentata da una manciata di rappresentanti del Congresso e della Federazione degli scienziati americani: la certificazione presidenziale al Congresso, attestante che il test era richiesto per la difesa nazionale, non era arrivata entro 15 giorni dal lancio, come previsto dalla legge, perché protocollata 14 giorni prima. L'ingiunzione non si basava solo su un banale tecnicismo ma ne prendeva spunto per una battaglia di più vasta portata. La Strategic Defense Initiative del presidente Ronald Reagan (le famose “Guerre Stellari”) era stata appena annunciata e molti oppositori vedevano il programma ASAT come parte della corsa agli armamenti spaziali. Gli oppositori contestavano inoltre la tempistica del test, che si sarebbe svolto a soli due mesi da un vertice programmato tra Reagan e il premier sovietico Mikhail Gorbachev, con il rischio di “provocare” inutilmente i sovietici. Una seconda ingiunzione fu negata da un giudice federale e la squadra di Pearson riprogrammò un nuovo lancio per il 13 settembre. Dopo il decollo Pearson ebbe il rendez-vous con un'aerocisterna a circa 200 miglia dalla Vandenberg AFB, in perfetto orario sulla tabella di marcia. Il profilo di missione prevedeva una serie di waypoint gestiti dal computer di bordo che indicava al pilota rotta, quota e tempi di percorrenza. La precisione di ogni riporto era essenziale per trovarsi al posto giusto nel momento del lancio, e la difficoltà era crescente man mano che i waypoint scorrevano sul computer. Infine Pearson alle 12:42, tre ore e mezza dopo il decollo, a 30.000 piedi e in volo livellato, accese i postbruciatori, accelerò l'aereo a Mach 1.3 e iniziò un'arrampicata a circa 60° gradi. L'F-15 rallentò a Mach 0.96 all'avvio del conto alla rovescia. A zero, Pearson premette il pulsante di sparo e il missile si separò rendendo l'F-15 improvvisamente più leggero di 1.300 chili. “È stato uno spettacolo meraviglioso vedere il missile sospeso in aria e poi la fiamma fuoruscire dal motore a razzo”, ricordò Pearson in seguito, “Attesi fino al momento in cui sapevo che avrebbe dovuto verificarsi un impatto, quindi chiamai il mio amico Scott nella sala di controllo e sentii gli applausi. È stato un grande giorno. Centinaia e centinaia di persone hanno lavorato molto duramente, per molto tempo, per rendere questo un successo, e lo è stato, e ha avuto un grande impatto sui nostri avversari perché avevano puntato molto sul vantaggio guadagnato grazie ai satelliti da ricognizione e ora sapevano - per dimostrazione - che potevamo azzerare quel vantaggio. Penso, dal loro punto di vista, che l'abbiamo fatto sembrare facile. Siamo decollati, siamo saliti in alto, abbiamo colpito un satellite. Non ci hanno mai visto sudare, in altre parole”.

