4 Ovvero come muoversi nel complesso universo delle ali volanti
12 15. I progetti del giovane Lippisch - 17. Messerschmitt Me.163: un ala volante? 19. Le ali volanti zerstÜrer 24. Horten, gli allievi che superarono il maestro 29. Horten H.IX–Ho.229 - 38. Gli altri Horten e il filone argentino 40. IA-37: variazioni sul tema - 43. IA-38 Naranjero .
46
, 48. I progetti Dunne e l anulare Lee-Richards 50. Geoffrey Hill e i suoi Pterodattili - 56. Gli altri esponenti britannici
64 67. L,aereo a disco McCormick-Romme 69. Ritorno alle origini: il Vought XF5U - 78. La sciabola volante
84 88. Eliminare il superfluo 93. XB-35 e YB-49: quando si anticipo, troppo il futuro 108. Il Black Bullet - 111. MX-334 il Komet a stelle e strisce 113. Il curioso XP-79 - 116. Il cerchio si chiude
120 123. L,ala volante intesa come parabola volante 129. Un improbabile bombardiere 131. Il super caccia - 132. Il pungiglione svizzero
134 Il bombardiere strategico B-2 Spirit: un traguardo o un punto di partenza?
2
4 Ovvero come muoversi nel complesso universo delle ali volanti
12 15. I progetti del giovane Lippisch - 17. Messerschmitt Me.163: un ala volante? 19. Le ali volanti zerstÜrer 24. Horten, gli allievi che superarono il maestro 29. Horten H.IX–Ho.229 - 38. Gli altri Horten e il filone argentino 40. IA-37: variazioni sul tema - 43. IA-38 Naranjero .
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, 48. I progetti Dunne e l anulare Lee-Richards 50. Geoffrey Hill e i suoi Pterodattili - 56. Gli altri esponenti britannici
64 67. L,aereo a disco McCormick-Romme 69. Ritorno alle origini: il Vought XF5U - 78. La sciabola volante
84 88. Eliminare il superfluo 93. XB-35 e YB-49: quando si anticipo, troppo il futuro 108. Il Black Bullet - 111. MX-334 il Komet a stelle e strisce 113. Il curioso XP-79 - 116. Il cerchio si chiude
120 123. L,ala volante intesa come parabola volante 129. Un improbabile bombardiere 131. Il super caccia - 132. Il pungiglione svizzero
134 Il bombardiere strategico B-2 Spirit: un traguardo o un punto di partenza?
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Ovvero come muoversi nel complesso universo delle ali volanti
I
l concetto di Ala Volante rappresenta sicuramente uno dei più interessanti e sognati sviluppi inerenti al mondo dell'aviazione: sorprendentemente, le origini di siffatta filosofia costruttiva e progettuale risalgono gli albori dell'aeronautica, quando il celebre Prof. Hugo Junkers brevettò nel 1910 il primo velivolo a tutta ala come lo intendiamo oggi.
4
Il bombardiere strategico americano stealth B-2 Spirit è stato il punto di arrivo nell’evoluzione del concetto di “ala volante” iniziato nel lontano 1910.
Ovvero come muoversi nel complesso universo delle ali volanti
I
l concetto di Ala Volante rappresenta sicuramente uno dei più interessanti e sognati sviluppi inerenti al mondo dell'aviazione: sorprendentemente, le origini di siffatta filosofia costruttiva e progettuale risalgono gli albori dell'aeronautica, quando il celebre Prof. Hugo Junkers brevettò nel 1910 il primo velivolo a tutta ala come lo intendiamo oggi.
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Il bombardiere strategico americano stealth B-2 Spirit è stato il punto di arrivo nell’evoluzione del concetto di “ala volante” iniziato nel lontano 1910.
4-5
Su questa copertina della rivista Popular Science del giugno 1933, dedicata alle flying wings, curiosamente appare anche uno Stipa-Caproni ad elica intubata, il cui prototipo aveva e ettuato il suo primo volo nell’ottobre dell’anno precedente. Nella pagina seguente, l’articolo all’interno della rivista.
8
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
4-5
Su questa copertina della rivista Popular Science del giugno 1933, dedicata alle flying wings, curiosamente appare anche uno Stipa-Caproni ad elica intubata, il cui prototipo aveva e ettuato il suo primo volo nell’ottobre dell’anno precedente. Nella pagina seguente, l’articolo all’interno della rivista.
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
6-7
Due disegni di L. Ashwell Wood realizzati negli Anni ‘50 per il comic book Eagle riguardanti uno studio della Handley Page, siglato HP.117, per un aeroplano di linea.
8
9
Un articolo apparso sulla rivista Popular Mechanics nel 1938. Contenuti simili erano molto frequenti su libri e riviste dell’epoca ed erano spesso corredati da mirabolanti disegni ai limiti del fantascientifico: un'altra dimostrazione di quanto l'idea dell'Ala Volante abbia avuto presa sull'immaginario collettivo.
L'Ala Volante è sempre stata vista come un indice di avanzato livello tecnoogico a forte impatto propagandistico e nemmeno Hollywood ne è rimasta insensibile: il fantomatico Blohm und Voss Bv 38, concepito per il film della saga di Indiana Jones "I predatori dell'Arca perduta", pur essendo il frutto di una mera finzione cinematografica, rende comunque bene l'idea di come questa particolare tipologia di aeroplano abbia influenzato non solo l'industria aeronautica, ma anche la cultura popolare.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
11
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Due disegni di L. Ashwell Wood realizzati negli Anni ‘50 per il comic book Eagle riguardanti uno studio della Handley Page, siglato HP.117, per un aeroplano di linea.
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Un articolo apparso sulla rivista Popular Mechanics nel 1938. Contenuti simili erano molto frequenti su libri e riviste dell’epoca ed erano spesso corredati da mirabolanti disegni ai limiti del fantascientifico: un'altra dimostrazione di quanto l'idea dell'Ala Volante abbia avuto presa sull'immaginario collettivo.
L'Ala Volante è sempre stata vista come un indice di avanzato livello tecnoogico a forte impatto propagandistico e nemmeno Hollywood ne è rimasta insensibile: il fantomatico Blohm und Voss Bv 38, concepito per il film della saga di Indiana Jones "I predatori dell'Arca perduta", pur essendo il frutto di una mera finzione cinematografica, rende comunque bene l'idea di come questa particolare tipologia di aeroplano abbia influenzato non solo l'industria aeronautica, ma anche la cultura popolare.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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I progetti del giovane Lippisch Messerschmitt Me.163: un,ala volante? Le ali volanti zerstĂśrer Horten, gli allievi che superarono il maestro Horten H.IX-Ho.229 Gli altri Horten e il filone argentino IA-37: variazioni sul tema IA-38 Naranjero .
P
er una serie di ragioni storiche e militari che esulano dalla scrivente trattazione, non ultima la sconďŹ tta nella seconda Guerra Mondiale, in Germania il tema delle ali volanti rimase nella stragrande maggioranza dei casi conďŹ nato al mondo del progetto o, al massimo, del prototipo.
12
Il Lippisch DM-1 fu uno dei progetti che piĂš attirarono l'attenzione del National Advisory Committee for Aeronautics' (NACA): provato nel 1946 in galleria del vento, l'aliante fu uno snodo cruciale nello studio dell'ala a delta.
I progetti del giovane Lippisch Messerschmitt Me.163: un,ala volante? Le ali volanti zerstĂśrer Horten, gli allievi che superarono il maestro Horten H.IX-Ho.229 Gli altri Horten e il filone argentino IA-37: variazioni sul tema IA-38 Naranjero .
P
er una serie di ragioni storiche e militari che esulano dalla scrivente trattazione, non ultima la sconďŹ tta nella seconda Guerra Mondiale, in Germania il tema delle ali volanti rimase nella stragrande maggioranza dei casi conďŹ nato al mondo del progetto o, al massimo, del prototipo.
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Il Lippisch DM-1 fu uno dei progetti che piĂš attirarono l'attenzione del National Advisory Committee for Aeronautics' (NACA): provato nel 1946 in galleria del vento, l'aliante fu uno snodo cruciale nello studio dell'ala a delta.
I PROGETTI DEL GIOVANE LIPPISCH Mentre alla Junkers si tendeva a fare idealmente “il passo più lungo della gamba”, alla fine degli anni Venti un altro giovane ingegnere iniziava ad approcciarsi al concetto di ala volante: Alexander Lippisch, nato a Monaco di Baviera nel 1894 e deceduto a Cedar Rapids (USA) nel 1976. Si potrebbe dire, infatti, che la sua carriera ebbe inizio proprio con lo sviluppo del concetto di velivolo senza coda, nella cui ottica egli costruì una nutrita famiglia di alianti discendenti dal capostipite Lippisch Ente del 1928. Successivamente nel 1930 Lippisch decise di dedicarsi alla propulsione meccanica e, a tal fine, realizzò il Delta I, ossia un piccolo aeroplano da turismo privo di coda, dall'ala a delta e con il motore, un Bristol Cherub da 30 cavalli, in posizione spingente. Nel corso del 1931 il velivolo fu presentato al grande pubblico presso l'aeroporto berlinese di Tempelhof, ma, nonostante le sue doti acrobatiche, non vi fu alcun interesse di acquisto ed ogni speranza commerciale svanì sul momento. Ancora più sfortunato fu il successivo Delta II, che presentava un'ala a delta più marcata e raccordata ad una fusoliera a proiettile, ma che nemmeno era stato in grado di decollare. Nonostante i magri risultati, l'attività di Lippisch non passò inosservata ed il progettista venne invitato a sviluppare il Delta I in partnership con la Focke-Wulf per realizzare un più grande modello per aero-scuola. Venne così disegnato il Delta III, che essenzialmente riprendeva l'impostazione di massima del predecessore mutuandone la sistemazione spingente del motore ed il carrello triciclo con ruota anteriore.
Ciò non sminuisce affatto l'enorme contributo che gli ingegneri tedeschi diedero “alla causa”, in quanto fu anche grazie al loro sforzo che si riuscì a raggiungere degli insperati risultati: semplicemente l'apparato industriale e militare germanico non riuscì a godersi la maturazione del loro fondamentale contributo. A metà tra il serio ed il faceto si collocò agli inizi degli Anni ‘20 la Junkers col progetto dell'avveniristico J.1000, ossia un grande quadrimotore da trasporto passeggeri. Si trattava di un ambizioso e fantascientifico apparecchio costituito da un'unica ala, sotto la quale si dipartivano in avanti due enormi gondole abitabili e che fornivano supporto ad un grosso stabilizzatore orizzontale. Di questo bizzarro aeroplano, che era al contempo sia canard che ala volante, vennero solamente elaborati dei disegni tecnici con pedissequo modellino in scala a scopi dimostrativi, ma l'idea non ebbe alcun seguito pratico se non quello di solleticare l'interesse della stampa.
14
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
1-2
3
Il trittico del gigantesco Junkers J.1000 e modellino in scala comparativo con un Junkers Ju.52.
In questa ricostruzione artistica del Junkers J.1000 si nota la scala di accesso posteriore che avrebbe costretto i passeggeri a camminare sul dorso alare.
Per tutta una serie di lungaggini burocratiche, il Delta III venne costruito molto lentamente e si riuscì a realizzarne un solo prototipo, peraltro pesantemente modificato rispetto alla stesura originale: appena dopo aver ultimato la fabbricazione del primo modello, infatti, i tecnici decisero di spostare il motore sull'anteriore, indi per cui si dovette sostituire il carrello con uno convenzionale a ruotino di coda e si finì per stravolgere l'intera fusoliera, che perse la conformazione a proiettile chiuso in favore di una struttura ripartita in due abitacoli in tandem a cielo aperto. Il Delta III venne quindi spedito presso il centro sperimentale di Rechlin per le presentazioni ufficiali, ma un incidente occorsogli durante il volo di trasferimento ne interruppe ogni possibile sviluppo. Ultimo della famiglia fu il Delta IV, ossia un biposto e bimotore in tandem e senza coda che la Fieseler commissionò a Lippisch nel 1931 per prendere parte alla Challenge International de Tourisme: una competizione riservata ai velivoli da turismo che si sarebbe svolta a Berlino nell'estate del '32. Noto anche come Fieseler F3 Wasp, l'apparecchio proponeva una insolita conformazione canard del timone di profondità, le cui alette orizzontali erano state collocate ai lati della fusoliera subito dietro al motore anteriore. Collaudato nella primavera del 1932, l'aeroplano si dimostrò gravemente deficitario in termini di stabilità e di manovrabilità, tanto che alla fine nemmeno venne iscritto alla manifestazione e finì danneggiato a seguito di un incidente durante un atterraggio. Con l'approdo di Lippisch alla DFS (Deutsche Forschungsanstalt für Segelflug – Centro sperimentale
4
Il Lippisch Delta I a Tempelhof.
I PROGETTI DEL GIOVANE LIPPISCH Mentre alla Junkers si tendeva a fare idealmente “il passo più lungo della gamba”, alla fine degli anni Venti un altro giovane ingegnere iniziava ad approcciarsi al concetto di ala volante: Alexander Lippisch, nato a Monaco di Baviera nel 1894 e deceduto a Cedar Rapids (USA) nel 1976. Si potrebbe dire, infatti, che la sua carriera ebbe inizio proprio con lo sviluppo del concetto di velivolo senza coda, nella cui ottica egli costruì una nutrita famiglia di alianti discendenti dal capostipite Lippisch Ente del 1928. Successivamente nel 1930 Lippisch decise di dedicarsi alla propulsione meccanica e, a tal fine, realizzò il Delta I, ossia un piccolo aeroplano da turismo privo di coda, dall'ala a delta e con il motore, un Bristol Cherub da 30 cavalli, in posizione spingente. Nel corso del 1931 il velivolo fu presentato al grande pubblico presso l'aeroporto berlinese di Tempelhof, ma, nonostante le sue doti acrobatiche, non vi fu alcun interesse di acquisto ed ogni speranza commerciale svanì sul momento. Ancora più sfortunato fu il successivo Delta II, che presentava un'ala a delta più marcata e raccordata ad una fusoliera a proiettile, ma che nemmeno era stato in grado di decollare. Nonostante i magri risultati, l'attività di Lippisch non passò inosservata ed il progettista venne invitato a sviluppare il Delta I in partnership con la Focke-Wulf per realizzare un più grande modello per aero-scuola. Venne così disegnato il Delta III, che essenzialmente riprendeva l'impostazione di massima del predecessore mutuandone la sistemazione spingente del motore ed il carrello triciclo con ruota anteriore.
Ciò non sminuisce affatto l'enorme contributo che gli ingegneri tedeschi diedero “alla causa”, in quanto fu anche grazie al loro sforzo che si riuscì a raggiungere degli insperati risultati: semplicemente l'apparato industriale e militare germanico non riuscì a godersi la maturazione del loro fondamentale contributo. A metà tra il serio ed il faceto si collocò agli inizi degli Anni ‘20 la Junkers col progetto dell'avveniristico J.1000, ossia un grande quadrimotore da trasporto passeggeri. Si trattava di un ambizioso e fantascientifico apparecchio costituito da un'unica ala, sotto la quale si dipartivano in avanti due enormi gondole abitabili e che fornivano supporto ad un grosso stabilizzatore orizzontale. Di questo bizzarro aeroplano, che era al contempo sia canard che ala volante, vennero solamente elaborati dei disegni tecnici con pedissequo modellino in scala a scopi dimostrativi, ma l'idea non ebbe alcun seguito pratico se non quello di solleticare l'interesse della stampa.
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Il trittico del gigantesco Junkers J.1000 e modellino in scala comparativo con un Junkers Ju.52.
In questa ricostruzione artistica del Junkers J.1000 si nota la scala di accesso posteriore che avrebbe costretto i passeggeri a camminare sul dorso alare.
Per tutta una serie di lungaggini burocratiche, il Delta III venne costruito molto lentamente e si riuscì a realizzarne un solo prototipo, peraltro pesantemente modificato rispetto alla stesura originale: appena dopo aver ultimato la fabbricazione del primo modello, infatti, i tecnici decisero di spostare il motore sull'anteriore, indi per cui si dovette sostituire il carrello con uno convenzionale a ruotino di coda e si finì per stravolgere l'intera fusoliera, che perse la conformazione a proiettile chiuso in favore di una struttura ripartita in due abitacoli in tandem a cielo aperto. Il Delta III venne quindi spedito presso il centro sperimentale di Rechlin per le presentazioni ufficiali, ma un incidente occorsogli durante il volo di trasferimento ne interruppe ogni possibile sviluppo. Ultimo della famiglia fu il Delta IV, ossia un biposto e bimotore in tandem e senza coda che la Fieseler commissionò a Lippisch nel 1931 per prendere parte alla Challenge International de Tourisme: una competizione riservata ai velivoli da turismo che si sarebbe svolta a Berlino nell'estate del '32. Noto anche come Fieseler F3 Wasp, l'apparecchio proponeva una insolita conformazione canard del timone di profondità, le cui alette orizzontali erano state collocate ai lati della fusoliera subito dietro al motore anteriore. Collaudato nella primavera del 1932, l'aeroplano si dimostrò gravemente deficitario in termini di stabilità e di manovrabilità, tanto che alla fine nemmeno venne iscritto alla manifestazione e finì danneggiato a seguito di un incidente durante un atterraggio. Con l'approdo di Lippisch alla DFS (Deutsche Forschungsanstalt für Segelflug – Centro sperimentale
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Il Lippisch Delta I a Tempelhof.
produrre, aveva la pericolosa tendenza ad esplodere su sollecitazione: nelle fasi di atterraggio, ad esempio, la presenza di qualche residuo nel serbatoio poteva innescarsi ad ogni sobbalzo, peraltro reso particolarmente brusco dall'assenza di un carrello ruotato (il Me 163 si posava a terra su un pattino ventrale che tutto faceva tranne che attutire l'urto col suolo). Altro aspetto negativo era dato dalla ridottissima autonomia che il velivolo poteva garantire, in quanto il relativo carburante si esauriva in poco tempo e permetteva al pilota di affrontare appena un passaggio sulla formazione nemica prima di dover rientrare alla base.
10-11
Uno dei cinque Me 163 sperimentali della V-serie in decollo dalla base segreta tedesca di Peenemünde, sul Mar Baltico. Il Messerschmitt Me 163 inizialmente fu una chimera per i comandi Alleati per via delle sue straordinarie prestazioni: anche per questo motivo nel dopoguerra ne vennero catturati ed accuratamente studiati diversi esemplari.
18
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
Accanto a tali problematiche emersero anche ostacoli di natura politica e dovuti ad un certo scetticismo di base alimentato dall'inasprirsi dei rapporti tra Lippisch e Messerschmitt, con quest'ultimo particolarmente restio a sponsorizzare i risultati del proprio collaboratore, nonché a causa della prematura scomparsa di Ernst Udet, che fino al 1941 era stato un importante supporter del progetto. Dopo un lungo iter di collaudi e prototipi, inoltre, l'Me 163 palesò forti limiti ingegneristici, come l'assenza di un sistema di pressurizzazione dell'abitacolo che costringeva il pilota a comandare il velivolo alle alte quote facendo affidamento solo sulla propria resistenza fisica, ed una intrinseca fragilità strutturale. Del resto, stando agli stessi rapporti tedeschi, circa l'ottanta percento delle perdite subite nell'impiego dell'intercettore vennero registrate a causa di incidenti di vario genere, cedimenti ed esplosioni, mentre i risultati operativi ottenuti sul campo furono del tutto trascurabili: si stima, infatti, che a fronte di circa trecento velivoli costruiti sia seguito l'abbattimento di appena una trentina di bombardieri Alleati. Sulla scorta di così modesti risultati, il progetto del Messerschmitt Me 163 andò via via affievolendosi per dare spazio ad altri programmi e finendo col diventare una sorta di costoso ed ambizioso esperimento. Come già accennato, parlare di tutta la complessa e lunga vicenda che coinvolse l'aero-razzo Me 163 nel poco spazio che inevitabilmente ci viene concesso nell'ottica di una trattazione più ampia del tema delle ali volanti ne ha imposto una sintesi estremamente succinta.
12 LE ALI VOLANTI “ZERSTÖRER” P u r e s s e n d o p e s a n te m e n te c o i n vo l to n e l l a progettazione di quello che diventerà noto come Me 163, agli inizi del 1942 Lippisch ebbe modo di cimentarsi anche nell'elaborazione di un programma di sviluppo volto a trovare un successore del fallimentare Messerschmitt Me 210. Di tale programma non è facile fornire una ricostruzione univoca, posto che non tutte le fonti concordano sul reale evolversi degli eventi e, soprattutto, sui mezzi effettivamente costruiti/progettati. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di fare chiarezza. A quanto risulta già nel tardo 1941 Lippisch stese i disegni di massima di un bombardiere veloce denominato P.010 e che doveva essere spinto da un Daimler-Benz DB 606, una coppia di DB 601 uniti in un'unica soluzione meccanica, il quale, a sua volta, doveva azionare, per mezzo di un lungo albero di trasmissione, una grossa elica posta all'estremità posteriore della fusoliera. Concettualmente, il disegno ricalcava l'impostazione di massima del Me 163, rispetto a cui proponeva diverse modifiche aerodinamiche per consentire lo stivaggio del carico bellico e l'installazione di un carrello retrattile. Il progetto venne, in realtà, abbandonato quasi subito a causa di problemi tecnici emersi in fase di calcolo e relativi alle componenti meccaniche del propulsore, giudicato troppo sofisticato e costoso per l'impiego operativo. Dato atto, Lippisch, assieme all'Ing. Walter Stender,
Aeroporto di Gerbini, Catania, 1943. Un gruppo di americani, tre dei quali si trovano sull'ala e guardano nell'abitacolo, ispezionano un cacciabombardiere Messerschmitt Me 210 catturato intatto.
decise di semplificare il design modificandone radicalmente l'impostazione ed elaborò una più ortodossa configurazione bimotore strutturata su due Daimler-Benz DB 603 collocati in gondole annegate lungo il bordo d'uscita alare e con eliche spingenti. Per cercare di contenere al massimo i costi e velocizzare i tempi, la nuova variante venne concepita facendo largo uso di parti prelevate direttamente dal Messerschmitt Me 210, di cui riciclava la sezione anteriore, gran parte della fusoliera e la deriva verticale del piano di coda. All'atto pratico, pertanto, il progetto si proponeva di riprendere il predetto Me 210, di cambiarne l'ala, che assumeva il disegno a freccia fortemente pronunciata, e di ricollocarne i motori sul posteriore eliminando contestualmente il timone di profondità. L'apparecchio venne quindi ufficializzato come Lippisch Li P.10 (designazione più volte utilizzata dal progettista), ma, a causa dello screzio nel medio tempore emerso con Messerschmitt, pare che abbia ricevuto un'accoglienza piuttosto tiepida e pare che nemmeno sia stato inserito nelle numerazioni della casa madre: nel dopoguerra si è spesso parlato di Messerschmitt Me 265, ma la catalogazione va presa col beneficio del dubbio, in quanto la relativa documentazione ufficiale risulterebbe lacunosa. Ad ogni modo, del fantomatico Me 265/Li P.10 venne sicuramente commissionato dall'RLM un prototipo e venne costruito almeno un modellino volante per scopi comparativi col nuovo Messerschmitt Me 410: senza avere
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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produrre, aveva la pericolosa tendenza ad esplodere su sollecitazione: nelle fasi di atterraggio, ad esempio, la presenza di qualche residuo nel serbatoio poteva innescarsi ad ogni sobbalzo, peraltro reso particolarmente brusco dall'assenza di un carrello ruotato (il Me 163 si posava a terra su un pattino ventrale che tutto faceva tranne che attutire l'urto col suolo). Altro aspetto negativo era dato dalla ridottissima autonomia che il velivolo poteva garantire, in quanto il relativo carburante si esauriva in poco tempo e permetteva al pilota di affrontare appena un passaggio sulla formazione nemica prima di dover rientrare alla base.
10-11
Uno dei cinque Me 163 sperimentali della V-serie in decollo dalla base segreta tedesca di Peenemünde, sul Mar Baltico. Il Messerschmitt Me 163 inizialmente fu una chimera per i comandi Alleati per via delle sue straordinarie prestazioni: anche per questo motivo nel dopoguerra ne vennero catturati ed accuratamente studiati diversi esemplari.
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Accanto a tali problematiche emersero anche ostacoli di natura politica e dovuti ad un certo scetticismo di base alimentato dall'inasprirsi dei rapporti tra Lippisch e Messerschmitt, con quest'ultimo particolarmente restio a sponsorizzare i risultati del proprio collaboratore, nonché a causa della prematura scomparsa di Ernst Udet, che fino al 1941 era stato un importante supporter del progetto. Dopo un lungo iter di collaudi e prototipi, inoltre, l'Me 163 palesò forti limiti ingegneristici, come l'assenza di un sistema di pressurizzazione dell'abitacolo che costringeva il pilota a comandare il velivolo alle alte quote facendo affidamento solo sulla propria resistenza fisica, ed una intrinseca fragilità strutturale. Del resto, stando agli stessi rapporti tedeschi, circa l'ottanta percento delle perdite subite nell'impiego dell'intercettore vennero registrate a causa di incidenti di vario genere, cedimenti ed esplosioni, mentre i risultati operativi ottenuti sul campo furono del tutto trascurabili: si stima, infatti, che a fronte di circa trecento velivoli costruiti sia seguito l'abbattimento di appena una trentina di bombardieri Alleati. Sulla scorta di così modesti risultati, il progetto del Messerschmitt Me 163 andò via via affievolendosi per dare spazio ad altri programmi e finendo col diventare una sorta di costoso ed ambizioso esperimento. Come già accennato, parlare di tutta la complessa e lunga vicenda che coinvolse l'aero-razzo Me 163 nel poco spazio che inevitabilmente ci viene concesso nell'ottica di una trattazione più ampia del tema delle ali volanti ne ha imposto una sintesi estremamente succinta.
12 LE ALI VOLANTI “ZERSTÖRER” P u r e s s e n d o p e s a n te m e n te c o i n vo l to n e l l a progettazione di quello che diventerà noto come Me 163, agli inizi del 1942 Lippisch ebbe modo di cimentarsi anche nell'elaborazione di un programma di sviluppo volto a trovare un successore del fallimentare Messerschmitt Me 210. Di tale programma non è facile fornire una ricostruzione univoca, posto che non tutte le fonti concordano sul reale evolversi degli eventi e, soprattutto, sui mezzi effettivamente costruiti/progettati. Ma procediamo con ordine e cerchiamo di fare chiarezza. A quanto risulta già nel tardo 1941 Lippisch stese i disegni di massima di un bombardiere veloce denominato P.010 e che doveva essere spinto da un Daimler-Benz DB 606, una coppia di DB 601 uniti in un'unica soluzione meccanica, il quale, a sua volta, doveva azionare, per mezzo di un lungo albero di trasmissione, una grossa elica posta all'estremità posteriore della fusoliera. Concettualmente, il disegno ricalcava l'impostazione di massima del Me 163, rispetto a cui proponeva diverse modifiche aerodinamiche per consentire lo stivaggio del carico bellico e l'installazione di un carrello retrattile. Il progetto venne, in realtà, abbandonato quasi subito a causa di problemi tecnici emersi in fase di calcolo e relativi alle componenti meccaniche del propulsore, giudicato troppo sofisticato e costoso per l'impiego operativo. Dato atto, Lippisch, assieme all'Ing. Walter Stender,
Aeroporto di Gerbini, Catania, 1943. Un gruppo di americani, tre dei quali si trovano sull'ala e guardano nell'abitacolo, ispezionano un cacciabombardiere Messerschmitt Me 210 catturato intatto.
decise di semplificare il design modificandone radicalmente l'impostazione ed elaborò una più ortodossa configurazione bimotore strutturata su due Daimler-Benz DB 603 collocati in gondole annegate lungo il bordo d'uscita alare e con eliche spingenti. Per cercare di contenere al massimo i costi e velocizzare i tempi, la nuova variante venne concepita facendo largo uso di parti prelevate direttamente dal Messerschmitt Me 210, di cui riciclava la sezione anteriore, gran parte della fusoliera e la deriva verticale del piano di coda. All'atto pratico, pertanto, il progetto si proponeva di riprendere il predetto Me 210, di cambiarne l'ala, che assumeva il disegno a freccia fortemente pronunciata, e di ricollocarne i motori sul posteriore eliminando contestualmente il timone di profondità. L'apparecchio venne quindi ufficializzato come Lippisch Li P.10 (designazione più volte utilizzata dal progettista), ma, a causa dello screzio nel medio tempore emerso con Messerschmitt, pare che abbia ricevuto un'accoglienza piuttosto tiepida e pare che nemmeno sia stato inserito nelle numerazioni della casa madre: nel dopoguerra si è spesso parlato di Messerschmitt Me 265, ma la catalogazione va presa col beneficio del dubbio, in quanto la relativa documentazione ufficiale risulterebbe lacunosa. Ad ogni modo, del fantomatico Me 265/Li P.10 venne sicuramente commissionato dall'RLM un prototipo e venne costruito almeno un modellino volante per scopi comparativi col nuovo Messerschmitt Me 410: senza avere
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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trittico del Lippisch P-010 13-14 e una ricostruzione grafica,Untratta da fonte videoludica, di come sarebbe apparso il Messerschmitt Me.265: al di là delle imprecisioni di dettaglio, si tratta comunque di un buon rendering.
15 in questa sede la possibilità di raccontare nel dettaglio l'intera vicenda, basti sottolineare che ai calcoli di laboratorio emerse che i due aerei presentavano delle performance sostanzialmente identiche, sicché, stante la maggior economicità di costruzione del Me 410, si preferì convogliare le risorse su tale aeroplano. Contemporaneamente, alla competizione interna alla Messerschmitt venne presentato anche un terzo modello, disegnato per iniziativa del Dr. Hermann Wurster: si trattava, essenzialmente, di una sorta di proposta contraltare al modello di Lippisch, del quale
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
posizione mediana e sul cui bordo anteriore erano state ritagliate due ampie aperture per il raffreddamento dei radiatori. Aspetto molto interessante del disegno era costituito dall'armamento, il quale, oltre a prevedere quattro cannoncini in caccia MG 151/20 da 20 mm, adottava in coda altri due Mk 103 da 30 mm a controllo remoto e collocati all'interno di una capsula posta all'estremità posteriore della fusoliera. Il carico bellico stimato era di 1.000 kg alloggiati in stiva e, nel complesso, venne preventivata una velocità massima di 792 km/h con un'autonomia di 4.450 km. Sulla scorta di tali presentazioni, Messerschmitt decise di sviluppare il modello con la denominazione Me 329 e
nel 1942 venne iniziata la costruzione di un simulacro in legno a grandezza naturale. Davanti alla necessità di dover scegliere un solo vincitore per il futuro Zerstörer (termine che in gergo aeronautico indica il concetto di cacciabombardiere) si decise di affidare ai due ingegneri Hans Hornung e Woldemar Voigt il compito di stilare un rapporto comparativo tra i modelli in gara ed allo scopo di vagliare la fattibilità della formula “senza coda” per un velivolo da combattimento. L'esito dell'indagine fu abbastanza chiaro: entrambi i tecnici conclusero che, seppur non sussistendo enormi differenze in ambito di velocità massima, le proposte “senza coda” promettevano delle prestazioni nel
Tavola tecnica del Messerschmitt Me.329.
mutuava l'impostazione concettuale di base con l'ala a freccia, l'assenza dei piani orizzontali di coda ed i motori sistemati in posizione propulsiva in due gondole annegate nel piano alare. Rispetto al diretto rivale, il nuovo progetto azzardava una nuova fusoliera, dalla sezione circolare e che ospitava due membri dell'equipaggio, rispettivamente pilota e navigatore, disposti in seggiolini affiancati. I propulsori potevano essere alternativamente due Daimler-Benz DB 603 o due Jumo 213, i cui alloggiamenti erano stati ricavati all'interno dell'ala, a sua volta in
d'insieme del mock-up 16-18del Messerschmitt Me.329 cheVistepermettono di osservare il
dettaglio dell'armamento difensivo, che nei velivoli di serie si doveva comporre di una coppia di cannoncini da 30 mm a controllo remoto, e la stretta presa d’aria per il motore ritagliata sul bordo d’attacco alare.
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trittico del Lippisch P-010 13-14 e una ricostruzione grafica,Untratta da fonte videoludica, di come sarebbe apparso il Messerschmitt Me.265: al di là delle imprecisioni di dettaglio, si tratta comunque di un buon rendering.
15 in questa sede la possibilità di raccontare nel dettaglio l'intera vicenda, basti sottolineare che ai calcoli di laboratorio emerse che i due aerei presentavano delle performance sostanzialmente identiche, sicché, stante la maggior economicità di costruzione del Me 410, si preferì convogliare le risorse su tale aeroplano. Contemporaneamente, alla competizione interna alla Messerschmitt venne presentato anche un terzo modello, disegnato per iniziativa del Dr. Hermann Wurster: si trattava, essenzialmente, di una sorta di proposta contraltare al modello di Lippisch, del quale
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posizione mediana e sul cui bordo anteriore erano state ritagliate due ampie aperture per il raffreddamento dei radiatori. Aspetto molto interessante del disegno era costituito dall'armamento, il quale, oltre a prevedere quattro cannoncini in caccia MG 151/20 da 20 mm, adottava in coda altri due Mk 103 da 30 mm a controllo remoto e collocati all'interno di una capsula posta all'estremità posteriore della fusoliera. Il carico bellico stimato era di 1.000 kg alloggiati in stiva e, nel complesso, venne preventivata una velocità massima di 792 km/h con un'autonomia di 4.450 km. Sulla scorta di tali presentazioni, Messerschmitt decise di sviluppare il modello con la denominazione Me 329 e
nel 1942 venne iniziata la costruzione di un simulacro in legno a grandezza naturale. Davanti alla necessità di dover scegliere un solo vincitore per il futuro Zerstörer (termine che in gergo aeronautico indica il concetto di cacciabombardiere) si decise di affidare ai due ingegneri Hans Hornung e Woldemar Voigt il compito di stilare un rapporto comparativo tra i modelli in gara ed allo scopo di vagliare la fattibilità della formula “senza coda” per un velivolo da combattimento. L'esito dell'indagine fu abbastanza chiaro: entrambi i tecnici conclusero che, seppur non sussistendo enormi differenze in ambito di velocità massima, le proposte “senza coda” promettevano delle prestazioni nel
Tavola tecnica del Messerschmitt Me.329.
mutuava l'impostazione concettuale di base con l'ala a freccia, l'assenza dei piani orizzontali di coda ed i motori sistemati in posizione propulsiva in due gondole annegate nel piano alare. Rispetto al diretto rivale, il nuovo progetto azzardava una nuova fusoliera, dalla sezione circolare e che ospitava due membri dell'equipaggio, rispettivamente pilota e navigatore, disposti in seggiolini affiancati. I propulsori potevano essere alternativamente due Daimler-Benz DB 603 o due Jumo 213, i cui alloggiamenti erano stati ricavati all'interno dell'ala, a sua volta in
d'insieme del mock-up 16-18del Messerschmitt Me.329 cheVistepermettono di osservare il
dettaglio dell'armamento difensivo, che nei velivoli di serie si doveva comporre di una coppia di cannoncini da 30 mm a controllo remoto, e la stretta presa d’aria per il motore ritagliata sul bordo d’attacco alare.
