Aerofan #7

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Anno 2 | Numero 7 | Gen./Feb. 2020 | € 12,00

o r e m to nu

s e u q In

l’alba dello stratofortress

L’AMX dal progetto all’impiego operativo

Ricordi di un collaudatore

AH-56 cheyenne

aerei “cingolati”

Un nuovo concetto di elicottero d’attacco

Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti

tupolev 104

glenn miller

Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

Un mistero mai risolto

la prima vittoria italiana alla coppa schneider

bruno ganda pilota del 1° stormo

PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 01/01/2020 spedizione in abbonamento postale Comma 26, Art. 2, Legge 549/95

il ghibli compie trent’anni

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA

IL GHIBLI COMPIE TRENT’ANNI L’AMX dal progetto all’impiego operativo

l’alba dello stratofortress Ricordi di un collaudatore

ah-56 cheyenne

Un nuovo concetto di elicottero da attacco


Concorde Aérospatiale - British Aerospace

La piu ’ completa monografia dedicata all'aereo supersonico a nglo-fra ncese mai realizzata in Italia. La storia e l'impiego raccontati attraverso oltre 200 fotografie, testimonia n ze, testi tecnici e documenti.

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È

stato con una certa emozione che abbiamo apposto la scritta “Anno 2” sulla copertina di questo numero, e anche con un certo stupore perché l’anno appena trascorso è davvero volato via (che scritto in una rivista di aviazione è il massimo...). Chi ci segue da tempo ormai dovrebbe sapere che siamo sempre pronti a rovinare la sacralità del momento quindi, per rispettare la tradizione, evitiamo di autocelebrarci dicendo quanto siamo stati bravi ad arrivare fino a qui, quanto è stata dura, quante volte abbiamo pensato di smettere... Ah, l’abbiamo detto comunque? Va beh, pazienza... In realtà volevamo dire che in quest’anno abbiamo conosciuto nuovi amici, e che qualcuno invece l’abbiamo perso (perché LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA evidentemente amico non era), ma che soprattutto ha iniziato a prendere forma la nostra squadra, della quale siamo molto orgogliosi. Raccontiamo qualcosa di questo numero, piuttosto, in cui troverete trent’anni di imprese dell’amato/odiato AMX Ghibli che, zitto zitto, mentre tutti erano distratti a guardare da un’altra parte, si è guadagnato il rispetto dei suoi equipaggi e, soprattutto, di chi si è trovato dalla parte del bisogno da qualche parte nel mondo e ha potuto contare sull’arrivo del nostro ineffabile Topone a toglierlo dai guai. Storie, queste, che non si possono ancora raccontare tutte, ma noi abbiamo voluto iniziare. Un collaudatore di B-52 ci racconta poi come si volava sul BUFF quando ancora non si chiamava così (per chi non lo sapesse, l’acronimo sta per Big Ugly Fat Fellow, che tutto sommato è peggio di Topone), mentre scopriremo cosa è andato storto quando l’Esercito americano non riuscì ad ottenere il suo primo elicottero da attacco. Tra le varie soluzioni che gli ingegneri hanno avuto modo di escogitare per affrancare gli aeroplani dagli aeroporti, l’impiego dei cingoli è forse una delle meno note, e anche delle più esotiche, anche se non si è mai andati oltre la fase della sperimentazione. Se poi volete sapere di quella volta che l’Alitalia ebbe AMX Ghibli in volo sul deserto quasi - in flotta un Tupolev, correte a leggere l’articolo sul primo aviogetto targato CCCP. durante l’esercitazione Completano questo numero la misteriosa scomparsa del famoso trombonista Glenn Miller, Arabian Stallion del 1993. durante un volo sulla Manica, e un piccolo foto album di immagini relative ad aeroplani della Seconda Guerra Mondiale, così, tanto per stuzzicare la curiosità. Nel frattempo lo spazio in questa pagina è finito, quindi non ci rimane che esortarvi a girare pagina, se già non l’avete fatto di vostra iniziativa, cosa peraltro poco carina da parte vostra perché scrivere queste righe non è per niente semplice, e sapere che le saltate a piè pari ci avvilisce... Augurando un anno supersonico a tutti Voi, ricordiamo i prossimi appuntamenti che sono a fine gennaio con il secondo speciale Aerofan Focus e a marzo conil numero 8 della rivista.

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Buona lettura e ricordate: volare è impossibile!

Luciano Pontolillo

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il ghibli compie trent’anni

45

aerei cingolati

L’AMX dal progetto all’impiego operativo

Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti

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l’alba dello stratofortress

tupolev tu-104

Ricordi di un collaudatore

Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

69

glenn miller Il mistero mai svelato

76

la storia raccontata per immagini Aeroplani della seconda Guerra Mondiale

34

inserto speciale

Un nuovo concetto di elicottero da attacco

- La prima vittoria italiana alla Coppa Schneider - Bruno Ganda pilota del 1° Stormo Caccia -

AH-56 cheyenne

4

storie di ali italiane


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il ghibli compie trent’anni

45

aerei cingolati

L’AMX dal progetto all’impiego operativo

Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti

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l’alba dello stratofortress

tupolev tu-104

Ricordi di un collaudatore

Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

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glenn miller Il mistero mai svelato

76

la storia raccontata per immagini Aeroplani della seconda Guerra Mondiale

34

inserto speciale

Un nuovo concetto di elicottero da attacco

- La prima vittoria italiana alla Coppa Schneider - Bruno Ganda pilota del 1° Stormo Caccia -

AH-56 cheyenne

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storie di ali italiane


il ghibli compie trent’anni PIER GIORGIO BONASSIN

L’AMX dal progetto all’impiego operativo Pier Giorgio Bonassin

N

13 settembre 2019, aeroporto militare di Istrana. Passaggio a favore di pubblico per lo Special Color commemorativo dei trent’anni di impiego dell’AMX in Aeronautica Militare.

egli Anni ' 70 l 'A e ro n a u t i c a Militare iniziò a porsi il problema di come, e con che macchine, aff rontare la sostituzione di quelle allora in servizio. In Europa, per la prima volta nella storia nacque il consorzio internazionale europeo Panavia composto da Italia, Gran Bretagna e l'allora Germania Ovest. Questa inedita compagine portò allo sviluppo del Multi Role Combat Aircraft PA200, meglio conosciuto come “Tornado”.

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il ghibli compie trent’anni PIER GIORGIO BONASSIN

L’AMX dal progetto all’impiego operativo Pier Giorgio Bonassin

N

13 settembre 2019, aeroporto militare di Istrana. Passaggio a favore di pubblico per lo Special Color commemorativo dei trent’anni di impiego dell’AMX in Aeronautica Militare.

egli Anni ' 70 l 'A e ro n a u t i c a Militare iniziò a porsi il problema di come, e con che macchine, aff rontare la sostituzione di quelle allora in servizio. In Europa, per la prima volta nella storia nacque il consorzio internazionale europeo Panavia composto da Italia, Gran Bretagna e l'allora Germania Ovest. Questa inedita compagine portò allo sviluppo del Multi Role Combat Aircraft PA200, meglio conosciuto come “Tornado”.

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guida infrarossa. Nello stesso periodo anche il Brasile aveva la necessità di acquisire un velivolo leggero con capacità tattiche per la propria Força Aérea Brasileira. Le necessità portarono al confronto i governi di Italia e Brasile, e nel marzo del 1981 si giunse alla definizione di una specifica che soddisfaceva le forze armate di entrambi i paesi. Per il Brasile la principale industria con la capacità di prendere parte al progetto era l'Embraer, che all'epoca aveva acquisito solo una decina di anni di esperienza ma si presentava già come una promettente realtà produttiva. L'accordo avrebbe significato per il Brasile e la Embraer una grossa opportunità di accrescimento del know-how tecnologico;

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fino ad allora l'esperienza brasiliana si limitava alla produzione su licenza dell'Aermacchi AT-26 Xavante (versione da addestramento ed attacco al suolo del nostro MB-326). Nel corso dello stesso anno venne definitivamente siglato l'accordo e dato il via alla costruzione di sei prototipi più una cellula per le prove statiche. Per la costruzione del primo prototipo dell'AMX (A01 MM X594) lo stabilimento prescelto fu quello di Aeritalia a Torino Caselle. I lavori di costruzione ed assemblaggio si protrassero dal 1982 al febbraio del 1984. Per le attività di prove e collaudi il Flight Test Management Group fu istituito su tre centri di prova coincidenti con i siti di produzione Aeritalia a Torino,

Macchi a Venegono e Embraer a Sao Josè Dos Campos. Le quote di lavorazione furono così distribuite: Aeritalia 46.5%, Aermacchi 23.8% ed Embraer 29,7%. Nelle relative percentuali di lavorazione significava che Aeritalia avrebbe dovuto ingegnerizzare e produrre l'abitacolo, il troncone centrale della fusoliera, i piani di coda e la deriva. La Macchi invece aveva il compito di costruire tutta la parte prodiera dell'aereo, il tettuccio ed il cono di coda. Ad Embraer fu dato il compito di costruire le ali, i piloni alari e le prese d'aria del motore. Dal momento della firma dell'accordo, i lavori di progettazione e costruzione del primo esemplare furono relativamente brevi perché in soli tre anni si giunse

all'ultimazione della prima macchina. Il primo volo del prototipo A01 avvenne il 15 maggio del 1984; ai comandi c'era il collaudatore di Fiat Aviazione, Manlio Quarantelli (ex Tenente Colonnello dell'AMI). Le attività di collaudo si susseguirono regolarmente fino al quinto volo, quando Quarantelli fu costretto a condurre l'aereo ad un atterraggio d'emergenza in seguito ad un'avaria. Grazie al sacrificio del pilota l'atterraggio avvenne in una zona lontana dalle abitazioni; eiettatosi in extremis Quarantelli riportò gravissime ferite, che ne determinarono il decesso alcune settimane più tardi. Al pilota vennero riconosciute La Medaglia d'Argento al Valor Civile e la Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico.

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guida infrarossa. Nello stesso periodo anche il Brasile aveva la necessità di acquisire un velivolo leggero con capacità tattiche per la propria Força Aérea Brasileira. Le necessità portarono al confronto i governi di Italia e Brasile, e nel marzo del 1981 si giunse alla definizione di una specifica che soddisfaceva le forze armate di entrambi i paesi. Per il Brasile la principale industria con la capacità di prendere parte al progetto era l'Embraer, che all'epoca aveva acquisito solo una decina di anni di esperienza ma si presentava già come una promettente realtà produttiva. L'accordo avrebbe significato per il Brasile e la Embraer una grossa opportunità di accrescimento del know-how tecnologico;

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fino ad allora l'esperienza brasiliana si limitava alla produzione su licenza dell'Aermacchi AT-26 Xavante (versione da addestramento ed attacco al suolo del nostro MB-326). Nel corso dello stesso anno venne definitivamente siglato l'accordo e dato il via alla costruzione di sei prototipi più una cellula per le prove statiche. Per la costruzione del primo prototipo dell'AMX (A01 MM X594) lo stabilimento prescelto fu quello di Aeritalia a Torino Caselle. I lavori di costruzione ed assemblaggio si protrassero dal 1982 al febbraio del 1984. Per le attività di prove e collaudi il Flight Test Management Group fu istituito su tre centri di prova coincidenti con i siti di produzione Aeritalia a Torino,

Macchi a Venegono e Embraer a Sao Josè Dos Campos. Le quote di lavorazione furono così distribuite: Aeritalia 46.5%, Aermacchi 23.8% ed Embraer 29,7%. Nelle relative percentuali di lavorazione significava che Aeritalia avrebbe dovuto ingegnerizzare e produrre l'abitacolo, il troncone centrale della fusoliera, i piani di coda e la deriva. La Macchi invece aveva il compito di costruire tutta la parte prodiera dell'aereo, il tettuccio ed il cono di coda. Ad Embraer fu dato il compito di costruire le ali, i piloni alari e le prese d'aria del motore. Dal momento della firma dell'accordo, i lavori di progettazione e costruzione del primo esemplare furono relativamente brevi perché in soli tre anni si giunse

all'ultimazione della prima macchina. Il primo volo del prototipo A01 avvenne il 15 maggio del 1984; ai comandi c'era il collaudatore di Fiat Aviazione, Manlio Quarantelli (ex Tenente Colonnello dell'AMI). Le attività di collaudo si susseguirono regolarmente fino al quinto volo, quando Quarantelli fu costretto a condurre l'aereo ad un atterraggio d'emergenza in seguito ad un'avaria. Grazie al sacrificio del pilota l'atterraggio avvenne in una zona lontana dalle abitazioni; eiettatosi in extremis Quarantelli riportò gravissime ferite, che ne determinarono il decesso alcune settimane più tardi. Al pilota vennero riconosciute La Medaglia d'Argento al Valor Civile e la Medaglia d'Oro al Valore Aeronautico.

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Il programma AMX non si fermò e proseguì con la costruzione degli altri prototipi, A02 MM X595, A03 MM X596 e A05 MM X597 in Italia; in Brasile vennero assemblati l'A04, che effettuò il primo volo il 16 ottobre 1985 e l'ultimo previsto, l'A06. Per il trasporto delle varie sezioni dell'AMX da e verso il Brasile, le due forze armate costituirono un ponte aereo con i rispettivi C-130 Hercules. In seguito alla perdita del prototipo A01 le tre aziende costruttrici si assunsero l'onere di rimpiazzare a loro spese la macchina distrutta nell'incidente del giugno 1984, per non variare i carichi di lavoro previsti dal programma. Nei cinque anni seguenti si realizzarono le prove statiche ed i test nella galleria del vento, che furono condotti per affinare le caratteristiche aerodinamiche della macchina. Il posizionamento dei sistemi ed equipaggiamenti di bordo venne affinato su di un mockup (ordinato assieme ai prototipi) appositamente ingegnerizzato e costruito a Torino da Aeritalia. Si arrivò così alla consegna del primo esemplare di serie (MM 7091) al 311° Gruppo del Reparto Sperimentale Volo, il 29 maggio del 1989. Nel corso dello stesso anno, in settembre vennero assegnati i primi AMX al 103° Gruppo del 51° Stormo, già presente sulla base di Istrana dal febbraio del 1953. Di questa macchina, come sappiamo, esiste la versione biposto a doppi comandi, che non era prevista dalle richieste della specifica militare. Fu in seguito ad un'iniziativa assunta in proprio dalle tre aziende costruttrici che si arrivò alla costruzione di un biposto da addestramento avanzato e supporto tattico denominata AMX-T. Il progetto piacque sia alla nostra Aeronautica che a quella brasiliana che ne ordinarono rispettivamente 26 e 11 esemplari. Il primo biposto (MM 55024) volò nel marzo

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Primo piano del motore Rolls-Royce Spey installato sull’AMX. In secondo piano il prototipo brasiliano e, sullo sfondo, un Embraer Xingu.

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Il secondo prototipo italiano in volo sulle Alpi durante la sperimentazione dei carichi esterni, in questo caso i simulacri inerti dei missili AIM-9L Sidewinder e delle bombe a caduta libera Mk 84.

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Il prototipo brasiliano durante un test di rifornimento in volo da un KC-130H della Força Aérea Brasileira.

Prove di sgancio bombe a caduta frenata Mk 82 Snakeye. Notare lo speciale pod cinefotografico montato sull’attacco centrale di fusoliera e impiegato per i test sullo sgancio dei carichi esterni.

Il primo AMX di serie prodotto da Alenia. Con questo velivolo l’Aeronautica Militare abbandonò la consueta livrea grigio/verde di ispirazione britannica utilizzata fino a quel momento su tutti gli aeromobili dell’Arma Azzurra, inaugurando l’era del “monogrigio”.

Il secondo prototipo equipaggiato con due simulacri di missili antinave Kormoran.

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Il programma AMX non si fermò e proseguì con la costruzione degli altri prototipi, A02 MM X595, A03 MM X596 e A05 MM X597 in Italia; in Brasile vennero assemblati l'A04, che effettuò il primo volo il 16 ottobre 1985 e l'ultimo previsto, l'A06. Per il trasporto delle varie sezioni dell'AMX da e verso il Brasile, le due forze armate costituirono un ponte aereo con i rispettivi C-130 Hercules. In seguito alla perdita del prototipo A01 le tre aziende costruttrici si assunsero l'onere di rimpiazzare a loro spese la macchina distrutta nell'incidente del giugno 1984, per non variare i carichi di lavoro previsti dal programma. Nei cinque anni seguenti si realizzarono le prove statiche ed i test nella galleria del vento, che furono condotti per affinare le caratteristiche aerodinamiche della macchina. Il posizionamento dei sistemi ed equipaggiamenti di bordo venne affinato su di un mockup (ordinato assieme ai prototipi) appositamente ingegnerizzato e costruito a Torino da Aeritalia. Si arrivò così alla consegna del primo esemplare di serie (MM 7091) al 311° Gruppo del Reparto Sperimentale Volo, il 29 maggio del 1989. Nel corso dello stesso anno, in settembre vennero assegnati i primi AMX al 103° Gruppo del 51° Stormo, già presente sulla base di Istrana dal febbraio del 1953. Di questa macchina, come sappiamo, esiste la versione biposto a doppi comandi, che non era prevista dalle richieste della specifica militare. Fu in seguito ad un'iniziativa assunta in proprio dalle tre aziende costruttrici che si arrivò alla costruzione di un biposto da addestramento avanzato e supporto tattico denominata AMX-T. Il progetto piacque sia alla nostra Aeronautica che a quella brasiliana che ne ordinarono rispettivamente 26 e 11 esemplari. Il primo biposto (MM 55024) volò nel marzo

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Primo piano del motore Rolls-Royce Spey installato sull’AMX. In secondo piano il prototipo brasiliano e, sullo sfondo, un Embraer Xingu.

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Il secondo prototipo italiano in volo sulle Alpi durante la sperimentazione dei carichi esterni, in questo caso i simulacri inerti dei missili AIM-9L Sidewinder e delle bombe a caduta libera Mk 84.

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Il prototipo brasiliano durante un test di rifornimento in volo da un KC-130H della Força Aérea Brasileira.

Prove di sgancio bombe a caduta frenata Mk 82 Snakeye. Notare lo speciale pod cinefotografico montato sull’attacco centrale di fusoliera e impiegato per i test sullo sgancio dei carichi esterni.

Il primo AMX di serie prodotto da Alenia. Con questo velivolo l’Aeronautica Militare abbandonò la consueta livrea grigio/verde di ispirazione britannica utilizzata fino a quel momento su tutti gli aeromobili dell’Arma Azzurra, inaugurando l’era del “monogrigio”.

Il secondo prototipo equipaggiato con due simulacri di missili antinave Kormoran.

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Orpheus utilizzato anche sugli RF-104G. Era uno strumento analogico, nel senso che usava della pellicola 70mm ed il sensore a raggi infrarossi utilizzato era del tipo passivo, quindi non emetteva nessuna luce infrarossa né altri artifizi illuminanti. Con questa apparecchiatura le missioni di ricognizione continuarono fino al 2009, anno in cui ci fu l'acquisizione dei più moderni e sofisticati pod RecceLiteTM costruiti dall'israeliana Rafael. L'entrata in servizio di questi nuovi strumenti migliorò ulteriormente le prestazioni dell'AMX e le missioni di ricognizione ebbero un vero e proprio salto di qualità. Non essendo più la pellicola il supporto utilizzato per la registrazione delle immagini la fruizione dei dati divenne molto più rapida. L'avvento della tecnologia digitale migliorò molto la qualità delle riprese che ora sono ad alta definizione. L'utilizzo della memoria solida su Hard Disc permette la registrazione di circa due ore e mezza di filmati ed immagini in alta risoluzione. Cosa però ancora più importante è che le informazioni, previa una prima elaborazione eseguita all'interno del pod, possono essere condivise praticamente in tempo reale con la base operativa per mezzo di un collegamento del tipo data link, rendendo immediati gli eventuali tempi di reazione necessari alle truppe di terra. L'assegnazione ai reparti dell'AMX Ghibli avvenne a partire dal settembre 1989, come già accennato, con la consegna dei primi esemplari al 103° Gruppo del 51° Stormo sull'aeroporto di Treviso-Istrana. Le 136 macchine ordinate ed acquisite dalla nostra Aeronautica vennero suddivise su sei Gruppi di Volo di quattro differenti Stormi, come riportiamo di seguito: Ÿ 13° Gruppo 32° Stormo ad Amendola Ÿ 14° Gruppo 2° Stormo a Rivolto Ÿ 28° Gruppo 3° Stormo a Verona Villafranca Ÿ 101° OCU 32° Stormo ad Amendola Ÿ 103° Gruppo 51° Stormo ad Istrana Ÿ 132° Gruppo 3° Stormo a Verona Villafranca Nel corso degli anni i reparti su AMX sono stati impegnati anche in molte importanti ed impegnative esercitazioni internazionali, hanno sempre ottenuto risultati di innegabile rispetto, con punte di perfezione che hanno raggiunto più volte il 100% dei target assegnati. Dalla consegna dei primi esemplari ad oggi, sono passati ormai trent'anni e le macchine della linea AMX per circa i due terzi della loro vita sono stati impegnati in Operazioni reali all'estero o in missioni internazionali. Il primo impegno bellico ebbe inizio nel 1993, quando sotto il comando della NATO, e su mandato dell'ONU la nostra Aeronautica fu chiamata ad intervenire sui cieli della Bosnia Erzegovina, in seguito al dissolvimento della ex Jugoslavia. L'impegno sui cieli della Bosnia si protrasse fino al 1998 e si divise in cinque operazioni distinte. L'utilizzo degli AMX fu particolarmente utile ed intenso in un paio di operazioni. Nella Deliberate Force, nel 1995, furono impiegati sei AMX a sorveglianza di zone protette e per controbattere le forse Serbo-Bosniache. Le macchine impegnate effettuarono circa 360 azioni per oltre 700 ore di volo. Nella Deny Flight gli assetti del 13° e del 132° Gruppo vennero impiegati prevalentemente in azioni di

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ricognizione, mentre quelli del 103° Gruppo volarono prevalentemente in azioni con il ruolo di attacco. Nelle missioni sulla Bosnia gli AMX furono gli unici assetti autorizzati a ricognizioni con quota minima di 5.000 ft, grazie ad una modifica apportata ai pod Orpheus usati dagli aerei di Villafranca. Le macchine fotografiche laterali erano state spostate nella parte inferiore del pod, in modo da poter riprendere in verticale aree più ampie con gli obiettivi di cui erano munite; questa accortezza introdotta sugli Orpheus italiani permetteva ai ricognitori di operare in volo livellato. Della missione Alba forse si parlò poco, ma gli AMX furono chiamati in causa sempre per le loro ottime capacità di ricognizione. Nel 1997 le Nazioni Unite autorizzarono una Forza di Protezione Multinazionale per la sicurezza dell'Albania che stava passando un critico e delicato momento di transizione verso la democrazia. Per l'occasione vennero spostati assetti da Verona ad Amendola anche per garantire che il risultato delle ricognizioni fosse sviluppato e reso disponibile nel minor tempo possibile. Nel marzo del 1999 fu la volta della missione in Kosovo, denominata Allied Force a protezione delle popolazioni Kosovare. Dodici furono gli AMX rischierati sulla Base di Amendola, a circa un'ora di volo dalle zone d'intervento. Le missioni furono di Close Air Support delle forze di terra e di ricognizione. Fu in quel periodo che i Ghibli iniziarono ad usare le bombe Mk 82 con guida all'infrarosso munite di kit Opher (un sistema di autoguida che utilizza un sensore ad immagine termica che trasforma in arma “fire and forget” i carichi di caduta sui quali è applicato). Il 4 novembre 2009 ebbe inizio una delle missioni più lunghe ed impegnative che hanno visto rischierati in Afghanistan gli AMX fino al 2014. La presenza italiana era richiesta nell'ambito dell'ISAF (International Securty Assistence Force). Con gli assetti del 51° stormo venne costituita sulla Base di Herat la Task Group Black Cats. Sono stati inviati in Afghanistan i Ghibli appena aggiornati alla versione ACOL che ha aumentato le potenzialità della macchina. Alla composizione della Task Group Black Cats oltre ai piloti e al personale del 51° Stormo vennero affiancate risorse provenienti dal 32° Stormo e dal 3° RMV. Durante la permanenza in Afghanistan gli AMX furono chiamati ad effettuare missioni di supporto, anche con l'uso del cannone. Con l'avvento del pod RecceLiteTM le missioni di ricognizione vennero svolte anche in notturna, rendendo disponibili in tempo reale importanti informazioni a sostegno e difesa delle truppe di terra, rilevando minacce incombenti. Durante i primi tre anni della missione furono effettuate 1.500 missioni, con la ricognizione su 3.700 obiettivi diversi e la produzione di oltre 40.000 immagini per un totale di 4.000 ore di volo. Nell'ultima missione prima del rientro in Patria, una coppia di AMX distrusse un ripetitore radio usato dai Talebani per le loro azioni contro il personale afghano e dell'ISAF. Durante i quattro anni e mezzo di questo rischieramento fuori area la disponibilità degli AMX è stata straordinaria raggiungendo un'efficienza del 98%. Era il marzo del 2011 ed in concomitanza con l'impegno in Afghanistan, la nostra Aeronautica fu impegnata dalla