ltv asm-135

L

'ASM-135 ASAT è stato un missile anti-satellite aviolanciato multistadio, sviluppato e costruito dalla statunitense Ling-Temco-Vought tra la fine degli Anni '70 e '80 su specifica dell'United States Air Force. Il missile fu progettato per essere lanciato da una versione appositamente modificata del McDonnell Douglas F-15 Eagle, seguendo un ben preciso profilo di volo. Il programma fu cancellato alla fine degli Anni '80 senza che l'arma entrasse mai in servizio operativo. Il programma per un sistema ASAT utilizzabile contro satelliti in orbita bassa venne avviato ufficialmente nel 1977, e due anni dopo la LTV Aerospace fu dichiarata vincitrice con un progetto riguardante un missile a tre stadi. Si trattava di un sistema aviolanciato lungo 5,42 m, con un diametro di 51 cm e un peso al lancio di 1.180 kg, realizzato partendo da componenti in gran parte già esistenti nell'inventario delle Forze Armate americane. Il primo stadio era costituito da un motore SR75-LP-1, lo stesso del missile AGM-69 SRAM. Questo stadio era stato sviluppato dalla Boeing, per l'occasione sub contractor della LTV. Il secondo stadio era, in sostanza, il quarto stadio del lanciatore Scout, ovvero di un Vought Altair III con motore Thiokol FW-4S. Questo stadio aveva il compito di dirigere la testata verso l'obiettivo, in modo da permettere poi al sistema di guida di inquadrarlo. Progettato dalla LTV, era munito di un sistema di guida inerziale, di un sistema ad elio liquido che serviva a raffreddare i sensori infrarossi del terzo stadio ed infine di un meccanismo per il controllo di assetto ad idrazina. Il terzo stadio era costituito dalla testata vera e propria, chiamata MHV (Miniature Homing Vehicle) o MKV (Miniature Kill Vehicle). Sviluppato anch'esso dalla LTV, era equipaggiato con sensori miniaturizzati all'infrarosso e di rollio, oltre che di un computer con una capacità di 24.000 bytes. La testata, che traeva le sue origini da un missile anticarro, non conteneva esplosivo in quanto la distruzione del bersaglio avveniva secondo la tecnica “hit-to-kill” grazie all'impatto dell'MHV sull'obiettivo alla velocità di 8 km/s, più che sufficiente a polverizzare qualsiasi satellite. L'avvicinamento e le correzioni di rotta a v ve n i va n o g r a z i e a 6 4 p r o p u l s o r i a r a z z o , c h e permettevano la manovrabilità della testata. In particolare, 56 di questi erano a piena carica, mentre negli altri 8 questa era dimezzata e questi ul timi venivano usati nei millisecondi finali dell'intercettazione. I test di volo con simulacri di dimensione e peso reali iniziarono nel 1982, mentre il primo lancio venne effettuato il 21 gennaio 1984. Il profilo di missione prevedeva la massima precisione nella determinazione del punto e del momento di lancio da parte dell'aereo vettore. Una volta che l'F-15 giungeva in posizione, alla quota di 11.600 m, con il caccia inclinato di 65° alla velocità di Mach 1.22, veniva sganciato il missile che immediatamente accendeva il primo stadio. Dopo che questo si separava, veniva attivato il secondo stadio che si dirigeva in rotta quasi verticale di collisione con il bersaglio. La testata, infine, una volta separatasi dal secondo stadio, si dirigeva verso il satellite bersaglio. La quota operativa massima che venne raggiunta durante le prove fu di 1.000 km, ma l'unica intercettazione reale venne effettuata a circa 560 km.

Il CASM-135A era la versione inerte del missile ASAT. Complessivamente, vennero effettuati cinque lanci reali, di cui quattro coronati da successo. Di questi cinque test, solo uno si concluse con la distruzione di un satellite. Il primo lancio ebbe luogo il 21 gennaio 1984; il missile era sprovvisto della testata MHV, in quanto lo scopo del test era di collaudare la strumentazione ed il sistema di guida di bordo. Il 13 novembre 1984 fu effettuato un secondo lancio, questa volta con il missile completo di testata, ma quest'ultima non funzionò come previsto e il lancio fu perciò considerato un fallimento. Il 13 settembre 1985 fu portato a termine il terzo lancio; questo fu l'unico test che comportò la distruzione di un satellite, in quanto il quarto e il quinto test, effettuati rispettivamente il 22 agosto e il 30 settembre 1986, comportarono solo la verifica del corretto comportamento dell'arma nel raggiungere la zona-bersaglio prevista dai lanci. Dopo il terzo lancio il missile fu ufficialmente designato ASM-135A (Anti-Satellite Missile), mentre i simulacri utilizzati per le prove ricevettero la codifica CASM135A (Captive ASM-135A). La previsione iniziale di acquisto dell'USAF verteva su 112 missili ASM-135, oltre alla modifica di 20 F-15 per il loro utilizzo, ma nel 1988 il programma venne cancellato dopo soli 15 esemplari prodotti. I motivi furono di ordine politico e tecnico: politico perché un sistema d'arma del genere avrebbe potuto costituire una violazione dei trattati internazionali vigenti sulla militarizzazione dello spazio, benché più o meno nello stesso periodo anche l'Unione Sovietica stesse portando avanti un programma simile; tecnico perché la gestione degli ordigni era complicata dal fatto che i sensori di bordo della testata necessitavano di essere raffreddati con l'elio liquido anche mentre l'aereo era a terra. Tuttavia, non è chiaro se il programma sia stato veramente i n te rro tto, o p p u re s e s i a p ro s e g u i to a l l ' i n s a p u ta dell'opinione pubblica, coperto da segreto militare. Inoltre, pare che parte dei missili siano stati stoccati in deposito, pronti per essere utilizzati in caso di emergenza.

