Fondamentale dicembre 2023

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NUMERO 5 - DICEMBRE 2023

Numero 5 - dicembre 2023 - Anno LI - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

La rivista di divulgazione scientifica più diffusa in Italia

ANNIVERSARI

70 anni dalla scoperta della struttura del DNA

ALIMENTAZIONE

Cos’è lo studio EPIC e cosa può insegnarci ancora oggi

RADIOTERAPIA

Un pilastro delle cure troppo spesso trascurato


DA 58 ANNI

LA FONDAZIONE SI IMPEGNA A: Finanziare progetti di ricerca svolti presso laboratori universitari, ospedali e istituti scientifici Sostenere IFOM, l’istituto di oncologia molecolare di AIRC, fornendogli le risorse necessarie per il suo piano di sviluppo Perfezionare la preparazione di giovani ricercatori attraverso borse di studio e progetti speciali Sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sui progressi compiuti dalla ricerca oncologica e sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce Un’attività incessante e concreta che è possibile solo grazie a milioni di sostenitori e migliaia di volontari che danno ai nostri ricercatori la forza e l’entusiasmo per continuare la battaglia contro il cancro. Tantissime persone che ogni giorno, in modo diverso ma ugualmente indispensabile, hanno scelto di dire “Contro il cancro, io ci sono”. Persone come te.

I NUMERI DI AIRC Circa

6.000 ricercatori al lavoro

4,5 milioni

di sostenitori

1965

anno di fondazione

1,8 miliardi

di euro destinati in 58 anni a progetti di ricerca

Oltre

148 milioni

di euro destinati in 58 anni a borse di formazione per giovani ricercatori


Sommario FONDAMENTALE dicembre 2023

06/ ANNIVERSARI

Mappa Genoma Umano

09/ FACCIAMO IL PUNTO

Leucemie pediatriche

12/

06

VITE PER LA RICERCA Renato Dulbecco

14/ NOTIZIE FLASH

RICERCA E CURA

Dal genoma dell’uomo a quello del cancro

... dal mondo

16/ DIAGNOSI PRECOCE

Screening oncologici

19/ IFOM

27

Prospettive future

22/ RUBRICHE

I traguardi dei nostri ricercatori

24/ GUIDA ALLE TERAPIE

RACCOLTA FONDI

La straordinaria normalità di un lascito solidale

Radioterapia

27/ SOLIDARIETÀ

Lasciti testamentari

28/

ALIMENTAZIONE Studio EPIC

28

30/ COLLABORAZIONI Partner

31/ CAMPAGNE

PREVENZIONE

EPIC, il più grande studio europeo su alimentazione e cancro

Nastro Rosa

FONDAMENTALE

Anno LI - Numero 5 Dicembre 2023 - AIRC Editore DIREZIONE E REDAZIONE Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro ETS Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A.

DIRETTORE RESPONSABILE Daniele Finocchiaro COORDINAMENTO EDITORIALE Anna Franzetti, Simone Del Vecchio REDAZIONE Simone Del Vecchio, Jolanda Serena Pisano PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Kilowatt TESTI Riccardo Di Deo, Fabio Di Todaro, Camilla Fiz, Antonino Michienzi, Michela Vuga FOTOGRAFIE Lorenzo Burlando 2019, Simone Durante 2021, Getty Images, Giulio Lapone 2018, Marco Rossi 2023.

Fondamentale è stampato su carta certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.


TANTI MODI PER AIUTARE LA RICERCA

• con conto corrente postale n. 307272; • con carta di credito, telefonando al numero verde 800 350 350, in funzione tutti i giorni 24 ore su 24 o collegandosi al sito airc.it; • con un piccolo lascito nel suo testamento; per informazioni, airc.it/lasciti oppure tel. 02 77 971; • in banca: BPER Banca S.p.A. IBAN: IT36 S05387 01665 0000 4243 3665 Banco BPM IBAN: IT18 N050 3401 633 00000000 5226 Intesa Sanpaolo IBAN IT14 H030 6909 4001 00000103 528; Banca Monte dei Paschi di Siena IBAN IT87 E 01030 01656 00000 1030151; Unicredit PB S.p.A. IBAN IT96 P020 0809 4230 0000 4349176; • con un ordine di addebito automatico in banca o su carta di credito (informazioni al numero verde 800 350 350)

SEI UN’AZIENDA?

Andrea Sironi Presidente AIRC

50 ANNI FONDAMENTALI

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on questo numero celebriamo 50 anni della nostra rivista, Fondamentale. È un traguardo che testimonia la rilevanza di questo strumento – inaugurato pochi anni dopo la stessa istituzione di AIRC dai nostri fondatori – il quale ha svolto un ruolo cruciale di informazione e divulgazione fra i nostri sostenitori. Nel corso degli anni, Fondamentale ha consentito di diffondere i risultati delle ricerche finanziate da AIRC, facendo da volano a numerosi altri progetti di divulgazione rivolti a persone di ogni età, ai pazienti così come ai medici. Credo sia facile comprendere i motivi che hanno spinto i nostri fondatori a promuovere questa rivista: da un lato il desiderio – coerente con la missione di AIRC – di affiancare al sostegno alla ricerca oncologica un’efficace opera di divulgazione. Dall’altro la coerenza con uno dei principi chiave che ispirano la nostra fondazione, quello della trasparenza. Ecco dunque concretizzato l’obiettivo di rendere conto a quanti ci sostengono dei risultati della nostra attività di finanziamento. Fondamentale ci ha accompagnato lungo tutte le tappe più importanti della ricerca e della cura del cancro, dai progressi nella conoscenza del DNA, cui è dedicato l’articolo principale di questo numero, a quelli nella cura dei tumori pediatrici, in particolare delle leucemie, di cui parliamo intervistando Franco Locatelli. Questo anniversario non è tuttavia un punto di arrivo, ma solo un punto di partenza, uno stimolo a non smettere mai di rinnovarci e a essere sempre più efficaci nella missione di informare sui passi avanti compiuti dalla ricerca oncologica e nella cura dei tumori. Per questo motivo abbiamo programmato una serie di iniziative – la nuova veste grafica, l’inaugurazione delle rubriche curate da Massimo Temporelli e Roberta Villa, il podcast di Fondamentale – che ci accompagneranno negli anni a venire. Insomma, potremmo concludere affermando che la rivista ha svolto nei suoi primi cinquant’anni e continuerà a svolgere in futuro un ruolo “fondamentale”!

Scopri come possiamo collaborare. Scrivi a partnership@airc.it

ATTENTI ALLE TRUFFE

AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando il numero unico per le emergenze 112.

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IN RICORDO DI MARIA INES COLNAGHI Mentre questo numero sta per andare in stampa riceviamo la triste notizia della scomparsa di Maria Ines Colnaghi, scienziata che ha dedicato la sua vita allo studio delle difese immunitarie e del loro ruolo contro il cancro, e che dal 2000 al 2015 ha guidato la Direzione scientifica di AIRC. Del suo indispensabile contributo parleremo nel prossimo numero.


Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC

BUON COMPLEANNO FONDAMENTALE

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ondamentale, la rivista di AIRC, compie 50 anni. Un traguardo importante per chi affronta il gravoso compito di comunicare i risultati della ricerca al pubblico e si propone di spiegare un concetto non sempre facile da trasmettere, cioè come siano le scoperte della ricerca a permettere i più importanti progressi clinici. La medicina di oggi è infatti il risultato della ricerca di ieri, per cui la medicina di domani, un domani che si vuole migliore per il maggior numero possibile di pazienti, sarà il risultato della ricerca di oggi. Da ciò deriva l’importanza di una comunicazione semplice e trasparente, che riporti e spieghi i risultati della ricerca in modo chiaro, comprensibile a tutti, mai trionfalistico, mettendo in luce i vantaggi attesi, ma anche sottolineandone i limiti. Con queste finalità lavora la redazione di Fondamentale. La ricerca in oncologia mette il paziente al centro e cerca di rispondere alle molteplici domande ancora senza risposta. In questi anni su Fondamentale è stata discussa la grande eterogeneità dei diversi tipi di tumore e la loro differente storia naturale, evoluzione e risposta ai trattamenti. Alcuni tumori possono essere prevenuti con un accorto stile di vita o con le vaccinazioni, come nel caso di neoplasie a causa infettiva nota, quali quelle causate dal virus del Papilloma. Nella maggior parte dei casi, come ben noto, resta fondamentale la diagnosi precoce. Altri tipi di cancro possono essere curati e spesso cronicizzati, e altri ancora (purtroppo una minoranza) possono essere guariti. Oggi siamo in grado di diagnosticare più accuratamente i tumori e di curare pazienti che fino a un decennio or sono non erano considerati curabili, e questo soprattutto grazie alla comprensione dei meccanismi molecolari della trasformazione neoplastica, identificati dalla ricerca e dal progresso tecnologico. Fondamentale ha dedicato pagine a questi successi e più recentemente ha messo in evidenza i risultati ottenuti attraverso la manipolazione del sistema immunitario e le combinazioni immuno-chemioterapia. Certamente permangono numerose situazioni irrisolte e drammaticamente impegnative. Per questo Fondamentale, se da un lato ha dato risalto alle ricadute concrete e vantaggiose sinora generate dalla ricerca, allo stesso tempo ha continuato a mettere in evidenza come sia indispensabile capire la biologia del cancro per tradurla in terapie efficaci, che abbiano come scopo non solo la guarigione ma anche una migliore qualità di vita con la riduzione degli effetti collaterali dei trattamenti. Fondamentale ha anche sempre sottolineato un concetto basilare: i progressi della ricerca sono legati all’impegno dei ricercatori, e il capitale umano è lo “strumento” più importante che abbiamo. Per questo si è impegnata a far conoscere al pubblico i ricercatori AIRC, tramite interviste personalizzate che compaiono in molti numeri della rivista. Un tema poi a cui AIRC è particolarmente sensibile e di cui Fondamentale si è fatta portavoce è quello dei giovani. I giovani sono il futuro della ricerca e anche il futuro di AIRC, considerando la loro preparazione e la facilità a comprendere e utilizzare le nuove tecnologie. Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il mondo della comunicazione e certamente anche Fondamentale ne trarrà beneficio, sempre avendo ben chiaro il messaggio che intende trasmettere ai lettori: occorre capire la malattia per curare il malato.