Orpheus utilizzato anche sugli RF-104G. Era uno strumento analogico, nel senso che usava della pellicola 70mm ed il sensore a raggi infrarossi utilizzato era del tipo passivo, quindi non emetteva nessuna luce infrarossa né altri artifizi illuminanti. Con questa apparecchiatura le missioni di ricognizione continuarono fino al 2009, anno in cui ci fu l'acquisizione dei più moderni e sofisticati pod RecceLiteTM costruiti dall'israeliana Rafael. L'entrata in servizio di questi nuovi strumenti migliorò ulteriormente le prestazioni dell'AMX e le missioni di ricognizione ebbero un vero e proprio salto di qualità. Non essendo più la pellicola il supporto utilizzato per la registrazione delle immagini la fruizione dei dati divenne molto più rapida. L'avvento della tecnologia digitale migliorò molto la qualità delle riprese che ora sono ad alta definizione. L'utilizzo della memoria solida su Hard Disc permette la registrazione di circa due ore e mezza di filmati ed immagini in alta risoluzione. Cosa però ancora più importante è che le informazioni, previa una prima elaborazione eseguita all'interno del pod, possono essere condivise praticamente in tempo reale con la base operativa per mezzo di un collegamento del tipo data link, rendendo immediati gli eventuali tempi di reazione necessari alle truppe di terra. L'assegnazione ai reparti dell'AMX Ghibli avvenne a partire dal settembre 1989, come già accennato, con la consegna dei primi esemplari al 103° Gruppo del 51° Stormo sull'aeroporto di Treviso-Istrana. Le 136 macchine ordinate ed acquisite dalla nostra Aeronautica vennero suddivise su sei Gruppi di Volo di quattro differenti Stormi, come riportiamo di seguito: Ÿ 13° Gruppo 32° Stormo ad Amendola Ÿ 14° Gruppo 2° Stormo a Rivolto Ÿ 28° Gruppo 3° Stormo a Verona Villafranca Ÿ 101° OCU 32° Stormo ad Amendola Ÿ 103° Gruppo 51° Stormo ad Istrana Ÿ 132° Gruppo 3° Stormo a Verona Villafranca Nel corso degli anni i reparti su AMX sono stati impegnati anche in molte importanti ed impegnative esercitazioni internazionali, hanno sempre ottenuto risultati di innegabile rispetto, con punte di perfezione che hanno raggiunto più volte il 100% dei target assegnati. Dalla consegna dei primi esemplari ad oggi, sono passati ormai trent'anni e le macchine della linea AMX per circa i due terzi della loro vita sono stati impegnati in Operazioni reali all'estero o in missioni internazionali. Il primo impegno bellico ebbe inizio nel 1993, quando sotto il comando della NATO, e su mandato dell'ONU la nostra Aeronautica fu chiamata ad intervenire sui cieli della Bosnia Erzegovina, in seguito al dissolvimento della ex Jugoslavia. L'impegno sui cieli della Bosnia si protrasse fino al 1998 e si divise in cinque operazioni distinte. L'utilizzo degli AMX fu particolarmente utile ed intenso in un paio di operazioni. Nella Deliberate Force, nel 1995, furono impiegati sei AMX a sorveglianza di zone protette e per controbattere le forse Serbo-Bosniache. Le macchine impegnate effettuarono circa 360 azioni per oltre 700 ore di volo. Nella Deny Flight gli assetti del 13° e del 132° Gruppo vennero impiegati prevalentemente in azioni di

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ricognizione, mentre quelli del 103° Gruppo volarono prevalentemente in azioni con il ruolo di attacco. Nelle missioni sulla Bosnia gli AMX furono gli unici assetti autorizzati a ricognizioni con quota minima di 5.000 ft, grazie ad una modifica apportata ai pod Orpheus usati dagli aerei di Villafranca. Le macchine fotografiche laterali erano state spostate nella parte inferiore del pod, in modo da poter riprendere in verticale aree più ampie con gli obiettivi di cui erano munite; questa accortezza introdotta sugli Orpheus italiani permetteva ai ricognitori di operare in volo livellato. Della missione Alba forse si parlò poco, ma gli AMX furono chiamati in causa sempre per le loro ottime capacità di ricognizione. Nel 1997 le Nazioni Unite autorizzarono una Forza di Protezione Multinazionale per la sicurezza dell'Albania che stava passando un critico e delicato momento di transizione verso la democrazia. Per l'occasione vennero spostati assetti da Verona ad Amendola anche per garantire che il risultato delle ricognizioni fosse sviluppato e reso disponibile nel minor tempo possibile. Nel marzo del 1999 fu la volta della missione in Kosovo, denominata Allied Force a protezione delle popolazioni Kosovare. Dodici furono gli AMX rischierati sulla Base di Amendola, a circa un'ora di volo dalle zone d'intervento. Le missioni furono di Close Air Support delle forze di terra e di ricognizione. Fu in quel periodo che i Ghibli iniziarono ad usare le bombe Mk 82 con guida all'infrarosso munite di kit Opher (un sistema di autoguida che utilizza un sensore ad immagine termica che trasforma in arma “fire and forget” i carichi di caduta sui quali è applicato). Il 4 novembre 2009 ebbe inizio una delle missioni più lunghe ed impegnative che hanno visto rischierati in Afghanistan gli AMX fino al 2014. La presenza italiana era richiesta nell'ambito dell'ISAF (International Securty Assistence Force). Con gli assetti del 51° stormo venne costituita sulla Base di Herat la Task Group Black Cats. Sono stati inviati in Afghanistan i Ghibli appena aggiornati alla versione ACOL che ha aumentato le potenzialità della macchina. Alla composizione della Task Group Black Cats oltre ai piloti e al personale del 51° Stormo vennero affiancate risorse provenienti dal 3° Stormo e dal 3° RMV. Durante la permanenza in Afghanistan gli AMX furono chiamati ad effettuare missioni di supporto, anche con l'uso del cannone. Con l'avvento del pod RecceLiteTM le missioni di ricognizione vennero svolte anche in notturna, rendendo disponibili in tempo reale importanti informazioni a sostegno e difesa delle truppe di terra, rilevando minacce incombenti. Durante i primi tre anni della missione furono effettuate 1.500 missioni, con la ricognizione su 3.700 obiettivi diversi e la produzione di oltre 40.000 immagini per un totale di 4.000 ore di volo. Nell'ultima missione prima del rientro in Patria, una coppia di AMX distrusse un ripetitore radio usato dai Talebani per le loro azioni contro il personale afghano e dell'ISAF. Durante i quattro anni e mezzo di questo rischieramento fuori area la disponibilità degli AMX è stata straordinaria raggiungendo un'efficienza del 98%. Era il marzo del 2011 ed in concomitanza con l'impegno in Afghanistan, la nostra Aeronautica fu impegnata dalla GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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I GRUPPI VOLO SU AMX

I

l 13° Gruppo costituito per la prima volta sul campo di Marcon (Venezia) verso la fine della prima Guerra Mondiale, fu messo in posizione quadro più volte, ma nel 1953 fu riattivato. Nell'ottobre del 1967 passò alle dipendenze del 32° Stormo, equipaggiato con i G-91. Venne trasferito sulla base di Amendola nel 1993 dove nel novembre 1994 ricevette il primo AMX. In seno alla coalizione NATO partecipò alle operazioni sulla Bosnia Erzegovina e in seguito sul Kosovo dove il Ghibli ottenne la piena operatività. Prese parte all'operazione ISAF a Herat dal dicembre 2009 fino alla chiusura della Task Force Black Cats. Nel 2011, prese parte alla Unified Protector sulla Libia. Fu riposizionato temporaneamente in posizione quadro per essere riattivato nel 2016 come primo reparto operativo sul nuovo caccia F-35 Lightning II. Come il 13° Gruppo anche il 14° Gruppo venne costituito nel lontano 1917, ma sul campo di Ghedi dove operava alla fine del conflitto venne chiuso fino al 1955, quando riprese le attività di volo con gli F-51 Mustang. Nel 1958 in seno al 14° Gruppo nasceva la prima Pattuglia Acrobatica che venne promossa a rappresentante della forza armata nelle manifestazioni nazionali ed internazionali del 1959. Solo nel 1961 rientrerà a far parte del 2° Storno sull'aeroporto di Treviso Sant'Angelo equipaggiato con i G-91R. L'anno della transizione sull'AMX sarà il 1991 e verrà effettuato sulla vicina base di Istrana. Solo nel 1994 il 14° Gruppo si ricongiungerà al 2° Stormo, questa volta sulla base di Rivolto del Friuli. Sotto comando NATO, nel 1995 partecipa all'operazione Decisive Endeavor sui cieli della Bosnia. La storia dell'AMX nel 14°Gruppo si conclude nel 2002 quando l 'A e r o n a u t i c a M i l i ta r e d e c i d e u n a r i d u z i o n e e razionalizzazione di basi e reparti, concentrando le macchine su due Stormi rispettivamente ad Amendola ed Istrana. Di costituzione relativamente più recente è il 28° Gruppo che nell'ambito del l'8° Stormo Bombardieri fu costituito nel 1931 a Lonate Pozzolo. Partecipò alle vicissitudini della seconda Guerra Mondiale e nel 1955 venne trasferito a Verona Villafranca dove l'anno prima era stato stanziato anche il 132° Gruppo. Bisogna attendere il 1993 per arrivare alle prime consegne di AMX, che andranno a sostituire gli anziani RF-104G. I compiti operativi assegnati ai ghibli del 28° Gruppo furono operazioni di ricognizione durante gli impegni internazionali sui Balcani. È stato il primo gruppo dotato di AMX ad essere messo in posizione quadro nel 1997. Attualmente alle dipendenze del 32° Stormo il 28° Gruppo Volo APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto), è dotato di aeromobili MQ9-A Predator “B” e MQ1-C Predator “A+”. Ancora su Lonate Pozzolo, ma nel 1941 venne costituito il 101° Gruppo che fu subito impegnato nella campagna di Grecia con gli Stuka Ju 87B. Nel primo dopoguerra è stato equipaggiato con gli F-47 Thunderbolt e successivamente

con gli F-84F Thunderstreak. Fu posizionato in posizione quadro al momento della radiazione dei G-91Y. Venne ricostituito in seno al 32° Stormo nel 1995 come Operational Conversion Unit. Oltre alle normali capacità di una unità operativa, al 101° Gruppo venne assegnato il compito di standardizzazione delle procedure di impiego degli AMX, che poi vennero riversate sugli altri Gruppi. La vita operativa del 101°Gruppo percorse la stessa strada degli altri reparti con gli impeghi in Bosnia, Kosovo e Libia. L'ultima missione all'estero fu con il Task Group Black Cats in Afganistan. Nel 2014 questa Unità fu trasferita dal 32° Stormo di Amendola al 51° Stormo, dove circa due anni dopo il 101° Gruppo OCU fu collocato in posizione quadro. Vero “generatore di Gruppi Volo”, il campo di Lonate Pozzolo nel varesotto vide la costituzione nel febbraio del 1943 del 103° Gruppo caccia. Impiegato in Sardegna ed in Sicilia, il Gruppo fu sciolto dopo l'armistizio del '43. Negli anni le linee volo del reparto videro schierati il P-47D Thunderbolt e l'F84G Thunderjet. Nel 1958 il 103° Gruppo fu il primo reparto a ricevere il G-91R. Nei rischieramenti su campi semi preparati, il personale del Gruppo spesso si vide costretto a delle sistemazioni temporanee in tenda. Da qui sembra sia scaturito il nomignolo che distinse questo reparto: “Indiani”. Passò alle dipendenze del 2° Stormo ma dal gennaio dell'89 fu riassegnato al 51° Stormo con la prospettiva di ricevere gli AMX. La capacità Combat Ready sul Ghibli venne raggiunta nel 1991. Negli Anni '90 i piloti e le macchine del 103° sono stati impiegati in tutte le missioni internazionali alle quali il nostro Paese ha preso parte fino a quando, in seguito alla riorganizzazione interna del 51° Stormo nel 2016, anche gli Indiani sono stati collocati in posizione quadro. Era il 1942 quando fu costituito il 132° Gruppo sotto il comando del maggiore Carlo Emanuele Buscaglia. Dopo l'8 settembre 1943 quel che rimaneva del Guppo Volo si traferì sull'aeroporto di Galatina assorbendo i resti di svariate squadriglie, per poi dare vita allo Stormo Baltimore della Regia Aeronautica. Nel dopoguerra ricevette i P-38 Lightning, sostituiti dai P-51 Mustang e nel 1954 sulla Base di Verona Villafranca transitò sui primi jet F-84G Thunderjet ed RF-84 Thunderflash. Negli Anni '70 ci fu la transizione sugli RF-104G che equipaggiarono il 132° Gruppo Caccia Bombardieri Ricognitori. Un altro avvicendamento di macchine avvenne nel 1990 con la transizione sugli AMX nell'ambito del 3° Stormo. Nel 1999 con lo scioglimento del 3° Stormo il Gruppo passò alle dipendenze del 51° Stormo dove opera ancora oggi equipaggiato con tutti gli AMX ACOL ancora in servizio. Anche il 132° Gruppo ha partecipato a tutte le missioni svolte all'estero; dal 2016 fino a marzo 2019 è stato l'ultimo reparto dotato di AMX a partecipare con il Task Group Black Cats sulla base aerea di Ahmed Al Jaber in Kuwait, riportando importanti risultati nell'ambito della lotta al Daesh.

AMX del 2° Stormo. L’AMX ha sostituito i FIAT G-91R e Y nell’Aeronautica Militare.

AMX del 51° Stormo equipaggiati con bombe a guida laser in volo sull’Afghanistan.

AMX Special Color in stile “Regia Aeronautica” realizzato per commemorare la partecipazione del 32° Stormo alla Seconda Guerra Mondiale

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AMX del 101° Gruppo OCU. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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l 13° Gruppo costituito per la prima volta sul campo di Marcon (Venezia) verso la fine della prima Guerra Mondiale, fu messo in posizione quadro più volte, ma nel 1953 fu riattivato. Nell'ottobre del 1967 passò alle dipendenze del 32° Stormo, equipaggiato con i G-91. Venne trasferito sulla base di Amendola nel 1993 dove nel novembre 1994 ricevette il primo AMX. In seno alla coalizione NATO partecipò alle operazioni sulla Bosnia Erzegovina e in seguito sul Kosovo dove il Ghibli ottenne la piena operatività. Prese parte all'operazione ISAF a Herat dal dicembre 2009 fino alla chiusura della Task Force Black Cats. Nel 2011, prese parte alla Unified Protector sulla Libia. Fu riposizionato temporaneamente in posizione quadro per essere riattivato nel 2016 come primo reparto operativo sul nuovo caccia F-35 Lightning II. Come il 13° Gruppo anche il 14° Gruppo venne costituito nel lontano 1917, ma sul campo di Ghedi dove operava alla fine del conflitto venne chiuso fino al 1955, quando riprese le attività di volo con gli F-51 Mustang. Nel 1958 in seno al 14° Gruppo nasceva la prima Pattuglia Acrobatica che venne promossa a rappresentante della forza armata nelle manifestazioni nazionali ed internazionali del 1959. Solo nel 1961 rientrerà a far parte del 2° Storno sull'aeroporto di Treviso Sant'Angelo equipaggiato con i G-91R. L'anno della transizione sull'AMX sarà il 1991 e verrà effettuato sulla vicina base di Istrana. Solo nel 1994 il 14° Gruppo si ricongiungerà al 2° Stormo, questa volta sulla base di Rivolto del Friuli. Sotto comando NATO, nel 1995 partecipa all'operazione Decisive Endeavor sui cieli della Bosnia. La storia dell'AMX nel 14°Gruppo si conclude nel 2002 quando l 'A e r o n a u t i c a M i l i ta r e d e c i d e u n a r i d u z i o n e e razionalizzazione di basi e reparti, concentrando le macchine su due Stormi rispettivamente ad Amendola ed Istrana. Di costituzione relativamente più recente è il 28° Gruppo che nell'ambito del l'8° Stormo Bombardieri fu costituito nel 1931 a Lonate Pozzolo. Partecipò alle vicissitudini della seconda Guerra Mondiale e nel 1955 venne trasferito a Verona Villafranca dove l'anno prima era stato stanziato anche il 132° Gruppo. Bisogna attendere il 1993 per arrivare alle prime consegne di AMX, che andranno a sostituire gli anziani RF-104G. I compiti operativi assegnati ai ghibli del 28° Gruppo furono operazioni di ricognizione durante gli impegni internazionali sui Balcani. È stato il primo gruppo dotato di AMX ad essere messo in posizione quadro nel 1997. Attualmente alle dipendenze del 32° Stormo il 28° Gruppo Volo APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto), è dotato di aeromobili MQ9-A Predator “B” e MQ1-C Predator “A+”. Ancora su Lonate Pozzolo, ma nel 1941 venne costituito il 101° Gruppo che fu subito impegnato nella campagna di Grecia con gli Stuka Ju 87B. Nel primo dopoguerra è stato equipaggiato con gli F-47 Thunderbolt e successivamente

con gli F-84F Thunderstreak. Fu posizionato in posizione quadro al momento della radiazione dei G-91Y. Venne ricostituito in seno al 32° Stormo nel 1995 come Operational Conversion Unit. Oltre alle normali capacità di una unità operativa, al 101° Gruppo venne assegnato il compito di standardizzazione delle procedure di impiego degli AMX, che poi vennero riversate sugli altri Gruppi. La vita operativa del 101°Gruppo percorse la stessa strada degli altri reparti con gli impeghi in Bosnia, Kosovo e Libia. L'ultima missione all'estero fu con il Task Group Black Cats in Afganistan. Nel 2014 questa Unità fu trasferita dal 32° Stormo di Amendola al 51° Stormo, dove circa due anni dopo il 101° Gruppo OCU fu collocato in posizione quadro. Vero “generatore di Gruppi Volo”, il campo di Lonate Pozzolo nel varesotto vide la costituzione nel febbraio del 1943 del 103° Gruppo caccia. Impiegato in Sardegna ed in Sicilia, il Gruppo fu sciolto dopo l'armistizio del '43. Negli anni le linee volo del reparto videro schierati il P-47D Thunderbolt e l'F84G Thunderjet. Nel 1958 il 103° Gruppo fu il primo reparto a ricevere il G-91R. Nei rischieramenti su campi semi preparati, il personale del Gruppo spesso si vide costretto a delle sistemazioni temporanee in tenda. Da qui sembra sia scaturito il nomignolo che distinse questo reparto: “Indiani”. Passò alle dipendenze del 2° Stormo ma dal gennaio dell'89 fu riassegnato al 51° Stormo con la prospettiva di ricevere gli AMX. La capacità Combat Ready sul Ghibli venne raggiunta nel 1991. Negli Anni '90 i piloti e le macchine del 103° sono stati impiegati in tutte le missioni internazionali alle quali il nostro Paese ha preso parte fino a quando, in seguito alla riorganizzazione interna del 51° Stormo nel 2016, anche gli Indiani sono stati collocati in posizione quadro. Era il 1942 quando fu costituito il 132° Gruppo sotto il comando del maggiore Carlo Emanuele Buscaglia. Dopo l'8 settembre 1943 quel che rimaneva del Guppo Volo si traferì sull'aeroporto di Galatina assorbendo i resti di svariate squadriglie, per poi dare vita allo Stormo Baltimore della Regia Aeronautica. Nel dopoguerra ricevette i P-38 Lightning, sostituiti dai P-51 Mustang e nel 1954 sulla Base di Verona Villafranca transitò sui primi jet F-84G Thunderjet ed RF-84 Thunderflash. Negli Anni '70 ci fu la transizione sugli RF-104G che equipaggiarono il 132° Gruppo Caccia Bombardieri Ricognitori. Un altro avvicendamento di macchine avvenne nel 1990 con la transizione sugli AMX nell'ambito del 3° Stormo. Nel 1999 con lo scioglimento del 3° Stormo il Gruppo passò alle dipendenze del 51° Stormo dove opera ancora oggi equipaggiato con tutti gli AMX ACOL ancora in servizio. Anche il 132° Gruppo ha partecipato a tutte le missioni svolte all'estero; dal 2016 fino a marzo 2019 è stato l'ultimo reparto dotato di AMX a partecipare con il Task Group Black Cats sulla base aerea di Ahmed Al Jaber in Kuwait, riportando importanti risultati nell'ambito della lotta al Daesh.

AMX del 2° Stormo. L’AMX ha sostituito i FIAT G-91R e Y nell’Aeronautica Militare.

AMX del 51° Stormo equipaggiati con bombe a guida laser in volo sull’Afghanistan.

AMX Special Color in stile “Regia Aeronautica” realizzato per commemorare la partecipazione del 32° Stormo alla Seconda Guerra Mondiale

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AMX del 101° Gruppo OCU. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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L’ALBA DELLO

STRATOFORTRESS Ricordi di un collaudatore

Pietro Mazzardi

P

er farsi un'idea della potenza industriale e militare degli Stati Uniti tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la metà degli Anni '50, è sufficiente considerare che nell'arco di sei anni, dal 1949 al 1955, la componente strategica dei reparti dell'US Air Force ha visto l’entrata in servizio di ben tre nuovi bombardieri: il Consolidated B-36, il Boeing B-47 e il Boeing B-52.

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L’ALBA DELLO

STRATOFORTRESS Ricordi di un collaudatore

Pietro Mazzardi

P

er farsi un'idea della potenza industriale e militare degli Stati Uniti tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la metà degli Anni '50, è sufficiente considerare che nell'arco di sei anni, dal 1949 al 1955, la componente strategica dei reparti dell'US Air Force ha visto l’entrata in servizio di ben tre nuovi bombardieri: il Consolidated B-36, il Boeing B-47 e il Boeing B-52.

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Goodell si rese conto che a molti altri come lui era stata data la medesima prospettiva ma con il passare del tempo gli eventi lo favorirono e lui non dovette preoccuparsene più di tanto. Il suo referente era Fornasero, metodico e preciso, e Goodell dimostrò carattere e determinazione non senza qualche evidente momento di impazienza e nervosismo, come quando si rivolgeva senza mezzi termini a Fornasero chiedendogli quando diavolo avrebbe potuto iniziare a volare… Il capo lo innervosiva ripetendogli che il programma procedeva “tra continui alti e bassi” e così il nostro iniziò a pensare di essere vittima di qualche gioco interno di potere. Goodell veniva impegnato costantemente nelle operazioni tecniche a terra con il compito di preparare i velivoli alla configurazione del volo successivo. Doveva tenere registrato sul book di lavoro ogni intervento che doveva essere fatto, come per esempio: “installare un peso zavorra nella coda dell'aereo per spostare indietro il baricentro della portanza”. Un ingegnere di collegamento verificava la corretta installazione eseguita da parte dei meccanici, poi un ispettore certificava a sua volta l'operazione, firmandola. Successivamente, un altro ingegnere, responsabile delle operazioni a terra, ispezionava la correttezza dell'installazione firmando l'apposito modulo ufficiale. Durante questo periodo, durato un paio di mesi, Goodell fu sempre affiancato da un superiore ma, contemporaneamente, gli venne assegnato un ruolo in orario notturno per il quale veniva pienamente responsabilizzato di persona. Si trattava di poche ore nello stabilimento di produzione, nel corso delle quali divenne di fatto parte del personale tecnico dedicato all'XB-47. Esperienza a cui fu praticamente forzato ma per la quale non era assolutamente versato. Un caso eclatante fu quando venne incaricato di posizionare sui rivestimenti dell'ala dell'XB-47 alcune dime che servivano a posizionare con precisione gli allineamenti delle forature nella lamiera. Successe che il nostro giovane pilota, momentaneamente mancato, sbagliò drammaticamente il posizionamento

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richiesto e nel pomeriggio del giorno successivo causò una vera crisi. Il responsabile dovette prendere la decisione di riempire le forature non dovute con dei rivetti ciechi. “Non venni licenziato” ricorderà Goodell “ma mi resi conto di essere totalmente negato per quel lavoro. Poi succedettero altri due eventi a causarmi ulteriori motivi di ansia che mi fecero dubitare di essere stato la causa di quello che era successo”. Una volta, durante un atterraggio, i freni normali dell'XB47 fallirono. Il pilota azionò prontamente i freni di emergenza finendo però la corsa di atterraggio oltre il limite della pista. Sfortunatamente, non c'era ancora la protezione di un sistema anti-skid per cui tutti gli pneumatici esplosero. Un'altra volta, ad alta quota il copilota aveva avuto un malessere perché rimasto senza ossigeno, per cui il pilota dovette effettuare una discesa rapida d'emergenza. Nei turni di lavoro di notte, quando Goodell non era soggetto a controllo, non c'era granché da fare: “Alcune notti io stavo tranquillo insieme ai meccanici dentro la baia b o m b e d e l ve l i vo l o, d ava n t i a l l a p i a tt a f o r m a strumentazione, mentre una vedetta controllava che nessuno arrivasse a disturbarci… Ci scambiavamo ricordi

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Linea di produzione del Boeing B-47 Stratojet con il primo esemplare di serie in avanzato stato di allestimento.

del tempo di Guerra, scherzi tra di noi”. Tex Johnston, che sarebbe stato un altro protagonista dei collaudi del B-52, a quel tempo era il Test Pilot dell'XB47. Piaceva a tutto il personale di terra perché non metteva il becco nel loro lavoro. Burlone e scanzonato, una volta preparandosi per un volo, era appena salito a bordo e aveva avviato i motori. Il suo co-pilota, Doug Heinburger, era ancora a terra e stava ispezionando meticolosamente il velivolo, quando dall'alto dell'abitacolo si sentì una voce urlare: “Sali Hamburger, andiamo in volo!”. Tex invece non era apprezzato dal suo supervisore perché amava stare defilato e non sopportava le regole. Per esempio, fu sorpreso più di una volta a rullare con l'XB47 lungo il sentiero destinato esclusivamente al traino dei velivoli e una volta entrò persino dentro l'hangar! Anche successivamente si rese protagonista di leggerezze dal sapore goliardico come trainare personalmente con il trattore un B-47 e qualche anno dopo anche il primo trasporto passeggeri a getto, il Boeing 707. Insomma, faceva di tutto per irritare i superiori della Boeing con comportamenti che poi non gli vennero perdonati, e che alla lunga contribuirono al suo allontanamento, con la motivazione che “un sacco di soldi delle compagnie aeree erano stati investiti in quell'aeroplano” (il 707 - ndr). Ma torniamo a Jim Goodell la cui frustrazione nel non poter volare ne fece un pilota disadattato. Per alcuni mesi accettò via via diverse occupazioni a Wichita, una prima, una seconda, una terza… “Mi resi conto che riuscivo ad adattarmi al nuovo lavoro nelle ore di sonno, ma non ci riuscivo nelle ore dei pasti. Ero completamente demotivato, tornare dal lavoro, coricarmi per dormire, svegliarmi per andare di nuovo al lavoro.” Per Jim, l'opportunità di poter finalmente svolgere un'attività di volo degna delle sue aspettative e delle sue ambizioni arrivò, per un’amara ironia, in seguito a un tragico incidente occorso al programma B-47. Lui era ormai talmente frustrato da essere arrivato a pensare di cambiare completamente lavoro. L'evento tragico che gettò nello sgomento anche una grande compagnia come Boeing, accadde nel corso di un volo prova di un B-47, il cui pilota verificò un'anomalia nella fuoriuscita del carrello principale di fusoliera. L'indicatore non segnalava l'avvenuta corretta estensione, per cui il pilota, in accordo con il suo secondo, chiamò in radio un secondo B-47 che era impegnato poco lontano in un altro test di volo. A questo secondo velivolo, il pilota del B-47 in avaria chiese di avvicinarsi al di sotto per controllare a vista in quale posizione si trovasse il carrello. Successe che il secondo B-47 si avvicinò troppo e il suo timone verticale andò a urtare contro la fusoliera del velivolo soprastante. Pochi attimi e la tragedia si consumò, complice anche il fatto che a quel tempo il B-47 non era dotato di seggiolini eiettabili per catapultarsi fuori in emergenza. D'altro canto la collisione avvenne a bassa quota per cui nessun pilota ebbe il tempo di salvarsi con le tradizionali procedure con il paracadute, nessuno si salvò. Erano le 5 pomeridiane di un venerdì di fine novembre. Alle 8 di sera, Goodell non lo dimenticò mai, era in viaggio con la sua famiglia verso Kansas City; la strada passava poco lontano dal luogo dell'incidente e i due velivoli stavano ancora bruciando.