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complesso superiori rispetto alla formula tradizionale. Il rovescio della medaglia di tale configurazione venne ravvisato nei rischi di sviluppo e nella circostanza che il concetto di ala volante era un terreno ancora inesplorato e che, pertanto, ci sarebbe voluto del tempo prima di poterne comprendere appieno il funzionamento: tempo che la Germania dell'epoca, si era già arrivati al 1943, non aveva. Sulla scorta di questi ragionamenti, venne deciso di interrompere ogni ulteriore attività sugli apparecchi proposti e si preferì autorizzare la produzione del Messerschmitt Me 410 quale soluzione ad interim nell'attesa di materiale motorizzato a getto. Come anticipato, tuttavia, sui cacciabombardieri senza coda di Lippisch e Messerschmitti le fonti non sono univoche e si sono radicate nel corso del tempo due tesi contrastanti, entrambe avallate da autorevoli storici, e tra le quali non è semplice riuscire ad orientarsi. Di opinione contraria alla vicenda che abbiamo poc'anzi raccontato sono quegli studiosi che ritengono che il Messerschmitt Me 265 ed il Messerschmitt Me 329
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Il prototipo del Lippisch DM-1. Ultimato poco dopo la seconda Guerra Mondiale e sottoposto ad attenti esami, l'apparecchio gettò le basi per buona parte della futura produzione a delta firmata Convair.
siano stati realizzati in successione temporale, ossia con il secondo presentato quale evoluzione diretta del primo e quale unica alternativa ufficiale al Me 410. Tali tesi vengono solitamente confortate da disegni e memoriali, secondo cui, in realtà, il Me 265 sarebbe stato il frutto evolutivo di una serie di progetti di massima ricompresi sotto l'etichetta Lippisch P.04. Poiché il velivolo venne scartato per ragioni di economia produttiva, Lippisch avrebbe affidato al predetto collaboratore Hermann Wurster il compito di affinare il disegno fino a confluire in un progetto più moderno, ossia il P.10 e che verrà ufficializzato come Me 329. L'apparecchio sarebbe quindi stato costruito in forma di simulacro ligneo verso la fine del 1944, cui sarebbe seguito un aliante collaudato brevemente a Rechlin ma che finì perduto nel collasso bellico tedesco. Le fonti non sono molto chiare in argomento, posto che Messerschmitt e Lippisch hanno proposto delle differenti versioni, ma fatto sta che la commissione comparativa che venne istituita per valutare il miglior progetto da
presentare all'RLM espresse un giudizio di parità più o meno perfetta. Obiettivamente, va riconosciuto che i due modelli erano tra loro concettualmente molto simili, ma l'evolversi cronologico degli eventi sembra deporre a favore di quanto emerge dalla biografia di Messerschmitt: se si pensa che i due programmi erano stati presentati come concorrenti del Me 410, infatti, si osserva che, poiché l’aeroplano entrò in servizio nel 1943, può destare perplessità che il relativo concorso sia stato trascinato fino alla fine della guerra. Ne deriva che, date alla mano, pare abbia maggior suffragio l'idea che il Messerschmitt Me 329 sia stato un coetaneo del Me 265, ammesso e non concesso che tale velivolo si sia effettivamente chiamato così, e che i due progetti siano stati tra loro in competizione salvo essere entrambi abbandonati in favore del sopra citato Me 410. Comunque, con il consumarsi della rottura con Messerschmitt, nel tardo 1943 Lippisch ottenne il trasferimento presso l'Istituto di Ricerca Aeronautica di Vienna, di cui divenne il direttore e presso il quale, in collaborazione con le università di Darmstadt e di Monaco di Baviera, si dedicò allo studio del volo alle elevate velocità. Lippisch tornò quindi a approcciarsi al tema dell'ala a delta ed elaborò il progetto dell'aliante DM-1, ossia un bizzarro aeroplano dalla forma grossomodo triangolare e che si caratterizzava per l'insolita deriva verticale di circa 45° che fungeva contemporaneamente da fusoliera. Concepito per scopi sperimentali e come base di partenza per il progetto dell'intercettore P.13, rimasto allo stadio di disegno, del DM-1 venne intrapresa la costruzione nel novembre del 1944 presso dei piccoli stabilimenti di Prien am Chiemsee (Baviera): qui il prototipo venne trovato quasi ultimato dalle truppe statunitensi, che consentirono a Lippisch di ultimarne nel novembre del 1945 l'assemblaggio e che lo trasferirono successivamente negli U.S.A. per valutazioni da parte del personale NACA. In particolare, l'aliante venne sottoposto a test di galleria del vento, durante i quali si decise di modificarne il disegno accorciandone vistosamente la lunga pinna verticale e spostando l'abitacolo, che originariamente era sul margine anteriore della fusoliera, in posizione più arretrata. Dato corso a tali indagini, i relativi risultati furono trasmessi alla Convair per lo studio dell'ala a delta, mentre il mezzo venne ceduto allo Smithsonian National Air and Space Museum. Svaniti gli interessi per i suoi progetti, la carriera di Lippisch in terra statunitense non ebbe ulteriori soddisfazioni: finito nelle reti dell'operazione “Paperclip”, infatti, il progettista lavorò per qualche anno per la Collins Radio Company (Iowa), dove si dedicò allo studio dell'effetto suolo nel volo rasoterra, ma già nel 1964 dovette ritirarsi da ogni attività per grave malattia. Morto l'undici febbraio 1976, Lippisch ebbe anche modo di costituire una propria impresa dedita alla sperimentazione e progettazione di piccoli idrovolanti, ma anche in questo campo non ebbe fortuna.
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Disegno artistico della struttura del progettato intercettore Lippisch P.13.
Nel 1946 il Lippisch DM-1 venne estesamene modificato per essere sottoposto ad esami in galleria del vento presso il Langley Memorial Aeronautical Laboratory.
22 Dal progetto P.13 Lippisch ricavò anche il modello a delta P.13b.
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complesso superiori rispetto alla formula tradizionale. Il rovescio della medaglia di tale configurazione venne ravvisato nei rischi di sviluppo e nella circostanza che il concetto di ala volante era un terreno ancora inesplorato e che, pertanto, ci sarebbe voluto del tempo prima di poterne comprendere appieno il funzionamento: tempo che la Germania dell'epoca, si era già arrivati al 1943, non aveva. Sulla scorta di questi ragionamenti, venne deciso di interrompere ogni ulteriore attività sugli apparecchi proposti e si preferì autorizzare la produzione del Messerschmitt Me 410 quale soluzione ad interim nell'attesa di materiale motorizzato a getto. Come anticipato, tuttavia, sui cacciabombardieri senza coda di Lippisch e Messerschmitti le fonti non sono univoche e si sono radicate nel corso del tempo due tesi contrastanti, entrambe avallate da autorevoli storici, e tra le quali non è semplice riuscire ad orientarsi. Di opinione contraria alla vicenda che abbiamo poc'anzi raccontato sono quegli studiosi che ritengono che il Messerschmitt Me 265 ed il Messerschmitt Me 329
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Il prototipo del Lippisch DM-1. Ultimato poco dopo la seconda Guerra Mondiale e sottoposto ad attenti esami, l'apparecchio gettò le basi per buona parte della futura produzione a delta firmata Convair.
siano stati realizzati in successione temporale, ossia con il secondo presentato quale evoluzione diretta del primo e quale unica alternativa ufficiale al Me 410. Tali tesi vengono solitamente confortate da disegni e memoriali, secondo cui, in realtà, il Me 265 sarebbe stato il frutto evolutivo di una serie di progetti di massima ricompresi sotto l'etichetta Lippisch P.04. Poiché il velivolo venne scartato per ragioni di economia produttiva, Lippisch avrebbe affidato al predetto collaboratore Hermann Wurster il compito di affinare il disegno fino a confluire in un progetto più moderno, ossia il P.10 e che verrà ufficializzato come Me 329. L'apparecchio sarebbe quindi stato costruito in forma di simulacro ligneo verso la fine del 1944, cui sarebbe seguito un aliante collaudato brevemente a Rechlin ma che finì perduto nel collasso bellico tedesco. Le fonti non sono molto chiare in argomento, posto che Messerschmitt e Lippisch hanno proposto delle differenti versioni, ma fatto sta che la commissione comparativa che venne istituita per valutare il miglior progetto da
presentare all'RLM espresse un giudizio di parità più o meno perfetta. Obiettivamente, va riconosciuto che i due modelli erano tra loro concettualmente molto simili, ma l'evolversi cronologico degli eventi sembra deporre a favore di quanto emerge dalla biografia di Messerschmitt: se si pensa che i due programmi erano stati presentati come concorrenti del Me 410, infatti, si osserva che, poiché l’aeroplano entrò in servizio nel 1943, può destare perplessità che il relativo concorso sia stato trascinato fino alla fine della guerra. Ne deriva che, date alla mano, pare abbia maggior suffragio l'idea che il Messerschmitt Me 329 sia stato un coetaneo del Me 265, ammesso e non concesso che tale velivolo si sia effettivamente chiamato così, e che i due progetti siano stati tra loro in competizione salvo essere entrambi abbandonati in favore del sopra citato Me 410. Comunque, con il consumarsi della rottura con Messerschmitt, nel tardo 1943 Lippisch ottenne il trasferimento presso l'Istituto di Ricerca Aeronautica di Vienna, di cui divenne il direttore e presso il quale, in collaborazione con le università di Darmstadt e di Monaco di Baviera, si dedicò allo studio del volo alle elevate velocità. Lippisch tornò quindi a approcciarsi al tema dell'ala a delta ed elaborò il progetto dell'aliante DM-1, ossia un bizzarro aeroplano dalla forma grossomodo triangolare e che si caratterizzava per l'insolita deriva verticale di circa 45° che fungeva contemporaneamente da fusoliera. Concepito per scopi sperimentali e come base di partenza per il progetto dell'intercettore P.13, rimasto allo stadio di disegno, del DM-1 venne intrapresa la costruzione nel novembre del 1944 presso dei piccoli stabilimenti di Prien am Chiemsee (Baviera): qui il prototipo venne trovato quasi ultimato dalle truppe statunitensi, che consentirono a Lippisch di ultimarne nel novembre del 1945 l'assemblaggio e che lo trasferirono successivamente negli U.S.A. per valutazioni da parte del personale NACA. In particolare, l'aliante venne sottoposto a test di galleria del vento, durante i quali si decise di modificarne il disegno accorciandone vistosamente la lunga pinna verticale e spostando l'abitacolo, che originariamente era sul margine anteriore della fusoliera, in posizione più arretrata. Dato corso a tali indagini, i relativi risultati furono trasmessi alla Convair per lo studio dell'ala a delta, mentre il mezzo venne ceduto allo Smithsonian National Air and Space Museum. Svaniti gli interessi per i suoi progetti, la carriera di Lippisch in terra statunitense non ebbe ulteriori soddisfazioni: finito nelle reti dell'operazione “Paperclip”, infatti, il progettista lavorò per qualche anno per la Collins Radio Company (Iowa), dove si dedicò allo studio dell'effetto suolo nel volo rasoterra, ma già nel 1964 dovette ritirarsi da ogni attività per grave malattia. Morto l'undici febbraio 1976, Lippisch ebbe anche modo di costituire una propria impresa dedita alla sperimentazione e progettazione di piccoli idrovolanti, ma anche in questo campo non ebbe fortuna.
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Disegno artistico della struttura del progettato intercettore Lippisch P.13.
Nel 1946 il Lippisch DM-1 venne estesamene modificato per essere sottoposto ad esami in galleria del vento presso il Langley Memorial Aeronautical Laboratory.
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L'angusto abitacolo del bimotore Horten Ho.IX rappresentò uno dei principali difetti progettuali del velivolo, dato che impediva ai piloti la necessaria libertà nei movimenti.
Il pilota Erwin Ziller con indosso la speciale tuta Watangzung studiata per cercare di ovviare alla mancanza di un sistema di pressurizzazione della cabina di pilotaggio. L’idea non ebbe seguito.
Lo Horten Ho IX V2 durante i primi collaudi sull'aeroporto di Oranienburg.
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tradursi in un inutile dispendio di energie e praticamente tutte le grandi firme aeronautiche tedesche se ne disinteressarono. Gli unici che ebbero il coraggio di farsi avanti con qualcosa di concreto furono proprio i fratelli Horten, che proposero il disegno di massima di un aereo a tutta ala ispirato al precedente H.V e spinto da due motori jet BMW 003. Nella primavera del 1943 venne quindi steso il progetto di un velivolo senza coda e senza fusoliera, con l'ala ad elevata apertura e dalla conformazione a f reccia longitudinalmente asimmetrica, in quanto il bordo d'uscita non ricalcava il disegno di quello d'entrata e sviluppava un più contenuto angolo geometrico. La struttura si divideva in tre sezioni: una centrale, costruita in tubi di acciaio rivestito in legno e resa irregolare da un accentuato pronunciamento a puntone posteriore, e due laterali, che di fatto erano due semiali interamente lignee e che si andavano progressivamente rastremando in un elevato diedro positivo. Tutte le installazioni erano concentrate all'interno della suddetta sezione centrale, sul cui bordo anteriore trovava spazio un piccolo abitacolo sormontato dal tettuccio con apertura a scorrimento su binari, nonché i due motori a reazione alloggiati all'interno di due gondole cilindriche e parzialmente annegate nel piano alare. Per consentire il passaggio dei flussi d'aria, sul margine inferiore del bordo d'attacco vennero ritagliate due aperture ovali, mentre il carrello, triciclo ed interamente retrattile, presentava un elemento anteriore più alto rispetto alle gambe posteriori. L'armamento si costituiva di quattro cannoncini MK 108 da 30 mm, oppure da due armi a canna lunga MK 103 di pari calibro, nonché di un carico di caduta agganciato esternamente sotto il ventre dell'aeroplano (non erano previste stive). Dello studio Reimar Horten presentò un rapporto ufficiale all'allora Maggiore responsabile dell'ufficio tecnico del Reichsmarchall Ulrich Diesing, il quale decise che era opportuno chiedere il preventivo parere di esperti e tecnici dell'RLM, in quanto non ritenne possibile che un gruppo di lavoro privo di esperienza bellica potesse aver progettato una macchina da combattimento tanto avanzata. Il progetto si perse, conseguentemente, tra inutili passaggi di mano e diatribe accademiche tra professori e rappresentanti dell'industria aeronautica tedesca, col risultato che dovette essere lo stesso Göring a porre fine alla disputa convocando i fratelli Horten presso la propria residenza di Carinhall per il 28 settembre 1943. Göring capì le potenzialità del mezzo, del quale, alla fase di calcolo, era stata prevista una velocità massima di 950 km/h, con una autonomia di combattimento di 800 km ed un carico bellico di circa 1.000 kg: tali previsioni, anche se leggermente inferiori rispetto ai requisiti di concorso, si rivelarono comunque impressionanti, considerato che nessun velivolo all'epoca in operatività poteva avvicinarvisi. Ulteriore argomento a favore del bimotore, che nel frattempo aveva ricevuto la denominazione di Horten Ho.IX, era dato dall'economicità della relativa costruzione,
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Lo Horten Ho.IX V2 in procinto di prendere il volo ai comandi di Erwin Ziller.
in quanto il largo uso di materiale ligneo non sarebbe andato ad impattare sulle risorse strategiche tedesche e nemmeno avrebbe richiesto l'impiego di mano d'opera specializzata. Il Generalfeldmarschall Ehard Milch venne quindi incaricato di fornire appoggio logistico agli Horten, per i quali venne costituita la società Horten Flugzeugbau GmbH, con sede a Bonn ma con gli impianti produttivi a Göttingen, ed a cui furono erogati i finanziamenti per la
costruzione di tre prototipi volanti: un aliante e due modelli motorizzati. Al progetto fu quindi allocato il codice RLM 8-229, cui derivò la sigla ufficiale Horten 229, ed il modello aliante venne portato in volo dal collaudatore Heinz Scheidhauer il primo marzo 1944 (alcuni affermano che si sarebbe trattato del giorno cinque), dopodiché seguirono ulteriori prove valutative durante il successivo mese di aprile ad Oranienburg, vicino a Berlino: qui il velivolo fu visionato anche dai tecnici dell'istituto per studi aeronautici DVL (Deutsche Versuchsanstalt für Luftfahrt), che lo giudicarono una buona piattaforma di tiro, ma che ravvisarono altresì una tendenza all'oscillazione eccessivamente elevata. Ad ogni modo, l'apparecchio superò tutti i controlli del caso, anche se fu necessario irrobustire il carrello a causa del cedimento della gamba anteriore, e si rivelò nel complesso abbastanza stabile nonostante l'assenza di impennaggi e derive verticali/orizzontali. Terminate le fasi conoscitive, l'aliante fu trasferito a Brandis per addestrare i piloti della locale scuola aerea ed in tale sede rimase fino alla fine della guerra, quando venne catturato e distrutto dai soldati della 9th Armoured Division statunitense. Mentre procedevano i collaudi sull'aliante Ho.IX V1, a Göttingen il piccolo stabilimento Horten lavorava a ritmi febbrili per completare il modello motorizzato V2, ma una serie di imprevisti tecnici e di approvvigionamento ne rallentò enormemente la tabella di marcia. Fonti inesauribili di ritardi furono, in particolare, i due
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L'angusto abitacolo del bimotore Horten Ho.IX rappresentò uno dei principali difetti progettuali del velivolo, dato che impediva ai piloti la necessaria libertà nei movimenti.
Il pilota Erwin Ziller con indosso la speciale tuta Watangzung studiata per cercare di ovviare alla mancanza di un sistema di pressurizzazione della cabina di pilotaggio. L’idea non ebbe seguito.
Lo Horten Ho IX V2 durante i primi collaudi sull'aeroporto di Oranienburg.
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tradursi in un inutile dispendio di energie e praticamente tutte le grandi firme aeronautiche tedesche se ne disinteressarono. Gli unici che ebbero il coraggio di farsi avanti con qualcosa di concreto furono proprio i fratelli Horten, che proposero il disegno di massima di un aereo a tutta ala ispirato al precedente H.V e spinto da due motori jet BMW 003. Nella primavera del 1943 venne quindi steso il progetto di un velivolo senza coda e senza fusoliera, con l'ala ad elevata apertura e dalla conformazione a f reccia longitudinalmente asimmetrica, in quanto il bordo d'uscita non ricalcava il disegno di quello d'entrata e sviluppava un più contenuto angolo geometrico. La struttura si divideva in tre sezioni: una centrale, costruita in tubi di acciaio rivestito in legno e resa irregolare da un accentuato pronunciamento a puntone posteriore, e due laterali, che di fatto erano due semiali interamente lignee e che si andavano progressivamente rastremando in un elevato diedro positivo. Tutte le installazioni erano concentrate all'interno della suddetta sezione centrale, sul cui bordo anteriore trovava spazio un piccolo abitacolo sormontato dal tettuccio con apertura a scorrimento su binari, nonché i due motori a reazione alloggiati all'interno di due gondole cilindriche e parzialmente annegate nel piano alare. Per consentire il passaggio dei flussi d'aria, sul margine inferiore del bordo d'attacco vennero ritagliate due aperture ovali, mentre il carrello, triciclo ed interamente retrattile, presentava un elemento anteriore più alto rispetto alle gambe posteriori. L'armamento si costituiva di quattro cannoncini MK 108 da 30 mm, oppure da due armi a canna lunga MK 103 di pari calibro, nonché di un carico di caduta agganciato esternamente sotto il ventre dell'aeroplano (non erano previste stive). Dello studio Reimar Horten presentò un rapporto ufficiale all'allora Maggiore responsabile dell'ufficio tecnico del Reichsmarchall Ulrich Diesing, il quale decise che era opportuno chiedere il preventivo parere di esperti e tecnici dell'RLM, in quanto non ritenne possibile che un gruppo di lavoro privo di esperienza bellica potesse aver progettato una macchina da combattimento tanto avanzata. Il progetto si perse, conseguentemente, tra inutili passaggi di mano e diatribe accademiche tra professori e rappresentanti dell'industria aeronautica tedesca, col risultato che dovette essere lo stesso Göring a porre fine alla disputa convocando i fratelli Horten presso la propria residenza di Carinhall per il 28 settembre 1943. Göring capì le potenzialità del mezzo, del quale, alla fase di calcolo, era stata prevista una velocità massima di 950 km/h, con una autonomia di combattimento di 800 km ed un carico bellico di circa 1.000 kg: tali previsioni, anche se leggermente inferiori rispetto ai requisiti di concorso, si rivelarono comunque impressionanti, considerato che nessun velivolo all'epoca in operatività poteva avvicinarvisi. Ulteriore argomento a favore del bimotore, che nel frattempo aveva ricevuto la denominazione di Horten Ho.IX, era dato dall'economicità della relativa costruzione,
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Lo Horten Ho.IX V2 in procinto di prendere il volo ai comandi di Erwin Ziller.
in quanto il largo uso di materiale ligneo non sarebbe andato ad impattare sulle risorse strategiche tedesche e nemmeno avrebbe richiesto l'impiego di mano d'opera specializzata. Il Generalfeldmarschall Ehard Milch venne quindi incaricato di fornire appoggio logistico agli Horten, per i quali venne costituita la società Horten Flugzeugbau GmbH, con sede a Bonn ma con gli impianti produttivi a Göttingen, ed a cui furono erogati i finanziamenti per la
costruzione di tre prototipi volanti: un aliante e due modelli motorizzati. Al progetto fu quindi allocato il codice RLM 8-229, cui derivò la sigla ufficiale Horten 229, ed il modello aliante venne portato in volo dal collaudatore Heinz Scheidhauer il primo marzo 1944 (alcuni affermano che si sarebbe trattato del giorno cinque), dopodiché seguirono ulteriori prove valutative durante il successivo mese di aprile ad Oranienburg, vicino a Berlino: qui il velivolo fu visionato anche dai tecnici dell'istituto per studi aeronautici DVL (Deutsche Versuchsanstalt für Luftfahrt), che lo giudicarono una buona piattaforma di tiro, ma che ravvisarono altresì una tendenza all'oscillazione eccessivamente elevata. Ad ogni modo, l'apparecchio superò tutti i controlli del caso, anche se fu necessario irrobustire il carrello a causa del cedimento della gamba anteriore, e si rivelò nel complesso abbastanza stabile nonostante l'assenza di impennaggi e derive verticali/orizzontali. Terminate le fasi conoscitive, l'aliante fu trasferito a Brandis per addestrare i piloti della locale scuola aerea ed in tale sede rimase fino alla fine della guerra, quando venne catturato e distrutto dai soldati della 9th Armoured Division statunitense. Mentre procedevano i collaudi sull'aliante Ho.IX V1, a Göttingen il piccolo stabilimento Horten lavorava a ritmi febbrili per completare il modello motorizzato V2, ma una serie di imprevisti tecnici e di approvvigionamento ne rallentò enormemente la tabella di marcia. Fonti inesauribili di ritardi furono, in particolare, i due
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Il prototipo Horten Ho.IX V3 venne catturato quasi completo e fu trasportato negli Stati Uniti dove fu riassemblato per breve tempo presso gli stabilimenti Douglas di Chicago.
propulsori BMW 003: pur essendo stati ordinati già nel marzo del 1943, infatti, al mese di ottobre di questi impianti non vi era ancora alcuna traccia e dalla relativa casa produttrice vennero consegnati solo dei simulacri per prove di assemblaggio. Ad aggravare la situazione ci pensò poco tempo dopo il Dr. Hermann Oesterich, capo della sezione motoristica a reazione della BMW, il quale informò Reimar Horten che, per ragioni industriali, la fornitura del tanto agognato propulsore doveva essere forzatamente rimandata a data da definirsi. Il progettista dovette conseguentemente riparare sullo Junkers Jumo 004, che, fortunatamente, era già stato preso in considerazione durante gli studi preliminari dell'apparecchio e per il quale erano già pronte alcune possibili soluzioni tecniche ed aerodinamiche. Il problema principale era dettato, tuttavia, dalla circostanza che il nuovo motore, pur essendo più potente del contraltare BMW, era anche più pesante di circa 100 kg ed era parimenti molto più ingombrante. Per poter installare tale impianto, pertanto, i tecnici furono costretti a riprogettare e ricostruire praticamente tutto il velivolo: gli alloggiamenti dei propulsori dovettero essere ridisegnati, le relative prese d'aria anteriori furono ingrandite ricevendo una vistosa sezione circolare e dal diametro di sessanta centimetri, mentre, nel complesso, l'aeroplano uscì sensibilmente ingrandito e con la superficie alare che da 42 m² passava a 75 m². Il progetto entrò quindi in una fase di stallo imposta
Sezione centrale dello Horten Ho.IX per lungo tempo in 48-49 deposito allo Smithsonian National Air and Space Museum di
Silver Hill, Maryland, USA. Sotto il profilo strutturale lo Horten Ho.IX si componeva di una sezione centrale in tubi di acciaio saldati che ospitava i motori, l'abitacolo e tutti gli organi vitali e sulla quale si innestavano le semiali costruite, invece, interamente in legno.
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dalla necessità di approntare gli adattamenti di cui sopra ed al primo giugno 1944, data in cui si sarebbe dovuto tenere il primo collaudo, il prototipo era ancora arenato all'assemblaggio. Per cercare di accelerare i tempi, i vertici delle SS, che avevano nel frattempo preso il controllo dei piani più avanzati di ricerca bellici tedeschi, decisero, per tramite della componente SS-Flieger, di implementare il programma dello Ho.IX accordandogli elevata priorità: nel giugno del 1944 furono affidati ai comandi di Walter Horten trenta specialisti da impiegare quale supporto al lavoro del fratello Reimar e venne altresì commissionata una preserie di dieci unità, poi aumentate a venti esemplari, da costruirsi direttamente dai tavoli da disegno presso gli stabilimenti della Gothaer Waggonfabrick AG, comunemente nota come Gotha. In realtà venne in un primo momento ipotizzato di frammentare la produzione del velivolo tra una piccola galassia di subappalti e subforniture per ridurre l'effetto dei bombardamenti alleati sui grandi poli industriali, ma alla fine si decise, per ragioni di maggiore celerità, di affidare tutto alla Gotha: fu proprio sulla base di questa circostanza che nel dopoguerra il bimotore venne chiamato Gotha Go.229, ma la dicitura è da considerarsi fuorviante. Ad ogni modo, un gruppo di tecnici della Horten fu incaricato di predisporre il necessario per allestire le catene produttive dei predetti impianti e per formarne il relativo personale, ma l'incontro non fu particolarmente felice, in quanto gli ingegneri Gotha, presa visione del materiale ricevuto, sollevarono non poche perplessità: il velivolo, i n fa tt i , e ra s p rov v i s to d i q u a l s i a s i s i s te m a d i pressurizzazione, sicché gli era precluso il volo in quota, il previsto impianto di eiezione del seggiolino mediante catapulta non venne giudicato soddisfacente, furono espresse doglianze in ordine all'abitacolo, ritenuto talmente angusto da non permettere al pilota di interagire con la strumentazione di bordo, e fu bocciata la sistemazione dei motori, troppo complicata e macchinosa per essere applicata su larga scala e dalla difficile manutenzione e/o sostituzione. Per ovviare a tali inconvenienti, Reimar Horten dovette quindi rimettere ancora una volta mano al progetto ed apportare tutta una serie di modifiche strutturali da inserire già sul terzo prototipo commissionatogli. In particolare, si dovette arretrare i motori allungandone la carenatura, venne ipotizzato di adottare l'impianto di espulsione del pilota sviluppato da Dornier per il Do. 335 e si valutò l'utilizzo di una tuta pressurizzata da indossare per il volo in quota; soluzione che venne scartata dopo qualche breve esperimento. Per migliorare il centraggio, inoltre, fu necessario zavorrare il mezzo di circa quattrocento chili, che vennero ricavati introducendo una spessa corazzatura dell'abitacolo, per cui fu ridisegnato anche il relativo carrello per aumentarne la robustezza. L'esito degli interventi progettuali determinò un enorme rallentamento dell'intero programma, che al mese di settembre del 1944 era ancora fermo tra prove statiche ed adattamenti strutturali, nonché era bloccato tra modifiche dell'ultimo minuto relative alla distribuzione
dei pesi, degli organi interni (motori, serbatoi di carburante, impianto radio, ecc…) e della strumentazione di bordo. Facendo seguito alla riorganizzazione industriale tedesca che determinò il complessivo profondo riassetto della forza lavoro in uno stretto accentramento politico affidato ad Albert Speer, il programma della Nurflügel (Ala volante) Horten passò di mano organizzativa all'Ing. Karl Otto Saur ed al Colonnello Siegf ried Knemeyer: nell'autunno del 1944 vennero conseguentemente ordinati dodici esemplari dell'aliante Horten Ho.III da destinare al costituendo nucleo da addestramento piloti presso le avio-scuole di Klippeneck e di Hornberg (entrambe nel land del Baden-Württemberg). Sempre per scopi addestrativi venne altresì ultimato il già menzionato bimotore Horten Ho.VII, del quale fu costruito un solo prototipo volante, incidentato nel febbraio 1945 e distrutto a fine guerra, e di cui vennero ordinati altri venti esemplari mai realizzati. Colpo di grazia alle intenzioni produttive ed alle speranze costruite attorno allo Horten Ho.IX arrivò il 20 luglio 1944, quando l'Eighth Air Force statunitense bombardò il comparto industriale Gotha dove il mezzo doveva essere prodotto e distrusse circa l’80% degli edifici ivi presenti. Nonostante l'accaduto, nel dicembre del 1944 si riuscì comunque ad ultimare la costruzione del prototipo motorizzato V2 e a trasportarlo presso l'aeroporto di Oranienburg per le valutazioni ufficiali: qui il mezzo venne affidato alle cure del tenente Erwin Ziller, il quale, pur avendo volato diverse volte sugli alianti a tutta ala Horten, non aveva alcuna esperienza con i velivoli a reazione. A questo punto della vicenda, purtroppo, la cronistoria degli eventi si rende confusionaria: secondo Reimar Horten, infatti, il 18 dicembre 1944 vi sarebbe effettivamente stato il primo volo del bimotore, ma nei rapporti operativi sarebbero indicati solo due collaudi, di appena una ventina di minuti ciascuno, recanti data 23 dicembre 1944, mentre Ziller, addirittura, nulla avrebbe riportato sul proprio diario. Ufficialmente, comunque, il personale del Reparto Collaudi di Rechlin ivi presente si limitò a segnare delle sole prove di rullaggio e va sottolineato che Ziller riuscì a ricevere un breve addestramento per il volo a jet su un Me 262 solamente il 29 dicembre 1944, sicché pare improbabile che gli sia stato precedentemente permesso di decollare con un apparecchio tanto sofisticato come l'Ho.IX senza alcuna preventiva formazione. Ad ogni modo, il 2 febbraio 1945 il bimotore Horten Ho.IX, prototipo V2, riuscì finalmente a decollare ai comandi del predetto tenente Ziller per eseguire un volo livellato a circa 300 km/h di velocità: seguì il giorno dopo un ulteriore collaudo, che terminò con il danneggiamento del carrello a causa di un atterraggio troppo brusco. Gli esiti di siffatte brevi valutazioni furono comunque giudicati positivamente, dato che, nonostante il persistere di problemi di stabilità longitudinale, il velivolo si rivelò nel complesso capace di buone potenzialità, tanto che l'RLM ne commissionò l'immediata costruzione di quaranta esemplari della serie A-0. A discapito della disperata situazione bellica tedesca del
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Il prototipo Horten Ho.IX V3 venne catturato quasi completo e fu trasportato negli Stati Uniti dove fu riassemblato per breve tempo presso gli stabilimenti Douglas di Chicago.
propulsori BMW 003: pur essendo stati ordinati già nel marzo del 1943, infatti, al mese di ottobre di questi impianti non vi era ancora alcuna traccia e dalla relativa casa produttrice vennero consegnati solo dei simulacri per prove di assemblaggio. Ad aggravare la situazione ci pensò poco tempo dopo il Dr. Hermann Oesterich, capo della sezione motoristica a reazione della BMW, il quale informò Reimar Horten che, per ragioni industriali, la fornitura del tanto agognato propulsore doveva essere forzatamente rimandata a data da definirsi. Il progettista dovette conseguentemente riparare sullo Junkers Jumo 004, che, fortunatamente, era già stato preso in considerazione durante gli studi preliminari dell'apparecchio e per il quale erano già pronte alcune possibili soluzioni tecniche ed aerodinamiche. Il problema principale era dettato, tuttavia, dalla circostanza che il nuovo motore, pur essendo più potente del contraltare BMW, era anche più pesante di circa 100 kg ed era parimenti molto più ingombrante. Per poter installare tale impianto, pertanto, i tecnici furono costretti a riprogettare e ricostruire praticamente tutto il velivolo: gli alloggiamenti dei propulsori dovettero essere ridisegnati, le relative prese d'aria anteriori furono ingrandite ricevendo una vistosa sezione circolare e dal diametro di sessanta centimetri, mentre, nel complesso, l'aeroplano uscì sensibilmente ingrandito e con la superficie alare che da 42 m² passava a 75 m². Il progetto entrò quindi in una fase di stallo imposta
Sezione centrale dello Horten Ho.IX per lungo tempo in 48-49 deposito allo Smithsonian National Air and Space Museum di
Silver Hill, Maryland, USA. Sotto il profilo strutturale lo Horten Ho.IX si componeva di una sezione centrale in tubi di acciaio saldati che ospitava i motori, l'abitacolo e tutti gli organi vitali e sulla quale si innestavano le semiali costruite, invece, interamente in legno.
