Anno 1 | Numero 5 | Set./Ott. 2019 | € 12,00
PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 01/09/2019 spedizione in abbonamento postale Comma 26, Art. 2, Legge 549/95
LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA
cacciatori di sommergibili Grumman “Tracker” nell’Aeronautica Militare
skunk works
Gli anni epici delle moette californiane Ā
concorde 001
Autorizzato al decollo... cinquant’anni fa
Signori, a bordo! il nuovo libro di Luigino Caliaro dedicato alla storia delle compagnie aeree italiane
contattaci infoline: 351.976.71.71 aerofan@luckyplane.it
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Formato 24x28 cm, 240 pagine, oltre 300 fotografie
Disponibile sul nostro sito e nelle migliori librerie specializzate www.luckyplane.it
A
vremmo potuto partire per le vacanze e lasciare che l’estate trascorresse pigra e lenta all’ombra di qualche palma, ma abbiamo invece preferito continuare a tramare nell’ombra e oggi possiamo orgogliosamente comunicare i primi risultati delle nostre fatiche. La vostra rivista preferita (che è questa, per chi non lo sapesse...) finalmente ha una nuova sede operativa nel luogo che riteniamo più adatto per lo sviluppo della nostra idea di divulgazione e conoscenza del mondo dell’Aviazione: un aeroporto. A partire da settembre, infatti, l’Accademia di Volo Italiana ci ospiterà presso l’aeroporto Francesco Cappa di Casale Monferrato. Questo ci permetterà di perseguire l’obiettivo che abbiamo da sempre ritenuto imprescindibile per far crescere la cultura e la passione per l’Aviazione, ossia il coinvolgimento diretto delle persone a partire dai più giovani, elemento necessario per far sì che tutto non vada perso con il passare degli anni. La nostra presenza in aeroporto, a stretto contatto con una realtà dinamica come quella di una Scuola di Volo, farà sì che potremo organizzare eventi, convegni, giornate di familiarizzazione al volo e quant’altro sarà opportuno per trascorrere insieme del tempo a stretto contatto con gli aeroplani e, ancora meglio, A BORDO degli aeroplani. Nel corso dell’autunno sarà nostra cura tenervi aggiornati sulle nuove iniziative che stiamo abbozzando e che andremo a realizzare in vista del 2020, mentre il prossimo “Remove before flight” lo scriveremo dal nuovo ufficio con vista hangar! I più attenti tra i nostri lettori si saranno ormai resi conto che lo spazio in questa pagina, definito “editoriale” sulle riviste serie e blasonate, ha al contrario per noi ben poco di istituzionale. Ed è proprio quello che volevamo. Chi ha avuto e ha la ventura di conoscerci personalmente, ed è sopravvissuto all’esperienza, ormai ha capito che per noi non c’è niente di più importante e di serio che... non prendersi troppo sul serio! Del resto di occasioni per essere tristi e depressi ce ne sono a sufficienza anche senza andarsele a cercare per forza. Tutto ciò per rassicurarvi che, nonostante le apparenze, prendiamo molto sul serio tutto ciò che facciamo, ma sempre con il sorriso. Detto questo, non vi rimane che struggervi nell’attesa di sapere cosa combineremo nelle prossime settimane e, per rendere più sopportabile tutta questa aspettativa, non c’è niente di meglio che leggere avidamente Aerofan numero 5, se già non lo state facendo dopo aver saltato a piè pari questa pagina... Buona lettura e ricordate: volare è impossibile!
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Luciano Pontolillo
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Uno dei due Grumman S2F-1 Tracker “short range” consegnati all’Aeronautica Militare il 15 marzo 1959.
57
biafran babies
7
A cinquant’anni dalla guerra in Biafra del 1969 ripercorriamo la storia dei piccoli SAAB MFI-9B
67
cacciatori di sommergibili
flying legends
Grumman “Tracker” nell’Aeronautica Militare
Cronache dell’edizione 2019
74
imperial war museum duxford Visita al più importante museo aeronautico britannico
80
a proposito di... Gli Air Force One al museo
18
skunk works Gli anni epici delle mo ette californiane
34
EAA AirVenture Oshkosh Foto album
45
inserto speciale
Autorizzato al decollo... cinquant’anni fa
- Attacco alla Nelson - L’aquila di Orzano -
concorde 001
4
storie di ali italiane
57
biafran babies
7
A cinquant’anni dalla guerra in Biafra del 1969 ripercorriamo la storia dei piccoli SAAB MFI-9B
67
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Grumman “Tracker” nell’Aeronautica Militare
Cronache dell’edizione 2019
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a proposito di... Gli Air Force One al museo
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34
EAA AirVenture Oshkosh Foto album
45
inserto speciale
Autorizzato al decollo... cinquant’anni fa
- Attacco alla Nelson - L’aquila di Orzano -
concorde 001
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storie di ali italiane
cacciatori di
Grumman “Tracker” nell’Aeronautica Militare
Luciano Pontolillo
I
Uno dei due S2F-1 consegnati il 15 marzo 1959, fotografato a Napoli Capodichino. Sono chiaramente visibili le zone più scure dove sono state obliterate le vecchie insegne americane sul muso, sotto la coccarda in fusoliera e sul timone verticale.
l 4 d i c e m b re 1 9 5 2 compiva il suo primo volo il prototipo del Grumman S2F, il velivolo che avrebbe risolto finalmente l'annoso problema che affliggeva la US Navy di doversi affidare, per la lotta ai sottomarini, ad una coppia di aeroplani attrezzati uno per la scoperta e l'altro per l'attacco del naviglio nemico.
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cacciatori di
Grumman “Tracker” nell’Aeronautica Militare
Luciano Pontolillo
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Uno dei due S2F-1 consegnati il 15 marzo 1959, fotografato a Napoli Capodichino. Sono chiaramente visibili le zone più scure dove sono state obliterate le vecchie insegne americane sul muso, sotto la coccarda in fusoliera e sul timone verticale.
l 4 d i c e m b re 1 9 5 2 compiva il suo primo volo il prototipo del Grumman S2F, il velivolo che avrebbe risolto finalmente l'annoso problema che affliggeva la US Navy di doversi affidare, per la lotta ai sottomarini, ad una coppia di aeroplani attrezzati uno per la scoperta e l'altro per l'attacco del naviglio nemico.
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Un "hunter-killer team” della US Navy nei primi Anni ‘50: in primo piano un Grumman AF-2W Guardian dotato di radar APS-20 e dietro il "killer" AF-2S. Gli aeroplani appartengono al VS-25.
1 Aprile 1954. Un Grumman AF-2S Guardian dell’Anti-Submarine Squadron 37 (VS-37) “Rooster Tails" celebra il 20.000° appontaggio della portaerei di scorta USS Badoeng Strait (CVE-116).
Un S2F-1 Tracker dell’Anti-Submarine Squadron 26 (VS-26), primo reparto operativo a ricevere il bimotore Grumman nel febbraio del 1954, sul ponte della USS Antietam (CVS-36).
AEROFAN | SET/OTT 2019
GENESI DI UN SUCCESSO Alla fine degli Anni '40 la US Navy impiegava per il pattugliamento aereo a difesa delle proprie unità navali il monomotore Grumman AF “Guardian”, derivato dal precedente TBF Avenger della seconda Guerra Mondiale, che presentava il grosso limite dell'impiego in modalità “hunter-killer” utilizzando una coppia di velivoli, dei quali uno attrezzato con apparecchiature radar con il compito di rilevare i sottomarini nemici ed un secondo armato con un siluro per la neutralizzazione del bersaglio. Il rapido evolversi delle tecnologie e l'inizio della Guerra Fredda videro gli Stati Uniti impegnati in una radicale riorganizzazione delle risorse e delle tattiche di combattimento in tutti i campi e non fece eccezione la lotta ASW (Anti Submarine Warfare); la US Navy constatò che la soluzione hunter-killer del Guardian era ormai obsoleta ed era necessario porvi rimedio velocemente. A tale scopo emise una specifica per un nuovo velivolo che potesse operare tanto dalle portaerei quanto da basi a terra e in grado di agire in autonomia essendo equipaggiato di tutti i sistemi necessari alla scoperta e all'attacco dei sottomarini avversari. La Grumman Aircraft Engineering Corporation propose il progetto G-89, un bimotore caratterizzato dalle dimensioni compatte e da un'ala dritta dal notevole allungamento. Lo scoppio della guerra in Corea accelerò ulteriormente le cose per cui, il 30 giugno 1950, venne emesso un contratto di fornitura per due prototipi denominati XS2F-1 più altri 15 esemplari di serie S2F-1. In soli due anni e mezzo il programma di sviluppo portò al completamento del primo esemplare che, come accennato all'inizio dell'articolo, volò alla fine del 1952 dimostrando da subito la bontà del progetto. Battezzato “Tracker”, il nuovo velivolo venne realizzato anche in due ulteriori sottoversioni designate inizialmente WF “Tracer” per la scoperta radar e TF “Trader” da trasporto, che la standardizzazione delle convenzioni di nomenclatura introdotta nelle forze armate statunitensi nel 1962 trasformò in E-1 Tracer e C-1 Trader, mentre lo S2F diventò semplicemente S-2. Il Grumman S2F-1 era un velivolo per la lotta antisommergibili bimotore monoplano, con ala alta a sbalzo, quadriposto, in grado di operare in condizioni ogni-tempo; era costruito con leghe metalliche amagnetiche per ridurre al minimo le interferenze con il rilevatore MAD (Magnetic Anomaly Detector), il rilevatore di anomalie magnetiche in grado d'individuare variazioni del campo magnetico prodotte dalla presenza di sottomarini. I motori erano due radiali Wright R-1820-82WA Cyclone da 1.300 CV (970 kW) a 1.220 m, con regolatore automatico di giri e eliche tripala metalliche con possibilità di essere posizionate in bandiera. I posti di pilotaggio erano affiancati ed alle spalle dei piloti trovavano collocazione le postazioni dei due operatori addetti uno al radar e all'impiego delle boe sonore e l'altro al MAD e alla gestione delle contromisure elettroniche. Il velivolo non era dotato di seggiolini eiettabili bensì di portelli per la fuoriuscita rapida di piloti ed operatori sul cielo della cabina di pilotaggio e delle postazioni
operative, di asta caudale estensibile per il MAD e di un radome ventrale estraibile contenente l'antenna radar. La dotazione di apparati elettronici era, per l'epoca, avanzatissima e comprendeva: auto-pilota, radio-range, radio-altimetro, UHF/DF, ADF, TACAN, marker-beacon, interfonico e frequenze UHF e HF, radar ventrale di scoperta, ECM, IFF, rilevatore MAD, boe sonore e relativo ricevitore, bombette per il sistema “Julie”, rilevatore di fumo “sniffer”, un sistema, quest'ultimo, che effettuava l'analisi dell'aria per ricercare eventuali tracce dei fumi di scarico persistenti nell'atmosfera in seguito all'immersione di un battello a propulsione tradizionale. A causa della compattezza del velivolo, le boe sonore erano alloggiate nel retro di ciascuna gondola-motore, da cui potevano essere espulse con apposito comando;
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Un Tracker appartenente al Sea Control Squadron 21 (VS-21) fotografato in volo nel 1956 con la prima livrea completamente blu utilizzata su questo velivolo,
in seguito alla modifica della carenatura delle gondole la dotazione di ciascun alloggiamento fu portata da 8 a 16 boe. Sul bordo d'attacco dell'ala destra era installato un potentissimo faro di ricerca da 85 milioni di candele, il cui fascio luminoso era manovrato tramite un joystick dal secondo pilota che aveva anche funzioni di navigatore e operatore radio. Sul tetto dell'abitacolo era installato il contenitore delle apparecchiature ECM (Electronic Counter Measures) per il rilevamento dei radar nemici. L'armamento principale era costituito da due siluri auto-cercanti General Electric Mk. 44 contenuti nella stiva ventrale che poteva ospitare, alternativamente, 4 cariche di profondità da 175 Kg. Sei piloni sub-alari permettevano ulteriori combinazioni di carico tra cui i razzi HVAR da 5 pollici.
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22 maggio 1957. Trackers dell’Antisubmarine Squadron 37 (VS-37) in volo sulla portaerei Philippine Sea (CVS-47).
Trackers in decollo dalla portaerei USS Valley Forge (CVS-45)
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Un "hunter-killer team” della US Navy nei primi Anni ‘50: in primo piano un Grumman AF-2W Guardian dotato di radar APS-20 e dietro il "killer" AF-2S. Gli aeroplani appartengono al VS-25.
1 Aprile 1954. Un Grumman AF-2S Guardian dell’Anti-Submarine Squadron 37 (VS-37) “Rooster Tails" celebra il 20.000° appontaggio della portaerei di scorta USS Badoeng Strait (CVE-116).
Un S2F-1 Tracker dell’Anti-Submarine Squadron 26 (VS-26), primo reparto operativo a ricevere il bimotore Grumman nel febbraio del 1954, sul ponte della USS Antietam (CVS-36).
AEROFAN | SET/OTT 2019
GENESI DI UN SUCCESSO Alla fine degli Anni '40 la US Navy impiegava per il pattugliamento aereo a difesa delle proprie unità navali il monomotore Grumman AF “Guardian”, derivato dal precedente TBF Avenger della seconda Guerra Mondiale, che presentava il grosso limite dell'impiego in modalità “hunter-killer” utilizzando una coppia di velivoli, dei quali uno attrezzato con apparecchiature radar con il compito di rilevare i sottomarini nemici ed un secondo armato con un siluro per la neutralizzazione del bersaglio. Il rapido evolversi delle tecnologie e l'inizio della Guerra Fredda videro gli Stati Uniti impegnati in una radicale riorganizzazione delle risorse e delle tattiche di combattimento in tutti i campi e non fece eccezione la lotta ASW (Anti Submarine Warfare); la US Navy constatò che la soluzione hunter-killer del Guardian era ormai obsoleta ed era necessario porvi rimedio velocemente. A tale scopo emise una specifica per un nuovo velivolo che potesse operare tanto dalle portaerei quanto da basi a terra e in grado di agire in autonomia essendo equipaggiato di tutti i sistemi necessari alla scoperta e all'attacco dei sottomarini avversari. La Grumman Aircraft Engineering Corporation propose il progetto G-89, un bimotore caratterizzato dalle dimensioni compatte e da un'ala dritta dal notevole allungamento. Lo scoppio della guerra in Corea accelerò ulteriormente le cose per cui, il 30 giugno 1950, venne emesso un contratto di fornitura per due prototipi denominati XS2F-1 più altri 15 esemplari di serie S2F-1. In soli due anni e mezzo il programma di sviluppo portò al completamento del primo esemplare che, come accennato all'inizio dell'articolo, volò alla fine del 1952 dimostrando da subito la bontà del progetto. Battezzato “Tracker”, il nuovo velivolo venne realizzato anche in due ulteriori sottoversioni designate inizialmente WF “Tracer” per la scoperta radar e TF “Trader” da trasporto, che la standardizzazione delle convenzioni di nomenclatura introdotta nelle forze armate statunitensi nel 1962 trasformò in E-1 Tracer e C-1 Trader, mentre lo S2F diventò semplicemente S-2. Il Grumman S2F-1 era un velivolo per la lotta antisommergibili bimotore monoplano, con ala alta a sbalzo, quadriposto, in grado di operare in condizioni ogni-tempo; era costruito con leghe metalliche amagnetiche per ridurre al minimo le interferenze con il rilevatore MAD (Magnetic Anomaly Detector), il rilevatore di anomalie magnetiche in grado d'individuare variazioni del campo magnetico prodotte dalla presenza di sottomarini. I motori erano due radiali Wright R-1820-82WA Cyclone da 1.300 CV (970 kW) a 1.220 m, con regolatore automatico di giri e eliche tripala metalliche con possibilità di essere posizionate in bandiera. I posti di pilotaggio erano affiancati ed alle spalle dei piloti trovavano collocazione le postazioni dei due operatori addetti uno al radar e all'impiego delle boe sonore e l'altro al MAD e alla gestione delle contromisure elettroniche. Il velivolo non era dotato di seggiolini eiettabili bensì di portelli per la fuoriuscita rapida di piloti ed operatori sul cielo della cabina di pilotaggio e delle postazioni
operative, di asta caudale estensibile per il MAD e di un radome ventrale estraibile contenente l'antenna radar. La dotazione di apparati elettronici era, per l'epoca, avanzatissima e comprendeva: auto-pilota, radio-range, radio-altimetro, UHF/DF, ADF, TACAN, marker-beacon, interfonico e frequenze UHF e HF, radar ventrale di scoperta, ECM, IFF, rilevatore MAD, boe sonore e relativo ricevitore, bombette per il sistema “Julie”, rilevatore di fumo “sniffer”, un sistema, quest'ultimo, che effettuava l'analisi dell'aria per ricercare eventuali tracce dei fumi di scarico persistenti nell'atmosfera in seguito all'immersione di un battello a propulsione tradizionale. A causa della compattezza del velivolo, le boe sonore erano alloggiate nel retro di ciascuna gondola-motore, da cui potevano essere espulse con apposito comando;
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Un Tracker appartenente al Sea Control Squadron 21 (VS-21) fotografato in volo nel 1956 con la prima livrea completamente blu utilizzata su questo velivolo,
in seguito alla modifica della carenatura delle gondole la dotazione di ciascun alloggiamento fu portata da 8 a 16 boe. Sul bordo d'attacco dell'ala destra era installato un potentissimo faro di ricerca da 85 milioni di candele, il cui fascio luminoso era manovrato tramite un joystick dal secondo pilota che aveva anche funzioni di navigatore e operatore radio. Sul tetto dell'abitacolo era installato il contenitore delle apparecchiature ECM (Electronic Counter Measures) per il rilevamento dei radar nemici. L'armamento principale era costituito da due siluri auto-cercanti General Electric Mk. 44 contenuti nella stiva ventrale che poteva ospitare, alternativamente, 4 cariche di profondità da 175 Kg. Sei piloni sub-alari permettevano ulteriori combinazioni di carico tra cui i razzi HVAR da 5 pollici.
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22 maggio 1957. Trackers dell’Antisubmarine Squadron 37 (VS-37) in volo sulla portaerei Philippine Sea (CVS-47).
Trackers in decollo dalla portaerei USS Valley Forge (CVS-45)
I TRACKER ITALIANI Le consegne dei Tracker forniti all’Italia dagli Stati Uniti in conto MDAP (Mutual Defense Assistance Program) iniziarono a partire da marzo 1957; entro maggio 1959 venti aeroplani furono trasferiti sull’aeroporto di Napoli Capodichino e presi in carico dall'86° Gruppo, precedentemente basato a Grottaglie. Quest'ultimo, dopo aver consegnato gli ultimi quattro Lockheed PV-2 Harpoon all'87° gruppo di Catania Fontanarossa, si trasferì sull'aeroporto partenopeo per iniziare la transizione sugli S2F-1 con le Squadriglie 161a e 162a. Il 20 febbraio 1957 il Comando dell'86° gruppo con la Bandiera di Guerra lasciò Grottaglie per insediarsi a Capodichino e il giorno successivo venne formalizzato il passaggio di consegne tra il ten. col. Luigi Andolfi ed il nuovo comandante ten. col. Ettore Mineo. Dei primi sei velivoli consegnati il 6 marzo 1957 due furono ceduti all'87° gruppo di Catania il 1° agosto 1958. I successivi esemplari furono consegnati a partire dal 15 gennaio 1959 quando dal piroscafo Excellency sbarcarono a Brindisi i primi quattro S2F-1; le consegne si susseguirono il 19 gennaio con quattro velivoli e il 15 marzo con due, mentre il 21 aprile ed il 6 maggio furono consegnati gli ultimi quattro esemplari, distribuiti otto a Capodichino e dodici a Fontanarossa. Tra il 22 dicembre 1959 ed il 9 gennaio 1960 l'87° Gruppo venne trasferito sul nuovo aeroporto NATO di Sigonella, ricostruito su quello
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Lockheed PV-2 Harpoon appartenente all’86° Gruppo dell’Aeronautica Militare.