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Anniversari Mappa Genoma Umano

DAL GENOMA UMANO A QUELLO DEL CANCRO In questo articolo: — DNA SPAZZATURA — PANGENOMA — PAN-CANCER ANALYSIS OF WHOLE GENOMES

Sono passati 70 anni dalla scoperta della struttura del DNA, e 20 dalla pubblicazione della prima mappa del genoma umano. Risultati che hanno avuto un impatto rivoluzionario anche sulla ricerca oncologica, e continueranno ad averlo in futuro

a cura di Michela Vuga

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in dalla sua prima stesura, avvenuta nel 2003, la mappa del genoma umano è apparsa come una “promessa”: sappiamo che contiene le risposte a tantissime domande che riguardano lo sviluppo di malattie, tumori compresi, e che trovare queste risposte potrà rafforzare la medicina di precisione e quindi rendere i trattamenti sempre più personalizzati. La prima versione era basata sull’analisi del DNA di un’unica persona, mentre l’ultima, pubblicata nel maggio 2023 su Nature dall’International Human Pangenome Reference Consortium, include le sequenze di 47 persone – che diventeranno 350 entro la fine del 2024. Si tratta di un passo avanti considerevole, perché si avvicina molto di più alla diversità e complessità della specie umana. Un progresso rappresentato anche nella parola che viene oggi utilizzata: “pangenoma”, composta dal greco “pan”, che significa “tutto, interamente”, e “genoma”, a indicare appunto un insieme di più DNA. Il pangenoma pubblicato quest’anno è dunque, al momento, lo standard più attuale di riferimento per il mondo della ricerca.

/ Anniversari / Mappa genoma umano


IL DNA DELLA CELLULA TUMORALE Nel 2003 su Fondamentale scrivevamo che è alle conoscenze genetiche che si devono in gran parte i risultati ottenuti nella terapia dei tumori, e che oggi hanno permesso di trasformare in numerosi casi il cancro da malattia potenzialmente pericolosa per la vita a male con il quale si può convivere. In tal senso, avere un pangeno-

le mutazioni nocive. Mancava però la possibilità di delineare un quadro completo delle anomalie, perché è vero che si riescono a “vedere” delle diversità, ma non si sapeva – e non si sa ancora – come interpretarle. La prima svolta significativa è arrivata nel 2020 con la pubblicazione su Nature dello studio Pan-Cancer Analysis of Whole Genomes (Pcawg), una novità assoluta perché metteva insieme tutte le informazioni, anche cliniche, disponibili fino a quel momento relative a 2.600 casi di tumore – e quindi a 2.600 genomi – di 38 diversi tipi di cancro. Un lavoro durato dieci anni con il coinvolgimento di 1.300 scienziati di 37 Paesi. L’Università di Verona, con il centro di ricerca ARC-Net, dal 2010 rappresenta l’Italia nel Consorzio internazionale genoma del cancro, ed era – e lo è tutt’ora – il capofila per i dati sul tumore del pancreas. Ma qual è stata la portata di questo immenso lavoro? “È come se avessimo disegnato delle mappe che ci permettono di ‘vedere’ dove nasce un determinato tumore e in che modo si sviluppa, diventando, diciamo così, via via più cattivo fino a dare metastasi” spiega Aldo Scarpa, professore di anatomia patologica all’Università di Verona e direttore di ARC-Net. “L’analisi dei diversi tipi di tumore che si formano nelle diverse parti del corpo, e la ‘raccolta’ di tutte le anomalie riscontrate, ci ha permesso innanzitutto di capire che il tumo-

sono essere classificati, così come è sempre stato fatto, in base alla sede in cui si sviluppano (mammella, polmone, colon e così via) ma che, essendo diversi dal punto di vista molecolare, possono essere raggruppati anche sulla base delle anomalie molecolari che contengono. Una rivoluzione nell’approccio oncologico: “Nel giro di poco tempo, questa evidenza ha portato a un grande cambiamento. Se prendiamo come esempio il tumore del polmone, fino a 10-12 anni fa non avevamo praticamente alcun farmaco specifico per curarlo. Grazie a questo studio è invece emerso che le forme osservate nei non fumatori sono riconducibili ad almeno sei anomalie genetiche diverse, che possono essere riconosciute con test diagnostici ad hoc e combattute con farmaci specifici”. Le conoscenze ottenute dal genoma del cancro sono già state applicate anche alle terapie per il carcinoma del pancreas, in particolare a quel 10 per cento di pazienti che non hanno la mutazione del gene KRAS tipica di questo tumore. “Ci siamo concentrati nel cercare altre anomalie che possono fungere da bersaglio per i trattamenti e oggi il 7-8 per cento dei casi negativi per KRAS può essere trattato con cure specifiche e avere una buona risposta. Un risultato di rilievo, considerando che per la maggior parte dei pazienti con tumore al pancreas non sono ancora disponibili terapie mirate. Conoscere il genoma del cancro è stato dunque fondamentale per ottenere questi risultati.”

Alle conoscenze genetiche si devono in gran parte i risultati ottenuti nella cura del cancro, che hanno permesso DALLA MAPPA DEL GENOMA DEL CANCRO AI FARMACI MIRATI di trasformarlo in numerosi casi in La mappa del genoma del cancro non è stata un punto di arrivo quanto piutun male con cui si può convivere. tosto un punto di partenza. “Conoscema dell’individuo standard di riferimento è importante, ma da solo non è sufficiente a “capire” il cancro. Per decenni i ricercatori hanno raccolto dati su anomalie genetiche dei tumori, permettendo anche lo sviluppo di farmaci specifici capaci di bloccare / Anniversari / Mappa genoma umano

re di un organo ha alcune anomalie che sono peculiari di quell’organo, ma anche che esistono anomalie comuni a diversi tipi di tumore.” Questo è stato uno dei capisaldi a cui ha portato la mappa del genoma del cancro: accertare che i tumori pos-

re quali anomalie sono specifiche per un tipo di tumore è importante, ma solo se poi riesco a correlarle con altre informazioni. Per esempio, devo riuscire a capire se rendono la malattia più o meno aggressiva, se esistono farmaci, magari già utilizzati per altre forme neoplastiche, in grado di colpirle, o comunque devo essere in gra-

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do di costruire uno storico di quali terapie ho utilizzato e quali risposte ho ottenuto” spiega Scarpa. “Ora stiamo lavorando al progetto ARGO, Accelerating research in genomic oncology, che è il passo successivo al Pcawg. L’obiettivo è appunto tramutare queste informazioni in trial clinici per capire quali fattori aiutino a individuare chi trattare in un modo piuttosto che in un altro, con determinati farmaci invece che con altri, con l’obiettivo di ottimizzare e personalizzare le cure.” QUANTO ANCORA C’È DA SCOPRIRE Ma quanto conosciamo davvero del genoma umano? Ben poco. “Il genoma è costituito da tre miliardi di paia di basi: oggi, rispetto al primo sequenziamento del 2003, grazie anche al progresso tecnologico della Next Generation Sequencing (NGS), riusciamo a sequenziarlo tutto; il problema è che capiamo soltanto il 2 per cento di quello che leggiamo. Il genoma di una cellula tumorale è diverso da quello di una cellula sana per via di un’alterazione di uno o più geni. Ma l’intero genoma si può ulteriormente alterare, perché i meccanismi che ne domina-

no l’ordinata organizzazione e riproduzione non funzionano più. Sono sì funzionali alla vita, ma alla vita della cellula neoplastica, che li ha manomessi per continuare a riprodursi.” Oggi si è capito che molti di questi meccanismi sono celati in quello che per anni è stato definito DNA “spazzatura”, perché sembrava del tutto inutile visto che non era codificante, ovvero non conteneva le istruzioni necessarie alla produzione di proteine. Il progetto Pcawg ha esplorato in modo molto più dettagliato proprio questa parte del genoma. “Non siamo ancora in grado di interpretare tutto il DNA non codificante, siamo solo agli inizi. Per esempio, sappiamo che produce i microRNA, molecole che regolano l’attività di altri geni, e che alcuni di questi microRNA sono oncogenici. In sintesi, abbiamo capito che il DNA ‘spazzatura’ ha un ruolo nella regolazione dell’informazione, anche se nella maggior parte dei casi non riusciamo ancora a collegarlo a funzioni specifiche” conclude Scarpa.

diviene chiaro e dunque possiamo affermare che il cancro è una malattia del genoma della cellula neoplastica. Tutti i tumori sono il risultato di come siamo fatti dal punto di vista dell’assetto genetico e dell’ambiente in cui viviamo. Uno stile di vita sano tutela la nostra salute, tiene lontano il cancro e, in questo senso, “protegge” anche il nostro genoma.