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dalla necessità di approntare gli adattamenti di cui sopra ed al primo giugno 1944, data in cui si sarebbe dovuto tenere il primo collaudo, il prototipo era ancora arenato all'assemblaggio. Per cercare di accelerare i tempi, i vertici delle SS, che avevano nel frattempo preso il controllo dei piani più avanzati di ricerca bellici tedeschi, decisero, per tramite della componente SS-Flieger, di implementare il programma dello Ho.IX accordandogli elevata priorità: nel giugno del 1944 furono affidati ai comandi di Walter Horten trenta specialisti da impiegare quale supporto al lavoro del fratello Reimar e venne altresì commissionata una preserie di dieci unità, poi aumentate a venti esemplari, da costruirsi direttamente dai tavoli da disegno presso gli stabilimenti della Gothaer Waggonfabrick AG, comunemente nota come Gotha. In realtà venne in un primo momento ipotizzato di frammentare la produzione del velivolo tra una piccola galassia di subappalti e subforniture per ridurre l'effetto dei bombardamenti alleati sui grandi poli industriali, ma alla fine si decise, per ragioni di maggiore celerità, di affidare tutto alla Gotha: fu proprio sulla base di questa circostanza che nel dopoguerra il bimotore venne chiamato Gotha Go.229, ma la dicitura è da considerarsi fuorviante. Ad ogni modo, un gruppo di tecnici della Horten fu incaricato di predisporre il necessario per allestire le catene produttive dei predetti impianti e per formarne il relativo personale, ma l'incontro non fu particolarmente felice, in quanto gli ingegneri Gotha, presa visione del materiale ricevuto, sollevarono non poche perplessità: il velivolo, i n fa tt i , e ra s p rov v i s to d i q u a l s i a s i s i s te m a d i pressurizzazione, sicché gli era precluso il volo in quota, il previsto impianto di eiezione del seggiolino mediante catapulta non venne giudicato soddisfacente, furono espresse doglianze in ordine all'abitacolo, ritenuto talmente angusto da non permettere al pilota di interagire con la strumentazione di bordo, e fu bocciata la sistemazione dei motori, troppo complicata e macchinosa per essere applicata su larga scala e dalla difficile manutenzione e/o sostituzione. Per ovviare a tali inconvenienti, Reimar Horten dovette quindi rimettere ancora una volta mano al progetto ed apportare tutta una serie di modifiche strutturali da inserire già sul terzo prototipo commissionatogli. In particolare, si dovette arretrare i motori allungandone la carenatura, venne ipotizzato di adottare l'impianto di espulsione del pilota sviluppato da Dornier per il Do. 335 e si valutò l'utilizzo di una tuta pressurizzata da indossare per il volo in quota; soluzione che venne scartata dopo qualche breve esperimento. Per migliorare il centraggio, inoltre, fu necessario zavorrare il mezzo di circa quattrocento chili, che vennero ricavati introducendo una spessa corazzatura dell'abitacolo, per cui fu ridisegnato anche il relativo carrello per aumentarne la robustezza. L'esito degli interventi progettuali determinò un enorme rallentamento dell'intero programma, che al mese di settembre del 1944 era ancora fermo tra prove statiche ed adattamenti strutturali, nonché era bloccato tra modifiche dell'ultimo minuto relative alla distribuzione
dei pesi, degli organi interni (motori, serbatoi di carburante, impianto radio, ecc…) e della strumentazione di bordo. Facendo seguito alla riorganizzazione industriale tedesca che determinò il complessivo profondo riassetto della forza lavoro in uno stretto accentramento politico affidato ad Albert Speer, il programma della Nurflügel (Ala volante) Horten passò di mano organizzativa all'Ing. Karl Otto Saur ed al Colonnello Siegf ried Knemeyer: nell'autunno del 1944 vennero conseguentemente ordinati dodici esemplari dell'aliante Horten Ho.III da destinare al costituendo nucleo da addestramento piloti presso le avio-scuole di Klippeneck e di Hornberg (entrambe nel land del Baden-Württemberg). Sempre per scopi addestrativi venne altresì ultimato il già menzionato bimotore Horten Ho.VII, del quale fu costruito un solo prototipo volante, incidentato nel febbraio 1945 e distrutto a fine guerra, e di cui vennero ordinati altri venti esemplari mai realizzati. Colpo di grazia alle intenzioni produttive ed alle speranze costruite attorno allo Horten Ho.IX arrivò il 20 luglio 1944, quando l'Eighth Air Force statunitense bombardò il comparto industriale Gotha dove il mezzo doveva essere prodotto e distrusse circa l’80% degli edifici ivi presenti. Nonostante l'accaduto, nel dicembre del 1944 si riuscì comunque ad ultimare la costruzione del prototipo motorizzato V2 e a trasportarlo presso l'aeroporto di Oranienburg per le valutazioni ufficiali: qui il mezzo venne affidato alle cure del tenente Erwin Ziller, il quale, pur avendo volato diverse volte sugli alianti a tutta ala Horten, non aveva alcuna esperienza con i velivoli a reazione. A questo punto della vicenda, purtroppo, la cronistoria degli eventi si rende confusionaria: secondo Reimar Horten, infatti, il 18 dicembre 1944 vi sarebbe effettivamente stato il primo volo del bimotore, ma nei rapporti operativi sarebbero indicati solo due collaudi, di appena una ventina di minuti ciascuno, recanti data 23 dicembre 1944, mentre Ziller, addirittura, nulla avrebbe riportato sul proprio diario. Ufficialmente, comunque, il personale del Reparto Collaudi di Rechlin ivi presente si limitò a segnare delle sole prove di rullaggio e va sottolineato che Ziller riuscì a ricevere un breve addestramento per il volo a jet su un Me 262 solamente il 29 dicembre 1944, sicché pare improbabile che gli sia stato precedentemente permesso di decollare con un apparecchio tanto sofisticato come l'Ho.IX senza alcuna preventiva formazione. Ad ogni modo, il 2 febbraio 1945 il bimotore Horten Ho.IX, prototipo V2, riuscì finalmente a decollare ai comandi del predetto tenente Ziller per eseguire un volo livellato a circa 300 km/h di velocità: seguì il giorno dopo un ulteriore collaudo, che terminò con il danneggiamento del carrello a causa di un atterraggio troppo brusco. Gli esiti di siffatte brevi valutazioni furono comunque giudicati positivamente, dato che, nonostante il persistere di problemi di stabilità longitudinale, il velivolo si rivelò nel complesso capace di buone potenzialità, tanto che l'RLM ne commissionò l'immediata costruzione di quaranta esemplari della serie A-0. A discapito della disperata situazione bellica tedesca del
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guerra mise fine senza grandi cerimonie al programma del bimotore Horten: nel marzo del 1945 lo SSGruppenführer Hans Kammler, divenuto supervisore della produzione di jet e motori a razzo, decise che tutte le energie produttive rimaste dovevano essere concentrate sul Messerschmitt Me 262 e, conseguentemente, ogni altro progetto aeronautico venne immediatamente interrotto. Il grosso del materiale relativo allo Horten Ho.IX venne quindi accantonato presso gli stabilimenti Gotha di Friedrichroda (Turingia) e qui il 14 aprile del 1945 il personale americano della Terza Armata trovò il prototipo V3 quasi completo, svariate componenti, la sezione
1945, l'Ho.IX venne nuovamente posto in discussione in capo al Ministero per via delle lacune tecniche che erano state sollevate dai tecnici della Gotha, i quali, dal canto loro, avevano nel frattempo sviluppato e supportato il proprio progetto di ala volante Gotha P.60. Ne derivò una inutile discussione epistolare (i fratelli Horten si rifiutarono di andare a Berlino, ormai nelle mire dell'Armata Rossa), che rimase perlopiù teorica, in quanto il 18 febbraio 1945 il modello Horten Ho.IX V2 venne comunque riportato in volo da Erwin Ziller per proseguire con i test valutativi: dopo qualche passaggio in velocità, dove si registrarono i 795 km/h calcolati a terra, l'aeroplano andò tuttavia fuori controllo a causa dello spegnimento del motore destro e precipitò al suolo dopo aver tracciato
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centrale priva di rivestimento e l'abitacolo di quello che doveva essere il V4, nonché lo scheletro dell'impostato modello V5. Tali reperti vennero trasferiti nell'estate del 1945 negli Stati Uniti al Freeman Field (Indiana) e quivi si ipotizzò di utilizzarli per assemblare un modello volante, ma l'idea venne quasi subito abbandonata per ragioni di bilancio e poiché, comunque, non era stato possibile recuperare tutte le parti necessarie, con la conseguenza che il tutto venne lasciato nel deposito n. 903 di Park Ridge (Illinois). Successivamente, i resti del modello V3 furono affidati alle officine Paul E. Gaber di Silver Hill (Maryland) per conto dello Smithsonian National Air and Space Museum onde tentarne il restauro, ma il progetto rimase lettera morta e solamente in anni molto più recenti si sta riuscendo ad ultimarne il recupero presso lo Steven F. Udvar-Hazy Center di Chantilly (Virginia).
diversi cerchi a mezz'aria. Non fu mai accertato per quale motivo Ziller non abbia abbandonato il velivolo – Walter Horten ipotizzò che il pilota avesse perso i sensi a causa del fumo presente all'interno dell'abitacolo – ma fatto sta che il prototipo andò distrutto e che lo sfortunato aviatore morì all'età di trentanove anni dopo essere finito contro un grosso albero. Oltre all'incidente, il catastrofico andamento della
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guerra mise fine senza grandi cerimonie al programma del bimotore Horten: nel marzo del 1945 lo SSGruppenführer Hans Kammler, divenuto supervisore della produzione di jet e motori a razzo, decise che tutte le energie produttive rimaste dovevano essere concentrate sul Messerschmitt Me 262 e, conseguentemente, ogni altro progetto aeronautico venne immediatamente interrotto. Il grosso del materiale relativo allo Horten Ho.IX venne quindi accantonato presso gli stabilimenti Gotha di Friedrichroda (Turingia) e qui il 14 aprile del 1945 il personale americano della Terza Armata trovò il prototipo V3 quasi completo, svariate componenti, la sezione
1945, l'Ho.IX venne nuovamente posto in discussione in capo al Ministero per via delle lacune tecniche che erano state sollevate dai tecnici della Gotha, i quali, dal canto loro, avevano nel frattempo sviluppato e supportato il proprio progetto di ala volante Gotha P.60. Ne derivò una inutile discussione epistolare (i fratelli Horten si rifiutarono di andare a Berlino, ormai nelle mire dell'Armata Rossa), che rimase perlopiù teorica, in quanto il 18 febbraio 1945 il modello Horten Ho.IX V2 venne comunque riportato in volo da Erwin Ziller per proseguire con i test valutativi: dopo qualche passaggio in velocità, dove si registrarono i 795 km/h calcolati a terra, l'aeroplano andò tuttavia fuori controllo a causa dello spegnimento del motore destro e precipitò al suolo dopo aver tracciato
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centrale priva di rivestimento e l'abitacolo di quello che doveva essere il V4, nonché lo scheletro dell'impostato modello V5. Tali reperti vennero trasferiti nell'estate del 1945 negli Stati Uniti al Freeman Field (Indiana) e quivi si ipotizzò di utilizzarli per assemblare un modello volante, ma l'idea venne quasi subito abbandonata per ragioni di bilancio e poiché, comunque, non era stato possibile recuperare tutte le parti necessarie, con la conseguenza che il tutto venne lasciato nel deposito n. 903 di Park Ridge (Illinois). Successivamente, i resti del modello V3 furono affidati alle officine Paul E. Gaber di Silver Hill (Maryland) per conto dello Smithsonian National Air and Space Museum onde tentarne il restauro, ma il progetto rimase lettera morta e solamente in anni molto più recenti si sta riuscendo ad ultimarne il recupero presso lo Steven F. Udvar-Hazy Center di Chantilly (Virginia).
diversi cerchi a mezz'aria. Non fu mai accertato per quale motivo Ziller non abbia abbandonato il velivolo – Walter Horten ipotizzò che il pilota avesse perso i sensi a causa del fumo presente all'interno dell'abitacolo – ma fatto sta che il prototipo andò distrutto e che lo sfortunato aviatore morì all'età di trentanove anni dopo essere finito contro un grosso albero. Oltre all'incidente, il catastrofico andamento della
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IA-37: VARIAZIONI SUL TEMA Dopo la seconda guerra mondiale e dopo aver brevemente provato a lavorare per le forze armate britanniche, i due fratelli Horten si separarono, in quanto Walter Horten fece ritorno in Germania (Ovest), mentre Reimar emigrò in Argentina nel 1950 su invito del celebre Kurt Tank per lavorare con lui presso la la Fàbrica Militar de Aviones (FMA). D a to c h e l a c o l l a b o r a z i o n e c o n Ta n k a n d ò velocemente scemando col progressivo fallimento del caccia a reazione IA-33 Pulqui II, il progettista di Bonn preferì ritagliarsi un proprio gruppo di lavoro presso l'Instituto Aerotécnico di Cordoba ed in tale sede tornò a dedicarsi alla progettazione di velivoli a tutta ala creando l'aliante biposto in tandem IA-34 ed il contemporaneo monoposto IA-34M. Nel 1950, inoltre, Reimar Horten prese di propria iniziativa contatto con gli ambienti ministeriali argentini
per sottoporre alcuni suoi progetti elaborati in tempo di guerra e, in particolare, per presentare il caccia a delta Ho.X. Questo apparecchio era stato progettato nel 1944 in risposta al cosiddetto programma “Volksjäger” (Caccia del Popolo), ossia un bando di gara indetto dall'RLM per la realizzazione di un aeroplano da combattimento leggero e costruito con materiali non strategici. Secondo alcuni autori, del modello erano state all'epoca elaborate due distinte versioni: la Ho.Xa, che rappresentava l'approccio più estremo mediante la stesura di un velivolo a tutta ala e dall'angolo fortemente acuto, e la Ho.Xb, che invece proponeva un mezzo più convenzionale, dotato di fusoliera, di ala a delta e timone verticale. Secondo altre fonti, invece, dello Horten Ho.X sarebbe stato abbozzato un unico disegno, peraltro sempre
Modello aliante in legno dello IA-37. 56-57 La prima versione presentava una linea estremamente pulita e definita, nonchè dall'insolita sezione romboidale. Si osservi l'abitacolo interamente finestrato con il pilota in posizione prona e fortemente decentrato sull'anteriore.
54-55
40
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Conan Doyle nella cabina dello IA-37.
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Lo IA-37 nella sua stesura definitiva.
Lo IA-34 in costruzione a Cordoba (Argentina) e, in basso, la versione monoposto IA-34M.
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IA-37: VARIAZIONI SUL TEMA Dopo la seconda guerra mondiale e dopo aver brevemente provato a lavorare per le forze armate britanniche, i due fratelli Horten si separarono, in quanto Walter Horten fece ritorno in Germania (Ovest), mentre Reimar emigrò in Argentina nel 1950 su invito del celebre Kurt Tank per lavorare con lui presso la la Fàbrica Militar de Aviones (FMA). D a to c h e l a c o l l a b o r a z i o n e c o n Ta n k a n d ò velocemente scemando col progressivo fallimento del caccia a reazione IA-33 Pulqui II, il progettista di Bonn preferì ritagliarsi un proprio gruppo di lavoro presso l'Instituto Aerotécnico di Cordoba ed in tale sede tornò a dedicarsi alla progettazione di velivoli a tutta ala creando l'aliante biposto in tandem IA-34 ed il contemporaneo monoposto IA-34M. Nel 1950, inoltre, Reimar Horten prese di propria iniziativa contatto con gli ambienti ministeriali argentini
per sottoporre alcuni suoi progetti elaborati in tempo di guerra e, in particolare, per presentare il caccia a delta Ho.X. Questo apparecchio era stato progettato nel 1944 in risposta al cosiddetto programma “Volksjäger” (Caccia del Popolo), ossia un bando di gara indetto dall'RLM per la realizzazione di un aeroplano da combattimento leggero e costruito con materiali non strategici. Secondo alcuni autori, del modello erano state all'epoca elaborate due distinte versioni: la Ho.Xa, che rappresentava l'approccio più estremo mediante la stesura di un velivolo a tutta ala e dall'angolo fortemente acuto, e la Ho.Xb, che invece proponeva un mezzo più convenzionale, dotato di fusoliera, di ala a delta e timone verticale. Secondo altre fonti, invece, dello Horten Ho.X sarebbe stato abbozzato un unico disegno, peraltro sempre
Modello aliante in legno dello IA-37. 56-57 La prima versione presentava una linea estremamente pulita e definita, nonchè dall'insolita sezione romboidale. Si osservi l'abitacolo interamente finestrato con il pilota in posizione prona e fortemente decentrato sull'anteriore.
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Conan Doyle nella cabina dello IA-37.
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Lo IA-37 nella sua stesura definitiva.
Lo IA-34 in costruzione a Cordoba (Argentina) e, in basso, la versione monoposto IA-34M.
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, I progetti Dunne e l anulare Lee-Richards Geoffrey Hill e i suoi Pterodattili Gli altri esponenti britannici
C
ontrariamente a quanto ci si p o t r e b b e attendere da un'industria aeronautica tanto blasonata come quella inglese, in terra britannica il concetto di ala volante non diede particolari f rutti ed i pochi tentativi all'uopo posti in essere rimasero dei timidi esperimenti. Il capostipite di tutte le ali volanti britanniche fu sicuramente il tenente John William Dunne, reduce della guerra boera di fine Ottocento e che già a par tire dal 1904 elaborò degli apparecchi biplani e privi di coda.
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Il bimotore sperimentale Handley-Page HP.75, costruito quasi interamente in legno, fu giudicato di gradevole e facile pilotaggio, ma in Inghilterra non suscitò comunque alcun interesse pratico.
, I progetti Dunne e l anulare Lee-Richards Geoffrey Hill e i suoi Pterodattili Gli altri esponenti britannici
C
ontrariamente a quanto ci si p o t r e b b e attendere da un'industria aeronautica tanto blasonata come quella inglese, in terra britannica il concetto di ala volante non diede particolari f rutti ed i pochi tentativi all'uopo posti in essere rimasero dei timidi esperimenti. Il capostipite di tutte le ali volanti britanniche fu sicuramente il tenente John William Dunne, reduce della guerra boera di fine Ottocento e che già a par tire dal 1904 elaborò degli apparecchi biplani e privi di coda.
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Il bimotore sperimentale Handley-Page HP.75, costruito quasi interamente in legno, fu giudicato di gradevole e facile pilotaggio, ma in Inghilterra non suscitò comunque alcun interesse pratico.
I PROGETTI DUNNE E L’ANULARE LEE-RICHARDS Partendo dall'aliante Dunne D.1, il progettista ricavò una famiglia di aeroplani accomunati da una inconfondibile conformazione alare sviluppata in una sorta di grande “V”, al cui centro trovava collocazione l'impianto motore e le eliche propulsive, mentre ai margini alari esterni si innestavano le superfici mobili verticali per il controllo direzionale. Supportato in un primo momento dagli ambienti militari, Dunne ebbe occasione di realizzare già del 1905 il predetto modello D.1, la cui costruzione venne affidata in gran segreto ad uno stabilimento di produzione di aerostati, ed a stretto giro ne fece seguire una versione motorizzata e denominata D.4 (gli esemplari D.2 e D.3 rimasero progetti sulla carta): sperimentati tra il 1907 ed il 1908, tuttavia, tali aeroplani non ebbero successo, in quanto il D.1 finì distrutto quasi subito, mentre il D.4 si rivelò pesantemente sotto-potenziato (utilizzava un motore artigianale da soli 25 hp). Perduto l'appoggio governativo, Dunne si rivolse ai fratelli Short presentando il progetto del modello D.5, ossia un derivato dal precedente D.4 ma spinto da un più potente propulsore da 60 cavalli E.N.V. Motor Syndicate “F”. Il velivolo venne costruito nel 1910 presso gli stabilimenti di Leysdown (Kent) e nello stesso anno fu estesamente collaudato sull'aerodromo di Eastchurch (sempre nel Kent) fino a quando, agli inizi del 1911, non finì gravemente danneggiato. Invece di ricostruire il mezzo, Dunne, continuando ad avvalersi della collaborazione dei fratelli Short, preferì recuperare il relitto e convertirlo al modello D.8, che di fatto ne riprendeva l'impostazione di base, mantenendo l'ala a freccia con un angolo di circa 30°, ma ne abbandonava la formula a due eliche optando per una più semplice conformazione con un unico elemento azionato da un motore Gnome da 50 hp: portato in volo a partire dall'estate del 1913, il Dunne D.8 non riscosse attenzioni e nessun costruttore manifestò un qualche interesse alla produzione. Ultimo della famiglia delle ali volanti Dunne fu il D.10, che altro non era che un D.8 dotato di un più potente Gnome da 80 hp: ordinato in due esemplari dal Royal Flying Corps nel marzo 1913, del progetto non si fece nulla, poiché il programma venne cancellato a causa dei ritardi
accumulati in fase di costruzione. Diametralmente opposti ai disegni di Dunne si collocano i paralleli progetti degli aerei a disco elaborati dal duo Cederic Lee e Tilghman Richards. Il primo modello costruito dalla coppia Lee-Richards prese forma nel 1910 e si trattava di uno strano biplano dall'ala circolare e spinto da uno Gnome da 50 hp in posizione traente. Dalle poche informazioni disponibili, il velivolo sarebbe stato collaudato per qualche tempo nella tarda estate del 1911, ma l'esito delle valutazioni non fu particolarmente soddisfacente, tanto che si procedette alla sua demolizione già agli inizi del mese di novembre. Maturata ulteriore esperienza con un similare aliante biplano, il team Lee-Richards decise di sviluppare il progetto trasformando l'apparecchio in monoplano e perfezionandone notevolmente il design: il nuovo velivolo, infatti, presentava un disegno a goniometro, poiché il piano alare, interamente circolare, veniva tagliato diametralmente dalla fusoliera centrale che ospitava due abitacoli in tandem separati ed alla cui estremità posteriore si agganciava il timone. Sotto il profilo meccanico si scelse di motorizzare l'aereo con uno Gnome da 80 hp e così configurato il modello venne portato in volo per la prima volta il 23 novembre 1913 ai comandi di Gordon England, il quale, a causa della pesantezza dei comandi, ne perse il controllo schiantandosi al suolo poco dopo il decollo. L'incidente non ebbe per fortuna risvolti drammatici ed il mezzo venne riparato: per aumentare la manovrabilità furono implementati i piani di coda mediante l'introduzione di una superficie orizzontale posta sopra l'impennaggio verticale ed in questo modo si riuscì a determinare un sensibile miglioramento delle relative caratteristiche di volo. Contrariamente agli esordi, la nuova variante si rivelò gradevole da pilotare e molto agile, sicché ne vennero costruiti altri due esemplari da presentare alla gara “Gordon Bennett” dell'aprile del 1914 ed il primo prototipo fu ulteriormente collaudato fino al successivo mese di settembre: con lo scoppio della prima guerra mondiale, tuttavia, il programma di sviluppo venne interrotto e non ebbe più alcun seguito nemmeno dopo le ostilità.
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Il Dunne D.1 era un aero rivoluzionario per l'epoca e venne costruito in gran segreto.
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Preparazione del Dunne D.1 prima del volo di battesimo a Glen Tilt nel 1907.
Costruito nel 1910, il Dunne D.5 incarna lo spirito pionieristico degli albori dell'aviazione rivelandosi troppo avanzato per l'epoca di riferimento.
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Il fallimentare Dunne D.4 fotografato nel 1908.
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Due viste frontali del Dunne D.5 che permettono di apprezzare la pulizia delle sue linee.
Il D.8 fu l'ultimo tentativo concreto portato avanti da Dunne per costruire i propri aeroplani: nonostante la sua modernità concettuale, il velivolo rimase senza seguito.
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Il Dunne D.8 in volo. Si noti il complicato carrello d'atterraggio.
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I PROGETTI DUNNE E L’ANULARE LEE-RICHARDS Partendo dall'aliante Dunne D.1, il progettista ricavò una famiglia di aeroplani accomunati da una inconfondibile conformazione alare sviluppata in una sorta di grande “V”, al cui centro trovava collocazione l'impianto motore e le eliche propulsive, mentre ai margini alari esterni si innestavano le superfici mobili verticali per il controllo direzionale. Supportato in un primo momento dagli ambienti militari, Dunne ebbe occasione di realizzare già del 1905 il predetto modello D.1, la cui costruzione venne affidata in gran segreto ad uno stabilimento di produzione di aerostati, ed a stretto giro ne fece seguire una versione motorizzata e denominata D.4 (gli esemplari D.2 e D.3 rimasero progetti sulla carta): sperimentati tra il 1907 ed il 1908, tuttavia, tali aeroplani non ebbero successo, in quanto il D.1 finì distrutto quasi subito, mentre il D.4 si rivelò pesantemente sotto-potenziato (utilizzava un motore artigianale da soli 25 hp). Perduto l'appoggio governativo, Dunne si rivolse ai fratelli Short presentando il progetto del modello D.5, ossia un derivato dal precedente D.4 ma spinto da un più potente propulsore da 60 cavalli E.N.V. Motor Syndicate “F”. Il velivolo venne costruito nel 1910 presso gli stabilimenti di Leysdown (Kent) e nello stesso anno fu estesamente collaudato sull'aerodromo di Eastchurch (sempre nel Kent) fino a quando, agli inizi del 1911, non finì gravemente danneggiato. Invece di ricostruire il mezzo, Dunne, continuando ad avvalersi della collaborazione dei fratelli Short, preferì recuperare il relitto e convertirlo al modello D.8, che di fatto ne riprendeva l'impostazione di base, mantenendo l'ala a freccia con un angolo di circa 30°, ma ne abbandonava la formula a due eliche optando per una più semplice conformazione con un unico elemento azionato da un motore Gnome da 50 hp: portato in volo a partire dall'estate del 1913, il Dunne D.8 non riscosse attenzioni e nessun costruttore manifestò un qualche interesse alla produzione. Ultimo della famiglia delle ali volanti Dunne fu il D.10, che altro non era che un D.8 dotato di un più potente Gnome da 80 hp: ordinato in due esemplari dal Royal Flying Corps nel marzo 1913, del progetto non si fece nulla, poiché il programma venne cancellato a causa dei ritardi
accumulati in fase di costruzione. Diametralmente opposti ai disegni di Dunne si collocano i paralleli progetti degli aerei a disco elaborati dal duo Cederic Lee e Tilghman Richards. Il primo modello costruito dalla coppia Lee-Richards prese forma nel 1910 e si trattava di uno strano biplano dall'ala circolare e spinto da uno Gnome da 50 hp in posizione traente. Dalle poche informazioni disponibili, il velivolo sarebbe stato collaudato per qualche tempo nella tarda estate del 1911, ma l'esito delle valutazioni non fu particolarmente soddisfacente, tanto che si procedette alla sua demolizione già agli inizi del mese di novembre. Maturata ulteriore esperienza con un similare aliante biplano, il team Lee-Richards decise di sviluppare il progetto trasformando l'apparecchio in monoplano e perfezionandone notevolmente il design: il nuovo velivolo, infatti, presentava un disegno a goniometro, poiché il piano alare, interamente circolare, veniva tagliato diametralmente dalla fusoliera centrale che ospitava due abitacoli in tandem separati ed alla cui estremità posteriore si agganciava il timone. Sotto il profilo meccanico si scelse di motorizzare l'aereo con uno Gnome da 80 hp e così configurato il modello venne portato in volo per la prima volta il 23 novembre 1913 ai comandi di Gordon England, il quale, a causa della pesantezza dei comandi, ne perse il controllo schiantandosi al suolo poco dopo il decollo. L'incidente non ebbe per fortuna risvolti drammatici ed il mezzo venne riparato: per aumentare la manovrabilità furono implementati i piani di coda mediante l'introduzione di una superficie orizzontale posta sopra l'impennaggio verticale ed in questo modo si riuscì a determinare un sensibile miglioramento delle relative caratteristiche di volo. Contrariamente agli esordi, la nuova variante si rivelò gradevole da pilotare e molto agile, sicché ne vennero costruiti altri due esemplari da presentare alla gara “Gordon Bennett” dell'aprile del 1914 ed il primo prototipo fu ulteriormente collaudato fino al successivo mese di settembre: con lo scoppio della prima guerra mondiale, tuttavia, il programma di sviluppo venne interrotto e non ebbe più alcun seguito nemmeno dopo le ostilità.
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Il Dunne D.1 era un aero rivoluzionario per l'epoca e venne costruito in gran segreto.
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Preparazione del Dunne D.1 prima del volo di battesimo a Glen Tilt nel 1907.
Costruito nel 1910, il Dunne D.5 incarna lo spirito pionieristico degli albori dell'aviazione rivelandosi troppo avanzato per l'epoca di riferimento.
5-6
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1
Il fallimentare Dunne D.4 fotografato nel 1908.
4
Due viste frontali del Dunne D.5 che permettono di apprezzare la pulizia delle sue linee.
Il D.8 fu l'ultimo tentativo concreto portato avanti da Dunne per costruire i propri aeroplani: nonostante la sua modernità concettuale, il velivolo rimase senza seguito.
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Il Dunne D.8 in volo. Si noti il complicato carrello d'atterraggio.
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11-12
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Lo Pterodactyl Mk.1A aveva delle forme decisamente insolite.
configurazioni: una con propulsore spingente in coda e l'altra, che sarà poi scelta per la versione definitiva, con motore tradizionale in trazione. Venne, inoltre, studiata una squadrata e piccolissima fusoliera appesa al ventre dell'ala principale “parasol”, a freccia e con la sezione anteriore tronca, e che a sua volta ospitava l'abitacolo sdoppiato in due postazioni, una di comando ed una per l'osservatore/mitragliere di coda, nonché lo strano carrello d'atterraggio, costituito da due ruote in tandem parzialmente carenate. Per ragioni di maggiore robustezza venne scelta la formula sesquiplana, ossia fu elaborato un secondo e piccolo piano alare inferiore, collegato a quello principale con due grossi montanti a “V”, e da cui si protendevano due pattini per tenere in equilibrio il velivolo nelle operazioni a terra. Sotto il profilo meccanico la Westland venne sollecitata
52
Lo Pterodactyl Mk IV, matricola K1947, in volo.
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a collaborare con la Rolls-Royce per sviluppare il nuovo motore raffreddato a vapore Goshawk I da 600 hp, sicché la scelta di questa unità motrice venne all'atto pratico obbligata. Con una lunghezza di soli cinque metri ed un peso a vuoto di appena 1,6 tonnellate, il piccolo aeroplano venne costruito sotto forma di prototipo già nell'autunno del 1932 e nello stesso periodo fu testato in prove di rullaggio dal collaudatore Penrose: anche in questo caso, tuttavia, le aspettative coltivate in fase progettuale dovettero fare i conti col poco esaltante dato concreto ed il nuovo caccia, che prese la denominazione di Pterodactyl Mk.V, venne giudicato strutturalmente troppo fragile. Il mezzo fu di conseguenza sottoposto ad intensi lavori di irrobustimento generale, ma nelle more di tali interventi e collaudi emersero anche dei seri problemi di raffreddamento del motore, che dovette essere sostituito con il più potente Rolls-Royce Goshawk II da 615 hp e che rimase uno dei nervi scoperti dell'intero programma. Agli inizi del 1935, inoltre, il caccia Pterodactyl Mk.V rimase orfano di Geoffrey Hill, che preferì dedicarsi a tempo pieno alla professione accademica (era stato fatto docente ordinario dell'Università di Ingegneria Meccanica di Londra) ed il progetto venne conseguentemente affidato all'Ing. Herbert Mettam con il difficile compito di curarne le presentazioni ufficiali per l'estate dello stesso anno a Farnborough: ricevuto il numero seriale K2770, il prototipo rimase tuttavia vittima di un guasto al motore durante il relativo volo di trasferimento e, poiché non era stato possibile dare corso alle necessarie riparazioni per mancanza di ricambi, ne venne abbandonato lo sviluppo.
13
14
L'insolito Hill (noto anche sotto il nome di Westland) Pterodactyl Mk V fotografato in volo da dietro.
Il caccia Hill (Westland) Pterodactyl Mk.V venne giudicato piuttosto fragile dagli addetti ai lavori e so riva soprattutto di gravi problemi di ra reddamento al motore installato, un Rolls-Royce Goshawk II da 615 hp. A causa del carrello in linea, la piccola ala inferiore venne fornita di pattini ventrali che ne impedivano il contatto accidentale col suolo.
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Lo Pterodactyl Mk.V era stato studiato per ospitare un mitragliere di coda, anche se la relativa postazione non doveva essere molto comoda...
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Lo Pterodactyl Mk.1A aveva delle forme decisamente insolite.
configurazioni: una con propulsore spingente in coda e l'altra, che sarà poi scelta per la versione definitiva, con motore tradizionale in trazione. Venne, inoltre, studiata una squadrata e piccolissima fusoliera appesa al ventre dell'ala principale “parasol”, a freccia e con la sezione anteriore tronca, e che a sua volta ospitava l'abitacolo sdoppiato in due postazioni, una di comando ed una per l'osservatore/mitragliere di coda, nonché lo strano carrello d'atterraggio, costituito da due ruote in tandem parzialmente carenate. Per ragioni di maggiore robustezza venne scelta la formula sesquiplana, ossia fu elaborato un secondo e piccolo piano alare inferiore, collegato a quello principale con due grossi montanti a “V”, e da cui si protendevano due pattini per tenere in equilibrio il velivolo nelle operazioni a terra. Sotto il profilo meccanico la Westland venne sollecitata
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Lo Pterodactyl Mk IV, matricola K1947, in volo.
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a collaborare con la Rolls-Royce per sviluppare il nuovo motore raffreddato a vapore Goshawk I da 600 hp, sicché la scelta di questa unità motrice venne all'atto pratico obbligata. Con una lunghezza di soli cinque metri ed un peso a vuoto di appena 1,6 tonnellate, il piccolo aeroplano venne costruito sotto forma di prototipo già nell'autunno del 1932 e nello stesso periodo fu testato in prove di rullaggio dal collaudatore Penrose: anche in questo caso, tuttavia, le aspettative coltivate in fase progettuale dovettero fare i conti col poco esaltante dato concreto ed il nuovo caccia, che prese la denominazione di Pterodactyl Mk.V, venne giudicato strutturalmente troppo fragile. Il mezzo fu di conseguenza sottoposto ad intensi lavori di irrobustimento generale, ma nelle more di tali interventi e collaudi emersero anche dei seri problemi di raffreddamento del motore, che dovette essere sostituito con il più potente Rolls-Royce Goshawk II da 615 hp e che rimase uno dei nervi scoperti dell'intero programma. Agli inizi del 1935, inoltre, il caccia Pterodactyl Mk.V rimase orfano di Geoffrey Hill, che preferì dedicarsi a tempo pieno alla professione accademica (era stato fatto docente ordinario dell'Università di Ingegneria Meccanica di Londra) ed il progetto venne conseguentemente affidato all'Ing. Herbert Mettam con il difficile compito di curarne le presentazioni ufficiali per l'estate dello stesso anno a Farnborough: ricevuto il numero seriale K2770, il prototipo rimase tuttavia vittima di un guasto al motore durante il relativo volo di trasferimento e, poiché non era stato possibile dare corso alle necessarie riparazioni per mancanza di ricambi, ne venne abbandonato lo sviluppo.
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L'insolito Hill (noto anche sotto il nome di Westland) Pterodactyl Mk V fotografato in volo da dietro.
Il caccia Hill (Westland) Pterodactyl Mk.V venne giudicato piuttosto fragile dagli addetti ai lavori e so riva soprattutto di gravi problemi di ra reddamento al motore installato, un Rolls-Royce Goshawk II da 615 hp. A causa del carrello in linea, la piccola ala inferiore venne fornita di pattini ventrali che ne impedivano il contatto accidentale col suolo.
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Lo Pterodactyl Mk.V era stato studiato per ospitare un mitragliere di coda, anche se la relativa postazione non doveva essere molto comoda...