Napoli, 6 marzo 1957. I primi Trackers destinati all’Aeronautica Militare. Sotto l’ala dell’aeroplano in primo piano si intravede ancora la coccarda americana.
che durante la Seconda Guerra Mondiale era stato utilizzato dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe; il reparto si trovò così ad operare a stretto contatto con quelli della US Navy, continuando a mantenere il supporto logistico a Fontanarossa. Il 1° marzo 1960 venne costituito l'88° Gruppo, che iniziò la sua attività a Fontanarossa in previsione del suo definitivo schieramento presso l'aeroporto di Trapani-Chinisia, ancora in fase di approntamento. Il 13 marzo 1961 il piroscafo Monterey sbarcò a Brindisi sei Tracker seguito il 20 marzo dal piroscafo Arizpa con altri quattro velivoli a bordo, tutti della versione long range. Con lo scopo di incrementare la dotazione della linea di volo, anche in seguito agli incidenti che avevano provocato la perdita di cinque velivoli, si optò per l'acquisizione di altri quindici velivoli di prima produzione già impiegati su portaerei e dismessi dalla US Navy; la scelta non si rivelò particolarmente felice in quanto le macchine si trovavano in pessime condizioni, e fu necessario procedere con diversi interventi manutentivi tra cui la completa sostituzione del cablaggio elettrico. In seguito all'arrivo tra il 16 marzo ed il 15 maggio 1964 degli ultimi quindici velivoli, undici aeroplani furono assegnati all'86° Gruppo di Napoli Capodichino, diciotto all'87° Gruppo di Catania Fontanarossa e Sigonella (impiegati anche nel ruolo addestrativo) e undici all'88° Gruppo di Trapani Chinisia. Il 31 ottobre 1964 una violentissima tromba d'aria si abbatté sull'aeroporto di Catania provocando danni gravissimi e la distruzione di diciassette elicotteri della Marina Militare e numerosi S2-A della Marina olandese che, per ironia della sorte, erano stati rischierati in Sicilia per approfittare delle migliori condizione meteorologiche della nostra penisola. I Tracker italiani furono risparmiati in quanto alcuni si trovavano rischierati a Sigonella, mentre quelli presenti in aeroporto erano ricoverati in hangar che non furono interessati dalla furia degli elementi. Il 10 ottobre 1965 l'87° e l'88° Gruppo formarono il 41° Stormo antisom a Catania Fontanarossa mentre, a causa di lavori della pista sull'aeroporto di Capodichino, l'86° Gruppo il 29 settembre 1969 si trasferì con nove velivoli
prima a Catania Fontanarossa e poi a Pratica di Mare fino al rientro in sede il 21 marzo 1970. Intanto nel 1968 la Marina Militare italiana aveva identificato nel Breguet Br 1150 “Atlantic” il sostituto dei Tracker, entrando nel consorzio di produzione con le ditte Aeritalia e Alfa Romeo, e firmando nel contempo un ordine per diciotto aerei che furono consegnati a partire dal 1972 prima al 41° Stormo e successivamente al ricostituito 30° Stormo, presso l'aeroporto di Cagliari Elmas. Tra febbraio e luglio 1973 i primi sette S2-A della flotta vennero radiati per raggiunti limiti delle ore di volo, seguiti da altri dodici esemplari il 1° luglio 1975; gli altri sedici furono ritirati dal servizio negli anni successivi contestualmente all'entrata in servizio degli Atlantic. GLI INCIDENTI Quasi tutti gli incidenti del Tracker furono causati da avarie ai propulsori e il velivolo, con un solo motore ed un carico pesante diventava una gran brutta bestia da controllare, specialmente in fase di decollo e alle basse velocità. Il controllo con un solo motore era reso possibile dal particolare timone verticale in due sezioni, ma q u e s t ’ u l t i m o a u m e n t a va a n c h e l a re s i s te n z a aerodinamica creata dalla grande superficie incernierata, creando ulteriori problemi di controllo. L'11 settembre 1960 lo S2F-1 M.M. 136557 dell'87° Gruppo cadde nel lago di Como, provocando la morte del sottoten. Giovanni Tosches e del sottoten. di vascello Riccardo Ugo. Il 27 aprile 1961 a Siracusa ci fu la perdita del velivolo M.M. 144697 dell'87° Gruppo, con la morte del ten. pil. Paolo Bacci, del sottoten. pil. Franco Ambroso e del serg. Angelo Farina. Il 6 febbraio 1962 l'esemplare 86-24, M.M. 148296, fu costretto ad un ammaraggio di fortuna che causò la morte del sottoten. di vascello Franco Noli, del 2° capo Piero Franzini e del serg. Emanuele Cassano. Il 10 aprile 1964, nel corso di un'esercitazione GCA (Ground Controlled Approch), a causa di una serie di istruzioni errate da parte degli operatori statunitensi in torre di controllo lo S2-A M.M. 144703 dell’87° Gruppo, pilotato dal sottoten. di vascello Arnaldo Pala e dal sottoten. Giancarlo Napolitano, si schiantò contro un'altura con la morte dell'equipaggio. Il 24 settembre 1965, durante un'esercitazione notturna, l'esemplare M.M. 136742 s'infilò in mare a circa 100 Km a sud di Ischia; i piloti ten. col. Guido Miglio e ten. di vascello Francesco De Angelis risultarono dispersi, mentre gli operatori serg. Giuseppe Mirizzi e 2° capo Angelo Magliocca furono recuperati incolumi dalla corvetta Danaide. L'11 maggio 1967 il velivolo M.M. 133188 del 41° Stormo precipitò causando la morte del cap. pil. Giovanni Bataloni e del guardiamarina Alberto Urlini e il 1° aprile 1969 un velivolo dello stesso reparto, il M.M. 133073, precipitò con la perdita del ten. pil. Claudio Martinelli e del guardiamarina Rino Meini. Il 21 settembre 1971, nell'incidente accaduto al velivolo M.M. 133100 del 41° Stormo, morirono il sottoten. pil. Giovanni Attanasio, il sottoten. di vascello Carmelo Basile ed il 2° capo Salvatore Mondella.
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Il timone del Tracker era costituito da due sezioni: alle spalle del normale timone di direzione vi era una grande sezione incernierata che fungeva normalmente da "trimmer" con azionamento elettrico e che in caso di emergenza, ad esempio in seguito all’avaria di un motore, fungeva da ausilio per il controllo sull'asse di imbardata.
Gli aeroplani antisom italiani, in seguito ad una legge del 1931 ancora in vigore che aveva assegnato all'allora Regia Aeronautica la gestione di tutti i velivoli ad ala fissa e il divieto di possederne per la Regia Marina, operavano con equipaggio misto, con piloti provenienti dell'Aeronautica Militare e dalla Marina Militare, tecnici di volo dell'Aeronautica e operatori di sistemi provenienti dalla Marina. La legge sarà abrogata solo nel gennaio 1989, permettendo finalmente alla Marina di dotarsi di velivoli ad ala fissa per i suoi specifici compiti.
Briefing pre-volo per questo equipaggio antisom. Ai piloni subalari del Tracker sono agganciate due bombe di profondità da 175 kg e un razzo HVAR da 5 pollici.
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I TRACKER ITALIANI Le consegne dei Tracker forniti all’Italia dagli Stati Uniti in conto MDAP (Mutual Defense Assistance Program) iniziarono a partire da marzo 1957; entro maggio 1959 venti aeroplani furono trasferiti sull’aeroporto di Napoli Capodichino e presi in carico dall'86° Gruppo, precedentemente basato a Grottaglie. Quest'ultimo, dopo aver consegnato gli ultimi quattro Lockheed PV-2 Harpoon all'87° gruppo di Catania Fontanarossa, si trasferì sull'aeroporto partenopeo per iniziare la transizione sugli S2F-1 con le Squadriglie 161a e 162a. Il 20 febbraio 1957 il Comando dell'86° gruppo con la Bandiera di Guerra lasciò Grottaglie per insediarsi a Capodichino e il giorno successivo venne formalizzato il passaggio di consegne tra il ten. col. Luigi Andolfi ed il nuovo comandante ten. col. Ettore Mineo. Dei primi sei velivoli consegnati il 6 marzo 1957 due furono ceduti all'87° gruppo di Catania il 1° agosto 1958. I successivi esemplari furono consegnati a partire dal 15 gennaio 1959 quando dal piroscafo Excellency sbarcarono a Brindisi i primi quattro S2F-1; le consegne si susseguirono il 19 gennaio con quattro velivoli e il 15 marzo con due, mentre il 21 aprile ed il 6 maggio furono consegnati gli ultimi quattro esemplari, distribuiti otto a Capodichino e dodici a Fontanarossa. Tra il 22 dicembre 1959 ed il 9 gennaio 1960 l'87° Gruppo venne trasferito sul nuovo aeroporto NATO di Sigonella, ricostruito su quello
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Lockheed PV-2 Harpoon appartenente all’86° Gruppo dell’Aeronautica Militare.
Napoli, 6 marzo 1957. I primi Trackers destinati all’Aeronautica Militare. Sotto l’ala dell’aeroplano in primo piano si intravede ancora la coccarda americana.
che durante la Seconda Guerra Mondiale era stato utilizzato dalla Regia Aeronautica e dalla Luftwaffe; il reparto si trovò così ad operare a stretto contatto con quelli della US Navy, continuando a mantenere il supporto logistico a Fontanarossa. Il 1° marzo 1960 venne costituito l'88° Gruppo, che iniziò la sua attività a Fontanarossa in previsione del suo definitivo schieramento presso l'aeroporto di Trapani-Chinisia, ancora in fase di approntamento. Il 13 marzo 1961 il piroscafo Monterey sbarcò a Brindisi sei Tracker seguito il 20 marzo dal piroscafo Arizpa con altri quattro velivoli a bordo, tutti della versione long range. Con lo scopo di incrementare la dotazione della linea di volo, anche in seguito agli incidenti che avevano provocato la perdita di cinque velivoli, si optò per l'acquisizione di altri quindici velivoli di prima produzione già impiegati su portaerei e dismessi dalla US Navy; la scelta non si rivelò particolarmente felice in quanto le macchine si trovavano in pessime condizioni, e fu necessario procedere con diversi interventi manutentivi tra cui la completa sostituzione del cablaggio elettrico. In seguito all'arrivo tra il 16 marzo ed il 15 maggio 1964 degli ultimi quindici velivoli, undici aeroplani furono assegnati all'86° Gruppo di Napoli Capodichino, diciotto all'87° Gruppo di Catania Fontanarossa e Sigonella (impiegati anche nel ruolo addestrativo) e undici all'88° Gruppo di Trapani Chinisia. Il 31 ottobre 1964 una violentissima tromba d'aria si abbatté sull'aeroporto di Catania provocando danni gravissimi e la distruzione di diciassette elicotteri della Marina Militare e numerosi S2-A della Marina olandese che, per ironia della sorte, erano stati rischierati in Sicilia per approfittare delle migliori condizione meteorologiche della nostra penisola. I Tracker italiani furono risparmiati in quanto alcuni si trovavano rischierati a Sigonella, mentre quelli presenti in aeroporto erano ricoverati in hangar che non furono interessati dalla furia degli elementi. Il 10 ottobre 1965 l'87° e l'88° Gruppo formarono il 41° Stormo antisom a Catania Fontanarossa mentre, a causa di lavori della pista sull'aeroporto di Capodichino, l'86° Gruppo il 29 settembre 1969 si trasferì con nove velivoli
prima a Catania Fontanarossa e poi a Pratica di Mare fino al rientro in sede il 21 marzo 1970. Intanto nel 1968 la Marina Militare italiana aveva identificato nel Breguet Br 1150 “Atlantic” il sostituto dei Tracker, entrando nel consorzio di produzione con le ditte Aeritalia e Alfa Romeo, e firmando nel contempo un ordine per diciotto aerei che furono consegnati a partire dal 1972 prima al 41° Stormo e successivamente al ricostituito 30° Stormo, presso l'aeroporto di Cagliari Elmas. Tra febbraio e luglio 1973 i primi sette S2-A della flotta vennero radiati per raggiunti limiti delle ore di volo, seguiti da altri dodici esemplari il 1° luglio 1975; gli altri sedici furono ritirati dal servizio negli anni successivi contestualmente all'entrata in servizio degli Atlantic. GLI INCIDENTI Quasi tutti gli incidenti del Tracker furono causati da avarie ai propulsori e il velivolo, con un solo motore ed un carico pesante diventava una gran brutta bestia da controllare, specialmente in fase di decollo e alle basse velocità. Il controllo con un solo motore era reso possibile dal particolare timone verticale in due sezioni, ma q u e s t ’ u l t i m o a u m e n t a va a n c h e l a re s i s te n z a aerodinamica creata dalla grande superficie incernierata, creando ulteriori problemi di controllo. L'11 settembre 1960 lo S2F-1 M.M. 136557 dell'87° Gruppo cadde nel lago di Como, provocando la morte del sottoten. Giovanni Tosches e del sottoten. di vascello Riccardo Ugo. Il 27 aprile 1961 a Siracusa ci fu la perdita del velivolo M.M. 144697 dell'87° Gruppo, con la morte del ten. pil. Paolo Bacci, del sottoten. pil. Franco Ambroso e del serg. Angelo Farina. Il 6 febbraio 1962 l'esemplare 86-24, M.M. 148296, fu costretto ad un ammaraggio di fortuna che causò la morte del sottoten. di vascello Franco Noli, del 2° capo Piero Franzini e del serg. Emanuele Cassano. Il 10 aprile 1964, nel corso di un'esercitazione GCA (Ground Controlled Approch), a causa di una serie di istruzioni errate da parte degli operatori statunitensi in torre di controllo lo S2-A M.M. 144703 dell’87° Gruppo, pilotato dal sottoten. di vascello Arnaldo Pala e dal sottoten. Giancarlo Napolitano, si schiantò contro un'altura con la morte dell'equipaggio. Il 24 settembre 1965, durante un'esercitazione notturna, l'esemplare M.M. 136742 s'infilò in mare a circa 100 Km a sud di Ischia; i piloti ten. col. Guido Miglio e ten. di vascello Francesco De Angelis risultarono dispersi, mentre gli operatori serg. Giuseppe Mirizzi e 2° capo Angelo Magliocca furono recuperati incolumi dalla corvetta Danaide. L'11 maggio 1967 il velivolo M.M. 133188 del 41° Stormo precipitò causando la morte del cap. pil. Giovanni Bataloni e del guardiamarina Alberto Urlini e il 1° aprile 1969 un velivolo dello stesso reparto, il M.M. 133073, precipitò con la perdita del ten. pil. Claudio Martinelli e del guardiamarina Rino Meini. Il 21 settembre 1971, nell'incidente accaduto al velivolo M.M. 133100 del 41° Stormo, morirono il sottoten. pil. Giovanni Attanasio, il sottoten. di vascello Carmelo Basile ed il 2° capo Salvatore Mondella.
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Il timone del Tracker era costituito da due sezioni: alle spalle del normale timone di direzione vi era una grande sezione incernierata che fungeva normalmente da "trimmer" con azionamento elettrico e che in caso di emergenza, ad esempio in seguito all’avaria di un motore, fungeva da ausilio per il controllo sull'asse di imbardata.
Gli aeroplani antisom italiani, in seguito ad una legge del 1931 ancora in vigore che aveva assegnato all'allora Regia Aeronautica la gestione di tutti i velivoli ad ala fissa e il divieto di possederne per la Regia Marina, operavano con equipaggio misto, con piloti provenienti dell'Aeronautica Militare e dalla Marina Militare, tecnici di volo dell'Aeronautica e operatori di sistemi provenienti dalla Marina. La legge sarà abrogata solo nel gennaio 1989, permettendo finalmente alla Marina di dotarsi di velivoli ad ala fissa per i suoi specifici compiti.
Briefing pre-volo per questo equipaggio antisom. Ai piloni subalari del Tracker sono agganciate due bombe di profondità da 175 kg e un razzo HVAR da 5 pollici.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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Operazioni di manutenzione sul faro di ricerca da 85 milioni di candele installato sul bordo dell’ala destra.
21 22
Un equipaggio antisom e ettua i controlli pre-volo su un Tracker dell’87° Gruppo.
Tracker dell’87° Gruppo con la vecchia colorazione americana in volo sul paesaggio siciliano.
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Armieri agganciano tre razzi HVAR da 5 pollici ai piloni subalari di un Tracker italiano.
Tracker del 41° Stormo con insegne e stemma di reparto dell’ultimo periodo e nuova colorazione grigio/bianca applicata in sede di revisione.
COLORAZIONE E ARALDICA I velivoli consegnati all'Italia giunsero con la colorazione originale in uso presso la US Navy, costituita da grigio uniforme per le superfici latero/superiori e bianco per le superfici inferiori e tutte le superfici mobili. La linea laterale di demarcazione tra i due colori poteva essere continua oppure ondulata a seconda del reparto originario di appartenenza. Le insegne americane vennero obliterate sommariamente e sostituite da coccarde e insegne italiane. I numeri d'identificazione erano preceduti da quello indicante il gruppo autonomo di appartenenza, mentre sulla deriva
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AEROFAN | SET/OTT 2019
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Un S-2 in fase di revisione presso la SACA (Società Anonima Cantieri d’Aeroporto) di Brindisi. Sullo sfondo si riconoscono alcuni anfibi Grumman HU-16.
era messo in evidenza lo stemma di gruppo. Successivamente tutti i velivoli appartenenti ai tre gruppi di volo vennero uniformati facendo precedere il numero identificativo dalle lettere AS e, nel contempo, Marinavia appose sulla deriva il proprio stemma mentre la colorazione originale dei Trackers lasciò il posto ad una livrea ritenuta più idonea all'impiego sul Mediterraneo. In seguito alla costituzione del 41° e del 30° Stormo, il relativo stemma venne apposto sulla deriva e il numero d'identificazione dei velivoli fu preceduto da quello dello stormo di appartenenza.
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Operazioni di manutenzione sul faro di ricerca da 85 milioni di candele installato sul bordo dell’ala destra.
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Un equipaggio antisom e ettua i controlli pre-volo su un Tracker dell’87° Gruppo.
Tracker dell’87° Gruppo con la vecchia colorazione americana in volo sul paesaggio siciliano.
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Armieri agganciano tre razzi HVAR da 5 pollici ai piloni subalari di un Tracker italiano.
Tracker del 41° Stormo con insegne e stemma di reparto dell’ultimo periodo e nuova colorazione grigio/bianca applicata in sede di revisione.
COLORAZIONE E ARALDICA I velivoli consegnati all'Italia giunsero con la colorazione originale in uso presso la US Navy, costituita da grigio uniforme per le superfici latero/superiori e bianco per le superfici inferiori e tutte le superfici mobili. La linea laterale di demarcazione tra i due colori poteva essere continua oppure ondulata a seconda del reparto originario di appartenenza. Le insegne americane vennero obliterate sommariamente e sostituite da coccarde e insegne italiane. I numeri d'identificazione erano preceduti da quello indicante il gruppo autonomo di appartenenza, mentre sulla deriva
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Un S-2 in fase di revisione presso la SACA (Società Anonima Cantieri d’Aeroporto) di Brindisi. Sullo sfondo si riconoscono alcuni anfibi Grumman HU-16.
era messo in evidenza lo stemma di gruppo. Successivamente tutti i velivoli appartenenti ai tre gruppi di volo vennero uniformati facendo precedere il numero identificativo dalle lettere AS e, nel contempo, Marinavia appose sulla deriva il proprio stemma mentre la colorazione originale dei Trackers lasciò il posto ad una livrea ritenuta più idonea all'impiego sul Mediterraneo. In seguito alla costituzione del 41° e del 30° Stormo, il relativo stemma venne apposto sulla deriva e il numero d'identificazione dei velivoli fu preceduto da quello dello stormo di appartenenza.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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skunk
works Gli anni epici delle mo. ette californiane
Luciano Pontolillo
O
ltre 80 anni fa un promettente ingegnere della Lockheed, Clarence L. “Kelly” Johnson, inaugurò inconsapevolmente un modus operandi che avrebbe contraddistinto da quel momento in poi i più segreti e innovativi progetti della ditta di Burbank.