UN PODCAST FONDAMENTALE Da oggi, oltre a leggere Fondamentale puoi anche ascoltarlo! Fondamentale – il podcast è disponibile su tutte le piattaforme di podcast più diffuse, e ogni settimana ti presenterà la versione audio di alcuni articoli del giornale insieme ad approfondimenti sulle ultime novità della ricerca. Scopri dove puoi ascoltarlo inquadrando il QR Code.

“PROTEGGERE” IL GENOMA Più il DNA viene svelato, più il quadro genetico delle cellule tumorali

Della pubblicazione della prima mappatura del genoma umano avevamo parlato nel 2003 su Fondamentale

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Facciamo il punto Leucemie pediatriche

In questo articolo: — TUMORI DEI BAMBINI — TUMORI DEL SANGUE — QUALITÀ DI VITA

LEUCEMIE PEDIATRICHE, 40 ANNI DI PROGRESSI Il tumore più diffuso tra i piccoli pazienti è uno degli esempi più evidenti degli straordinari successi raggiunti dalla ricerca sul cancro. Continuano però gli sforzi per ridurre gli effetti collaterali delle cure

a cura della Redazione

/ Facciamo il punto / Leucemie pediatriche

N

el 1983 su Fondamentale celebravamo un traguardo considerato eccezionale all’epoca: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi nelle leucemie pediatriche era arrivata al 50 per cento. Quattro decadi dopo, grazie al costante impegno di medici e ricercatori, il bilancio è più che positivo perché, globalmente, la sopravvivenza è salita all’80 per cento e raggiunge il 90 per cento nella leucemia linfoblastica acuta, la forma più frequente. “La cura delle leucemie dei bambini rappresenta senza ombra di dubbio un modello di successo dell’oncologia moderna” afferma Franco Locatelli, professore di pediatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore del Dipartimento di oncologia ed ematologia pediatrica all’IRCCS Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Ciò che ha determinato in maniera più rilevante il miglioramento della sopravvivenza è la stratificazione dei pazienti in differenti gruppi di rischio, stratificazione che è influenDicembre 2023 / Fondamentale / 9


zata da due fattori principali. Il primo è l’identificazione, nelle cellule leucemiche, delle lesioni molecolari e/o delle alterazioni del numero o della struttura dei cromosomi che influenzano l’evoluzione clinica della malattia. Il secondo è la cosiddetta analisi della malattia minima residua, che permette di valutare la risposta ai farmaci chemioterapici già nelle prime fasi di trattamento. Attraverso questi due fattori possiamo quindi distinguere i pazienti in diverse fasce di rischio, andando a riservare trattamenti un po’ più morbidi ai pazienti che presentano caratteristiche prognostiche migliori, e trattamenti più aggressivi, tra cui anche il trapianto di midollo osseo, a chi presenta un profilo di rischio più elevato.” Un altro aspetto importante per il progresso dell’oncoematologia pediatrica è stata la collaborazione internazionale tra i ricercatori, che ha permesso di condurre studi clinici controllati su un cospicuo numero di pazienti, nonché di scambiare informazioni utili a migliorare e personalizzare le cure. Infine, non possiamo dimenticare il ruolo che negli ultimi anni ha avuto l’immunoterapia. LEUCEMIE E GUARIGIONI La leucemia è il tumore più frequente nei bambini e origina da cellule immature, dette anche cellule staminali, che sono prodotte dal midollo osseo e da cui hanno origine le cellule del sangue. Le leucemie, a seconda della velocità con cui progrediscono e delle cellule da cui originano, possono essere di diverse forme. Le due forme che più spesso colpiscono i bambini sono la leucemia linfoblastica acuta (LLA), che rappresenta quasi l’80 per cento di tutte le leucemie con circa 350-400 nuovi casi registrati ogni anno in Italia, e la leucemia mieloide acuta (LMA), che con circa 80 nuovi casi ogni anno costituisce quasi il 20 per cento di tutte le leucemie. Abbiamo parlato in apertura di sopravvivenza, ma quando si può affermare che un bambino è guarito? E quanti guariscono? “Se a distanza di due anni dalla fine delle cure non vi sono ricadute, nella stragrande maggioranza dei casi il bambino è guarito” spiega Locatelli. “Quanti oggi riu-

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Franco Locatelli con alcuni dei suoi pazienti

sciamo a guarirne è presto detto: nelle LLA un po’ più dell’80 per cento con le terapie di prima linea e un po’ più del 90 per cento considerando anche le terapie di salvataggio che utilizziamo quando la malattia si ripresenta. Nelle LMA siamo un po’ sopra il 65 per cento per le terapie di prima linea, mentre con le terapie di seconda linea arriviamo a sfiorare l’80 per cento.” Questi dati confermano quanti passi avanti sono stati fatti e, a questo proposito, è importante sottolineare che in Italia l’AIEOP, l’Associazione

proteine chiamato HLA (Human Leukocyte Antigen). Poi, sul finire degli anni Ottanta e all’inizio dei Novanta, sono nati i registri dei donatori di midollo osseo – che oggi includono ben più di 40 milioni di donatori –, grazie ai quali si è riusciti a offrire il trapianto a un numero consistente di coloro che non hanno un donatore compatibile in ambito familiare. A questo già rilevante passo avanti ha fatto seguito la grande rivoluzione dei trapianti da uno dei due genitori, chiamato aploidentico, perché il do-

La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi nelle leucemie pediatriche è salita dal 50 per cento di 40 anni fa all’80 per cento di oggi. italiana di ematologia e oncologia pediatrica, garantisce a tutti i pazienti pediatrici sia una diagnosi corretta, attraverso l’individuazione delle caratteristiche specifiche delle cellule leucemiche, sia l’adozione di protocolli di cura omogenei su tutto il territorio nazionale. IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE Il 1983 appartiene anche all’epoca in cui il trapianto di midollo osseo uscì dalla fase sperimentale. Tuttavia, in quel periodo questo trattamento poteva essere utilizzato solo in chi aveva un fratello o una sorella totalmente compatibile per il sistema di

natore è identico a metà con il ricevente. È inimmaginabile il numero di persone a cui il trapianto ha salvato la vita in questi 40 anni: “Oggi possiamo dire che il trapianto è offerto a tutti coloro che ne hanno la necessità e che i risultati sono del tutto paragonabili indipendentemente dal tipo di donatore impiegato” afferma Locatelli. “Anche questo traguardo è frutto di una serie di ottimizzazioni e di rifiniture: abbiamo farmaci che proteggono dalle infezioni e farmaci che trattano l’aggressione delle cellule del donatore ai danni dell’organismo del ricevente, in maniera molto più efficace rispetto a quelli che avevamo 40 anni fa. E anche la manipolazione

/ Facciamo il punto / Leucemie pediatriche


Oggi una delle sfide è garantire ai pazienti meno effetti collaterali e una buona qualità della vita. delle cellule staminali nel trapianto aploidentico è cambiata in maniera radicale. Questo è stato un filone di ricerca originale del mio gruppo cui anche AIRC ha contribuito, e che ha permesso di mettere a punto tecniche per eliminare, da ciò che viene infuso, le cellule che aggrediscono l’organismo del ricevente, mantenendo intatte le cellule del sistema immunitario in grado di proteggere dal rischio di infezioni e ricadute.” I TRAGUARDI DELLA RICERCA NELLE LEUCEMIE PEDIATRICHE Oggi uno dei filoni più importanti di ricerca sulle leucemie riguarda l’immunoterapia. In particolare, per la LLA a cellule B (che colpisce i linfociti B) sono già disponibili anticorpi monoclonali cosiddetti bispecifici, di origine sintetica e in grado di agire contemporaneamente su più di un bersaglio, di

cui ora si inizia a dimostrare l’efficacia anche in pazienti appena diagnosticati. Si conferma inoltre il ruolo strategico della ricerca sulle cellule CAR-T (linfociti del paziente geneticamente modificati per essere reindirizzati sul bersaglio tumorale), cui al momento si ricorre per curare chi non risponde ai trattamenti convenzionali. “Ma stiamo estendendo l’uso delle CAR-T alle forme di LLA a cellule T e c’è un florido filone di ricerca traslazionale anche per le LMA” aggiunge Locatelli. “Infine, si punta a identificare nuove terapie molecolarmente orientate, dette anche terapie target, dove l’obiettivo è riuscire a incidere in maniera selettiva sulla lesione molecolare che è responsabile dello sviluppo di quella specifica forma di leucemia. Nel merito, si pensi alla leucemia acuta promielocitica, oggi curabile in quasi tutti i bambini senza impiegare la chemioterapia.”