MAR/APR 2020 | AEROFAN

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Ali del futuro

Un film dedicato ai pionieri inglesi del volo supersonico Chicco Zanaboni

C

alifornia. Muroc Army Air Field, Dry Lake, 14 Ottobre 1947: un lento tonneaux della vittoria in alta quota segnò l'ingresso ufficiale dell'Aviazione nell'era supersonica quando, come universalmente noto, il velivolo sperimentale con propulsione a razzo Bell X-1 pilotato dal Capitano Chuck Yeager e sganciato da un aereo madre Boeing B-29, superò l'allora temuta quanto ignota barriera del suono, il fatidico Mach 1.

76

Oltreoceano gli inglesi dovettero a malincuore prendere atto del raggiungimento di tale traguardo, nonostante si fossero dibattuti per anni con il progetto del reattore supersonico Miles M.52, la cui realizzazione venne cancellata prima del completamento del prototipo ma la cui tecnologia fu condivisa con la ditta aeronautica americana Bell, che certamente ne fece buon uso per lo studio aerodinamico del suo Model 44, alias XS-1. Nel 1942 volò il primo velivolo a reazione americano, il Bell XP-59 Airacomet, spinto da due asfittici propulsori General Electric GE J-31. Si trattava di copie del reattore ideato da Frank Whittle e prodotto dalla Power Jets Ltd. co m e m o d e l l o W 2- B 2 3 , m e s s o a d i s p o s i z i o n e dell'”intelligence” americana per la duplicazione. La Bell era allora in prima linea per quanto riguardava i velivoli sperimentali di nuova concezione, attività che negli anni a seguire si limitò alla produzione esclusiva di velivoli VTOL ad ala fissa o rotante ed al settore missilistico. Il record di Yeager venne certificato ma non immediatamente reso noto al mondo per motivi di riservatezza. Negli anni seguenti ed ormai di dominio pubblico, tale impresa rimase relativamente nota in Europa al punto che gli spettatori in Gran Bretagna, uscendo impressionati nel 1952 dalle sale cinematografiche dopo la proiezione del film in oggetto, credettero che il muro del suono (come veniva allora popolarmente identificato) fosse stato abbattuto e superato per la prima volta da un velivolo e pilota inglesi (sic!), come raccontato artatamente nel lungometraggio. Il noto regista David Lean, in un ingenuo afflato meramente campanilistico, si prestò infatti nel 1951 a girare una pellicola dal titolo “The sound Barrier”, proponendo in collaborazione con la London Film di Alexander Korda, un'ottima produzione semidocumentaristica di fantasia, ispirata lontanamente alle vicende della famiglia de Havilland, alla sperimentazione del primo propulsore a reazione ed al superamento del misterioso “muro”. Il film venne girato in studio e presso l'aeroporto di Chibolton nell'Hampshire, UK, all'epoca sede di collaudo della Vickers Supermarine e della Folland ed ex base Royal Air Force. Le riprese aeree videro la partecipazione attiva dei più noti collaudatori inglesi del periodo, tra i quali i notissimi John “Cat's eyes” Cunningham, John Derry, Michael Lithgow, Jeoffrey Quill, David Morgan, Trevor Wade, Leslie Colquhoun impegnatisi, sia pur invisibilmente, a dare il meglio di sè nelle spettacolari riprese aeree di cui il film è prodigo. Di essi, proprio Derry e Wade pagarono il caro prezzo del progresso, perdendo la vita rispettivamente coi prototipi del De Havilland DH.110 a Farnborough nel 1952 e dell' Hawker P.1081, antesignano dell'Hawker Hunter, l'anno precedente. David Lean (1908-1991), gia noto ma non ancora giunto all'apice del successo, in seguito firmò la regia di alcuni colossal divenuti dei veri e propri film culto, come Lawrence d'Arabia, Il ponte sul fiume Kway, Il Dottor Zivago, Passaggio in India, che lo incoronarono come uno dei registi più grandi e famosi del secolo scorso. Il cast della pellicola in esame, tipicamente inglese,