18
Un ricognitore Lockheed A-12, protagonista di numerose missioni legate all'operazione Black Shield nel corso della Guerra in Vietnam, l'ultima delle quali venne effettuata nel maggio del 1968. L’aereo nella foto (serial 06932) precipitò nel Mar Cinese Meridionale il 6 giugno dello stesso anno.
skunk
works Gli anni epici delle mo. ette californiane
Luciano Pontolillo
O
ltre 80 anni fa un promettente ingegnere della Lockheed, Clarence L. “Kelly” Johnson, inaugurò inconsapevolmente un modus operandi che avrebbe contraddistinto da quel momento in poi i più segreti e innovativi progetti della ditta di Burbank.
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Un ricognitore Lockheed A-12, protagonista di numerose missioni legate all'operazione Black Shield nel corso della Guerra in Vietnam, l'ultima delle quali venne effettuata nel maggio del 1968. L’aereo nella foto (serial 06932) precipitò nel Mar Cinese Meridionale il 6 giugno dello stesso anno.
6
5
Kelly Johnson e il pilota collaudatore Tony LeVier, il primo a portare il volo il P-80 Shooting Star.
9 Kelly Johnson con un modello in scala del P-80A-1-LO Shooting Star.
7-8
Due versioni sperimentali del P-80. In alto, lo EF-80 realizzato per studiare il pilotaggio in posizione prona. In basso lo F-80A s/n 44-85044 equipaggiato con due mitragliatrici calibro 12.7 mm montate oblique per studiare la possibilità di attaccare i bombardieri sovietici dal basso riprendendo il concetto tedesco “Schräge Musik” della seconda Guerra Mondiale.
10
Al prototipo XP-80, meglio conosciuto come Lulu Belle, fecero seguito 1.732 Shooting Star, uno dei quali raccolse la prima vittoria in uno scontro jet-versus-jet durante la guerra in Corea.
Allineamento di F-80 appartenenti al 1st Fighter Group fotografati sull’aeroporto di March Field, California, nel 1946.
11-12
Il Lockheed XF-90 venne realizzato in risposta al requisito dell'USAF per un caccia a penetrazione a lungo raggio, la stessa specifica che portò allo sviluppo del McDonnell XF-88 Voodoo (da non confondere con il successivo F-101 Voodoo). L’aeroplano venne disegnato da Willis Hawkins e furono costruiti due prototipi (s/n 46-687 e 46-688). Di coltà di sviluppo e indecisioni politiche ritardarono il primo volo fino al 3 giugno 1949, con il capo collaudatore Tony LeVier ai comandi. Le prestazioni del caccia risultarono inadeguate e L'XF-90 non entrò mai in produzione.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
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Kelly Johnson e il pilota collaudatore Tony LeVier, il primo a portare il volo il P-80 Shooting Star.
9 Kelly Johnson con un modello in scala del P-80A-1-LO Shooting Star.
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Due versioni sperimentali del P-80. In alto, lo EF-80 realizzato per studiare il pilotaggio in posizione prona. In basso lo F-80A s/n 44-85044 equipaggiato con due mitragliatrici calibro 12.7 mm montate oblique per studiare la possibilità di attaccare i bombardieri sovietici dal basso riprendendo il concetto tedesco “Schräge Musik” della seconda Guerra Mondiale.
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Al prototipo XP-80, meglio conosciuto come Lulu Belle, fecero seguito 1.732 Shooting Star, uno dei quali raccolse la prima vittoria in uno scontro jet-versus-jet durante la guerra in Corea.
Allineamento di F-80 appartenenti al 1st Fighter Group fotografati sull’aeroporto di March Field, California, nel 1946.
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Il Lockheed XF-90 venne realizzato in risposta al requisito dell'USAF per un caccia a penetrazione a lungo raggio, la stessa specifica che portò allo sviluppo del McDonnell XF-88 Voodoo (da non confondere con il successivo F-101 Voodoo). L’aeroplano venne disegnato da Willis Hawkins e furono costruiti due prototipi (s/n 46-687 e 46-688). Dicoltà di sviluppo e indecisioni Ā politiche ritardarono il primo volo fino al 3 giugno 1949, con il capo collaudatore Tony LeVier ai comandi. Le prestazioni del caccia risultarono inadeguate e L'XF-90 non entrò mai in produzione.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
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IL CACCIATORE DI STELLE A pochi anni dalla fine della seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti si ritrovarono nuovamente coinvolti in un conflitto, la guerra di Corea iniziata nel 1950 e protrattasi per circa tre anni. I resoconti dei piloti americani che si scontrarono in volo con i MiG-15 sovietici riportarono quanto il piccolo caccia russo si fosse dimostrato generalmente superiore ai velivoli in dotazione all'US Air Force, sia per velocità, che per quota di tangenza. Era evidente che gli statunitensi si erano seduti sugli allori dopo la fine del conflitto mondiale. Johnson si mise al lavoro e insieme al suo team sviluppò il Lockheed L-246, un caccia con un peso di circa 5 tonnellate e mezzo, i cui disegni vennero sottoposti all'USAF all'inizio del 1952. Il progetto venne approvato e ad aprile il mock-up era già pronto per le ispezioni, mentre un mese più tardi cominciarono i lavori per la realizzazione di due prototipi, il primo dei quali fu portato in volo dal collaudatore Tony LeVier il 4 marzo 1954: era nato l'F-104 Starfighter, il caccia senza compromessi. Capace di prestazioni inimmaginabili per l'epoca, tra cui la velocità bisonica, e caratterizzato da soluzioni tecnologiche avanzatissime, lo Starfighter venne immesso in servizio nell'USAF a partire dal 1958. Prodotto in svariate versioni, fu impiegato anche nel corso di diversi conflitti: gli F-104C americani ebbero il battesimo del fuoco in Vietnam; alcuni F-104A vennero schierati dal Pakistan nel corso delle guerre indopakistane; gli Starfighter dell'aviazione militare di Taiwan si scontrarono nel 1967 con aerei della Repubblica Popolare Cinese sui cieli dell'isola contesa di Quemoy e, nella stessa occasione, F-104A americani vennero rischierati a Taiwan per rinforzare il dispositivo di difesa della piccola isola . L'Italia acquisì inizialmente la versione “G” del caccia, sviluppando in seguito la versione “S” dotata di missili aria-aria a guida radar AIM-7 Sparrow. Il nostro fu inoltre l'ultimo Paese a ritirare dal servizio lo “Spillone” a partire dal maggio 2004, a conclusione di una carriera operativa durata oltre 45 anni in 15 nazioni.
13
Kelly Johnson posa nell’abitacolo del primo prototipo del Lockheed XF-104, s/n 53-7786. Ritiratosi a vita privata negli Anni ‘70, Johnson è morto il 21 dicembre 1990 all’età di ottant’anni.
16
14
Gli aeroplani della “Century Series” in formazione: F-100 Super Sabre, F-101 Voodoo, F-102 Delta Dagger e “last but not least” F-104 Starfighter.
17
F-104C americano fotografato durante un rifornimento in volo sui cieli del Vietnam. Gli Starfighter operarono nel Sud-Est Asiatico tra il 1965 e il 1967 svolgendo il ruolo di intercettori e per il supporto aereo.
18
19 15
Una coppia di F-104A dell’USAF armati con missili AIM-9B Sidewinder a guida infrarossi. Il cacciatore di stelle è stato definito in molti modi, e uno dei più conosciuti è senz’altro "the missile with a man in it", che la Lockheed registrò addirittura come marchio per motivi di marketing.
Un F-104S appartenente al 36° Stormo dell’Aeronautica Militare fotografato durante l’intercettazione di un bombardiere sovietico Tu-16 Badger sul Canale di Sicilia alla fine degli Anni ‘80.
F-104G della Deutsche Marineflieger. La Germania fu il paese che lamentò il più alto numero di incidenti a carico degli Starfighters, contribuendo ad alimentare la nomea di aeroplano pericoloso che non perdonava gli errori di pilotaggio. In realtà buona parte degli incidenti era dovuta all’impiego come cacciabombardiere cui fu costretto il caccia tedesco, ben lontano dalla filosofia del progetto originale di caccia intercettore. Le versioni “G” e “S” furono le ultime ad essere sviluppate.
Il primo XF-104 in rullaggio sul Rogers Dry Lake presso l’Air Force Flight Test Center, Edwards Air Force Base. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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IL CACCIATORE DI STELLE A pochi anni dalla fine della seconda Guerra Mondiale gli Stati Uniti si ritrovarono nuovamente coinvolti in un conflitto, la guerra di Corea iniziata nel 1950 e protrattasi per circa tre anni. I resoconti dei piloti americani che si scontrarono in volo con i MiG-15 sovietici riportarono quanto il piccolo caccia russo si fosse dimostrato generalmente superiore ai velivoli in dotazione all'US Air Force, sia per velocità, che per quota di tangenza. Era evidente che gli statunitensi si erano seduti sugli allori dopo la fine del conflitto mondiale. Johnson si mise al lavoro e insieme al suo team sviluppò il Lockheed L-246, un caccia con un peso di circa 5 tonnellate e mezzo, i cui disegni vennero sottoposti all'USAF all'inizio del 1952. Il progetto venne approvato e ad aprile il mock-up era già pronto per le ispezioni, mentre un mese più tardi cominciarono i lavori per la realizzazione di due prototipi, il primo dei quali fu portato in volo dal collaudatore Tony LeVier il 4 marzo 1954: era nato l'F-104 Starfighter, il caccia senza compromessi. Capace di prestazioni inimmaginabili per l'epoca, tra cui la velocità bisonica, e caratterizzato da soluzioni tecnologiche avanzatissime, lo Starfighter venne immesso in servizio nell'USAF a partire dal 1958. Prodotto in svariate versioni, fu impiegato anche nel corso di diversi conflitti: gli F-104C americani ebbero il battesimo del fuoco in Vietnam; alcuni F-104A vennero schierati dal Pakistan nel corso delle guerre indopakistane; gli Starfighter dell'aviazione militare di Taiwan si scontrarono nel 1967 con aerei della Repubblica Popolare Cinese sui cieli dell'isola contesa di Quemoy e, nella stessa occasione, F-104A americani vennero rischierati a Taiwan per rinforzare il dispositivo di difesa della piccola isola . L'Italia acquisì inizialmente la versione “G” del caccia, sviluppando in seguito la versione “S” dotata di missili aria-aria a guida radar AIM-7 Sparrow. Il nostro fu inoltre l'ultimo Paese a ritirare dal servizio lo “Spillone” a partire dal maggio 2004, a conclusione di una carriera operativa durata oltre 45 anni in 15 nazioni.
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Kelly Johnson posa nell’abitacolo del primo prototipo del Lockheed XF-104, s/n 53-7786. Ritiratosi a vita privata negli Anni ‘70, Johnson è morto il 21 dicembre 1990 all’età di ottant’anni.
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Gli aeroplani della “Century Series” in formazione: F-100 Super Sabre, F-101 Voodoo, F-102 Delta Dagger e “last but not least” F-104 Starfighter.
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F-104C americano fotografato durante un rifornimento in volo sui cieli del Vietnam. Gli Starfighter operarono nel Sud-Est Asiatico tra il 1965 e il 1967 svolgendo il ruolo di intercettori e per il supporto aereo.
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Una coppia di F-104A dell’USAF armati con missili AIM-9B Sidewinder a guida infrarossi. Il cacciatore di stelle è stato definito in molti modi, e uno dei più conosciuti è senz’altro "the missile with a man in it", che la Lockheed registrò addirittura come marchio per motivi di marketing.
Un F-104S appartenente al 36° Stormo dell’Aeronautica Militare fotografato durante l’intercettazione di un bombardiere sovietico Tu-16 Badger sul Canale di Sicilia alla fine degli Anni ‘80.
F-104G della Deutsche Marineflieger. La Germania fu il paese che lamentò il più alto numero di incidenti a carico degli Starfighters, contribuendo ad alimentare la nomea di aeroplano pericoloso che non perdonava gli errori di pilotaggio. In realtà buona parte degli incidenti era dovuta all’impiego come cacciabombardiere cui fu costretto il caccia tedesco, ben lontano dalla filosofia del progetto originale di caccia intercettore. Le versioni “G” e “S” furono le ultime ad essere sviluppate.
Il primo XF-104 in rullaggio sul Rogers Dry Lake presso l’Air Force Flight Test Center, Edwards Air Force Base. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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Con le montagne della Groom Range sullo sfondo l'articolo 361, il primo U-2 costruito per l'USAF, completati i controlli attende sul letto del lago che un camion Willys-Overland 4x4 del 1953 lo rimorchi sulla pista di atterraggio. L'articolo 361 fu costruito nello stabilimento di Lockheed a Oildale, in California. L’U-2 era in pratica un motoaliante dalle caratteristiche di volo critiche: la di erenza tra la velocità massima e la velocità di stallo, ad esempio, era di poche decine di nodi. Gli aeroplani venivano costruiti praticamente a mano e per questo motivo ogni U-2 aveva un proprio “carattere”.
21
Un Lockheed U-2 smontato viene scaricato sul Groom Lake da un C-124 da trasporto. I cargo solitamente atterravano sul lago per evitare l'usura della pista pavimentata della base ma quando il primo U-2 doveva essere consegnato, il 25 luglio 1955, la pioggia aveva reso inagibile la superficie del lago e il comandante della base, il colonnello Richard Newton, negò l’atterraggio al C-124 sulla striscia di asfalto. Solo dopo che Kelly Johnson chiamò il quartier generale della CIA il cargo ebbe finalmente il permesso di atterrare sulla pista... che cedette di circa mezzo centimetro sotto le ruote del C-124!
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AEROFAN | SET/OTT 2019
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Nove U-2 furono schierati presso “The Ranch” nel 1956 per i collaudi iniziali degli apparecchi che riportavano sulla deriva insegne e codici del National Advisory Council for Aeronautics (NACA).
UN NUOVO CONCETTO OPERATIVO: L'AEREO SPIA Nel 1955, gli Skunk Works ricevettero un contratto dalla CIA per costruire lo “spy plane” U-2, capostipite di una longeva famiglia di ricognitori strategici. In piena Guerra Fredda e in un'epoca in cui nulla trapelava dalla Cortina di Ferro, gli Stati Uniti erano ossessionati da quanto potesse accadere in Unione Sovietica a loro insaputa e ritenevano irrinunciabile sorvolare il territorio avversario per fotografare siti di interesse strategico. L'USAF bandì quindi un concorso per la costruzione di un nuovo ricognitore ad alta quota: alla specifica risposero tra gli altri la Bell con l'X-16, la Fairchild con l'M195 e la Martin con l'RB-57D. Solo successivamente la Lockheed presentò un proprio progetto elaborato da Kelly Johnson, che portava la sigla CL-282. Il progetto si basava sulla cellula del caccia intercettore F-104, opportunamente modificata. Inizialmente ignorato, il progetto di Johnson fu “ripescato” perché era il più economico e meno rischioso tra quelli proposti. L'idea di base era semplice: costruire un aereo lento, con un basso consumo di carburante che gli permettesse di avere un'autonomia elevata, ma in grado di operare ad una quota talmente elevata da non essere intercettabile in alcun modo. La Lockheed ricevette l'incarico di fornire un primo lotto di 20 velivoli per un valore di 22,5 milioni di dollari, interamente finanziati dalla CIA. Il progetto dell'U-2 (Utility-2, designazione data dall'USAF per celare il vero ruolo dell'aeroplano), essendo classificato Top Secret, richiedeva un luogo appropriato per lo sviluppo e le prime prove in volo. La base di Edwards era ormai ben nota e Johnson si mise così alla ricerca di una zona appartata e lontana da sguardi indiscreti, fino a quando un addetto della CIA gli suggerì una pista abbandonata dove egli aveva prestato servizio durante la seconda Guerra Mondiale. Questa pista si trovava nei pressi del Groom Lake, all'interno del poligono di tiro della Nellis Air Force Base e, durante la guerra, era stata usata per addestrare i piloti che avrebbero partecipato al conflitto mondiale. In breve vennero completate una nuova pista e le relative infrastrutture di quella che sarebbe diventata nota come “The Ranch” . Il primo volo dell'U-2 avvenne il 4 agosto 1955 ai comandi di Joseph F. Ware Jr. e da quel momento iniziò una lunga carriera che portò il “Dragon Lady” a volare indisturbato nei cieli di tutto il mondo, spiando non solo nemici ma anche amici, come nel caso della crisi di Suez del 1956 o nella vicenda dei Mirage francesi ceduti clandestinamente agli israeliani. L'invulnerabilità dell'U2 terminò bruscamente il 1° maggio 1960 quando il pilota della CIA Francis Gary Powers venne abbattuto nei cieli dell'Unione Sovietica durante quella che era stata pianificata come l'ultima missione oltre cortina, in quanto gli stessi vertici dell'USAF erano coscienti che le nuove tecnologie e gli armamenti a disposizione dei russi rendevano rischiose le incursioni dei Dragon Lady. Due anni dopo, durante la crisi dei missili a Cuba, un secondo U-2 venne abbattuto durante una ricognizione sull'isola determinando la definitiva cessazione dei voli
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Kelly Johnson fotografato con il pilota della CIA Francis Gary Powers.
Membri del 4080th Strategic Reconnaissance Wing rischierati sulla Howard AFB, Canale di Panama, nel 1962.
Cuba, 14 ottobre 1962. Un convoglio di camion sovietici fotografato nei pressi di San Cristobal. Questa immagine, scattata dal maggiore Steve Heyser a bordo di un U-2, fu la prima prova concreta che i russi stavano dispiegando missili a Cuba. La data sulla fotografia è del giorno successivo allo scatto.
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Con le montagne della Groom Range sullo sfondo l'articolo 361, il primo U-2 costruito per l'USAF, completati i controlli attende sul letto del lago che un camion Willys-Overland 4x4 del 1953 lo rimorchi sulla pista di atterraggio. L'articolo 361 fu costruito nello stabilimento di Lockheed a Oildale, in California. L’U-2 era in pratica un motoaliante dalle caratteristiche di volo critiche: la dierenza tra la velocità Ā massima e la velocità di stallo, ad esempio, era di poche decine di nodi. Gli aeroplani venivano costruiti praticamente a mano e per questo motivo ogni U-2 aveva un proprio “carattere”.
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Un Lockheed U-2 smontato viene scaricato sul Groom Lake da un C-124 da trasporto. I cargo solitamente atterravano sul lago per evitare l'usura della pista pavimentata della base ma quando il primo U-2 doveva essere consegnato, il 25 luglio 1955, la pioggia aveva reso inagibile la superficie del lago e il comandante della base, il colonnello Richard Newton, negò l’atterraggio al C-124 sulla striscia di asfalto. Solo dopo che Kelly Johnson chiamò il quartier generale della CIA il cargo ebbe finalmente il permesso di atterrare sulla pista... che cedette di circa mezzo centimetro sotto le ruote del C-124!
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Nove U-2 furono schierati presso “The Ranch” nel 1956 per i collaudi iniziali degli apparecchi che riportavano sulla deriva insegne e codici del National Advisory Council for Aeronautics (NACA).