In questo articolo del marzo 1983 parlavamo di come la sopravvivenza nei tumori pediatrici avesse raggiunto il 50 per cento.

/ Facciamo il punto / Leucemie pediatriche

LA QUALITÀ DI VITA PRESENTE E FUTURA La medicina odierna è impegnata nel cercare di garantire ai pazienti meno effetti collaterali e una buona qualità di vita presente e futura. “Oggi l’attenzione a questi aspetti è molto alta proprio perché le probabilità di cura delle leucemie sono diventate così elevate” sottolinea Locatelli. “Di fatto, è anche un po’ cambiata la ‘filosofia’ di impostazione di molti studi clinici, perché siamo passati da studi tesi solo a migliorare la probabilità di cura a studi mirati a mantenere la stessa probabilità di guarigione, diminuendo l’intensità del trattamento e, quindi, riducendo i potenziali effetti collaterali.” Offrendo dunque ai piccoli pazienti e alle loro famiglie uno sguardo più sereno sul futuro.

UN PODCAST FONDAMENTALE Questo articolo sarà disponibile in versione podcast. Scopri dove ascoltarlo inquadrando il QR Code.

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Vite per la ricerca Renato Dulbecco

RENATO DULBECCO: 5 REGOLE PER IL SUCCESSO In questo articolo: — STORIE DI RICERCATORI — PROGETTO GENOMA UMANO — PREMI NOBEL

Con la storia dello scienziato premio Nobel per la medicina inauguriamo una nuova rubrica, curata da Massimo Temporelli e dedicata alle vite di coloro che hanno dato un contributo particolarmente significativo alla ricerca sul cancro a cura di Massimo Temporelli

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È

davvero impossibile riassumere la storia e l’opera di un grande scienziato in poche pagine, ma qui proveremo a ripercorrerne i passaggi cruciali, e a ricavare da 5 momenti della sua vita 5 regole che rappresentino una guida per raggiungere grandi risultati.

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SEGUIRE LE PROPRIE PASSIONI Dulbecco finì il liceo classico in Liguria a 15 anni, due anni in anticipo rispetto alla norma dell’epoca, e avrebbe potuto iscriversi a qualunque facoltà. Infatti, da ragazzo aveva dimostrato di essere bravo in tutto, dalle materie più tecniche, come la nascente elettronica, alla letteratura, dalla fisica alla matematica. Dopo lunghe riflessioni, però, perdite dolorose che segnarono la sua vita e quella della sua famiglia, come la morte del fratel-

/ Vite per la ricerca / Renato Dulbecco


lo avvenuta prima che lui nascesse, lo spinsero a dedicarsi alla medicina: “Mi accorgevo della debolezza della medicina, della sua difficoltà nel combattere malattie serie come la polmonite e della sua impotenza di fronte a patologie ancor più gravi, come i tumori. Quelle esperienze certo ebbero un ruolo importante nella mia carriera”. E così nel 1930, all’età di 16 anni, Dulbecco si trovò a Torino, iscritto alla Facoltà di medicina e chirurgia, dove si laureò a pieni voti nel 1936 con una tesi sulle alterazioni del fegato. La dissertazione, di cui lui pur non fu molto soddisfatto, gli valse premi e borse di studio. La carriera scientifica di un grande genio poteva iniziare!

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CERCARE BUONI MAESTRI Studiando la storia di Renato Dulbecco, emerge chiaramente l’importanza dei maestri. Nel caso del nostro protagonista parliamo in particolare di Giuseppe Levi, professore di anatomia all’Università di Torino, che tra i suoi allievi ebbe, in quegli anni, ben 3 premi Nobel: Rita Levi Montalcini, Salvador Luria e naturalmente Renato Dulbecco. Insieme alle conoscenze, Levi trasmise ai suoi allievi passione, metodo, curiosità e dedizione, caratteristiche senza le quali non sarebbe stato possibile raggiungere vette straordinarie, come quelle cui arrivarono Dulbecco e i suoi due compagni.

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ABBRACCIARE UNA VISIONE OLISTICA Fin da giovanissimo, il futuro premio Nobel ebbe un approccio multidisciplinare ed eco-sistemico alla scienza. Una visione che nel XX secolo era tutt’altro che scontata: “I libri di testo descrivevano i sistemi separati, le ossa, i muscoli, i nervi, le vene, le arterie e tutti gli organi interni, come se non fossero parte dello stesso corpo, ma fini a se stessi. Io invece organizzavo degli appunti scritti, che poi imparavo, in cui connettevo tutte le varie parti. Per me era molto più facile pensare a un osso con un muscolo attaccato, con

/ Vite per la ricerca / Renato Dulbecco

un nervo decorrente tra di essi, con un’arteria e le vene alla superficie del muscolo, piuttosto che a ciascun elemento separatamente”. Oggi sappiamo che questa capacità di vedere le cose come parte di un unico universo, questo approccio generalista e non riduzionista può davvero fare la differenza, fuori e dentro i laboratori scientifici.

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COSTRUIRE GLI STRUMENTI Dulbecco ebbe una vita ricca di avventure. Dopo la laurea e le prime esperienze come ricercatore, partecipò alla Seconda guerra mondiale, impegnato sul terribile fronte

nendo da subito grandi risultati. Nel 1962, si spostò al neonato Salk Institute di San Diego. Proprio in questi laboratori, a partire dalla metà degli anni Sessanta, Dulbecco con il suo team avrebbe compreso i legami tra il DNA, i geni e i tumori di origine virale, studi che lo portarono a vincere il premio Nobel in medicina e fisiologia nel 1975. Per molti ricercatori si tratta del coronamento di una carriera, ma i grandi scienziati trasformano i

Grazie alla visione di Dulbecco, il progetto Genoma Umano ha avuto un impatto profondo sulla biologia e la medicina, fornendo strumenti e conoscenze che hanno portato a importanti scoperte. russo, e, tornato in Italia, si unì ai movimenti antifascisti, prendendo poi parte attiva alla vita politica nel dopoguerra. Per nostra fortuna riprese a dedicarsi alla scienza, contribuendo a una rivoluzione incredibile, quella della biologia molecolare e della genetica. In quegli anni iniziò a usare le radiazioni elettromagnetiche per studiare il comportamento delle cellule e, per approfondire gli effetti biologici delle radiazioni, si iscrisse al corso di fisica in modo da costruirsi gli strumenti necessari per mettere alla prova le proprie idee.

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LANCIARE SFIDE IMPOSSIBILI Nel 1947, su proposta di Salvador Luria, Dulbecco si trasferì negli USA, prima all’Università dell’Indiana e poi in California al Caltech, otte-

propri podi in trampolini. Renato Dulbecco sapeva che gli studi sui geni avrebbero potuto essere utilizzati per combattere molte forme patologiche della nostra biologia e per questo decise di lanciare, nel 1986, una sfida visionaria a tutta la comunità scientifica: sequenziare e catalogare sistematicamente tutti i geni umani. Ogni tanto pensare in grande, alzare l’asticella e sfidare l’impossibile è utile, questo ci insegna Dulbecco. Infatti, quello che sembrava all’epoca un obiettivo troppo ambizioso, nel 2003 è stato raggiunto. Grazie alla visione di Dulbecco, il progetto Genoma Umano ha avuto un impatto profondo sulla biologia e sulla medicina, fornendo strumenti e conoscenze che hanno portato a importanti scoperte sulla funzione dei geni, sulle malattie genetiche e sulle potenziali terapie.

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Notizie flash

... DAL MONDO PAPILLOMAVIRUS (HPV): NEL MONDO INFEZIONE PER 1 MASCHIO SU 3

TUMORI NEGLI UNDER 50: ECCO QUALI SONO I PIÙ DIFFUSI

C

irca 1 uomo su 3 di età superiore ai 15 anni è infetto da almeno un tipo di papillomavirus umano genitale (HPV), mentre 1 su 5 è infetto da uno o più ceppi ad alto rischio oncogeno. I dati citati emergono da una revisione sistematica di oltre cinquemila studi condotti tra il 1995 e il 2022. I risultati, pubblicati sulla rivista The Lancet Global Health, dimostrano come la più diffusa infezione a trasmissione sessuale sia tutt’altro che una prerogativa femminile. La prevalenza globale dell’infezione da HPV nella popolazione maschile è infatti del 31 per cento, e il picco si registra tra i giovani adulti (25-29 anni). Negli uomini, l’infezione tende a manifestarsi clinicamente come verruche anogenitali, “che causano una significativa morbilità e aumentano i tassi di trasmissione dell’HPV”, ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità. Ma la presenza del virus (soprattutto del genotipo 16) aumenta anche le probabilità di sviluppare tumori del pene, dell’ano e dell’orofaringe.