Come spesso succede negli eventi legati al volo, e non solo, una sfortuna per qualcuno si traduce in una fortunata combinazione per qualcun altro e a Goodell accadde in conseguenza del grave incidente di poter accedere alla Test Pilot School che si teneva sulla base Edwards AFB a Muroc in California. Ultimato con successo il corso, Goodell fu aggregato al team dei collaudatori del programma B-47 a Wichita, fino all'autunno 1954 quando venne riassegnato alla Edwards AFB per affrontare una fase di collaudi di volo su aerei da caccia dell'Air Force. Insomma, un cambiamento quasi traumatico, insieme a un grande team di piloti esperti che avevano molti episodi di eroismo da raccontare; alcuni di loro provenivano dalle esperienze dalla Guerra di Corea e diversi di loro avrebbero trovato la morte nel corso dei collaudi in volo. Goodell ricorda: “Un pilota dell'Air Force, Stu Childs, risolse brillantemente un problema che involontariamente io gli avevo causato. Poco prima che arrivassi a Edwards, stavo effettuando un volo per collaudare il fuel vent (valvola di scarico carburante in volo - ndr) di un B-47. Il velivolo venne caricato con carburante caldo, lo portai ad alta quota per vedere se i vapori di carburante generati defluivano correttamente. Stu mi seguiva in chase con un F-86 e, raggiunti i 40.000 ft ed eseguite le prove, ci allontanammo a grande velocità da Wichita. Stu era consapevole del proprio carburante a bordo, ma non aveva condiviso con me l'informazione sulla quantità imbarcata e io, d'altro canto, non conoscevo la scarsa autonomia dell'F-86. Inconsapevolmente la nostra rotta ci allontanava da Wichita e a un certo punto Stu mi chiese se stavamo dirigendo verso la nostra base perché era a corto di carburante. Io virai decisamente ma per lui era troppo tardi, stava per finire il suo carburante 70 miglia a nord di Wichita. Ci trovavamo vicini a Salina in Kansas dove c'era una base dell'Air Force con una lunga pista ma era coperta di nubi! A quel punto Stu invertì la rotta del suo F-86 e con la control stick quasi 'in folle' discese piano piano fino a riuscire ad atterrare sulla McConnell AB a Wichita. Davvero qualcosa di incredibile!” . Il tour di formazione di Jim Goodell a Edwards AFB si stava rivelando però alquanto monotono con un sacco di ore di studio di dati e pochissimo volo. Riassegnato a Wichita, Goodell ebbe una parentesi molto meno noiosa nella sua attività, seguì infatti uno stage per transitare sull'F-86 che, per quanto cominciasse ad essere un aereo un po' vecchiotto, era una bellezza da pilotare. È vero che l'Air Force già aveva F-100 e F-102 che rappresentavano autentici vertici tecnologici, ma per la routine di Jim questo passaggio fu vissuto con sollievo, anche se non mancò fin dall'inizio qualche guaio. Subito dopo il decollo del suo primo volo, sul cruscotto apparve un “fire warning”: la cosa inquietò subito Jim che non era certo abituato a pilotare stando praticamente seduto sul motore di un velivolo e che, per di più, era anche l'unico motore… La quota era ancora molto bassa e non gli era consentito spegnere tutto o catapultarsi. Dovette scegliere e a intuito decise di ignorare l'allarme, anche perché nello specchietto non si vedeva traccia di fumo in scia. “Decisi naturalmente di atterrare quanto prima per verificare cosa non aveva funzionato. Intanto, verificai che entrambe le GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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Goodell si rese conto che a molti altri come lui era stata data la medesima prospettiva ma con il passare del tempo gli eventi lo favorirono e lui non dovette preoccuparsene più di tanto. Il suo referente era Fornasero, metodico e preciso, e Goodell dimostrò carattere e determinazione non senza qualche evidente momento di impazienza e nervosismo, come quando si rivolgeva senza mezzi termini a Fornasero chiedendogli quando diavolo avrebbe potuto iniziare a volare… Il capo lo innervosiva ripetendogli che il programma procedeva “tra continui alti e bassi” e così il nostro iniziò a pensare di essere vittima di qualche gioco interno di potere. Goodell veniva impegnato costantemente nelle operazioni tecniche a terra con il compito di preparare i velivoli alla configurazione del volo successivo. Doveva tenere registrato sul book di lavoro ogni intervento che doveva essere fatto, come per esempio: “installare un peso zavorra nella coda dell'aereo per spostare indietro il baricentro della portanza”. Un ingegnere di collegamento verificava la corretta installazione eseguita da parte dei meccanici, poi un ispettore certificava a sua volta l'operazione, firmandola. Successivamente, un altro ingegnere, responsabile delle operazioni a terra, ispezionava la correttezza dell'installazione firmando l'apposito modulo ufficiale. Durante questo periodo, durato un paio di mesi, Goodell fu sempre affiancato da un superiore ma, contemporaneamente, gli venne assegnato un ruolo in orario notturno per il quale veniva pienamente responsabilizzato di persona. Si trattava di poche ore nello stabilimento di produzione, nel corso delle quali divenne di fatto parte del personale tecnico dedicato all'XB-47. Esperienza a cui fu praticamente forzato ma per la quale non era assolutamente versato. Un caso eclatante fu quando venne incaricato di posizionare sui rivestimenti dell'ala dell'XB-47 alcune dime che servivano a posizionare con precisione gli allineamenti delle forature nella lamiera. Successe che il nostro giovane pilota, momentaneamente mancato, sbagliò drammaticamente il posizionamento

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richiesto e nel pomeriggio del giorno successivo causò una vera crisi. Il responsabile dovette prendere la decisione di riempire le forature non dovute con dei rivetti ciechi. “Non venni licenziato” ricorderà Goodell “ma mi resi conto di essere totalmente negato per quel lavoro. Poi succedettero altri due eventi a causarmi ulteriori motivi di ansia che mi fecero dubitare di essere stato la causa di quello che era successo”. Una volta, durante un atterraggio, i freni normali dell'XB47 fallirono. Il pilota azionò prontamente i freni di emergenza finendo però la corsa di atterraggio oltre il limite della pista. Sfortunatamente, non c'era ancora la protezione di un sistema anti-skid per cui tutti gli pneumatici esplosero. Un'altra volta, ad alta quota il copilota aveva avuto un malessere perché rimasto senza ossigeno, per cui il pilota dovette effettuare una discesa rapida d'emergenza. Nei turni di lavoro di notte, quando Goodell non era soggetto a controllo, non c'era granché da fare: “Alcune notti io stavo tranquillo insieme ai meccanici dentro la baia b o m b e d e l ve l i vo l o, d ava n t i a l l a p i a tt a f o r m a strumentazione, mentre una vedetta controllava che nessuno arrivasse a disturbarci… Ci scambiavamo ricordi

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Linea di produzione del Boeing B-47 Stratojet con il primo esemplare di serie in avanzato stato di allestimento.

del tempo di Guerra, scherzi tra di noi”. Tex Johnston, che sarebbe stato un altro protagonista dei collaudi del B-52, a quel tempo era il Test Pilot dell'XB47. Piaceva a tutto il personale di terra perché non metteva il becco nel loro lavoro. Burlone e scanzonato, una volta preparandosi per un volo, era appena salito a bordo e aveva avviato i motori. Il suo co-pilota, Doug Heinburger, era ancora a terra e stava ispezionando meticolosamente il velivolo, quando dall'alto dell'abitacolo si sentì una voce urlare: “Sali Hamburger, andiamo in volo!”. Tex invece non era apprezzato dal suo supervisore perché amava stare defilato e non sopportava le regole. Per esempio, fu sorpreso più di una volta a rullare con l'XB47 lungo il sentiero destinato esclusivamente al traino dei velivoli e una volta entrò persino dentro l'hangar! Anche successivamente si rese protagonista di leggerezze dal sapore goliardico come trainare personalmente con il trattore un B-47 e qualche anno dopo anche il primo trasporto passeggeri a getto, il Boeing 707. Insomma, faceva di tutto per irritare i superiori della Boeing con comportamenti che poi non gli vennero perdonati, e che alla lunga contribuirono al suo allontanamento, con la motivazione che “un sacco di soldi delle compagnie aeree erano stati investiti in quell'aeroplano” (il 707 - ndr). Ma torniamo a Jim Goodell la cui frustrazione nel non poter volare ne fece un pilota disadattato. Per alcuni mesi accettò via via diverse occupazioni a Wichita, una prima, una seconda, una terza… “Mi resi conto che riuscivo ad adattarmi al nuovo lavoro nelle ore di sonno, ma non ci riuscivo nelle ore dei pasti. Ero completamente demotivato, tornare dal lavoro, coricarmi per dormire, svegliarmi per andare di nuovo al lavoro.” Per Jim, l'opportunità di poter finalmente svolgere un'attività di volo degna delle sue aspettative e delle sue ambizioni arrivò, per un’amara ironia, in seguito a un tragico incidente occorso al programma B-47. Lui era ormai talmente frustrato da essere arrivato a pensare di cambiare completamente lavoro. L'evento tragico che gettò nello sgomento anche una grande compagnia come Boeing, accadde nel corso di un volo prova di un B-47, il cui pilota verificò un'anomalia nella fuoriuscita del carrello principale di fusoliera. L'indicatore non segnalava l'avvenuta corretta estensione, per cui il pilota, in accordo con il suo secondo, chiamò in radio un secondo B-47 che era impegnato poco lontano in un altro test di volo. A questo secondo velivolo, il pilota del B-47 in avaria chiese di avvicinarsi al di sotto per controllare a vista in quale posizione si trovasse il carrello. Successe che il secondo B-47 si avvicinò troppo e il suo timone verticale andò a urtare contro la fusoliera del velivolo soprastante. Pochi attimi e la tragedia si consumò, complice anche il fatto che a quel tempo il B-47 non era dotato di seggiolini eiettabili per catapultarsi fuori in emergenza. D'altro canto la collisione avvenne a bassa quota per cui nessun pilota ebbe il tempo di salvarsi con le tradizionali procedure con il paracadute, nessuno si salvò. Erano le 5 pomeridiane di un venerdì di fine novembre. Alle 8 di sera, Goodell non lo dimenticò mai, era in viaggio con la sua famiglia verso Kansas City; la strada passava poco lontano dal luogo dell'incidente e i due velivoli stavano ancora bruciando.

Come spesso succede negli eventi legati al volo, e non solo, una sfortuna per qualcuno si traduce in una fortunata combinazione per qualcun altro e a Goodell accadde in conseguenza del grave incidente di poter accedere alla Test Pilot School che si teneva sulla base Edwards AFB a Muroc in California. Ultimato con successo il corso, Goodell fu aggregato al team dei collaudatori del programma B-47 a Wichita, fino all'autunno 1954 quando venne riassegnato alla Edwards AFB per affrontare una fase di collaudi di volo su aerei da caccia dell'Air Force. Insomma, un cambiamento quasi traumatico, insieme a un grande team di piloti esperti che avevano molti episodi di eroismo da raccontare; alcuni di loro provenivano dalle esperienze dalla Guerra di Corea e diversi di loro avrebbero trovato la morte nel corso dei collaudi in volo. Goodell ricorda: “Un pilota dell'Air Force, Stu Childs, risolse brillantemente un problema che involontariamente io gli avevo causato. Poco prima che arrivassi a Edwards, stavo effettuando un volo per collaudare il fuel vent (valvola di scarico carburante in volo - ndr) di un B-47. Il velivolo venne caricato con carburante caldo, lo portai ad alta quota per vedere se i vapori di carburante generati defluivano correttamente. Stu mi seguiva in chase con un F-86 e, raggiunti i 40.000 ft ed eseguite le prove, ci allontanammo a grande velocità da Wichita. Stu era consapevole del proprio carburante a bordo, ma non aveva condiviso con me l'informazione sulla quantità imbarcata e io, d'altro canto, non conoscevo la scarsa autonomia dell'F-86. Inconsapevolmente la nostra rotta ci allontanava da Wichita e a un certo punto Stu mi chiese se stavamo dirigendo verso la nostra base perché era a corto di carburante. Io virai decisamente ma per lui era troppo tardi, stava per finire il suo carburante 70 miglia a nord di Wichita. Ci trovavamo vicini a Salina in Kansas dove c'era una base dell'Air Force con una lunga pista ma era coperta di nubi! A quel punto Stu invertì la rotta del suo F-86 e con la control stick quasi 'in folle' discese piano piano fino a riuscire ad atterrare sulla McConnell AB a Wichita. Davvero qualcosa di incredibile!” . Il tour di formazione di Jim Goodell a Edwards AFB si stava rivelando però alquanto monotono con un sacco di ore di studio di dati e pochissimo volo. Riassegnato a Wichita, Goodell ebbe una parentesi molto meno noiosa nella sua attività, seguì infatti uno stage per transitare sull'F-86 che, per quanto cominciasse ad essere un aereo un po' vecchiotto, era una bellezza da pilotare. È vero che l'Air Force già aveva F-100 e F-102 che rappresentavano autentici vertici tecnologici, ma per la routine di Jim questo passaggio fu vissuto con sollievo, anche se non mancò fin dall'inizio qualche guaio. Subito dopo il decollo del suo primo volo, sul cruscotto apparve un “fire warning”: la cosa inquietò subito Jim che non era certo abituato a pilotare stando praticamente seduto sul motore di un velivolo e che, per di più, era anche l'unico motore… La quota era ancora molto bassa e non gli era consentito spegnere tutto o catapultarsi. Dovette scegliere e a intuito decise di ignorare l'allarme, anche perché nello specchietto non si vedeva traccia di fumo in scia. “Decisi naturalmente di atterrare quanto prima per verificare cosa non aveva funzionato. Intanto, verificai che entrambe le GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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taniche esterne erano piene e mi rendevano molto pesante per un atterraggio. Dichiarai emergenza e mi portai in finale, sbagliando un primo tentativo di apertura sulla pista, mi allineai correttamente al secondo ma le mie concitate comunicazioni allarmarono la torre, che mi chiese se avevo il controllo della situazione. Una volta a terra, si scoprì che i tubi del circuito dell'olio del motore avevano piccole perdite in alcune connessioni e l'olio che si bruciava vicino al motore aveva innescato l'allarme. Il non corretto serraggio di queste connessioni era sfuggito ai controlli di routine. Goodell ebbe un paio di altre disavventure con l'F-86, la prima mentre cercava di eseguire manovre in acrobazia e la seconda testando le velocità supersoniche: “Il primo guaio lo incontrai quando tirai troppo il mio primo loop facendo stallare una delle ali del velivolo, che fece due rapide rotazioni sull'asse e io pensai di trovarmi in vite rovescia. Quando l'aereo si stabilizzò mi sembrò di essere in paradiso… Vedevo solo il blu del cielo, 40° d'incidenza d'assetto ma riuscii a rimettere sotto controllo il velivolo puntando verso il suolo. Imparai che un corretto loop si fa tirando con decisione nella prima parte della manovra ma lasciando andare pian piano verso la parte alta quando la velocità diminuisce sempre più”. L'ambizione di qualsiasi pilota operasse con l'F-86, era volare in supersonico. Il problema era che per farlo era necessario partire da una quota tra 30 e 40 mila piedi, con un assetto in discesa. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto spingendo il velivolo verso il basso ottenendo solo di destabilizzarlo e innescando rollii incontrollati, consigliato da un pilota dell'Air Force, Goodell si risolse a una manovra più decisa, eseguendo una “S” seguita da una picchiata decisa perdendo circa 5.000 ft di quota… Le sollecitazioni fisiche variavano dall'1 ai 4 g. L'esplorazione delle prestazioni di volo nella sfera del supersonico non furono fini a sé stesse, servirono ad affinare la sensibilità al pilotaggio in vista del ritorno al programma B-47 e successivamente a quello del B-52. E a questo punto, più di qualsiasi disquisizione sociopolitica, storiografica e filologica riguardo alla Guerra Fredda alla metà degli Anni ‘50, in poche parole Goodell ci ha lasciato un ritratto nudo e perfetto di tutto quello che significava allora, fortemente radicato nella mente delle forze armate americane come per una fede cieca, la percezione del grande nemico russo: “I miei esperimenti acrobatici con l'F-86 mi furono utili più tardi quando dovetti valutare e mettere a punto le manovre Immelmann con il B-47, con le quali penetrare il territorio russo, attaccare e poi eseguire la manovra di fuga. Bisognava avanzare a bassa quota per evitare l'avvistamento dei radar russi, lanciare una bomba atomica ed evitare di finire coinvolti dall'esplosione.” La procedura d'attacco preferita per il B-47 era il bombardamento in cabrata: avvicinamento a bassa quota a 425 nodi con una cabrata di 3g in prossimità del target, lancio della bomba durante la cabrata facendole eseguire una parabola. Il B-47 avrebbe continuato il suo loop, alla sommità del quale con un tonneau si sarebbe trovato con la prua in allontanamento, seguiva poi una decisa affondata per mettere la prua del velivolo in rotta di scampo.

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Dick Taylor fu suo istruttore e mise a punto gli standard delle manovre d'attacco strategico del B-47 per l'Air Force. Non mancò un grave incidente, occorso a un B-47 nel cielo del poligono di Salina in Kansas quando, trovatosi in nube a soli 10.000 ft, il pilota iniziò una lenta manovra d'attacco. La mancanza di riferimenti visivi impedì al pilota di vedere il suolo e adeguare l'assetto del velivolo in uscita dalla manovra, così il B-47 si trovò basso e con il muso giù. Il copilota non si eiettò in tempo, il navigatore si eiettò ma il paracadute non si aprì, e si salvò solo il pilota, rischiando per poco di finire con il paracadute dentro il fuoco del relitto al suolo. Ai soccorritori si presentò tumefatto per il blast dell'aria nel momento del lancio e ustionato in parte del corpo. Oltre all'impressione suscitata da questo incidente, si registrarono criccamenti delle strutture alari di diversi B-47 sottoposti alle sollecitazioni dovute a questo genere di manovre, per cui si decise di risparmiare al bellissimo Stratojet ogni stress eccessivo, impiegandolo senza privarlo del ruolo strategico ma in modo “more gentle”. Nel 1955 Goodell tornava nel pieno della sua attività di volo e stavolta veniva assegnato a Seattle, dove la Boeing stava sviluppando il formidabile e ambizioso programma B-52, iniziato nel 1952. Sin dall'inizio, il team dei collaudatori dello Stratofortress era costituito da Alvin Melvin “Tex” Johnston, collaudatore Boeing, e da Lt. Guy Townsend, pilota dell'US Air Force. Come ricorda Goodell: “C'erano disponibili otto velivoli e per portare avanti il programma di prove era stato necessario far venire in aiuto a Seattle alcuni equipaggi di volo da Wichita. Il mio turno arrivò in agosto, che è un buon periodo per le condizioni meteo della città. Mia moglie e le due bambine mi seguirono poco tempo dopo. Apprezzammo l'ambiente e il clima anche se all'inizio non mancò un po' di disagio. C'era un sacco di attività di volo ma a causa della nebbia che stagnava al mattino, la maggior parte dei voli si tenevano di notte. Un volo tipico vedeva il decollo alle 2 di notte con l'atterraggio verso le 11. Inizialmente trovai il B-52 decisamente scomodo, sedevamo sui sedili posteriori legati al paracadute e al 'life vest'. La prime due ore erano addirittura miserevoli, sul finire di quelle mi trovavo intorpidito e in totale disagio. Il condizionamento dell'aria era scarso. Se i piloti potevano dirsi a proprio agio nelle ore diurne, il navigatore e il bombardiere (entrambi seduti dietro in basso - ndr) stavano al freddo anche perché non avevano nemmeno il conforto di vedere la luce del sole. Inoltre di notte i piloti, quando iniziavano a sentire freddo, non potevano alzare il riscaldamento perché gli uomini in basso dietro arrostivano, vicini com'erano alle fonti di calore del radar e degli equipaggiamenti di navigazione. Sembrava quasi che l'unico compromesso possibile fosse l'accettazione e la condivisione del disagio. Il mitragliere di coda, invece, sedeva tutto solo nella sua postazione ma poteva almeno contare su un suo sistema di condizionamento autonomo. Per quanto, sono convinto che quello non fosse un posto adatto a un uomo di inclinazioni sociali normali o sofferente di claustrofobia. Almeno in quel periodo iniziale, per i turni che mi spettarono, non posso dire di aver potuto apprezzare il pilotaggio del B-52 ma di sicuro aveva ottime

posto di pilotaggio dello XB-52 5-6 nella primitiva configurazione con i Ilposti in tandem e il collaudatore

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“Tex” Johnston ai comandi del bombardiere.

caratteristiche. Era persino avanti rispetto ai caccia di allora. Era una soddisfazione per noi surclassare addirittura gli intercettori dell'Air Defense Command durante le esercitazioni. Il B-52 poteva farlo grazie alla sua velocità e alla capacità di volare ad alta quota. Il caccia intercettore tipico di allora (F-89 o F-86D) doveva fare ritorno alla sua base per mancanza di carburante senza aver potuto completare l'intercettazione”. L'esperienza di volo con il B-52 non mancò di rivelare a Goodell diverse carenze del grande aeroplano, il quale

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Da sinistra: il Cpt. William Magruder dell’USAF,il collaudatore della Boeing Alvin M. Johnston e il Lt. Col. Guy M. Townsend dell’USAF. Alle loro spalle il Boeing YB-52 Stratofortress 49-231. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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taniche esterne erano piene e mi rendevano molto pesante per un atterraggio. Dichiarai emergenza e mi portai in finale, sbagliando un primo tentativo di apertura sulla pista, mi allineai correttamente al secondo ma le mie concitate comunicazioni allarmarono la torre, che mi chiese se avevo il controllo della situazione. Una volta a terra, si scoprì che i tubi del circuito dell'olio del motore avevano piccole perdite in alcune connessioni e l'olio che si bruciava vicino al motore aveva innescato l'allarme. Il non corretto serraggio di queste connessioni era sfuggito ai controlli di routine. Goodell ebbe un paio di altre disavventure con l'F-86, la prima mentre cercava di eseguire manovre in acrobazia e la seconda testando le velocità supersoniche: “Il primo guaio lo incontrai quando tirai troppo il mio primo loop facendo stallare una delle ali del velivolo, che fece due rapide rotazioni sull'asse e io pensai di trovarmi in vite rovescia. Quando l'aereo si stabilizzò mi sembrò di essere in paradiso… Vedevo solo il blu del cielo, 40° d'incidenza d'assetto ma riuscii a rimettere sotto controllo il velivolo puntando verso il suolo. Imparai che un corretto loop si fa tirando con decisione nella prima parte della manovra ma lasciando andare pian piano verso la parte alta quando la velocità diminuisce sempre più”. L'ambizione di qualsiasi pilota operasse con l'F-86, era volare in supersonico. Il problema era che per farlo era necessario partire da una quota tra 30 e 40 mila piedi, con un assetto in discesa. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto spingendo il velivolo verso il basso ottenendo solo di destabilizzarlo e innescando rollii incontrollati, consigliato da un pilota dell'Air Force, Goodell si risolse a una manovra più decisa, eseguendo una “S” seguita da una picchiata decisa perdendo circa 5.000 ft di quota… Le sollecitazioni fisiche variavano dall'1 ai 4 g. L'esplorazione delle prestazioni di volo nella sfera del supersonico non furono fini a sé stesse, servirono ad affinare la sensibilità al pilotaggio in vista del ritorno al programma B-47 e successivamente a quello del B-52. E a questo punto, più di qualsiasi disquisizione sociopolitica, storiografica e filologica riguardo alla Guerra Fredda alla metà degli Anni ‘50, in poche parole Goodell ci ha lasciato un ritratto nudo e perfetto di tutto quello che significava allora, fortemente radicato nella mente delle forze armate americane come per una fede cieca, la percezione del grande nemico russo: “I miei esperimenti acrobatici con l'F-86 mi furono utili più tardi quando dovetti valutare e mettere a punto le manovre Immelmann con il B-47, con le quali penetrare il territorio russo, attaccare e poi eseguire la manovra di fuga. Bisognava avanzare a bassa quota per evitare l'avvistamento dei radar russi, lanciare una bomba atomica ed evitare di finire coinvolti dall'esplosione.” La procedura d'attacco preferita per il B-47 era il bombardamento in cabrata: avvicinamento a bassa quota a 425 nodi con una cabrata di 3g in prossimità del target, lancio della bomba durante la cabrata facendole eseguire una parabola. Il B-47 avrebbe continuato il suo loop, alla sommità del quale con un tonneau si sarebbe trovato con la prua in allontanamento, seguiva poi una decisa affondata per mettere la prua del velivolo in rotta di scampo.