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Westland-Hill Pterodactyl Mk.V 1 Timone di direzione destro 2 Struttura del timone di direzione con rivestimento in tela 3 Aletta correttrice fissa 4 Articolazione di controllo del timone di direzione 5 Deriva destra parte fissa 6 Luce di navigazione destra 7 Bordo di attacco dell'ala in lega di alluminio 8 Centine alari sezione esterna in lega leggera 9 Cerniera elevone 10 Elevone destro 11 Struttura elevone 12 Cablaggi dei comandi elevone 13 Aletta automatica del bordo di attacco destro (bloccata dopo i voli iniziali) 14 Pinna ventrale 15 Ruotino stabilizzatore destro 16 Struttura di supporto del ruotino 17 Maniglia per la movimentazione a terra 18 Carenatura degli attacchi montanti 19 Montanti di sinistra in duralluminio tubolare 20 Aletta inferiore 21 Struttura dell'aletta con
rivestimento in tela 22 Cavi interni di controventatura diagonali 23 Longherone anteriore dell'ala 24 Elementi strutturali in duralluminio del longherone 25 Parte centrale del longherone in corrugato 26 Centine di compressione 27 Montante tubolare diagonale 28 Longherone posteriore 29 Pavimento del compartimento mitragliere posteriore 30 Maniglia per la movimentazione a terra 31 Luce di navigazione di coda 32 Base della torretta posteriore (torretta mai montata durante le prove in volo) 33 Arco posteriore di delimitazione e protezione cabina pilota 34 Cinture del pilota 35 Sportello ribaltabile per l'accesso in cabina 36 Struttura per il settaggio del sedile 37 Sedile del pilota
38 Venturi per la strumentazione 39 Mitragliatrice Vickers fissa di destra 40 Scarico bossoli mitragliatrice 41 Serbatoio delle munizioni per la mitragliatrice 42 Tubo di protezione per lo sparo della mitragliatrice 43 Pedaliera 45 Impugnatura della cloche 46 Leve comando di gas e miscela motore 47 Pannelli del parabrezza 48 Collimatore del pilota 49 Ruotino stabilizzatore sinistro 50 Centine del bordo di uscita alare fisso 51 Struttura di supporto del ruotino stabilizzatore sinistro 52 Pannello dello spoiler centrale (disattivato dopo le prime prove in volo) 53 Imbullonatura delle sezioni del longherone posteriore 54 Struttura di supporto della sezione alare centrale 55 Serbatoio del carburante 56 Imbullonatura delle sezioni del longherone anteriore 57 Serbatoio dell'olio
58 Radiatore dell'olio 59 Condotto di scarico del condensatore 60 Freno della ruota posteriore 61 Carrello principale a due ruote in tandem 62 Assale di oscillazione del carrello 63 Disco interno della ruota rivestito in tela 64 Ammortizzatore oleopneumatico 65 Smorzatore 66 Struttura di supporto dell'ammortizzatore 67 Paratia del compartimento motore 68 Presa d'aria del carburatore 69 Struttura primaria della fusoliera in tubi di acciaio 70 Parafango interno 71 Scarico del motore 72 Condensatore del vapore 73 Presa d'aria del condensatore 74 Condotto di scarico semicarenato 75 Castello motore 76 Attacchi del motore 77 Elica bipala in legno a passo fisso 78 Bulloni di fissaggio dell'elica 79 Presa per la messa in moto
80 Scatola ingranaggi di riduzione 81 Mirino 82 Motore Rolls-Royce Goshawk V-12 83 Magneti di destra 84 Serbatoio liquido per il raffreddamento e separatore acqua/vapore 85 Centine di unione delle sezioni alari esterne a quella interna 86 Struttura delle centine del bordo di attacco 87 Centine di compressione sinistre 88 Montanti alari di sinistra 89 Centine tubolari in lega di alluminio 90 Pannello di rivestimento alare in tela 91 Pinna ventrale sinistra 92 Elevone sinistro 93 Cavi controllo di elevone/timone di direzione 94 Aletta correttrice fissa 95 Timone di direzione sinistro 96 Luce di navigazione sinistra 97 Aletta di bordo di attacco sinistra.
Westland-Hill Pterodactyl Mk.V 1 Timone di direzione destro 2 Struttura del timone di direzione con rivestimento in tela 3 Aletta correttrice fissa 4 Articolazione di controllo del timone di direzione 5 Deriva destra parte fissa 6 Luce di navigazione destra 7 Bordo di attacco dell'ala in lega di alluminio 8 Centine alari sezione esterna in lega leggera 9 Cerniera elevone 10 Elevone destro 11 Struttura elevone 12 Cablaggi dei comandi elevone 13 Aletta automatica del bordo di attacco destro (bloccata dopo i voli iniziali) 14 Pinna ventrale 15 Ruotino stabilizzatore destro 16 Struttura di supporto del ruotino 17 Maniglia per la movimentazione a terra 18 Carenatura degli attacchi montanti 19 Montanti di sinistra in duralluminio tubolare 20 Aletta inferiore 21 Struttura dell'aletta con
rivestimento in tela 22 Cavi interni di controventatura diagonali 23 Longherone anteriore dell'ala 24 Elementi strutturali in duralluminio del longherone 25 Parte centrale del longherone in corrugato 26 Centine di compressione 27 Montante tubolare diagonale 28 Longherone posteriore 29 Pavimento del compartimento mitragliere posteriore 30 Maniglia per la movimentazione a terra 31 Luce di navigazione di coda 32 Base della torretta posteriore (torretta mai montata durante le prove in volo) 33 Arco posteriore di delimitazione e protezione cabina pilota 34 Cinture del pilota 35 Sportello ribaltabile per l'accesso in cabina 36 Struttura per il settaggio del sedile 37 Sedile del pilota
38 Venturi per la strumentazione 39 Mitragliatrice Vickers fissa di destra 40 Scarico bossoli mitragliatrice 41 Serbatoio delle munizioni per la mitragliatrice 42 Tubo di protezione per lo sparo della mitragliatrice 43 Pedaliera 45 Impugnatura della cloche 46 Leve comando di gas e miscela motore 47 Pannelli del parabrezza 48 Collimatore del pilota 49 Ruotino stabilizzatore sinistro 50 Centine del bordo di uscita alare fisso 51 Struttura di supporto del ruotino stabilizzatore sinistro 52 Pannello dello spoiler centrale (disattivato dopo le prime prove in volo) 53 Imbullonatura delle sezioni del longherone posteriore 54 Struttura di supporto della sezione alare centrale 55 Serbatoio del carburante 56 Imbullonatura delle sezioni del longherone anteriore 57 Serbatoio dell'olio
58 Radiatore dell'olio 59 Condotto di scarico del condensatore 60 Freno della ruota posteriore 61 Carrello principale a due ruote in tandem 62 Assale di oscillazione del carrello 63 Disco interno della ruota rivestito in tela 64 Ammortizzatore oleopneumatico 65 Smorzatore 66 Struttura di supporto dell'ammortizzatore 67 Paratia del compartimento motore 68 Presa d'aria del carburatore 69 Struttura primaria della fusoliera in tubi di acciaio 70 Parafango interno 71 Scarico del motore 72 Condensatore del vapore 73 Presa d'aria del condensatore 74 Condotto di scarico semicarenato 75 Castello motore 76 Attacchi del motore 77 Elica bipala in legno a passo fisso 78 Bulloni di fissaggio dell'elica 79 Presa per la messa in moto
80 Scatola ingranaggi di riduzione 81 Mirino 82 Motore Rolls-Royce Goshawk V-12 83 Magneti di destra 84 Serbatoio liquido per il raffreddamento e separatore acqua/vapore 85 Centine di unione delle sezioni alari esterne a quella interna 86 Struttura delle centine del bordo di attacco 87 Centine di compressione sinistre 88 Montanti alari di sinistra 89 Centine tubolari in lega di alluminio 90 Pannello di rivestimento alare in tela 91 Pinna ventrale sinistra 92 Elevone sinistro 93 Cavi controllo di elevone/timone di direzione 94 Aletta correttrice fissa 95 Timone di direzione sinistro 96 Luce di navigazione sinistra 97 Aletta di bordo di attacco sinistra.
Whitworth decise di realizzarne un aliante ligneo ed in scala 1:3 per esami aerodinamici. Ricevuta la designazione AW.52G, il velivolo fu lentamente costruito tra il 1944 ed il 1945, quando il due di marzo venne portato in volo dal collaudatore Charles K. Turner-Hughes, che ne stese un giudizio di volo nel complesso soddisfacente e privo di imprevisti. Dato il buon esito dei collaudi, il programma venne fatto evolvere in una versione ingrandita e motorizzata dell’aeroplano sotto la nuova designazione AW.52. Sebbene derivasse dal precedente aliante, l'AW.52 condivideva con tale apparecchio solo l'impostazione di base, ossia la formula ad ala volante con ala a freccia composita, il cui angolo passava dai 17,5° di apertura del troncone centrale ai 34° delle semiali laterali, nonché ripresentava una coppia di derive verticali marginali e
23
dalla forma grossomodo ovale per il controllo direzionale. La propulsione del mezzo fu affidata a due turbojet Rolls-Royce Nene 2, capaci di erogare circa 22.2 kN di spina ciascuno e a loro volta incapsulati in due gondole annegate sul ventre alare, i quali, stando ai calcoli, avrebbero dovuto consentire una velocità massima nell'ordine di 800 km/h. Ultimata la progettazione di dettaglio, nel 1947 il velivolo venne trasferito al centro sperimentale di Boscombe Down, dove ricevette il battesimo dell'aria il tredici di novembre dello stesso anno: pilotato dal collaudatore Eric Franklin, l'aeroplano diede buona prova delle sue caratteristiche tecniche e delle sue performance complessive, col risultato che si diede corso ad ulteriori cicli di collaudo, nonché si costruì un
Il primo prototipo dello AW.52 alla data della sua presentazione a Coventry il 16 dicembre 1946. L’aereo andrà perso il 30 maggio 1949 e nell’occasione il pilota sarà il primo inglese ad utilizzare con successo il seggiolino eiettabile.
24
Il secondo prototipo dello Armstrong Whitworth AW.52 Flying Wing, matricolato Ts368, e ettuò il suo primo volo a Boscombe Down il 1° settembre 1948.
secondo prototipo, matricola TS368, e spinto da due Rolls-Royce Derwent 5 da 15.5 kN di potenza. Tra tt a n d o s i d i a p pa re cch i d e s t i n a t i a s co p i esclusivamente sperimentali, i due prototipi vennero impiegati per diverso tempo per mera ricerca fino alla completa radiazione: il primo esemplare, in particolare, andò perduto a seguito di un incidente occorso il 30 maggio 1949, mentre il secondo prototipo fu utilizzato fino al settembre del 1953, per poi essere demolito. Sempre nell'ottica della sperimentazione pura si colloca il prototipo del piccolo DeHavilland DH.108, soprannominato non ufficialmente “Swallow” e nelle
25
Formalmente lo AW.52 era stato progettato e costruito per la specifica E.9/44.
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Whitworth decise di realizzarne un aliante ligneo ed in scala 1:3 per esami aerodinamici. Ricevuta la designazione AW.52G, il velivolo fu lentamente costruito tra il 1944 ed il 1945, quando il due di marzo venne portato in volo dal collaudatore Charles K. Turner-Hughes, che ne stese un giudizio di volo nel complesso soddisfacente e privo di imprevisti. Dato il buon esito dei collaudi, il programma venne fatto evolvere in una versione ingrandita e motorizzata dell’aeroplano sotto la nuova designazione AW.52. Sebbene derivasse dal precedente aliante, l'AW.52 condivideva con tale apparecchio solo l'impostazione di base, ossia la formula ad ala volante con ala a freccia composita, il cui angolo passava dai 17,5° di apertura del troncone centrale ai 34° delle semiali laterali, nonché ripresentava una coppia di derive verticali marginali e
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dalla forma grossomodo ovale per il controllo direzionale. La propulsione del mezzo fu affidata a due turbojet Rolls-Royce Nene 2, capaci di erogare circa 22.2 kN di spina ciascuno e a loro volta incapsulati in due gondole annegate sul ventre alare, i quali, stando ai calcoli, avrebbero dovuto consentire una velocità massima nell'ordine di 800 km/h. Ultimata la progettazione di dettaglio, nel 1947 il velivolo venne trasferito al centro sperimentale di Boscombe Down, dove ricevette il battesimo dell'aria il tredici di novembre dello stesso anno: pilotato dal collaudatore Eric Franklin, l'aeroplano diede buona prova delle sue caratteristiche tecniche e delle sue performance complessive, col risultato che si diede corso ad ulteriori cicli di collaudo, nonché si costruì un
Il primo prototipo dello AW.52 alla data della sua presentazione a Coventry il 16 dicembre 1946. L’aereo andrà perso il 30 maggio 1949 e nell’occasione il pilota sarà il primo inglese ad utilizzare con successo il seggiolino eiettabile.
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Il secondo prototipo dello Armstrong Whitworth AW.52 Flying Wing, matricolato Ts368, e ettuò il suo primo volo a Boscombe Down il 1° settembre 1948.
secondo prototipo, matricola TS368, e spinto da due Rolls-Royce Derwent 5 da 15.5 kN di potenza. Tra tt a n d o s i d i a p pa re cch i d e s t i n a t i a s co p i esclusivamente sperimentali, i due prototipi vennero impiegati per diverso tempo per mera ricerca fino alla completa radiazione: il primo esemplare, in particolare, andò perduto a seguito di un incidente occorso il 30 maggio 1949, mentre il secondo prototipo fu utilizzato fino al settembre del 1953, per poi essere demolito. Sempre nell'ottica della sperimentazione pura si colloca il prototipo del piccolo DeHavilland DH.108, soprannominato non ufficialmente “Swallow” e nelle
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Formalmente lo AW.52 era stato progettato e costruito per la specifica E.9/44.
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derivato del più famoso caccia Vampire, 26 Il DH.108 era un chiaro del quale riciclava di fatto l'intera fusoliera.
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Il terzo modello del DH.108, matricola VW120, era stato espressamente concepito per il volo ad elevate velocità: si noti, a tal proposito, l'abitacolo pesantemente irrobustito.
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intenzioni nato in origine come modello in scala di un ambizioso velivolo di linea da cento passeggeri. L'aeroplano venne concepito nell'ottobre del 1945 come dimostratore per studiare le caratteristiche di volo degli apparecchi senza coda ed all'atto pratico altro non fu altro che un DeHavilland Vampire F.1 privo di timone ed estesamente modificato nel piano alare, a freccia di 43°, nonché spinto da un DeHavilland Goblin 2 da 13.4 kN. Grazie all'abbondante uso di componenti prelevati direttamente dalle catene di montaggio del Vampire, il Ministero per l'Aeronautica britannico autorizzò la costruzione di due apparecchi, il primo dei quali, matricola TG283, venne straordinariamente realizzato e portato in volo in gran segreto addirittura il 15 maggio
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Il secondo prototipo del DH.108, matricola TG306, ripreso in volo nel settembre 1946. Tutti i DH.108 andarono perduti in tragici incidenti aerei.
del 1946: nemmeno un anno dopo l'avvio del progetto. A quanto risulta, gli esiti dei collaudi furono nel complesso positivi e l'aeroplano dimostrò delle buone doti di maneggevolezza, anche se, per ragioni di precauzione, nell'occasione si decise di limitare la velocità massima di volo a 450 km/h. Dato che l'idea di trasferire lo sviluppo del DH.108 in ambito civile sfumò velocemente (la DeHavilland preferì concentrarsi sul progetto del futuro DH.106 Comet), i tecnici decisero di modificare il secondo prototipo in fase di costruzione, matricola TG306, e di adattarlo per scopi di ricerca ad alta velocità: in tale ottica ne ridussero lievemente le dimensioni, ne aumentarono l'angolo della freccia alare a 45° e, soprattutto, installarono un più potente motore DeHavilland Goblin 3 da 14.9 kN e che
doveva garantire una velocità massima di 991 km/h. Anche in questo caso i tempi di costruzione furono incredibilmente rapidi, tanto che si diede corso ai primi collaudi già nel giugno del 1946 e si riuscì persino a celebrarne le presentazioni ufficiali in occasione del Society of British Aircraft Constructors airshow del successivo mese di settembre. Nel tentativo di stabilire un nuovo record di velocità, il 27 settembre 1946 il secondo DH.108 venne alleggerito di ogni componente non essenziale e fu lanciato a mach 0.9 sopra l'estuario del Tamigi: comandato da Geoffrey de Havilland Jr., figlio del Geoff rey de Havilland fondatore dell'omonima casa costruttrice, il mezzo perse una semiala in volo e si disintegrò causando la morte del pilota, la cui salma fu trovata solamente il 7 ottobre 1946 sulla spiaggia della cittadina costiera Whitstable. Nonostante il tragico incidente, lo sviluppo fu u g u a l m e n te p o r t a to ava n t i e ve n n e p e r t a n to approntato un terzo prototipo, numero seriale VW120, espressamente concepito per il volo ad elevata velocità: partendo da una carlinga del Vampire F.5, infatti, il mezzo fu sottoposto ad una complessiva rifinitura aerodinamica, coadiuvata da un irrobustimento generale, nonché si sostituì il motore con il DeHavilland Goblin 4 da 16.68 kN di potenza. Questo terzo modello venne costruito nel luglio del 1947, periodo dove fu anche collaudato per le iniziali prove di volo, e nell'aprile del 1948 riuscì a stabilire un record in circuito chiuso raggiungendo i 974 km/h su un tracciato di 100 chilometri; risultato che venne consolidato nel successivo mese di settembre allorquando l'aereo riuscì a superare la barriera del suono sopra i cieli di Windsor. Sulla scorta di tali risultati, l'aeroplano venne ulteriormente testato per il volo a Mach 1, anche se il relativo collaudatore, John Derry, lamentò il grave irrigidimento dei comandi a tali percorrenze. Sfortunatamente, il 15 febbraio 1950 anche questo esemplare andò perduto durante un tentativo di volo a velocità transonica, poiché, a causa di un guasto all'impianto di ossigenazione, il pilota, tale Stuart MullerRowland, perse i sensi e mandò il velivolo in una lunga picchiata che lo portò ad esplodere in aria. Poco dopo, il 1° maggio 1950 andò in fumo pure il primo prototipo del DeHavilland DH.108, finito distrutto durante delle prove di recupero da stallo e causando anche in questo caso la morte del pilota, George Genders: a f ronte di questo ulteriore incidente il progetto fu conseguentemente abbandonato senza grandi rimpianti, anche se va detto, per onestà intellettuale, che si trattò pur sempre di un aeroplano sperimentale portato costantemente ai limiti delle proprie capacità tecnico-strutturali. Con la chiusura del programma dello Swallow, infine, ebbe termine anche l'esperienza dell'ala volante nel Regno Unito, in quanto nessun ulteriore prototipo venne successivamente costruito in tali vesti e tutti gli studi che ne seguirono rimasero confinati al tavolo da disegno.
29-30
Un trittico e un’immagine relativa alla struttura del monoplano Lee-Richards: si noti la fitta rete dell'intelaiatura alare.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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derivato del più famoso caccia Vampire, 26 Il DH.108 era un chiaro del quale riciclava di fatto l'intera fusoliera.
28
62
Il terzo modello del DH.108, matricola VW120, era stato espressamente concepito per il volo ad elevate velocità: si noti, a tal proposito, l'abitacolo pesantemente irrobustito.
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intenzioni nato in origine come modello in scala di un ambizioso velivolo di linea da cento passeggeri. L'aeroplano venne concepito nell'ottobre del 1945 come dimostratore per studiare le caratteristiche di volo degli apparecchi senza coda ed all'atto pratico altro non fu altro che un DeHavilland Vampire F.1 privo di timone ed estesamente modificato nel piano alare, a freccia di 43°, nonché spinto da un DeHavilland Goblin 2 da 13.4 kN. Grazie all'abbondante uso di componenti prelevati direttamente dalle catene di montaggio del Vampire, il Ministero per l'Aeronautica britannico autorizzò la costruzione di due apparecchi, il primo dei quali, matricola TG283, venne straordinariamente realizzato e portato in volo in gran segreto addirittura il 15 maggio
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Il secondo prototipo del DH.108, matricola TG306, ripreso in volo nel settembre 1946. Tutti i DH.108 andarono perduti in tragici incidenti aerei.
del 1946: nemmeno un anno dopo l'avvio del progetto. A quanto risulta, gli esiti dei collaudi furono nel complesso positivi e l'aeroplano dimostrò delle buone doti di maneggevolezza, anche se, per ragioni di precauzione, nell'occasione si decise di limitare la velocità massima di volo a 450 km/h. Dato che l'idea di trasferire lo sviluppo del DH.108 in ambito civile sfumò velocemente (la DeHavilland preferì concentrarsi sul progetto del futuro DH.106 Comet), i tecnici decisero di modificare il secondo prototipo in fase di costruzione, matricola TG306, e di adattarlo per scopi di ricerca ad alta velocità: in tale ottica ne ridussero lievemente le dimensioni, ne aumentarono l'angolo della freccia alare a 45° e, soprattutto, installarono un più potente motore DeHavilland Goblin 3 da 14.9 kN e che
doveva garantire una velocità massima di 991 km/h. Anche in questo caso i tempi di costruzione furono incredibilmente rapidi, tanto che si diede corso ai primi collaudi già nel giugno del 1946 e si riuscì persino a celebrarne le presentazioni ufficiali in occasione del Society of British Aircraft Constructors airshow del successivo mese di settembre. Nel tentativo di stabilire un nuovo record di velocità, il 27 settembre 1946 il secondo DH.108 venne alleggerito di ogni componente non essenziale e fu lanciato a mach 0.9 sopra l'estuario del Tamigi: comandato da Geoffrey de Havilland Jr., figlio del Geoff rey de Havilland fondatore dell'omonima casa costruttrice, il mezzo perse una semiala in volo e si disintegrò causando la morte del pilota, la cui salma fu trovata solamente il 7 ottobre 1946 sulla spiaggia della cittadina costiera Whitstable. Nonostante il tragico incidente, lo sviluppo fu u g u a l m e n te p o r t a to ava n t i e ve n n e p e r t a n to approntato un terzo prototipo, numero seriale VW120, espressamente concepito per il volo ad elevata velocità: partendo da una carlinga del Vampire F.5, infatti, il mezzo fu sottoposto ad una complessiva rifinitura aerodinamica, coadiuvata da un irrobustimento generale, nonché si sostituì il motore con il DeHavilland Goblin 4 da 16.68 kN di potenza. Questo terzo modello venne costruito nel luglio del 1947, periodo dove fu anche collaudato per le iniziali prove di volo, e nell'aprile del 1948 riuscì a stabilire un record in circuito chiuso raggiungendo i 974 km/h su un tracciato di 100 chilometri; risultato che venne consolidato nel successivo mese di settembre allorquando l'aereo riuscì a superare la barriera del suono sopra i cieli di Windsor. Sulla scorta di tali risultati, l'aeroplano venne ulteriormente testato per il volo a Mach 1, anche se il relativo collaudatore, John Derry, lamentò il grave irrigidimento dei comandi a tali percorrenze. Sfortunatamente, il 15 febbraio 1950 anche questo esemplare andò perduto durante un tentativo di volo a velocità transonica, poiché, a causa di un guasto all'impianto di ossigenazione, il pilota, tale Stuart MullerRowland, perse i sensi e mandò il velivolo in una lunga picchiata che lo portò ad esplodere in aria. Poco dopo, il 1° maggio 1950 andò in fumo pure il primo prototipo del DeHavilland DH.108, finito distrutto durante delle prove di recupero da stallo e causando anche in questo caso la morte del pilota, George Genders: a f ronte di questo ulteriore incidente il progetto fu conseguentemente abbandonato senza grandi rimpianti, anche se va detto, per onestà intellettuale, che si trattò pur sempre di un aeroplano sperimentale portato costantemente ai limiti delle proprie capacità tecnico-strutturali. Con la chiusura del programma dello Swallow, infine, ebbe termine anche l'esperienza dell'ala volante nel Regno Unito, in quanto nessun ulteriore prototipo venne successivamente costruito in tali vesti e tutti gli studi che ne seguirono rimasero confinati al tavolo da disegno.
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Un trittico e un’immagine relativa alla struttura del monoplano Lee-Richards: si noti la fitta rete dell'intelaiatura alare.
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Il Chief Test Pilot della Vought Boone Guyton a bordo del Model V-173 “Flying Pancake”. I 190 voli eettuati tra il 1942 e il 1943 Ā provocarono più di una segnalazione di UFO da parte degli abitanti del Connecticut.
L,aereo a disco McCormick-Romme Ritorno alle origini: il Vought XF5U La sciabola volante
S
icuramente, gli Stati Uniti sono il paese dove il concetto di ala volante ha ottenuto i più proficui risul tati, laddove si deve considerare che, all'atto pratico, l'industria a e ro n a u t i c a n o rd a m e r i c a n a è s t a t a l ' u n i c a r ea l t à p r o d u t t i va c a p a c e d i immettere in servizio attivo d e i ve l i vo l i r i c a l c a n t i t a l e f o r m u l a .
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Il Chief Test Pilot della Vought Boone Guyton a bordo del Model V-173 “Flying Pancake”. I 190 voli eettuati tra il 1942 e il 1943 Ā provocarono più di una segnalazione di UFO da parte degli abitanti del Connecticut.
L,aereo a disco McCormick-Romme Ritorno alle origini: il Vought XF5U La sciabola volante
S
icuramente, gli Stati Uniti sono il paese dove il concetto di ala volante ha ottenuto i più proficui risul tati, laddove si deve considerare che, all'atto pratico, l'industria a e ro n a u t i c a n o rd a m e r i c a n a è s t a t a l ' u n i c a r ea l t à p r o d u t t i va c a p a c e d i immettere in servizio attivo d e i ve l i vo l i r i c a l c a n t i t a l e f o r m u l a .
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L'AEREO A DISCO MCCORMICK - ROMME
1
Chance M. Vought a bordo di un Flyer dei fratelli Wtight.
Anche se ai limiti del visionario, di questo apparecchio venne realizzato un primo esemplare nel 1910 a Mineola (Long Island), che, parcheggiato dentro una semplice tenda, venne irreparabilmente danneggiato dai forti venti che colpirono in quel periodo la costa nordorientale degli Stati Uniti. Nel 1911 si dovette pertanto costruire un secondo modello, che venne collaudato per semplici rullaggi a Belmont Park, vicino a New York ed oggi sede di un ippodromo, in quanto la scarsa potenza dell'artigianale propulsore bicilindrico nell'occasione adottato non consentì il raggiungimento della velocità di decollo. Fu conseguentemente deciso di sostituire il componente con un rotativo Gnome da 50 hp, di cui vennero ordinate due unità direttamente presso il produttore francese. Approfittando dell'attesa per la consegna dei predetti motori, l'intero gruppo di lavoro venne spostato a San Antonio, in Texas, dove l'11 aprile 1911 lo stesso Romme, privo di qualsiasi licenza, si improvvisò pilota e decise di collaudare il secondo prototipo nel medio tempore costruito: finendo con una ruota fuori dalla carreggiata della pista di decollo, il velivolo ebbe la sfortuna di rovesciarsi finendo gravemente danneggiato. Desideroso di poter finalmente dare a Romme e Vought un più moderno luogo di lavoro, il mecenate McCormick decise di ricollocare nuovamente la “troupe” a Cicero, Chicago, dove nel f rattempo aveva fatto costruire un hangar completamente funzionale e
finanziato dal locale Aero Club dell'Illinois. In questa nuova sede venne quindi costruito il terzo ed ultimo prototipo dell'apparecchio, anche se alcuni sostengono che si tratterebbe del secondo esemplare incidentato, recuperato e riparato. Davanti agli insuccessi di Romme, comunque, Vought riuscì finalmente ad imporre le proprie conoscenze ingegneristiche, ritagliandosi maggior spazio all'interno del gruppo di lavoro ed introducendo una iniziale serie di accorgimenti aerodinamici volti a migliorare la stabilità complessiva del velivolo. Il risultato di tali interventi, che videro essenzialmente l'introduzione di due alette laterali direzionali, fu più che positivo, dato che alla fine di agosto del 1911 “l'ombrello”, sempre ai comandi di Romme, riuscì a staccarsi da terra compiendo un breve volo a circa 4,5 metri di altezza. Proseguendo il lavoro di sviluppo, in estrema sintesi, Vought decise di rimettere mano al progetto, sostituendo le alette laterali con due stabilizzatori mobili sospesi sotto il ventre alare, aumentando la superficie del timone direzionale di coda, che nel modello originario era quasi completamente assente, ed operando un'attenta opera di centraggio spostando il motore sull'anteriore con contestuale ricollocamento dell'elica in posizione traente all'esterno dell'anello alare. Con l'arrivo dell'inverno e la frenetica attività che si sviluppò attorno l'aerodromo di Cicero, il mezzo rimase parcheggiato fino alla primavera del 1912 venendo ulteriormente modificato nell'assetto, posto che l'elica
Pur essendo tradizionalmente legata alle realizzazioni di Jack Northrop, negli U.S.A. la formula “tutta ala” ebbe estimatori anche presso altre case costruttrici, tra cui merita particolare attenzione la comunemente nota “Vought”, che oggi più correttamente prende il nome di “Vought Aircraft Industries”. Anzi, si può serenamente sostenere che fu proprio grazie all'intraprendenza ed alle capacità ingegneristiche di Chauncey Milton Vought che il concetto di ala volante prese per la prima volta forma in America. Tutto ebbe inizio ai primi del Novecento, quando il giovane Vought venne ingaggiato dal magnate Harold F. McCormick per affiancare l'inventore William S. Romme nella costruzione di un velivolo dalla forma a disco, che si sviluppava in un abitacolo centrale completamente aperto, attorno al quale si snodava un concentrico piano alare in tela a sua volta suddiviso in nove segmenti trapezoidali e che gli valsero il soprannome di “aereo ombrello”.
2-3
66
A causa della sua ala suddivisa in segmenti trapezoidali, il velivolo Romme venne soprannominato "umbrella plane".
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
4
L'era dei pionieri dell'aeronautica era un misto di spregiudicatezza ed incoscienza: volare con un aeroplano come il Romme richiedeva una certa dose di coraggio.
L'AEREO A DISCO MCCORMICK - ROMME
1
Chance M. Vought a bordo di un Flyer dei fratelli Wtight.
Anche se ai limiti del visionario, di questo apparecchio venne realizzato un primo esemplare nel 1910 a Mineola (Long Island), che, parcheggiato dentro una semplice tenda, venne irreparabilmente danneggiato dai forti venti che colpirono in quel periodo la costa nordorientale degli Stati Uniti. Nel 1911 si dovette pertanto costruire un secondo modello, che venne collaudato per semplici rullaggi a Belmont Park, vicino a New York ed oggi sede di un ippodromo, in quanto la scarsa potenza dell'artigianale propulsore bicilindrico nell'occasione adottato non consentì il raggiungimento della velocità di decollo. Fu conseguentemente deciso di sostituire il componente con un rotativo Gnome da 50 hp, di cui vennero ordinate due unità direttamente presso il produttore francese. Approfittando dell'attesa per la consegna dei predetti motori, l'intero gruppo di lavoro venne spostato a San Antonio, in Texas, dove l'11 aprile 1911 lo stesso Romme, privo di qualsiasi licenza, si improvvisò pilota e decise di collaudare il secondo prototipo nel medio tempore costruito: finendo con una ruota fuori dalla carreggiata della pista di decollo, il velivolo ebbe la sfortuna di rovesciarsi finendo gravemente danneggiato. Desideroso di poter finalmente dare a Romme e Vought un più moderno luogo di lavoro, il mecenate McCormick decise di ricollocare nuovamente la “troupe” a Cicero, Chicago, dove nel f rattempo aveva fatto costruire un hangar completamente funzionale e
finanziato dal locale Aero Club dell'Illinois. In questa nuova sede venne quindi costruito il terzo ed ultimo prototipo dell'apparecchio, anche se alcuni sostengono che si tratterebbe del secondo esemplare incidentato, recuperato e riparato. Davanti agli insuccessi di Romme, comunque, Vought riuscì finalmente ad imporre le proprie conoscenze ingegneristiche, ritagliandosi maggior spazio all'interno del gruppo di lavoro ed introducendo una iniziale serie di accorgimenti aerodinamici volti a migliorare la stabilità complessiva del velivolo. Il risultato di tali interventi, che videro essenzialmente l'introduzione di due alette laterali direzionali, fu più che positivo, dato che alla fine di agosto del 1911 “l'ombrello”, sempre ai comandi di Romme, riuscì a staccarsi da terra compiendo un breve volo a circa 4,5 metri di altezza. Proseguendo il lavoro di sviluppo, in estrema sintesi, Vought decise di rimettere mano al progetto, sostituendo le alette laterali con due stabilizzatori mobili sospesi sotto il ventre alare, aumentando la superficie del timone direzionale di coda, che nel modello originario era quasi completamente assente, ed operando un'attenta opera di centraggio spostando il motore sull'anteriore con contestuale ricollocamento dell'elica in posizione traente all'esterno dell'anello alare. Con l'arrivo dell'inverno e la frenetica attività che si sviluppò attorno l'aerodromo di Cicero, il mezzo rimase parcheggiato fino alla primavera del 1912 venendo ulteriormente modificato nell'assetto, posto che l'elica
Pur essendo tradizionalmente legata alle realizzazioni di Jack Northrop, negli U.S.A. la formula “tutta ala” ebbe estimatori anche presso altre case costruttrici, tra cui merita particolare attenzione la comunemente nota “Vought”, che oggi più correttamente prende il nome di “Vought Aircraft Industries”. Anzi, si può serenamente sostenere che fu proprio grazie all'intraprendenza ed alle capacità ingegneristiche di Chauncey Milton Vought che il concetto di ala volante prese per la prima volta forma in America. Tutto ebbe inizio ai primi del Novecento, quando il giovane Vought venne ingaggiato dal magnate Harold F. McCormick per affiancare l'inventore William S. Romme nella costruzione di un velivolo dalla forma a disco, che si sviluppava in un abitacolo centrale completamente aperto, attorno al quale si snodava un concentrico piano alare in tela a sua volta suddiviso in nove segmenti trapezoidali e che gli valsero il soprannome di “aereo ombrello”.
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A causa della sua ala suddivisa in segmenti trapezoidali, il velivolo Romme venne soprannominato "umbrella plane".
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
4
L'era dei pionieri dell'aeronautica era un misto di spregiudicatezza ed incoscienza: volare con un aeroplano come il Romme richiedeva una certa dose di coraggio.