L’infezione può causare verruche anogenitali che ne aumentano i tassi di trasmissione.

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I

l numero di persone con meno di 50 anni che si sono ammalate di cancro è cresciuto gradualmente negli ultimi 30 anni. Possono essere riassunte così le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Bmj Oncology, che conferma un trend emerso già da lavori su numeri più piccoli o condotti su singole forme di cancro. Firmata da un gruppo di epidemiologi ed esperti di big data di atenei cinesi, statunitensi e di diversi Paesi europei, la ricerca è stata condotta partendo dai dati contenuti nel database Global Burden of Disease, che raccoglie le informazioni relative alle cause di morte nei diversi Paesi del mondo anno per anno. Prendendo come riferimento il 2019, gli autori hanno esaminato i dati riguardanti l’incidenza dei casi di cancro, ma non solo: anche il numero dei decessi, le conseguenze e i fattori di rischio associati a ogni singolo paziente. Confrontando le statistiche, è stato possibile quantificare l’aumento delle nuove diagnosi oncologiche negli under 50 rispetto al 1990 (+79 per cento). La forma di cancro più diffusa in questa fascia d’età nell’anno che ha preceduto l’avvento di Covid-19 è stata il tumore al seno. Ma gli aumenti più significativi rispetto al punto di partenza hanno riguardato le neoplasie della trachea e della prostata.

/ Notizie flash


UN DEVICE NEL CERVELLO PER PIANIFICARE LA MIGLIORE TERAPIA CONTRO I GLIOMI

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a le dimensioni di un chicco di riso, ma un potenziale ben più grande: quello di predire l’esito dei diversi trattamenti farmacologici riservati ai gliomi, i tumori al cervello più difficili da trattare. Questo l’obiettivo che si prefigge il dispositivo progettato dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital (Boston). Il primo step della sperimentazione aveva lo scopo di valutare la sicurezza dell’impianto nel tessuto tumorale prima dell’intervento, e ha dato esito positivo. Nei pazienti su cui è stato testato, il device (poi rimosso nel corso della procedura chirurgica) ha garantito la somministrazione di piccole dosi di farmaci differenti direttamente all’interno del tessuto tumorale. In questo modo, come descritto in un articolo pubblicato su Science Translational Medicine, è stato possibile valutare la risposta in un contesto di “real life”. Un esempio di medicina di precisione che ha tenuto conto delle caratteristiche del microambiente tumorale sviluppatosi in ognuno dei pazienti (6) coinvolti nella sperimentazione. Nessun particolare effetto avverso è stato registrato dai ricercatori, che hanno invece tratto informazioni utili in vista della terapia: chirurgica (prima) e medica (poi). Ulteriori studi saranno necessari prima che il device possa entrare nella pratica clinica.

SARCOMA DI EWING: LA CHEMIOTERAPIA “RAVVICINATA” MIGLIORA LA SOPRAVVIVENZA

I

l sarcoma di Ewing è un tumore maligno che origina dalle ossa (perlopiù femore, tibia e bacino) o dai tessuti molli (muscoli, tendini, depositi di grasso, vasi, nervi), e colpisce soprattutto gli adolescenti (età mediana alla diagnosi: 15 anni). Per evitare le (frequenti) recidive, l’approccio è multidisciplinare: si basa cioè sulla combinazione di chirurgia, chemioterapia e radioterapia. La terapia farmacologica standard prevede la somministrazione di due cocktail di farmaci (vincristina-doxorubicina-ciclofosfamide e ifosfamide-etoposide) in maniera alternata, una volta ogni tre settimane. Uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology ha però provato in un gruppo di pazienti a ridurre questo intervallo di tempo a 14 giorni, confrontando poi i risultati con quelli di un gruppo trattato con l’approccio standard. La terapia a intervalli compressi ha inciso in maniera positiva sia sulla sopravvivenza libera da malattia (ritarda la comparsa di recidive o metastasi) sia su quella complessiva, in particolare quest’ultima è passata dal 69 al 76 per cento (a cinque anni dalla diagnosi). Un miglioramento registrato anche nei pazienti considerati a più alto rischio.

Una sperimentazione che utilizza una tecnologia all’avanguardia.

/ Notizie flash

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Diagnosi precoce Screening oncologici

SCREENING ONCOLOGICI: IERI, OGGI E DOMANI In questo articolo: — DIAGNOSI PRECOCE — SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE — MAMMOGRAFIA

Negli anni Novanta venivano introdotti in Italia i primi test di screening per diagnosticare precocemente alcuni tumori. Oggi la percentuale di adesione non è ancora quella sperata, mentre la ricerca indaga su metodi per rendere questi esami sempre più efficienti e meno invasivi a cura di Camilla Fiz 16 / Fondamentale / Dicembre 2023

“G

li screening sono l’espressione di un rapporto tra individuo e sistema sanitario” dice Francesco Perrone, direttore della Struttura complessa sperimentazioni cliniche dell’Istituto tumori Pascale di Napoli e presidente dell’Associazione italiana di oncologica medica (AIOM). Partecipare a questi esami è infatti il frutto di una scelta libera e informata: il singolo decide di affrontare il rischio di scoprire di avere un tumore prima che questo si manifesti, e così facendo aumenta le proprie possibilità di guarire, fidandosi delle istituzioni e del loro funzionamento. Le rigide regole degli screening sulla cadenza e sulle fasce di età possono sembrare stabilite solo per ottimizzare le risorse del sistema sanitario. In realtà, sono invece pensate per massimizzare il più possibile il beneficio per la comunità in termini di diagnosi precoce e riduzione della mortalità, e abbassare il rischio di risultati sbagliati e diagnosi di tumori a lentissima crescita la cui scoperta precoce non migliora la prognosi. Sono il risultato della combinazione di solidi risultati scientifici con il contesto socioeconomico, politico e culturale di ogni Paese. È un processo in continua trasformazione, che si destreggia tra le variazioni delle incidenze dei tumori, l’adesione dei cittadini, il progresso scientifico e la gestione della sanità pubblica. / Diagnosi precoce / Screening oncologici


GLI SCREENING ONCOLOGICI IERI Verso la fine degli anni Ottanta, nella comunità scientifica diventò evidente quanto lo screening mammografico fosse efficace per diagnosticare precocemente il tumore alla mammella e ridurne la mortalità. A segnare la svolta decisiva fu la sperimentazione clinica svedese Two-County Study. Riprendendo le modalità di uno studio condotto in precedenza nel Regno Unito, monitorò la mortalità per tumore al seno su un campione totale di circa 163.000 donne con più di 40 anni. Vennero messi a confronto 2 gruppi: le partecipanti del primo furono invitate a sottoporsi alla mammografia ogni 2-3 anni; quelle del secondo invece non partecipavano all’esame. L’indagine iniziò nel 1977 e venne interrotta 7 anni dopo. Secondo i dati, infatti, lo screening era talmente efficace che non era più considerato etico non effettuarlo al gruppo di controllo: lo screening infatti riduceva del 30 per cento la mortalità per cancro e del 25 per cento le diagnosi in una fase avanzata rispetto a chi non vi si era sottoposto. Il concetto di screening si diffuse ben presto a livello europeo e in Italia, negli anni Novanta, la mammografia fu il primo esame a essere svolto con gradualità su larga scala. “Sono iniziati 22 programmi di screening mammario in città e località diverse che coprono in tutto il 6 per cento della popolazione” affermava nel 1997 su Fondamentale Marco Rosselli Del Turco, primario del Servizio di senologia del Centro di prevenzione oncologica di Firenze, e continuava con fiducia: “Secondo le stime, se tutte le donne italiane di 50 anni o più eseguissero una mammografia ogni 2 anni sarebbe possibile salvare 1.600

vite all’anno”. In contemporanea continuavano anche ad accumularsi evidenze sull’efficacia di altri esami diagnostici per il tumore al colon-retto, alla cervice uterina, al polmone e alla prostata. Nel 2001 gli esami di screening per le fasce della popolazione più a rischio vennero offerti tra i Livelli essenziali di assistenza (LEA), e divennero così accessibili a tutti in egual misura.