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Dick Taylor fu suo istruttore e mise a punto gli standard delle manovre d'attacco strategico del B-47 per l'Air Force. Non mancò un grave incidente, occorso a un B-47 nel cielo del poligono di Salina in Kansas quando, trovatosi in nube a soli 10.000 ft, il pilota iniziò una lenta manovra d'attacco. La mancanza di riferimenti visivi impedì al pilota di vedere il suolo e adeguare l'assetto del velivolo in uscita dalla manovra, così il B-47 si trovò basso e con il muso giù. Il copilota non si eiettò in tempo, il navigatore si eiettò ma il paracadute non si aprì, e si salvò solo il pilota, rischiando per poco di finire con il paracadute dentro il fuoco del relitto al suolo. Ai soccorritori si presentò tumefatto per il blast dell'aria nel momento del lancio e ustionato in parte del corpo. Oltre all'impressione suscitata da questo incidente, si registrarono criccamenti delle strutture alari di diversi B-47 sottoposti alle sollecitazioni dovute a questo genere di manovre, per cui si decise di risparmiare al bellissimo Stratojet ogni stress eccessivo, impiegandolo senza privarlo del ruolo strategico ma in modo “more gentle”. Nel 1955 Goodell tornava nel pieno della sua attività di volo e stavolta veniva assegnato a Seattle, dove la Boeing stava sviluppando il formidabile e ambizioso programma B-52, iniziato nel 1952. Sin dall'inizio, il team dei collaudatori dello Stratofortress era costituito da Alvin Melvin “Tex” Johnston, collaudatore Boeing, e da Lt. Guy Townsend, pilota dell'US Air Force. Come ricorda Goodell: “C'erano disponibili otto velivoli e per portare avanti il programma di prove era stato necessario far venire in aiuto a Seattle alcuni equipaggi di volo da Wichita. Il mio turno arrivò in agosto, che è un buon periodo per le condizioni meteo della città. Mia moglie e le due bambine mi seguirono poco tempo dopo. Apprezzammo l'ambiente e il clima anche se all'inizio non mancò un po' di disagio. C'era un sacco di attività di volo ma a causa della nebbia che stagnava al mattino, la maggior parte dei voli si tenevano di notte. Un volo tipico vedeva il decollo alle 2 di notte con l'atterraggio verso le 11. Inizialmente trovai il B-52 decisamente scomodo, sedevamo sui sedili posteriori legati al paracadute e al 'life vest'. La prime due ore erano addirittura miserevoli, sul finire di quelle mi trovavo intorpidito e in totale disagio. Il condizionamento dell'aria era scarso. Se i piloti potevano dirsi a proprio agio nelle ore diurne, il navigatore e il bombardiere (entrambi seduti dietro in basso - ndr) stavano al freddo anche perché non avevano nemmeno il conforto di vedere la luce del sole. Inoltre di notte i piloti, quando iniziavano a sentire freddo, non potevano alzare il riscaldamento perché gli uomini in basso dietro arrostivano, vicini com'erano alle fonti di calore del radar e degli equipaggiamenti di navigazione. Sembrava quasi che l'unico compromesso possibile fosse l'accettazione e la condivisione del disagio. Il mitragliere di coda, invece, sedeva tutto solo nella sua postazione ma poteva almeno contare su un suo sistema di condizionamento autonomo. Per quanto, sono convinto che quello non fosse un posto adatto a un uomo di inclinazioni sociali normali o sofferente di claustrofobia. Almeno in quel periodo iniziale, per i turni che mi spettarono, non posso dire di aver potuto apprezzare il pilotaggio del B-52 ma di sicuro aveva ottime

posto di pilotaggio dello XB-52 5-6 nella primitiva configurazione con i Ilposti in tandem e il collaudatore

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“Tex” Johnston ai comandi del bombardiere.

caratteristiche. Era persino avanti rispetto ai caccia di allora. Era una soddisfazione per noi surclassare addirittura gli intercettori dell'Air Defense Command durante le esercitazioni. Il B-52 poteva farlo grazie alla sua velocità e alla capacità di volare ad alta quota. Il caccia intercettore tipico di allora (F-89 o F-86D) doveva fare ritorno alla sua base per mancanza di carburante senza aver potuto completare l'intercettazione”. L'esperienza di volo con il B-52 non mancò di rivelare a Goodell diverse carenze del grande aeroplano, il quale

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Da sinistra: il Cpt. William Magruder dell’USAF,il collaudatore della Boeing Alvin M. Johnston e il Lt. Col. Guy M. Townsend dell’USAF. Alle loro spalle il Boeing YB-52 Stratofortress 49-231. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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faceva il suo pomo di Adamo andava su e giù. Era davvero strano da vedere. Tutti noi pensavamo che fosse chiamato Curly (ricciolino) per ironia dal momento che era calvo, ma lui ci aveva raccontato che da giovane aveva avuto una gran chioma ricciuta e che per questo motivo gli avevano affibbiato il soprannome. A quel tempo noi lo consideravamo vecchio perché era vicino ai cinquanta mentre noi eravamo sui trenta. Certo guardando indietro, la sua età non mi sembra più quella di un 'vecchio'. Eravamo ormai in avvicinamento sull'aeroporto e un vento vivace di ben 30 nodi soffiava da nord-ovest, ma al decollo avevamo avuto un vento di 5 nodi da sud e in funzione di questo dato Curly ritenne di avere i carrelli principali correttamente allineati per il finale, si compiaceva spesso di questa sua accuratezza (va ricordato che il carrello del B-52 aveva la proprietà di poter essere gradualmente orientato in modo da compensare il vento laterale - ndr). Mi comunicò che era tutto ok e io mi concentrai sul pilotaggio del B-52 per portarlo a terra in modo 'soft', come da manuale a 1.500 ft dalla fine della pista. Fu un buon contatto ma dopo pochi istanti l'aereo iniziò a scostare decisamente a sinistra verso il margine della pista. Pensai che Curly avesse dispiegato il parafreno ma così non era, io cercai di ruotare il velivolo con il timone per correggere la tendenza. Gli dissi di sganciare il parafreno ma lui, equivocando, capì di doverlo estendere, cosa che fece. Il velivolo ruotò il muso sottovento, tentai di insistere con il freno del carrello per mantenere l'aereo dentro la pista ma questo uscì sulla terra morbida sconnessa, a circa 50 metri dallo shelter del GCA. Io non lo so se le persone del GCA si resero conto del pericolo che avevano corso. Una volta fermi, spegnemmo i motori e uscimmo per controllare la situazione. L'aereo aveva pochi danni ma notai che il carrello non aveva l'orientamento corretto. Dissi a Curly che lo aveva ruotato in modo sbagliato e lui balbettando disse ‘S-s-si l-l-lo s-so’. Ci venne a prendere un 'furgone della carne', una specie di ambulanza che in questi casi interveniva d'ufficio anche se non chiamata e in assenza di feriti. Fummo portati al dispensario ma intanto l'armiere di coda, Gene Arnold, era stato completamente dimenticato e si era dovuto arrangiare calandosi con la corda. Una volta tornati ai collaudi in volo, chiesero a ciascuno

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di noi di presentare la propria dichiarazione sull'accaduto. Ero sicuro che fin al momento in cui Curly dispose di sganciare il parafreno, in realtà lui non lo aveva ancora attivato. Un'imbarazzante conferma, ma fortunatamente un fatto non considerato grave, per cui né la Boeing né l'Air Force ci licenziarono. Si decise che avremmo dovuto passare entrambi per una breve ristandardizzazione e allo scopo, la Ditta convocò da Seattle un Pilota Istruttore Boeing di esperienza, Ed Hartz. Il volo di riabilitazione avvenne qualche settimana dopo. Curly era seduto al posto del pilota per il decollo. Ed Hartz era seduto a destra, io ero seduto nel posto del pilota istruttore, dietro e in mezzo ai due. Dopo il decollo salimmo fino a 15.000 ft. Gene Arnold, che era come sempre posizionato in coda, chiese a un certo punto: ‘Dovremmo lasciare scie di condensazione a questa altezza?’, Hartz rispose ‘Diamine no’ e poco dopo ordinò a Curly di rimettere la prua verso la base. Chiese poi al navigatore seduto dietro in basso, di dare un'occhiata al vano dell'alternatore ma non capivo per quale ragione. Il navigatore, Benny Malone, riportò che il vano era pieno di vapori e di un fumo biancastro. Questo allarmò Hartz e lo convinse che avevamo una grossa perdita di carburante. C'erano visibili sottili rigagnoli che traversavano il vano alternatore che all'interno ospitava diverse connessioni. Era una sciagurata combinazione di carburante ed elettricità. Come ci inserimmo nell'atterraggio sul campo, Hartz dichiarò emergenza spiegando alla torre la situazione. Torre dichiarò di vedere già in lontananza dietro di noi una sottile scia di fumo bianco. Il pilota chiese poi alla Torre di avvertirci nel caso in cui la scia fosse diventata nera perché questo avrebbe significato un principio d’incendio. In questo caso io immaginai che il piano sarebbe stato di eiettarci fuori prima che l'aereo esplodesse. Mi spostai velocemente e mi legai stretto al sedile eiettabile ECM perché quello dell'istruttore dove stavo seduto non era eiettabile. Quando fummo in finale per l'atterraggio, troppo tardi per eiettarci, l'uomo della torre disse ‘Credo che il fumo adesso stia diventando nero’. Atterrammo a velocità sostenuta e frenando quanto possibile fino a fermarci. Ci allontanammo dal velivolo il più rapidamente possibile, ma non potè fare altrettanto il buon Gene Arnold… Che ancora una volta dovette

scendere dalla torretta di coda con la sua corda. Penso sia stato il suo ultimo volo con il B-52; decise da allora di darsi a occupazioni molto più sicure e sinceramente io non l'ho mai biasimato. Certo la sua esperienza di volo non era stata delle più esaltanti. Quanto a me e a Curly, penso che quel giorno l'Air Force decise che avevamo passato brillantemente la prova, non ricordo di aver mai più ricevuto alcuna richiesta di chiarimenti”. James Goodell ebbe una lunga attività come pilota collaudatore del B-52 e tra le valutazioni tecniche più singolari di cui fu protagonista, ricordò in particolare quella a cui fu sottoposto il carrello d'atterraggio dell'estremità alare. Goodell lo mise alla prova per verificarne la resistenza

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Da sinistra: James “Jim” Goodell, Guy Mannering Townsend III e Alvin Melvin “Tex” Johnston.

Il collaudatore Alvin Melvin “Tex” Johnston.

meccanica nel momento dell'atterraggio, sperimentando anche atterraggi violenti e con il serbatoio subalare d'estremità da 3.000 galloni al pieno. Arrivò anche a far toccare la pista al carrello alare facendo sbattere di proposito l'ala verso il basso, superando il limite di resistenza meccanica del serbatoio, che oltre un certo limite di sollecitazione naturalmente si ruppe. Ma questo avvenne nell'ambito di una prova pianificata in vista della quale la tanica era stata previdentemente riempita di acqua. Gli eventi narrati sono solo una frazione della miriade di episodi che segnarono la nascita e lo sviluppo di un grande aereo come il B-52 Stratofortress. E non v'è dubbio che il progetto diede anche un grande impulso alla nascita dell'altro grande capolavoro della Boeing, il 707, che segnò la svolta nella storia dell'aviazione civile. Alcuni piloti collaudatori della Boeing, come Alvin M. Johnston, divisero la loro attività con quella di sviluppo del primo grande liner del mondo. In quegli anni, la Boeing si dimostrò all'avanguardia nella ricerca tecnologica e nella produzione aeronautica.

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James “Jim” Goodell ai comandi di un Boeing 707.

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faceva il suo pomo di Adamo andava su e giù. Era davvero strano da vedere. Tutti noi pensavamo che fosse chiamato Curly (ricciolino) per ironia dal momento che era calvo, ma lui ci aveva raccontato che da giovane aveva avuto una gran chioma ricciuta e che per questo motivo gli avevano affibbiato il soprannome. A quel tempo noi lo consideravamo vecchio perché era vicino ai cinquanta mentre noi eravamo sui trenta. Certo guardando indietro, la sua età non mi sembra più quella di un 'vecchio'. Eravamo ormai in avvicinamento sull'aeroporto e un vento vivace di ben 30 nodi soffiava da nord-ovest, ma al decollo avevamo avuto un vento di 5 nodi da sud e in funzione di questo dato Curly ritenne di avere i carrelli principali correttamente allineati per il finale, si compiaceva spesso di questa sua accuratezza (va ricordato che il carrello del B-52 aveva la proprietà di poter essere gradualmente orientato in modo da compensare il vento laterale - ndr). Mi comunicò che era tutto ok e io mi concentrai sul pilotaggio del B-52 per portarlo a terra in modo 'soft', come da manuale a 1.500 ft dalla fine della pista. Fu un buon contatto ma dopo pochi istanti l'aereo iniziò a scostare decisamente a sinistra verso il margine della pista. Pensai che Curly avesse dispiegato il parafreno ma così non era, io cercai di ruotare il velivolo con il timone per correggere la tendenza. Gli dissi di sganciare il parafreno ma lui, equivocando, capì di doverlo estendere, cosa che fece. Il velivolo ruotò il muso sottovento, tentai di insistere con il freno del carrello per mantenere l'aereo dentro la pista ma questo uscì sulla terra morbida sconnessa, a circa 50 metri dallo shelter del GCA. Io non lo so se le persone del GCA si resero conto del pericolo che avevano corso. Una volta fermi, spegnemmo i motori e uscimmo per controllare la situazione. L'aereo aveva pochi danni ma notai che il carrello non aveva l'orientamento corretto. Dissi a Curly che lo aveva ruotato in modo sbagliato e lui balbettando disse ‘S-s-si l-l-lo s-so’. Ci venne a prendere un 'furgone della carne', una specie di ambulanza che in questi casi interveniva d'ufficio anche se non chiamata e in assenza di feriti. Fummo portati al dispensario ma intanto l'armiere di coda, Gene Arnold, era stato completamente dimenticato e si era dovuto arrangiare calandosi con la corda. Una volta tornati ai collaudi in volo, chiesero a ciascuno

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di noi di presentare la propria dichiarazione sull'accaduto. Ero sicuro che fin al momento in cui Curly dispose di sganciare il parafreno, in realtà lui non lo aveva ancora attivato. Un'imbarazzante conferma, ma fortunatamente un fatto non considerato grave, per cui né la Boeing né l'Air Force ci licenziarono. Si decise che avremmo dovuto passare entrambi per una breve ristandardizzazione e allo scopo, la Ditta convocò da Seattle un Pilota Istruttore Boeing di esperienza, Ed Hartz. Il volo di riabilitazione avvenne qualche settimana dopo. Curly era seduto al posto del pilota per il decollo. Ed Hartz era seduto a destra, io ero seduto nel posto del pilota istruttore, dietro e in mezzo ai due. Dopo il decollo salimmo fino a 15.000 ft. Gene Arnold, che era come sempre posizionato in coda, chiese a un certo punto: ‘Dovremmo lasciare scie di condensazione a questa altezza?’, Hartz rispose ‘Diamine no’ e poco dopo ordinò a Curly di rimettere la prua verso la base. Chiese poi al navigatore seduto dietro in basso, di dare un'occhiata al vano dell'alternatore ma non capivo per quale ragione. Il navigatore, Benny Malone, riportò che il vano era pieno di vapori e di un fumo biancastro. Questo allarmò Hartz e lo convinse che avevamo una grossa perdita di carburante. C'erano visibili sottili rigagnoli che traversavano il vano alternatore che all'interno ospitava diverse connessioni. Era una sciagurata combinazione di carburante ed elettricità. Come ci inserimmo nell'atterraggio sul campo, Hartz dichiarò emergenza spiegando alla torre la situazione. Torre dichiarò di vedere già in lontananza dietro di noi una sottile scia di fumo bianco. Il pilota chiese poi alla Torre di avvertirci nel caso in cui la scia fosse diventata nera perché questo avrebbe significato un principio d’incendio. In questo caso io immaginai che il piano sarebbe stato di eiettarci fuori prima che l'aereo esplodesse. Mi spostai velocemente e mi legai stretto al sedile eiettabile ECM perché quello dell'istruttore dove stavo seduto non era eiettabile. Quando fummo in finale per l'atterraggio, troppo tardi per eiettarci, l'uomo della torre disse ‘Credo che il fumo adesso stia diventando nero’. Atterrammo a velocità sostenuta e frenando quanto possibile fino a fermarci. Ci allontanammo dal velivolo il più rapidamente possibile, ma non potè fare altrettanto il buon Gene Arnold… Che ancora una volta dovette

scendere dalla torretta di coda con la sua corda. Penso sia stato il suo ultimo volo con il B-52; decise da allora di darsi a occupazioni molto più sicure e sinceramente io non l'ho mai biasimato. Certo la sua esperienza di volo non era stata delle più esaltanti. Quanto a me e a Curly, penso che quel giorno l'Air Force decise che avevamo passato brillantemente la prova, non ricordo di aver mai più ricevuto alcuna richiesta di chiarimenti”. James Goodell ebbe una lunga attività come pilota collaudatore del B-52 e tra le valutazioni tecniche più singolari di cui fu protagonista, ricordò in particolare quella a cui fu sottoposto il carrello d'atterraggio dell'estremità alare. Goodell lo mise alla prova per verificarne la resistenza

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Da sinistra: James “Jim” Goodell, Guy Mannering Townsend III e Alvin Melvin “Tex” Johnston.

Il collaudatore Alvin Melvin “Tex” Johnston.

meccanica nel momento dell'atterraggio, sperimentando anche atterraggi violenti e con il serbatoio subalare d'estremità da 3.000 galloni al pieno. Arrivò anche a far toccare la pista al carrello alare facendo sbattere di proposito l'ala verso il basso, superando il limite di resistenza meccanica del serbatoio, che oltre un certo limite di sollecitazione naturalmente si ruppe. Ma questo avvenne nell'ambito di una prova pianificata in vista della quale la tanica era stata previdentemente riempita di acqua. Gli eventi narrati sono solo una frazione della miriade di episodi che segnarono la nascita e lo sviluppo di un grande aereo come il B-52 Stratofortress. E non v'è dubbio che il progetto diede anche un grande impulso alla nascita dell'altro grande capolavoro della Boeing, il 707, che segnò la svolta nella storia dell'aviazione civile. Alcuni piloti collaudatori della Boeing, come Alvin M. Johnston, divisero la loro attività con quella di sviluppo del primo grande liner del mondo. In quegli anni, la Boeing si dimostrò all'avanguardia nella ricerca tecnologica e nella produzione aeronautica.

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James “Jim” Goodell ai comandi di un Boeing 707.

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lockheed ah-56

cheyenne Un nuovo concetto di elicottero da attacco

Luciano Pontolillo

A

ll'inizio degli Anni '60, su richiesta del Segretario alla Difesa Robert McNamara, veniva istituita la Tactical Mobility Requirements Board, informalmente deďŹ nita Howze Board dal nome del suo presidente Hamilton H. Howze. Compito di questa commissione era la revisione e la sperimentazione di nuovi concetti tattici nell'impiego di elicotteri da par te dell'Esercito degli Stati Uniti.

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lockheed ah-56

cheyenne Un nuovo concetto di elicottero da attacco

Luciano Pontolillo

A

ll'inizio degli Anni '60, su richiesta del Segretario alla Difesa Robert McNamara, veniva istituita la Tactical Mobility Requirements Board, informalmente deďŹ nita Howze Board dal nome del suo presidente Hamilton H. Howze. Compito di questa commissione era la revisione e la sperimentazione di nuovi concetti tattici nell'impiego di elicotteri da par te dell'Esercito degli Stati Uniti.

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Nel 1962, McNamara convocò la Commissione che, a conclusione degli studi eseguiti, suggerì la formazione di una Airmobile Division supportata da 90 elicotteri armati. Le conclusioni della Howze Board arrivarono nello stesso momento in cui l'Esercito statunitense si preparava a dispiegare i suoi primi elicotteri di scorta armati in Vietnam; 15 UH-1A Iroquois erano stati infatti modificati e armati con mitragliatrici, lanciagranate e lanciarazzi, e ben presto dimostrarono la validità della formula al punto che, nel giugno 1962, la Bell Helicopter presentò un nuovo progetto di elicottero ai vertici dell'US Army, nella speranza

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Mock-up del Bell D-255.

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di sollecitare finanziamenti per un ulteriore sviluppo. Il D255 Iroquois Warrior, basato sulla cellula e sui componenti dinamici dello UH-1B, era concepito come un vero e proprio elicottero da attacco che anticipava già le principali soluzioni tecniche che avrebbero caratterizzato i futuri progetti: biposto con posti in tandem per pilota e armiere, armamento fisso costituito da un cannone brandeggiabile, piccole ali atte a montare piloni per il trasporto dell'armamento da lancio costituito da razzi non guidati e missili anticarro. Nel dicembre 1962, il Combat Development Command redigeva un Qualitative Material Requirement per un velivolo ad interim definito Commercial Off The Shelf Aircraft, che avrebbe dovuto avere una velocità di crociera di 140 kts (259 km/h) e un carico utile di 1.580 lb (680 kg). Era, questo, un tentativo da parte dell'Esercito di dotarsi di una macchina provvisoria, viste le potenzialità del Bell D255, in attesa di poter sviluppare un elicottero armato dedicato. Tuttavia, il Segretario dell'US Army non approvò la proposta suggerendo invece l'immediato sviluppo di una macchina più performante piuttosto che di un “gapfill”. Il CDC elaborò quindi una nuova specifica fissando i seguenti obiettivi: velocità di crociera di 195 kts (361 km/h), velocità massima di 220 kts (407 km/h), capacità di volare fuori effetto suolo a 6.000 ft (1.830 m) con una temperatura esterna fino a 35°C. i requisiti di velocità dipendevano direttamente dalle prestazioni degli aeromobili che il

nuovo elicottero avrebbe dovuto scortare. Il Director of Defense Research and Engineering (DDRE) approvò preliminarmente le modifiche alla specifica iniziale, raccomandando nel contempo di determinare se qualsiasi altro elicottero avesse potuto off rire un miglioramento delle prestazioni rispetto all'UH-1B. Di conseguenza, l'Armate Material Command (AMC) avviò uno studio per determinare se gli obiettivi fossero realizzabili istituendo nel contempo un ufficio per lo sviluppo del programma, chiamato Fire-support Aerial System (FAS). L'AMC aveva deciso di restringere lo studio agli elicotteri compositi, ritenuti gli unici al momento in grado di essere sviluppati per raggiungere gli obiettivi fissati dalla specifica. Nel marzo del 1964, il Segretario dell'US Army informò il DDRE che la modifica dei progetti esistenti non si avvicinava alle specifiche richieste dal programma FAS; l'Esercito avrebbe continuato a usare l'UH-1B armato fino a quando lo sviluppo del FAS non avesse raggiunto i risultati previsti. Il 26 marzo 1964, il capo di Stato Maggiore dell'US Army ridesignò il programma FAS come Advanced Aerial Fire Support System (AAFSS). Il documento sugli obiettivi di sviluppo fu approvato nell'aprile del 1964 e il 1° agosto successivo il Transportation Research and Engineering Command contattò 148 potenziali contraenti inviando loro una Request For Proposals: la Bell puntò sul D-262, ottenuto modificando il D-255, pur restando una

macchina convenzionale; la Sikorsky presentò il modello S-66, caratterizzato da un "rotorprop" che fungeva da rotore di coda, ma all'aumentare della velocità ruotava di 90° diventando un'elica di spinta; Lockheed infine propose il suo modello CL-840, un elicottero composito caratterizzato da un sistema a rotore rigido a quattro pale, due piccole ali, e un tradizionale rotore anticoppia montato all'estremità della coda insieme ad un'elica di spinta. L'Esercito, pur indicando Lockheed e Sikorsky come vincitori dei contratti della fase di definizione del progetto

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Illustrazione relativa al Sikorsky S-66.