Per quanto concerne l'armamento, in un primo momento vennero previste sei mitragliatrici da 12,7 mm disposte in due file verticali da tre armi cadauna e collocate ai lati dell'abitacolo, ma successivamente l'opzione fu scartata in favore di quattro cannoncini da 20 mm unitamente ad una capacità di carico di 453 kg. L'impianto propulsivo fu equipaggiato con due radiali Pratt & Whitney R2000-7 da 1.350 hp di potenza,
14-15
Il Flying Pancake al Floyd Bennett Field di New York, all’inizio degli Anni ‘40.
interamente annegati nella fusoliera ai lati dell'abitacolo e che, essendo raffreddati ad aria, richiesero l'apertura sul bordo d'ingresso alare di due ampie prese d'aria circolari. A fronte di tale soluzione tecnica, tuttavia, emerse con una certa rilevanza il problema di riuscire a trasferire la grande energia sprigionata da ciascuna unità motrice alle rispettive eliche, le cui componenti avevano mantenuto una infelice collocazione laterale e fortemente pronunciata sull'anteriore. In particolare, il grosso della difficoltà si concretizzò al momento di segmentare il lungo albero di trasmissione che univa il motore al mozzo delle eliche e che, stante la posizione tra loro perpendicolare, doveva compiere una deviazione di 90°. Per ovviare all'inconveniente venne sviluppato un riduttore di velocità che, attraverso due scatole di ingranaggi, una per ogni motore, permetteva il movimento delle eliche sincronizzandone la rotazione: in realtà, la soluzione fu fonte di incredibili noie meccaniche e richiese una lunga e laboriosa rifinitura, peraltro mai completamente ultimata, con conseguente enorme dilatazione dei tempi di sviluppo. Altra fonte di ritardi nella costruzione del prototipo venne dettata dall'uso nel rivestimento del cosiddetto “Metalite”, ossia un materiale composito costituito da uno strato di balsa chiuso a “panino” tra due sottili strati di acciaio e che, nella sua leggerezza, garantiva un'elevata robustezza: l'impiego di siffatto materiale, tuttavia, determinò dei costi elevati e dei lunghi tempi di produzione, sicché la realizzazione dell'apparecchio, che prese ufficialmente il nome XF5U-1, si trascinò fino al 1945.
16-17
Il mock-up del Vought XF5U, in alto, e il primo prototipo in costruzione. Le originarie eliche tripala del mock-up vennero sostituite da due elementi quadripala.
18
72
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
Questione di prospettive: al centro il modello del VS-315 durante le prove in galleria del vento.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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Per quanto concerne l'armamento, in un primo momento vennero previste sei mitragliatrici da 12,7 mm disposte in due file verticali da tre armi cadauna e collocate ai lati dell'abitacolo, ma successivamente l'opzione fu scartata in favore di quattro cannoncini da 20 mm unitamente ad una capacità di carico di 453 kg. L'impianto propulsivo fu equipaggiato con due radiali Pratt & Whitney R2000-7 da 1.350 hp di potenza,
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Il Flying Pancake al Floyd Bennett Field di New York, all’inizio degli Anni ‘40.
interamente annegati nella fusoliera ai lati dell'abitacolo e che, essendo raffreddati ad aria, richiesero l'apertura sul bordo d'ingresso alare di due ampie prese d'aria circolari. A fronte di tale soluzione tecnica, tuttavia, emerse con una certa rilevanza il problema di riuscire a trasferire la grande energia sprigionata da ciascuna unità motrice alle rispettive eliche, le cui componenti avevano mantenuto una infelice collocazione laterale e fortemente pronunciata sull'anteriore. In particolare, il grosso della difficoltà si concretizzò al momento di segmentare il lungo albero di trasmissione che univa il motore al mozzo delle eliche e che, stante la posizione tra loro perpendicolare, doveva compiere una deviazione di 90°. Per ovviare all'inconveniente venne sviluppato un riduttore di velocità che, attraverso due scatole di ingranaggi, una per ogni motore, permetteva il movimento delle eliche sincronizzandone la rotazione: in realtà, la soluzione fu fonte di incredibili noie meccaniche e richiese una lunga e laboriosa rifinitura, peraltro mai completamente ultimata, con conseguente enorme dilatazione dei tempi di sviluppo. Altra fonte di ritardi nella costruzione del prototipo venne dettata dall'uso nel rivestimento del cosiddetto “Metalite”, ossia un materiale composito costituito da uno strato di balsa chiuso a “panino” tra due sottili strati di acciaio e che, nella sua leggerezza, garantiva un'elevata robustezza: l'impiego di siffatto materiale, tuttavia, determinò dei costi elevati e dei lunghi tempi di produzione, sicché la realizzazione dell'apparecchio, che prese ufficialmente il nome XF5U-1, si trascinò fino al 1945.
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Il mock-up del Vought XF5U, in alto, e il primo prototipo in costruzione. Le originarie eliche tripala del mock-up vennero sostituite da due elementi quadripala.
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Questione di prospettive: al centro il modello del VS-315 durante le prove in galleria del vento.
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Come volevasi dimostrare, alle successive prove di rullaggio emersero con tutta evidenza i limiti tecnici delle scatole di riduzione poc'anzi descritte, le quali si rivelarono macchinose, delicate e lontane da un'ottimale messa a punto. Contestualmente, inoltre, riaffiorarono le violente vibrazioni strutturali che avevano già afflitto il precedente modello V-173, la cui origine venne individuata nel movimento rotatorio delle eliche e nei flussi d'aria asimmetrici che le stesse generavano. Per cercare di superare l'ostacolo, nell'agosto del 1945 le due eliche tripala installate nel prototipo vennero sostituite con due elementi quadripala prelevati da due Corsair di serie, senza, tuttavia, pervenire ad alcun apprezzabile miglioramento. In risposta al problema, Zimmerman, insieme all'esperto elicotterista Ralph Lightfoot, riprese una sua idea del 1943 ed elaborò un articolato sistema costituito da due gruppi rotanti muniti di un rotore centrale mutuato direttamente dagli elicotteri, ottenendo, tuttavia, l'effetto
76
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
collaterale di accumulare altri due anni di ritardo nel già travagliato sviluppo dell'aeroplano. Finalmente costruito il prototipo, che nel corso del tempo aveva ricevuto altri nomignoli come “Flying Flapjack” (sinonimo del termine Frittella Volante) e “Zimmer's Skimmer” (traducibile come “il colino di Zimmer”), nel 1947 ne vennero programmati i collaudi presso la base aerea californiana di Edwards, ma per quella data le determinazioni della U.S. Navy erano ormai da tempo cambiate. Nonostante una velocità massima stimata di 683 km/h e un innegabile potenziale operativo, infatti, alle soglie del 1948 fu chiaro che non vi poteva essere spazio, nell'era del jet, per un aeroplano con motori a pistoni dal disegno risalente agli anni Trenta e, conseguentemente, alla Vought venne ordinato di interrompere ogni attività: il caccia XF5U-1, pertanto, venne riconsegnato alla casa costruttrice, che lo dovette demolire su ordine governativo senza poterlo portare in volo nemmeno una volta.
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Come volevasi dimostrare, alle successive prove di rullaggio emersero con tutta evidenza i limiti tecnici delle scatole di riduzione poc'anzi descritte, le quali si rivelarono macchinose, delicate e lontane da un'ottimale messa a punto. Contestualmente, inoltre, riaffiorarono le violente vibrazioni strutturali che avevano già afflitto il precedente modello V-173, la cui origine venne individuata nel movimento rotatorio delle eliche e nei flussi d'aria asimmetrici che le stesse generavano. Per cercare di superare l'ostacolo, nell'agosto del 1945 le due eliche tripala installate nel prototipo vennero sostituite con due elementi quadripala prelevati da due Corsair di serie, senza, tuttavia, pervenire ad alcun apprezzabile miglioramento. In risposta al problema, Zimmerman, insieme all'esperto elicotterista Ralph Lightfoot, riprese una sua idea del 1943 ed elaborò un articolato sistema costituito da due gruppi rotanti muniti di un rotore centrale mutuato direttamente dagli elicotteri, ottenendo, tuttavia, l'effetto
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collaterale di accumulare altri due anni di ritardo nel già travagliato sviluppo dell'aeroplano. Finalmente costruito il prototipo, che nel corso del tempo aveva ricevuto altri nomignoli come “Flying Flapjack” (sinonimo del termine Frittella Volante) e “Zimmer's Skimmer” (traducibile come “il colino di Zimmer”), nel 1947 ne vennero programmati i collaudi presso la base aerea californiana di Edwards, ma per quella data le determinazioni della U.S. Navy erano ormai da tempo cambiate. Nonostante una velocità massima stimata di 683 km/h e un innegabile potenziale operativo, infatti, alle soglie del 1948 fu chiaro che non vi poteva essere spazio, nell'era del jet, per un aeroplano con motori a pistoni dal disegno risalente agli anni Trenta e, conseguentemente, alla Vought venne ordinato di interrompere ogni attività: il caccia XF5U-1, pertanto, venne riconsegnato alla casa costruttrice, che lo dovette demolire su ordine governativo senza poterlo portare in volo nemmeno una volta.
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Change Vought F7U-3/F7U3M 1 Sonda di rifornimento in volo (F7U-3) 2 Radome incernierato verso l'alto 3 Antenna del radar (F7U-3M) 4 Meccanismo di movimento dell'antenna 5 Cerniera del radome 6 Paratia di montaggio del radar 7 Aletta di avviso imbardata 8 Sonde dei dati aria 9 Bombole del sistema pneumatico 10 Radar AN/APQ-51 11 Prese statiche 12 Pavimento della cabina 13 Paratia a pressione anteriore 14 Pedaliera 15 Cloche 16 Carenatura superiore del cruscotto 17 Mirino per l'appontaggio 18 Parabrezza corazzato 19 Collimatore a riflessione Mk. II 20 Tettuccio con apertura per scorrimento all'indietro 21 Poggiatesta del sedile eiettabile 22 Corazzatura posteriore 23 Sedile eiettabile Vought 24 Manopole di controllo motori 25 Console comandi laterale 26 Paratia a pressione posteriore 27 Perno di rotazione del carrello anteriore 28 Portello anteriore del carrello 29 Anello per il fissaggio del velivolo sul ponte 30 Gamba ammortizzatore 31 Unità di controllo della sterzatura idraulica 32 Doppio ruotino del carrello anteriore 33 Triangolo di interconnessone dei componenti dell'ammortizzatore disassato a destra 34 Gamba di retrazione del carrello 35 Martinetto idraulico di retrazione 36 Portelli del carrello anteriore 37 Trasmissioni dei comandi 38 Presa d'aria e scarichi dello scambiatore di calore 39 Compartimento per equipaggiamenti laterale (a destra e a sinistra) 40 Equipaggiamento di condizionamento aria 41 Compartimento per equipaggiamento elettrico; quello avionico è sul lato destro
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42 Scalini estraibili per l'accesso in cabina provenendo dalla parte posteriore della fusoliera 43 Scarico dell'aria di raffreddamento 44 Stiva avionica posteriore di cabina 45 Antenna radio compass 46 Pannello di carenatura del radio compass 47 Maniglia di sgancio manuale del tettuccio 48 Carenatura posteriore del tettuccio 49 Attuatore del tettuccio 50 Serbatoio anteriore di fusoliera a sacca 51 Scarichi dell'aria di strato limite tra prese d'aria e fusoliera 52 Scarichi/ventilazione del compartimento cannoni 53 Bocche cannoni 54 Piastra di separazione dello strato limite 55 Presa d'ariadel motore sinistro 56 Condotto della presa d'aria 57 Connessione energia a terra 58 Canne dei cannoni 59 Condotti di scarico dei bossoli e dei maglioni 60 Supporto dei cannoni 61 Cannone da 20 mm (4) 62 Condotti di alimentazione cannoni (180 colpi per arma) 63 Stiva dell'equipaggiamento
idraulico 64 Attacco del longherone alare alla paratia di fusoliera 65 Serbatoio centrale di fusoliera a sacca 66 Serbatoio principale interno dell'ala destra (capacità totale interna dell'F7U-3 4.996 litri) 67 Serbatoio di bordo d'attacco
AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
68 Attuatore dello slat 69 Segmento dello slat interno 70 Trasmissione comandi al timone di direzione e all'elevone (“ailerator”) 71 Linea di ripiegamento dell'ala 72 Attuatore idraulico di ripiegamento dell'ala 73 Serbatoi alari esterni (solo sull'F7U-3M che aveva una capacità interna di 5.929 litri) 74 Attuatore dello slat esterno 75 Binari di scorrimento dello slat 76 Sezione esterna dello slat 77 Luce di navigazione destra 78 Carenatura dell'estremità alare 79 Attuatore idraulico dell'elevone 80 Antenna di homing 81 Elevone destro 82 Ala destra in posizione ripiegata 83 Deriva destra 84 Contrappeso del timone di direzione 85 Timone di direzione destro 86 Trasmissione dei comandi timone di direzione
87 Superficie di trimmaggio/smorzatore di imbardata 88 Luci di navigazione di coda 89 Servo controllo dello smorzatore imbardata 90 Carrello principale destro in posizione retratta 91 Aerofreno in posizione aperta 92 Aerofreno in posizione chiusa a formare il bordo di uscita dell'ala
93 Attacco del longherone posteriore alla fusoliera 94 Apertura di ventilazione del compartimento motori 95 Struttura della parte posteriore della fusoliera
96 Prese d'aria di raffreddamento del postbruciatore 97 Condotto di scarico del motore destro 98 Scarico del carburante 99 Ugello di scarico del motore 100 Carenatura dell'ugello di scarico
101 Prese d'aria di raffreddamento dell'ugello 102 Carenatura degli scarichi smontabile 103 Condotto del postbruciatore del motore sinistro
104 Attuatore idraulico dell'aerofreno 105 Aerofreno sinistro 106 Raccordo deriva 107 Martinetto idraulico per retrazione del carrello principale 108 Compartimento del carrello principale sinistro
109 Servocomando smorzatore di imbardata 110 Struttura della deriva 111 Struttura della deriva con cassone di torsione a due longheroni 112 Timone di direzione sinistro
113 Centine del timone di direzione 114 Superficie di trimmaggio/smorzatore di imbardata 115 Luci di navigazione posteriori 116 Condotto di ventilazione serbatoi alari 117 Elevone sinistro 118 Struttura elevone 119 Bordo di uscita dell'elevone squadrato 120 Trasmettitore remoto della bussola 121 Centina di chiusura dell'estremità alare 122 Luce di navigazione sinistra 123 Longherone ausiliario anteriore dall'estremità ai serbatoi alari 124 Longherone posteriore
133 Bombole dell'impianto antincendio 134 Linea di ripiegamento dell'ala 135 Attuatore idraulico di ripiegamento dell'ala 136 Punto di rotazione del carrello principale 137 Gamba di retrazionedel carrello 138 Gamba ammortizzatore 139 Ruota principale sinistra 140 Triangolo di interconnessone dei componenti dell'ammortizzatore 141 Portello del carrello principale 142 Luci di avvicinamento per l'appontaggio 143 Giunzioni trasmissioni dei comandi 144 Compartimenti del serbatoio alare interno 145 Gancio di appontaggio 146 Attacco longherone posteriore 147 Motore Westinghouse J46WE-8B con postcombustione 148 Binario di montaggio/smontaggio motore 149 Punto di attacco del longherone principale 150 Scatola ingranaggi degli accessori motore 151 Attacco alla catapulta 152 Attuatore dello slat 153 Longherone ausiliario anteriore 154 Serbatoio di bordo di attacco 155 Trasmissioni dei comandi 156 Pilone alare interno 157 Segmento interno dello slat
125 Attuatore idraulico dell'elevone 126 Longherone principale 127 Struttura dello slat di bordo di attacco multilongherone 128 Segmento esterno slat 129 Binari di scorrimento dello slat 130 Binario di lancio del missile 131 Pilone esterno (solo sull'F7U-3M) 132 Compartimenti del serbatoio alare esterno
158 Serbatoio ausiliario da 568 litri 159 Pacco ventrale per 32 razzi FFAR da 2,75” intercambiabile con un pod carburante da 832 litri 160 Razzo FFAR da 2,75” 161 Bomba HE da 227 kg 162 Bomba HE da 454 kg 163 Missile aria-aria Sparrow (4 sull'F7U-3M)
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Change Vought F7U-3/F7U3M 1 Sonda di rifornimento in volo (F7U-3) 2 Radome incernierato verso l'alto 3 Antenna del radar (F7U-3M) 4 Meccanismo di movimento dell'antenna 5 Cerniera del radome 6 Paratia di montaggio del radar 7 Aletta di avviso imbardata 8 Sonde dei dati aria 9 Bombole del sistema pneumatico 10 Radar AN/APQ-51 11 Prese statiche 12 Pavimento della cabina 13 Paratia a pressione anteriore 14 Pedaliera 15 Cloche 16 Carenatura superiore del cruscotto 17 Mirino per l'appontaggio 18 Parabrezza corazzato 19 Collimatore a riflessione Mk. II 20 Tettuccio con apertura per scorrimento all'indietro 21 Poggiatesta del sedile eiettabile 22 Corazzatura posteriore 23 Sedile eiettabile Vought 24 Manopole di controllo motori 25 Console comandi laterale 26 Paratia a pressione posteriore 27 Perno di rotazione del carrello anteriore 28 Portello anteriore del carrello 29 Anello per il fissaggio del velivolo sul ponte 30 Gamba ammortizzatore 31 Unità di controllo della sterzatura idraulica 32 Doppio ruotino del carrello anteriore 33 Triangolo di interconnessone dei componenti dell'ammortizzatore disassato a destra 34 Gamba di retrazione del carrello 35 Martinetto idraulico di retrazione 36 Portelli del carrello anteriore 37 Trasmissioni dei comandi 38 Presa d'aria e scarichi dello scambiatore di calore 39 Compartimento per equipaggiamenti laterale (a destra e a sinistra) 40 Equipaggiamento di condizionamento aria 41 Compartimento per equipaggiamento elettrico; quello avionico è sul lato destro
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42 Scalini estraibili per l'accesso in cabina provenendo dalla parte posteriore della fusoliera 43 Scarico dell'aria di raffreddamento 44 Stiva avionica posteriore di cabina 45 Antenna radio compass 46 Pannello di carenatura del radio compass 47 Maniglia di sgancio manuale del tettuccio 48 Carenatura posteriore del tettuccio 49 Attuatore del tettuccio 50 Serbatoio anteriore di fusoliera a sacca 51 Scarichi dell'aria di strato limite tra prese d'aria e fusoliera 52 Scarichi/ventilazione del compartimento cannoni 53 Bocche cannoni 54 Piastra di separazione dello strato limite 55 Presa d'ariadel motore sinistro 56 Condotto della presa d'aria 57 Connessione energia a terra 58 Canne dei cannoni 59 Condotti di scarico dei bossoli e dei maglioni 60 Supporto dei cannoni 61 Cannone da 20 mm (4) 62 Condotti di alimentazione cannoni (180 colpi per arma) 63 Stiva dell'equipaggiamento
idraulico 64 Attacco del longherone alare alla paratia di fusoliera 65 Serbatoio centrale di fusoliera a sacca 66 Serbatoio principale interno dell'ala destra (capacità totale interna dell'F7U-3 4.996 litri) 67 Serbatoio di bordo d'attacco
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68 Attuatore dello slat 69 Segmento dello slat interno 70 Trasmissione comandi al timone di direzione e all'elevone (“ailerator”) 71 Linea di ripiegamento dell'ala 72 Attuatore idraulico di ripiegamento dell'ala 73 Serbatoi alari esterni (solo sull'F7U-3M che aveva una capacità interna di 5.929 litri) 74 Attuatore dello slat esterno 75 Binari di scorrimento dello slat 76 Sezione esterna dello slat 77 Luce di navigazione destra 78 Carenatura dell'estremità alare 79 Attuatore idraulico dell'elevone 80 Antenna di homing 81 Elevone destro 82 Ala destra in posizione ripiegata 83 Deriva destra 84 Contrappeso del timone di direzione 85 Timone di direzione destro 86 Trasmissione dei comandi timone di direzione
87 Superficie di trimmaggio/smorzatore di imbardata 88 Luci di navigazione di coda 89 Servo controllo dello smorzatore imbardata 90 Carrello principale destro in posizione retratta 91 Aerofreno in posizione aperta 92 Aerofreno in posizione chiusa a formare il bordo di uscita dell'ala
93 Attacco del longherone posteriore alla fusoliera 94 Apertura di ventilazione del compartimento motori 95 Struttura della parte posteriore della fusoliera
96 Prese d'aria di raffreddamento del postbruciatore 97 Condotto di scarico del motore destro 98 Scarico del carburante 99 Ugello di scarico del motore 100 Carenatura dell'ugello di scarico
101 Prese d'aria di raffreddamento dell'ugello 102 Carenatura degli scarichi smontabile 103 Condotto del postbruciatore del motore sinistro
104 Attuatore idraulico dell'aerofreno 105 Aerofreno sinistro 106 Raccordo deriva 107 Martinetto idraulico per retrazione del carrello principale 108 Compartimento del carrello principale sinistro
109 Servocomando smorzatore di imbardata 110 Struttura della deriva 111 Struttura della deriva con cassone di torsione a due longheroni 112 Timone di direzione sinistro
113 Centine del timone di direzione 114 Superficie di trimmaggio/smorzatore di imbardata 115 Luci di navigazione posteriori 116 Condotto di ventilazione serbatoi alari 117 Elevone sinistro 118 Struttura elevone 119 Bordo di uscita dell'elevone squadrato 120 Trasmettitore remoto della bussola 121 Centina di chiusura dell'estremità alare 122 Luce di navigazione sinistra 123 Longherone ausiliario anteriore dall'estremità ai serbatoi alari 124 Longherone posteriore
133 Bombole dell'impianto antincendio 134 Linea di ripiegamento dell'ala 135 Attuatore idraulico di ripiegamento dell'ala 136 Punto di rotazione del carrello principale 137 Gamba di retrazionedel carrello 138 Gamba ammortizzatore 139 Ruota principale sinistra 140 Triangolo di interconnessone dei componenti dell'ammortizzatore 141 Portello del carrello principale 142 Luci di avvicinamento per l'appontaggio 143 Giunzioni trasmissioni dei comandi 144 Compartimenti del serbatoio alare interno 145 Gancio di appontaggio 146 Attacco longherone posteriore 147 Motore Westinghouse J46WE-8B con postcombustione 148 Binario di montaggio/smontaggio motore 149 Punto di attacco del longherone principale 150 Scatola ingranaggi degli accessori motore 151 Attacco alla catapulta 152 Attuatore dello slat 153 Longherone ausiliario anteriore 154 Serbatoio di bordo di attacco 155 Trasmissioni dei comandi 156 Pilone alare interno 157 Segmento interno dello slat
125 Attuatore idraulico dell'elevone 126 Longherone principale 127 Struttura dello slat di bordo di attacco multilongherone 128 Segmento esterno slat 129 Binari di scorrimento dello slat 130 Binario di lancio del missile 131 Pilone esterno (solo sull'F7U-3M) 132 Compartimenti del serbatoio alare esterno
158 Serbatoio ausiliario da 568 litri 159 Pacco ventrale per 32 razzi FFAR da 2,75” intercambiabile con un pod carburante da 832 litri 160 Razzo FFAR da 2,75” 161 Bomba HE da 227 kg 162 Bomba HE da 454 kg 163 Missile aria-aria Sparrow (4 sull'F7U-3M)
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come “Widowmaker ” (fabbricante di vedove) si sprecavano, due esemplari vennero ceduti alla pattuglia acrobatica della U.S. Navy “Blue Angels”, ma le loro esibizioni furono praticamente inesistenti e gli a p p a r e c c h i v e n n e r o r a p i d a m e n te r a d i a t i p e r “mancanza di ricambi”. Per cercare di superare l'impasse, alla Vought fu chiesto di rielaborare il progetto del Cutlass per sostituire i propulsori con due Westinghouse J-34-WE42, teoricamente più potenti ed affidabili di quelli originariamente utilizzati, ma questi impianti si rivelarono lontani dalla messa a punto ottimale e quella che doveva essere la versione di serie F7U-2, ordinata in ottantotto unità, non prese forma. Si decise, pertanto, di convogliare lo sviluppo in una variante completamente nuova, che prese il nome di F7U-3, la quale, oltre ad introdurre due più potenti propulsori Westinghouse J-46, fu estesamente rivisitata anche sotto il profilo aerodinamico: l'abitacolo venne ingrandito mediante l'inserimento di un grosso tettuccio a goccia parzialmente trasparente, la fusoliera fu inspessita e dotata di un disegno più fluido e curvilineo, le derive verticali furono ridisegnate e persero i prolungamenti ventrali che erano presenti sui primi modelli, mentre, a livello strutturale, venne dato corso a un irrobustimento generale. Il nuovo apparecchio uscì dalle linee di montaggio complessivamente più grosso, più pesante e meglio armato (comparvero quattro cannoncini da 20 mm collocati sul bordo d'attacco alare) e così configurato venne portato in volo per la prima volta il 22 dicembre 1951 ai comandi dell'esperto John McGuyrt: il risultato di queste modifiche ebbe risvolti positivi e della nuova versione vennero quindi costruite 192 unità, cui si aggiunsero 98 modelli F7U-3M adattati per il carico dei missili aria/aria Sparrow I, ed altri 12 F7U-3P disarmati da ricognizione. A prescindere dai miglioramenti, tuttavia, le lacune intrinseche al progetto del Vought F7U riemersero col procedere delle consegne ai reparti ed il bimotore si lasciò alle spalle una nutrita serie di incidenti, spesso fatali, finendo con l'essere utilizzato con estrema parsimonia. Sintomatica è, a tal proposito, la breve carriera che il caccia ebbe in forza ai dieci squa droni che equipaggiò: costruito in un totale di circa 300 unità fino al dicembre 1955, l'apparecchio conobbe una storia di volo di appena 55.000 ore senza nemmeno essere schierato durante la guerra in Corea, sicché si comprende come equipaggi e comandanti preferissero tenerlo chiuso in hangar piuttosto che volarci sopra. Del velivolo venne, infine, ipotizzata anche una variante da appoggio tattico, denominata Vought A2U1, ma la versione, appena abbozzata, rimase sulla carta.
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Aeroplani in carico al Naval Air Test Center presso la Naval Air Station (NAS) Patuxent River, nel Maryland, in volo nel 1950. Dall'alto verso il basso: F6U Pirate, F9F Panther, F2H Banshee e F7U Cutlass.
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Vought F7U-3 in organico al VA-86 imbarcato sulla USS Forrestal (CVA-59)
Il Cutlass venne ceduto anche alla pattuglia acrobatica Blue Angels, ma venne presto radiato ucialmente per Ā "mancanza di pezzi di ricambio": in realtà fu scartato quasi subito per la sua pericolosità di pilotaggio.
Il primo XF7U ripreso in volo sopra Patuxent River agli inizi degli Anni ‘50.
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come “Widowmaker ” (fabbricante di vedove) si sprecavano, due esemplari vennero ceduti alla pattuglia acrobatica della U.S. Navy “Blue Angels”, ma le loro esibizioni furono praticamente inesistenti e gli a p p a r e c c h i v e n n e r o r a p i d a m e n te r a d i a t i p e r “mancanza di ricambi”. Per cercare di superare l'impasse, alla Vought fu chiesto di rielaborare il progetto del Cutlass per sostituire i propulsori con due Westinghouse J-34-WE42, teoricamente più potenti ed affidabili di quelli originariamente utilizzati, ma questi impianti si rivelarono lontani dalla messa a punto ottimale e quella che doveva essere la versione di serie F7U-2, ordinata in ottantotto unità, non prese forma. Si decise, pertanto, di convogliare lo sviluppo in una variante completamente nuova, che prese il nome di F7U-3, la quale, oltre ad introdurre due più potenti propulsori Westinghouse J-46, fu estesamente rivisitata anche sotto il profilo aerodinamico: l'abitacolo venne ingrandito mediante l'inserimento di un grosso tettuccio a goccia parzialmente trasparente, la fusoliera fu inspessita e dotata di un disegno più fluido e curvilineo, le derive verticali furono ridisegnate e persero i prolungamenti ventrali che erano presenti sui primi modelli, mentre, a livello strutturale, venne dato corso a un irrobustimento generale. Il nuovo apparecchio uscì dalle linee di montaggio complessivamente più grosso, più pesante e meglio armato (comparvero quattro cannoncini da 20 mm collocati sul bordo d'attacco alare) e così configurato venne portato in volo per la prima volta il 22 dicembre 1951 ai comandi dell'esperto John McGuyrt: il risultato di queste modifiche ebbe risvolti positivi e della nuova versione vennero quindi costruite 192 unità, cui si aggiunsero 98 modelli F7U-3M adattati per il carico dei missili aria/aria Sparrow I, ed altri 12 F7U-3P disarmati da ricognizione. A prescindere dai miglioramenti, tuttavia, le lacune intrinseche al progetto del Vought F7U riemersero col procedere delle consegne ai reparti ed il bimotore si lasciò alle spalle una nutrita serie di incidenti, spesso fatali, finendo con l'essere utilizzato con estrema parsimonia. Sintomatica è, a tal proposito, la breve carriera che il caccia ebbe in forza ai dieci squa droni che equipaggiò: costruito in un totale di circa 300 unità fino al dicembre 1955, l'apparecchio conobbe una storia di volo di appena 55.000 ore senza nemmeno essere schierato durante la guerra in Corea, sicché si comprende come equipaggi e comandanti preferissero tenerlo chiuso in hangar piuttosto che volarci sopra. Del velivolo venne, infine, ipotizzata anche una variante da appoggio tattico, denominata Vought A2U1, ma la versione, appena abbozzata, rimase sulla carta.
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Aeroplani in carico al Naval Air Test Center presso la Naval Air Station (NAS) Patuxent River, nel Maryland, in volo nel 1950. Dall'alto verso il basso: F6U Pirate, F9F Panther, F2H Banshee e F7U Cutlass.
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Vought F7U-3 in organico al VA-86 imbarcato sulla USS Forrestal (CVA-59)
Il Cutlass venne ceduto anche alla pattuglia acrobatica Blue Angels, ma venne presto radiato ucialmente per Ā "mancanza di pezzi di ricambio": in realtà fu scartato quasi subito per la sua pericolosità di pilotaggio.
Il primo XF7U ripreso in volo sopra Patuxent River agli inizi degli Anni ‘50.
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Eliminare il superfluo XB-35 e YB-49: quando si anticipo, troppo il futuro Il Black Bullet MX-334: il Komet a stelle e strisce Il curioso XP-79 Il cerchio si chiude
J
ack Northrop, all'anagrafe John Knudsen Northrop (1895-1981), è sicuramente stato il più importante artefice del concetto di ala volante. Autentico ragazzo prodigio, Northrop si rilevò fin da subito un precoce g e n i o a e ro n a u t i co, t a n to d a e s s e re ingaggiato, appena adolescente, da Allan e Malcom Loughead, ossia i fondatori della futura Lockheed Corporation, per aiutarli n e l l a r ea l i z z a z i o n e d e l l ' i d r ov o l a n te bimotore Loughead F.1 del 1916.
84
26 settembre 1929, Muroc Dry Lake. Jack Northrop e il pilota Edward A. “Eddie” Bellande posano per il fotografo prima che il Northrop Model-1 compia il volo inaugurale.
Eliminare il superfluo XB-35 e YB-49: quando si anticipo, troppo il futuro Il Black Bullet MX-334: il Komet a stelle e strisce Il curioso XP-79 Il cerchio si chiude
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ack Northrop, all'anagrafe John Knudsen Northrop (1895-1981), è sicuramente stato il più importante artefice del concetto di ala volante. Autentico ragazzo prodigio, Northrop si rilevò fin da subito un precoce g e n i o a e ro n a u t i co, t a n to d a e s s e re ingaggiato, appena adolescente, da Allan e Malcom Loughead, ossia i fondatori della futura Lockheed Corporation, per aiutarli n e l l a r ea l i z z a z i o n e d e l l ' i d r ov o l a n te bimotore Loughead F.1 del 1916.
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26 settembre 1929, Muroc Dry Lake. Jack Northrop e il pilota Edward A. “Eddie” Bellande posano per il fotografo prima che il Northrop Model-1 compia il volo inaugurale.
ELIMINARE IL SUPERFLUO Fu proprio in quest'ottica che in quegli anni Northrop concepì il disegno di un aeroplano sviluppato all'interno di una unica ala, che al suo interno racchiudeva l'abitacolo, l'impianto di propulsione e tutte le restanti componenti tecniche, e dalla quale si dilungavano sul posteriore due sottili bracci strutturali e culminanti con un ampio timone bi-deriva. Del velivolo, chiamato semplicemente “Model-1” e matricolato X-216H, nel 1929 venne realizzato un prototipo inizialmente configurato con motore azionante una elica centrale spingente, ma, nel 1930, la formula venne sostituita con una a motore anteriore in trazione e prese così forma il “Model-1A”: anche se non propriamente considerabili delle ali volanti, questi apparecchi ne furono comunque i precursori tecnici, posto che fu proprio con la loro comparsa che venne coniato per la prima volta il termine “Ala Volante” come lo intendiamo oggi. Ad ogni modo, il successivo step evolutivo giunse nel 1940, quando vide la luce il Northrop N-1M soprannominato “Jeep”. Il progetto nacque come iniziativa privata della Northrop al fine di raccogliere informazioni e dati sulla possibilità di costruire un aeroplano a tutta ala e privo di elementi verticali o coda. Durante la fase di studio si fecero diversi esperimenti di galleria del vento con un piccolo modello in legno, il q u a l e , e s s e n z i a l m e n te , p re s e n t ava una forma grossomodo triangolare: dato che i relativi test denotarono diversi problemi di stabilità, Jack Northrop,
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Con questo velivolo, denominato semplicemente Model-1, Northrop intraprese il percorso evolutivo che lo porterà all'ala volante.
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con l'ausilio dell'esperto di aerodinamica Theodore von Karman (un eminente scienziato ungherese di origine ebraica fuggito negli Stati Uniti durante anni Trenta e quivi naturalizzato), modificò il disegno del modello ripiegandone le estremità alari verso il basso e secondo un angolo di 35°. Per obbligate ragioni di aerodinamica, l'apparecchio venne quindi costruito installando due motori raffreddati ad aria Lycoming 0-145 da 65 hp ciascuno ed interamente annegati nella corda alare, i quali, a loro volta, azionavano due eliche bipala in posizione di spinta. Costruito interamente in legno, l'esemplare, dipinto di giallo, fu provato in rullaggi e corse in velocità durante il luglio del 1940, quando ricevette un non previsto battesimo dell'aria: durante una di tali simulazioni, infatti, il velivolo, che a pieno carico pesava appena 1.769 kg, iniziò a sobbalzare vistosamente, tanto che il pilota collaudatore, Vance Breese, fu costretto a prendere quota portando a termine un decollo fuori programma. Al di là del curioso caso, peraltro non infrequente nel mondo dell'aviazione, le conclusioni che ne derivarono furono di un apparecchio estremamente performante ed addirittura sovra-potenziato rispetto alle proprie caratteristiche tecniche. I collaudi proseguirono quindi con maggiore decisione, ma, al contempo, emersero gravi problemi di surriscaldamento dei predetti motori: a causa della loro collocazione interna alla struttura alare, questi componenti non ricevevano adeguato raffreddamento ed erano soggette ad un esponenziale aumento della
temperatura fin dalle fasi di immediato decollo. Per cercare di risolvere il problema, i tecnici sostituirono i suddetti motori con due Franklin 6AC raffreddati ad aria e da 120 cavalli, in quanto si ritenne che, aumentando la potenza disponibile, si sarebbe potuto portare in volo l'aeroplano riducendo lo sforzo complessivo delle unità motrici stesse e diminuendone contestualmente il riscaldamento. L'espediente nel complesso funzionò ed il velivolo venne sottoposto ad altre marginali modifiche strutturali, tra cui, in particolare, l'abolizione delle curvature verso il basso delle estremità alari in favore di un disegno a linea costante: la soluzione non diede particolari problemi di stabilità, ma, al contrario, migliorò sensibilmente le performance dell'apparecchio nelle fasi di picchiata e nelle manovre in velocità.
