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pag Educare: il rischio di oggi

Educare:

il rischio di oggi.

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Il punto di vista della Branca E/G

Una nave! La mia nave! Era mia, una cosa da possedere e di cui aver cura, più mia di qualsiasi altra cosa al mondo, un oggetto di responsabilità e dedizione. Era là che mi aspettava, sotto un incantesimo, incapace di muoversi, di vivere, di andare nel mondo (finché non arrivavo io), come una principessa stregata. Il suo richiamo mi era arrivato come se venisse dalle nuvole. Non avevo mai sospettato la sua esistenza. Non sapevo com’era, avevo a mala pena udito il suo nome, eppure per una certa parte del nostro futuro eravamo indissolubilmente legati, per nuotare o affondare insieme! Un improvviso fremito di impazienza ansiosa mi corse nelle vene e mi diede una tale sensazione dell’intensità della vita come non avevo mai sentito prima, né ho sentito dopo. Scoprii quanto ero uomo di mare, nel cuore, nella mente e, per così dire, nel corpo: un uomo esclusivamente di mare e di navi; il mare, l’unico mondo che contasse, e le navi, un banco di prova di virilità, di carattere, di coraggio, di fedeltà e d’amore.

LA LINEA D’OMBRA - JOSEPH CONRAD

Avete mai notato di come le tre tappe - scoperta, competenza e responsabilità- si ripresentino con frequenza nella vita quotidiana? All’inizio di un nuovo lavoro ad esempio, prima ci si ambienta, si completano le competenze acquisite in precedenza e per cui si è stati assunti e solo alla fine si possono prendere vere responsabilità.

Lo stesso può valere in un percorso di studi, un servizio nuovo, un progetto.

E se vere scelte di responsabilità possono essere fatte solo da chi è competente, questo vale anche per noi capi. Abbiamo la responsabilità dell’educazione dei nostri ragazzi, quindi ci serve il giusto bagaglio di conoscenze metodologiche ed esperienze.

Purtroppo, nelle Co.Ca. spesso non è possibile lasciare ai giovani capi la possibilità di scoprire e acquisire competenze e questi vengono presto caricati della responsabilità di intere unità. A questo punto è comprensibile che i capi alle prime armi o con poca esperienza diventino degli “esecutori di programmi dell’anno” lasciando poco spazio agli strumenti che richiedono più investimento. C’è poco spazio per le novità e si vive quasi con la paura di sbagliare o il timore di non fare tutto quello che è inserito nel programma. Ma fare educazione è un’altra cosa, riguarda più l’ignoto. Non possiamo conoscere a priori quello che faremo, ma saranno i ragazzi a indicarci di volta in volta la strada che vogliono intraprendere, dopotutto la persona più competente su un ragazzo è il ragazzo stesso.

Allora crediamo sia importante chiedervi di uscire dalla zona di comfort in cui vi sentite tranquilli di poter portare a termine il programma definito a priori e pensare ad uno scautismo nuovo in cui le squadriglie vivono esperienze entusiasmanti e in autonomia e in cui la riunione di reparto è organizzata dal consiglio capi. Ipoteticamente la vita di reparto potrebbe prevedere una riunione di reparto, un’uscita con pernottamento di squadriglia e una di reparto a cadenza mensile. Per il resto tutte le settimane i ragazzi si vedono durante le riunioni di squadriglia e organizzano imprese o esperienze che saranno riportate dai capi squadriglia nelle riunioni di Consiglio Capi.

Se fosse veramente così, oltre ad essere l’ideale per il vostro reparto, non si ridurrebbe di molto il tempo che dedicate alle riunioni settimanali?

È comprensibile avere timore di perdere di vista alcune cose, preoccuparsi che i ragazzi non gestiscano inizialmente bene questo cambiamento, non sapere bene da dove cominciare. Ma dovete rischiare: osate, fate quello che pensate sia meglio per i vostri ragazzi e buttate via i programmi standard uguali ogni anno perché da lì non esce molto.

Se vi liberaste del tempo, potreste averne di più per ascoltare i vostri ragazzi, per parlare di loro, di ognuno di loro in staff, per far sì che il sentiero sia davvero personale non un ripetersi standard di impegni portati a termine di malavoglia.

Ecco forse non siamo sempre tutti competenti in tutto, ma abbiamo la responsabilità di prenderci cura dei ragazzi che Dio ci affida e la competenza che si serve per fare questo è solo l’amore del fratello maggiore. Allora davvero, oggi, uscire dalla zona di comfort e rischiare è mettersi in relazione, testimoniare le nostre debolezze e metterci al fianco dei ragazzi, ascoltandoli e azzardando nel portare un po’ di novità alle solite attività.

Ehi capo reparto, sei arrivato in fondo all’articolo e hai più dubbi di quando lo hai iniziato? Scrivici le tue perplessità via mail all’indirizzo brancaeg@liguria.agesci.it, cercheremo di aiutarti nel tuo servizio ogni qualvolta ne avessi bisogno, usaci!!

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