1-3

Dall’alto: DH 113 Vampire NF10 codice WP232, 25° SQ Royal Air Force; De Havilland Comet 1 G-ALYR; Supermarine 535 Swift codice VV119 e, in hangar, Supermarine Seagull.

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Ali del futuro

Un film dedicato ai pionieri inglesi del volo supersonico Chicco Zanaboni

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alifornia. Muroc Army Air Field, Dry Lake, 14 Ottobre 1947: un lento tonneaux della vittoria in alta quota segnò l'ingresso ufficiale dell'Aviazione nell'era supersonica quando, come universalmente noto, il velivolo sperimentale con propulsione a razzo Bell X-1 pilotato dal Capitano Chuck Yeager e sganciato da un aereo madre Boeing B-29, superò l'allora temuta quanto ignota barriera del suono, il fatidico Mach 1.

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Oltreoceano gli inglesi dovettero a malincuore prendere atto del raggiungimento di tale traguardo, nonostante si fossero dibattuti per anni con il progetto del reattore supersonico Miles M.52, la cui realizzazione venne cancellata prima del completamento del prototipo ma la cui tecnologia fu condivisa con la ditta aeronautica americana Bell, che certamente ne fece buon uso per lo studio aerodinamico del suo Model 44, alias XS-1. Nel 1942 volò il primo velivolo a reazione americano, il Bell XP-59 Airacomet, spinto da due asfittici propulsori General Electric GE J-31. Si trattava di copie del reattore ideato da Frank Whittle e prodotto dalla Power Jets Ltd. co m e m o d e l l o W 2- B 2 3 , m e s s o a d i s p o s i z i o n e dell'”intelligence” americana per la duplicazione. La Bell era allora in prima linea per quanto riguardava i velivoli sperimentali di nuova concezione, attività che negli anni a seguire si limitò alla produzione esclusiva di velivoli VTOL ad ala fissa o rotante ed al settore missilistico. Il record di Yeager venne certificato ma non immediatamente reso noto al mondo per motivi di riservatezza. Negli anni seguenti ed ormai di dominio pubblico, tale impresa rimase relativamente nota in Europa al punto che gli spettatori in Gran Bretagna, uscendo impressionati nel 1952 dalle sale cinematografiche dopo la proiezione del film in oggetto, credettero che il muro del suono (come veniva allora popolarmente identificato) fosse stato abbattuto e superato per la prima volta da un velivolo e pilota inglesi (sic!), come raccontato artatamente nel lungometraggio. Il noto regista David Lean, in un ingenuo afflato meramente campanilistico, si prestò infatti nel 1951 a girare una pellicola dal titolo “The sound Barrier”, proponendo in collaborazione con la London Film di Alexander Korda, un'ottima produzione semidocumentaristica di fantasia, ispirata lontanamente alle vicende della famiglia de Havilland, alla sperimentazione del primo propulsore a reazione ed al superamento del misterioso “muro”. Il film venne girato in studio e presso l'aeroporto di Chibolton nell'Hampshire, UK, all'epoca sede di collaudo della Vickers Supermarine e della Folland ed ex base Royal Air Force. Le riprese aeree videro la partecipazione attiva dei più noti collaudatori inglesi del periodo, tra i quali i notissimi John “Cat's eyes” Cunningham, John Derry, Michael Lithgow, Jeoffrey Quill, David Morgan, Trevor Wade, Leslie Colquhoun impegnatisi, sia pur invisibilmente, a dare il meglio di sè nelle spettacolari riprese aeree di cui il film è prodigo. Di essi, proprio Derry e Wade pagarono il caro prezzo del progresso, perdendo la vita rispettivamente coi prototipi del De Havilland DH.110 a Farnborough nel 1952 e dell' Hawker P.1081, antesignano dell'Hawker Hunter, l'anno precedente. David Lean (1908-1991), gia noto ma non ancora giunto all'apice del successo, in seguito firmò la regia di alcuni colossal divenuti dei veri e propri film culto, come Lawrence d'Arabia, Il ponte sul fiume Kway, Il Dottor Zivago, Passaggio in India, che lo incoronarono come uno dei registi più grandi e famosi del secolo scorso. Il cast della pellicola in esame, tipicamente inglese,