Negli anni sono aumentate le persone che partecipano agli screening, e di conseguenza sono incrementati anche i casi rilevati di tumore al seno, ma le diagnosi precoci e le migliori cure hanno permesso di ridurne la mortalità. Tuttavia, nonostan-

Secondo l’ultimo rapporto I numeri del cancro, in Italia circa metà delle donne che ne hanno diritto si sottopone allo screening per il tumore al seno. Le intenzioni erano buone. Restava, però, da potenziare il Sistema sanitario nazionale (SSN) per gestire il servizio, convincere tutte le persone indicate a partecipare e, da un punto di vista scientifico, capire meglio quali esami fossero di fatto appropriati per lo screening. GLI SCREENING ONCOLOGICI OGGI A più di 20 anni di distanza dal primo screening mammografico, molto è cambiato. In Italia il programma nazionale offre gratuitamente alle persone più a rischio test per prevenire il tumore al collo dell’utero e al colon-retto, oltre che quello mammario. Gli esami di screening per il cancro al polmone e alla prostata, invece, non soddisfano ancora i requisiti di accuratezza e sostenibilità per essere estesi su larga scala.

te la maggiore adesione, Francesco Perrone commenta così le stime del 1997 di Marco Del Turco: “Purtroppo l’auspicio di Marco che tutte le donne con più di 50 anni eseguissero una mammografia ogni 2 anni non si è ancora realizzato”. Secondo l’ultimo rapporto I numeri del cancro, in Italia circa metà delle donne che ne hanno diritto si sottopone allo screening per il tumore al seno. Guardando al periodo di pandemia, diventa evidente una fragilità del sistema: “Nel 2020, questa percentuale si è abbassata al 30 per cento, anche se poi la maggior parte delle Regioni è tornata alle percentuali di adesione pre-pandemiche” commenta Francesco Perrone. “Purtroppo, anche dopo l’inserimento nei LEA, l’efficienza dei 3 screening autorizzati resta inferiore agli obiettivi auspica-

56,2%

38,7%

39,2%

Percentuale di adesione allo screening per il tumore al seno nel 2021

Percentuale di adesione allo screening per il tumore al colon-retto nel 2021

Percentuale di adesione allo screening per il tumore alla cervice uterina nel 2021

/ Diagnosi precoce / Screening oncologici

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ti.” Per quanto riguarda gli screening per il tumore al colon-retto e alla cervice uterina, le percentuali sono ancora più basse, si aggirano attorno al 30-35 per cento con differenze marcate tra Nord e Sud. “L’adesione dei cittadini invitati continua a essere scarsa, come l’offerta da parte dei sistemi regionali. Per aumentare la qualità e la quantità dell’offerta, è cruciale la disponibilità di personale sanitario dedicato, che scarseggia ovunque nella sanità pubblica.” A questo problema, secondo Francesco Perrone, si aggiungono diverse barriere socioculturali e i problemi nel rinnovare pratiche ormai inefficaci: “La mancata adesione è anche legata alle difficoltà di usare sistemi digitali sia per selezionare chi invitare agli screening sia per cambiare le modalità di invito”. GLI SCREENING ONCOLOGICI DOMANI “La comunità scientifica sta lavorando molto per identificare nuovi marcatori biologici da misurare attraverso semplici prelievi di sangue, che aumentino l’efficienza degli screening attuali” sostiene Paolo Vineis, epidemiologo e professore all’Imperial College di Londra. “È possibile che nei prossimi 10 anni ne emergano di nuovi per i principali tumori.” Alla ricerca scientifica, però, si affianca il continuo monitoraggio nelle popolazioni. Così si è scoperta la crescita negli ultimi anni

dei casi di tumore tra le persone sotto i 50 anni, finora considerate poco a rischio. Secondo Paolo Vineis “si tratta un fenomeno preoccupante, in particolare per quanto riguarda i tumori del colon, che potrebbe portare ad anticipare l’età degli screening”. Nel nostro Paese, il piano oncologico nazionale 2023-2027 mira per ora ad aumentare l’adesione agli screening e ad allargare l’età di accesso agli esami per la diagnosi precoce del carcinoma mammario e colorettale. Fuori dall’Italia si guarda anche ad aumentare l’offerta di screening per altri tipi di tumore. Come riporta Paolo Vineis, “le nuove raccomandazioni del Consiglio europeo suggeriscono di avviare progetti pilota di screening dei tumori della prostata, del polmone e, nei Paesi a elevata incidenza, dello stomaco. La prospettiva è di estenderli a tutta la popolazione indicata, dopo opportuni studi”. In Italia, però, sarebbe importante innanzitutto intervenire sulle cause che rendono oggi gli screening poco partecipati. “La frammentazione attuale del SSN nei vari servizi sanitari regionali non garantisce le stesse opportunità a tutti i cittadini” ammonisce Francesco Perrone, ricordando che non esistono soluzioni immediate. “Solo un lavoro costante può portare nel tempo ad aumentare l’efficienza dei servizi sanitari regionali e renderli più moderni.” Crede però che non sia stata ancora detta l’ultima parola: “Proprio come i

game changer nello sport, il progresso scientifico unito a una buona comunicazione sui temi della salute da parte degli enti scientifici potrebbe contribuire a migliorare e cambiare le sorti della partita”.

GLI SCREENING OFFERTI IN ITALIA Nel nostro Paese il programma nazionale di screening comprende esami gratuiti per la prevenzione: - del tumore al seno: con la mammografia offerta ogni 2 anni alle donne tra i 50 e i 69 anni. In alcune Regioni italiane è disponibile anche tra i 45 e i 50 anni con cadenza annuale e tra i 70 e i 74 anni con cadenza biennale; - del tumore alla cervice uterina: con il Pap-test, offerto ogni 3 anni alle donne tra i 25 e i 29 anni, e l’HPV-DNA test, offerto ogni 5 anni tra i 30 e i 64 anni; - del tumore al colon-retto: con il test del sangue occulto nelle feci (SOF), offerto ogni 2 anni alle persone tra i 50 e i 69 anni, o la rettosigmoidoscopia, da svolgere una volta tra i 58 e i 60 anni.

Nel dicembre del 1986 Fondamentale dedicava un articolo agli screening oncologici. Sarebbero arrivati in Italia solo molti anni dopo.

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/ Diagnosi precoce / Screening oncologici


IFOM Prospettive future

IL FUTURO DI IFOM: DALLA RICERCA ALLA TERAPIA In questo articolo: — PIANO STRATEGICO ATHENA — MULTIDISCIPLINARIETÀ — DALLA RICERCA ALLA CLINICA

A quasi 25 anni dalla sua fondazione, l’Istituto di oncologia molecolare di Fondazione AIRC rafforza l’impegno nella ricerca traslazionale, senza sacrificare la ricerca di base che resta il cuore della sua identità

a cura di Antonino Michienzi

/ IFOM / Prospettive future

È

la seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso. A Milano si respira già il fermento che renderà la città uno dei poli più avanzati della ricerca biomedica in Italia e in Europa. Le università, l’Istituto nazionale dei Tumori, l’Istituto Mario Negri sono realtà già consolidate, cresce l’Ospedale San Raffaele, mentre l’Istituto europeo di oncologia di Umberto Veronesi e Giuseppe della Porta muove i primi passi. Nel mondo, intanto, le scienze biomediche sono immerse nello studio delle basi molecolari della vita e delle malattie: sono gli anni dei primi interventi mirati sul codice genetico, della clonazione della pecora Dolly e del dibattito etico che accompagnava i nuovi traguardi scientifici. Fondazione AIRC, che già da un trentennio sostiene la ricerca sul cancro, intuisce che è quella la direzione verso cui guardare. Ed è così che nel 1998 viene fondato IFOM, primo centro di ricerca italiano specializzato nello stuDicembre 2023 / Fondamentale / 19


dio dei meccanismi molecolari alla base della formazione e dello sviluppo dei tumori, che nel 2025 celebrerà i primi 25 anni del suo programma scientifico, avviato nel 2000. In quegli anni Giorgio Scita era un giovane ricercatore, che aveva già maturato esperienze all’estero, prima all’University of California a Berkeley e poi al National Cancer Institute a Bethesda, negli Stati Uniti.

Boehringer Ingelheim e, fin dai lavori di ristrutturazione che danno forma agli spazi, è chiara una delle caratteristiche che lo contraddistingueranno nel futuro: la multidisciplinarietà. “I laboratori erano aperti, non esistevano spazi predefiniti per i ricercatori. Ciascuno di noi lavorava al proprio bancone fianco a fianco con i ricercatori afferenti ad altri gruppi. Tutto ciò ha favorito la cre-