UN NUOVO CONCETTO OPERATIVO: L'AEREO SPIA Nel 1955, gli Skunk Works ricevettero un contratto dalla CIA per costruire lo “spy plane” U-2, capostipite di una longeva famiglia di ricognitori strategici. In piena Guerra Fredda e in un'epoca in cui nulla trapelava dalla Cortina di Ferro, gli Stati Uniti erano ossessionati da quanto potesse accadere in Unione Sovietica a loro insaputa e ritenevano irrinunciabile sorvolare il territorio avversario per fotografare siti di interesse strategico. L'USAF bandì quindi un concorso per la costruzione di un nuovo ricognitore ad alta quota: alla specifica risposero tra gli altri la Bell con l'X-16, la Fairchild con l'M195 e la Martin con l'RB-57D. Solo successivamente la Lockheed presentò un proprio progetto elaborato da Kelly Johnson, che portava la sigla CL-282. Il progetto si basava sulla cellula del caccia intercettore F-104, opportunamente modificata. Inizialmente ignorato, il progetto di Johnson fu “ripescato” perché era il più economico e meno rischioso tra quelli proposti. L'idea di base era semplice: costruire un aereo lento, con un basso consumo di carburante che gli permettesse di avere un'autonomia elevata, ma in grado di operare ad una quota talmente elevata da non essere intercettabile in alcun modo. La Lockheed ricevette l'incarico di fornire un primo lotto di 20 velivoli per un valore di 22,5 milioni di dollari, interamente finanziati dalla CIA. Il progetto dell'U-2 (Utility-2, designazione data dall'USAF per celare il vero ruolo dell'aeroplano), essendo classificato Top Secret, richiedeva un luogo appropriato per lo sviluppo e le prime prove in volo. La base di Edwards era ormai ben nota e Johnson si mise così alla ricerca di una zona appartata e lontana da sguardi indiscreti, fino a quando un addetto della CIA gli suggerì una pista abbandonata dove egli aveva prestato servizio durante la seconda Guerra Mondiale. Questa pista si trovava nei pressi del Groom Lake, all'interno del poligono di tiro della Nellis Air Force Base e, durante la guerra, era stata usata per addestrare i piloti che avrebbero partecipato al conflitto mondiale. In breve vennero completate una nuova pista e le relative infrastrutture di quella che sarebbe diventata nota come “The Ranch” . Il primo volo dell'U-2 avvenne il 4 agosto 1955 ai comandi di Joseph F. Ware Jr. e da quel momento iniziò una lunga carriera che portò il “Dragon Lady” a volare indisturbato nei cieli di tutto il mondo, spiando non solo nemici ma anche amici, come nel caso della crisi di Suez del 1956 o nella vicenda dei Mirage francesi ceduti clandestinamente agli israeliani. L'invulnerabilità dell'U2 terminò bruscamente il 1° maggio 1960 quando il pilota della CIA Francis Gary Powers venne abbattuto nei cieli dell'Unione Sovietica durante quella che era stata pianificata come l'ultima missione oltre cortina, in quanto gli stessi vertici dell'USAF erano coscienti che le nuove tecnologie e gli armamenti a disposizione dei russi rendevano rischiose le incursioni dei Dragon Lady. Due anni dopo, durante la crisi dei missili a Cuba, un secondo U-2 venne abbattuto durante una ricognizione sull'isola determinando la definitiva cessazione dei voli
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Kelly Johnson fotografato con il pilota della CIA Francis Gary Powers.
Membri del 4080th Strategic Reconnaissance Wing rischierati sulla Howard AFB, Canale di Panama, nel 1962.
Cuba, 14 ottobre 1962. Un convoglio di camion sovietici fotografato nei pressi di San Cristobal. Questa immagine, scattata dal maggiore Steve Heyser a bordo di un U-2, fu la prima prova concreta che i russi stavano dispiegando missili a Cuba. La data sulla fotografia è del giorno successivo allo scatto.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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IL DIAMANTE SENZA SPERANZA Il 17 gennaio 1975 Ben Rich, pupillo di Kelly Johnson, divenne direttore degli Skunk Works in sostituzione del suo mentore. All'epoca la Defense Advanced Research Projects Agency, l'agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare, aveva in corso un progetto volto a ridurre l'osservabilità elettromagnetica degli aeromobili. Mc Donnell Douglas e Northrop erano già al lavoro e la Lockheed rischiava di rimanere fuori dai giochi. Rich ottenne dalla CIA l'autorizzazione a divulgare i risultati sulla bassa osservabilità ottenuti con l'A-12, chiedendo di entrare nel concorso. Nonostante fossero già stati assegnati i fondi destinati al programma Rich, in puro “Skunk Works style”, convinse la DARPA a coinvolgere la Lockheed senza un contratto governativo, riuscendo infine ad avere accesso ai rapporti tecnici già forniti dagli altri partecipanti. All'interno degli Skunk Works nessuno pareva in grado di fornire elementi importanti per il programma finché non entrò in scena il giovane ingegnere Denys Overholser che, insieme al matematico Bill Schroeder, definì i criteri principali per rendere invisibile ai radar un velivolo, utilizzando superfici piatte angolate tra loro in modo da riflettere e disperdere le onde radar lontano dall'apparecchio emettitore. Si racconta che Kelly Johnson alla vista dei primi disegni di massima del progetto li abbia accartocciati e gettati in terra affermando che un aereo simile non avrebbe mai volato. Ma Ben Rich non si lasciò scoraggiare, nemmeno quando gli scettici ingegneri della Lockheed iniziarono a chiamare il progetto “the hopeless diamond”, e quando finalmente il primo modello in legno venne posizionato
su un palo all'interno del Radar Target Scatter dell'Air Force a White Sands nel marzo 1976 ed ebbero inizio i test, le critiche e i dubbi vennero fugati dai risultati delle misurazioni: il diamante senza speranza era davvero invisibile al radar! Ben Rich, da abile venditore qual era, si recò ad una riunione al Pentagono portando con sé una borsa di cuscinetti a sfera che svuotò sul tavolo tra gli sguardi perplessi di Generali e funzionari esclamando: “Ecco l'osservabilità radar del vostro aereo”. La fase successiva fu il programma “Have Blue”, un dimostratore di tecnologia che avrebbe dovuto confermare le teorie sviluppate sulla bassa osservabilità, il cui contratto fu assegnato alla Lockheed nel 1976. Have Blue aprì la strada alla realizzazione del primo “aeroplano invisibile” della storia: lo F-117 Nighthawk. Costruito quasi interamente in alluminio, con le superfici esterne rivestite di materiale radar assorbente legato con stucco, il Nighthawk doveva la sua invisibilità elettromagnetica alle teorie dimostrate con Have Blue. Ogni elemento dell'aeroplano era stato progettato per assorbire, disperdere o deviare le onde radar. La forma non convenzionale aveva richiesto un sistema di controllo fly-by-wire quadruplo ridondante per correggere la sua naturale instabilità e non esistevano altri sistemi di riserva per il controllo meccanico; se il flyby-wire avesse smesso di funzionare, l'unico comando che il pilota avrebbe potuto azionare sarebbe stata la maniglia giallo-nera del seggiolino eiettabile. Il Nighthawk volò per la prima volta l'8 giugno 1981 e fu uno dei più segreti progetti militari americani. Ritirato nel 2008, l'F-117 fu il capostipite e il punto di riferimento per i successivi caccia stealth Lockheed, l'F-22 Raptor e l'F-35 Lightning II, attuali programmi principali sviluppati dalle operose moffette californiane.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
34
33 35
Durante le prime ore del mattino del 17 gennaio 1991, in risposta all'invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, gli F-117 Nighthawk si infiltrarono in territorio iracheno invisibili ai radar neutralizzando nelle prime ore di guerra 37 bersagli strategici nei dintorni di Baghdad. Durante le settimane successive i Nighthawks avrebbero colpito con notevole precisione i bersagli assegnati, contribuendo in maniera determinante a concludere con successo la campagna in soli 43 giorni, senza subire alcuna perdita.
La linea di montaggio del “caccia invisibile” F-117. Ben Rich, qui fotografato davanti a un F-117, entrò in Lockheed nel 1950 come specialista in termodinamica e nel 1954 passò agli Skunk Works lavorando sui progetti di U-2, A-12, D-21, YF-12 e SR-71. Morto nel 1995, Rich è considerato il “Padre dello Stealth”, il cui sviluppo fu reso possibile dalla sua tenacia. In merito alle forme sgraziate e anti-aerodinamiche dell’F-117 ebbe a dire: “Il giusto software di volo unito ai comandi fly-by-wire permetterebbero di volare anche alla Statua della Libertà”.
Il secondo prototipo dell’Have Blue, fotografato all’interno del Building 82 degli Skunk Works, lo stabilimento dove videro la luce F-104, U-2 e A-12. I due Have Blue erano monoposto subsonici spinti ognuno da due motori General Electric J85-GE-4A da 1.340 Kg/s senza post-bruciatore.
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IL DIAMANTE SENZA SPERANZA Il 17 gennaio 1975 Ben Rich, pupillo di Kelly Johnson, divenne direttore degli Skunk Works in sostituzione del suo mentore. All'epoca la Defense Advanced Research Projects Agency, l'agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare, aveva in corso un progetto volto a ridurre l'osservabilità elettromagnetica degli aeromobili. Mc Donnell Douglas e Northrop erano già al lavoro e la Lockheed rischiava di rimanere fuori dai giochi. Rich ottenne dalla CIA l'autorizzazione a divulgare i risultati sulla bassa osservabilità ottenuti con l'A-12, chiedendo di entrare nel concorso. Nonostante fossero già stati assegnati i fondi destinati al programma Rich, in puro “Skunk Works style”, convinse la DARPA a coinvolgere la Lockheed senza un contratto governativo, riuscendo infine ad avere accesso ai rapporti tecnici già forniti dagli altri partecipanti. All'interno degli Skunk Works nessuno pareva in grado di fornire elementi importanti per il programma finché non entrò in scena il giovane ingegnere Denys Overholser che, insieme al matematico Bill Schroeder, definì i criteri principali per rendere invisibile ai radar un velivolo, utilizzando superfici piatte angolate tra loro in modo da riflettere e disperdere le onde radar lontano dall'apparecchio emettitore. Si racconta che Kelly Johnson alla vista dei primi disegni di massima del progetto li abbia accartocciati e gettati in terra affermando che un aereo simile non avrebbe mai volato. Ma Ben Rich non si lasciò scoraggiare, nemmeno quando gli scettici ingegneri della Lockheed iniziarono a chiamare il progetto “the hopeless diamond”, e quando finalmente il primo modello in legno venne posizionato
su un palo all'interno del Radar Target Scatter dell'Air Force a White Sands nel marzo 1976 ed ebbero inizio i test, le critiche e i dubbi vennero fugati dai risultati delle misurazioni: il diamante senza speranza era davvero invisibile al radar! Ben Rich, da abile venditore qual era, si recò ad una riunione al Pentagono portando con sé una borsa di cuscinetti a sfera che svuotò sul tavolo tra gli sguardi perplessi di Generali e funzionari esclamando: “Ecco l'osservabilità radar del vostro aereo”. La fase successiva fu il programma “Have Blue”, un dimostratore di tecnologia che avrebbe dovuto confermare le teorie sviluppate sulla bassa osservabilità, il cui contratto fu assegnato alla Lockheed nel 1976. Have Blue aprì la strada alla realizzazione del primo “aeroplano invisibile” della storia: lo F-117 Nighthawk. Costruito quasi interamente in alluminio, con le superfici esterne rivestite di materiale radar assorbente legato con stucco, il Nighthawk doveva la sua invisibilità elettromagnetica alle teorie dimostrate con Have Blue. Ogni elemento dell'aeroplano era stato progettato per assorbire, disperdere o deviare le onde radar. La forma non convenzionale aveva richiesto un sistema di controllo fly-by-wire quadruplo ridondante per correggere la sua naturale instabilità e non esistevano altri sistemi di riserva per il controllo meccanico; se il flyby-wire avesse smesso di funzionare, l'unico comando che il pilota avrebbe potuto azionare sarebbe stata la maniglia giallo-nera del seggiolino eiettabile. Il Nighthawk volò per la prima volta l'8 giugno 1981 e fu uno dei più segreti progetti militari americani. Ritirato nel 2008, l'F-117 fu il capostipite e il punto di riferimento per i successivi caccia stealth Lockheed, l'F-22 Raptor e l'F-35 Lightning II, attuali programmi principali sviluppati dalle operose moffette californiane.
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Durante le prime ore del mattino del 17 gennaio 1991, in risposta all'invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, gli F-117 Nighthawk si infiltrarono in territorio iracheno invisibili ai radar neutralizzando nelle prime ore di guerra 37 bersagli strategici nei dintorni di Baghdad. Durante le settimane successive i Nighthawks avrebbero colpito con notevole precisione i bersagli assegnati, contribuendo in maniera determinante a concludere con successo la campagna in soli 43 giorni, senza subire alcuna perdita.
La linea di montaggio del “caccia invisibile” F-117. Ben Rich, qui fotografato davanti a un F-117, entrò in Lockheed nel 1950 come specialista in termodinamica e nel 1954 passò agli Skunk Works lavorando sui progetti di U-2, A-12, D-21, YF-12 e SR-71. Morto nel 1995, Rich è considerato il “Padre dello Stealth”, il cui sviluppo fu reso possibile dalla sua tenacia. In merito alle forme sgraziate e anti-aerodinamiche dell’F-117 ebbe a dire: “Il giusto software di volo unito ai comandi fly-by-wire permetterebbero di volare anche alla Statua della Libertà”.
Il secondo prototipo dell’Have Blue, fotografato all’interno del Building 82 degli Skunk Works, lo stabilimento dove videro la luce F-104, U-2 e A-12. I due Have Blue erano monoposto subsonici spinti ognuno da due motori General Electric J85-GE-4A da 1.340 Kg/s senza post-bruciatore.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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EAA AirVenture
GEORGE LAND
Oshkosh Foto album Stefano Bondone
L
a co n co m i t a n z a dei cinquant'anni della Experimental Aircraft Association, del Boeing 747 “Jumbo Jet” e, soprattutto, del primo uomo sulla Luna, hanno fatto sì che quest'anno la partecipazione di pubblico e di aeroplani all'AirVenture di Oshkosh risul tasse particolarmente numerosa e variegata.
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North American P-51D Mustang “The Brat III” proveniente dal Cavanaugh Flight Museum of Addison, in Texas.
EAA AirVenture
GEORGE LAND
Oshkosh Foto album Stefano Bondone
L
a co n co m i t a n z a dei cinquant'anni della Experimental Aircraft Association, del Boeing 747 “Jumbo Jet” e, soprattutto, del primo uomo sulla Luna, hanno fatto sì che quest'anno la partecipazione di pubblico e di aeroplani all'AirVenture di Oshkosh risul tasse particolarmente numerosa e variegata.
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North American P-51D Mustang “The Brat III” proveniente dal Cavanaugh Flight Museum of Addison, in Texas.
STEFANO BONDONE
accomunati tutti dalla voglia di volare detta, da queste parti, “Spirit of Flight”. Non sono mancati diversi aerei per impieghi particolari, come ad esempio quelli utilizzati sulla neve, e dunque equipaggiati con gli sci, o quelli adibiti alla lotta contro gli incendi. Tra i velivoli di fabbricazione italiana erano presenti l’immancabile e sempreverde F.8F “Falco” disegnato dall’ingegner Frati e il Siai Marchetti S.211 che negli Stati Uniti è molto apprezzato dai “Warbird Lovers”.
GEORGE LAND
Vi erano, tra l'altro, velivoli che solo in occasione di questo raduno annuale si possono apprezzare in un solo colpo d'occhio e per un'intera settimana oltre a quanto il m on do dell'Aviazion e presenta puntualmente all'AirVenture. Belli tutti gli aerei visti a terra e in volo mentre, e questo è uno spettacolo nello spettacolo, i rispettivi proprietari continuamente ne effettuavano la manutenzione tecnica, li pulivano e li pilotavano sostenuti, in una non semplice impresa, da una folla di appassionati
1
5
North American FJ-4 “Fury”.
STEFANO BONDONE STEFANO BONDONE
GEORGE LAND
2-3
Il centro di AirVenture 2019 era la “Boeing Plaza” occupata, in uno dei giorni della settimana della manifestazione, quasi interamente da un Boeing 747-800F (Freighter) della statunitense UPS con, sulla fusoliera, il logo dei 50 anni del “Jumbo Jet”.
North American XP-82 Twin Mustang. STEFANO BONDONE
GEORGE LAND
4
7
6
Il Canadair CL-215 “Water Bomber” riportato in condizioni operative dalla Viking. Lo strano velivolo visibile in primo piano è lo Yak-110, un trimotore acrobatico ottenuto dalla “fusione” di due Yak-55 con l’aggiunta di un motore turbojet General Electric CJ610-6.
Lockheed C-130 Hercules equipaggiato con pattini per l’impiego su superfici innevate.
Il Molden Mosquito Marvel (in alto) e il North American B-25 Mitchell “Panchito”. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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STEFANO BONDONE
accomunati tutti dalla voglia di volare detta, da queste parti, “Spirit of Flight”. Non sono mancati diversi aerei per impieghi particolari, come ad esempio quelli utilizzati sulla neve, e dunque equipaggiati con gli sci, o quelli adibiti alla lotta contro gli incendi. Tra i velivoli di fabbricazione italiana erano presenti l’immancabile e sempreverde F.8F “Falco” disegnato dall’ingegner Frati e il Siai Marchetti S.211 che negli Stati Uniti è molto apprezzato dai “Warbird Lovers”.
GEORGE LAND
Vi erano, tra l'altro, velivoli che solo in occasione di questo raduno annuale si possono apprezzare in un solo colpo d'occhio e per un'intera settimana oltre a quanto il m on do dell'Aviazion e presenta puntualmente all'AirVenture. Belli tutti gli aerei visti a terra e in volo mentre, e questo è uno spettacolo nello spettacolo, i rispettivi proprietari continuamente ne effettuavano la manutenzione tecnica, li pulivano e li pilotavano sostenuti, in una non semplice impresa, da una folla di appassionati
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North American FJ-4 “Fury”.
STEFANO BONDONE STEFANO BONDONE
GEORGE LAND
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Il centro di AirVenture 2019 era la “Boeing Plaza” occupata, in uno dei giorni della settimana della manifestazione, quasi interamente da un Boeing 747-800F (Freighter) della statunitense UPS con, sulla fusoliera, il logo dei 50 anni del “Jumbo Jet”.
North American XP-82 Twin Mustang. STEFANO BONDONE
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Il Canadair CL-215 “Water Bomber” riportato in condizioni operative dalla Viking. Lo strano velivolo visibile in primo piano è lo Yak-110, un trimotore acrobatico ottenuto dalla “fusione” di due Yak-55 con l’aggiunta di un motore turbojet General Electric CJ610-6.
Lockheed C-130 Hercules equipaggiato con pattini per l’impiego su superfici innevate.
Il Molden Mosquito Marvel (in alto) e il North American B-25 Mitchell “Panchito”. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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AEROFAN | SET/OTT 2019
Un bellissimo De Havilland Gipsy Moth del 1928.
16
Il caccia degli Anni ‘30 North American P-64.
17
GEORGE LAND
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STEFANO BONDONE
STEFANO BONDONE
40
Douglas A-1H Skyraider “Wiley Coyote”.
STEFANO BONDONE
STEFANO BONDONE
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Decollo del North American B-25 Mitchell “Berlin Express”.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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Un bellissimo De Havilland Gipsy Moth del 1928.
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Il caccia degli Anni ‘30 North American P-64.
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Douglas A-1H Skyraider “Wiley Coyote”.
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Decollo del North American B-25 Mitchell “Berlin Express”.
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concorde 001 Autorizzato al decollo... cinquant’anni fa Massimo Dominelli Nur El Gawohari
N
André Trucaut, primo da sinistra, è stato il primo Pilota Comandante francese a condurre in volo il prototipo 001 del supersonico Concorde.
ella vita di ognuno di noi gli anniversari sono sempre un momento significativo, benché alcuni abbiano maggior rilievo, come ad esempio il cinquantesimo compleanno o i cinquant'anni di matrimonio. In ambito aeronautico il 2019 vede tre date che segnano il cinquantesimo anno.