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Dall’alto: DH 113 Vampire NF10 codice WP232, 25° SQ Royal Air Force; De Havilland Comet 1 G-ALYR; Supermarine 535 Swift codice VV119 e, in hangar, Supermarine Seagull.

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Supermarine 535 Swift codice VV119, in fabbrica e in volo, con in vista il nome fittizio " Prometheus".

Immagine del Machmetro prossimo a Mach 1.

AEROFAN | ALI DEL FUTURO

OPERAZIONE CICOGNA L'Operazione Cicogna è un progetto di recupero dal mare, restauro ed esposizione del velivolo storico Fiat B.R. 20M di proprietà dell'Aeronautica Militare attualmente insabbiato sul fondale agrigentino. Il velivolo è stato il primo bombardiere con struttura interamente metallica ad entrare in servizio nella Regia Aeronautica nel 1936. In quel periodo era considerato uno dei più moderni del mondo rappresentando per l'Italia una pietra miliare nella sua storia aeronautica. Dopo il recupero ed il restauro conservativo il B.R. 20M sarà l'unico esemplare al mondo fruibile al pubblico. Il progetto è stato ideato e curato dal Sig. Angelo Rizzo - socio dell'Associazione Arma Aeronautica - a cui lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha assegnato l'aereo con l'impegno al recupero, restauro ed esposizione museale. Le fasi preliminari hanno visto la realizzazione di una serie di indagini strumentali sul relitto, permettendo un'accurata mappatura sia di quanto affiorante sul fondale marino, che del relativo substrato. Il risultato ha portato ad avere una chiara orientazione del velivolo, una corretta e precisa georeferenziazione di tutti i manufatti posti attorno alla fusoliera e soprattutto, ha permesso di localizzare i reperti sepolti e il loro relativo spessore di interro, rendendo più precisa anche la contabilizzazione e la progettazione della campagna di scavi da eseguire. Dopo le indagini è stato redatto il progetto di recupero del velivolo dal fondo del mare con una struttura in acciaio del tipo a traliccio appositamente progettata per il sollevamento dello stesso evitando così pericolose sollecitazioni che comprometterebbero l'integrità della fragile ossatura del velivolo. In particolare la struttura di sollevamento, collegata al velivolo con fasce di alaggio passate sotto le strutture portanti, sarà issata tramite una gru su un pontone per bassi fondali da dove, una volta imbarcata, sarà trasportata a terra. I Palombari della Marina Militare, grazie all'appoggio dei mezzi nautici della Guardia Costiera, hanno effettuato la bonifica da ordigni ed il recupero di alcune parti scoperte del velivolo in pericolo di trafugamento e grazie a questi reperti recuperati è stato possibile effettuare i test di restauro preliminare sulle parti in alluminio e in acciaio. I pezzi sono in totale sei, repertoriati dal numero 1 al numero 5bis e si trovano esposti presso il Museo dello Sbarco in Sicilia di Catania. Per la prima volta in Italia nel sito di un reperto storico aeronautico contemporaneo verrà attuato un campo di scavo archeologico subacqueo con la partecipazione di studenti volontari iscritti nelle facoltà di archeologia, diretti da istruttori archeologi professionisti al fine di allargare questa esperienza difficilmente ripetibile, ad un più ampio numero di studiosi della materia. Dopo il recupero del velivolo verrà allestito un apposito cantiere di restauro, della durata stimata di 4 anni, al quale interverranno, grazie a delle borse di studio, alcuni studenti di archeologia scelti dalle proprie università, al fine di arricchire la propria esperienza sulle metodologie di restauro dei materiali aeronautici recuperati dal mare. A restauro ultimato il velivolo verrà reso fruibile al pubblico in una località concordata con l'Aeronautica Militare valorizzando maggiormente il patrimonio della cultura storico-aeronautica dello Stato italiano. Al fine di portare a termine il progetto l'Associazione Arma Aeronautica, ente morale con più di 30.000 iscritti a livello nazionale, vuole sponsorizzare l'impresa istituendo una raccolta fondi volontaria con donazioni anche di modesta entità. Alle donazioni superiori ai 50 Euro sarà riservata la possibilità di inserire il nominativo del donatore nel Diario di Bordo Operazione Cicogna che verrà esposto insieme al B.R. 20M diventando così anche questo una testimonianza storica. Aerofan seguirà da vicino l'operazione fornendo tutto il supporto possibile, dando tempestiva comunicazione dei lavori in corso e realizzando, tra l'altro, una serie di articoli dedicati al B.R. 20 per mantenere vivo l'interesse per il progetto. Per maggiori informazioni: rizzoangelo@msn.com - 347.435.78.17 AERONAUTICA MILITARE FOTOTECA STORICA