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Lo spartano Model-1 in volo.
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Inizialmente il Northrop N-1M presentava un disegno ad ala di gabbiano con le estremità rivolte verso il basso per ragioni di stabilità: successivamente venne appurato che questa soluzione aerodinamica era controproducente.
Alla fine il prototipo continuò a fungere come banco prova volante fino al 1945, quando venne ceduto al National Air and Space Museum per essere musealizzato e dove tutt'ora riposa. Sulla scorta dei dati acquisiti con il modello N-1M e nelle more dei relativi collaudi, Northrop ed il suo team ipotizzarono di ricavarne un bombardiere strategico quadrimotore che ne conservasse l'impostazione di base, il cui progetto venne quindi presentato alle autorità militari nel settembre del 1941. Il disegno di massima ottenne fin da subito grande attenzione, tanto che ne venne autorizzata e finanziata la costruzione di quattro modelli in scala per scopi valutativi e ne venne addirittura pianificata l'entrata in servizio per il quinquennio 1945-1950. Fu conseguentemente elaborato il Northrop N-9M,
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ELIMINARE IL SUPERFLUO Fu proprio in quest'ottica che in quegli anni Northrop concepì il disegno di un aeroplano sviluppato all'interno di una unica ala, che al suo interno racchiudeva l'abitacolo, l'impianto di propulsione e tutte le restanti componenti tecniche, e dalla quale si dilungavano sul posteriore due sottili bracci strutturali e culminanti con un ampio timone bi-deriva. Del velivolo, chiamato semplicemente “Model-1” e matricolato X-216H, nel 1929 venne realizzato un prototipo inizialmente configurato con motore azionante una elica centrale spingente, ma, nel 1930, la formula venne sostituita con una a motore anteriore in trazione e prese così forma il “Model-1A”: anche se non propriamente considerabili delle ali volanti, questi apparecchi ne furono comunque i precursori tecnici, posto che fu proprio con la loro comparsa che venne coniato per la prima volta il termine “Ala Volante” come lo intendiamo oggi. Ad ogni modo, il successivo step evolutivo giunse nel 1940, quando vide la luce il Northrop N-1M soprannominato “Jeep”. Il progetto nacque come iniziativa privata della Northrop al fine di raccogliere informazioni e dati sulla possibilità di costruire un aeroplano a tutta ala e privo di elementi verticali o coda. Durante la fase di studio si fecero diversi esperimenti di galleria del vento con un piccolo modello in legno, il q u a l e , e s s e n z i a l m e n te , p re s e n t ava una forma grossomodo triangolare: dato che i relativi test denotarono diversi problemi di stabilità, Jack Northrop,
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Con questo velivolo, denominato semplicemente Model-1, Northrop intraprese il percorso evolutivo che lo porterà all'ala volante.
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con l'ausilio dell'esperto di aerodinamica Theodore von Karman (un eminente scienziato ungherese di origine ebraica fuggito negli Stati Uniti durante anni Trenta e quivi naturalizzato), modificò il disegno del modello ripiegandone le estremità alari verso il basso e secondo un angolo di 35°. Per obbligate ragioni di aerodinamica, l'apparecchio venne quindi costruito installando due motori raffreddati ad aria Lycoming 0-145 da 65 hp ciascuno ed interamente annegati nella corda alare, i quali, a loro volta, azionavano due eliche bipala in posizione di spinta. Costruito interamente in legno, l'esemplare, dipinto di giallo, fu provato in rullaggi e corse in velocità durante il luglio del 1940, quando ricevette un non previsto battesimo dell'aria: durante una di tali simulazioni, infatti, il velivolo, che a pieno carico pesava appena 1.769 kg, iniziò a sobbalzare vistosamente, tanto che il pilota collaudatore, Vance Breese, fu costretto a prendere quota portando a termine un decollo fuori programma. Al di là del curioso caso, peraltro non infrequente nel mondo dell'aviazione, le conclusioni che ne derivarono furono di un apparecchio estremamente performante ed addirittura sovra-potenziato rispetto alle proprie caratteristiche tecniche. I collaudi proseguirono quindi con maggiore decisione, ma, al contempo, emersero gravi problemi di surriscaldamento dei predetti motori: a causa della loro collocazione interna alla struttura alare, questi componenti non ricevevano adeguato raffreddamento ed erano soggette ad un esponenziale aumento della
temperatura fin dalle fasi di immediato decollo. Per cercare di risolvere il problema, i tecnici sostituirono i suddetti motori con due Franklin 6AC raffreddati ad aria e da 120 cavalli, in quanto si ritenne che, aumentando la potenza disponibile, si sarebbe potuto portare in volo l'aeroplano riducendo lo sforzo complessivo delle unità motrici stesse e diminuendone contestualmente il riscaldamento. L'espediente nel complesso funzionò ed il velivolo venne sottoposto ad altre marginali modifiche strutturali, tra cui, in particolare, l'abolizione delle curvature verso il basso delle estremità alari in favore di un disegno a linea costante: la soluzione non diede particolari problemi di stabilità, ma, al contrario, migliorò sensibilmente le performance dell'apparecchio nelle fasi di picchiata e nelle manovre in velocità.
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Lo spartano Model-1 in volo.
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Inizialmente il Northrop N-1M presentava un disegno ad ala di gabbiano con le estremità rivolte verso il basso per ragioni di stabilità: successivamente venne appurato che questa soluzione aerodinamica era controproducente.
Alla fine il prototipo continuò a fungere come banco prova volante fino al 1945, quando venne ceduto al National Air and Space Museum per essere musealizzato e dove tutt'ora riposa. Sulla scorta dei dati acquisiti con il modello N-1M e nelle more dei relativi collaudi, Northrop ed il suo team ipotizzarono di ricavarne un bombardiere strategico quadrimotore che ne conservasse l'impostazione di base, il cui progetto venne quindi presentato alle autorità militari nel settembre del 1941. Il disegno di massima ottenne fin da subito grande attenzione, tanto che ne venne autorizzata e finanziata la costruzione di quattro modelli in scala per scopi valutativi e ne venne addirittura pianificata l'entrata in servizio per il quinquennio 1945-1950. Fu conseguentemente elaborato il Northrop N-9M,
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N-9M in costruzione. 9-10 Si noti il complesso di pannelliNorthrop mobili incernierati sul bordo
d'uscita alare e che svolgevano tutte le funzioni normalmente a date al timone.
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N-9M durante i collaudi iniziali. La lunga asta anteriore serviva per studiare dei fenomeni di oscillazione che erano stati riscontrati durante i primi voli.
ossia un bimotore perfettamente in scala di quello che doveva essere il più grande “cugino” bombardiere e del quale incorporava tutte le principali caratteristiche aerodinamiche. I lavori di sviluppo procedettero sorprendentemente spediti e nel giro di circa un anno, ossia il 27 dicembre 1942, il primo dei quattro esemplari commissionati venne ultimato e portato in volo. Purtroppo non è dato sapere molto delle iniziali valutazioni, in quanto già nelle primissime settimane del 1943 il prototipo, comandato dal pilota Max Constant, andò perduto in un terribile incidente: per cause mai definitivamente chiarite, infatti, il velivolo non riuscì a recuperare da una vite e finì per schiantarsi al suolo provocando la morte del pilota. Poiché il relitto andò completamente distrutto, si poté unicamente ipotizzare che, a causa delle violente forze aerodinamiche e gravitazionali che si dovevano essere sprigionate durante la vite, la sola forza fisica del pilota non era stata sufficiente a controllarne i comandi. S u l l a s co r t a d i t a l i co n s i d e ra z i o n i , i te c n i c i svilupparono un meccanismo idraulico, che, in caso di stallo o vite, scattava tramite un pistoncino collocato sulla cloche e che portava forzatamente l'assetto della barra di comando in picchiata, in modo da consentire al velivolo di stabilizzarsi ed uscire dalla situazione di emergenza. Come detto, i reali motivi del sopra descritto incidente non furono mai chiariti, ma fatto sta che a seguito dell'introduzione del dispositivo di sicurezza non si verificarono più ulteriori episodi ed il lavoro di collaudo degli altri tre prototipi venne proficuamente portato avanti fino al 1945. Sotto il profilo tecnico, va ricordato che il modello sperimentale N-9M, dalla struttura metallica ma con parte del rivestimento in legno, venne costruito con due diverse motorizzazioni, in quanto i primi tre esemplari erano spinti da una coppia di Menasco C6S-4 da 275 hp, mentre il quarto ricevette due Franklin 8ACSA-538 da 300 hp: a discapito della differenza di potenza di questi impianti, anche in questo caso si presentarono non pochi problemi di raffreddamento, posto che entrambe le configurazioni erano raffreddate ad aria e che in entrambi i casi i relativi propulsori erano interamente annegati nell'ala. Nonostante la limitata potenza disponibile, il Northrop N-9M, nelle sue varie declinazioni, riuscì a garantire delle prestazioni di volo di tutto rispetto, raggiungendo una velocità massima nell'ordine dei 410 km/h (le fonti non sono univoche in proposito ma le oscillazioni tra i dati consultati sono minime). Purtroppo, dei tre Northrop N-9M rimasti solo uno fu preservato dalla demolizione per essere esposto in condizioni di volo presso il Planes of Fame Air Museum di Chino, in California: qui, tuttavia, il ventidue aprile del 2019 anche tale ultimo superstite è andato definitivamente perduto in un incidente ancora non chiarito durante un locale airshow e costato la vita al pilota, David Vopat.
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Max Stanley, collaudatore Northrop, mentre illustra ad un uciale i comandi dello N-9M: si noti il Ā disegno ellittico delle prese d'aria anteriori, che verranno successivamente sostituite con due aperture rettangolari.
Su questo N-9M erano già state introdotte le prese d'aria rettangolari.
Febbraio 1945: questa fu l'unica volta in cui vennero immortalati contemporaneamente tre N-9M.
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N-9M in costruzione. 9-10 Si noti il complesso di pannelliNorthrop mobili incernierati sul bordo
d'uscita alare e che svolgevano tutte le funzioni normalmente a date al timone.
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N-9M durante i collaudi iniziali. La lunga asta anteriore serviva per studiare dei fenomeni di oscillazione che erano stati riscontrati durante i primi voli.
ossia un bimotore perfettamente in scala di quello che doveva essere il più grande “cugino” bombardiere e del quale incorporava tutte le principali caratteristiche aerodinamiche. I lavori di sviluppo procedettero sorprendentemente spediti e nel giro di circa un anno, ossia il 27 dicembre 1942, il primo dei quattro esemplari commissionati venne ultimato e portato in volo. Purtroppo non è dato sapere molto delle iniziali valutazioni, in quanto già nelle primissime settimane del 1943 il prototipo, comandato dal pilota Max Constant, andò perduto in un terribile incidente: per cause mai definitivamente chiarite, infatti, il velivolo non riuscì a recuperare da una vite e finì per schiantarsi al suolo provocando la morte del pilota. Poiché il relitto andò completamente distrutto, si poté unicamente ipotizzare che, a causa delle violente forze aerodinamiche e gravitazionali che si dovevano essere sprigionate durante la vite, la sola forza fisica del pilota non era stata sufficiente a controllarne i comandi. S u l l a s co r t a d i t a l i co n s i d e ra z i o n i , i te c n i c i svilupparono un meccanismo idraulico, che, in caso di stallo o vite, scattava tramite un pistoncino collocato sulla cloche e che portava forzatamente l'assetto della barra di comando in picchiata, in modo da consentire al velivolo di stabilizzarsi ed uscire dalla situazione di emergenza. Come detto, i reali motivi del sopra descritto incidente non furono mai chiariti, ma fatto sta che a seguito dell'introduzione del dispositivo di sicurezza non si verificarono più ulteriori episodi ed il lavoro di collaudo degli altri tre prototipi venne proficuamente portato avanti fino al 1945. Sotto il profilo tecnico, va ricordato che il modello sperimentale N-9M, dalla struttura metallica ma con parte del rivestimento in legno, venne costruito con due diverse motorizzazioni, in quanto i primi tre esemplari erano spinti da una coppia di Menasco C6S-4 da 275 hp, mentre il quarto ricevette due Franklin 8ACSA-538 da 300 hp: a discapito della differenza di potenza di questi impianti, anche in questo caso si presentarono non pochi problemi di raffreddamento, posto che entrambe le configurazioni erano raffreddate ad aria e che in entrambi i casi i relativi propulsori erano interamente annegati nell'ala. Nonostante la limitata potenza disponibile, il Northrop N-9M, nelle sue varie declinazioni, riuscì a garantire delle prestazioni di volo di tutto rispetto, raggiungendo una velocità massima nell'ordine dei 410 km/h (le fonti non sono univoche in proposito ma le oscillazioni tra i dati consultati sono minime). Purtroppo, dei tre Northrop N-9M rimasti solo uno fu preservato dalla demolizione per essere esposto in condizioni di volo presso il Planes of Fame Air Museum di Chino, in California: qui, tuttavia, il ventidue aprile del 2019 anche tale ultimo superstite è andato definitivamente perduto in un incidente ancora non chiarito durante un locale airshow e costato la vita al pilota, David Vopat.
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Max Stanley, collaudatore Northrop, mentre illustra ad un uciale i comandi dello N-9M: si noti il Ā disegno ellittico delle prese d'aria anteriori, che verranno successivamente sostituite con due aperture rettangolari.
Su questo N-9M erano già state introdotte le prese d'aria rettangolari.
Febbraio 1945: questa fu l'unica volta in cui vennero immortalati contemporaneamente tre N-9M.
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Northrop in posa davanti al primo XB-35 costruito e qui ripreso a Muroc (successivamente base aerea di Edwards) nel luglio 1946.
L'abitacolo del pilota dell'XB-35 era leggermente decentrato, mentre il navigatore sedeva accanto senza il lusso di un tettuccio a bolla sopra la testa.
Gruppo motopropulsore dell'XB-35 con in primo piano le grandi eliche quadripala controrotanti.
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sopraggiunti problemi logistici, in quanto fu chiaro che la Northrop Corporation non avrebbe avuto le risorse per portare avanti da sola la fabbricazione dell'avveniristico quadrimotore e si decise, di conseguenza, di strutturare una collaborazione con la più grande Glenn L. Martin Company, alla quale fu affidato il compito di allestire le linee produttive di larga scala. L'operazione di coniugare e coordinare le due aziende, a sua volta, si rivelò nel complesso poco proficua, poiché, da un lato, i tecnici Martin furono generalmente restii a dedicarsi alla lavorazione dell'aeroplano, che era pur sempre un progetto della concorrenza, e, dall'altro lato, la stessa casa costruttrice versava in una situazione di pesante affollamento industriale con le catene di montaggio già intasate. Attriti imprenditoriali a parte, la stessa fase di gestazione del velivolo si rivelò più lunga del previsto, poiché i propulsori richiesero tempo per raggiungere una messa a punto ottimale e la relativa componentistica tecnica, come la trasmissione, il carrello triciclo anteriore e le eliche, impose un intenso lavoro di rifinitura. Il risultato di questa catena di ritardi ebbe effetti disastrosi sulla tabella di marcia, posto che la data di varo del prototipo, originariamente fissata per il novembre 1943, venne posticipata all'aprile del 1945 e fu preannunciato che, nonostante gli sforzi, le consegne dei mezzi operativi non sarebbero state evase prima dell'inizio del 1947. Sulla scorta del poco incoraggiante calendario, nella primavera del 1944 venne annullata l'iniziale commessa di produzione delle macchine di serie dell'ipotetico B-35, mentre si autorizzò unicamente il completamento di due prototipi e dei tredici modelli valutativi YB-35. In realtà, anche i tempi di produzione di tali esemplari sconfinarono le date di consegna, dato che si riuscì a portare in volo il prototipo XB-35 solamente il 25 giugno 1946: collaudato da Max Stanley (pilota), Fred Charles Bretcher (copilota) e Orva H. Douglas (ingegnere di b o rd o ) , v i d e fi n a l m e n te l a l u ce u n a e ro p l a n o dall'inconfondibile forma a freccia ad angolo di 27°, priva di qualsivoglia elemento verticale o stabilizzatore orizzontale e dotato di imponenti dimensioni, che si attestavano su 6,2 m di altezza, 16,2 m di lunghezza e 52,2 m di apertura alare e che garantivano ben 370 m² di superficie lavorante. A discapito delle aspettative, l'apparecchio non si dimostrò particolarmente stabile e gradevole da pilotare e, inoltre, fin da subito si riscontrarono delle gravi noie meccaniche ai motori/trasmissioni. L'attività di collaudo procedette, pertanto, a ritmi piuttosto blandi per cercare di individuare la fonte dei problemi e, alla fine, venne appurato che il sistema di trasmissione utilizzato non era in grado di gestire correttamente il moto delle eliche contro-rotanti, sicché si decise di sostituirle con componenti singole e tradizionali: la soluzione, tuttavia, non risolse di molto la situazione - la trasmissione continuò ad essere troppo delicata - e, al contrario, fece emergere delle forti vibrazioni strutturali con un annesso generale
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Northrop in posa davanti al primo XB-35 costruito e qui ripreso a Muroc (successivamente base aerea di Edwards) nel luglio 1946.
L'abitacolo del pilota dell'XB-35 era leggermente decentrato, mentre il navigatore sedeva accanto senza il lusso di un tettuccio a bolla sopra la testa.
Gruppo motopropulsore dell'XB-35 con in primo piano le grandi eliche quadripala controrotanti.
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sopraggiunti problemi logistici, in quanto fu chiaro che la Northrop Corporation non avrebbe avuto le risorse per portare avanti da sola la fabbricazione dell'avveniristico quadrimotore e si decise, di conseguenza, di strutturare una collaborazione con la più grande Glenn L. Martin Company, alla quale fu affidato il compito di allestire le linee produttive di larga scala. L'operazione di coniugare e coordinare le due aziende, a sua volta, si rivelò nel complesso poco proficua, poiché, da un lato, i tecnici Martin furono generalmente restii a dedicarsi alla lavorazione dell'aeroplano, che era pur sempre un progetto della concorrenza, e, dall'altro lato, la stessa casa costruttrice versava in una situazione di pesante affollamento industriale con le catene di montaggio già intasate. Attriti imprenditoriali a parte, la stessa fase di gestazione del velivolo si rivelò più lunga del previsto, poiché i propulsori richiesero tempo per raggiungere una messa a punto ottimale e la relativa componentistica tecnica, come la trasmissione, il carrello triciclo anteriore e le eliche, impose un intenso lavoro di rifinitura. Il risultato di questa catena di ritardi ebbe effetti disastrosi sulla tabella di marcia, posto che la data di varo del prototipo, originariamente fissata per il novembre 1943, venne posticipata all'aprile del 1945 e fu preannunciato che, nonostante gli sforzi, le consegne dei mezzi operativi non sarebbero state evase prima dell'inizio del 1947. Sulla scorta del poco incoraggiante calendario, nella primavera del 1944 venne annullata l'iniziale commessa di produzione delle macchine di serie dell'ipotetico B-35, mentre si autorizzò unicamente il completamento di due prototipi e dei tredici modelli valutativi YB-35. In realtà, anche i tempi di produzione di tali esemplari sconfinarono le date di consegna, dato che si riuscì a portare in volo il prototipo XB-35 solamente il 25 giugno 1946: collaudato da Max Stanley (pilota), Fred Charles Bretcher (copilota) e Orva H. Douglas (ingegnere di b o rd o ) , v i d e fi n a l m e n te l a l u ce u n a e ro p l a n o dall'inconfondibile forma a freccia ad angolo di 27°, priva di qualsivoglia elemento verticale o stabilizzatore orizzontale e dotato di imponenti dimensioni, che si attestavano su 6,2 m di altezza, 16,2 m di lunghezza e 52,2 m di apertura alare e che garantivano ben 370 m² di superficie lavorante. A discapito delle aspettative, l'apparecchio non si dimostrò particolarmente stabile e gradevole da pilotare e, inoltre, fin da subito si riscontrarono delle gravi noie meccaniche ai motori/trasmissioni. L'attività di collaudo procedette, pertanto, a ritmi piuttosto blandi per cercare di individuare la fonte dei problemi e, alla fine, venne appurato che il sistema di trasmissione utilizzato non era in grado di gestire correttamente il moto delle eliche contro-rotanti, sicché si decise di sostituirle con componenti singole e tradizionali: la soluzione, tuttavia, non risolse di molto la situazione - la trasmissione continuò ad essere troppo delicata - e, al contrario, fece emergere delle forti vibrazioni strutturali con un annesso generale
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25 24 19-22
Stralcio di un brevetto Northrop riguardante l’autopilota installato sullo XB-35.
La produzione iniziale del Northrop B-35. Degli oltre duecento esemplari commissionati alla ďŹ ne furono costruiti solo pochi apparecchi di pre-serie.
Collaudo dei sistemi antincendio.
Per poter ospitare l'equipaggio, la stiva e l'armamento difensivo dello XB-35 era stato progettato un troncone a sezione circolare che si protendeva sul posteriore. ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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Stralcio di un brevetto Northrop riguardante l’autopilota installato sullo XB-35.
La produzione iniziale del Northrop B-35. Degli oltre duecento esemplari commissionati alla ďŹ ne furono costruiti solo pochi apparecchi di pre-serie.
Collaudo dei sistemi antincendio.
Per poter ospitare l'equipaggio, la stiva e l'armamento difensivo dello XB-35 era stato progettato un troncone a sezione circolare che si protendeva sul posteriore. ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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Due mondi a confronto: il Boeing B-17 sembra un "cucciolo” rispetto alla mole dell’ala volante Northrop.
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Interno dell'abitacolo dell'XB-35. Il navigatore, che sedeva alla destra del pilota, era dotato di doppi comandi di volo.
Dettaglio del grande carrello anteriore dello XB-35.
decadimento prestazionale. A fronte di siffatte lacune, il già scarso interesse g ove rn a t i vo p e r i l ve l i vo l o a n d ò ra p i d a m e n te spegnendosi, dato che era chiaro che la relativa messa a punto avrebbe richiesto tempo e risorse non più compatibili con i tagli di bilancio del secondo dopoguerra, con la conseguenza che il programma di sviluppo del bombardiere Northrop venne forzatamente arrestato. Nel tentativo di salvare l'aeroplano, nel corso del 1947 “Jack” Northrop valutò l'ipotesi di trasformarlo in un jet e, a tal fine, stese un apposito progetto di adattamento che presentò con un certo successo ai vertici militari (stando ad alcune fonti, tuttavia, l'idea di convertire il B-35 in un mezzo a reazione risalirebbe al 1944). Originariamente, il progettista aveva concettualizzato di rielaborare l'XB-35 in un similare ma completamente nuovo aeroplano spinto da otto General Electric/Allison J35 da 17.8 kN di spinta e raggruppati in due batterie da quattro unità ciascuna, ma il governo statunitense autorizzò, per ragioni di budget, la costruzione di due prototipi da ricavare, senza modifiche strutturali o aerodinamiche, dalla cellula degli YB-35 ancora in fase di costruzione e con la differente sigla YB-49. Sotto il profilo tecnico venne unicamente concesso, per compensare la perdita aerodinamica delle eliche posteriori, di installare quattro derive verticali “di coda” con annessi dei prolungamenti strutturali sull'anteriore, nonché fu accordato di innalzare le prese d'aria dei propulsori fino a collimare con il bordo d'ingresso alare. Portato in volo per la prima volta il 21 ottobre 1947, il velivolo presentò un netto miglioramento rispetto al predecessore e, grazie al nuovo impianto di propulsione, furono eliminate le vibrazioni strutturali che tanto avevano fatto discutere, cui seguì, ovviamente, un sensibile incremento delle prestazioni generali. Per converso, l'YB-49, che nel corso dei collaudi raggiunse la ragguardevole velocità di 836 km/h, continuava a presentare dei problemi di stabilità e garantiva un raggio d'azione molto più limitato rispetto al modello con motori a pistoni (consentiva il trasporto di massimo 4.536 kg di bombe per una tratta non superiore a 6.437 km). A peggiorare le valutazioni, i test comparativi con il Boeing B-29 misero in luce che l'YB-49 risultava essere molto impreciso durante le manovre di bombardamento a causa della sua irrisolta instabilità e che, inoltre, la sua stiva non consentiva il carico di ordigni atomici o di grandi dimensioni. D'altro canto, l'aeroplano si rivelò anche pericoloso da pilotare, poiché durante i collaudi e le prove di emergenza ci si rese conto che non veniva dato alcun preventivo avviso di stallo, solitamente preannunciato da più o meno forti scossoni, e che la relativa manovra di recupero comportava la perdita di molta quota. Questa pericolosità venne tragicamente confermata il cinque giugno 1948, quando il primo prototipo andò perduto in un incidente che costò la vita all'intero equipaggio e che venne ricondotto al cedimento di alcuni pannelli alari a causa di una brusca manovra
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Il 21 ottobre 1947 il prototipo dello YB-49 decolla per la prima volta.
Con le sue linee sfuggenti il Northrop YB-49 si rivelò essere molto dicile da individuare dai radar Ā all'epoca in servizio: senza saperlo Northrop aveva aperto la strada alla tecnologia stealth.
Il Northrop YB-49 in un confronto dimensionale con la produzione statunitense degli Anni ‘50: solamente l’esamotore Convair B-36 poteva competere...
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Due mondi a confronto: il Boeing B-17 sembra un "cucciolo” rispetto alla mole dell’ala volante Northrop.
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Interno dell'abitacolo dell'XB-35. Il navigatore, che sedeva alla destra del pilota, era dotato di doppi comandi di volo.
Dettaglio del grande carrello anteriore dello XB-35.
decadimento prestazionale. A fronte di siffatte lacune, il già scarso interesse g ove rn a t i vo p e r i l ve l i vo l o a n d ò ra p i d a m e n te spegnendosi, dato che era chiaro che la relativa messa a punto avrebbe richiesto tempo e risorse non più compatibili con i tagli di bilancio del secondo dopoguerra, con la conseguenza che il programma di sviluppo del bombardiere Northrop venne forzatamente arrestato. Nel tentativo di salvare l'aeroplano, nel corso del 1947 “Jack” Northrop valutò l'ipotesi di trasformarlo in un jet e, a tal fine, stese un apposito progetto di adattamento che presentò con un certo successo ai vertici militari (stando ad alcune fonti, tuttavia, l'idea di convertire il B-35 in un mezzo a reazione risalirebbe al 1944). Originariamente, il progettista aveva concettualizzato di rielaborare l'XB-35 in un similare ma completamente nuovo aeroplano spinto da otto General Electric/Allison J35 da 17.8 kN di spinta e raggruppati in due batterie da quattro unità ciascuna, ma il governo statunitense autorizzò, per ragioni di budget, la costruzione di due prototipi da ricavare, senza modifiche strutturali o aerodinamiche, dalla cellula degli YB-35 ancora in fase di costruzione e con la differente sigla YB-49. Sotto il profilo tecnico venne unicamente concesso, per compensare la perdita aerodinamica delle eliche posteriori, di installare quattro derive verticali “di coda” con annessi dei prolungamenti strutturali sull'anteriore, nonché fu accordato di innalzare le prese d'aria dei propulsori fino a collimare con il bordo d'ingresso alare. Portato in volo per la prima volta il 21 ottobre 1947, il velivolo presentò un netto miglioramento rispetto al predecessore e, grazie al nuovo impianto di propulsione, furono eliminate le vibrazioni strutturali che tanto avevano fatto discutere, cui seguì, ovviamente, un sensibile incremento delle prestazioni generali. Per converso, l'YB-49, che nel corso dei collaudi raggiunse la ragguardevole velocità di 836 km/h, continuava a presentare dei problemi di stabilità e garantiva un raggio d'azione molto più limitato rispetto al modello con motori a pistoni (consentiva il trasporto di massimo 4.536 kg di bombe per una tratta non superiore a 6.437 km). A peggiorare le valutazioni, i test comparativi con il Boeing B-29 misero in luce che l'YB-49 risultava essere molto impreciso durante le manovre di bombardamento a causa della sua irrisolta instabilità e che, inoltre, la sua stiva non consentiva il carico di ordigni atomici o di grandi dimensioni. D'altro canto, l'aeroplano si rivelò anche pericoloso da pilotare, poiché durante i collaudi e le prove di emergenza ci si rese conto che non veniva dato alcun preventivo avviso di stallo, solitamente preannunciato da più o meno forti scossoni, e che la relativa manovra di recupero comportava la perdita di molta quota. Questa pericolosità venne tragicamente confermata il cinque giugno 1948, quando il primo prototipo andò perduto in un incidente che costò la vita all'intero equipaggio e che venne ricondotto al cedimento di alcuni pannelli alari a causa di una brusca manovra
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Il 21 ottobre 1947 il prototipo dello YB-49 decolla per la prima volta.
Con le sue linee sfuggenti il Northrop YB-49 si rivelò essere molto dicile da individuare dai radar Ā all'epoca in servizio: senza saperlo Northrop aveva aperto la strada alla tecnologia stealth.
Il Northrop YB-49 in un confronto dimensionale con la produzione statunitense degli Anni ‘50: solamente l’esamotore Convair B-36 poteva competere...
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34-36
Il ricognitore strategico YRB-49 fu l’ultimo filone evolutivo nato dall'XB-35. Benché tecnologicamente molto avanzato, il velivolo si rivelò un progetto fallimentare.
presentava delle profonde differenze concettuali rispetto al diretto ascendente, in quanto il numero dei propulsori venne ridotto a sole sei unità, basate sul General Electric J47, ripartite in quattro motori annegati in fusoliera e due alloggiati in gondole agganciate sotto a dei piloni sub-alari. Stando alle fonti, il progetto fu preso con una certa considerazione dalle forze armate nordamericane, spinte dall'innalzarsi delle tensioni con l'Unione Sovietica, tanto che ne vennero ordinate nell'immediato trenta unità di serie da costruirsi con l'aiuto della Consolidated.
Da quanto risulta, tuttavia, sembra che alla successiva fase di calcolo le prestazioni di massima preventivate non siano state particolarmente entusiasmanti e che già nel gennaio del 1949 tale commissione sia stata ridotta al solo prototipo: portato in volo il 4 maggio 1950, il modello pare che non abbia raggiunto performance degne di nota, anche se non sono rimasti fino ai giorni nostri i relativi rapporti, sicché del programma non si fece più nulla e si demolì tutto quanto.
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Il ricognitore strategico YRB-49 fu l’ultimo filone evolutivo nato dall'XB-35. Benché tecnologicamente molto avanzato, il velivolo si rivelò un progetto fallimentare.
presentava delle profonde differenze concettuali rispetto al diretto ascendente, in quanto il numero dei propulsori venne ridotto a sole sei unità, basate sul General Electric J47, ripartite in quattro motori annegati in fusoliera e due alloggiati in gondole agganciate sotto a dei piloni sub-alari. Stando alle fonti, il progetto fu preso con una certa considerazione dalle forze armate nordamericane, spinte dall'innalzarsi delle tensioni con l'Unione Sovietica, tanto che ne vennero ordinate nell'immediato trenta unità di serie da costruirsi con l'aiuto della Consolidated.
Da quanto risulta, tuttavia, sembra che alla successiva fase di calcolo le prestazioni di massima preventivate non siano state particolarmente entusiasmanti e che già nel gennaio del 1949 tale commissione sia stata ridotta al solo prototipo: portato in volo il 4 maggio 1950, il modello pare che non abbia raggiunto performance degne di nota, anche se non sono rimasti fino ai giorni nostri i relativi rapporti, sicché del programma non si fece più nulla e si demolì tutto quanto.
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37-40
Del Northrop YB-49 venne studiato un ipotetico velivolo civile, che prevedeva alloggi per circa 80 passeggeri accomodati in sistemazioni di lusso. Una generosa ďŹ nestratura lungo il bordo d'ingresso alare avrebbe consentito agli ospiti di godersi il panorama: l'idea venne presa talmente in seria considerazione che per l'occasione il produttore cinematograďŹ co di Hollywood Gerald Bertram "Jerry" Fairbanks venne incaricato di girare un cortometraggio promozionale.
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Del Northrop YB-49 venne studiato un ipotetico velivolo civile, che prevedeva alloggi per circa 80 passeggeri accomodati in sistemazioni di lusso. Una generosa ďŹ nestratura lungo il bordo d'ingresso alare avrebbe consentito agli ospiti di godersi il panorama: l'idea venne presa talmente in seria considerazione che per l'occasione il produttore cinematograďŹ co di Hollywood Gerald Bertram "Jerry" Fairbanks venne incaricato di girare un cortometraggio promozionale.
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IL BLACK BULLET Le origini del Northrop XP-56 risalgono al celebre concorso R40-C (talora indicato come FY1940) indetto dal governo statunitense verso la fine del 1939 e con il quale, brevemente, venne richiesto ai costruttori di realizzare un caccia di nuova concezione, dotato di elevate prestazioni e, allo stesso tempo, di semplice ed economica gestione. Il bando di gara, che si rivelò del tutto inconcludente, fu quindi caratterizzato dalla presentazione di disegni decisamente poco ortodossi e che diedero i natali ai prototipi Vultee XP-54, Curtiss XP-55 e, giustappunto, Northrop XP-56. Concentrandoci su quest'ultimo progetto, il lavoro di stesura preliminare vide la realizzazione di cinque modelli sotto l'etichetta “Northrop Model N-2”, rispettivamente N-2, N-2A, N-2B, N-2C ed N-2D, i quali si differenziavano unicamente per i differenti propulsori virtualmente adottati, che spaziavano dal Pratt & Whitney X-1800 all'Allison V-1710. Per il resto, infatti, queste varianti erano pressoché identiche, in quanto il minimo comune denominatore del loro sviluppo era un piccolo apparecchio compattato attorno ad una fusoliera a sezione circolare priva di timone di coda e con motore posteriore, a sua volta azionante un'elica o una coppia di eliche contro-rotanti coassiali in posizione di spinta. Per ragioni di stabilità e manovrabilità, il velivolo venne altresì munito di una deriva verticale, che venne tuttavia spostata in posizione ventrale in modo da fungere contemporaneamente anche da protezione
41
per l'elica dagli urti col suolo durante le manovre a terra o durante le fasi di decollo/atterraggio (nello specifico venne inserito un tassello di gomma sul margine inferiore della pinna per assorbire le eventuali collisioni). Dettaglio molto interessante era il piano alare, che era un adattamento di quello a freccia studiato per il contemporaneo modello sperimentale Northrop N-1M e dal quale mutuava le estremità ripiegate verso il basso e i relativi elevoni per il controllo del beccheggio e del rollio. Il pesante armamento, inoltre, si costituiva di quattro mitragliatrici da 12,7 mm disposte a quadrato e due s o tto s t a n t i c a n n o n c i n i d a 2 0 m m , n o n c h é s i concentrava integralmente sulla sezione anteriore della fusoliera, dove trovavano collocazione anche l'abitacolo di comando e la lunga ruota anteriore del carrello triciclo. Altra soluzione innovativa era data dal sistema di protezione attiva del pilota, poiché alle sue spalle si trovavano il motore e, a poca distanza, l'elica, sicché ci si pose il problema di consentirgli di abbandonare l'aeroplano in volo ed in sicurezza (i seggiolini eiettabili dovevano ancora essere inventati): per ovviare alla questione venne escogitato un semplice impianto formato da piccole cariche esplosive collocate attorno alla scatola del riduttore, che, se azionate, causavano il distacco dell'intera sezione posteriore della fusoliera e liberavano la via di fuga del pilota dall'ingombro delle pale delle eliche in movimento. Alla fine, tra le versioni proposte venne scelta la N-2B, ossia quella spinta da un radiale Pratt & Whitney X-1800
22 marzo 1944. Il secondo prototipo del Northrop XP-56 Black Bullet (s/n 4238353) probabilmente sul Muroc Army Air Field, in California.