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concorde 001 Autorizzato al decollo... cinquant’anni fa Massimo Dominelli Nur El Gawohari
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André Trucaut, primo da sinistra, è stato il primo Pilota Comandante francese a condurre in volo il prototipo 001 del supersonico Concorde.
ella vita di ognuno di noi gli anniversari sono sempre un momento significativo, benché alcuni abbiano maggior rilievo, come ad esempio il cinquantesimo compleanno o i cinquant'anni di matrimonio. In ambito aeronautico il 2019 vede tre date che segnano il cinquantesimo anno.
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6
Kelly Johnson e il pilota collaudatore Tony LeVier, il primo a portare il volo il P-80 Shooting Star.
9 7-8
Due versioni sperimentali del P-80. In alto, lo EF-80 realizzato per studiare il pilotaggio in posizione prona. In basso lo F-80A s/n 44-85044 equipaggiato con due mitragliatrici calibro 12.7 mm montate oblique per studiare la possibilità di attaccare i bombardieri sovietici dal basso riprendendo il concetto tedesco “Schräge Musik” della seconda Guerra Mondiale.
10
Al prototipo XP-80, meglio conosciuto come Lulu Belle, fecero seguito 1.732 Shooting Star, uno dei quali raccolse la prima vittoria in uno scontro jet-versus-jet durante la guerra in Corea.
Allineamento di F-80 appartenenti al 1st Fighter Group fotografati sull’aeroporto di March Field, California, nel 1946.
11-12
Il Lockheed XF-90 venne realizzato in risposta al requisito dell'USAF per un caccia a penetrazione a lungo raggio, la stessa specifica che portò allo sviluppo del McDonnell XF-88 Voodoo. L’aeroplano venne disegnato da Willis Hawkins e furono costruiti due prototipi (s/n 46-687 e 46-688). Dicoltà di sviluppo e indecisioni Ā politiche ritardarono il primo volo fino al 3 giugno 1949, con il capo collaudatore Tony LeVier ai comandi. Le prestazioni del caccia risultarono inadeguate e L'XF-90 non entrò mai in produzione.
7
Il personale di cabina impiegato da Air France sui voli e ettuati dal Concorde indossava uniformi di più colori caratterizzate tutte da un'evidente eleganza. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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Kelly Johnson e il pilota collaudatore Tony LeVier, il primo a portare il volo il P-80 Shooting Star.
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Due versioni sperimentali del P-80. In alto, lo EF-80 realizzato per studiare il pilotaggio in posizione prona. In basso lo F-80A s/n 44-85044 equipaggiato con due mitragliatrici calibro 12.7 mm montate oblique per studiare la possibilità di attaccare i bombardieri sovietici dal basso riprendendo il concetto tedesco “Schräge Musik” della seconda Guerra Mondiale.
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Al prototipo XP-80, meglio conosciuto come Lulu Belle, fecero seguito 1.732 Shooting Star, uno dei quali raccolse la prima vittoria in uno scontro jet-versus-jet durante la guerra in Corea.
Allineamento di F-80 appartenenti al 1st Fighter Group fotografati sull’aeroporto di March Field, California, nel 1946.
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Il Lockheed XF-90 venne realizzato in risposta al requisito dell'USAF per un caccia a penetrazione a lungo raggio, la stessa specifica che portò allo sviluppo del McDonnell XF-88 Voodoo. L’aeroplano venne disegnato da Willis Hawkins e furono costruiti due prototipi (s/n 46-687 e 46-688). Dicoltà di sviluppo e indecisioni Ā politiche ritardarono il primo volo fino al 3 giugno 1949, con il capo collaudatore Tony LeVier ai comandi. Le prestazioni del caccia risultarono inadeguate e L'XF-90 non entrò mai in produzione.
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Il personale di cabina impiegato da Air France sui voli e ettuati dal Concorde indossava uniformi di più colori caratterizzate tutte da un'evidente eleganza. SET/OTT 2019 | AEROFAN
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DOMENICO BINDA
12
Il pannello strumenti del Concorde, dominato al centro dagli indicatori dei quattro motori. La cabina di pilotaggio era decisamente angusta rispetto ad altri velivoli intercontinentali di linea.
La Singapore Airlines ha utilizzato nei propri colori, per un breve periodo, un Concorde di British Airways sulla base di un preciso accordo tra i due vettori.
Il Dalai Lama è stato uno degli innumerevoli passeggeri importanti del Concorde.
ARCHIVIO APOSTOLO
8
13
14
Un Concorde British Airways a Dubai nel settembre 1975 durante il tour in Medio Oriente e Singapore per testare le performance del velivolo in ambiente tropicale.
9-10
DOMENICO BINDA
Champagne o vino D.O.C.? Bevande di alta classe erano costantemente presenti nel servizio di bordo del Concorde sia Air France che British Airways. Anche l'oerta gastronomica a bordo era sempre superlativa nella Ā presentazione non meno che nella qualità dei cibi.
11
50
AEROFAN | SET/OTT 2019
I quattro propulsori del Concorde erano gli Olympus 593 Mk.610, originariamente sviluppati da Rolls-Royce per il bombardiere subsonico Avro Vulcan e per il multiruolo supersonico BAC TSR-2. La versione civile venne sviluppata e costruita congiuntamente alla francese SNECMA.
15
Uno dei Concorde in una livrea piuttosto inconsueta realizzata, per scopi pubblicitari, dalla società produttrice della Pepsi Cola.
DOMENICO BINDA
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Il pannello strumenti del Concorde, dominato al centro dagli indicatori dei quattro motori. La cabina di pilotaggio era decisamente angusta rispetto ad altri velivoli intercontinentali di linea.
La Singapore Airlines ha utilizzato nei propri colori, per un breve periodo, un Concorde di British Airways sulla base di un preciso accordo tra i due vettori.
Il Dalai Lama è stato uno degli innumerevoli passeggeri importanti del Concorde.
ARCHIVIO APOSTOLO
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Un Concorde British Airways a Dubai nel settembre 1975 durante il tour in Medio Oriente e Singapore per testare le performance del velivolo in ambiente tropicale.
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DOMENICO BINDA
Champagne o vino D.O.C.? Bevande di alta classe erano costantemente presenti nel servizio di bordo del Concorde sia Air France che British Airways. Anche l'oerta gastronomica a bordo era sempre superlativa nella Ā presentazione non meno che nella qualità dei cibi.
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I quattro propulsori del Concorde erano gli Olympus 593 Mk.610, originariamente sviluppati da Rolls-Royce per il bombardiere subsonico Avro Vulcan e per il multiruolo supersonico BAC TSR-2. La versione civile venne sviluppata e costruita congiuntamente alla francese SNECMA.
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Uno dei Concorde in una livrea piuttosto inconsueta realizzata, per scopi pubblicitari, dalla società produttrice della Pepsi Cola.
New York-San Francisco-Honolulu-Guam-Hong KongBali-Il Cairo-Londra ed il primo di uno SST francese nel dicembre dello stesso anno da Parigi a Parigi via New York- Oakland-Honolulu-Papeete-Sydney-GiacartaBangkok-Colombo e Bahrein. Molti furono i voli presidenziali e quelli delle famiglie Reali, senza contare il lungo elenco dei voli charter che hanno permesso a qualcuno in più di provare personalmente l'ebbrezza di volare a Mach 2 realizzando spesso il sogno di una vita. In una storia incredibile come quella del Concorde non poteva certo mancare un pizzico di mistero, e così il supersonico europeo è stato accreditato anche di un incontro con un UFO nel cielo della Gran Bretagna meridionale.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
L'aeroplano è stato protagonista in più di una pellicola cinematografica, in suo onore sono state coniate monete e realizzati francobolli commemorativi, ed è stato inoltre soggetto di un oggettistica alquanto ricca e variegata. Il sogno purtroppo si infranse il pomeriggio del 25 Luglio 2000, spettatore dell'unico ma purtroppo fatale incidente subito dal Concorde Air France, immatricolato F-BTSC e pilotato dal Comandante Christian Marty che, immediatamente dopo il decollo precipitava, con un motore in fiamme, sull'hotel “Les Relais Bleus” in località Gonesse provocando la morte delle 109 persone a bordo, inclusi i nove componenti dell'equipaggio, e di quattro ospiti dell'albergo. Messo conseguentemente e rapidamente al suolo, i
Concorde riprendevano i voli commerciali, dopo una serie di interventi tecnici riguardanti essenzialmente i serbatoi del carburante e i pneumatici, il 7 novembre 2001 per tornare nuovamente a terra, questa volta definitivamente, tra giugno e novembre 2003. Oggi i Concorde continuano a “vivere” quali ammiratissime star di musei aeronautici in Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti d'America e alle Barbados nei Caraibi. Pochi però sanno che il Concorde avrebbe dovuto avere un successore ossia il “Concorde B”. I progettisti immaginavano un aereo dalla superficie e dall'apertura alare leggermente maggiori nonché serbatoi più capienti che avrebbero aumentato la capacità di carburante a quasi 100 tonnellate incrementando
l'autonomia di circa 800 chilometri. L'installazione di un impianto propulsivo rinnovato, con il motore Rolls-Royce Olympus 593 aggiornato alla versione “610” e destinato ad aumentare la spinta del 25% alle basse e medie velocità, avrebbe reso superfluo l'uso del postbruciatore riducendo, conseguentemente, i consumi e il rumore dell’apparecchio, da sempre considerati i suoi veri punti deboli. Si stimava uno studio di fattibilità inferiore ad un anno e un investimento di circa 9 milioni di Franchi Francesi (14 milioni di Euro al valore attuale) per essere pronto entro la fine del 1982. Ma gli aeromobili già prodotti e invenduti pesavano troppo sulle ambizioni degli ingegneri anglofrancesi e sulle scelte dei Governi e il Concorde B non vide mai la luce.
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New York-San Francisco-Honolulu-Guam-Hong KongBali-Il Cairo-Londra ed il primo di uno SST francese nel dicembre dello stesso anno da Parigi a Parigi via New York- Oakland-Honolulu-Papeete-Sydney-GiacartaBangkok-Colombo e Bahrein. Molti furono i voli presidenziali e quelli delle famiglie Reali, senza contare il lungo elenco dei voli charter che hanno permesso a qualcuno in più di provare personalmente l'ebbrezza di volare a Mach 2 realizzando spesso il sogno di una vita. In una storia incredibile come quella del Concorde non poteva certo mancare un pizzico di mistero, e così il supersonico europeo è stato accreditato anche di un incontro con un UFO nel cielo della Gran Bretagna meridionale.
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L'aeroplano è stato protagonista in più di una pellicola cinematografica, in suo onore sono state coniate monete e realizzati francobolli commemorativi, ed è stato inoltre soggetto di un oggettistica alquanto ricca e variegata. Il sogno purtroppo si infranse il pomeriggio del 25 Luglio 2000, spettatore dell'unico ma purtroppo fatale incidente subito dal Concorde Air France, immatricolato F-BTSC e pilotato dal Comandante Christian Marty che, immediatamente dopo il decollo precipitava, con un motore in fiamme, sull'hotel “Les Relais Bleus” in località Gonesse provocando la morte delle 109 persone a bordo, inclusi i nove componenti dell'equipaggio, e di quattro ospiti dell'albergo. Messo conseguentemente e rapidamente al suolo, i
Concorde riprendevano i voli commerciali, dopo una serie di interventi tecnici riguardanti essenzialmente i serbatoi del carburante e i pneumatici, il 7 novembre 2001 per tornare nuovamente a terra, questa volta definitivamente, tra giugno e novembre 2003. Oggi i Concorde continuano a “vivere” quali ammiratissime star di musei aeronautici in Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti d'America e alle Barbados nei Caraibi. Pochi però sanno che il Concorde avrebbe dovuto avere un successore ossia il “Concorde B”. I progettisti immaginavano un aereo dalla superficie e dall'apertura alare leggermente maggiori nonché serbatoi più capienti che avrebbero aumentato la capacità di carburante a quasi 100 tonnellate incrementando
l'autonomia di circa 800 chilometri. L'installazione di un impianto propulsivo rinnovato, con il motore Rolls-Royce Olympus 593 aggiornato alla versione “610” e destinato ad aumentare la spinta del 25% alle basse e medie velocità, avrebbe reso superfluo l'uso del postbruciatore riducendo, conseguentemente, i consumi e il rumore dell’apparecchio, da sempre considerati i suoi veri punti deboli. Si stimava uno studio di fattibilità inferiore ad un anno e un investimento di circa 9 milioni di Franchi Francesi (14 milioni di Euro al valore attuale) per essere pronto entro la fine del 1982. Ma gli aeromobili già prodotti e invenduti pesavano troppo sulle ambizioni degli ingegneri anglofrancesi e sulle scelte dei Governi e il Concorde B non vide mai la luce.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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biafran
babies A cinquant’anni dalla guerra in Biafra del 1969 ripercorriamo la storia dei piccoli SAAB MFI-9B Paolo Gianvanni
L
o svedese Björn Andreasson, impegnato negli Stati Uniti presso la Convair come leader di un gruppo sui sistemi di controllo, nel tempo libero progettò e costruì il piccolo biposto BA-7, completamente metallico, spinto da un quattro cilindri Continental A75 da 75 hp con elica bipala a passo fisso.
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biafran
babies A cinquant’anni dalla guerra in Biafra del 1969 ripercorriamo la storia dei piccoli SAAB MFI-9B Paolo Gianvanni
L
o svedese Björn Andreasson, impegnato negli Stati Uniti presso la Convair come leader di un gruppo sui sistemi di controllo, nel tempo libero progettò e costruì il piccolo biposto BA-7, completamente metallico, spinto da un quattro cilindri Continental A75 da 75 hp con elica bipala a passo fisso.
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MKI-9 IN GUERRA Bölkow, nel frattempo confluita con Messerschmitt Group e Hamburger Flugzeugbau per formare la MBB (Messerschmitt- Bölkow-Blohm) concluse la produzione del velivolo nel novembre 1969 dopo un totale di 204 Junior in tutte le versioni. La storia dello Junior in effetti non si concluse a quel punto ma riprese con derivati triposto più grandi: l'MFI-15 Safari, nato per le scuole dell'Aeronautica Svedese (dove gli venne preferito lo Scottish Aviation Bulldog) e venduto in 52 esemplari in Sierra Leone, Etiopia e Norvegia e l'MFI17 Supporter con impennaggio a T che è stato il modello d i m a g g i o re s u cce s s o, co s t r u i to s u l i ce n z a e ulteriormente sviluppato dal PAC (Pakistan Aeronautical Complex) di Kamra come Mushshak/Super Mushshak in oltre 200 esemplari. Il velivolo è stato venduto ad Arabia Saudita, Azerbaijan, Iran, Nigeria, Oman, Sudafrica e Turchia. Ma anche l'originale Junior ha avuto un ultimo derivato: si tratta dell'MFI-9HB (Homebuilt), con motore Continental O-200A da 100 hp offerto dalla Amsin Aviation di Pittsburgh, Pennsylvania, (CANA Aircraft Company, Singapore) che in pratica è un normale Junior proposto sotto forma di kit grazie all'estrema semplicità costruttiva, senza pezzi macchinati, saldature o complicate formature. I pannelli di rivestimento di fusoliera ed ala sono piatti e le caratteristiche modanature esterne lungo la sezione posteriore per smorzare le vibrazioni eccessive sono sostituite da strisce di nastro che assolvono allo stesso compito. L'ala ha un longherone principale con sezione ad I in
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Il primo B-26 a giungere per vie traverse in Biafra fu questo esemplare (ex USAF 41-39531) il cui ultimo utilizzatore era stato il centro sperimentale del volo francese CEV.
AEROFAN | SET/OTT 2019
alluminio estruso con sole otto centine per ogni semiala. Subito dopo la secessione dalla Nigeria avvenuta il 30 maggio 1967, il Biafra tentò di acquisire aerei da usare in combattimento e riuscì a mettere in linea alcuni B-26 oltre a un DC-3 convertito in bombardiere. Ma erano necessari anche aerei più piccoli e agili in grado di operare da strisce non preparate e l'interesse si concentrò su uno stock di T-6G ex Aeronautica Francese accantonati a Châteaudun e rivenduti nel 1965 a varie ditte tra cui la Établissements Godet. Si trattava di 12 velivoli di origine MDAP (Mutual Defence Aid Pact) dagli Stati Uniti che furono comprati dal Biafra a 12.000 dollari l'uno con pod mitragliatrici e attacchi per bombe; il prezzo comprendeva la consegna in Biafra dal dicembre 1967, ma gli aerei, in pessime condizioni, giunsero in Portogallo solo nel marzo 1968 rimanendo poi fermi là per quasi 18 mesi e solo alcuni furono consegnati all'acquirente. Con i T-6 bloccati, venne tentato l'acquisto di sei addestratori Percival Provost T.1 ex RAF tramite la Target Towing Aircraft Co che dichiarava ufficialmente l'esportazione per lo Zambia Flying Doctor Service. Gli aerei avrebbero dovuto montare mitragliatrici fissate alle gambe del carrello. La transazione venne bloccata dalle autorità inglesi e i sei Provost finirono, sempre illegalmente, nel 1973 alla Rodesia. Intanto, nel settembre 1968, era apparso sulla scena il conte Gustav Von Rosen che, durante un colloquio a Umuahia, Biafra, con due membri della British Mercy Mission per organizzare il trasporto aereo di medicine urgenti, parlò per la prima volta della necessità di un aereo antiguerriglia. Von Rosen aveva già in mente l'MFI-9 Mili-Trainer
9 anche perché teneva d'occhio il lotto di 10 esemplari usati per la valutazione dall'Aeronautica Svedese come Sk.80 e accantonati presso la Malmö Flyg Industrie in ottime condizioni. Un altro vantaggio derivava dal fatto che si trattava di aeromobili con certificazione civile e quindi esportabili senza problemi dalla Svezia. I primi contatti furono fatti tramite l'ambasciata della Tanzania (uno dei pochi Paesi che avevano riconosciuto il Biafra) a Stoccolma per equipaggiare una non precisata scuola di volo governativa nel paese af ricano. Contemporaneamente un ex pilota svedese che viveva a Roma espresse l'intenzione di creare in Italia una società, Aircraft Lease Company, per il noleggio di aerei per prospezioni minerarie e su questa base venne siglato tramite una banca di Zurigo un contratto di 60.000 dollari con un cittadino della Tanzania per cinque MFI-9B completi di ricambi. I cinque aerei (con marche svedesi SEE U E / E U L / E U N / E W E / E W F r i s p e t t i v a m e n t e n /c 59/53/44/51/52) furono portati in volo a fine aprile 1969 dalla Svezia a Toussus-le-Noble, Francia, via Rotterdam. Dei cinque, quattro (ad eccezione dell'SE-EUN n/c 44) erano ex Sk.80 del lotto valutato dall'Aeronautica Svedese. In Francia uno degli aerei venne trasformato su una base militare francese con la riconfigurazione dell'impianto elettrico da 12 a 24 volt e sottoposto a prove dei cablaggi in vista del montaggio di armamenti. Quindi i cinque MFI-9B furono smontati e trasportati con due Lockheed L-1049G Super Constellation di Air Fret dall'aeroporto parigino di Le-Bourget a quello di Libreville, Gabon, dove era stato formato un gruppo di tecnici e piloti svedesi guidato dal conte Von Rosen.
10
Von Rosen, in piedi sul bidone, ed i suoi collaboratori impegnati nella verniciatura artigianale di un MFI-9B.
Sao Tomé, novembre 1969. Operazioni di scarico di aiuti provenienti dall'Europa e destinati al Biafra.