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Nel 1962, McNamara convocò la Commissione che, a conclusione degli studi eseguiti, suggerì la formazione di una Airmobile Division supportata da 90 elicotteri armati. Le conclusioni della Howze Board arrivarono nello stesso momento in cui l'Esercito statunitense si preparava a dispiegare i suoi primi elicotteri di scorta armati in Vietnam; 15 UH-1A Iroquois erano stati infatti modificati e armati con mitragliatrici, lanciagranate e lanciarazzi, e ben presto dimostrarono la validità della formula al punto che, nel giugno 1962, la Bell Helicopter presentò un nuovo progetto di elicottero ai vertici dell'US Army, nella speranza

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Mock-up del Bell D-255.

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di sollecitare finanziamenti per un ulteriore sviluppo. Il D255 Iroquois Warrior, basato sulla cellula e sui componenti dinamici dello UH-1B, era concepito come un vero e proprio elicottero da attacco che anticipava già le principali soluzioni tecniche che avrebbero caratterizzato i futuri progetti: biposto con posti in tandem per pilota e armiere, armamento fisso costituito da un cannone brandeggiabile, piccole ali atte a montare piloni per il trasporto dell'armamento da lancio costituito da razzi non guidati e missili anticarro. Nel dicembre 1962, il Combat Development Command redigeva un Qualitative Material Requirement per un velivolo ad interim definito Commercial Off The Shelf Aircraft, che avrebbe dovuto avere una velocità di crociera di 140 kts (259 km/h) e un carico utile di 1.580 lb (680 kg). Era, questo, un tentativo da parte dell'Esercito di dotarsi di una macchina provvisoria, viste le potenzialità del Bell D255, in attesa di poter sviluppare un elicottero armato dedicato. Tuttavia, il Segretario dell'US Army non approvò la proposta suggerendo invece l'immediato sviluppo di una macchina più performante piuttosto che di un “gapfill”. Il CDC elaborò quindi una nuova specifica fissando i seguenti obiettivi: velocità di crociera di 195 kts (361 km/h), velocità massima di 220 kts (407 km/h), capacità di volare fuori effetto suolo a 6.000 ft (1.830 m) con una temperatura esterna fino a 35°C. i requisiti di velocità dipendevano direttamente dalle prestazioni degli aeromobili che il

nuovo elicottero avrebbe dovuto scortare. Il Director of Defense Research and Engineering (DDRE) approvò preliminarmente le modifiche alla specifica iniziale, raccomandando nel contempo di determinare se qualsiasi altro elicottero avesse potuto off rire un miglioramento delle prestazioni rispetto all'UH-1B. Di conseguenza, l'Armate Material Command (AMC) avviò uno studio per determinare se gli obiettivi fossero realizzabili istituendo nel contempo un ufficio per lo sviluppo del programma, chiamato Fire-support Aerial System (FAS). L'AMC aveva deciso di restringere lo studio agli elicotteri compositi, ritenuti gli unici al momento in grado di essere sviluppati per raggiungere gli obiettivi fissati dalla specifica. Nel marzo del 1964, il Segretario dell'US Army informò il DDRE che la modifica dei progetti esistenti non si avvicinava alle specifiche richieste dal programma FAS; l'Esercito avrebbe continuato a usare l'UH-1B armato fino a quando lo sviluppo del FAS non avesse raggiunto i risultati previsti. Il 26 marzo 1964, il capo di Stato Maggiore dell'US Army ridesignò il programma FAS come Advanced Aerial Fire Support System (AAFSS). Il documento sugli obiettivi di sviluppo fu approvato nell'aprile del 1964 e il 1° agosto successivo il Transportation Research and Engineering Command contattò 148 potenziali contraenti inviando loro una Request For Proposals: la Bell puntò sul D-262, ottenuto modificando il D-255, pur restando una

macchina convenzionale; la Sikorsky presentò il modello S-66, caratterizzato da un "rotorprop" che fungeva da rotore di coda, ma all'aumentare della velocità ruotava di 90° diventando un'elica di spinta; Lockheed infine propose il suo modello CL-840, un elicottero composito caratterizzato da un sistema a rotore rigido a quattro pale, due piccole ali, e un tradizionale rotore anticoppia montato all'estremità della coda insieme ad un'elica di spinta. L'Esercito, pur indicando Lockheed e Sikorsky come vincitori dei contratti della fase di definizione del progetto

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Illustrazione relativa al Sikorsky S-66.

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Un prototipo in decollo permette di osservare la disposizione della torretta ventrale con il cannone da 30 mm installato.

sopra, e quello del copilota/cannoniere, 10-11sotto,Il nelpostoqualedi pilotaggio, si nota tra l’altro la piastra girevole sul pavimento della cabina che permetteva la rotazione del complesso seggiolino/sistema di puntamento.

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m; diametro del rotore, 15,6 m; altezza, 4,18 m. I pesi erano: a vuoto, 5.540 kg; a pieno carico, 8.300 kg; peso massimo al decollo, 11.740 kg. Il carrello era costituito da due elementi principali, retrattili all’interno delle carenature laterali della fusoliera, e un ruotino di coda fisso. I test iniziarono con il primo volo del secondo AH-56 (s/n 66-8827) nel settembre 1967. Durante i primi collaudi, fu identificato un problema di instabilità del rotore quando l'elicottero si trovava a bassa quota in effetto suolo. Con l'espansione dell'inviluppo di volo, questa instabilità e altri problemi minori vennero risolti rapidamente. Il 12 dicembre 1967, la Lockheed e l'Esercito organizzarono un display di 13 minuti per il pubblico presso l'aeroporto di Van Nuys. Durante la dimostrazione, il Cheyenne evidenziò alcune delle nuove capacità prodotte dall'elica di spinta; l'elicottero era in grado di rallentare o accelerare senza inclinare il muso su o giù, oltre a essere in grado, in hovering, di inclinare il muso verso il basso o verso l'alto, senza che la macchina si spostasse in avanti o indietro. Il Cheyenne si esibì inoltre in volo stazionario con un vento al traverso di 30 kts (56 km/h) e, alla fine del volo, atterrò sul carrello principale “inchinandosi” al pubblico prima di toccare con il ruotino di coda e portarsi al parcheggio. Nel marzo 1968, l'AH-56 aveva ampliato il suo inviluppo di volo fino ad una velocità di 170 kts (315 km/h) in volo orizzontale, 25 kts (46 km/h) lateralmente e 20 kts (37 km/h) all'indietro. Il programma subì una battuta d'arresto il 12 marzo 1969, quando durante un volo del prototipo n. 3 (s/n 66-8828) il rotore colpì la fusoliera uccidendo il pilota David A. Beil. L'incidente avvenne nel corso di un test in cui il pilota doveva manovrare provocando intenzionalmente l'oscillazione del rotore; l'indagine sull'incidente rilevò che apparentemente i meccanismi di sicurezza sui comandi erano stati disabilitati per il volo e l'inchiesta si concluse con l'accertamento che le oscillazioni indotte dal pilota avevano creato una vibrazione risonante eccedente la capacità del sistema rotore di compensare. Il 10 aprile 1969 l'Esercito richiamò la Lockheed citando 11 problemi tecnici e lamentando i progressi insoddisfacenti sul programma. I problemi principali riguardavano l'incidente occorso il 12 marzo e il peso dell'aeromobile che superava i requisiti del programma. In risposta, Lockheed propose un Improved Flight Control System (ICS) per ridurre le oscillazioni del rotore e altre misure per ridurre il peso in eccesso e affrontare altri problemi minori negli elicotteri di produzione. L'Esercito, ritenendo che le soluzioni proposte dalla Lockheed avrebbero ritardato il programma e aumentato i costi, annullò il contratto di produzione il 19 maggio 1969, ma mantenne il contratto di sviluppo nella speranza che i problemi potessero essere risolti. Nel settembre 1969, il prototipo n. 10 (s/n 66-8835) venne sottoposto ad un test in galleria del vento presso il Centro di ricerca Ames della NASA, per ricreare i problemi di oscillazione al rotore che avevano provocato l'incidente del prototipo n. 3. Tuttavia gli ingegneri non tennero conto che i supporti utilizzati per fissare l'aeromobile nella galleria del vento non avrebbero permesso all'elicottero di muoversi rispetto al rotore, come invece avrebbe fatto in volo. Di conseguenza, durante i test ad alta velocità per

replicare la vibrazione che aveva portato all'incidente, le oscillazioni del rotore aumentarono rapidamente senza controllo fino a quando le pale colpirono la trave di coda provocando la distruzione dell'elicottero. Per affrontare il problema delle vibrazioni e altre disfunzioni minori, per precauzione il prototipo n. 9 (s/n 668834) venne dotato di seggiolino eiettabile verso il basso per il pilota, alloggiato ora al posto della stazione del cannoniere. Questo prototipo fu utilizzato per tutti i rimanenti voli di estensione dell'inviluppo di volo. Il prototipo ricevette inoltre una trasmissione migliorata e il tettuccio posteriore scorrevole fu sostituito con uno incernierato. La nuova trasmissione portò la potenza del motore T64-GE-16 a 3.925 CV (2.927 kW). Il prototipo n. 6 (s/n 66-8831) fu quello utilizzato per condurre i test sui sistemi d'arma. Sullo Yuma Proving Ground, in Arizona, i collaudatori dimostrarono la capacità del cannoniere e del pilota di sparare con precisione su bersagli separati su ciascun lato dell'elicottero. Verso la fine del 1970, l'Esercito finanziò l'integrazione sul Cheyenne dei missili TOW dei sistemi di avvistamento notturno. I sistemi di stabilità e controllo furono inoltre testati e valutati presso lo Yuma Proving Ground dal 30 gennaio al 23 dicembre 1971 sui prototipi 6 e 9, e furono individuate carenze nella stabilità direzionale laterale, oltre a vibrazioni elevate. A seguito dei test presso Yuma, il prototipo n. 9 ricevette il motore T64-GE-716 da 4.275 CV (3.188 kW) e la versione definitiva del sistema ICS. Anche se con questi aggiornamenti l'elicottero superò finalmente i requisiti di prestazione richiesti dall'Esercito, in determinate condizioni la stabilità e il controllo non soddisfacevano completamente i collaudatori. La Lockheed elaborò quindi un sistema misto meccanico/idraulico per impedire che le vibrazioni del rotore si trasmettessero ai comandi di volo; il sistema, chiamato Advanced Mechanical Control System (AMCS), venne installato sul prototipo n. 7 nel 1972 per migliorare la maneggevolezza e la stabilità del rotore.

Nel 1971, gli attriti tra US Army, USAF e NAVY derivanti dalla rivendicazione del diritto di condurre missioni Close Air Support (CAS), e sul relativo appannaggio di fondi per approvvigionarsi dei relativi aeromobili, portò il Department of Defense (DoD) a condurre uno studio che concluse infine come i programmi A-X dell'USAF, l'Harrier dei Marines e il Cheyenne fossero significativamente diversi e non costituivano una duplicazione delle capacità delle varie Forze Armate. Il 22 ottobre 1971 la Senate Armed Services Subcommittee on Tactical Air Power condusse una serie di audizioni per valutare la missione CAS e i programmi in sospeso delle tre armi. La testimonianza più dannosa per il programma dell'Esercito venne dal comandante del Tactical Air Command, il generale William W. Momyer, che citò le statistiche sulle vittime di elicotteri dell'operazione Lam Son 719. Nel tentativo estremo di salvare il programma Cheyenne, all'inizio del 1972 l'Esercito organizzò infine una dimostrazione di fuoco a favore del Senate Armed Services Committee, per evidenziare la potenza di fuoco del Cheyenne e raccogliere il sostegno per lo sviluppo futuro di elicotteri d'attacco. Il primo missile TOW che fu sparato durante la dimostrazione era difettoso e finì ingloriosamente a terra, mentre il secondo missile colpì il bersaglio. Nonostante fino a quel momento fossero stati lanciati 130 missili TOW senza inconvenienti, il fallimento del primo missile bastò a cambiare la percezione sulla validità dell'aeromobile. Nell'aprile 1972, il Senato pubblicò il suo rapporto sul CAS; il rapporto raccomandava il finanziamento del programma A-X dell'Aeronautica, che avrebbe portato al Fairchild A-10 Thunderbolt II, e l'approvvigionamento limitato dell'Harrier per il Corpo dei Marines. Il rapporto non si riferiva mai al Cheyenne e conteneva solo una tiepida raccomandazione per l'Esercito a continuare gli studi sugli elicotteri d'attacco, purché la loro sopravvivenza potesse essere migliorata. Il programma Cheyenne fu infine annullato dal Segretario dell'Esercito il 9 agosto 1972. Le dimensioni

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Il prototipo n. 6 (s/n 66-8831) sullo Yuma Proving Ground, in Arizona, durante una sessione di impiego di armamento reale.

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Un prototipo in decollo permette di osservare la disposizione della torretta ventrale con il cannone da 30 mm installato.

sopra, e quello del copilota/cannoniere, 10-11sotto,Il nelpostoqualedi pilotaggio, si nota tra l’altro la piastra girevole sul pavimento della cabina che permetteva la rotazione del complesso seggiolino/sistema di puntamento.

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m; diametro del rotore, 15,6 m; altezza, 4,18 m. I pesi erano: a vuoto, 5.540 kg; a pieno carico, 8.300 kg; peso massimo al decollo, 11.740 kg. Il carrello era costituito da due elementi principali, retrattili all’interno delle carenature laterali della fusoliera, e un ruotino di coda fisso. I test iniziarono con il primo volo del secondo AH-56 (s/n 66-8827) nel settembre 1967. Durante i primi collaudi, fu identificato un problema di instabilità del rotore quando l'elicottero si trovava a bassa quota in effetto suolo. Con l'espansione dell'inviluppo di volo, questa instabilità e altri problemi minori vennero risolti rapidamente. Il 12 dicembre 1967, la Lockheed e l'Esercito organizzarono un display di 13 minuti per il pubblico presso l'aeroporto di Van Nuys. Durante la dimostrazione, il Cheyenne evidenziò alcune delle nuove capacità prodotte dall'elica di spinta; l'elicottero era in grado di rallentare o accelerare senza inclinare il muso su o giù, oltre a essere in grado, in hovering, di inclinare il muso verso il basso o verso l'alto, senza che la macchina si spostasse in avanti o indietro. Il Cheyenne si esibì inoltre in volo stazionario con un vento al traverso di 30 kts (56 km/h) e, alla fine del volo, atterrò sul carrello principale “inchinandosi” al pubblico prima di toccare con il ruotino di coda e portarsi al parcheggio. Nel marzo 1968, l'AH-56 aveva ampliato il suo inviluppo di volo fino ad una velocità di 170 kts (315 km/h) in volo orizzontale, 25 kts (46 km/h) lateralmente e 20 kts (37 km/h) all'indietro. Il programma subì una battuta d'arresto il 12 marzo 1969, quando durante un volo del prototipo n. 3 (s/n 66-8828) il rotore colpì la fusoliera uccidendo il pilota David A. Beil. L'incidente avvenne nel corso di un test in cui il pilota doveva manovrare provocando intenzionalmente l'oscillazione del rotore; l'indagine sull'incidente rilevò che apparentemente i meccanismi di sicurezza sui comandi erano stati disabilitati per il volo e l'inchiesta si concluse con l'accertamento che le oscillazioni indotte dal pilota avevano creato una vibrazione risonante eccedente la capacità del sistema rotore di compensare. Il 10 aprile 1969 l'Esercito richiamò la Lockheed citando 11 problemi tecnici e lamentando i progressi insoddisfacenti sul programma. I problemi principali riguardavano l'incidente occorso il 12 marzo e il peso dell'aeromobile che superava i requisiti del programma. In risposta, Lockheed propose un Improved Flight Control System (ICS) per ridurre le oscillazioni del rotore e altre misure per ridurre il peso in eccesso e affrontare altri problemi minori negli elicotteri di produzione. L'Esercito, ritenendo che le soluzioni proposte dalla Lockheed avrebbero ritardato il programma e aumentato i costi, annullò il contratto di produzione il 19 maggio 1969, ma mantenne il contratto di sviluppo nella speranza che i problemi potessero essere risolti. Nel settembre 1969, il prototipo n. 10 (s/n 66-8835) venne sottoposto ad un test in galleria del vento presso il Centro di ricerca Ames della NASA, per ricreare i problemi di oscillazione al rotore che avevano provocato l'incidente del prototipo n. 3. Tuttavia gli ingegneri non tennero conto che i supporti utilizzati per fissare l'aeromobile nella galleria del vento non avrebbero permesso all'elicottero di muoversi rispetto al rotore, come invece avrebbe fatto in volo. Di conseguenza, durante i test ad alta velocità per

replicare la vibrazione che aveva portato all'incidente, le oscillazioni del rotore aumentarono rapidamente senza controllo fino a quando le pale colpirono la trave di coda provocando la distruzione dell'elicottero. Per affrontare il problema delle vibrazioni e altre disfunzioni minori, per precauzione il prototipo n. 9 (s/n 668834) venne dotato di seggiolino eiettabile verso il basso per il pilota, alloggiato ora al posto della stazione del cannoniere. Questo prototipo fu utilizzato per tutti i rimanenti voli di estensione dell'inviluppo di volo. Il prototipo ricevette inoltre una trasmissione migliorata e il tettuccio posteriore scorrevole fu sostituito con uno incernierato. La nuova trasmissione portò la potenza del motore T64-GE-16 a 3.925 CV (2.927 kW). Il prototipo n. 6 (s/n 66-8831) fu quello utilizzato per condurre i test sui sistemi d'arma. Sullo Yuma Proving Ground, in Arizona, i collaudatori dimostrarono la capacità del cannoniere e del pilota di sparare con precisione su bersagli separati su ciascun lato dell'elicottero. Verso la fine del 1970, l'Esercito finanziò l'integrazione sul Cheyenne dei missili TOW dei sistemi di avvistamento notturno. I sistemi di stabilità e controllo furono inoltre testati e valutati presso lo Yuma Proving Ground dal 30 gennaio al 23 dicembre 1971 sui prototipi 6 e 9, e furono individuate carenze nella stabilità direzionale laterale, oltre a vibrazioni elevate. A seguito dei test presso Yuma, il prototipo n. 9 ricevette il motore T64-GE-716 da 4.275 CV (3.188 kW) e la versione definitiva del sistema ICS. Anche se con questi aggiornamenti l'elicottero superò finalmente i requisiti di prestazione richiesti dall'Esercito, in determinate condizioni la stabilità e il controllo non soddisfacevano completamente i collaudatori. La Lockheed elaborò quindi un sistema misto meccanico/idraulico per impedire che le vibrazioni del rotore si trasmettessero ai comandi di volo; il sistema, chiamato Advanced Mechanical Control System (AMCS), venne installato sul prototipo n. 7 nel 1972 per migliorare la maneggevolezza e la stabilità del rotore.

Nel 1971, gli attriti tra US Army, USAF e NAVY derivanti dalla rivendicazione del diritto di condurre missioni Close Air Support (CAS), e sul relativo appannaggio di fondi per approvvigionarsi dei relativi aeromobili, portò il Department of Defense (DoD) a condurre uno studio che concluse infine come i programmi A-X dell'USAF, l'Harrier dei Marines e il Cheyenne fossero significativamente diversi e non costituivano una duplicazione delle capacità delle varie Forze Armate. Il 22 ottobre 1971 la Senate Armed Services Subcommittee on Tactical Air Power condusse una serie di audizioni per valutare la missione CAS e i programmi in sospeso delle tre armi. La testimonianza più dannosa per il programma dell'Esercito venne dal comandante del Tactical Air Command, il generale William W. Momyer, che citò le statistiche sulle vittime di elicotteri dell'operazione Lam Son 719. Nel tentativo estremo di salvare il programma Cheyenne, all'inizio del 1972 l'Esercito organizzò infine una dimostrazione di fuoco a favore del Senate Armed Services Committee, per evidenziare la potenza di fuoco del Cheyenne e raccogliere il sostegno per lo sviluppo futuro di elicotteri d'attacco. Il primo missile TOW che fu sparato durante la dimostrazione era difettoso e finì ingloriosamente a terra, mentre il secondo missile colpì il bersaglio. Nonostante fino a quel momento fossero stati lanciati 130 missili TOW senza inconvenienti, il fallimento del primo missile bastò a cambiare la percezione sulla validità dell'aeromobile. Nell'aprile 1972, il Senato pubblicò il suo rapporto sul CAS; il rapporto raccomandava il finanziamento del programma A-X dell'Aeronautica, che avrebbe portato al Fairchild A-10 Thunderbolt II, e l'approvvigionamento limitato dell'Harrier per il Corpo dei Marines. Il rapporto non si riferiva mai al Cheyenne e conteneva solo una tiepida raccomandazione per l'Esercito a continuare gli studi sugli elicotteri d'attacco, purché la loro sopravvivenza potesse essere migliorata. Il programma Cheyenne fu infine annullato dal Segretario dell'Esercito il 9 agosto 1972. Le dimensioni

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Il prototipo n. 6 (s/n 66-8831) sullo Yuma Proving Ground, in Arizona, durante una sessione di impiego di armamento reale.

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aerei

“cingolati” Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti Paolo Gianvanni

U

Boeing EB-50B dotato di carrello a cingoli sperimentale.

no dei sogni di progettisti e strateghi è s e m p r e s t a to q u e l l o d i d i s p o r r e d i aeromobili da trasporto e combattimento in grado di operare da qualsiasi terreno facendo a meno di costose piste pavimentate. Prima dello sviluppo di velivoli ad ala fissa con caratteristiche VTOL (Vertical Take-Off and Landing), la risoluzion e del problema spinse gli ingegneri a fare sperimentazioni estreme.

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aerei

“cingolati” Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti Paolo Gianvanni

U

Boeing EB-50B dotato di carrello a cingoli sperimentale.

no dei sogni di progettisti e strateghi è s e m p r e s t a to q u e l l o d i d i s p o r r e d i aeromobili da trasporto e combattimento in grado di operare da qualsiasi terreno facendo a meno di costose piste pavimentate. Prima dello sviluppo di velivoli ad ala fissa con caratteristiche VTOL (Vertical Take-Off and Landing), la risoluzion e del problema spinse gli ingegneri a fare sperimentazioni estreme.

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Le operazioni di aeromobili su superfici non pavimentate hanno sempre posto dei problemi e negli anni i tecnici hanno cercato di trovare soluzioni creando kit da montare su modelli esistenti in grado di permettere decolli, atterraggi e rullaggi senza sprofondare nel terreno morbido e superando piccoli ostacoli. L'inglese George Dowty fu il pioniere dei carrelli a cingoli per aerei effettuando esperimenti sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti nel periodo prebellico e continuando poi durante la guerra; alcuni dei test furono fatti usando il velivolo da collegamento e supporto Westland Lysander nel 1940. Tra l'altro Dowty arrivò a realizzare un carrello del genere destinato al bombardiere Avro Lancaster.

2

Lo “Special Salvage Equipment” a cingoli usato per recuperare velivoli pesanti finiti fuori pista su terreni irregolari o di scarsa consistenza. Si trattava di due culle inserite, in questo caso su un B-24 Liberator nell’aprile 1944, all’altezza dei motori esterni.