“La possibilità di entrare in un nuovo istituto che partiva completamente da zero mi sembrava un’opportunità straordinaria.” E partecipò fin dalle prime fasi alla costruzione di IFOM. “La possibilità di entrare in un nuovo istituto che partiva completamente da zero mi sembrava un’opportunità straordinaria, molto simile a quelle che si trovavano negli istituti di eccellenza europei” ricorda Scita, che oggi nell’Istituto dirige l’Unità di ricerca meccanismi di migrazione delle cellule tumorali. IFOM nasce in un centro di produzione dismesso dalla farmaceutica 20 / Fondamentale / Dicembre 2023

scita di un ambiente multidisciplinare, lo scambio di punti di vista, la messa a punto di progetti che uscissero dai tradizionali steccati scientifici” dice Scita. In quei mesi si andava formando anche un altro zoccolo duro dell’identità di IFOM: la vocazione a puntare su infrastrutture d’avanguardia, che consentissero ai ricercatori di indagare gli aspetti più di frontiera della scienza. E poi quello che sarebbe diventato il

tratto più distintivo dell’Istituto e la filosofia ispiratrice della sua missione: la volontà di capire il cancro per curarlo. “Questa identità ci è riconosciuta nell’ambiente scientifico: non siamo un ospedale, non siamo un’università, ma siamo un puro istituto di ricerca che risponde alle domande fondamentali sul cancro” dice Scita. “Su queste domande, però, quasi fosse una piramide, si innestano quesiti pieni di potenziale applicativo.” Un’identità forte, la cui cura lo scorso anno è stata affidata ad Alberto Bardelli, chiamato alla direzione scientifica dell’istituto. Piemontese, 55 anni, Bardelli è ricercatore e professore presso l’Università di Torino, dove da anni è impegnato soprattutto nell’applicazione di un approccio di medicina di precisione al tumore del colon-retto, anche attraverso l’uso della cosiddetta biopsia liquida, cioè lo studio delle caratteristiche del tumore tramite l’analisi delle tracce molecolari che la neoplasia disperde nel circolo sanguigno. Bardelli coordina anche un programma speciale 5 per mille AIRC su questo tema. “Sono stato chiamato con l’idea di contribuire a costruire l’IFOM del futuro” ricorda Alberto Bardelli. “La mia proposta è stata subito quella di cambiare il nostro approccio nei riguardi degli studi sul cancro e il modo in cui è organizzata la nostra struttura di ricerca. Ho quindi chie/ IFOM / Prospettive future


sto ai ricercatori group leader quale fosse la domanda scientifica a cui volessero rispondere con il proprio lavoro.” Per esempio, perché l’invecchiamento è il principale fattore di rischio per il cancro? Oppure, in che modo nasce l’instabilità genomica? Questo cambio di punto di vista è stato il primo tassello del Piano strategico Athena, che pone le basi per lo sviluppo delle attività di IFOM per il quinquennio 2023-2027. L’idea è che sulle domande che guidano il lavoro dei gruppi di ricerca si possano innestare sfide più vicine all’applicazione clinica, quelli che Bardelli chiama quesiti traslazionali. Per esempio: “Possiamo colpire il cancro sfruttando il suo metabolismo?”. In tal modo prendono forma i singoli progetti di ricerca che ve8-9.IFOM inaugura_giu03

19-05-2003

15:54

“Quello che vogliamo fare è da un lato preservare il prezioso lavoro che IFOM ha fatto finora, dall’altro guardare al futuro.” dranno IFOM impegnato nell’immediato futuro. Nei prossimi anni sono previsti l’arrivo di nuovi ricercatori, l’apertura a studi su aree di frontiera, come l’intelligenza artificiale, e un rafforzamento dell’attività traslazionale, come sta già avvenendo con programmi come quello di dottorato Physician Scientist, di cui abbiamo parlato nello scorso numero di Fondamentale.

“Questa forte spinta verso un approccio traslazionale non sacrifica la ricerca di base” chiarisce Bardelli “ma offre un’opportunità in più ai ricercatori. Quello che vogliamo fare è da un lato preservare il prezioso lavoro che IFOM ha fatto finora, dall’altro guardare al futuro. Fedeli all’idea con cui l’istituto è nato, vale a dire che capire il cancro è il requisito necessario per raggiungere il traguardo di una cura.”

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Nel 2003 su Fondamentale dedicavamo un lungo approfondimento all’inaugurazione della sede di IFOM a Milano. Nei nuovi laboratori dell’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare vengono studiate metodologie d’avanguardia nella lotta ai tumori.

ATTIVITÀ DELLA FIRC

IFOM

la realizzazione di un sogno di Francesca Noceti

foto LORENZO MARIONI

M

ilano, domenica mattina. Sono passati pochi giorni dall’inaugurazione dell’IFOM, e sto prendendo un caffè in un bar poco lontano dall’Istituto. Una coppia chiede informazioni su un nuovo centro di ricerca di cui ha sentito parlare in TV. «Noi abitiamo in questa zona», dice l’uomo, «e abbiamo saputo che qui vicino è stato inaugurato un istituto sui tumori. Sa dov’è?». «È in via Adamello», risponde il barista, «e si chiama IFOM». Mi offro di accompagnare la coppia per una breve visita, e i due restano letteralmente incantati dalle strutture e dai laboratori. «Domattina», mi dicono alla fine, «faremo per prima cosa una donazione per la ricerca sul cancro». L’IFOM, Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, è stato inaugurato mercoledì 9 aprile. Alla cerimonia, introdotta da Giuseppe Della Porta, sono intervenuti Jacopo Vittorelli,

Un lascito per la Ricerca sul cancro è un lascito per la vita

L’Istituto di ricerca FIRC è oggi una realtà compiuta e totalmente operativa, un centro di eccellenza milanese, italiano ed europeo per l’applicazione delle moderne tecnologie postgenomiche allo studio dei tumori. presidente FIRC, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, il sindaco di Milano Gabriele Albertini, Pietro De Camilli della Yale University School of Medicine, il direttore scientifico IFOM Pier Paolo Di Fiore e il vicepresidente FIRC Umberto Veronesi. Gli ospiti hanno anche visitato i nuovi laboratori, dove presto si trasferiranno tanti ricercatori a infoltire la schiera degli scienziati che

all’IFOM sono già operativi dal 2000, anno di avvio dell’attività scientifica. Trecento ricercatori all’opera Nato nel 1998, il progetto IFOM è partito concretamente nel 1999, con la ristrutturazione di un’area ex-industriale di 11.200 metri quadri. Oggi l’Istituto è una realtà compiuta e operativa, in grado di ospitare 300 ricercatori: i sei edifici del

IFOM è l’Istituto di Oncologia Molecolare della FIRC e può continuare a crescere nella sua attività scientifica d’avanguardia grazie a quanti sostengono concretamente la Fondazione. Un lascito testamentario a favore della FIRC è pertanto una occasione per sostenere la Ricerca e mostrare con i fatti una generosa sensibilità.

/ IFOM / Prospettive future

Centro comprendono 6.200 metri quadri di laboratori, 2.200 metri quadri di uffici e 2.800 metri quadri di spazi adibiti a biblioteca, auditorium, aule per seminari, mensa, foresteria. Al nucleo IFOM, dedicato alle tecnologie postgenomiche, si affiancano gruppi di ricerca provenienti da: Università degli Studi di Milano, Istituto Nazionale Tumori, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Parco Scientifico Biomedico San Raffaele, Istituto Europeo di Oncologia e Università degli Studi di Genova. Costo complessivo: 33,8 milioni di euro. «Questo Istituto», ha detto Jacopo Vittorelli nell’intervento di apertura della cerimonia, «è fonte per noi di molto orgoglio». Vittorelli ha espresso un caloroso ringraziamento a quanti, istituzioni e singoli, hanno contribuito alla realizzazione del progetto. «Al Comune», ha continuato Vittorelli, «perché ci ha facilitato fin dal primo momento e ci ha concesso tutte le autorizzazioni di cui avevamo bisogno; alla Regione, perché è intervenuta con un contributo di cinque milioni di euro, pari alla metà Per saperne di più, è disponibile l’opuscolo “Come fare testamento a favore della vita”: potete richiederlo scrivendo alla Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, via Corridoni 7, 20122 Milano o telefonando allo 02 794707.

circa di quanto necessario per la ristrutturazione edilizia, un contributo importante sia per il suo valore diretto, sia per la fiducia che implicava nel nostro operato». E, naturalmente, a tutti i donatori, la cui generosità «si è trasformata in una “macchina” che produrrà sapienza e conoscenza». Modello esemplare di pubblico e privato L’orgoglio per la nuova impresa FIRC traspariva anche dalle parole di Formigoni: «Stiamo inaugurando un istituto di oncologia molecolare in termini di assoluta eccellenza, sia in Italia, sia in Europa». Formigoni ha sottolineato l’importanza della FIRC come «modello straordinario di coinvolgimento del privato in un’opera di interesse pubblico», un esempio del ruolo chiave delle fondazioni, che agiscono da «cerniera tra società civile e sistema pubblico, tra esigenze nazionali e bisogni locali». Anche Albertini ha espresso emozione «per il grande valore che l’Istituto rivestirà per Milano e perché lo vediamo realizzato dopo averlo tenuto a battesimo nella casa dei milanesi». Pietro De Camilli, che ha portato il sostegno della comunità scientifica internazionale, si è soffermato sul carattere innovativo dell’Istituto. Oggi

che l’oncologia molecolare è a pieno titolo multidisciplinare, ha spiegato il neurobiologo, è necessario creare centri di eccellenza competitivi che aggreghino competenze, sviluppino e applichino metodologie postgenomiche, favoriscano la ritenzione e il rientro dei cervelli e siano dotati di capaci leader scientifici. «Qui all’IFOM», ha concluso De Camilli, «tutte queste condizioni si sono concretizzate». E delle metodologie postgenomiche, che rappresentano la principale area d’intervento dell’IFOM, ha parlato Pier Paolo Di Fiore. La rivoluzione genomica, iniziata con il sequenziamento del genoma umano, ha implicazioni non solo scientifiche, ma anche culturali e pratiche, e l’uso delle tecnologie postgenomiche «comporterà avanzamenti soprattutto in biomedicina, dove impatterà in maniera straordinaria sulla diagnosi,