Gli aerei furono portati su una striscia (ribattezzata “Camp I”) a sud-est di Libreville per essere rimontati e riverniciati con una livrea a due toni di verde. Al posto del sedile di destra fu montato un serbatoio ausiliario di carburante e sotto le ali furono fissati due pod Matra F2 capaci di contenere ciascuno 6 razzi SNEB 253 da 68 mm. Sul cruscotto fu installato un collimatore di tiro ottenuto dai surplus dell'Aeronautica Svedese e probabilmente provenienti dai caccia Saab J-22. Giunsero anche i primi
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MKI-9 IN GUERRA Bölkow, nel frattempo confluita con Messerschmitt Group e Hamburger Flugzeugbau per formare la MBB (Messerschmitt- Bölkow-Blohm) concluse la produzione del velivolo nel novembre 1969 dopo un totale di 204 Junior in tutte le versioni. La storia dello Junior in effetti non si concluse a quel punto ma riprese con derivati triposto più grandi: l'MFI-15 Safari, nato per le scuole dell'Aeronautica Svedese (dove gli venne preferito lo Scottish Aviation Bulldog) e venduto in 52 esemplari in Sierra Leone, Etiopia e Norvegia e l'MFI17 Supporter con impennaggio a T che è stato il modello d i m a g g i o re s u cce s s o, co s t r u i to s u l i ce n z a e ulteriormente sviluppato dal PAC (Pakistan Aeronautical Complex) di Kamra come Mushshak/Super Mushshak in oltre 200 esemplari. Il velivolo è stato venduto ad Arabia Saudita, Azerbaijan, Iran, Nigeria, Oman, Sudafrica e Turchia. Ma anche l'originale Junior ha avuto un ultimo derivato: si tratta dell'MFI-9HB (Homebuilt), con motore Continental O-200A da 100 hp offerto dalla Amsin Aviation di Pittsburgh, Pennsylvania, (CANA Aircraft Company, Singapore) che in pratica è un normale Junior proposto sotto forma di kit grazie all'estrema semplicità costruttiva, senza pezzi macchinati, saldature o complicate formature. I pannelli di rivestimento di fusoliera ed ala sono piatti e le caratteristiche modanature esterne lungo la sezione posteriore per smorzare le vibrazioni eccessive sono sostituite da strisce di nastro che assolvono allo stesso compito. L'ala ha un longherone principale con sezione ad I in
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Il primo B-26 a giungere per vie traverse in Biafra fu questo esemplare (ex USAF 41-39531) il cui ultimo utilizzatore era stato il centro sperimentale del volo francese CEV.
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alluminio estruso con sole otto centine per ogni semiala. Subito dopo la secessione dalla Nigeria avvenuta il 30 maggio 1967, il Biafra tentò di acquisire aerei da usare in combattimento e riuscì a mettere in linea alcuni B-26 oltre a un DC-3 convertito in bombardiere. Ma erano necessari anche aerei più piccoli e agili in grado di operare da strisce non preparate e l'interesse si concentrò su uno stock di T-6G ex Aeronautica Francese accantonati a Châteaudun e rivenduti nel 1965 a varie ditte tra cui la Établissements Godet. Si trattava di 12 velivoli di origine MDAP (Mutual Defence Aid Pact) dagli Stati Uniti che furono comprati dal Biafra a 12.000 dollari l'uno con pod mitragliatrici e attacchi per bombe; il prezzo comprendeva la consegna in Biafra dal dicembre 1967, ma gli aerei, in pessime condizioni, giunsero in Portogallo solo nel marzo 1968 rimanendo poi fermi là per quasi 18 mesi e solo alcuni furono consegnati all'acquirente. Con i T-6 bloccati, venne tentato l'acquisto di sei addestratori Percival Provost T.1 ex RAF tramite la Target Towing Aircraft Co che dichiarava ufficialmente l'esportazione per lo Zambia Flying Doctor Service. Gli aerei avrebbero dovuto montare mitragliatrici fissate alle gambe del carrello. La transazione venne bloccata dalle autorità inglesi e i sei Provost finirono, sempre illegalmente, nel 1973 alla Rodesia. Intanto, nel settembre 1968, era apparso sulla scena il conte Gustav Von Rosen che, durante un colloquio a Umuahia, Biafra, con due membri della British Mercy Mission per organizzare il trasporto aereo di medicine urgenti, parlò per la prima volta della necessità di un aereo antiguerriglia. Von Rosen aveva già in mente l'MFI-9 Mili-Trainer
9 anche perché teneva d'occhio il lotto di 10 esemplari usati per la valutazione dall'Aeronautica Svedese come Sk.80 e accantonati presso la Malmö Flyg Industrie in ottime condizioni. Un altro vantaggio derivava dal fatto che si trattava di aeromobili con certificazione civile e quindi esportabili senza problemi dalla Svezia. I primi contatti furono fatti tramite l'ambasciata della Tanzania (uno dei pochi Paesi che avevano riconosciuto il Biafra) a Stoccolma per equipaggiare una non precisata scuola di volo governativa nel paese af ricano. Contemporaneamente un ex pilota svedese che viveva a Roma espresse l'intenzione di creare in Italia una società, Aircraft Lease Company, per il noleggio di aerei per prospezioni minerarie e su questa base venne siglato tramite una banca di Zurigo un contratto di 60.000 dollari con un cittadino della Tanzania per cinque MFI-9B completi di ricambi. I cinque aerei (con marche svedesi SEE U E / E U L / E U N / E W E / E W F r i s p e t t i v a m e n t e n /c 59/53/44/51/52) furono portati in volo a fine aprile 1969 dalla Svezia a Toussus-le-Noble, Francia, via Rotterdam. Dei cinque, quattro (ad eccezione dell'SE-EUN n/c 44) erano ex Sk.80 del lotto valutato dall'Aeronautica Svedese. In Francia uno degli aerei venne trasformato su una base militare francese con la riconfigurazione dell'impianto elettrico da 12 a 24 volt e sottoposto a prove dei cablaggi in vista del montaggio di armamenti. Quindi i cinque MFI-9B furono smontati e trasportati con due Lockheed L-1049G Super Constellation di Air Fret dall'aeroporto parigino di Le-Bourget a quello di Libreville, Gabon, dove era stato formato un gruppo di tecnici e piloti svedesi guidato dal conte Von Rosen.
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Von Rosen, in piedi sul bidone, ed i suoi collaboratori impegnati nella verniciatura artigianale di un MFI-9B.
Sao Tomé, novembre 1969. Operazioni di scarico di aiuti provenienti dall'Europa e destinati al Biafra.
Gli aerei furono portati su una striscia (ribattezzata “Camp I”) a sud-est di Libreville per essere rimontati e riverniciati con una livrea a due toni di verde. Al posto del sedile di destra fu montato un serbatoio ausiliario di carburante e sotto le ali furono fissati due pod Matra F2 capaci di contenere ciascuno 6 razzi SNEB 253 da 68 mm. Sul cruscotto fu installato un collimatore di tiro ottenuto dai surplus dell'Aeronautica Svedese e probabilmente provenienti dai caccia Saab J-22. Giunsero anche i primi
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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piloti biafrani; si trattava di Augustus Okpe e Willy Murray-Bruce entrambi esperti e già in servizio con lo Squadrone Elicotteri del Biafra a Udi. Il 20 maggio 1969 il reparto fu ufficialmente accettato dall'Aeronautica Biafrana e a Von Rosen venne dato il grado di Wing Commander, mentre gli altri due piloti svedesi, Martin Lang e Gunnar Haglund, divennero rispettivamente Captain e Flight Lieutenant. L'ingresso sulla scena operativa avvenne il 22 maggio con il trasferimento dal Gabon al Biafra che fu l'occasione per la prima missione di guerra per i cinque Mili-Trainer affidati a Von Rosen, Lang, Haglund, Okpe e Bruce. Nonostante un forte piovasco quattro aerei attaccarono con successo l'aeroporto di Port Harcourt cogliendo di sorpresa i nigeriani e atterrando poi come previsto sul “Camp II” adiacente alla pista di Uga; il quinto aereo pilotato da Willy Bruce, che aveva perso il contatto dagli altri, raggiunse invece Uli con il pilota emotivamente scosso. La missione era durata circa tre ore e mezza ed aveva avuto eccellenti risultati col danneggiamento di due caccia MiG-17F, di due bombardieri Il-28 e di strutture aeroportuali. I velivoli nigeriani furono poi riparati ad eccezione del MiG-17F NAF620 che era stato consegnato solo due giorni prima. Un altro MiG venne subito inviato in volo per cercare senza successo di identificare la pista da cui operava il nemico. Due giorni più tardi, il 24 maggio, quattro MFI-9B affidati a Von Rosen, Lang, Haglund e Okpe, attaccarono all'alba l'aeroporto di Benin ma un'avaria elettrica all'aereo di Von Rosen, oltre a non permettere lo sparo dei suoi razzi, complicò il rientro e solo per fortuna i quattro aerei atterrarono a corto di carburante su una striscia che divenne poi il “Camp III”, a circa due miglia a sud di Uga presso il villaggio di Urualla. Il risultato dell'azione, oltre ad alcune vittime a terra, fu solo la distruzione di un DC-4 della Pan African Airlines già inefficiente. Il 26 maggio i soliti quattro piloti (Bruce non si era più rimesso dalla crisi nervosa della prima azione) attaccarono l'aeroporto dell'ex capitale biafrana di Enugu dove Haglund, concentrato a cercare di colpire un MiG-17 in fase di decollo, finì con l'impattare gli alberi; nonostante i danni all'ala ed al cofano e dopo aver incassato alcuni colpi da terra, lo svedese riuscì a raggiungere il “Camp II” dove atterrarono anche gli altri tre aerei. L'attacco non ebbe risultati pratici se non colpire alcuni relitti presenti sul campo. Intanto l'Aeronautica Nigeriana con un'accurata opera di ricognizione aveva identificato il “Camp I” che venne attaccato il 29 maggio con bombe e razzi dai MiG-17. I due MFI-9B presenti a terra non subirono danni e lo stesso giorno l'Aeronautica Biafrana rispose colpendo la centrale di Ughelli, Mid-West Region, con tre aerei (il quarto aveva avuto un problema tecnico) pilotati da Von Rosen, Lang e Haglund e mettendola fuori uso per qualche tempo. Il giorno seguente, festa nazionale per il Biafra, venne organizzata una missione di supporto all'Esercito impegnato nell'assedio delle truppe nigeriane a Owerri. Gli MFI-9B non riuscirono tuttavia a identificare il bersaglio e furono costretti a rientrare senza sparare un solo razzo. Il giorno seguente Von Rosen e gli altri due piloti svedesi tornarono in patria assieme a due tecnici e quasi contemporaneamente giunse in Biafra Rune Norgren, ex pilota dell'Aeronautica Svedese, che nel luglio fu protagonista di 21 azioni soprattutto in supporto alle truppe di terra generalmente da solo ma in alcune occasioni accompagnato da Okpe. In quel periodo il Biafra disponeva così di soli due piloti ma in agosto giunsero, sempre via Libreville, altri quattro MFI-9B (SE-EFU/EUB/EUP/EWB rispettivamente n/c 32/56/46/47) ufficialmente comprati dal Abidjan Flying Club. Si trattò dell'ultima fornitura perché il governo svedese, imbarazzato dalla pubblicità data dalla stampa all'attività degli MFI-9B in Biafra, bloccò ogni ulteriore esportazione.
Sequenza immagini estratte da un filmato girato a “Camp I” a sud di Libreville, Gabon. 11-16 Dall'alto in basso: quattro dei cinque aerei del primo gruppo in fase di rimontaggio in un hangar con gli
esemplari SE-EUE/EUN e EWF visibili; una semiala del SE-EUE viene ricongiunta alla fusoliera visibile sulla destra; controlli sul motore di un MFI-9 ormai completo; primi colpi di pennello sulla fusoliera del SE-EUL; il simbolo della MFI scompare sotto la mimetizzazione; addestramento dei piloti biafrani.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
Le missioni continuarono in agosto e settembre sia dai tre campi già citati sia da altre strisce vicine alle strade, una a nord tra Okija e Ozubulu e l'altra nell'est a Mbawsi, subito a sud di Umuahia. Quando anche Norgren rientrò in Svezia, l'unico pilota restò Okpe e così nell'agosto Von Rosen tornò in Africa per organizzare in Gabon la selezione e la formazione di piloti locali usando i quattro aerei della seconda fornitura. Gli istruttori svedesi, Kristian Kristensen, Nils Holmer e Karl-Bruno Ljungberg misero in piedi la scuola che effettuava un corso iniziale in Gabon di conversione sull'MFI-9B, volo diurno e lancio di razzi; quindi avveniva il trasferimento in Biafra per addestramento operativo e partecipazione a missioni reali prima di tornare in Gabon per la fase strumentale/notturna che portava alla qualifica completa “combat ready”. Per fine settembre l'Aeronautica Biafrana poteva così contare su 10 piloti di cui nove locali a cui si aggiungeva il tedesco Friedrich Herz che, dopo una parentesi con i B-25 biafrani, tornava a volare nel conflitto dopo due anni di interruzione. Con questa forza furono costituiti due distinti Squadron, 45 e 47, con una linea di 2-3 aerei operativi ciascuno. Una delle missioni più clamorose fu l'attacco all'aeroporto di Benin del 10 ottobre, ma numerosi attacchi furono fatti alle installazioni petrolifere: il 14 ottobre furono incendiati i serbatoi di stoccaggio della Mobil a Sapele ed il 30 ottobre fu colpito il deposito ShellBP di Forcados. Tra gli obiettivi colpiti con successo anche la stazione radio di disturbo di Mbiama a nord-ovest di Port Harcourt. Il 14 novembre due MFI-9B attaccarono navi impegnate allo scarico attraccate ai moli di Warri ma il grosso delle azioni restò a favore delle truppe a terra. Il 28 novembre tre aerei decollati dalla striscia di Ozubulu per attaccare Obrikon, sede del Quartier Generale nigeriano,
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Von Rosen ai comandi di un velivolo. Sul cruscotto è evidente il collimatore di puntamento recuperato probabilmente dai caccia Saab J-22 radiati dall'Aeronautica Svedese.
Una coppia di MFI-9B biafrani. I piccoli aerei svolsero tra il maggio 1969 ed il gennaio 1970 oltre 300 missioni con risultati non tanto materiali quanto morali, sostenendo con la loro presenza il morale delle truppe.
Gli MFI-9B venivano mimetizzati nella vegetazione per evitare di essere avvistati dall'Aeronautica Nigeriana che, inizialmente colta di sorpresa, pattugliava con continuità il cielo del Biafra per snidare i piccoli ma molesti velivoli.
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piloti biafrani; si trattava di Augustus Okpe e Willy Murray-Bruce entrambi esperti e già in servizio con lo Squadrone Elicotteri del Biafra a Udi. Il 20 maggio 1969 il reparto fu ufficialmente accettato dall'Aeronautica Biafrana e a Von Rosen venne dato il grado di Wing Commander, mentre gli altri due piloti svedesi, Martin Lang e Gunnar Haglund, divennero rispettivamente Captain e Flight Lieutenant. L'ingresso sulla scena operativa avvenne il 22 maggio con il trasferimento dal Gabon al Biafra che fu l'occasione per la prima missione di guerra per i cinque Mili-Trainer affidati a Von Rosen, Lang, Haglund, Okpe e Bruce. Nonostante un forte piovasco quattro aerei attaccarono con successo l'aeroporto di Port Harcourt cogliendo di sorpresa i nigeriani e atterrando poi come previsto sul “Camp II” adiacente alla pista di Uga; il quinto aereo pilotato da Willy Bruce, che aveva perso il contatto dagli altri, raggiunse invece Uli con il pilota emotivamente scosso. La missione era durata circa tre ore e mezza ed aveva avuto eccellenti risultati col danneggiamento di due caccia MiG-17F, di due bombardieri Il-28 e di strutture aeroportuali. I velivoli nigeriani furono poi riparati ad eccezione del MiG-17F NAF620 che era stato consegnato solo due giorni prima. Un altro MiG venne subito inviato in volo per cercare senza successo di identificare la pista da cui operava il nemico. Due giorni più tardi, il 24 maggio, quattro MFI-9B affidati a Von Rosen, Lang, Haglund e Okpe, attaccarono all'alba l'aeroporto di Benin ma un'avaria elettrica all'aereo di Von Rosen, oltre a non permettere lo sparo dei suoi razzi, complicò il rientro e solo per fortuna i quattro aerei atterrarono a corto di carburante su una striscia che divenne poi il “Camp III”, a circa due miglia a sud di Uga presso il villaggio di Urualla. Il risultato dell'azione, oltre ad alcune vittime a terra, fu solo la distruzione di un DC-4 della Pan African Airlines già inefficiente. Il 26 maggio i soliti quattro piloti (Bruce non si era più rimesso dalla crisi nervosa della prima azione) attaccarono l'aeroporto dell'ex capitale biafrana di Enugu dove Haglund, concentrato a cercare di colpire un MiG-17 in fase di decollo, finì con l'impattare gli alberi; nonostante i danni all'ala ed al cofano e dopo aver incassato alcuni colpi da terra, lo svedese riuscì a raggiungere il “Camp II” dove atterrarono anche gli altri tre aerei. L'attacco non ebbe risultati pratici se non colpire alcuni relitti presenti sul campo. Intanto l'Aeronautica Nigeriana con un'accurata opera di ricognizione aveva identificato il “Camp I” che venne attaccato il 29 maggio con bombe e razzi dai MiG-17. I due MFI-9B presenti a terra non subirono danni e lo stesso giorno l'Aeronautica Biafrana rispose colpendo la centrale di Ughelli, Mid-West Region, con tre aerei (il quarto aveva avuto un problema tecnico) pilotati da Von Rosen, Lang e Haglund e mettendola fuori uso per qualche tempo. Il giorno seguente, festa nazionale per il Biafra, venne organizzata una missione di supporto all'Esercito impegnato nell'assedio delle truppe nigeriane a Owerri. Gli MFI-9B non riuscirono tuttavia a identificare il bersaglio e furono costretti a rientrare senza sparare un solo razzo. Il giorno seguente Von Rosen e gli altri due piloti svedesi tornarono in patria assieme a due tecnici e quasi contemporaneamente giunse in Biafra Rune Norgren, ex pilota dell'Aeronautica Svedese, che nel luglio fu protagonista di 21 azioni soprattutto in supporto alle truppe di terra generalmente da solo ma in alcune occasioni accompagnato da Okpe. In quel periodo il Biafra disponeva così di soli due piloti ma in agosto giunsero, sempre via Libreville, altri quattro MFI-9B (SE-EFU/EUB/EUP/EWB rispettivamente n/c 32/56/46/47) ufficialmente comprati dal Abidjan Flying Club. Si trattò dell'ultima fornitura perché il governo svedese, imbarazzato dalla pubblicità data dalla stampa all'attività degli MFI-9B in Biafra, bloccò ogni ulteriore esportazione.
Sequenza immagini estratte da un filmato girato a “Camp I” a sud di Libreville, Gabon. 11-16 Dall'alto in basso: quattro dei cinque aerei del primo gruppo in fase di rimontaggio in un hangar con gli
esemplari SE-EUE/EUN e EWF visibili; una semiala del SE-EUE viene ricongiunta alla fusoliera visibile sulla destra; controlli sul motore di un MFI-9 ormai completo; primi colpi di pennello sulla fusoliera del SE-EUL; il simbolo della MFI scompare sotto la mimetizzazione; addestramento dei piloti biafrani.