Nel 1937 in Russia, Nikolai Chechubalin sostituì il normale carrello ruotato di un Polikarpov U-2 con un sistema a cingoli lunghi tre metri costituiti da una catena di rulli in testolite che dette buoni risultati durante le prove ma che non ebbe seguito. In tempo di guerra sperimentazioni furono fatte anche in Germania con vari carrelli (da semplici due ruote in tandem a veri e propri cingoli) provati sul Fi-156 Storch e in Russia sul Li-2 (copia del C-47), ma in entrambi i casi l'idea fu abbandonata per l'eccessivo aggravio di peso del sistema. Tra le applicazioni dall'altra parte dell'Oceano, la più conosciuta fu quella introdotta sul bimotore da attacco Douglas A-20 a Wright Field nel 1947. Un A-20C, e successivamente un A-20H, ricevette

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AEROFAN | GEN/FEB 2020

1

Uno dei primi carrelli a cingoli sperimentato su un aereo leggero nel 1927 negli Stati Uniti.

alle gambe del carrello principale dei sistemi a cingoli di produzione Dow ty con risultati interessanti dimostrandosi in grado di superare oggetti fino ad un'altezza di quasi 23 centimetri e di procedere su sabbia e terreno morbido senza grossi problemi. Naturalmente i test furono condizionati dal fatto che il ruotino anteriore, oltretutto a ruota singola, non era cingolato. Un altro velivolo adattato con carrello a cingoli fu il Curtiss XP-40 n/c 0004 modificato sulla base di un contratto dell'USAAF con la Firestone Tire and Rubber Co. per un possibile impiego da spiagge sabbiose. Il velivolo venne provato almeno una volta in volo a Wright Field ma con risultati deludenti e a quanto risulta la parola finale fu pronunciata da un generale dell'USAAF con un laconico “...se vogliono che operiamo dalle spiagge, chiameremo la Marina!”. Carrelli a cingoli vennero sviluppati ed usati operativamente dall'USAAF per il recupero di aeromobili pesanti finiti fuori campo o fuori pista su terreni difficili; si trattava di elementi che venivano inseriti al di sotto delle ali per permettere il traino del velivolo fino all'area designata per lo smontaggio o la riparazione.

5-6 3

Fotogramma di un filmato dei collaudi dell’XP-40 modificato con un carrello a ruote multiplo dall’USAAF nell’agosto 1943 che fu poi sostituito da un carrello cingolato.

4

L’A-20 Havoc modificato nel 1947 dimostrò la fattibilità del sistema a cingoli anche per aeromobili di grosse dimensioni. Il carrello anteriore restava quello originale a ruota singola.

Particolare del carrello cingolato dell’XP-40. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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Le operazioni di aeromobili su superfici non pavimentate hanno sempre posto dei problemi e negli anni i tecnici hanno cercato di trovare soluzioni creando kit da montare su modelli esistenti in grado di permettere decolli, atterraggi e rullaggi senza sprofondare nel terreno morbido e superando piccoli ostacoli. L'inglese George Dowty fu il pioniere dei carrelli a cingoli per aerei effettuando esperimenti sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti nel periodo prebellico e continuando poi durante la guerra; alcuni dei test furono fatti usando il velivolo da collegamento e supporto Westland Lysander nel 1940. Tra l'altro Dowty arrivò a realizzare un carrello del genere destinato al bombardiere Avro Lancaster.

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Lo “Special Salvage Equipment” a cingoli usato per recuperare velivoli pesanti finiti fuori pista su terreni irregolari o di scarsa consistenza. Si trattava di due culle inserite, in questo caso su un B-24 Liberator nell’aprile 1944, all’altezza dei motori esterni.

Nel 1937 in Russia, Nikolai Chechubalin sostituì il normale carrello ruotato di un Polikarpov U-2 con un sistema a cingoli lunghi tre metri costituiti da una catena di rulli in testolite che dette buoni risultati durante le prove ma che non ebbe seguito. In tempo di guerra sperimentazioni furono fatte anche in Germania con vari carrelli (da semplici due ruote in tandem a veri e propri cingoli) provati sul Fi-156 Storch e in Russia sul Li-2 (copia del C-47), ma in entrambi i casi l'idea fu abbandonata per l'eccessivo aggravio di peso del sistema. Tra le applicazioni dall'altra parte dell'Oceano, la più conosciuta fu quella introdotta sul bimotore da attacco Douglas A-20 a Wright Field nel 1947. Un A-20C, e successivamente un A-20H, ricevette

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Uno dei primi carrelli a cingoli sperimentato su un aereo leggero nel 1927 negli Stati Uniti.

alle gambe del carrello principale dei sistemi a cingoli di produzione Dow ty con risultati interessanti dimostrandosi in grado di superare oggetti fino ad un'altezza di quasi 23 centimetri e di procedere su sabbia e terreno morbido senza grossi problemi. Naturalmente i test furono condizionati dal fatto che il ruotino anteriore, oltretutto a ruota singola, non era cingolato. Un altro velivolo adattato con carrello a cingoli fu il Curtiss XP-40 n/c 0004 modificato sulla base di un contratto dell'USAAF con la Firestone Tire and Rubber Co. per un possibile impiego da spiagge sabbiose. Il velivolo venne provato almeno una volta in volo a Wright Field ma con risultati deludenti e a quanto risulta la parola finale fu pronunciata da un generale dell'USAAF con un laconico “...se vogliono che operiamo dalle spiagge, chiameremo la Marina!”. Carrelli a cingoli vennero sviluppati ed usati operativamente dall'USAAF per il recupero di aeromobili pesanti finiti fuori campo o fuori pista su terreni difficili; si trattava di elementi che venivano inseriti al di sotto delle ali per permettere il traino del velivolo fino all'area designata per lo smontaggio o la riparazione.

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Fotogramma di un filmato dei collaudi dell’XP-40 modificato con un carrello a ruote multiplo dall’USAAF nell’agosto 1943 che fu poi sostituito da un carrello cingolato.

4

L’A-20 Havoc modificato nel 1947 dimostrò la fattibilità del sistema a cingoli anche per aeromobili di grosse dimensioni. Il carrello anteriore restava quello originale a ruota singola.

Particolare del carrello cingolato dell’XP-40. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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superficie di contatto di 0,37 mq. Tutti e tre gli elementi erano retrattili. L'impronta complessiva di circa 2,77 mq era pari a tre volte quella del carrello normale. Il sistema si basava su una fascia che ruotava intorno ad un numero di cilindri rotanti. Sul C-82 e sul B-50 modificati furono ottenute pressioni rispettivamente di 14 e 50 psi (0,98 – 3,51 kg/cmq). Il ruotino centrale che appare nelle foto del velivolo non faceva parte del sistema di atterraggio ma serviva solo alla rilevazione precisa della velocità al suolo. Ma il record in termini di peso totale spetta all'XB-36 il cui primo decollo-atterraggio equipaggiato con carrello

Ÿ Ÿ Ÿ Ÿ

Ÿ

a uscire dai cilindri di rotolamento; il complesso richiedeva un alto grado di manutenzione; la velocità di rotazione dei cuscinetti delle ruote era estremamente elevato con conseguenti cedimenti; nel decollo venivano incontrate alte resistenze di rotolamento; i carichi di frenata causavano problemi di adesione tra la fascia ed i cilindri di rotolamento e contemporaneamente producevano carichi eccessivi che venivano trasmessi alla struttura; la retrazione del carrello risultava eccessivamente

Il Boeing EB-50B era dotato di un sistema completamente di nuova 10 concezione in cui i cingoli del carrello avevano un’impronta complessiva

sul terreno pari a tre volte quella dell’originale carrello a ruote. Il ruotino centrale in fusoliera aveva solo scopi di registrazione della velocità al suolo.

11

L’originale carrello principale monoruota dell’XB-36 sviluppava una pressione massima media di 11 kg/cmq che passavano con il carrello a cingoli a 4 kg/cmq. La messa a punto del definitivo carrello “bogie” rese inutile ogni ulteriore studio sul carrello a cingoli.

12

cingolato (o “caterpillar track landing gear”) avvenne il 29 marzo 1950 presso la Fort Worth Division della Consolidated Vultee (Convair) Aircraft Corporation. Gli elementi del carrello principale sviluppavano una pressione massima media di 4 kg/cmq rispetto alle quasi 11 del carrello monoruota allora montato sul velivolo a parità di peso totale. Il sistema di ruote intorno a cui ruotava il cingolo era realizzato in una nuova lega di magnesio che conteneva zirconio che dava al tutto una grande resistenza all'impatto. La frizione era ridotta al minimo con l'impiego di 185 cuscinetti conici del peso di circa 227 chilogrammi. Dal programma di valutazione, condotto anche su terreni non preparati, emersero varie criticità: Ÿ negli atterraggi con vento di fianco la fascia tendeva

50

AEROFAN | GEN/FEB 2020

complessa; il peso restava elevato. A questo riguardo, sul C-82 di cui abbiamo trattato prima, il complesso cingolato era di quasi 300 kg più pesante del normale carrello ruotato con una penalizzazione dell'1,8% sul peso totale. Nel caso del B50, la penalizzazione era di 2.043 kg pari al 2,7% del peso totale e infine sul B-36 rappresentava l'1,9% del peso totale. Sulla base di questi dati il futuro dei cingoli sui velivoli militari appariva segnato ed il colpo finale venne dall'introduzione dei carrelli a “bogie” (letteralmente carrelli ferroviari) in cui ogni gamba del carrello principale montava quattro o più ruote distribuendo i pesi.

Una gamba principale a quattro ruote sulla linea di produzione del B-36 alla Convair.

Ÿ

13

Un disegno del brevetto di Gassner del 1949 per un carrello a cingoli destinato ad aeromobili pesanti; è visibile la tecnica di ripiegamento del complesso per trovare posto nel profilo alare o della gondola motore del velivolo.

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La pubblicità, apparsa nel 1943, di un carrello a cingoli per aerei da trasporto.

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superficie di contatto di 0,37 mq. Tutti e tre gli elementi erano retrattili. L'impronta complessiva di circa 2,77 mq era pari a tre volte quella del carrello normale. Il sistema si basava su una fascia che ruotava intorno ad un numero di cilindri rotanti. Sul C-82 e sul B-50 modificati furono ottenute pressioni rispettivamente di 14 e 50 psi (0,98 – 3,51 kg/cmq). Il ruotino centrale che appare nelle foto del velivolo non faceva parte del sistema di atterraggio ma serviva solo alla rilevazione precisa della velocità al suolo. Ma il record in termini di peso totale spetta all'XB-36 il cui primo decollo-atterraggio equipaggiato con carrello

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a uscire dai cilindri di rotolamento; il complesso richiedeva un alto grado di manutenzione; la velocità di rotazione dei cuscinetti delle ruote era estremamente elevato con conseguenti cedimenti; nel decollo venivano incontrate alte resistenze di rotolamento; i carichi di frenata causavano problemi di adesione tra la fascia ed i cilindri di rotolamento e contemporaneamente producevano carichi eccessivi che venivano trasmessi alla struttura; la retrazione del carrello risultava eccessivamente

Il Boeing EB-50B era dotato di un sistema completamente di nuova 10 concezione in cui i cingoli del carrello avevano un’impronta complessiva

sul terreno pari a tre volte quella dell’originale carrello a ruote. Il ruotino centrale in fusoliera aveva solo scopi di registrazione della velocità al suolo.

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L’originale carrello principale monoruota dell’XB-36 sviluppava una pressione massima media di 11 kg/cmq che passavano con il carrello a cingoli a 4 kg/cmq. La messa a punto del definitivo carrello “bogie” rese inutile ogni ulteriore studio sul carrello a cingoli.

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cingolato (o “caterpillar track landing gear”) avvenne il 29 marzo 1950 presso la Fort Worth Division della Consolidated Vultee (Convair) Aircraft Corporation. Gli elementi del carrello principale sviluppavano una pressione massima media di 4 kg/cmq rispetto alle quasi 11 del carrello monoruota allora montato sul velivolo a parità di peso totale. Il sistema di ruote intorno a cui ruotava il cingolo era realizzato in una nuova lega di magnesio che conteneva zirconio che dava al tutto una grande resistenza all'impatto. La frizione era ridotta al minimo con l'impiego di 185 cuscinetti conici del peso di circa 227 chilogrammi. Dal programma di valutazione, condotto anche su terreni non preparati, emersero varie criticità: Ÿ negli atterraggi con vento di fianco la fascia tendeva

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complessa; il peso restava elevato. A questo riguardo, sul C-82 di cui abbiamo trattato prima, il complesso cingolato era di quasi 300 kg più pesante del normale carrello ruotato con una penalizzazione dell'1,8% sul peso totale. Nel caso del B50, la penalizzazione era di 2.043 kg pari al 2,7% del peso totale e infine sul B-36 rappresentava l'1,9% del peso totale. Sulla base di questi dati il futuro dei cingoli sui velivoli militari appariva segnato ed il colpo finale venne dall'introduzione dei carrelli a “bogie” (letteralmente carrelli ferroviari) in cui ogni gamba del carrello principale montava quattro o più ruote distribuendo i pesi.

Una gamba principale a quattro ruote sulla linea di produzione del B-36 alla Convair.

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Un disegno del brevetto di Gassner del 1949 per un carrello a cingoli destinato ad aeromobili pesanti; è visibile la tecnica di ripiegamento del complesso per trovare posto nel profilo alare o della gondola motore del velivolo.

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La pubblicità, apparsa nel 1943, di un carrello a cingoli per aerei da trasporto.

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Comunque la moda si affacciò anche nel settore dei velivoli leggeri: all'inizio degli Anni ‘50 la Piper Aircraft proponeva per il PA-18, con motorizzazione sia 90 che 135 hp, un carrello con due ruote in tandem per le gambe principali per operazioni su terreni difficili. Soluzione poi sostituita da pneumatici singoli di maggiori dimensioni più semplici e facili da gestire. Negli anni successivi si è assistito a numerosi tentativi di rilancio del carrello a cingoli, ma senza fortuna. Anche le Forze Armate si sono dimostrate interessate, soprattutto per equipaggiare aerei leggeri da collegamento, come nel caso del Dornier Do-27 PC+110 dell'Esercito Tedesco che montò un carrello di questo tipo con camera d'aria Pirelli per un ciclo di valutazioni rimasto anch'esso senza seguito. Stessa fine per un Cessna 150 apparso ad una recente Convention della Experimental Aircraft Association di Oshkosh, Wisconsin, con un enorme (per le dimensioni

dell'aereo) carrello triciclo a cingoli. Più complesso lo studio dell'Esercito Americano che venne riassunto in un corposo report “United States Army Experience in Operations f rom Unprepared Fields” edito nell'agosto 1956 in ambito NATO. Lo studio esaminava tutte le possibilità dall'aggancio in volo del sistema Brodie effettivamente usato in tempo di guerra, allo sdoppiamento delle ruote principali col cosiddetto “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” costituito da due ruote standard montate in tandem, all'”Universal Landing Gear” o “Hydrofoil gear” per operazioni su terra e su acqua, al Goodyear Terra-Tire con pneumatici di 61x61x15,2 cm a bassa pressione. In realtà lo studio si limitava a descrivere le varie soluzioni documentandole con una serie di immagini molto eloquenti, insistendo sull'Universal Landing Gear c h e e f f e t t i v a m e n te a l l ' e p o c a a p p a r i v a m o l to interessante. Ma questa è un'altra storia.

18

Disegno di brevetto del “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” datato settembre 1952.

15-16 Dettaglio degli elementi del carrello a cingoli provato sull’XB-36.

19

Lo Stinson Voyager usato dalla Goodyear per provare il carrello Terra-Tire con pneumatici di 61x61x15,2 cm a bassa pressione.

21 17

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AEROFAN | GEN/FEB 2020

L’impressionante immagine dell’XB-36 in decollo con il carrello a cingoli durante le prove condotte a Fort Worth, Texas, nel marzo 1950.

20

L’incredibile carrello a cingoli montato su un un piccolo Cessna 150 ed esposto alla Convention EAA di Oshkosh. Gli eetti Ā sull’aerodinamica sono probabilmente drammatici.

Un Piper Super Cub equipaggiato sperimentalmente col “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” costituito da due ruote standard montate in tandem. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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Comunque la moda si affacciò anche nel settore dei velivoli leggeri: all'inizio degli Anni ‘50 la Piper Aircraft proponeva per il PA-18, con motorizzazione sia 90 che 135 hp, un carrello con due ruote in tandem per le gambe principali per operazioni su terreni difficili. Soluzione poi sostituita da pneumatici singoli di maggiori dimensioni più semplici e facili da gestire. Negli anni successivi si è assistito a numerosi tentativi di rilancio del carrello a cingoli, ma senza fortuna. Anche le Forze Armate si sono dimostrate interessate, soprattutto per equipaggiare aerei leggeri da collegamento, come nel caso del Dornier Do-27 PC+110 dell'Esercito Tedesco che montò un carrello di questo tipo con camera d'aria Pirelli per un ciclo di valutazioni rimasto anch'esso senza seguito. Stessa fine per un Cessna 150 apparso ad una recente Convention della Experimental Aircraft Association di Oshkosh, Wisconsin, con un enorme (per le dimensioni

dell'aereo) carrello triciclo a cingoli. Più complesso lo studio dell'Esercito Americano che venne riassunto in un corposo report “United States Army Experience in Operations f rom Unprepared Fields” edito nell'agosto 1956 in ambito NATO. Lo studio esaminava tutte le possibilità dall'aggancio in volo del sistema Brodie effettivamente usato in tempo di guerra, allo sdoppiamento delle ruote principali col cosiddetto “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” costituito da due ruote standard montate in tandem, all'”Universal Landing Gear” o “Hydrofoil gear” per operazioni su terra e su acqua, al Goodyear Terra-Tire con pneumatici di 61x61x15,2 cm a bassa pressione. In realtà lo studio si limitava a descrivere le varie soluzioni documentandole con una serie di immagini molto eloquenti, insistendo sull'Universal Landing Gear c h e e f f e t t i v a m e n te a l l ' e p o c a a p p a r i v a m o l to interessante. Ma questa è un'altra storia.

18

Disegno di brevetto del “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” datato settembre 1952.

15-16 Dettaglio degli elementi del carrello a cingoli provato sull’XB-36.

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Lo Stinson Voyager usato dalla Goodyear per provare il carrello Terra-Tire con pneumatici di 61x61x15,2 cm a bassa pressione.

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L’impressionante immagine dell’XB-36 in decollo con il carrello a cingoli durante le prove condotte a Fort Worth, Texas, nel marzo 1950.

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L’incredibile carrello a cingoli montato su un un piccolo Cessna 150 ed esposto alla Convention EAA di Oshkosh. Gli eetti Ā sull’aerodinamica sono probabilmente drammatici.

Un Piper Super Cub equipaggiato sperimentalmente col “Whitaker tandem 4-wheel landing gear” costituito da due ruote standard montate in tandem. GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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tupolev 104 Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

Massimo Dominelli

N

ell'ul timo dopoguerra il trasporto aereo commerciale in Unione Sovietica era svolto essenzialmente da velivoli di dimensioni ed autonomia alquanto contenute e tutti mossi da propulsori a pistoni come il bimotore Lisunov Li-2, derivato d i re tt a m e n te d a l d i f f u s i s s i m o D C -3 statunitense, e gli Ilyushin IL-12 e IL-14.

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tupolev 104 Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

Massimo Dominelli

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ell'ul timo dopoguerra il trasporto aereo commerciale in Unione Sovietica era svolto essenzialmente da velivoli di dimensioni ed autonomia alquanto contenute e tutti mossi da propulsori a pistoni come il bimotore Lisunov Li-2, derivato d i re tt a m e n te d a l d i f f u s i s s i m o D C -3 statunitense, e gli Ilyushin IL-12 e IL-14.

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2

Successivamente entrava in linea il più moderno, capiente e veloce quadrimotore, ancora con propulsori radiali a pistoni Shvetsov ASh-73, firmato dal progettista aeronautico Sergey Vladimirovich Ilyushin, lo IL-18. L'Occidente, però, grazie al quadrigetto DH-106 Comet in linea da maggio 1952 con l'aviolinea inglese B.O.A.C., era già più di un passo avanti. Per il Cremlino era quindi, e in primo luogo, una questione di prestigio nazionale colmare rapidamente questo gap tecnologico. All'inizio degli Anni ‘50 l'Opytno-Konstrooktorskoye Byuro o Ufficio di Progettazione Sperimentale, Tupolev iniziava perciò a Ilyushin IL-12 in servizio nelle Linee Aeree Cecoslovacche alla fine degli Anni ‘40.

sviluppare un primo velivolo a reazione codificandolo Tu104, inizialmente “aereo 104”, e sfruttando al massimo la tecnologia acquisita nella produzione del bombardiere a medio raggio Tu-16, di quello strategico Myasishchev M-4 nonché del Tu-95, un altro bombardiere strategico ma a turbina. Non pochi gli oppositori i quali sostenevano la necessità di approfondire le conoscenze in materia di propulsione sia a getto che a turbina avvalendosi dei già citati aerei militari, e sottolineavano la scarsa affidabilità dei primi aeromobili, riferita in particolare proprio ai reattori, a tutto discapito della regolarità e sicurezza dei voli in considerazione anche dei ripetuti incidenti mortali che coinvolgevano, in un arco di tempo relativamente lungo, i Comet inglesi. In realtà in problemi erano altri, dalla necessità di costruire aeroporti con piste migliori e più lunghe alla completa riorganizzazione tecnico-operativa del controllo del traffico aereo in tutta la nazione unitamente, e fino ai più piccoli dettagli, di quella dell'unico vettore aereo allora esistente, l'Aeroflot. Alla fine del 1953 il progettista aeronautico Andrey N.

58

Il Lisunov Li-2 venne realizzato in Unione Sovietica negli Anni ‘30 a seguito dell'acquisizione di regolare licenza del progetto Douglas DC-3, inizialmente sotto la direzione dell'ingegnere aeronautico Vladimir Michajlovič Mjasiščev e successivamente sotto quella di Boris Pavlovič Lisunov

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ARCHIVIO APOSTOLO

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Tupolev, accompagnato da un gruppo d'ingegneri dell'OKB 156, si presentava al Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico a Mosca con la richiesta di poter avviare il progetto di un velivolo commerciale a reazione, basato sul bombardiere Tu-16, a fronte di una lunga lista di motivazioni. Erano, rispetto a tutti gli aeroplani allora adibiti al trasporto sia di persone che di merci, una velocità ben superiore con la conseguente riduzione dei tempi di volo, quote operative al di sopra di fenomeni meteorologici negativi, una capacità nel numero dei posti e/o di un carico pagante notevolmente incrementata nonché un confort che avrebbe dato un significativo impulso ai viaggi in aereo. La scelta di partire da un aereo già esistente, seppur militare, e non dal cosiddetto “clean sheet of paper”, originava invece da tempi rapidi nella realizzazione inclusi i necessari collaudi sia a terra che in volo, da un importante comunanza nei materiali strutturali come negli impianti di bordo e da un addestramento degli equipaggi e del personale al suolo facilitato dall'esperienza degli specialisti delle Forze Aeree dell'URSS. L'11 giugno 1954 il Consiglio dei Ministri sovietico firmava la direttiva N° 1172-516 seguita, una settimana dopo, dall'ordine N° 384 emesso dal Ministero dell'Industria Aeronautica. I due documenti prevedevano la fabbricazione di due prototipi e, inizialmente, di venti aeromobili di serie motorizzati da due Mikulin AM-3-200 da 6,73 t di spinta ognuno. I prototipi nascevano al Moskovsky Mashinostroitelnyy Zavod N° 156 a Mosca con elementi fabbricati negli stabilimenti N° 1 a Kuibyshev e N° 22 a Kazan a valle del trasferimento dei disegni produttivi da parte del OKB Tupolev. Alla produzione in serie venivano invece designati gli stabilimenti N° 135 a Karkov, N° 166 a Omsk e N° 22 a Kazan. A dicembre del 1954 le competenti autorità certificavano il mock-up provvisorio basato su una configurazione della cabina passeggeri con 50 posti in più classi aumentabile a 70 viaggiatori.

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Tre i p ro b l e m i s u p e r a t i , o s s i a u n a c e l l u l a estremamente resistente in tempi lunghi (25.000 ore di volo) con attenzione al peso, il massimo confort interno con un'ottima pressurizzazione accoppiata a rumore e vibrazioni il più possibile ridotte e costi operativi accettabili. La cabina, in particolare, nei sedili come nella tappezzeria e nell'illuminazione era più quella di un salotto di una casa o di vagone ferroviario di lusso che di un aeroplano, benché successivamente resa più spartana in linea con l'ideologia politica dell'URSS di quei tempi. Del Tu-16 erano mantenute essenzialmente, oltre ai motori, le ali con un angolo a freccia di 37° (e 35° nella parte più esterna) mentre del tutto innovativi erano un radar meteorologico panoramico in cabina di pilotaggio ed un interfonico in quella passeggeri. All'inizio del 1955 era pronto il primo prototipo trasportato, via terra, a Zhukovskiy presso l’Istituto di Ricerca Aeronautica dove il 17 giugno 1955 decollava per un primo volo di 37 minuti, a carrelli estesi, e il

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Ilyushin IL-18D appartenente all’Aeroflot, la compagnia di bandiera dell’allora Unione Sovietica.

de Havilland DH.106 Comet della British Overseas Airways Corporation.

Ilyushin IL-14 utilizzato dalla Luftstreitkräfte und Luftverteidigung der Deutschen Demokratischen Republik, le Forze Aeree di Difesa della Repubblica Democratica Tedesca.