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SeaGull, ultimo discendente della stirpe degli idrovolanti e/o anfibi prodotti dalla nota casa costruttrice inglese a Castle Bromwhich. Ed ecco apparire il prestigioso De Havilland Comet 1. Pochi mesi separarono le riprese dai seguenti gravi incidenti che segnarono il destino del primo aeroplano di linea a reazione del mondo. Ottime inquadrature sull'apron ed in decollo degli esemplari G-ALYR e G-ALZK coadiuvate dal suono cupo e caratteristico dei propulsori DH (Halford) Ghost. I visi sorridenti dei giovani protagonisti spiccano salutando proprio dai quei finestrini quadrati della prima versione del quadrigetto, da alcuni dei quali partirono invisibili cricche e fessurazioni che portarono alla decompressione esplosiva dovuta al cedimento strutturale degli esemplari G-ALYV, G-ALYP, G-ALYY, gli ultimi due precipitati nel Mar Mediterraneo al largo dell'Isola D'Elba e di Napoli, nel 1954. Giungiamo quindi ed infine alla fase piu spettacolare e critica della vicenda con l'utilizzo e le numerose riprese del Supermarine 535 Swift. Si tratta dell'esemplare VV119, secondo prototipo (ex Model 528 in seguito modificato triciclo anteriore con conseguente allungamento del muso) per l'occasione cinematografica battezzato con il nome fantasioso di “Prometheus” alle prese con vari tentativi, catastrofici e non, di superamento della velocità del suono in picchiata. Sia pur sfortunato, il caccia inglese ebbe un momento di gloria quando un esemplare di Swift F.4 pilotato da Mike Lithgow battè il record di velocità nel 1953 diventando l'aeroplano a reazione piu veloce del mondo, a 1.187 Km/h. Dopo una fallimentare produzione di 197 esemplari, fu soppiantato dall'ottimo Hawker Hunter, velivolo di eccezionali qualità e prestazioni che ancora oggi si può apprezzare in varie manifestazioni aeree in Svizzera ed Inghilterra, testimone volante di un'epopea fantastica ed irripetibile. Tragedia e successo finale concludono quindi la vicenda che porterà al riavvicinamento familiare dei protagonisti superstiti ed alla reiterata fede nel futuro che rimane senza dubbio il carburante essenziale per affrontare con coraggio e determinazione le sfide della vita che verrà. Il film rappresenta una pietra miliare nella sterminata produzione di film aeronautici prodotti negli anni d'oro della “Jet Age”, nonostante la trama sia del tutto immaginaria ma assolutamente ben costruita e di effetto. L'altero regista non fornì mai delucidazioni riguardanti l'anacronistica scelta della storia, essendo ben al corrente di quanto accaduto a Muroc nel 1947 quando Yeager, a bordo del suo proiettile color arancio battezzato “Glamorous Glennis” in onore della moglie, scrisse nel cielo della California una pagina indelebile di grande storia aeronautica. Nonostante ciò, il film di David Lean ci restituisce, a distanza di ben 69 anni dal primo ciak, l'atmosfera di quei momenti pionieristici che videro il supremo sacrificio di molti piloti collaudatori inglesi alla cui memoria il film è ancora oggi, con immensa ed immutata gratitudine, idealmente dedicato.