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Le missioni continuarono in agosto e settembre sia dai tre campi già citati sia da altre strisce vicine alle strade, una a nord tra Okija e Ozubulu e l'altra nell'est a Mbawsi, subito a sud di Umuahia. Quando anche Norgren rientrò in Svezia, l'unico pilota restò Okpe e così nell'agosto Von Rosen tornò in Africa per organizzare in Gabon la selezione e la formazione di piloti locali usando i quattro aerei della seconda fornitura. Gli istruttori svedesi, Kristian Kristensen, Nils Holmer e Karl-Bruno Ljungberg misero in piedi la scuola che effettuava un corso iniziale in Gabon di conversione sull'MFI-9B, volo diurno e lancio di razzi; quindi avveniva il trasferimento in Biafra per addestramento operativo e partecipazione a missioni reali prima di tornare in Gabon per la fase strumentale/notturna che portava alla qualifica completa “combat ready”. Per fine settembre l'Aeronautica Biafrana poteva così contare su 10 piloti di cui nove locali a cui si aggiungeva il tedesco Friedrich Herz che, dopo una parentesi con i B-25 biafrani, tornava a volare nel conflitto dopo due anni di interruzione. Con questa forza furono costituiti due distinti Squadron, 45 e 47, con una linea di 2-3 aerei operativi ciascuno. Una delle missioni più clamorose fu l'attacco all'aeroporto di Benin del 10 ottobre, ma numerosi attacchi furono fatti alle installazioni petrolifere: il 14 ottobre furono incendiati i serbatoi di stoccaggio della Mobil a Sapele ed il 30 ottobre fu colpito il deposito ShellBP di Forcados. Tra gli obiettivi colpiti con successo anche la stazione radio di disturbo di Mbiama a nord-ovest di Port Harcourt. Il 14 novembre due MFI-9B attaccarono navi impegnate allo scarico attraccate ai moli di Warri ma il grosso delle azioni restò a favore delle truppe a terra. Il 28 novembre tre aerei decollati dalla striscia di Ozubulu per attaccare Obrikon, sede del Quartier Generale nigeriano,
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Von Rosen ai comandi di un velivolo. Sul cruscotto è evidente il collimatore di puntamento recuperato probabilmente dai caccia Saab J-22 radiati dall'Aeronautica Svedese.
Una coppia di MFI-9B biafrani. I piccoli aerei svolsero tra il maggio 1969 ed il gennaio 1970 oltre 300 missioni con risultati non tanto materiali quanto morali, sostenendo con la loro presenza il morale delle truppe.
Gli MFI-9B venivano mimetizzati nella vegetazione per evitare di essere avvistati dall'Aeronautica Nigeriana che, inizialmente colta di sorpresa, pattugliava con continuità il cielo del Biafra per snidare i piccoli ma molesti velivoli.
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flying duxford
PIER GIORGIO BONASSIN
Cronache dell’edizione 2019 Pier Giorgio Bonassin
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Supermarine Spitfire Mk Ixb con le “invasion stripes” bianche e nere su ali e fusoliera, adottate dagli Alleati in occasione dello sbarco in Normandia nel 1944.
ra una giornata cupa e la tregua alla tempesta in corso sul canale della Manica non c'era stata come invece prevedevano i meteorologi. L'operazione Overlord iniziò ugualmente quel drammatico 4 giugno 1944. Al 75° anniversario di quel giorno, il f a t i d i c o D - D a y, s i è i s p i r a t a l a 2 7 ª edizione del Flying Legends 2019.
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flying duxford
PIER GIORGIO BONASSIN
Cronache dell’edizione 2019 Pier Giorgio Bonassin
E
Supermarine Spitfire Mk Ixb con le “invasion stripes” bianche e nere su ali e fusoliera, adottate dagli Alleati in occasione dello sbarco in Normandia nel 1944.
ra una giornata cupa e la tregua alla tempesta in corso sul canale della Manica non c'era stata come invece prevedevano i meteorologi. L'operazione Overlord iniziò ugualmente quel drammatico 4 giugno 1944. Al 75° anniversario di quel giorno, il f a t i d i c o D - D a y, s i è i s p i r a t a l a 2 7 ª edizione del Flying Legends 2019.
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Hawker Sea Fury Mk.II.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
“Reenactors” in impeccabili divise d'epoca.
di sei Spit ciascuna, che uno da nord e l'altro da sud si rincorrono simulando un'azione di caccia veramente spettacolare. Passa un quarto d'ora durante il quale non c'è un momento di respiro. I dodici Spit sembrano perfino moltiplicarsi da quanto numerosi e rapidi sono i passaggi. Nel frattempo, passano quasi inosservati i decolli dei Buchóns. Come si sa queste macchine vennero costruite in Spagna negli Anni ‘50, dopo aver rivisto il progetto del Messerschmitt Bf 109 G e sostituito il motore Daimler Benz DB 605 con il Rolls Royce Merlin 500/45. Anche se di costruzione spagnola queste macchine, 50 anni fa, presero parte alle riprese del film “La Battaglia d'Inghilterra” proprio nei panni di velivoli della Luftwaffe. A seguire il B–17 Sally B, prima in formazione scortato da due Mustang e poi da solo, mostra tutta la sua mole e possenza, e quasi a voler fare un confronto fra pluri motori, subito dopo ammiriamo lo splendente C-47 Swiss a capo della Classic Formation seguito dagli altrettanto splendenti Beech 18, cromatissimi e distinguibili l'uno dall'altro per il colore delle cappottature dei 2 radiali Pratt & Whitney R-985-AN-1 e delle derive di colore rosso, blu e giallo; formazione sempre perfetta come se ne vedono di rado. Dopo la relativa calma dei plurimotori fin qui elencati, che permettono di godere lentamente le manovre e la bellezza delle forme di queste macchine, si ritorna
PIER GIORGIO BONASSIN
“Scramble” simulato di due Supermarine Spitfire MkVc.
PIER GIORGIO BONASSIN
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4-5
PIER GIORGIO BONASSIN
PIER GIORGIO BONASSIN
Grumman Wildcat FM-2.
PIER GIORGIO BONASSIN
PIER GIORGIO BONASSIN
1
Quel giorno più di settemila aerei alleati portarono a termine oltre diecimila sortite sulle coste francesi, ed alcuni di loro erano presenti quest'anno sul campo di aviazione di Duxford. Meteorologicamente parlando il clima trovato nel Cambridgeshire quest'anno non dev'essere stato molto diverso da quello di allora. Cielo grigio piombo, minaccioso di pioggia e temperature piuttosto basse. Lo sguardo alla flying line però riscaldava il cuore: cinquanta aerei allineati lungo l'area di parcheggio sono una cosa difficilmente immaginabile. Da un capo all'altro dello schieramento, lungo quasi un chilometro, si faceva fatica ad intuire quale fosse l'ultimo aereo. L'occasione ha fatto sì che a Duxford ci sia stata una delle maggiori concentrazioni di Spitfire su una sola aviosuperficie degli ultimi decenni. Quindici macchine dalla versione MK I alla MK XVIII erano schierate in linea di volo, ed altri sei erano presenti all'interno degli hangar o parcheggiati sul prato. Fra questi il bellissimo, anche se strano in livrea completamente cromata, Silver Spitfire, sponsorizzato da una nota marca di orologi di prestigio, con il quale i piloti Steve Boultbee-Brooks e Matt Jones il 19 agosto 2019 partendo da Londra, effettueranno il giro del mondo con un volo a tappe di 43.000 km. L'affluenza di pubblico il sabato mattina è stata molto inferiore rispetto gli anni precedenti, forse anche a causa delle incerte condizioni meteo. Alle nove, contestualmente all’apertura al pubblico della flying line, il rombo dei primi motori si è fatto sentire: erano i Tiger Moth, i de Havillan Dragon e i T6 Harvard della Classic Wings che hanno effettuato una serie di voli a pagamento. Questo è stato anche il momento di gloria dei Reenactors, appassionati che si vestono di tutto punto con abiti e divise rigorosamente d'epoca, interpretando il ruolo di pilota, meccanico, personale ausiliario e sanitario e che volentieri posano per le foto ed i selfie dei visitatori che rimangono ordinatamente al di là di una linea segnata semplicemente con il gesso. La mattina scorre veloce e le cose da vedere sono tantissime. Le locations da visitare sono ben otto e nessuna da trascurare. I due edifici più importanti sono l'AirSpace e l'American Air Museum, due musei a tutti gli effetti, che racchiudono il primo gli aerei di origine inglese, l'altro quelli americani. A nostro avviso però gli hangar e gli edifici d'epoca sono sicuramente i più affascinanti. Bisogna sottolineare che si tratta di edifici originali già presenti durante il secondo conflitto mondiale poiché Duxford era una base operativa e nel periodo a cavallo del D-Day ospitava i Republic P-47 Thunderbot che equipaggiavano il 78th Fighter Group. Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando lo speaker avvisa il pubblico che sono in arrivo le Red Arrows; sono loro alle 12 in punto a dare il via al Flying Legends Air Show 2019 tenendo il pubblico con il naso all'insù per i circa venti minuti dell’esibizione. Alle 14:00 il rombo di ben dodici motori Rolls Royce Merlin annuncia il volo dell’affascinante “pattuglione” degli Spitfire. La formazione si compone per un passaggio lungo campo, per poi dividersi in due gruppi
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Boeing B-17G “Sally B”, protagonista tra l’altro del noto film “Memphis Belle”.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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Hawker Sea Fury Mk.II.
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“Reenactors” in impeccabili divise d'epoca.
di sei Spit ciascuna, che uno da nord e l'altro da sud si rincorrono simulando un'azione di caccia veramente spettacolare. Passa un quarto d'ora durante il quale non c'è un momento di respiro. I dodici Spit sembrano perfino moltiplicarsi da quanto numerosi e rapidi sono i passaggi. Nel frattempo, passano quasi inosservati i decolli dei Buchóns. Come si sa queste macchine vennero costruite in Spagna negli Anni ‘50, dopo aver rivisto il progetto del Messerschmitt Bf 109 G e sostituito il motore Daimler Benz DB 605 con il Rolls Royce Merlin 500/45. Anche se di costruzione spagnola queste macchine, 50 anni fa, presero parte alle riprese del film “La Battaglia d'Inghilterra” proprio nei panni di velivoli della Luftwaffe. A seguire il B–17 Sally B, prima in formazione scortato da due Mustang e poi da solo, mostra tutta la sua mole e possenza, e quasi a voler fare un confronto fra pluri motori, subito dopo ammiriamo lo splendente C-47 Swiss a capo della Classic Formation seguito dagli altrettanto splendenti Beech 18, cromatissimi e distinguibili l'uno dall'altro per il colore delle cappottature dei 2 radiali Pratt & Whitney R-985-AN-1 e delle derive di colore rosso, blu e giallo; formazione sempre perfetta come se ne vedono di rado. Dopo la relativa calma dei plurimotori fin qui elencati, che permettono di godere lentamente le manovre e la bellezza delle forme di queste macchine, si ritorna
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“Scramble” simulato di due Supermarine Spitfire MkVc.
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Grumman Wildcat FM-2.
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Quel giorno più di settemila aerei alleati portarono a termine oltre diecimila sortite sulle coste francesi, ed alcuni di loro erano presenti quest'anno sul campo di aviazione di Duxford. Meteorologicamente parlando il clima trovato nel Cambridgeshire quest'anno non dev'essere stato molto diverso da quello di allora. Cielo grigio piombo, minaccioso di pioggia e temperature piuttosto basse. Lo sguardo alla flying line però riscaldava il cuore: cinquanta aerei allineati lungo l'area di parcheggio sono una cosa difficilmente immaginabile. Da un capo all'altro dello schieramento, lungo quasi un chilometro, si faceva fatica ad intuire quale fosse l'ultimo aereo. L'occasione ha fatto sì che a Duxford ci sia stata una delle maggiori concentrazioni di Spitfire su una sola aviosuperficie degli ultimi decenni. Quindici macchine dalla versione MK I alla MK XVIII erano schierate in linea di volo, ed altri sei erano presenti all'interno degli hangar o parcheggiati sul prato. Fra questi il bellissimo, anche se strano in livrea completamente cromata, Silver Spitfire, sponsorizzato da una nota marca di orologi di prestigio, con il quale i piloti Steve Boultbee-Brooks e Matt Jones il 19 agosto 2019 partendo da Londra, effettueranno il giro del mondo con un volo a tappe di 43.000 km. L'affluenza di pubblico il sabato mattina è stata molto inferiore rispetto gli anni precedenti, forse anche a causa delle incerte condizioni meteo. Alle nove, contestualmente all’apertura al pubblico della flying line, il rombo dei primi motori si è fatto sentire: erano i Tiger Moth, i de Havillan Dragon e i T6 Harvard della Classic Wings che hanno effettuato una serie di voli a pagamento. Questo è stato anche il momento di gloria dei Reenactors, appassionati che si vestono di tutto punto con abiti e divise rigorosamente d'epoca, interpretando il ruolo di pilota, meccanico, personale ausiliario e sanitario e che volentieri posano per le foto ed i selfie dei visitatori che rimangono ordinatamente al di là di una linea segnata semplicemente con il gesso. La mattina scorre veloce e le cose da vedere sono tantissime. Le locations da visitare sono ben otto e nessuna da trascurare. I due edifici più importanti sono l'AirSpace e l'American Air Museum, due musei a tutti gli effetti, che racchiudono il primo gli aerei di origine inglese, l'altro quelli americani. A nostro avviso però gli hangar e gli edifici d'epoca sono sicuramente i più affascinanti. Bisogna sottolineare che si tratta di edifici originali già presenti durante il secondo conflitto mondiale poiché Duxford era una base operativa e nel periodo a cavallo del D-Day ospitava i Republic P-47 Thunderbot che equipaggiavano il 78th Fighter Group. Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando lo speaker avvisa il pubblico che sono in arrivo le Red Arrows; sono loro alle 12 in punto a dare il via al Flying Legends Air Show 2019 tenendo il pubblico con il naso all'insù per i circa venti minuti dell’esibizione. Alle 14:00 il rombo di ben dodici motori Rolls Royce Merlin annuncia il volo dell’affascinante “pattuglione” degli Spitfire. La formazione si compone per un passaggio lungo campo, per poi dividersi in due gruppi
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Boeing B-17G “Sally B”, protagonista tra l’altro del noto film “Memphis Belle”.
SET/OTT 2019 | AEROFAN
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PIER GIORGIO BONASSIN
con il suo motore Bristol Centaurus XVIIC con ben 2.400 Hp è sicuramente il più potente e veloce fra gli aerei presenti. Lento ed elegantissimo invece il Consolidated PBY Catalina che si esibisce sia in versione terrestre che navale, con carrelli retratti e galleggianti estesi. Il vero e proprio tributo al 75° anniversario dello sbarco in Normandia viene fatto con una formazione di tre C-47 Dakota, veri reduci di quel 4 giugno e due Piper L-4 Grasshoppers. I Dakota facevano parte del nutrito numero di macchine che, arrivate per lo più dagli Stati Uniti, si sono radunati sul campo di volo di Duxford e da qui il 4 giugno 2019 si sono recati sulle spiagge della Normandia dove per l'occasione hanno effettuato anche un lancio di paracadutisti, rigorosamente vestiti con le divise della 101a Divisione Aviotrasportata. Avrebbe dovuto volare anche il sabato ma, causa il vento intenso, ha debuttato solo la domenica pomeriggio l'Airco DH9, un grosso biplano che nelle fasi finali del primo conflitto mondiale venne utilizzato come bombardiere leggero. Una macchina per il suo genere imponente ed elegante, ma sensibilissima al vento anche se non intenso. M o l to b e l l e e co ra g g i o s i s s i m e l e ra g a z ze d e l AeroSuperBatics Wing Walkers Team, che sulle ali di due luccicanti Boeing Super Stearman model 75, hanno tenuto il pubblico con il fiato sospeso mentre sulle ali dei velivoli eseguivano con grazia e perfetta sincronia le figure del loro programma, mentre i piloti conducevano gli aerei in figure acrobatiche ed incroci da brivido. Il Flying Legends 2019 volge al termine dopo quasi tre ore di voli. Per le battute finali dell'air show si apprestano al decollo in rapida successione gli aerei che chiuderanno la manifestazione; si tratta di un C-47 che effettuerà il solo D-Day display, mentre il Bearcat ed il Sea Fury copriranno il ruolo di Joker, negli spazi lasciati dalla formazione Balbo. Spettacolo nello spettacolo diventa il momento del decollo in rapidissima sequenza, dei caccia come si trattasse di uno scramble. Ventiquattro aerei che decollano in maniera “selvaggia” da ogni striscia di terreno libero. Si raggrupperanno dopo il decollo in squadriglie di tre macchine ciascuna e a poca distanza l'una dall'altra riprodurranno la formazione atlantica che al comando di Italo Balbo portò i mitici idrovolanti Savoia Marchetti S.55 da Orbetello a Chicago-New York e Roma. Un omaggio riservato alla nostra aviazione che in quegli anni era vista con ammirazione da tutto il mondo. Come ogni anno la formazione Balbo chiude il Flying Legends, che archivia un'altra bella edizione di questa manifestazione per molti aspetti unica al mondo.
12 AEROFAN | SET/OTT 2019
Consolidated PBY Catalina e, sullo sfondo, Douglas DC-3 SwissAir.
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con il suo motore Bristol Centaurus XVIIC con ben 2.400 Hp è sicuramente il più potente e veloce fra gli aerei presenti. Lento ed elegantissimo invece il Consolidated PBY Catalina che si esibisce sia in versione terrestre che navale, con carrelli retratti e galleggianti estesi. Il vero e proprio tributo al 75° anniversario dello sbarco in Normandia viene fatto con una formazione di tre C-47 Dakota, veri reduci di quel 4 giugno e due Piper L-4 Grasshoppers. I Dakota facevano parte del nutrito numero di macchine che, arrivate per lo più dagli Stati Uniti, si sono radunati sul campo di volo di Duxford e da qui il 4 giugno 2019 si sono recati sulle spiagge della Normandia dove per l'occasione hanno effettuato anche un lancio di paracadutisti, rigorosamente vestiti con le divise della 101a Divisione Aviotrasportata. Avrebbe dovuto volare anche il sabato ma, causa il vento intenso, ha debuttato solo la domenica pomeriggio l'Airco DH9, un grosso biplano che nelle fasi finali del primo conflitto mondiale venne utilizzato come bombardiere leggero. Una macchina per il suo genere imponente ed elegante, ma sensibilissima al vento anche se non intenso. M o l to b e l l e e co ra g g i o s i s s i m e l e ra g a z ze d e l AeroSuperBatics Wing Walkers Team, che sulle ali di due luccicanti Boeing Super Stearman model 75, hanno tenuto il pubblico con il fiato sospeso mentre sulle ali dei velivoli eseguivano con grazia e perfetta sincronia le figure del loro programma, mentre i piloti conducevano gli aerei in figure acrobatiche ed incroci da brivido. Il Flying Legends 2019 volge al termine dopo quasi tre ore di voli. Per le battute finali dell'air show si apprestano al decollo in rapida successione gli aerei che chiuderanno la manifestazione; si tratta di un C-47 che effettuerà il solo D-Day display, mentre il Bearcat ed il Sea Fury copriranno il ruolo di Joker, negli spazi lasciati dalla formazione Balbo. Spettacolo nello spettacolo diventa il momento del decollo in rapidissima sequenza, dei caccia come si trattasse di uno scramble. Ventiquattro aerei che decollano in maniera “selvaggia” da ogni striscia di terreno libero. Si raggrupperanno dopo il decollo in squadriglie di tre macchine ciascuna e a poca distanza l'una dall'altra riprodurranno la formazione atlantica che al comando di Italo Balbo portò i mitici idrovolanti Savoia Marchetti S.55 da Orbetello a Chicago-New York e Roma. Un omaggio riservato alla nostra aviazione che in quegli anni era vista con ammirazione da tutto il mondo. Come ogni anno la formazione Balbo chiude il Flying Legends, che archivia un'altra bella edizione di questa manifestazione per molti aspetti unica al mondo.
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Consolidated PBY Catalina e, sullo sfondo, Douglas DC-3 SwissAir.
Imperial War Museum
duxford Visita al più importante museo aeronautico britannico
Luca Parrillo
I
l museo di Duxford rappresenta per gli appassionati di aeronautica uno di quei luoghi sacri che occorre visitare almeno una volta nella vita. L'intento del presente articolo non è il dare vita ad un elenco analitico delle decine di aeroplani raccolti in questo meraviglioso museo, e nemmeno è quello di stilare una analisi specifica della loro singola storia: cercheremo semplicemente di condividere con il lettore le sensazioni che si provano girovagando per i suoi padiglioni.