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Successivamente entrava in linea il più moderno, capiente e veloce quadrimotore, ancora con propulsori radiali a pistoni Shvetsov ASh-73, firmato dal progettista aeronautico Sergey Vladimirovich Ilyushin, lo IL-18. L'Occidente, però, grazie al quadrigetto DH-106 Comet in linea da maggio 1952 con l'aviolinea inglese B.O.A.C., era già più di un passo avanti. Per il Cremlino era quindi, e in primo luogo, una questione di prestigio nazionale colmare rapidamente questo gap tecnologico. All'inizio degli Anni ‘50 l'Opytno-Konstrooktorskoye Byuro o Ufficio di Progettazione Sperimentale, Tupolev iniziava perciò a Ilyushin IL-12 in servizio nelle Linee Aeree Cecoslovacche alla fine degli Anni ‘40.

sviluppare un primo velivolo a reazione codificandolo Tu104, inizialmente “aereo 104”, e sfruttando al massimo la tecnologia acquisita nella produzione del bombardiere a medio raggio Tu-16, di quello strategico Myasishchev M-4 nonché del Tu-95, un altro bombardiere strategico ma a turbina. Non pochi gli oppositori i quali sostenevano la necessità di approfondire le conoscenze in materia di propulsione sia a getto che a turbina avvalendosi dei già citati aerei militari, e sottolineavano la scarsa affidabilità dei primi aeromobili, riferita in particolare proprio ai reattori, a tutto discapito della regolarità e sicurezza dei voli in considerazione anche dei ripetuti incidenti mortali che coinvolgevano, in un arco di tempo relativamente lungo, i Comet inglesi. In realtà in problemi erano altri, dalla necessità di costruire aeroporti con piste migliori e più lunghe alla completa riorganizzazione tecnico-operativa del controllo del traffico aereo in tutta la nazione unitamente, e fino ai più piccoli dettagli, di quella dell'unico vettore aereo allora esistente, l'Aeroflot. Alla fine del 1953 il progettista aeronautico Andrey N.

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Il Lisunov Li-2 venne realizzato in Unione Sovietica negli Anni ‘30 a seguito dell'acquisizione di regolare licenza del progetto Douglas DC-3, inizialmente sotto la direzione dell'ingegnere aeronautico Vladimir Michajlovič Mjasiščev e successivamente sotto quella di Boris Pavlovič Lisunov

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Tupolev, accompagnato da un gruppo d'ingegneri dell'OKB 156, si presentava al Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico a Mosca con la richiesta di poter avviare il progetto di un velivolo commerciale a reazione, basato sul bombardiere Tu-16, a fronte di una lunga lista di motivazioni. Erano, rispetto a tutti gli aeroplani allora adibiti al trasporto sia di persone che di merci, una velocità ben superiore con la conseguente riduzione dei tempi di volo, quote operative al di sopra di fenomeni meteorologici negativi, una capacità nel numero dei posti e/o di un carico pagante notevolmente incrementata nonché un confort che avrebbe dato un significativo impulso ai viaggi in aereo. La scelta di partire da un aereo già esistente, seppur militare, e non dal cosiddetto “clean sheet of paper”, originava invece da tempi rapidi nella realizzazione inclusi i necessari collaudi sia a terra che in volo, da un importante comunanza nei materiali strutturali come negli impianti di bordo e da un addestramento degli equipaggi e del personale al suolo facilitato dall'esperienza degli specialisti delle Forze Aeree dell'URSS. L'11 giugno 1954 il Consiglio dei Ministri sovietico firmava la direttiva N° 1172-516 seguita, una settimana dopo, dall'ordine N° 384 emesso dal Ministero dell'Industria Aeronautica. I due documenti prevedevano la fabbricazione di due prototipi e, inizialmente, di venti aeromobili di serie motorizzati da due Mikulin AM-3-200 da 6,73 t di spinta ognuno. I prototipi nascevano al Moskovsky Mashinostroitelnyy Zavod N° 156 a Mosca con elementi fabbricati negli stabilimenti N° 1 a Kuibyshev e N° 22 a Kazan a valle del trasferimento dei disegni produttivi da parte del OKB Tupolev. Alla produzione in serie venivano invece designati gli stabilimenti N° 135 a Karkov, N° 166 a Omsk e N° 22 a Kazan. A dicembre del 1954 le competenti autorità certificavano il mock-up provvisorio basato su una configurazione della cabina passeggeri con 50 posti in più classi aumentabile a 70 viaggiatori.

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Tre i p ro b l e m i s u p e r a t i , o s s i a u n a c e l l u l a estremamente resistente in tempi lunghi (25.000 ore di volo) con attenzione al peso, il massimo confort interno con un'ottima pressurizzazione accoppiata a rumore e vibrazioni il più possibile ridotte e costi operativi accettabili. La cabina, in particolare, nei sedili come nella tappezzeria e nell'illuminazione era più quella di un salotto di una casa o di vagone ferroviario di lusso che di un aeroplano, benché successivamente resa più spartana in linea con l'ideologia politica dell'URSS di quei tempi. Del Tu-16 erano mantenute essenzialmente, oltre ai motori, le ali con un angolo a freccia di 37° (e 35° nella parte più esterna) mentre del tutto innovativi erano un radar meteorologico panoramico in cabina di pilotaggio ed un interfonico in quella passeggeri. All'inizio del 1955 era pronto il primo prototipo trasportato, via terra, a Zhukovskiy presso l’Istituto di Ricerca Aeronautica dove il 17 giugno 1955 decollava per un primo volo di 37 minuti, a carrelli estesi, e il

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Ilyushin IL-18D appartenente all’Aeroflot, la compagnia di bandiera dell’allora Unione Sovietica.

de Havilland DH.106 Comet della British Overseas Airways Corporation.

Ilyushin IL-14 utilizzato dalla Luftstreitkräfte und Luftverteidigung der Deutschen Demokratischen Republik, le Forze Aeree di Difesa della Repubblica Democratica Tedesca.

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L'OKB TUPOLEV

Tupolev Tu-95, nome in codice NATO: Bear.

Tupolev ANT-20.

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' O py t n o e Ko n s t r u k to r s ko e B j u r o ( U f fi c i o d i Progettazione Sperimentale) Tupolev nasceva nel 1925 grazie all'ingegner Andrei Tupolev e si occupava, ed è ancora oggi impegnato, unicamente nell'attività di ricerca e progettazione aeronautica lasciando ad altre aziende la produzione degli aeromobili. In realtà originava da una fabbrica clandestina fondata nel 1922 nel quartiere moscovita di Fili dall'ingegnere tedesco Hugo Junkers per evadere i termini del Trattato di Versailles che, al termine della Prima Guerra mondiale, stabiliva il divieto alle industrie germaniche di fabbricare aeroplani militari. Nel 1915 Junkers aveva infatti realizzato un primo aereo interamente metallico di successo dedicandosi poi allo Junkers J 3 rimasto però solo un progetto. Tupolev era un eccellente progettista ma i primi velivoli disegnati rivelavano una significativa presenza, certo non ufficiale, di Junkers. Due sono stati gli aerei di maggior rilievo in questo periodo: il bombardiere bimotore A N T- 4 , p e r l a p ri m a vo l ta i n vo l o n e l 1 92 5 , e d i l quadrimotore ANT-6 del 1932, entrambi completamente in metallo e dai quali in seguito derivava tra l'altro l'ANT-20. Nel secondo conflitto mondiale il Tu-2, con due motori e interamente metallico, prodotto soprattutto dal 1942 in diverse versioni ed in numero elevato di esemplari, era considerato uno tra i migliori bombardieri di prima linea con la stella rossa sul timone di coda sebbene, verso la fine della guerra, parte della fusoliera veniva fabbricata in legno per supplire ad una crescente mancanza di metallo. All'inizio dell'ultimo dopoguerra e all'indomani della transizione dall'elica al reattore vedeva quindi la luce il bombardiere Tu-16, con ali a freccia e propulsori a reazione

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risultati però rapidamente troppo costosi, in termini di consumo del carburante, in primo luogo nei voli a lungo raggio. Questa valutazione portava perciò al disegno di un nuovo bombardiere il Tu-20, meglio noto come Tu-95, propulso da quattro potenti motori con l'elica mossa da una turbina ossia i Kuznetsov NK-12 in grado di accoppiare la velocità di un jet ad un'autonomia intercontinentale con consumi decisamente accettabili. Se dal Tu-16 derivavano i jetliner commerciali Tu-104 ed il più piccolo Tu-124, dal Tu95 originava un secondo aereo di linea non meno importante chiamato Tu-114. Considerato il turboprop più veloce mai realizzato a livello planetario, rinnovava, sulle ali, la presenza di piloni destinati all'alloggiamento dei carrelli centrali del velivolo con ruote di grandi dimensioni e dotate di gomme a bassa pressione, caratteristica fondamentale per atterraggi su piste di scarsa qualità in passato decisamente numerose in Unione Sovietica. Contemporaneamente, ma probabilmente già anticipatamente, ai primi voli sia del Tu-16 che del Tu-95, l'OKB Tupolev sviluppava anche il bombardiere supersonico Tu-98 mai concretizzato ma punto di partenza per successivi Tu-102, divenuto poi l'intercettore Tu-28, e il Tu -1 0 5 evo l u to , a m e tà d e g l i A n n i S e s s a n ta , n e l bombardiere supersonico Tu-22. Nel medesimo decennio, o l t re a l l a p ro g e tta z i o n e a d o p e ra d e l co s ì d e tto Dipartimento “K” costituito all'interno dell'OKB stesso di d u e R PV s i g l a t i r i s p e tt i va m e n te Tu -1 3 9 e Tu -1 4 3 quest'ultimo da ricognizione, ulteriori aerei Tupolev civili e militari diventavano realtà, dal bombardiere strategico Tu-22M al Tu-134/134A e Tu-154/154M, il primo un bireattore ed il secondo un trireattore ambedue civili, nonché al

primo supersonico di linea del mondo, il Tu-144 chiamato, in Occidente, “Concordoski” per la somiglianza con l'anglo-francese Concorde. Negli Anni Ottanta decollava quindi il bombardiere strategico con ali a geometria variabile Tu-160 mentre dopo il termine della Guerra Fredda, il lavoro dell'OKB si concentrava su aerei civili caratterizzati da controll fly-by-wire, un'aerodinamica estremamente avanzata e motori turbofan decisamente sobri di combustibile e tecnicamente altamente affidabili. Sono, per citarne qualcuno, il bigetto Tu-204, il Tu- 244 diretto erede del Tu-144, il Tu-324 e il Tu-334 due bimotori a getto di linea regionale e il Tu-444, un business jet supersonico paragonabile allo statunitense Aerion SBJ.

Tupolev Tu-154M.

Tupolev Tu-334.

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L'OKB TUPOLEV

Tupolev Tu-95, nome in codice NATO: Bear.

Tupolev ANT-20.

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' O py t n o e Ko n s t r u k to r s ko e B j u r o ( U f fi c i o d i Progettazione Sperimentale) Tupolev nasceva nel 1925 grazie all'ingegner Andrei Tupolev e si occupava, ed è ancora oggi impegnato, unicamente nell'attività di ricerca e progettazione aeronautica lasciando ad altre aziende la produzione degli aeromobili. In realtà originava da una fabbrica clandestina fondata nel 1922 nel quartiere moscovita di Fili dall'ingegnere tedesco Hugo Junkers per evadere i termini del Trattato di Versailles che, al termine della Prima Guerra mondiale, stabiliva il divieto alle industrie germaniche di fabbricare aeroplani militari. Nel 1915 Junkers aveva infatti realizzato un primo aereo interamente metallico di successo dedicandosi poi allo Junkers J 3 rimasto però solo un progetto. Tupolev era un eccellente progettista ma i primi velivoli disegnati rivelavano una significativa presenza, certo non ufficiale, di Junkers. Due sono stati gli aerei di maggior rilievo in questo periodo: il bombardiere bimotore A N T- 4 , p e r l a p ri m a vo l ta i n vo l o n e l 1 92 5 , e d i l quadrimotore ANT-6 del 1932, entrambi completamente in metallo e dai quali in seguito derivava tra l'altro l'ANT-20. Nel secondo conflitto mondiale il Tu-2, con due motori e interamente metallico, prodotto soprattutto dal 1942 in diverse versioni ed in numero elevato di esemplari, era considerato uno tra i migliori bombardieri di prima linea con la stella rossa sul timone di coda sebbene, verso la fine della guerra, parte della fusoliera veniva fabbricata in legno per supplire ad una crescente mancanza di metallo. All'inizio dell'ultimo dopoguerra e all'indomani della transizione dall'elica al reattore vedeva quindi la luce il bombardiere Tu-16, con ali a freccia e propulsori a reazione

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risultati però rapidamente troppo costosi, in termini di consumo del carburante, in primo luogo nei voli a lungo raggio. Questa valutazione portava perciò al disegno di un nuovo bombardiere il Tu-20, meglio noto come Tu-95, propulso da quattro potenti motori con l'elica mossa da una turbina ossia i Kuznetsov NK-12 in grado di accoppiare la velocità di un jet ad un'autonomia intercontinentale con consumi decisamente accettabili. Se dal Tu-16 derivavano i jetliner commerciali Tu-104 ed il più piccolo Tu-124, dal Tu95 originava un secondo aereo di linea non meno importante chiamato Tu-114. Considerato il turboprop più veloce mai realizzato a livello planetario, rinnovava, sulle ali, la presenza di piloni destinati all'alloggiamento dei carrelli centrali del velivolo con ruote di grandi dimensioni e dotate di gomme a bassa pressione, caratteristica fondamentale per atterraggi su piste di scarsa qualità in passato decisamente numerose in Unione Sovietica. Contemporaneamente, ma probabilmente già anticipatamente, ai primi voli sia del Tu-16 che del Tu-95, l'OKB Tupolev sviluppava anche il bombardiere supersonico Tu-98 mai concretizzato ma punto di partenza per successivi Tu-102, divenuto poi l'intercettore Tu-28, e il Tu -1 0 5 evo l u to , a m e tà d e g l i A n n i S e s s a n ta , n e l bombardiere supersonico Tu-22. Nel medesimo decennio, o l t re a l l a p ro g e tta z i o n e a d o p e ra d e l co s ì d e tto Dipartimento “K” costituito all'interno dell'OKB stesso di d u e R PV s i g l a t i r i s p e tt i va m e n te Tu -1 3 9 e Tu -1 4 3 quest'ultimo da ricognizione, ulteriori aerei Tupolev civili e militari diventavano realtà, dal bombardiere strategico Tu-22M al Tu-134/134A e Tu-154/154M, il primo un bireattore ed il secondo un trireattore ambedue civili, nonché al

primo supersonico di linea del mondo, il Tu-144 chiamato, in Occidente, “Concordoski” per la somiglianza con l'anglo-francese Concorde. Negli Anni Ottanta decollava quindi il bombardiere strategico con ali a geometria variabile Tu-160 mentre dopo il termine della Guerra Fredda, il lavoro dell'OKB si concentrava su aerei civili caratterizzati da controll fly-by-wire, un'aerodinamica estremamente avanzata e motori turbofan decisamente sobri di combustibile e tecnicamente altamente affidabili. Sono, per citarne qualcuno, il bigetto Tu-204, il Tu- 244 diretto erede del Tu-144, il Tu-324 e il Tu-334 due bimotori a getto di linea regionale e il Tu-444, un business jet supersonico paragonabile allo statunitense Aerion SBJ.

Tupolev Tu-154M.

Tupolev Tu-334.

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Un Tu-104 nei colori dell’Aeroflot in rullaggio sullo scalo olandese di Amsterdam/Schiphol. Diversi erano gli aeroporti nell’Europa Occidentale regolarmente serviti con il bireattore sovietico dalla compagnia aerea statale dell’URSS.

Il primo dei Tu-104 commissionati dalla CSA veniva consegnato a Praga/Ruzyne il 2 novembre 1957 ed entrava in servizio il 9 dicembre dello stesso anno sulla servizio di linea quotidiano da Praga a Mosca.

Tu-104 OK-LDA nei colori del vettore cecoslovacco CSA fotografato in sosta sull’aeroporto di Stoccolma/Arlanda, nel novembre del 1970. Questo velivolo è oggi esposto nel Letecke Museum di Kbely, alla periferia di Praga. AEROFAN | GEN/FEB 2020

con la fusoliera e le gondole dei propulsori insieme a quattro dei 31 serbatoi di combustibile dell'aeroplano. I bordi d'attacco anteriori erano fissi, mentre erano presenti gli ipersostentatori, con uscita a 20° per il decollo e 35° per l'atterraggio. Non erano previsti i diruttori alari. L'impennaggio di coda era di tipo convenzionale con il timone verticale composto da due elementi distinti ma accoppiati mentre il carrello, triciclo, aveva due ruote in quello anteriore, accoppiate a una lunga gamba, e quattro in ciascuno dei due carrelli principali. L'impianto carburante, con una capacità totale di 33.150 litri, comprendeva 31 serbatoi ripartiti in tre gruppi rispettivamente 4 centrali, 26 alari (13 per lato) ed uno in coda mentre i comandi erano soprattutto meccanici con, però, alcune superfici mobili azionate elettricamente. Decisamente all'avanguardia, per quell'epoca, era poi la strumentazione di bordo che vedeva, tra l'altro, un autopilota, un ricevitore ILS, un radar-altimetro, un sestante panoramico, una girobussola e una bussola astronomica secondarie, una bussola astronomica primaria nonché un radar meteorologico panoramico utile per la navigazione. La propulsione, infine, veniva affidata a due turboreattori Mikulin AM-3, poi ridesignati RD-3, a flusso assiale e con una lunga presa d'aria anteriore, un compressore a otto stadi, una camera di combustione a quattro iniettori, una turbina bi-stadio e un ugello di scarico fisso. Le varianti sia A che B dell'aviogetto sovietico montavano invece due RD-3M (Tu-104A) e RD-3M-500 (Tu104B) entrambi con una potenza individuale superiore. L'Aeroflot, per la messa in linea del nuovo jetliner, costituiva un Dipartimento specifico soprattutto per l'addestramento del personale navigante e a terra con sede a Mosca/Vnukovo.

Inizialmente i piloti, provenienti dall'Ilyushin IL-14, venivano formati sul Tu-16, velivolo piuttosto simile al Tu104 mentre, successivamente e sullo stesso aeroporto, vedeva la luce il 21° Dipartimento d'Addestramento seguito, per il numero sempre maggiore di piloti da preparare, dalla creazione a Novosibirsk/Tolmachovo, in Siberia, di un vero e proprio Flight Training Center, con istruttori inviati da Mosca e frequentato anche dai piloti cecoslovacchi destinati al “Camel”. La struttura siberiana veniva però rapidamente sostituita da un nuovo e più grande FTC, chiamato Scuola di Volo Superiore dell'Aviazione Civile basata a Ulyanovsk/Baratayevka. Il 15 settembre 1956 il Tu-104, con un equipaggio normalmente di 7/8 persone (Comandante, Primo Ufficiale, Navigatore, Marconista, Ingegnere navigante e due o tre Assistenti di Volo), iniziava quindi a collegare regolarmente Mosca a Irkutsk via Omsk al posto dello Ilyushin Il-14, riducendo, grazie ad una velocità di crociera tra i 750 e gli 800 km/h, il tempo di volo da 13h 50’ a 7h 40’ e incrementando, drasticamente, il comfort dei passeggeri. Nel 1956 l'Aeroflot metteva in linea il bireattore sulle rotte per Pechino e Praga, nel 1957 per Copenhagen, nel 1958 per Amsterdam, Budapest, Brussels, Il Cairo, Nuova Delhi, Parigi, Tirana e, successivamente, Londra e Pyongyang nella Corea del Nord (1959), Giacarta in Indonesia e Rangoon in Birmania (1962) e Roma (1965). Ancora nel 1957, il Tu-104, marche CCCP-L5438 effettuava il primo volo intercontinentale da Mosca a New York/Idlewild con tappe a Londra, Keflavik e Goose Bay, e dal medesimo anno la ČSA Czechoslovak Airlines lo impiegava sui collegamenti con Mosca, Parigi e Bruxelles. Nel 1959 l'aereo veniva affittato dalla Sir Henry Lunn Ltd. (Lunn Poly) di Londra per un volo charter in URSS nel programma di una serie di

viaggi turistici in quella nazione. Non pochi gli incidenti che coinvolgevano il Tu-104 con la perdita totale di numerosi aeromobili e molte vite umane dovuti a un livello di sicurezza molto scarso. Il jet sovietico era pesante, molto instabile, non facilmente controllabile in volo e tendente allo stallo alle basse velocità. Malgrado diverse modifiche e revisioni importanti sia all'aereo che alle procedure operative, molteplici problemi rimanevano comunque irrisolti. L'Aeroflot ritirava il Tu-104 dall'attività di linea nel marzo del 1979 mentre l'ultimo volo in assoluto, a novembre del 1986, vedeva il trasferimento definitivo del CCCP-42322 al Museo dell'Aeronautica di Uljanovsk. In 23 anni di impiego, il Tupolev Tu-104 ha volato, nei colori dell'Aeroflot, per circa 2.000.000 di ore in oltre 600.000 voli trasportando quasi 100 milioni di passeggeri e migliaia di tonnellate di merce. Una carriera davvero eccellente.

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Il Tu-104 poteva trasportare da 70 a 115 passeggeri in classe unica. Il Tu-104 utilizzava, come ausilio alla frenata durante l’atterraggio, due grandi parafreni. Una soluzione poco diusa in ambito civile, Ā anche sugli altri velivoli realizzati in URSS.

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Un Tu-104 nei colori dell’Aeroflot in rullaggio sullo scalo olandese di Amsterdam/Schiphol. Diversi erano gli aeroporti nell’Europa Occidentale regolarmente serviti con il bireattore sovietico dalla compagnia aerea statale dell’URSS.

Il primo dei Tu-104 commissionati dalla CSA veniva consegnato a Praga/Ruzyne il 2 novembre 1957 ed entrava in servizio il 9 dicembre dello stesso anno sulla servizio di linea quotidiano da Praga a Mosca.

Tu-104 OK-LDA nei colori del vettore cecoslovacco CSA fotografato in sosta sull’aeroporto di Stoccolma/Arlanda, nel novembre del 1970. Questo velivolo è oggi esposto nel Letecke Museum di Kbely, alla periferia di Praga. AEROFAN | GEN/FEB 2020

con la fusoliera e le gondole dei propulsori insieme a quattro dei 31 serbatoi di combustibile dell'aeroplano. I bordi d'attacco anteriori erano fissi, mentre erano presenti gli ipersostentatori, con uscita a 20° per il decollo e 35° per l'atterraggio. Non erano previsti i diruttori alari. L'impennaggio di coda era di tipo convenzionale con il timone verticale composto da due elementi distinti ma accoppiati mentre il carrello, triciclo, aveva due ruote in quello anteriore, accoppiate a una lunga gamba, e quattro in ciascuno dei due carrelli principali. L'impianto carburante, con una capacità totale di 33.150 litri, comprendeva 31 serbatoi ripartiti in tre gruppi rispettivamente 4 centrali, 26 alari (13 per lato) ed uno in coda mentre i comandi erano soprattutto meccanici con, però, alcune superfici mobili azionate elettricamente. Decisamente all'avanguardia, per quell'epoca, era poi la strumentazione di bordo che vedeva, tra l'altro, un autopilota, un ricevitore ILS, un radar-altimetro, un sestante panoramico, una girobussola e una bussola astronomica secondarie, una bussola astronomica primaria nonché un radar meteorologico panoramico utile per la navigazione. La propulsione, infine, veniva affidata a due turboreattori Mikulin AM-3, poi ridesignati RD-3, a flusso assiale e con una lunga presa d'aria anteriore, un compressore a otto stadi, una camera di combustione a quattro iniettori, una turbina bi-stadio e un ugello di scarico fisso. Le varianti sia A che B dell'aviogetto sovietico montavano invece due RD-3M (Tu-104A) e RD-3M-500 (Tu104B) entrambi con una potenza individuale superiore. L'Aeroflot, per la messa in linea del nuovo jetliner, costituiva un Dipartimento specifico soprattutto per l'addestramento del personale navigante e a terra con sede a Mosca/Vnukovo.

Inizialmente i piloti, provenienti dall'Ilyushin IL-14, venivano formati sul Tu-16, velivolo piuttosto simile al Tu104 mentre, successivamente e sullo stesso aeroporto, vedeva la luce il 21° Dipartimento d'Addestramento seguito, per il numero sempre maggiore di piloti da preparare, dalla creazione a Novosibirsk/Tolmachovo, in Siberia, di un vero e proprio Flight Training Center, con istruttori inviati da Mosca e frequentato anche dai piloti cecoslovacchi destinati al “Camel”. La struttura siberiana veniva però rapidamente sostituita da un nuovo e più grande FTC, chiamato Scuola di Volo Superiore dell'Aviazione Civile basata a Ulyanovsk/Baratayevka. Il 15 settembre 1956 il Tu-104, con un equipaggio normalmente di 7/8 persone (Comandante, Primo Ufficiale, Navigatore, Marconista, Ingegnere navigante e due o tre Assistenti di Volo), iniziava quindi a collegare regolarmente Mosca a Irkutsk via Omsk al posto dello Ilyushin Il-14, riducendo, grazie ad una velocità di crociera tra i 750 e gli 800 km/h, il tempo di volo da 13h 50’ a 7h 40’ e incrementando, drasticamente, il comfort dei passeggeri. Nel 1956 l'Aeroflot metteva in linea il bireattore sulle rotte per Pechino e Praga, nel 1957 per Copenhagen, nel 1958 per Amsterdam, Budapest, Brussels, Il Cairo, Nuova Delhi, Parigi, Tirana e, successivamente, Londra e Pyongyang nella Corea del Nord (1959), Giacarta in Indonesia e Rangoon in Birmania (1962) e Roma (1965). Ancora nel 1957, il Tu-104, marche CCCP-L5438 effettuava il primo volo intercontinentale da Mosca a New York/Idlewild con tappe a Londra, Keflavik e Goose Bay, e dal medesimo anno la ČSA Czechoslovak Airlines lo impiegava sui collegamenti con Mosca, Parigi e Bruxelles. Nel 1959 l'aereo veniva affittato dalla Sir Henry Lunn Ltd. (Lunn Poly) di Londra per un volo charter in URSS nel programma di una serie di

viaggi turistici in quella nazione. Non pochi gli incidenti che coinvolgevano il Tu-104 con la perdita totale di numerosi aeromobili e molte vite umane dovuti a un livello di sicurezza molto scarso. Il jet sovietico era pesante, molto instabile, non facilmente controllabile in volo e tendente allo stallo alle basse velocità. Malgrado diverse modifiche e revisioni importanti sia all'aereo che alle procedure operative, molteplici problemi rimanevano comunque irrisolti. L'Aeroflot ritirava il Tu-104 dall'attività di linea nel marzo del 1979 mentre l'ultimo volo in assoluto, a novembre del 1986, vedeva il trasferimento definitivo del CCCP-42322 al Museo dell'Aeronautica di Uljanovsk. In 23 anni di impiego, il Tupolev Tu-104 ha volato, nei colori dell'Aeroflot, per circa 2.000.000 di ore in oltre 600.000 voli trasportando quasi 100 milioni di passeggeri e migliaia di tonnellate di merce. Una carriera davvero eccellente.