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Supermarine 535 Swift codice VV119, in fabbrica e in volo, con in vista il nome fittizio " Prometheus".

Immagine del Machmetro prossimo a Mach 1.

AEROFAN | ALI DEL FUTURO

OPERAZIONE CICOGNA L'Operazione Cicogna è un progetto di recupero dal mare, restauro ed esposizione del velivolo storico Fiat B.R. 20M di proprietà dell'Aeronautica Militare attualmente insabbiato sul fondale agrigentino. Il velivolo è stato il primo bombardiere con struttura interamente metallica ad entrare in servizio nella Regia Aeronautica nel 1936. In quel periodo era considerato uno dei più moderni del mondo rappresentando per l'Italia una pietra miliare nella sua storia aeronautica. Dopo il recupero ed il restauro conservativo il B.R. 20M sarà l'unico esemplare al mondo fruibile al pubblico. Il progetto è stato ideato e curato dal Sig. Angelo Rizzo - socio dell'Associazione Arma Aeronautica - a cui lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha assegnato l'aereo con l'impegno al recupero, restauro ed esposizione museale. Le fasi preliminari hanno visto la realizzazione di una serie di indagini strumentali sul relitto, permettendo un'accurata mappatura sia di quanto affiorante sul fondale marino, che del relativo substrato. Il risultato ha portato ad avere una chiara orientazione del velivolo, una corretta e precisa georeferenziazione di tutti i manufatti posti attorno alla fusoliera e soprattutto, ha permesso di localizzare i reperti sepolti e il loro relativo spessore di interro, rendendo più precisa anche la contabilizzazione e la progettazione della campagna di scavi da eseguire. Dopo le indagini è stato redatto il progetto di recupero del velivolo dal fondo del mare con una struttura in acciaio del tipo a traliccio appositamente progettata per il sollevamento dello stesso evitando così pericolose sollecitazioni che comprometterebbero l'integrità della fragile ossatura del velivolo. In particolare la struttura di sollevamento, collegata al velivolo con fasce di alaggio passate sotto le strutture portanti, sarà issata tramite una gru su un pontone per bassi fondali da dove, una volta imbarcata, sarà trasportata a terra. I Palombari della Marina Militare, grazie all'appoggio dei mezzi nautici della Guardia Costiera, hanno effettuato la bonifica da ordigni ed il recupero di alcune parti scoperte del velivolo in pericolo di trafugamento e grazie a questi reperti recuperati è stato possibile effettuare i test di restauro preliminare sulle parti in alluminio e in acciaio. I pezzi sono in totale sei, repertoriati dal numero 1 al numero 5bis e si trovano esposti presso il Museo dello Sbarco in Sicilia di Catania. Per la prima volta in Italia nel sito di un reperto storico aeronautico contemporaneo verrà attuato un campo di scavo archeologico subacqueo con la partecipazione di studenti volontari iscritti nelle facoltà di archeologia, diretti da istruttori archeologi professionisti al fine di allargare questa esperienza difficilmente ripetibile, ad un più ampio numero di studiosi della materia. Dopo il recupero del velivolo verrà allestito un apposito cantiere di restauro, della durata stimata di 4 anni, al quale interverranno, grazie a delle borse di studio, alcuni studenti di archeologia scelti dalle proprie università, al fine di arricchire la propria esperienza sulle metodologie di restauro dei materiali aeronautici recuperati dal mare. A restauro ultimato il velivolo verrà reso fruibile al pubblico in una località concordata con l'Aeronautica Militare valorizzando maggiormente il patrimonio della cultura storico-aeronautica dello Stato italiano. Al fine di portare a termine il progetto l'Associazione Arma Aeronautica, ente morale con più di 30.000 iscritti a livello nazionale, vuole sponsorizzare l'impresa istituendo una raccolta fondi volontaria con donazioni anche di modesta entità. Alle donazioni superiori ai 50 Euro sarà riservata la possibilità di inserire il nominativo del donatore nel Diario di Bordo Operazione Cicogna che verrà esposto insieme al B.R. 20M diventando così anche questo una testimonianza storica. Aerofan seguirà da vicino l'operazione fornendo tutto il supporto possibile, dando tempestiva comunicazione dei lavori in corso e realizzando, tra l'altro, una serie di articoli dedicati al B.R. 20 per mantenere vivo l'interesse per il progetto. Per maggiori informazioni: rizzoangelo@msn.com - 347.435.78.17 AERONAUTICA MILITARE FOTOTECA STORICA