74
De Havilland Mosquito. Costruito verso la fine del 1945 come B.Mk.35, probabilmente dalla Percival Aircraft Ltd a Luton, questo esemplare fu successivamente convertito in configurazione T.T.35 e adibito al traino bersagli. Fu radiato il 14 marzo 1963 e venduto ad un privato.
Imperial War Museum
duxford Visita al più importante museo aeronautico britannico
Luca Parrillo
I
l museo di Duxford rappresenta per gli appassionati di aeronautica uno di quei luoghi sacri che occorre visitare almeno una volta nella vita. L'intento del presente articolo non è il dare vita ad un elenco analitico delle decine di aeroplani raccolti in questo meraviglioso museo, e nemmeno è quello di stilare una analisi specifica della loro singola storia: cercheremo semplicemente di condividere con il lettore le sensazioni che si provano girovagando per i suoi padiglioni.
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De Havilland Mosquito. Costruito verso la fine del 1945 come B.Mk.35, probabilmente dalla Percival Aircraft Ltd a Luton, questo esemplare fu successivamente convertito in configurazione T.T.35 e adibito al traino bersagli. Fu radiato il 14 marzo 1963 e venduto ad un privato.
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L’imponente idrovolante Short Sunderland, appartenuto alla Royal Navy, che accoglie i visitatori all’ingresso del padiglione 1 “AirSpace”.
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AEROFAN | SET/OTT 2019
Il prototipo del British Aircraft Corporation (BAC) TRS-2, un aeroplano da bombardamento e ricognizione il cui sviluppo venne abbandonato, anche se dalle sue ceneri sarebbe nato in seguito il Panavia MRCA Tornado.
Vista d’insieme del Padiglione 1 con, in primo piano, l’ala del de Havilland Comet
Ovviamente, per quanti saggi si possano scrivere su Duxford e per quante fotografie se ne possano scattare il consiglio principe rimane uno solo: visitarlo di persona. Il museo, che è un vecchio aeroporto della Royal Air Force, è un distaccamento dell'Imperial War Museum di Londra noto nel mondo dell'aeronautica come “Duxford”, anche se in realtà questo è il nome del paesino dove sorge la relativa struttura, ed è collocato ad una mezz'ora circa dall'aeroporto di Stansted in direzione Cambridge. Purtroppo, non vi sono collegamenti ferroviari diretti, sicché per raggiungere la tanto agognata meta occorre arrangiarsi diversamente. La biglietteria è situata direttamente all'interno dello shop, il quale, fornito di ogni sorta di souvenir, propone anche una interessante libreria specializzata. Superato l'ingresso, il consiglio è quello di dirigersi subito al padiglione 1, denominato “AirSpace”, dove potrete ammirare una nutrita varietà di aeroplani accuratamente restaurati: sia velivoli contemporanei, sia apparecchi storici. L'impatto è davvero molto forte: una volta entrati, infatti, ci si deve confrontare con un maestoso idrovolante Short Sunderland appartenuto alla Royal Navy, la cui torretta difensiva anteriore si staglia imponente sopra le teste dei passanti suscitando non poca impressione. All'interno dell'hangar, ammassati un po' ovunque, trovano spazio tantissimi aeroplani, fra cui un bellissimo Fairey Swordfish, un Westland Lysander appeso al soffitto ed un Supermarine Seafire. In particolare, il cuore del padiglione viene occupato da un bombardiere Avro Vulcan che, se paragonato al “piccolo” Avro Lancaster parcheggiato subito dietro, sembra veramente un gigante. Estremamente interessante è la possibilità di entrare all'interno di alcuni dei velivoli civili ivi presenti: oltre ad un tour sul DeHavilland Comet, per il quale si consiglia vivamente di tenere bassa la testa, è possibile, nonché imperdibile, visitare l'avveniristico Concorde. Tra il Concorde ed il Vulcan si può poi osservare il prototipo del BAC TSR-2, ossia lo sfortunato velivolo multiruolo che fu uno tra i più controversi insuccessi dell'industria aeronautica britannica. Il padiglione 2 racchiude il cuore pulsante del museo ed è dedicato alla manutenzione dei numerosi velivoli in condizione di volo. Qui dentro si viene investiti da un forte odore di officina e si può vedere un misto di aeroplani tirati a lucido e pronti a decollare, assieme ad altri parzialmente smontati per le opportune revisioni. Dato che si tratta di una zona dove gli apparecchi transitano più o meno temporaneamente, non possiamo affermare con sicurezza che il materiale presente in occasione della nostra visita sia rimasto lo stesso, ma fatto sta che nell'area erano presenti, tra gli altri, un F4U Corsair con le ali ripiegate e la capotta del motore smontata, un Curtiss P-40C, un raro Curtiss P-36, il celebre Boeing B-17 “Memphis Belle” ed un Fiat Cr. 42 oggetto di recente restauro. Su quest'ultimo apparecchio occorre chiarire che non è il Fiat Cr.42 solitamente esposto al museo della R.A.F. di Hendon, ma si tratta di un diverso modello ricavato da un Falco J-11 ritrovato in Svezia nel 1983. Proseguendo con la visita, si accede all'hangar 3, denominato “Air and Sea”, dove viene esposta un'altra
serie di aeroplani di vario genere e di ogni epoca, in buona parte accomunati per l'impiego aeronavale imbarcato. L'ingresso è anche qui d'impatto, perché varcata la soglia ci si ritrova davanti ad una coppia di Hispano Ha-1112 mimetizzati con le colorazioni della Luftwaffe, cui fa da contraltare un'esposizione di velivoli prevalentemente inglesi: un biplano Hawker Fury, un Hawker Hurricane, un onnipresente Spitfire, un Fairey Gannet, uno Hawker Sea Hawk e un DeHavilland Sea Vixen. Sempre nello stesso hangar, inoltre, si può anche apprezzare un Grumman TBF Avenger, con le semiali ripiegate, che suscita non poca perplessità per la sua mole, da cui deriva una domanda banale: come faceva, con la sua stazza, a poter essere destinato all'uso imbarcato? Il successivo padiglione numero 4 è, invece, quasi interamente dedicato alla Battaglia d'Inghilterra, e vi si può vedere un Messerschmitt Bf 109 E-3 parzialmente restaurato che rievoca, con un diorama a grandezza naturale, l'atterraggio d'emergenza che lo vide storicamente coinvolto nel settembre del 1940 ai comandi del pilota Horst Perez. Tra le perle dell'hangar va poi assolutamente segnalata anche la presenza di una a u to b l i n d o d ' e m e r g e n z a d e l l a f a m i g l i a d e l l e “Beaverettes”, che venne nello specifico utilizzata nella difesa dell'aeroporto come veicolo da combattimento leggero. Si arriva, proseguendo il tour, al padiglione 5, che attualmente viene dedicato alle attività di restauro in senso stretto e dove si può trovare una enorme quantità di aeroplani, componenti e motori in fase di recupero. Dato che tale zona risulta oggettivamente sovraccarica di fusoliere, ali smontate, abitacoli e componenti varie, è piuttosto difficile riuscire ad individuare e riconoscere tutti i tesori ivi presenti, anche se nell'occasione è stato possibile vedere uno Heinkel He 167 praticamente pronto per l'esposizione. Proseguendo con la visita, ci si imbatte nella zona numero 6, che prende il nome di “Operations Room”, la quale ricrea fedelmente la sala operativa dell'aeroporto così come si presentava durante la seconda guerra mondiale. L'hangar 7, aperto al pubblico dalla primavera del 2016 e noto come American Air Museum, ospita all'interno una collezione interamente dedicata agli aeroplani statunitensi. L'effetto scenico/espositivo di questo padiglione si sviluppa essenzialmente attraverso due livelli verticali: agganciati al soffitto sono stati appesi diversi aeroplani, fra cui si nota un caccia biplano SPAD XIII della Grande Guerra, un Fairchild A-10 ed un bimotore North American B-25; mentre al piano terra sono stati parcheggiati i grandi bombardieri. In particolare, l'attenzione del visitatore viene subito catturata da un McDonnel Douglas F-4 e da un General Dynamics F-111, i quali, essendo posizionati ai lati del B-52, riescono egregiamente a trasmettere l'imponenza delle dimensioni mastodontiche del bombardiere strategico statunitense. Scendendo al livello sottostante è possibile camminare liberamente tra un Boeing B-17, un Boeing B29, un Consolidated B-24 e l'ingombrante B-52 sopra indicato. Ultimato lo slalom tra questi giganti, si può poi
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L’imponente idrovolante Short Sunderland, appartenuto alla Royal Navy, che accoglie i visitatori all’ingresso del padiglione 1 “AirSpace”.
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Il prototipo del British Aircraft Corporation (BAC) TRS-2, un aeroplano da bombardamento e ricognizione il cui sviluppo venne abbandonato, anche se dalle sue ceneri sarebbe nato in seguito il Panavia MRCA Tornado.
Vista d’insieme del Padiglione 1 con, in primo piano, l’ala del de Havilland Comet
Ovviamente, per quanti saggi si possano scrivere su Duxford e per quante fotografie se ne possano scattare il consiglio principe rimane uno solo: visitarlo di persona. Il museo, che è un vecchio aeroporto della Royal Air Force, è un distaccamento dell'Imperial War Museum di Londra noto nel mondo dell'aeronautica come “Duxford”, anche se in realtà questo è il nome del paesino dove sorge la relativa struttura, ed è collocato ad una mezz'ora circa dall'aeroporto di Stansted in direzione Cambridge. Purtroppo, non vi sono collegamenti ferroviari diretti, sicché per raggiungere la tanto agognata meta occorre arrangiarsi diversamente. La biglietteria è situata direttamente all'interno dello shop, il quale, fornito di ogni sorta di souvenir, propone anche una interessante libreria specializzata. Superato l'ingresso, il consiglio è quello di dirigersi subito al padiglione 1, denominato “AirSpace”, dove potrete ammirare una nutrita varietà di aeroplani accuratamente restaurati: sia velivoli contemporanei, sia apparecchi storici. L'impatto è davvero molto forte: una volta entrati, infatti, ci si deve confrontare con un maestoso idrovolante Short Sunderland appartenuto alla Royal Navy, la cui torretta difensiva anteriore si staglia imponente sopra le teste dei passanti suscitando non poca impressione. All'interno dell'hangar, ammassati un po' ovunque, trovano spazio tantissimi aeroplani, fra cui un bellissimo Fairey Swordfish, un Westland Lysander appeso al soffitto ed un Supermarine Seafire. In particolare, il cuore del padiglione viene occupato da un bombardiere Avro Vulcan che, se paragonato al “piccolo” Avro Lancaster parcheggiato subito dietro, sembra veramente un gigante. Estremamente interessante è la possibilità di entrare all'interno di alcuni dei velivoli civili ivi presenti: oltre ad un tour sul DeHavilland Comet, per il quale si consiglia vivamente di tenere bassa la testa, è possibile, nonché imperdibile, visitare l'avveniristico Concorde. Tra il Concorde ed il Vulcan si può poi osservare il prototipo del BAC TSR-2, ossia lo sfortunato velivolo multiruolo che fu uno tra i più controversi insuccessi dell'industria aeronautica britannica. Il padiglione 2 racchiude il cuore pulsante del museo ed è dedicato alla manutenzione dei numerosi velivoli in condizione di volo. Qui dentro si viene investiti da un forte odore di officina e si può vedere un misto di aeroplani tirati a lucido e pronti a decollare, assieme ad altri parzialmente smontati per le opportune revisioni. Dato che si tratta di una zona dove gli apparecchi transitano più o meno temporaneamente, non possiamo affermare con sicurezza che il materiale presente in occasione della nostra visita sia rimasto lo stesso, ma fatto sta che nell'area erano presenti, tra gli altri, un F4U Corsair con le ali ripiegate e la capotta del motore smontata, un Curtiss P-40C, un raro Curtiss P-36, il celebre Boeing B-17 “Memphis Belle” ed un Fiat Cr. 42 oggetto di recente restauro. Su quest'ultimo apparecchio occorre chiarire che non è il Fiat Cr.42 solitamente esposto al museo della R.A.F. di Hendon, ma si tratta di un diverso modello ricavato da un Falco J-11 ritrovato in Svezia nel 1983. Proseguendo con la visita, si accede all'hangar 3, denominato “Air and Sea”, dove viene esposta un'altra
serie di aeroplani di vario genere e di ogni epoca, in buona parte accomunati per l'impiego aeronavale imbarcato. L'ingresso è anche qui d'impatto, perché varcata la soglia ci si ritrova davanti ad una coppia di Hispano Ha-1112 mimetizzati con le colorazioni della Luftwaffe, cui fa da contraltare un'esposizione di velivoli prevalentemente inglesi: un biplano Hawker Fury, un Hawker Hurricane, un onnipresente Spitfire, un Fairey Gannet, uno Hawker Sea Hawk e un DeHavilland Sea Vixen. Sempre nello stesso hangar, inoltre, si può anche apprezzare un Grumman TBF Avenger, con le semiali ripiegate, che suscita non poca perplessità per la sua mole, da cui deriva una domanda banale: come faceva, con la sua stazza, a poter essere destinato all'uso imbarcato? Il successivo padiglione numero 4 è, invece, quasi interamente dedicato alla Battaglia d'Inghilterra, e vi si può vedere un Messerschmitt Bf 109 E-3 parzialmente restaurato che rievoca, con un diorama a grandezza naturale, l'atterraggio d'emergenza che lo vide storicamente coinvolto nel settembre del 1940 ai comandi del pilota Horst Perez. Tra le perle dell'hangar va poi assolutamente segnalata anche la presenza di una a u to b l i n d o d ' e m e r g e n z a d e l l a f a m i g l i a d e l l e “Beaverettes”, che venne nello specifico utilizzata nella difesa dell'aeroporto come veicolo da combattimento leggero. Si arriva, proseguendo il tour, al padiglione 5, che attualmente viene dedicato alle attività di restauro in senso stretto e dove si può trovare una enorme quantità di aeroplani, componenti e motori in fase di recupero. Dato che tale zona risulta oggettivamente sovraccarica di fusoliere, ali smontate, abitacoli e componenti varie, è piuttosto difficile riuscire ad individuare e riconoscere tutti i tesori ivi presenti, anche se nell'occasione è stato possibile vedere uno Heinkel He 167 praticamente pronto per l'esposizione. Proseguendo con la visita, ci si imbatte nella zona numero 6, che prende il nome di “Operations Room”, la quale ricrea fedelmente la sala operativa dell'aeroporto così come si presentava durante la seconda guerra mondiale. L'hangar 7, aperto al pubblico dalla primavera del 2016 e noto come American Air Museum, ospita all'interno una collezione interamente dedicata agli aeroplani statunitensi. L'effetto scenico/espositivo di questo padiglione si sviluppa essenzialmente attraverso due livelli verticali: agganciati al soffitto sono stati appesi diversi aeroplani, fra cui si nota un caccia biplano SPAD XIII della Grande Guerra, un Fairchild A-10 ed un bimotore North American B-25; mentre al piano terra sono stati parcheggiati i grandi bombardieri. In particolare, l'attenzione del visitatore viene subito catturata da un McDonnel Douglas F-4 e da un General Dynamics F-111, i quali, essendo posizionati ai lati del B-52, riescono egregiamente a trasmettere l'imponenza delle dimensioni mastodontiche del bombardiere strategico statunitense. Scendendo al livello sottostante è possibile camminare liberamente tra un Boeing B-17, un Boeing B29, un Consolidated B-24 e l'ingombrante B-52 sopra indicato. Ultimato lo slalom tra questi giganti, si può poi
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NATIONAL MUSEUM
GLI AIR FORCE ONE AL MUSEO A corollario dell’articolo sugli aerei presidenziali americani pubblicato sullo scorso numero di Aerofan, segnaliamo il fatto che tutti i velivoli illustrati, ad eccezione del Boeing B-314 “Dixie Clipper” appartenente ad un compagnia aerea commerciale, sono attualmente visibili presso il National Museum of the U.S. Air Force di Dayton, Ohio (www.nationalmuseum.af.mil). Mentre fino al 2016, anno di apertura al pubblico del nuovo padiglione che ora ospita sia gli aerei presidenziali sia gli aerei sperimentali, questi velivoli erano visibili in un hangar posizionato all'interno della base militare di Wright-Patterson AFB, con la visita limitata a 20 minuti ed una procedura particolare per poter accedere a tale hangar, ora sono liberamente visibili a tutti, senza alcuna limitazione. Inoltre è possibile salire a bordo di quasi tutti i velivoli esposti in questa sezione del Museo. Degno di nota è il fatto che questi aerei presidenziali, dopo il loro onorato servizio, siano stati conservati integri e che ora, dopo gli opportuni restauri, siano fruibili dai tantissimi visitatori del museo anche grazie alla cura con la quale vengono mantenuti. Nel museo sono conservati due velivoli italiani in ottime condizioni: il primo è il Caproni Ca. 3 del primo conflitto mondiale, donato dalla Contessa Maria Fede Caproni; il secondo è un bellissimo AerMacchi C. 200 Saetta catturato intatto in Libia nel 1941 e perfettamente restaurato.
Il Douglas VC-54C Sacred Cow viene trainato all’interno dell’hangar del National Museum.
NATIONAL MUSEUM
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Vista d’insieme dell’hangar dedicato agli ex Air Force One presso il National Museum. In primo piano il quadrireattore Boeing VC137C e il Douglas VC-118 Independence.
80
La cabina di pilotaggio del 4 Lockheed VC-121E Columbine III.
Il lucidissimo Douglas VC-118 independence.
NATIONAL MUSEUM
NATIONAL MUSEUM
Gabriele Montebelli
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NATIONAL MUSEUM
GLI AIR FORCE ONE AL MUSEO A corollario dell’articolo sugli aerei presidenziali americani pubblicato sullo scorso numero di Aerofan, segnaliamo il fatto che tutti i velivoli illustrati, ad eccezione del Boeing B-314 “Dixie Clipper” appartenente ad un compagnia aerea commerciale, sono attualmente visibili presso il National Museum of the U.S. Air Force di Dayton, Ohio (www.nationalmuseum.af.mil). Mentre fino al 2016, anno di apertura al pubblico del nuovo padiglione che ora ospita sia gli aerei presidenziali sia gli aerei sperimentali, questi velivoli erano visibili in un hangar posizionato all'interno della base militare di Wright-Patterson AFB, con la visita limitata a 20 minuti ed una procedura particolare per poter accedere a tale hangar, ora sono liberamente visibili a tutti, senza alcuna limitazione. Inoltre è possibile salire a bordo di quasi tutti i velivoli esposti in questa sezione del Museo. Degno di nota è il fatto che questi aerei presidenziali, dopo il loro onorato servizio, siano stati conservati integri e che ora, dopo gli opportuni restauri, siano fruibili dai tantissimi visitatori del museo anche grazie alla cura con la quale vengono mantenuti. Nel museo sono conservati due velivoli italiani in ottime condizioni: il primo è il Caproni Ca. 3 del primo conflitto mondiale, donato dalla Contessa Maria Fede Caproni; il secondo è un bellissimo AerMacchi C. 200 Saetta catturato intatto in Libia nel 1941 e perfettamente restaurato.
Il Douglas VC-54C Sacred Cow viene trainato all’interno dell’hangar del National Museum.
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Vista d’insieme dell’hangar dedicato agli ex Air Force One presso il National Museum. In primo piano il quadrireattore Boeing VC137C e il Douglas VC-118 Independence.
80
La cabina di pilotaggio del 4 Lockheed VC-121E Columbine III.
Il lucidissimo Douglas VC-118 independence.
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Gabriele Montebelli
LA SPERIMENTALE
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buccaneer
Dalle portaerei alla Guerra del Golfo
d-day squadron Diario di una trasvolata
storie di ali italiane L’aeroporto di Linate
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