Prove motore del Black Bullet. 42-43 Il primo prototipo dell'XP-56 aveva una deriva dorsale molto
piccola, mentre quella ventrale era priva di ruotino e aveva solo un piccolo pattino in gomma che doveva, in teoria, assorbire gli urti col suolo e proteggere le eliche.
44 da 24 cilindri, raffreddato ad aria e teoricamente capace di erogare una potenza di 2.200 hp, e di cui nel settembre 1940 venne commissionata la costruzione di un prototipo disarmato sotto la sigla ufficiale XP-56. Matricolato 41-786, il velivolo rimase presto orfano del predetto propulsore, in quanto, a causa di ritardi nella m e s s a a p u n to, l a Pr a tt & W h t i n e y n e a ve va abbandonato lo sviluppo, con la conseguenza che si dovette mettere mano al progetto per consentire l'adattamento della struttura al similare, ma meno potente e più pesante, radiale Pratt & Whitney R-2800.
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Secondo prototipo dell'XP-56 in fase di completamento.
Nonostante l'imprevisto, i lavori di progettazione e rifinitura procedettero con buon ritmo ed il governo decise, nel febbraio del 1942, di commissionare un secondo modello valutativo. Per converso, invece, decisamente più lenta risultò essere la costruzione dell'aeroplano, che ricevette il nome non ufficiale di “Black Bullet” (Proiettile Nero) e che fu ultimato soltanto nell'aprile del 1943. Il velivolo venne quindi trasportato alla base aerea di Muroc per prove a terra, ma durante i collaudi emerse la sua pericolosa tendenza all'imbardata nei rullaggi in
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IL BLACK BULLET Le origini del Northrop XP-56 risalgono al celebre concorso R40-C (talora indicato come FY1940) indetto dal governo statunitense verso la fine del 1939 e con il quale, brevemente, venne richiesto ai costruttori di realizzare un caccia di nuova concezione, dotato di elevate prestazioni e, allo stesso tempo, di semplice ed economica gestione. Il bando di gara, che si rivelò del tutto inconcludente, fu quindi caratterizzato dalla presentazione di disegni decisamente poco ortodossi e che diedero i natali ai prototipi Vultee XP-54, Curtiss XP-55 e, giustappunto, Northrop XP-56. Concentrandoci su quest'ultimo progetto, il lavoro di stesura preliminare vide la realizzazione di cinque modelli sotto l'etichetta “Northrop Model N-2”, rispettivamente N-2, N-2A, N-2B, N-2C ed N-2D, i quali si differenziavano unicamente per i differenti propulsori virtualmente adottati, che spaziavano dal Pratt & Whitney X-1800 all'Allison V-1710. Per il resto, infatti, queste varianti erano pressoché identiche, in quanto il minimo comune denominatore del loro sviluppo era un piccolo apparecchio compattato attorno ad una fusoliera a sezione circolare priva di timone di coda e con motore posteriore, a sua volta azionante un'elica o una coppia di eliche contro-rotanti coassiali in posizione di spinta. Per ragioni di stabilità e manovrabilità, il velivolo venne altresì munito di una deriva verticale, che venne tuttavia spostata in posizione ventrale in modo da fungere contemporaneamente anche da protezione
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per l'elica dagli urti col suolo durante le manovre a terra o durante le fasi di decollo/atterraggio (nello specifico venne inserito un tassello di gomma sul margine inferiore della pinna per assorbire le eventuali collisioni). Dettaglio molto interessante era il piano alare, che era un adattamento di quello a freccia studiato per il contemporaneo modello sperimentale Northrop N-1M e dal quale mutuava le estremità ripiegate verso il basso e i relativi elevoni per il controllo del beccheggio e del rollio. Il pesante armamento, inoltre, si costituiva di quattro mitragliatrici da 12,7 mm disposte a quadrato e due s o tto s t a n t i c a n n o n c i n i d a 2 0 m m , n o n c h é s i concentrava integralmente sulla sezione anteriore della fusoliera, dove trovavano collocazione anche l'abitacolo di comando e la lunga ruota anteriore del carrello triciclo. Altra soluzione innovativa era data dal sistema di protezione attiva del pilota, poiché alle sue spalle si trovavano il motore e, a poca distanza, l'elica, sicché ci si pose il problema di consentirgli di abbandonare l'aeroplano in volo ed in sicurezza (i seggiolini eiettabili dovevano ancora essere inventati): per ovviare alla questione venne escogitato un semplice impianto formato da piccole cariche esplosive collocate attorno alla scatola del riduttore, che, se azionate, causavano il distacco dell'intera sezione posteriore della fusoliera e liberavano la via di fuga del pilota dall'ingombro delle pale delle eliche in movimento. Alla fine, tra le versioni proposte venne scelta la N-2B, ossia quella spinta da un radiale Pratt & Whitney X-1800
22 marzo 1944. Il secondo prototipo del Northrop XP-56 Black Bullet (s/n 4238353) probabilmente sul Muroc Army Air Field, in California.
Prove motore del Black Bullet. 42-43 Il primo prototipo dell'XP-56 aveva una deriva dorsale molto
piccola, mentre quella ventrale era priva di ruotino e aveva solo un piccolo pattino in gomma che doveva, in teoria, assorbire gli urti col suolo e proteggere le eliche.
44 da 24 cilindri, raffreddato ad aria e teoricamente capace di erogare una potenza di 2.200 hp, e di cui nel settembre 1940 venne commissionata la costruzione di un prototipo disarmato sotto la sigla ufficiale XP-56. Matricolato 41-786, il velivolo rimase presto orfano del predetto propulsore, in quanto, a causa di ritardi nella m e s s a a p u n to, l a Pr a tt & W h t i n e y n e a ve va abbandonato lo sviluppo, con la conseguenza che si dovette mettere mano al progetto per consentire l'adattamento della struttura al similare, ma meno potente e più pesante, radiale Pratt & Whitney R-2800.
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Secondo prototipo dell'XP-56 in fase di completamento.
Nonostante l'imprevisto, i lavori di progettazione e rifinitura procedettero con buon ritmo ed il governo decise, nel febbraio del 1942, di commissionare un secondo modello valutativo. Per converso, invece, decisamente più lenta risultò essere la costruzione dell'aeroplano, che ricevette il nome non ufficiale di “Black Bullet” (Proiettile Nero) e che fu ultimato soltanto nell'aprile del 1943. Il velivolo venne quindi trasportato alla base aerea di Muroc per prove a terra, ma durante i collaudi emerse la sua pericolosa tendenza all'imbardata nei rullaggi in
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IL CURIOSO XP-79
di curiosi osserva il Northrop MX-334 49 in occasione di unUn Airgruppo Show nel 1947. Le forme del piccolo aereo
Nel mentre che i lavori sul modello MX-334 andavano avanti, nel 1942 Northrop ed il suo staff decisero di evolverne ulteriormente il disegno, ricavando un nuovo e più innovativo aeroplano da combattimento e spingendone le caratteristiche prestazionali all'estremo. Si trattava, essenzialmente, di un ambizioso progetto volto alla realizzazione di un intercettore capace di elevate velocità, prossimali al muro del suono, ed allo stesso tempo sufficientemente robusto da poter gestire l'energia sprigionata dall'adottato motore a razzo a propellente liquido Aerojet XCARL-2000, all'epoca in fase di sviluppo e capace di erogare circa 8.9 kN di spinta (accanto all’unità vennero altresì affiancati sei razzi ausiliari da 4.44 kN di potenza ciascuno che venivano sganciati a decollo ultimato). Per tali motivi, la struttura venne progettata in lega di magnesio rinforzata da abbondante corazzatura, che gli valse il soprannome di “Flying Ram” (Ariete Volante) ed in ragione della quale sarebbe nata l'idea di un suo utilizzo come velivolo di sfondamento, ossia con il precipuo fine di collidere con i bombardieri nemici onde danneggiarli a tal punto da farli precipitare (si parlò, soprattutto, di colpire sulla coda i mezzi avversari per provocarne il cedimento). In realtà, va precisato che questo utilizzo è stato solo una mera suggestione, posto che la conformazione dell'aeroplano, con l'abitacolo interamente finestrato e collocato proprio sul margine anteriore della struttura, non si prestava ad una siffatta tipologia di impiego. Ad ogni modo ed ultimati gli studi di dettaglio, nel marzo del 1943 venne commissionata la costruzione di tre
50
51
Ben evidenti nella fotografia le ridottissime dimensioni del Northrop XP-79.
XP-79 in volo: anche questo velivolo si rivelò fallimentare.
sperimentale all’epoca dovevano apparire decisamente “aliene”.
Grazie alla facile ed economica costruzione, realizzata prevalentemente in tubi di acciaio ricoperti da pannelli di compensato, entro la fine del 1943 vennero ultimati sia i due alianti, che il modello MX-334, ancorché privo dell'impianto di propulsione. Nel settembre del 1943 si diede corso ai primi cicli di collaudo, ma ben presto il sistema di pattini e carrellino sviluppato per le operazioni a terra si rivelò del tutto insoddisfacente e fu c o n s e g u e n te m e n te a b b a n d o n a to c o n u n p i ù tradizionale carrello triciclo fisso ed interamente carenato. Curiosamente, per i primi tentativi di lancio in volo venne utilizzata un'automobile Cadillac V-16, ma la velocità/potenza che tale mezzo poteva garantire non erano sufficienti per far decollare l'aliante, sicché l'esperimento fu scartato in favore del traino ad opera di un Lockheed P-38. Dato che nel settembre del 1943 l'aereo finì gravemente danneggiato a seguito di un incidente determinato da uno stallo che costrinse il pilota, Harry Crosby, a lanciarsi col paracadute, i test di volo proseguirono con il modello MX-334 ancora privo di propulsore.
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
I lavori procedettero fino all'estate del 1944, quando, consegnato ed installato il motore a razzo tanto atteso, alla fine di giugno furono provati i sistemi di accensione e spinta dell'impianto, che garantiva una combustione a massima potenza di circa 3,5 minuti e che poteva essere spento e riacceso all'occorrenza anche durante il volo. Il successivo 5 luglio si passò al battesimo dell'aria vero e proprio, allorquando il velivolo, sempre pilotato dal predetto Crosby, venne trainato in quota da un P-38 per essere sganciato in volo libero: acceso il motore, l'aeroplano si lanciò alla velocità di 435 km/h sopra il lago secco di Harper, in California, diventando il primo aereorazzo volante della storia degli Stati Uniti. Il collaudo, al netto delle prestazioni non particolarmente spinte, si rivelò essere oggettivamente un importante successo tecnologico, cui seguirono altri voli che permisero l'acquisizione di importanti dati telemetrici, ma il progetto, la cui messa a punto avrebbe richiesto ancora molto tempo, rimase senza prospettive di impiego anche per via della fine della seconda guerra mondiale e fu conseguentemente abbandonato.
52
Soprannominato "Ariete Volante", l'XP-79 si prestava poco all'utilizzo per lo sfondamento: il pilota, infatti, era eccessivamente esposto e protetto solo da un angusto abitacolo quasi completamente trasparente.
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IL CURIOSO XP-79
di curiosi osserva il Northrop MX-334 49 in occasione di unUn Airgruppo Show nel 1947. Le forme del piccolo aereo
Nel mentre che i lavori sul modello MX-334 andavano avanti, nel 1942 Northrop ed il suo staff decisero di evolverne ulteriormente il disegno, ricavando un nuovo e più innovativo aeroplano da combattimento e spingendone le caratteristiche prestazionali all'estremo. Si trattava, essenzialmente, di un ambizioso progetto volto alla realizzazione di un intercettore capace di elevate velocità, prossimali al muro del suono, ed allo stesso tempo sufficientemente robusto da poter gestire l'energia sprigionata dall'adottato motore a razzo a propellente liquido Aerojet XCARL-2000, all'epoca in fase di sviluppo e capace di erogare circa 8.9 kN di spinta (accanto all’unità vennero altresì affiancati sei razzi ausiliari da 4.44 kN di potenza ciascuno che venivano sganciati a decollo ultimato). Per tali motivi, la struttura venne progettata in lega di magnesio rinforzata da abbondante corazzatura, che gli valse il soprannome di “Flying Ram” (Ariete Volante) ed in ragione della quale sarebbe nata l'idea di un suo utilizzo come velivolo di sfondamento, ossia con il precipuo fine di collidere con i bombardieri nemici onde danneggiarli a tal punto da farli precipitare (si parlò, soprattutto, di colpire sulla coda i mezzi avversari per provocarne il cedimento). In realtà, va precisato che questo utilizzo è stato solo una mera suggestione, posto che la conformazione dell'aeroplano, con l'abitacolo interamente finestrato e collocato proprio sul margine anteriore della struttura, non si prestava ad una siffatta tipologia di impiego. Ad ogni modo ed ultimati gli studi di dettaglio, nel marzo del 1943 venne commissionata la costruzione di tre
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Ben evidenti nella fotografia le ridottissime dimensioni del Northrop XP-79.
XP-79 in volo: anche questo velivolo si rivelò fallimentare.
sperimentale all’epoca dovevano apparire decisamente “aliene”.
Grazie alla facile ed economica costruzione, realizzata prevalentemente in tubi di acciaio ricoperti da pannelli di compensato, entro la fine del 1943 vennero ultimati sia i due alianti, che il modello MX-334, ancorché privo dell'impianto di propulsione. Nel settembre del 1943 si diede corso ai primi cicli di collaudo, ma ben presto il sistema di pattini e carrellino sviluppato per le operazioni a terra si rivelò del tutto insoddisfacente e fu c o n s e g u e n te m e n te a b b a n d o n a to c o n u n p i ù tradizionale carrello triciclo fisso ed interamente carenato. Curiosamente, per i primi tentativi di lancio in volo venne utilizzata un'automobile Cadillac V-16, ma la velocità/potenza che tale mezzo poteva garantire non erano sufficienti per far decollare l'aliante, sicché l'esperimento fu scartato in favore del traino ad opera di un Lockheed P-38. Dato che nel settembre del 1943 l'aereo finì gravemente danneggiato a seguito di un incidente determinato da uno stallo che costrinse il pilota, Harry Crosby, a lanciarsi col paracadute, i test di volo proseguirono con il modello MX-334 ancora privo di propulsore.
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I lavori procedettero fino all'estate del 1944, quando, consegnato ed installato il motore a razzo tanto atteso, alla fine di giugno furono provati i sistemi di accensione e spinta dell'impianto, che garantiva una combustione a massima potenza di circa 3,5 minuti e che poteva essere spento e riacceso all'occorrenza anche durante il volo. Il successivo 5 luglio si passò al battesimo dell'aria vero e proprio, allorquando il velivolo, sempre pilotato dal predetto Crosby, venne trainato in quota da un P-38 per essere sganciato in volo libero: acceso il motore, l'aeroplano si lanciò alla velocità di 435 km/h sopra il lago secco di Harper, in California, diventando il primo aereorazzo volante della storia degli Stati Uniti. Il collaudo, al netto delle prestazioni non particolarmente spinte, si rivelò essere oggettivamente un importante successo tecnologico, cui seguirono altri voli che permisero l'acquisizione di importanti dati telemetrici, ma il progetto, la cui messa a punto avrebbe richiesto ancora molto tempo, rimase senza prospettive di impiego anche per via della fine della seconda guerra mondiale e fu conseguentemente abbandonato.
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Soprannominato "Ariete Volante", l'XP-79 si prestava poco all'utilizzo per lo sfondamento: il pilota, infatti, era eccessivamente esposto e protetto solo da un angusto abitacolo quasi completamente trasparente.
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prototipi sotto la sigla XP-79, ma, poiché lo sviluppo del preventivato propulsore a razzo stava procedendo a ritmi estremamente lenti ed era dall'incerto avvenire, si decise di convertire il velivolo in un turbogetto con due Westinghouse 19-B da 5.1 kN di spinta e con contestuale riduzione degli ordinativi ad un unico esemplare. L'aereo dovette quindi subire delle estese modifiche strutturali per consentire l'installazione dei nuovi impianti, per i quali furono disegnate due grosse e sgraziate
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
gondole rettangolari parzialmente annegate sul piano alare, nonché fu deciso di sostituire l'originaria pinna verticale con due elementi più piccoli e paralleli. Armato con quattro mitragliatrici da 12,7 mm, il nuovo apparecchio venne riclassificato XP-79B ed in tali vesti venne completato nel corso del 1945 con le presentazioni ufficiali pianificate per il mese di giugno. Dopo qualche rullaggio e decollo simulato, il 12 settembre 1945 venne finalmente allestito il primo volo,
per la cui occasione fu nuovamente incaricato Harry Crosby. L'esito del collaudo fu disastroso: dopo aver correttamente superato alcune manovre, infatti, il bimotore andò fuori controllo in vite e precipitò uccidendo il pilota, che, secondo alcune fonti, sarebbe stato visto mentre cercava, senza riuscirci, di lanciarsi col paracadute. Sull'accaduto alcuni autori riportano, inoltre, che già durante il decollo Crosby riuscì per un'inezia ad evitare la
collisione con una camionetta dei pompieri che ne aveva inavvertitamente intersecato la traiettoria: in pratica un cattivo presagio dell'imminente dramma. Quale che sia stata l'effettiva dinamica del sinistro, la violenza dell'impatto fu tale che l'apparecchio andò completamente distrutto e mai si riuscì a determinare le reali cause dell'accaduto: davanti a siffatto fallimento, il progetto venne abbonato e non se ne fece più nulla.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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prototipi sotto la sigla XP-79, ma, poiché lo sviluppo del preventivato propulsore a razzo stava procedendo a ritmi estremamente lenti ed era dall'incerto avvenire, si decise di convertire il velivolo in un turbogetto con due Westinghouse 19-B da 5.1 kN di spinta e con contestuale riduzione degli ordinativi ad un unico esemplare. L'aereo dovette quindi subire delle estese modifiche strutturali per consentire l'installazione dei nuovi impianti, per i quali furono disegnate due grosse e sgraziate
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gondole rettangolari parzialmente annegate sul piano alare, nonché fu deciso di sostituire l'originaria pinna verticale con due elementi più piccoli e paralleli. Armato con quattro mitragliatrici da 12,7 mm, il nuovo apparecchio venne riclassificato XP-79B ed in tali vesti venne completato nel corso del 1945 con le presentazioni ufficiali pianificate per il mese di giugno. Dopo qualche rullaggio e decollo simulato, il 12 settembre 1945 venne finalmente allestito il primo volo,
per la cui occasione fu nuovamente incaricato Harry Crosby. L'esito del collaudo fu disastroso: dopo aver correttamente superato alcune manovre, infatti, il bimotore andò fuori controllo in vite e precipitò uccidendo il pilota, che, secondo alcune fonti, sarebbe stato visto mentre cercava, senza riuscirci, di lanciarsi col paracadute. Sull'accaduto alcuni autori riportano, inoltre, che già durante il decollo Crosby riuscì per un'inezia ad evitare la
collisione con una camionetta dei pompieri che ne aveva inavvertitamente intersecato la traiettoria: in pratica un cattivo presagio dell'imminente dramma. Quale che sia stata l'effettiva dinamica del sinistro, la violenza dell'impatto fu tale che l'apparecchio andò completamente distrutto e mai si riuscì a determinare le reali cause dell'accaduto: davanti a siffatto fallimento, il progetto venne abbonato e non se ne fece più nulla.
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cui si affiancò un modello in scala per prove di galleria. Come accennato, l'aereo presentava delle dimensioni estremamente ridotte, posto che la sua lunghezza raggiungeva appena i 7 metri, con soli 8,2 m di apertura alare e 4,5 metri di altezza, nonché imponeva un grande sacrificio degli spazi interni, per i quali i piloti, nonostante l'eccellente visibilità loro garantita dall'ampio tettuccio a bolla interamente trasparente, ne lamentarono spesso lo scarso comfort. Riprendendo l'esperienza acquisita con il modello XP79, Lusk, che per l'appunto aveva preso parte a tale precedente progetto, decise di riproporne la formula costruttiva basata sulla lega di magnesio, utilizzata soprattutto per il piano alare, nonché si orientò nella scelta di rendere il mezzo bimotore mediante l'installazione di due Westinghouse XJ30 da 7.11 kN di spinta ed interamente annegati ai margini della fusoliera nel punto di raccordo con le semiali. Ricevuta la matricola 46-676, il primo dei due prototipi commissionati venne completato e trasportato via terra nel novembre del 1948 presso la base aerea di Muroc, dove si diede corso alle iniziali prove statiche e di rullaggio con successivo primo volo, ai comandi di Charles Tucker, celebrato il 16 dicembre 1948. Complessivamente, gli esiti del primo ciclo di collaudi non furono particolarmente positivi, in quanto il velivolo difettava di stabilità longitudinale e non venne giudicato con favore dagli addetti ai lavori. Sfruttando il periodo di pausa forzata per via delle piogge invernali, che letteralmente trasformavano il lago secco di Rogers Dry Lake, usato come pista di decollo, in una palude di fanghiglia ed acquitrino, i tecnici Northrop
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decisero di modificare estesamente il secondo modello in costruzione, matricola 46-677, introducendo numerosi accorgimenti aerodinamici di dettaglio e migliorie strutturali. Il risultato degli interventi fu più che mai riuscito, dato che ai successivi test del giugno 1949 l'aeroplano mise in mostra un comportamento di volo decisamente più stabile e gradevole, con la conseguenza che venne deciso di radiare seduta stante il primo modello e di utilizzarlo per il recupero di parti di ricambio. Nel 1950 il velivolo venne quindi ceduto all'USAAF ed alla NACA per portare avanti il programma di acquisizione dati alle velocità transoniche, per la cui occasione si scomodò niente meno che Charles “Chuck” Yeager: collaudato fino al settembre del 1953, tuttavia, l'apparecchio rimase vittima di sopraggiunti problemi di stabilità alle velocità ricomprese tra il mach 0.75 ed il mach 0.9 e che furono ricondotte ai limiti aerodinamici della formula senza coda. Sulla scorta di tali evenienze, il programma venne rapidamente abbandonato, anche se il contributo dell'X-4, soprannominato non ufficialmente “Bantam” (Gallo) o “Skylancer”, si rivelò comunque una preziosa fonte di dati ed esperienza tecnico/industriale. Terminata la saga delle “Ali Volanti”, il sogno statunitense di costruire un aeroplano da combattimento a tutta ala venne temporaneamente accantonato e solamente nel 1980 se ne tornerà a parlare, peraltro con un Northrop ormai vecchissimo che, fatto entrare in un hangar segreto per vedere il modello del futuro bombardiere B-2, si lasciò andare ad un malinconico: “ora capisco perché Dio mi ha tenuto in vita negli ultimi venticinque anni”.
cui si affiancò un modello in scala per prove di galleria. Come accennato, l'aereo presentava delle dimensioni estremamente ridotte, posto che la sua lunghezza raggiungeva appena i 7 metri, con soli 8,2 m di apertura alare e 4,5 metri di altezza, nonché imponeva un grande sacrificio degli spazi interni, per i quali i piloti, nonostante l'eccellente visibilità loro garantita dall'ampio tettuccio a bolla interamente trasparente, ne lamentarono spesso lo scarso comfort. Riprendendo l'esperienza acquisita con il modello XP79, Lusk, che per l'appunto aveva preso parte a tale precedente progetto, decise di riproporne la formula costruttiva basata sulla lega di magnesio, utilizzata soprattutto per il piano alare, nonché si orientò nella scelta di rendere il mezzo bimotore mediante l'installazione di due Westinghouse XJ30 da 7.11 kN di spinta ed interamente annegati ai margini della fusoliera nel punto di raccordo con le semiali. Ricevuta la matricola 46-676, il primo dei due prototipi commissionati venne completato e trasportato via terra nel novembre del 1948 presso la base aerea di Muroc, dove si diede corso alle iniziali prove statiche e di rullaggio con successivo primo volo, ai comandi di Charles Tucker, celebrato il 16 dicembre 1948. Complessivamente, gli esiti del primo ciclo di collaudi non furono particolarmente positivi, in quanto il velivolo difettava di stabilità longitudinale e non venne giudicato con favore dagli addetti ai lavori. Sfruttando il periodo di pausa forzata per via delle piogge invernali, che letteralmente trasformavano il lago secco di Rogers Dry Lake, usato come pista di decollo, in una palude di fanghiglia ed acquitrino, i tecnici Northrop
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decisero di modificare estesamente il secondo modello in costruzione, matricola 46-677, introducendo numerosi accorgimenti aerodinamici di dettaglio e migliorie strutturali. Il risultato degli interventi fu più che mai riuscito, dato che ai successivi test del giugno 1949 l'aeroplano mise in mostra un comportamento di volo decisamente più stabile e gradevole, con la conseguenza che venne deciso di radiare seduta stante il primo modello e di utilizzarlo per il recupero di parti di ricambio. Nel 1950 il velivolo venne quindi ceduto all'USAAF ed alla NACA per portare avanti il programma di acquisizione dati alle velocità transoniche, per la cui occasione si scomodò niente meno che Charles “Chuck” Yeager: collaudato fino al settembre del 1953, tuttavia, l'apparecchio rimase vittima di sopraggiunti problemi di stabilità alle velocità ricomprese tra il mach 0.75 ed il mach 0.9 e che furono ricondotte ai limiti aerodinamici della formula senza coda. Sulla scorta di tali evenienze, il programma venne rapidamente abbandonato, anche se il contributo dell'X-4, soprannominato non ufficialmente “Bantam” (Gallo) o “Skylancer”, si rivelò comunque una preziosa fonte di dati ed esperienza tecnico/industriale. Terminata la saga delle “Ali Volanti”, il sogno statunitense di costruire un aeroplano da combattimento a tutta ala venne temporaneamente accantonato e solamente nel 1980 se ne tornerà a parlare, peraltro con un Northrop ormai vecchissimo che, fatto entrare in un hangar segreto per vedere il modello del futuro bombardiere B-2, si lasciò andare ad un malinconico: “ora capisco perché Dio mi ha tenuto in vita negli ultimi venticinque anni”.
L ala volante intesa come parabola volante Un improbabile bombardiere Il super caccia Il pungiglione svizzero
N
el variegato p a n o r a m a dell'esperienza “Ala Volante”, intesa come concetto aeronautico, non mancarono anche dei tentativi per così dire “minori”, ossia degli studi e talvolta dei prototipi rimasti più o meno degli esperimenti. Contrariamente a quanto accaduto in Germania, Stati Uniti e, seppur con minor intensità, in Regno Unito, l'idea dell'ala volante non ebbe particolari risvol ti in Unione Sovietica, laddove venne portato avanti solo qualche studio isolato e di fatto fine a sé stesso.
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Il prototipo dell’aeroplano svizzero Aiguillon, conservato presso il Flieger Flab Museum a Dübendorf.
L ala volante intesa come parabola volante Un improbabile bombardiere Il super caccia Il pungiglione svizzero
N
el variegato p a n o r a m a dell'esperienza “Ala Volante”, intesa come concetto aeronautico, non mancarono anche dei tentativi per così dire “minori”, ossia degli studi e talvolta dei prototipi rimasti più o meno degli esperimenti. Contrariamente a quanto accaduto in Germania, Stati Uniti e, seppur con minor intensità, in Regno Unito, l'idea dell'ala volante non ebbe particolari risvol ti in Unione Sovietica, laddove venne portato avanti solo qualche studio isolato e di fatto fine a sé stesso.
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Il prototipo dell’aeroplano svizzero Aiguillon, conservato presso il Flieger Flab Museum a Dübendorf.
L'ALA VOLANTE INTESA COME PARABOLA VOLANTE In linea di principio, infatti, gli alti comandi sovietici rimasero sempre piuttosto indifferenti al tema in esame, vuoi perché ritenuto un argomento non indispensabile all'industria aeronautica militare, vuoi perché considerato una tipologia di progetto troppo costosa, vuoi perché, semplicemente, non vi si ripose fiducia. Gli unici progettisti che ebbero l'occasione di muovere qualche passo nella direzione dell'aeroplano a tutta ala furono i poco noti Boris Ivanovich Cheranovskij, Konstantin Alekseyevich Kalinin ed Aleksandr
Sergeyevich Moskalyev, i quali approfondirono, tutti all'incirca verso la metà degli anni Trenta, la tematica del “senza coda” arrivando alla formulazione di soluzioni differenti, ma generalmente con risultati molto modesti. Come vedremo in conclusione al capitolo, inoltre, anche la piccola ma ben armata Svizzera ebbe occasione di affacciarsi al tema dell'ala volante nel tentativo di realizzare un velivolo multiruolo dalle elevate prestazioni: il EFW N-20 Aiguillon.
BICh-1 fu il primo apparecchio 1-2costruito da CheranoskijL'aliante all'inizio degli Anni ‘20. Dal disegno a
parabola, l'aliante fu un prototipo molto moderno per l'epoca in cui venne realizzato.
3-4
Derivato dal BICh-1, l'aliante BICh-2 ne rappresentò l'evoluzione tecnica e prevedeva, tra l’altro, l'installazione di una pinna dorsale per aumentare la stabilità.
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
Il nome di Cheranovskij risulta ai più totalmente sconosciuto, anche in ambito aeronautico, ma in realtà si trattò del principale studioso sovietico della formula del velivolo senza coda e, soprattutto, dell'ala a parabola. Nato in Ucraina nel 1896 e morto a Mosca nel dicembre 1960 (le fonti non sono univoche al riguardo), Cheranovskij fu uno dei tanti giovani promettenti ad interessarsi di aviazione fin dalla prima adolescenza, anche se la sua carriera non gli riservò grandi riconoscimenti. Nonostante l'estro delle sue intuizioni e della sua modernità concettuale, infatti, le sue creazioni rimasero generalmente ai margini dell'interesse governativo e furono quasi sempre il f rutto della sua personale iniziativa privata. Purtroppo è sopravvissuta poca documentazione circa la produzione aeronautica di Cheranovskij, ma le risicate fonti disponibili permettono comunque di identificare e ricostruire la vicenda di una sorprendentemente nutrita famiglia di aeroplani da lui realizzati sotto la sigla BICh. Il primo di questi apparecchi fu il BICh-1, ossia un aliante portato in volo nel 1924 che si caratterizzava per essere un'ala volante pura a disegno parabolico e che fu rifinito nel successivo BICh-2. Da siffatti modelli sperimentali si passò, già nel 1926, al motoveleggiatore ligneo BICh-3, spinto da un piccolo motore Blackburn Tomtit da appena 18 hp di potenza e che venne giudicato dal collaudatore B. N. Kudrin come “non molto stabile, ma pilotabile”. Dato atto della fattibilità delle proprie idee aerodinamiche, Cheranovskij si cimentò nell'ulteriore studio del disegno dell'ala a parabola, che divenne il suo tratto distintivo, arrivando tra il 1927 ed il 1928 a progettare l'ambizioso bombardiere BICh-5. Dell’apparecchio, purtroppo, si sa solo che si trattava di un bimotore a tutta ala spinto da una coppia di BMWVI raffreddati a liquido e di cui venne realizzato un modellino preliminare rimasto poi senza seguito per mancanza di finanziamenti. Qualcosa di più concreto giunse con il bi-deriva BICh7, che riprendeva il progetto del precedente BICh-3 evolvendolo in un aeroplano da turismo per due persone: dato che la scelta di posizionare gli elementi verticali del timone ai margini alari venne giudicata inadeguata per motivi di stabilità, il modello fu a c c a n to n a to fi n o a l 1 9 3 2 , a l l o r q u a n d o v e n n e ripresentato con un nuovo disegno strutturale e con una unica pinna dorsale per il controllo direzionale. Sottoposto a progressivi interventi correttivi, l'aeroplano prese il nuovo nome di BICh-7A e consegnò Cheranovskij alla luce della notorietà, in quanto si mise sovente in mostra nei raduni, parate e spettacoli aerei per via del suo aspetto inconsueto e per le sue qualità di volo, ulteriormente risaltate dal buon rapporto peso/potenza: ossia 100 hp scaricati da un radiale Bristol Lucifer a fronte di un peso a pieno carico di soli 880 kg. Il prosieguo dell'attività di Cheranovskij portò
Dagli alianti agli aeroplani a trazione meccanica: 5-6 qui il motoveleggiatore BICh-3. Collaudato nel 1926 il BICh-3
venne giudicato "non molto stabile, ma pilotabile".
7
L'iniziale configurazione del BICh-7 prevedeva due derive verticali in coda.
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L'ALA VOLANTE INTESA COME PARABOLA VOLANTE In linea di principio, infatti, gli alti comandi sovietici rimasero sempre piuttosto indifferenti al tema in esame, vuoi perché ritenuto un argomento non indispensabile all'industria aeronautica militare, vuoi perché considerato una tipologia di progetto troppo costosa, vuoi perché, semplicemente, non vi si ripose fiducia. Gli unici progettisti che ebbero l'occasione di muovere qualche passo nella direzione dell'aeroplano a tutta ala furono i poco noti Boris Ivanovich Cheranovskij, Konstantin Alekseyevich Kalinin ed Aleksandr
Sergeyevich Moskalyev, i quali approfondirono, tutti all'incirca verso la metà degli anni Trenta, la tematica del “senza coda” arrivando alla formulazione di soluzioni differenti, ma generalmente con risultati molto modesti. Come vedremo in conclusione al capitolo, inoltre, anche la piccola ma ben armata Svizzera ebbe occasione di affacciarsi al tema dell'ala volante nel tentativo di realizzare un velivolo multiruolo dalle elevate prestazioni: il EFW N-20 Aiguillon.
BICh-1 fu il primo apparecchio 1-2costruito da CheranoskijL'aliante all'inizio degli Anni ‘20. Dal disegno a
parabola, l'aliante fu un prototipo molto moderno per l'epoca in cui venne realizzato.
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Derivato dal BICh-1, l'aliante BICh-2 ne rappresentò l'evoluzione tecnica e prevedeva, tra l’altro, l'installazione di una pinna dorsale per aumentare la stabilità.