14 15

Il Tu-104 poteva trasportare da 70 a 115 passeggeri in classe unica. Il Tu-104 utilizzava, come ausilio alla frenata durante l’atterraggio, due grandi parafreni. Una soluzione poco diusa in ambito civile, Ā anche sugli altri velivoli realizzati in URSS.

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glenn miller

Il mistero mai svelato Chicco Zanaboni

L

a scomparsa di Glenn Miller, famoso capo orchestra ed ottimo trombonista “swing” americano, rimane ancora oggi avvolta nel più buio dei misteri. Nei decenni successivi alla sua improvvisa sparizione, molte ipotesi sono state formulate e molti dubbi sollevati circa la validità di ognuna di esse.

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glenn miller

Il mistero mai svelato Chicco Zanaboni

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a scomparsa di Glenn Miller, famoso capo orchestra ed ottimo trombonista “swing” americano, rimane ancora oggi avvolta nel più buio dei misteri. Nei decenni successivi alla sua improvvisa sparizione, molte ipotesi sono state formulate e molti dubbi sollevati circa la validità di ognuna di esse.

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Il capitano Glenn Miller.

Glenn Miller suona il trombone durante un concerto della Rhythmaires Band al Maxwell Field, il 24 dicembre 1942.

AEROFAN | GEN/FEB 2020

Non essendo mai stato ritrovato nulla di lui, dell'equipaggio e del velivolo con il quale partì senza mai arrivare a destinazione, nessuna risposta è mai stata ritenuta definitiva e probabilmente mai lo sarà. Tuttavia, una delle più intricate e possibili soluzioni è degna di un'analisi aeronauticamente più approfondita, essendo meno fantasiosa di molte altre, spesso ammorbate da malignità varie legate essenzialmente alla popolarità e status sociale raggiunto dal personaggio. Alton Glenn Miller, nacque il primo marzo del 1904 in un piccolo paese dello stato dello Iowa, negli Stati Uniti. Dopo una infanzia ed un'adolescenza dove la musica era di casa, cominciò ad impegnarsi con serietà in quell'ambito. Di tale arte visse tra alti e bassi fino a quando, verso la fine degli anni trenta, la buona sorte e l'inventiva di cui era dotato, lo portarono al grande successo di critica e di pubblico. Miller Inventò letteralmente un suono unico per quei tempi, dove i sassofoni ed il clarinetto ne furono i principali protagonisti, amalgamati in arrangiamenti originali che delinearono così il famoso “Glenn Miller sound”. Famoso ed al massimo del successo, ormai trentacinquenne e non potendo quindi combattere attivamente, nel 1942 si arruolò nell'USAAF, prestando il suo ingegno in chiave musicale alla causa bellica, viaggiando per le basi americane in Inghilterra con la sua favolosa band, al suono dei suoi più noti cavalli di battaglia, tra cui gli intramontabili Moolight Serenade, In the Mood, Chattanooga Chu Chu, Pennsylvania 6-5000 , trasmessi giornalmente dalla BBC inglese anche in diretta radiofonica. La sua grande orchestra, insieme alla bella voce dell'inglese Vera Lynn, ancora oggi viva e vegeta a ben 102 anni, toccarono il cuore e le gambe (!) di chi era al fronte, ed in particolare agli equipaggi di volo ed alle ragazze in attesa del ritorno a casa dei loro amati giovani combattenti. L'orchestra, denominata “American Band of the Allied Expeditionary Force” venne basata a Bedford e Glenn, spesso in viaggio da e per Londra, raggiungeva all'occasione i membri della compagine musicale a seconda dei luoghi e degli aeroporti e/o sale da ballo destinati alle esibizioni. Nell'agosto del 1944 si cominciavano ad intravedere i destini della guerra e quando Parigi fu liberata dagli Alleati, il Maggiore Miller ed i suoi spinsero a fondo il p e d a l e e d e f fe tt u a ro n o m o l t i s s i m i co n ce r t i e trasmissioni radiofoniche, oltre ad organizzare un evento natalizio proprio nella capitale francese in festa, dopo la cacciata dei nazisti. In vista dei preparativi della breve tournee in suolo francese e per una serie di banali eventi e coincidenze, Miller anticipò la sua partenza per la Francia di qualche giorno essenzialmente per motivi logistici ed anziché viaggiare con l'orchestra e la strumentazione musicale a bordo di due Douglas C-47 dell'USAAF dislocati a Bedford, accettò un passaggio per Parigi, a bordo di un Noorduyn UC-64 Norseman da collegamento che doveva poi proseguire per Bordeaux. Il robusto monomotore canadese grazie alla sua considerevole mole ed affidabilità del diffusissimo motore Pratt & Whitney Wasp R-1340, era all'epoca un vero mulo, ideale

per spostamenti brevi e trasporti di personale e merci limitate. Ancora oggi ne volano diversi esemplari, nei “Northern Territories” in Canada, come “bush planes”. L'argenteo Norseman (44-70285) pilotato dal Flight Officer “Nipper” Morgan e con a bordo il Maggiore Miller ed il passeggero Lt Col. Norman Baessell, decollò dall'aeroporto di Twinwood Farm nei pressi di Bedford alle 13.55 locali del 15 Dicembre 1944 con meteo tipicamente anglo-invernale, dopodiché di essi non si seppe mai più nulla. Sparirono semplicemente dalla faccia della terra, probabilmente già sulla Manica, non essendone mai trovata traccia sul suolo inglese. Dopo qualche giorno la ferale notizia venne ufficialmente comunicata e fece il giro del mondo, incredulo. Tralasciando i dettagli che la grave perdita provocò nell'opinione pubblica e nelle Forze Armate, veniamo ad una breve analisi di ciò che potrebbe essere accaduto, alla luce di studi già da tempo stilati ed ampiamente discussi. Di quando in quando, nuove ed improbabili novità emergono dal nulla ma mai supportate da autentici riscontri. Si tratta solamente di annebbiati ricordi di testimoni oculari (di cui uno a bordo di un Lancaster che sostenne persino di aver forse visto un monomotore Norseman precipitare nella Manica dopo lo sgancio del carico bellico!) o il recupero di relitti non meglio identificati, ripescati negli Anni '60. Null'altro. In considerazione del fatto che lo UC-64 Norseman non era dotato di dispositivi Goodrich sui bordi d'entrata dell'ala e piani di coda, sicuramente la formazione di temibili formazioni di ghiaccio potrebbe essere stata la causa prima del fatale incidente. In alternativa, anche il famigerato ghiaccio al carburatore si aggiunse alle ipotesi ma fu accertato che in quei giorni nessun velivolo (ed erano molti ad attraversare la Manica!) ebbe incidenti legati a questa specifica condizione. La situazione meteo in quei giorni alle basse quote non era favorevole a questa eventualità. Inoltre, la Luftwaffe nel dicembre 1944 non esisteva più tra la Francia e l'Inghilterra e quindi anche la possibilità di un abbattimento da parte di caccia tedeschi è da escludersi totalmente. Si affaccia quindi l'ipotesi più complicata, più incredibile e probabilmente più efficace per dare una risposta, sia pur sempre ipotetica, al fitto mistero. L'Offensiva dei bombardamenti notturni della RAF sul suolo tedesco aveva già superato il culmine ed i bombardieri inglesi, ormai quasi al sicuro e scortati in larga misura da velivoli monomotori a lunga autonomia come i North American P-51 Mustang, si avventurarono sul suolo tedesco in pieno giorno, al pari dei loro colleghi americani ben abituati al bombardamento diurno sin dall'inizio dell'offensiva al Terzo Reich sferrata dalla 8° Air Force. Nella mattinata del 15 dicembre 1944, ben 138 Avro Lancaster basati su vari aeroporti dell'East Anglia ed appartenenti a vari Squadron” (149°, 15°, 622°, 90°, 186°, 75°,115°, 195°, 514° e 218°) decollarono per incontrarsi in quota con la scorta di previsti cento P-51D Mustang per p o i ra g g i u n g e re l a G e rm a n i a e d e f fe tt u a re i l bombardamento di obiettivi sulla citta di Siegen, nei GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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Il capitano Glenn Miller.

Glenn Miller suona il trombone durante un concerto della Rhythmaires Band al Maxwell Field, il 24 dicembre 1942.

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Non essendo mai stato ritrovato nulla di lui, dell'equipaggio e del velivolo con il quale partì senza mai arrivare a destinazione, nessuna risposta è mai stata ritenuta definitiva e probabilmente mai lo sarà. Tuttavia, una delle più intricate e possibili soluzioni è degna di un'analisi aeronauticamente più approfondita, essendo meno fantasiosa di molte altre, spesso ammorbate da malignità varie legate essenzialmente alla popolarità e status sociale raggiunto dal personaggio. Alton Glenn Miller, nacque il primo marzo del 1904 in un piccolo paese dello stato dello Iowa, negli Stati Uniti. Dopo una infanzia ed un'adolescenza dove la musica era di casa, cominciò ad impegnarsi con serietà in quell'ambito. Di tale arte visse tra alti e bassi fino a quando, verso la fine degli anni trenta, la buona sorte e l'inventiva di cui era dotato, lo portarono al grande successo di critica e di pubblico. Miller Inventò letteralmente un suono unico per quei tempi, dove i sassofoni ed il clarinetto ne furono i principali protagonisti, amalgamati in arrangiamenti originali che delinearono così il famoso “Glenn Miller sound”. Famoso ed al massimo del successo, ormai trentacinquenne e non potendo quindi combattere attivamente, nel 1942 si arruolò nell'USAAF, prestando il suo ingegno in chiave musicale alla causa bellica, viaggiando per le basi americane in Inghilterra con la sua favolosa band, al suono dei suoi più noti cavalli di battaglia, tra cui gli intramontabili Moolight Serenade, In the Mood, Chattanooga Chu Chu, Pennsylvania 6-5000 , trasmessi giornalmente dalla BBC inglese anche in diretta radiofonica. La sua grande orchestra, insieme alla bella voce dell'inglese Vera Lynn, ancora oggi viva e vegeta a ben 102 anni, toccarono il cuore e le gambe (!) di chi era al fronte, ed in particolare agli equipaggi di volo ed alle ragazze in attesa del ritorno a casa dei loro amati giovani combattenti. L'orchestra, denominata “American Band of the Allied Expeditionary Force” venne basata a Bedford e Glenn, spesso in viaggio da e per Londra, raggiungeva all'occasione i membri della compagine musicale a seconda dei luoghi e degli aeroporti e/o sale da ballo destinati alle esibizioni. Nell'agosto del 1944 si cominciavano ad intravedere i destini della guerra e quando Parigi fu liberata dagli Alleati, il Maggiore Miller ed i suoi spinsero a fondo il p e d a l e e d e f fe tt u a ro n o m o l t i s s i m i co n ce r t i e trasmissioni radiofoniche, oltre ad organizzare un evento natalizio proprio nella capitale francese in festa, dopo la cacciata dei nazisti. In vista dei preparativi della breve tournee in suolo francese e per una serie di banali eventi e coincidenze, Miller anticipò la sua partenza per la Francia di qualche giorno essenzialmente per motivi logistici ed anziché viaggiare con l'orchestra e la strumentazione musicale a bordo di due Douglas C-47 dell'USAAF dislocati a Bedford, accettò un passaggio per Parigi, a bordo di un Noorduyn UC-64 Norseman da collegamento che doveva poi proseguire per Bordeaux. Il robusto monomotore canadese grazie alla sua considerevole mole ed affidabilità del diffusissimo motore Pratt & Whitney Wasp R-1340, era all'epoca un vero mulo, ideale

per spostamenti brevi e trasporti di personale e merci limitate. Ancora oggi ne volano diversi esemplari, nei “Northern Territories” in Canada, come “bush planes”. L'argenteo Norseman (44-70285) pilotato dal Flight Officer “Nipper” Morgan e con a bordo il Maggiore Miller ed il passeggero Lt Col. Norman Baessell, decollò dall'aeroporto di Twinwood Farm nei pressi di Bedford alle 13.55 locali del 15 Dicembre 1944 con meteo tipicamente anglo-invernale, dopodiché di essi non si seppe mai più nulla. Sparirono semplicemente dalla faccia della terra, probabilmente già sulla Manica, non essendone mai trovata traccia sul suolo inglese. Dopo qualche giorno la ferale notizia venne ufficialmente comunicata e fece il giro del mondo, incredulo. Tralasciando i dettagli che la grave perdita provocò nell'opinione pubblica e nelle Forze Armate, veniamo ad una breve analisi di ciò che potrebbe essere accaduto, alla luce di studi già da tempo stilati ed ampiamente discussi. Di quando in quando, nuove ed improbabili novità emergono dal nulla ma mai supportate da autentici riscontri. Si tratta solamente di annebbiati ricordi di testimoni oculari (di cui uno a bordo di un Lancaster che sostenne persino di aver forse visto un monomotore Norseman precipitare nella Manica dopo lo sgancio del carico bellico!) o il recupero di relitti non meglio identificati, ripescati negli Anni '60. Null'altro. In considerazione del fatto che lo UC-64 Norseman non era dotato di dispositivi Goodrich sui bordi d'entrata dell'ala e piani di coda, sicuramente la formazione di temibili formazioni di ghiaccio potrebbe essere stata la causa prima del fatale incidente. In alternativa, anche il famigerato ghiaccio al carburatore si aggiunse alle ipotesi ma fu accertato che in quei giorni nessun velivolo (ed erano molti ad attraversare la Manica!) ebbe incidenti legati a questa specifica condizione. La situazione meteo in quei giorni alle basse quote non era favorevole a questa eventualità. Inoltre, la Luftwaffe nel dicembre 1944 non esisteva più tra la Francia e l'Inghilterra e quindi anche la possibilità di un abbattimento da parte di caccia tedeschi è da escludersi totalmente. Si affaccia quindi l'ipotesi più complicata, più incredibile e probabilmente più efficace per dare una risposta, sia pur sempre ipotetica, al fitto mistero. L'Offensiva dei bombardamenti notturni della RAF sul suolo tedesco aveva già superato il culmine ed i bombardieri inglesi, ormai quasi al sicuro e scortati in larga misura da velivoli monomotori a lunga autonomia come i North American P-51 Mustang, si avventurarono sul suolo tedesco in pieno giorno, al pari dei loro colleghi americani ben abituati al bombardamento diurno sin dall'inizio dell'offensiva al Terzo Reich sferrata dalla 8° Air Force. Nella mattinata del 15 dicembre 1944, ben 138 Avro Lancaster basati su vari aeroporti dell'East Anglia ed appartenenti a vari Squadron” (149°, 15°, 622°, 90°, 186°, 75°,115°, 195°, 514° e 218°) decollarono per incontrarsi in quota con la scorta di previsti cento P-51D Mustang per p o i ra g g i u n g e re l a G e rm a n i a e d e f fe tt u a re i l bombardamento di obiettivi sulla citta di Siegen, nei GEN/FEB 2020 | AEROFAN

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13-13

Lancaster del 15th Squadron in volo e del 218th Squadron durante la manutenzione dei motori.

13

Equipaggi del 514th Squadron.

qualsiasi oggetto proveniente dagli effetti personali di Glenn Miller o parti del monomotore Noorduyn darebbero la risposta definitiva a questo mistero irrisolto da ben 75 anni, mettendo la parola fine ad un evento che ancora oggi rimane nell'immaginario collettivo e che nel 1954 fu persino ben raccontato nel film “The Glenn Miller Story”, interpretato dall'attore-pilota James Stewart e da June Allison, con regia di Anthony Mann. In ambito aeronautico molti misteri e sparizioni non sono mai stati risolti e se si pensa al caso classico di

74

AEROFAN | GEN/FEB 2020

Amelia Earhart, dell'attore di Via col Vento Leslie Howard e molti altri meno appariscenti (a titolo di esempio, gli italiani Barioglio e Brondello scomparsi per sempre in Atlantico nel 1949 con il loro Beech Bonanza “Santa Susanna” durante un tentativo di trasvolata atlantica a scopo benefico) c'è da chiedersi se mai avremo la possibilità di vedere svelati questi arcani il cui triste epilogo e ricordo rimangono l'unica realtà di quanto purtroppo accaduto.


13-13

Lancaster del 15th Squadron in volo e del 218th Squadron durante la manutenzione dei motori.

13

Equipaggi del 514th Squadron.

qualsiasi oggetto proveniente dagli effetti personali di Glenn Miller o parti del monomotore Noorduyn darebbero la risposta definitiva a questo mistero irrisolto da ben 75 anni, mettendo la parola fine ad un evento che ancora oggi rimane nell'immaginario collettivo e che nel 1954 fu persino ben raccontato nel film “The Glenn Miller Story”, interpretato dall'attore-pilota James Stewart e da June Allison, con regia di Anthony Mann. In ambito aeronautico molti misteri e sparizioni non sono mai stati risolti e se si pensa al caso classico di

74

AEROFAN | GEN/FEB 2020

Amelia Earhart, dell'attore di Via col Vento Leslie Howard e molti altri meno appariscenti (a titolo di esempio, gli italiani Barioglio e Brondello scomparsi per sempre in Atlantico nel 1949 con il loro Beech Bonanza “Santa Susanna” durante un tentativo di trasvolata atlantica a scopo benefico) c'è da chiedersi se mai avremo la possibilità di vedere svelati questi arcani il cui triste epilogo e ricordo rimangono l'unica realtà di quanto purtroppo accaduto.


la storia raccontata per

immagini 1

12 settembre 1942. Gli squadron 71st, 121st e 133rd della Royal Air Force, equipaggiati con i caccia Spitfire e noti come American Eagle Squadrons, vengono assegnati alle US Army Air Forces e trasformati nel 4th Fighter Group. Il trasferimento diventa u ciale il 29 settembre.

Aeroplani della seconda Guerra Mondiale 2 Grumman JRF-2 Goose della U.S. Coast Guard in volo sul mare, ca. 1943. Fotografia di Rudy Arnold.

76

3

Il Reggiane Re.2005 Sagittario era un caccia monoplano prodotto dalle Ocine Meccaniche Reggiane (controllate dalla Ā Caproni) per la Regia Aeronautica durante gli ultimi anni della seconda Guerra Mondiale. Primo volo 9 maggio 1942.

Il progettista sovietico Semyon Lavochkin ispeziona alcuni aerei da combattimento Lavochkin La-5, ca. 1943. Lo La-5 era un aereo da caccia sovietico sviluppato a partire dal precedente LaGG-3 e migliorato sostituendo il motore in linea con un radiale Shhetsov ASh-82 molto più potente. Era uno degli aerei da guerra più performante dell'Aeronautica Sovietica, in grado di confrontarsi alla pari con gli aeroplani tedeschi.

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la storia raccontata per

immagini 1

12 settembre 1942. Gli squadron 71st, 121st e 133rd della Royal Air Force, equipaggiati con i caccia Spitfire e noti come American Eagle Squadrons, vengono assegnati alle US Army Air Forces e trasformati nel 4th Fighter Group. Il trasferimento diventa u ciale il 29 settembre.

Aeroplani della seconda Guerra Mondiale 2 Grumman JRF-2 Goose della U.S. Coast Guard in volo sul mare, ca. 1943. Fotografia di Rudy Arnold.

76

3

Il Reggiane Re.2005 Sagittario era un caccia monoplano prodotto dalle Ocine Meccaniche Reggiane (controllate dalla Ā Caproni) per la Regia Aeronautica durante gli ultimi anni della seconda Guerra Mondiale. Primo volo 9 maggio 1942.

Il progettista sovietico Semyon Lavochkin ispeziona alcuni aerei da combattimento Lavochkin La-5, ca. 1943. Lo La-5 era un aereo da caccia sovietico sviluppato a partire dal precedente LaGG-3 e migliorato sostituendo il motore in linea con un radiale Shhetsov ASh-82 molto più potente. Era uno degli aerei da guerra più performante dell'Aeronautica Sovietica, in grado di confrontarsi alla pari con gli aeroplani tedeschi.

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la serenissima

LA RIVISTA ITALIANA DI STORIA E TECNICA AERONAUTICA

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air force one

p-51 red nose s.79 I-MAGO i primi simulatori di volo centocelle 1909 de bernardi oltre i 500 km/h

aeroporto militare alghero i tre aquilotti Luglio/Agosto 2019

numero 4

de havilland comet elisoccorso anno zero Gennaio/Febbraio 2019

numero 1

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s.55 jahù

wilhelm frankl

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armstrong whitworth aw-41

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numero 3

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soli nell’infinito fuoco amico sulla decima aeroporto di linate


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Direttore Responsabile Luciano Pontolillo Consulente Storico Giorgio Apostolo Coordinamento Editoriale Roberta Di Grande Comitato di Redazione Giuseppe Caporale, Massimo Dominelli, Luca Parrillo Corrispondente dagli Stati Uniti Moreno Aguiari Hanno collaborato a questo numero Roberto Bassi, Raul Bersani, Pier Giorgio Bonassin, Enzo Ganda, Paolo Gianvanni, Michael B. Keller, Pietro Mazzardi, Emidio Neto, Sergio Stabile, Chicco Zanaboni Si ringraziano Stato Maggiore Aeronautica, 2° Stormo, 51° Stormo, Associazione Culturale 4° Stormo, fam. Vittone, Aero Club Friulano Prezzo di copertina 12€ (arretrati 18€) Abbonamento 12 mesi (Italia) “Legno e Tela”: 59€ | “Acciaio”: 69€ “Alluminio”: 89€ | “Titanio”: 109€ Redazione e Amministrazione viale F. Petrarca 37/a 20078 San Colombano al Lambro (MI) Tel. 339.78.10.154 | aerofan@luckyplane.it Sede operativa Aeroporto Casale Monferrato LILM Strada Alessandria 8/10 Tel. 351.976.7171 Concessionaria per la distribuzione SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.a. via Bettola 18 | 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. 02.660301 Stampa Grafiche Wanda S.r.l. | Quinto Vicentino (VI)

Periodico bimestrale ISSN 2611-996X registrazione Tribunale di Lodi n. 5/2018 del 20/09/2018 registrazione R.O.C. n. 32035 del 27/09/2018 Servizio Clienti | Abbonamenti Tel. 351.976.7171 - Email: aerofan@luckyplane.it Riproduzione vietata è vietato riprodurre testi e illustrazioni con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La Direzione si riserva di apportare modifiche ai testi per esigenze editoriali. Le opinioni espresse negli articoli non corrispondono necessariamente a quelle della Luckyplane S.n.c. Ove necessario, si è provveduto con la richiesta di autorizzazione all’uso del materiale iconografico da parte degli aventi diritto. Nel caso in cui questi siano risultati irreperibili, l’Editore resta a disposizione per regolare eventuali spettanze.


Concorde Aérospatiale - British Aerospace

La piu ’ completa monografia dedicata all'aereo supersonico a nglo-fra ncese mai realizzata in Italia. La storia e l'impiego raccontati attraverso oltre 200 fotografie, testimonia n ze, testi tecnici e documenti.

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Anno 2 | Numero 7 | Gen./Feb. 2020 | € 12,00

o r e m to nu

s e u q In

l’alba dello stratofortress

L’AMX dal progetto all’impiego operativo

Ricordi di un collaudatore

AH-56 cheyenne

aerei “cingolati”

Un nuovo concetto di elicottero d’attacco

Una curiosa soluzione per operare al di fuori degli aeroporti

tupolev 104

glenn miller

Il primo aviogetto commerciale con la bandiera rossa

Un mistero mai risolto

la prima vittoria italiana alla coppa schneider

bruno ganda pilota del 1° stormo

PERIODICO BIMESTRALE - P.I. 01/01/2020 spedizione in abbonamento postale Comma 26, Art. 2, Legge 549/95

il ghibli compie trent’anni

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IL GHIBLI COMPIE TRENT’ANNI L’AMX dal progetto all’impiego operativo

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Un nuovo concetto di elicottero da attacco


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