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SeaGull, ultimo discendente della stirpe degli idrovolanti e/o anfibi prodotti dalla nota casa costruttrice inglese a Castle Bromwhich. Ed ecco apparire il prestigioso De Havilland Comet 1. Pochi mesi separarono le riprese dai seguenti gravi incidenti che segnarono il destino del primo aeroplano di linea a reazione del mondo. Ottime inquadrature sull'apron ed in decollo degli esemplari G-ALYR e G-ALZK coadiuvate dal suono cupo e caratteristico dei propulsori DH (Halford) Ghost. I visi sorridenti dei giovani protagonisti spiccano salutando proprio dai quei finestrini quadrati della prima versione del quadrigetto, da alcuni dei quali partirono invisibili cricche e fessurazioni che portarono alla decompressione esplosiva dovuta al cedimento strutturale degli esemplari G-ALYV, G-ALYP, G-ALYY, gli ultimi due precipitati nel Mar Mediterraneo al largo dell'Isola D'Elba e di Napoli, nel 1954. Giungiamo quindi ed infine alla fase piu spettacolare e critica della vicenda con l'utilizzo e le numerose riprese del Supermarine 535 Swift. Si tratta dell'esemplare VV119, secondo prototipo (ex Model 528 in seguito modificato triciclo anteriore con conseguente allungamento del muso) per l'occasione cinematografica battezzato con il nome fantasioso di “Prometheus” alle prese con vari tentativi, catastrofici e non, di superamento della velocità del suono in picchiata. Sia pur sfortunato, il caccia inglese ebbe un momento di gloria quando un esemplare di Swift F.4 pilotato da Mike Lithgow battè il record di velocità nel 1953 diventando l'aeroplano a reazione piu veloce del mondo, a 1.187 Km/h. Dopo una fallimentare produzione di 197 esemplari, fu soppiantato dall'ottimo Hawker Hunter, velivolo di eccezionali qualità e prestazioni che ancora oggi si può apprezzare in varie manifestazioni aeree in Svizzera ed Inghilterra, testimone volante di un'epopea fantastica ed irripetibile. Tragedia e successo finale concludono quindi la vicenda che porterà al riavvicinamento familiare dei protagonisti superstiti ed alla reiterata fede nel futuro che rimane senza dubbio il carburante essenziale per affrontare con coraggio e determinazione le sfide della vita che verrà. Il film rappresenta una pietra miliare nella sterminata produzione di film aeronautici prodotti negli anni d'oro della “Jet Age”, nonostante la trama sia del tutto immaginaria ma assolutamente ben costruita e di effetto. L'altero regista non fornì mai delucidazioni riguardanti l'anacronistica scelta della storia, essendo ben al corrente di quanto accaduto a Muroc nel 1947 quando Yeager, a bordo del suo proiettile color arancio battezzato “Glamorous Glennis” in onore della moglie, scrisse nel cielo della California una pagina indelebile di grande storia aeronautica. Nonostante ciò, il film di David Lean ci restituisce, a distanza di ben 69 anni dal primo ciak, l'atmosfera di quei momenti pionieristici che videro il supremo sacrificio di molti piloti collaudatori inglesi alla cui memoria il film è ancora oggi, con immensa ed immutata gratitudine, idealmente dedicato.

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PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 15/03/2020 spedizione in abbonamento postale Comma 26, Art. 2, Legge 549/95

Anno 2 | Numero 8 | Mar./Apr. 2020 | € 12,00

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA


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