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Il nome di Cheranovskij risulta ai più totalmente sconosciuto, anche in ambito aeronautico, ma in realtà si trattò del principale studioso sovietico della formula del velivolo senza coda e, soprattutto, dell'ala a parabola. Nato in Ucraina nel 1896 e morto a Mosca nel dicembre 1960 (le fonti non sono univoche al riguardo), Cheranovskij fu uno dei tanti giovani promettenti ad interessarsi di aviazione fin dalla prima adolescenza, anche se la sua carriera non gli riservò grandi riconoscimenti. Nonostante l'estro delle sue intuizioni e della sua modernità concettuale, infatti, le sue creazioni rimasero generalmente ai margini dell'interesse governativo e furono quasi sempre il f rutto della sua personale iniziativa privata. Purtroppo è sopravvissuta poca documentazione circa la produzione aeronautica di Cheranovskij, ma le risicate fonti disponibili permettono comunque di identificare e ricostruire la vicenda di una sorprendentemente nutrita famiglia di aeroplani da lui realizzati sotto la sigla BICh. Il primo di questi apparecchi fu il BICh-1, ossia un aliante portato in volo nel 1924 che si caratterizzava per essere un'ala volante pura a disegno parabolico e che fu rifinito nel successivo BICh-2. Da siffatti modelli sperimentali si passò, già nel 1926, al motoveleggiatore ligneo BICh-3, spinto da un piccolo motore Blackburn Tomtit da appena 18 hp di potenza e che venne giudicato dal collaudatore B. N. Kudrin come “non molto stabile, ma pilotabile”. Dato atto della fattibilità delle proprie idee aerodinamiche, Cheranovskij si cimentò nell'ulteriore studio del disegno dell'ala a parabola, che divenne il suo tratto distintivo, arrivando tra il 1927 ed il 1928 a progettare l'ambizioso bombardiere BICh-5. Dell’apparecchio, purtroppo, si sa solo che si trattava di un bimotore a tutta ala spinto da una coppia di BMWVI raffreddati a liquido e di cui venne realizzato un modellino preliminare rimasto poi senza seguito per mancanza di finanziamenti. Qualcosa di più concreto giunse con il bi-deriva BICh7, che riprendeva il progetto del precedente BICh-3 evolvendolo in un aeroplano da turismo per due persone: dato che la scelta di posizionare gli elementi verticali del timone ai margini alari venne giudicata inadeguata per motivi di stabilità, il modello fu a c c a n to n a to fi n o a l 1 9 3 2 , a l l o r q u a n d o v e n n e ripresentato con un nuovo disegno strutturale e con una unica pinna dorsale per il controllo direzionale. Sottoposto a progressivi interventi correttivi, l'aeroplano prese il nuovo nome di BICh-7A e consegnò Cheranovskij alla luce della notorietà, in quanto si mise sovente in mostra nei raduni, parate e spettacoli aerei per via del suo aspetto inconsueto e per le sue qualità di volo, ulteriormente risaltate dal buon rapporto peso/potenza: ossia 100 hp scaricati da un radiale Bristol Lucifer a fronte di un peso a pieno carico di soli 880 kg. Il prosieguo dell'attività di Cheranovskij portò
Dagli alianti agli aeroplani a trazione meccanica: 5-6 qui il motoveleggiatore BICh-3. Collaudato nel 1926 il BICh-3
venne giudicato "non molto stabile, ma pilotabile".
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L'iniziale configurazione del BICh-7 prevedeva due derive verticali in coda.
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15
Grigorovich I-Z.
16
Tupolev ANT-23.
19
17
Tupolev ANT-29.
18
Pur essendo oggi il più noto dei progetti di Cheranovskij, del BICh-17 non è rimasto molto, se non qualche disegno e alcune foto di un modellino in legno.
Tupolev ANT-46.
20-22
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Il BICh-20 era un aeroplano sportivo piccolissimo che a pieno carico pesava appena 287 kg ed era spinto da un motore Aubier-Dunne da soli 20 hp.
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Grigorovich I-Z.
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Tupolev ANT-23.
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Pur essendo oggi il più noto dei progetti di Cheranovskij, del BICh-17 non è rimasto molto, se non qualche disegno e alcune foto di un modellino in legno.
Tupolev ANT-46.
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Il BICh-20 era un aeroplano sportivo piccolissimo che a pieno carico pesava appena 287 kg ed era spinto da un motore Aubier-Dunne da soli 20 hp.
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IL SUPER-CACCIA Aleksandr Sergeyevich Moskalyev (1904 – 1982: i relativi dati anagrafici cambiano a seconda del calendario utilizzato) è un altro di quei progettisti sovietici oggi semi dimenticati che, in realtà, negli anni Trenta del secolo scorso ebbe il pregio di disegnare, realizzare e costruire una piccola famiglia di aeroplani, sia civili che militari. Pur essendo privo di un proprio bureau tecnico, infatti, Moskalyev, che si legge Moskalyov, venne inquadrato in organico alla direzione ingegneristica della fabbrica statale GAZ 18 di Voronezh, dove nel 1934 partecipò allo sviluppo delle ultime versioni produttive del quadrimotore Tupolev TB-3. Grazie a tale attività lavorativa e sulla base della disponibilità di numerose componenti di disavanzo dell'ormai vetusto bombardiere, Moskalyev decise di progettare un velivolo da caccia che ne riciclasse l'unità motrice, ossia un Mikulin M-34 da 830 hp azionante un'elica quadripala interamente di legno e che per l'occasione venne dotato di un sistema di raffreddamento a vapore. Prese quindi velocemente forma nel 1935 il disegno di un compatto apparecchio biposto e dall'ala trapezoidale,
La trovata scenica ebbe sorprendentemente risvolti positivi, poiché nel dicembre del 1937 venne impostata la produzione in serie del bombardiere presso gli stabilimenti statali GAZ 207 e con inizio della fabbricazione per il marzo dell'anno seguente. Nonostante tali sviluppi industriali, tuttavia, nella primavera del 1938 Kalinin venne arrestato con false accuse di cospirazione e tradimento e morì “giustiziato” in prigionia nel 1940: il suo progetto, pertanto, fu abbandonato con pedissequa demolizione del prototipo e delle cellule di dieci apparecchi in fase di costruzione. Sotto il profilo meramente tecnico, il Kalinin K-12 era un aeroplano decisamente sgraziato, che si sviluppava attraverso una ingombrante fusoliera a sezione rettangolare e munita sull'anteriore di una postazione difensiva/d'osservazione, alle cui spalle, in posizione leggermente sopraelevata, trovava alloggio l'abitacolo per l'unico pilota di bordo (per ragioni di sicurezza, stante l'assenza di un copilota, l'osservatore di prua era dotato
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
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nonché privo di coda, i cui alettoni mobili verticali venivano spostati ai margini esterni delle semiali, mentre quelli orizzontali venivano incernierati direttamente sul bordo d'uscita alare. Per quanto riguarda la formula a due posti, inoltre, essa prevedeva la sistemazione in coda di un mitragliere all'interno di una piccola cabina finestrata: dai disegni e modelli rimasti, al secondo membro dell'equipaggio si sarebbe affidata la difesa posteriore dell'aeroplano mediante una coppia di mitragliatrici brandeggiabili sulla falsariga operativa del britannico Boulton Paul P.82 “Defiant”. Ad ogni modo, nell'ottobre del 1935, non si sa bene con quali fondi, posto che il governo non ne autorizzò i lavori, venne costruito l'unico prototipo del Moskalyev SAM-7, soprannominato anche “Sigma” e che fu utilizzato solo per rullaggi e simulazioni di decollo: a causa dell'ala molto corta e dell'impreciso centraggio, il velivolo parve molto instabile e pericoloso già nelle manovre a terra, con la conseguenza che i piloti si rifiutarono di portarlo in volo. Il progetto fu pertanto abbandonato ed il prototipo svanì nel nulla.
Dipinto a scopi di propaganda come una sorta di fenice frutto del folclore russo, il prototipo del Kalinin K-12 venne presentato al pubblico in occasione di una parata nel 1937.
anche di un rudimentale sistema di controllo del velivolo da utilizzare in caso di necessità). Inizialmente progettato per ricevere due motori radiali M-25, ossia due Wright Cyclone, da 700 hp, il K-12 dovette sostenere le prime valutazioni con una coppia di meno potenti M-22 da 480 cavalli (due Bristol Jupiter costruiti su licenza) ed i dati che noi abbiamo oggi fanno riferimento proprio a questa motorizzazione, che gli consentì il raggiungimento dell'irrisoria velocità massima di 219 km/h. Poco prima dell'interruzione del programma, comunque, il K-12 ricevette finalmente gli impianti M-25, consegnati in ritardo per difficoltà di produzione, ma, purtroppo, non ci è dato sapere di quanto le relative performance ne abbiano tratto giovamento.
31-32
Del Moskalyev SAM-7 non è rimasto molto: solo qualche disegno e ricostruzione artistica.
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IL SUPER-CACCIA Aleksandr Sergeyevich Moskalyev (1904 – 1982: i relativi dati anagrafici cambiano a seconda del calendario utilizzato) è un altro di quei progettisti sovietici oggi semi dimenticati che, in realtà, negli anni Trenta del secolo scorso ebbe il pregio di disegnare, realizzare e costruire una piccola famiglia di aeroplani, sia civili che militari. Pur essendo privo di un proprio bureau tecnico, infatti, Moskalyev, che si legge Moskalyov, venne inquadrato in organico alla direzione ingegneristica della fabbrica statale GAZ 18 di Voronezh, dove nel 1934 partecipò allo sviluppo delle ultime versioni produttive del quadrimotore Tupolev TB-3. Grazie a tale attività lavorativa e sulla base della disponibilità di numerose componenti di disavanzo dell'ormai vetusto bombardiere, Moskalyev decise di progettare un velivolo da caccia che ne riciclasse l'unità motrice, ossia un Mikulin M-34 da 830 hp azionante un'elica quadripala interamente di legno e che per l'occasione venne dotato di un sistema di raffreddamento a vapore. Prese quindi velocemente forma nel 1935 il disegno di un compatto apparecchio biposto e dall'ala trapezoidale,
La trovata scenica ebbe sorprendentemente risvolti positivi, poiché nel dicembre del 1937 venne impostata la produzione in serie del bombardiere presso gli stabilimenti statali GAZ 207 e con inizio della fabbricazione per il marzo dell'anno seguente. Nonostante tali sviluppi industriali, tuttavia, nella primavera del 1938 Kalinin venne arrestato con false accuse di cospirazione e tradimento e morì “giustiziato” in prigionia nel 1940: il suo progetto, pertanto, fu abbandonato con pedissequa demolizione del prototipo e delle cellule di dieci apparecchi in fase di costruzione. Sotto il profilo meramente tecnico, il Kalinin K-12 era un aeroplano decisamente sgraziato, che si sviluppava attraverso una ingombrante fusoliera a sezione rettangolare e munita sull'anteriore di una postazione difensiva/d'osservazione, alle cui spalle, in posizione leggermente sopraelevata, trovava alloggio l'abitacolo per l'unico pilota di bordo (per ragioni di sicurezza, stante l'assenza di un copilota, l'osservatore di prua era dotato
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nonché privo di coda, i cui alettoni mobili verticali venivano spostati ai margini esterni delle semiali, mentre quelli orizzontali venivano incernierati direttamente sul bordo d'uscita alare. Per quanto riguarda la formula a due posti, inoltre, essa prevedeva la sistemazione in coda di un mitragliere all'interno di una piccola cabina finestrata: dai disegni e modelli rimasti, al secondo membro dell'equipaggio si sarebbe affidata la difesa posteriore dell'aeroplano mediante una coppia di mitragliatrici brandeggiabili sulla falsariga operativa del britannico Boulton Paul P.82 “Defiant”. Ad ogni modo, nell'ottobre del 1935, non si sa bene con quali fondi, posto che il governo non ne autorizzò i lavori, venne costruito l'unico prototipo del Moskalyev SAM-7, soprannominato anche “Sigma” e che fu utilizzato solo per rullaggi e simulazioni di decollo: a causa dell'ala molto corta e dell'impreciso centraggio, il velivolo parve molto instabile e pericoloso già nelle manovre a terra, con la conseguenza che i piloti si rifiutarono di portarlo in volo. Il progetto fu pertanto abbandonato ed il prototipo svanì nel nulla.
Dipinto a scopi di propaganda come una sorta di fenice frutto del folclore russo, il prototipo del Kalinin K-12 venne presentato al pubblico in occasione di una parata nel 1937.
anche di un rudimentale sistema di controllo del velivolo da utilizzare in caso di necessità). Inizialmente progettato per ricevere due motori radiali M-25, ossia due Wright Cyclone, da 700 hp, il K-12 dovette sostenere le prime valutazioni con una coppia di meno potenti M-22 da 480 cavalli (due Bristol Jupiter costruiti su licenza) ed i dati che noi abbiamo oggi fanno riferimento proprio a questa motorizzazione, che gli consentì il raggiungimento dell'irrisoria velocità massima di 219 km/h. Poco prima dell'interruzione del programma, comunque, il K-12 ricevette finalmente gli impianti M-25, consegnati in ritardo per difficoltà di produzione, ma, purtroppo, non ci è dato sapere di quanto le relative performance ne abbiano tratto giovamento.
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Del Moskalyev SAM-7 non è rimasto molto: solo qualche disegno e ricostruzione artistica.
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IL PUNGIGLIONE SVIZZERO Nel paese dei Cantoni si ebbe per la prima volta l'occasione di affrontare la diramazione aeronautica dell'ala volante col progetto dello EFW N-20 Aiguillon (“Pungiglione” e talora indicato, a seconda della lingua elvetica usata, con la sigla F+W), nelle cui more di sviluppo vennero realizzati un prototipo, un aliante ed un piccolo modello volante in scala 3/5. Le origini del programma risalgono al 1946, quando l'Ing. J. Branger, in forza alla Swiss Federal Aircraft Factory di Emme, in tedesco Eidgenössische Flugzeugwerke, stese i primi disegni di un aeroplano multiruolo a reazione da presentare come possibile intercettore di nuova generazione e capace, allo stesso tempo, di ricoprire missioni da attacco al suolo. Sotto il profilo tecnico Branger elaborò il progetto di un avanzato apparecchio monoposto, dall'ala grossomodo a delta e che racchiudeva al suo interno quattro turboventola Armstrong-Siddeley Mamba SM-01 costruiti su licenza. Altro dettaglio interessante era dato dalla totale assenza degli stabilizzatori di coda, i cui alettoni di profondità erano stati ricollocati sul bordo d'uscita alare lasciando spazio alla sola deriva verticale per il controllo direzionale. La fusoliera era asimmetrica, nel senso che, a fronte di un dorso costituito da un'unica e costante curvatura, la sezione ventrale aveva un profilo irregolare, la cui zona centrale era più prominente per consentire lo stivaggio degli impianti di bordo e del carico bellico. Stante la modernità del progetto, il governo svizzero decise di commissionare preventivamente due modelli in scala a fini valutativi: un aliante, identificato come N-20.1, ed un esemplare propulso da quattro piccole turbine Turbomeca Piméné da 1 kN ciascuna e ribattezzato N-20.2 Arbalète (Balestra).
Purtroppo non è dato sapere molto sui collaudi svolti con l'aliante, che fu studiato soprattutto per approfondire l'aspetto aerodinamico del progetto, mentre il successivo N-20.2 venne ultimato e portato in volo nel novembre del 1951: rispetto al progetto principale, l’apparecchio venne realizzato con una conformazione nettamente diversa, con i motori posizionati sul bordo d'uscita alare in quattro gondole verticali poste, rispettivamente, sopra e sotto ciascuna semiala. A quanto risulta, l'esito dei voli di prova furono incoraggianti, dato che venne raggiunta la velocità massima di 700 km/h ed il modello si dimostrò particolarmente agile e manovrabile. Sulla scorta di tali risultati si decise di proseguire con la costruzione dell'ufficiale N-20.10 Aiguillon, il cui prototipo venne ultimato nel 1952: nonostante la bontà del progetto, tuttavia, alle prove di rullaggio emerse che i propulsori non erano in grado di generare sufficiente potenza di spinta e, pertanto, si decise di non rischiare eventuali incidenti interrompendo il calendario dei collaudi. Per ovviare all'inconveniente i tecnici ipotizzarono di sostituire i motori con due più potenti Armstrong-Siddeley Sapphire, la cui installazione richiese la rifinitura del disegno alare e l'apertura di due grosse prese d'aria sul relativo bordo d'attacco: di questa nuova variante, che prese il nome di N-20.2 Harpoon, venne costruito solo un modellino in legno, poiché il parlamento svizzero non autorizzò le spese di sviluppo ed impose l'abbandono del progetto. Fortunatamente, “l'immacolato” N-20, del quale nemmeno è stato specificato l'esatto armamento, è stato preservato dalla demolizione ed attualmente è esposto assieme allo sperimentale N-20.2 presso il Swiss Musuem of Transports and Communications di Lucerna.
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34-35 36
Due cugini a confronto: il modello N-20, sulla destra, ed il dimostratore N-20.2 sulla sinistra.
Dello E+W N.20 venne realizzato un unico prototipo all'inizio degli Anni ‘50.
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
L’aliante valutativo N-20.1 fotografato a terra e in volo al traino.
A causa di motori non su cientemente potenti, il prototipo del multiruolo N-20 venne unicamente fatto rullare e si preferì non tentare alcun decollo per non rischiare incidenti.
Soprannominato Arbalète (Balestra), il più piccolo N-20.2 era un modello dimostrativo per valutare la fattibilità del progetto principale N-20.
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IL PUNGIGLIONE SVIZZERO Nel paese dei Cantoni si ebbe per la prima volta l'occasione di affrontare la diramazione aeronautica dell'ala volante col progetto dello EFW N-20 Aiguillon (“Pungiglione” e talora indicato, a seconda della lingua elvetica usata, con la sigla F+W), nelle cui more di sviluppo vennero realizzati un prototipo, un aliante ed un piccolo modello volante in scala 3/5. Le origini del programma risalgono al 1946, quando l'Ing. J. Branger, in forza alla Swiss Federal Aircraft Factory di Emme, in tedesco Eidgenössische Flugzeugwerke, stese i primi disegni di un aeroplano multiruolo a reazione da presentare come possibile intercettore di nuova generazione e capace, allo stesso tempo, di ricoprire missioni da attacco al suolo. Sotto il profilo tecnico Branger elaborò il progetto di un avanzato apparecchio monoposto, dall'ala grossomodo a delta e che racchiudeva al suo interno quattro turboventola Armstrong-Siddeley Mamba SM-01 costruiti su licenza. Altro dettaglio interessante era dato dalla totale assenza degli stabilizzatori di coda, i cui alettoni di profondità erano stati ricollocati sul bordo d'uscita alare lasciando spazio alla sola deriva verticale per il controllo direzionale. La fusoliera era asimmetrica, nel senso che, a fronte di un dorso costituito da un'unica e costante curvatura, la sezione ventrale aveva un profilo irregolare, la cui zona centrale era più prominente per consentire lo stivaggio degli impianti di bordo e del carico bellico. Stante la modernità del progetto, il governo svizzero decise di commissionare preventivamente due modelli in scala a fini valutativi: un aliante, identificato come N-20.1, ed un esemplare propulso da quattro piccole turbine Turbomeca Piméné da 1 kN ciascuna e ribattezzato N-20.2 Arbalète (Balestra).
Purtroppo non è dato sapere molto sui collaudi svolti con l'aliante, che fu studiato soprattutto per approfondire l'aspetto aerodinamico del progetto, mentre il successivo N-20.2 venne ultimato e portato in volo nel novembre del 1951: rispetto al progetto principale, l’apparecchio venne realizzato con una conformazione nettamente diversa, con i motori posizionati sul bordo d'uscita alare in quattro gondole verticali poste, rispettivamente, sopra e sotto ciascuna semiala. A quanto risulta, l'esito dei voli di prova furono incoraggianti, dato che venne raggiunta la velocità massima di 700 km/h ed il modello si dimostrò particolarmente agile e manovrabile. Sulla scorta di tali risultati si decise di proseguire con la costruzione dell'ufficiale N-20.10 Aiguillon, il cui prototipo venne ultimato nel 1952: nonostante la bontà del progetto, tuttavia, alle prove di rullaggio emerse che i propulsori non erano in grado di generare sufficiente potenza di spinta e, pertanto, si decise di non rischiare eventuali incidenti interrompendo il calendario dei collaudi. Per ovviare all'inconveniente i tecnici ipotizzarono di sostituire i motori con due più potenti Armstrong-Siddeley Sapphire, la cui installazione richiese la rifinitura del disegno alare e l'apertura di due grosse prese d'aria sul relativo bordo d'attacco: di questa nuova variante, che prese il nome di N-20.2 Harpoon, venne costruito solo un modellino in legno, poiché il parlamento svizzero non autorizzò le spese di sviluppo ed impose l'abbandono del progetto. Fortunatamente, “l'immacolato” N-20, del quale nemmeno è stato specificato l'esatto armamento, è stato preservato dalla demolizione ed attualmente è esposto assieme allo sperimentale N-20.2 presso il Swiss Musuem of Transports and Communications di Lucerna.
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Due cugini a confronto: il modello N-20, sulla destra, ed il dimostratore N-20.2 sulla sinistra.
Dello E+W N.20 venne realizzato un unico prototipo all'inizio degli Anni ‘50.
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L’aliante valutativo N-20.1 fotografato a terra e in volo al traino.
A causa di motori non su cientemente potenti, il prototipo del multiruolo N-20 venne unicamente fatto rullare e si preferì non tentare alcun decollo per non rischiare incidenti.
Soprannominato Arbalète (Balestra), il più piccolo N-20.2 era un modello dimostrativo per valutare la fattibilità del progetto principale N-20.
ALI VOLANTI | AEROFAN FOCUS
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Il bombardiere strategico B-2 Spirit: un traguardo o un punto di partenza?
P
arlare e scrivere di Ali Volanti è stata un'impresa decisamente faticosa, vuoi perché mai prima d'ora in Italia era stato trattato in maniera analitica l'argomento, vuoi perché il concetto stesso di ala volante richiede delle competenze specifiche e tecniche difficili da padroneggiare. Del resto, la stessa sintassi e stile linguistico risentono di un vocabolario relativamente p ove ro, s i cch é è s t a to d i f fi c i l e n o n incorrere in ripetizioni lessicali o ridondanze semantiche o abuso del ricorso alla terminologia anglosassone.
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Il Northrop B-2 Spirit è il più costoso aeroplano costruito fino ad oggi. La previsione iniziale dell’USAF di dotarsi di 135 esemplari è stata infine ridimensionata a sole 21 macchine nel gennaio del 1991.
Il bombardiere strategico B-2 Spirit: un traguardo o un punto di partenza?
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arlare e scrivere di Ali Volanti è stata un'impresa decisamente faticosa, vuoi perché mai prima d'ora in Italia era stato trattato in maniera analitica l'argomento, vuoi perché il concetto stesso di ala volante richiede delle competenze specifiche e tecniche difficili da padroneggiare. Del resto, la stessa sintassi e stile linguistico risentono di un vocabolario relativamente p ove ro, s i cch é è s t a to d i f fi c i l e n o n incorrere in ripetizioni lessicali o ridondanze semantiche o abuso del ricorso alla terminologia anglosassone.
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Il Northrop B-2 Spirit è il più costoso aeroplano costruito fino ad oggi. La previsione iniziale dell’USAF di dotarsi di 135 esemplari è stata infine ridimensionata a sole 21 macchine nel gennaio del 1991.
5
Il pittore nobile Alexander Leo von Soldenho , un progettista indipendente svizzero, fra gli Anni ‘20 e ‘30 progettò e costruì alcuni piccoli aeroplani da turismo rimasti senza sviluppo. Nella foto il modello LF-5, finito incidentato nel 1931.
6
Progetto di un enorme esamotore presentato dalla Consolidated come soluzione alternativa al bombardiere intercontinentale Convair B-36 Peacemaker.
7-8
9
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AEROFAN FOCUS | ALI VOLANTI
Disegno del bombardiere Model 9 sviluppato dalla divisione Douglas di El Segundo e disegnato nientemeno che da Northrop, e modellino di un progetto della Consolidated.
Illustrazione del bombardiere Armstrong Whitworth AW 56 proposto alla specifica britannica B35/46 nel 1947.
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Il pittore nobile Alexander Leo von Soldenho , un progettista indipendente svizzero, fra gli Anni ‘20 e ‘30 progettò e costruì alcuni piccoli aeroplani da turismo rimasti senza sviluppo. Nella foto il modello LF-5, finito incidentato nel 1931.
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Progetto di un enorme esamotore presentato dalla Consolidated come soluzione alternativa al bombardiere intercontinentale Convair B-36 Peacemaker.
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Disegno del bombardiere Model 9 sviluppato dalla divisione Douglas di El Segundo e disegnato nientemeno che da Northrop, e modellino di un progetto della Consolidated.
Illustrazione del bombardiere Armstrong Whitworth AW 56 proposto alla specifica britannica B35/46 nel 1947.
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FONTI BIBLIOGRAFICHE · Willy Messerschmitt: Pioneer of Aviation Design, Hans j. Ebert - Johann B. Kaiser - Klaus Peters, Schiffer Publishing, 1999. · Luftwaffe Secret Projects - Fighters 1939-1945, Walter Schick - Ingolf Meyer, Midland Publishing, 2004. · Luftwaffe Secret Projects - Ground Attack & Speciale Purpose Aircraft, Dieter Herwig - Heinz Rode, Midland Publishing, 2004. · Luftwaffe Secret Projects - Strategic Bombers 1935 - 1945, Dieter Herwig - Heinz Rode, Midland Publishing, 2004. · German Air Projects 1935-1945 - Vol 4: Attack, multi-purpose and other aircraft, Marek Ryś, MMP Books. · German Air Projects 135-1945 - Vol 3: Bombers, Marek Ryś, MMP Books. · Lo Zerstörer secondo Lippisch - Aerei nella Storia, n. 23 Aprile-Maggio 2002, Nico Sgarlato - Giorgio Tanzi - Nicola Pizzo, West-Ward Edizioni. · X-Planes German Luftwaffe Prototypes 1930-1945, Manfred Griehl, Pen & Sword Books Ltd., 2012. · Secret Aircraft Designs of the Third Reich, David Myhra, Schiffer Publishing, 1998. · The Ultimate Flying Wing of the Luftwaffe, Justo Miranda, Fothill Media Ltd., 2015. · Horten Ho 229 Spirit of Thuringia, Andrei Shepelev - Huib Ottens, Classic Publications, 2014. · German Aircraft of the Second World War, J.R. Smith - Antony Kay - E.J. Creek, Putnam, 1975. · The Horten Brothers and their All-Wing Aircraft, David Myhra, Schiffer Publishing Ltd, 1998. · The Ultimate Flying Wings of the Luftwaffe, Justo Miranda, Fonthill Media Ltd, 2015. · Fàbrica Militar de Aviones: Cronicas y Testimonianzas, Angel César Arreguez, Ministerio de Ciencia y Tecnologìa, 2008. · Las Alas de Peron - Aeronautica Argentina 1946/1960, Ricardo Burzaco, Editoriad DaVinci.
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Modello originale del Vickers Swallow, un bombardiere nucleare con ala a geometria variabile, progettato nel 1958.
· The Horten Flying Wing in World War II: History and Development of the Ho 229, H.P. Dabrowski, Schiffer Publishing, 1991. · Horten 229 - Monogram Close-Up 12, David Myhra, Monogram Aviation Publications, 1983. · Secret Projects: Flying Wings and Tailless Aircraft, Bill Rose, Ian Allan Publishing, 2010. · British Prototype Aircraft, Ray Sturtivant, Haynes Publishing Group, 1990. · The British Aircraft Specifications File, K. J. Meekcoms - E. B. Morgan, Air-Britain Publication,1994. · Early US Jet Fighters Proposals, Projects and Prototypes, Tony Buttler, Hikoki Publications, 2013. · Naval Fighters n. 6 - Chance Vought F7U Cutlass, Steve Ginter, 1982. · Aeroplane Database - Northrop Flying Wings, Michael O'Leary, June 2007. · American Secret Projects Vol. 1 - Fighters, Bombers and Attack Aircraft 1937-1945, Tony Buttler - Alan Griffith, Crécy Publishing Ltd, 2015. · Secret US Proposals of the Cold War, Jim Keeshen, Crécy Publishing Ltd., 2013. · The Big Book of X-Bombers and X-Fighters, Steve Pace, Zenith Press, 2016. · Les Avions Vought, Bernard Millot, Docavia Vol. 20 / Editions Lariviere. · Aeroplanes Vought 1917-1977, Gerard P. Morgan, Historical Aviation Album, 1978. · Northrop Flying Wings, X-Planes 10, Peter E. Davies, Osprey Publishing, 2019. · Northrop an Aeronautical History, Fred Anderson, Northrop Corporation Publishing. · American Secret Pusher Fighters of World War II, Gerald H. Balzer, Speciality Press, 2008. · U.S. Experimental & Prototype Aircraft Projects - Fighters 1939-1945, Bill Norton, Speciality Press, 2008. · The Aircraft of the Swiss Air Force since 1914, Jakob Urech, Verlag Publishing, 1975. · Wings Magazine, Aa-Vv, numeri vari. · Soviet X-Planes, Yefim Gordon - Bill Gunston, Midlan Publishing, 2000. · The Encyclopedia of Russian Aircraft 1875-1995, Bill Gunston, Motorbook International, 1995. · The History of Soviet Aircraft From 1918, Vaclav Nemecek, Willow Books, 1986. · Unflown Wings: Soviet/Russian unrealised aircraft projects 1925-2020, Yefim Gordon - Sergey Komissarov, Midland Publishing, 2013.
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Rendering del MAVERIC (Model Aircraft for Validation and Experimentation of Robust Innovative Controls). Presentato da Airbus a Singapore l’11 febbraio 2020, è un dimostratore tecnologico "blended wing body” in scala ridotta. Presenta un design aeronautico innovativo che potenzialmente può ridurre il consumo di carburante fino al 20% rispetto agli attuali aeromobili a corridoio singolo. La configurazione "blended wing body" ore nuove possibilità riguardo la tipologia e l'integrazione dei sistemi di Ā propulsione, oltre a una cabina versatile per un'esperienza a bordo per i passeggeri completamente nuova.
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FONTI BIBLIOGRAFICHE · Willy Messerschmitt: Pioneer of Aviation Design, Hans j. Ebert - Johann B. Kaiser - Klaus Peters, Schiffer Publishing, 1999. · Luftwaffe Secret Projects - Fighters 1939-1945, Walter Schick - Ingolf Meyer, Midland Publishing, 2004. · Luftwaffe Secret Projects - Ground Attack & Speciale Purpose Aircraft, Dieter Herwig - Heinz Rode, Midland Publishing, 2004. · Luftwaffe Secret Projects - Strategic Bombers 1935 - 1945, Dieter Herwig - Heinz Rode, Midland Publishing, 2004. · German Air Projects 1935-1945 - Vol 4: Attack, multi-purpose and other aircraft, Marek Ryś, MMP Books. · German Air Projects 135-1945 - Vol 3: Bombers, Marek Ryś, MMP Books. · Lo Zerstörer secondo Lippisch - Aerei nella Storia, n. 23 Aprile-Maggio 2002, Nico Sgarlato - Giorgio Tanzi - Nicola Pizzo, West-Ward Edizioni. · X-Planes German Luftwaffe Prototypes 1930-1945, Manfred Griehl, Pen & Sword Books Ltd., 2012. · Secret Aircraft Designs of the Third Reich, David Myhra, Schiffer Publishing, 1998. · The Ultimate Flying Wing of the Luftwaffe, Justo Miranda, Fothill Media Ltd., 2015. · Horten Ho 229 Spirit of Thuringia, Andrei Shepelev - Huib Ottens, Classic Publications, 2014. · German Aircraft of the Second World War, J.R. Smith - Antony Kay - E.J. Creek, Putnam, 1975. · The Horten Brothers and their All-Wing Aircraft, David Myhra, Schiffer Publishing Ltd, 1998. · The Ultimate Flying Wings of the Luftwaffe, Justo Miranda, Fonthill Media Ltd, 2015. · Fàbrica Militar de Aviones: Cronicas y Testimonianzas, Angel César Arreguez, Ministerio de Ciencia y Tecnologìa, 2008. · Las Alas de Peron - Aeronautica Argentina 1946/1960, Ricardo Burzaco, Editoriad DaVinci.
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Modello originale del Vickers Swallow, un bombardiere nucleare con ala a geometria variabile, progettato nel 1958.
· The Horten Flying Wing in World War II: History and Development of the Ho 229, H.P. Dabrowski, Schiffer Publishing, 1991. · Horten 229 - Monogram Close-Up 12, David Myhra, Monogram Aviation Publications, 1983. · Secret Projects: Flying Wings and Tailless Aircraft, Bill Rose, Ian Allan Publishing, 2010. · British Prototype Aircraft, Ray Sturtivant, Haynes Publishing Group, 1990. · The British Aircraft Specifications File, K. J. Meekcoms - E. B. Morgan, Air-Britain Publication,1994. · Early US Jet Fighters Proposals, Projects and Prototypes, Tony Buttler, Hikoki Publications, 2013. · Naval Fighters n. 6 - Chance Vought F7U Cutlass, Steve Ginter, 1982. · Aeroplane Database - Northrop Flying Wings, Michael O'Leary, June 2007. · American Secret Projects Vol. 1 - Fighters, Bombers and Attack Aircraft 1937-1945, Tony Buttler - Alan Griffith, Crécy Publishing Ltd, 2015. · Secret US Proposals of the Cold War, Jim Keeshen, Crécy Publishing Ltd., 2013. · The Big Book of X-Bombers and X-Fighters, Steve Pace, Zenith Press, 2016. · Les Avions Vought, Bernard Millot, Docavia Vol. 20 / Editions Lariviere. · Aeroplanes Vought 1917-1977, Gerard P. Morgan, Historical Aviation Album, 1978. · Northrop Flying Wings, X-Planes 10, Peter E. Davies, Osprey Publishing, 2019. · Northrop an Aeronautical History, Fred Anderson, Northrop Corporation Publishing. · American Secret Pusher Fighters of World War II, Gerald H. Balzer, Speciality Press, 2008. · U.S. Experimental & Prototype Aircraft Projects - Fighters 1939-1945, Bill Norton, Speciality Press, 2008. · The Aircraft of the Swiss Air Force since 1914, Jakob Urech, Verlag Publishing, 1975. · Wings Magazine, Aa-Vv, numeri vari. · Soviet X-Planes, Yefim Gordon - Bill Gunston, Midlan Publishing, 2000. · The Encyclopedia of Russian Aircraft 1875-1995, Bill Gunston, Motorbook International, 1995. · The History of Soviet Aircraft From 1918, Vaclav Nemecek, Willow Books, 1986. · Unflown Wings: Soviet/Russian unrealised aircraft projects 1925-2020, Yefim Gordon - Sergey Komissarov, Midland Publishing, 2013.
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Rendering del MAVERIC (Model Aircraft for Validation and Experimentation of Robust Innovative Controls). Presentato da Airbus a Singapore l’11 febbraio 2020, è un dimostratore tecnologico "blended wing body” in scala ridotta. Presenta un design aeronautico innovativo che potenzialmente può ridurre il consumo di carburante fino al 20% rispetto agli attuali aeromobili a corridoio singolo. La configurazione "blended wing body" ore nuove possibilità riguardo la tipologia e l'integrazione dei sistemi di Ā propulsione, oltre a una cabina versatile per un'esperienza a bordo per i passeggeri completamente nuova.
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la differenza tra fare un libro e un libro fatto bene finito di stampare nel mese di febbraio 2020
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