COS’È IFOM

Alla cerimonia inaugur FIRC, ha espresso a nom un centro di eccellenza

sulla prognosi, sulla in cui trattiamo i pa infine sull’organizzazi nostri sistemi sanitari remo sempre più a gu malato come una com ne unica di un’unica m di un’unica risposta in

IFOM, l’istituto di oncologia molecolare di AIRC, è un centro di ricerca di eccellenza internazionale dedicato allo studio della formazione e A celebrare la nascita del nuovo centro c’erano anche il si Albertini eail presidente della Regione Lom dello sviluppoMilano deiGabriele tumori Roberto Formigoni, qui tra Jacopo Vittorelli e Umberto V livello molecolare, nell’ottica di un rapido trasferimento dei risultati scientifici dal laboratorio alla cura del paziente. Fondato nel 1998 a Milano da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, che da allora ne sostiene lo sviluppo, IFOM oggi può contare su 269 ricercatori di 25 diverse Finanziamo buona parte della ric nazionalità, e si pone l’obiettivo Il 40% del totale di tutti i finanziamenti per la ricerca di conoscere sempre meglio e distribuiti nelle principali istituzioni all’avanguardia nel nostro nel 2002 abbiamo f Grazie anche al tuo sostegno, rendere il cancro per poterlo ben 429 sempre più progetti. curabile.Un risultato importante, ma…

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Rubriche

I TRAGUARDI DEI NOSTRI

RICERCATORI In questo articolo: — PROGRAMMI SPECIALI 5 PER MILLE — LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA — TUMORE DELL’ESOFAGO

a cura della Redazione

miRNA IN CLINICA: LA RICERCA ACCADEMICA CHE CREA E PRODUCE Un progetto targato AIRC ha permesso di seguire ogni passaggio della produzione di un farmaco antitumorale, dalla sua ideazione allo studio di fase 1 su pazienti

“R

agazzi, si può fare! Anche in Italia, in una giovane università della Calabria, si può progettare un farmaco antitumorale e portarlo ai pazienti in uno studio clinico di fase 1. E lo si può fare con la ricerca indipendente” afferma Pierfrancesco Tassone, professore di oncologia medica all’Università Magna Græcia di Catanzaro. “Dietro questo grande risultato c’è soltanto AIRC, con i fondi del programma speciale 5 per mille di oncologia molecolare clinica.” Il programma ha preso forma grazie alla collaborazione tra l’Università e l’Azienda ospedaliera universitaria, oggi Renato Dulbecco, e al supporto di enti internazionali. Soprattutto è stato cruciale l’aiuto del collega Pierosandro Tagliaferri e il lavoro di squadra di giovani medici, ricercatori e infermieri del gruppo di Pierfrancesco Tassone. Per arrivare fin qui, si sono dovuti reinventare, lavorando sia come accademici, sia come industriali: “Di solito la ricerca accademica si ferma alla valutazione pre-

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clinica su modelli di laboratorio, ovvero molto prima della produzione e sperimentazione di un farmaco nei pazienti”. Il programma di ricerca è partito nel 2011 da un’idea: sviluppare una terapia antitumorale correggendo l’attività di alcuni miRNA, piccole molecole che regolano il funzionamento del DNA. Nelle cellule tumorali possono essere prodotti in eccesso o in difetto, favorendo la progressione del cancro. “Siamo partiti da un pugno di miRNA, per poi concentrarci sul miR-221. Dopo diversi esperimenti abbiamo osservato che questo miRNA è prodotto in eccesso in diversi tipi di tumore, e che la sua inibizione aveva un effetto antitumorale sia in animali di laboratorio sia in cellule umane. Volevamo quindi realizzare qualcosa di più concreto: un inibitore di miR-221 da somministrare ai pazienti.” Da questo momento il gruppo di Pierfrancesco Tassone si è dovuto confrontare con l’intricato mondo della produzione e regolamentazione dei farmaci. / Rubriche / I traguardi dei nostri ricercatori


Mentre un’azienda di Francoforte produceva il farmaco e un laboratorio in Francia svolgeva i test di tossico-cinetica, i ricercatori hanno gestito la parte burocratica per l’approvazione della molecola: “Trattandosi di una cura che sarebbe stata somministrata per la prima volta a esseri umani, tutti i processi di controllo, studio e certificazione richiedono di superare una serie rigidissima di fasi di verifica”. E, come sottolinea Pierfrancesco Tassone, “se nelle aziende farmaceutiche ci sono interi reparti dedicati a ogni singola procedura, noi abbiamo dovuto imparare sul campo”. Ciononostante, dopo anni difficili l’inibitore di miR-221 è stato approvato dall’Istituto superiore di sanità e dall’AIFA, i due enti regolatori italiani. Presso l’Azienda ospedaliera universitaria Renato Dulbecco è così iniziato lo studio di fase 1 in un piccolo gruppo di pazienti con diversi tipi di tumori in stadio avanzato, che non rispondevano più alle cure convenzionali. “Per la prima volta a livello internazionale in questo studio abbiamo testato una terapia con inibitori di miRNA in pazienti oncologici, mostrando che l’inibitore di miR-221 ha un adeguato livello di sicurezza e svolge attività biologica

contro il tumore.” La terapia ha quindi superato la prima fase degli studi clinici e i risultati sono stati pubblicati sul Journal of Hematology & Oncology, aprendo una nuova strada di approcci terapeutici. Per il progetto di Pierfrancesco Tassone, però, tutti questi sforzi potrebbero non bastare: “Abbiamo fatto il possibile, ma per andare oltre serviranno importanti investimenti”. Infatti, prima che il farmaco possa entrare nella pratica clinica occorrerà condurre gli studi clinici di fase 2 e 3, che valutano la sicurezza e l’efficacia della terapia in grandi gruppi di pazienti, e sono molto più costosi. Più ancora dei risultati, Pierfrancesco Tassone è soddisfatto di aver realizzato qualcosa che all’inizio sembrava impossibile: “È stato un percorso bellissimo, anche se ha comportato qualche capello bianco in più” dice ridendo. “Per noi è stata una scommessa: volevamo dimostrare ad AIRC di meritare la fiducia dei donatori e che in Italia e al Sud si può produrre un farmaco con le sole forze della ricerca accademica.”

INTERROMPERE L’OROLOGIO DEL TUMORE Le cellule tumorali si trasformano e proliferano a un ritmo un po’ diverso da quello delle altre cellule del nostro organismo, che seguono il cosiddetto orologio circadiano. Il gruppo di ricerca coordinato da Vincenzo Giambra, e sostenuto da AIRC, ha provato a distruggere proprio l’orologio del tumore con l’obiettivo di sviluppare una nuova strategia terapeutica per la leucemia linfoblastica acuta a cellule T (LLA-T). In modelli cellulari e animali di laboratorio, i ricercatori hanno

silenziato CLOCK e BMAL1, i geni responsabili del ritmo delle cellule tumorali, osservando un rallentamento della crescita delle cellule neoplastiche e l’alterazione dell’attività del sistema immunitario. Bloccare i geni CLOCK e BMAL1 nelle cellule di LLA-T porta quindi a interrompere l’orologio del tumore e a contrastare la crescita della malattia. Se questi risultati saranno confermati in gruppi di pazienti, potrebbero portare allo sviluppo di una nuova cura per la LLA-T.

LE RISPOSTE DEL MICROAMBIENTE TUMORALE Grazie al sostegno di AIRC, il gruppo di ricerca diretto da Giuseppina Arbore ha studiato il microambiente tumorale dei pazienti con adenocarcinoma all’esofago per capire meglio perché alcuni di loro rispondano in modo diverso alla chemioterapia neoadiuvante. Infatti, soltanto il 30 per cento dei casi con questo tipo di tumore reagisce in modo completo a questo trattamento che precede l’intervento chirurgico, con maggiori probabilità di sopravvivere a 5 anni dalla diagnosi. I ricercatori hanno così confrontato

/ Rubriche / I traguardi dei nostri ricercatori

i campioni provenienti da 34 pazienti con adenocarcinoma esofageo che avevano risposto in modo completo o nullo alla chemioterapia. Confrontando i dati, hanno rilevato che nei malati con risposta completa il sistema immunitario nel microambiente tumorale era più attivo contro il tumore. Se i risultati saranno confermati, questo tipo di analisi potrebbe aiutare i medici a trattare con le terapie neoadiuvanti solo i pazienti che ne beneficiano di più, somministrando agli altri approcci di cura alternativi.

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Guida alle terapie Radioterapia

RADIOTERAPIA: UN PILASTRO DELLE CURE TROPPO SPESSO TRASCURATO In questo articolo: — PNRR — DIAGNOSTICA PER IMMAGINI — INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Sottovalutata dal pubblico rispetto all’uso di bisturi e medicinali, contribuisce invece spesso al successo degli altri approcci terapeutici, quando addirittura non arriva a sostituirli

a cura di Roberta Villa

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I

nterventi chirurgici strabilianti e farmaci sempre più innovativi si guadagnano spesso i titoli dei giornali, mentre la radioterapia resta in ombra, quasi fosse un approccio alla cura del cancro di serie B. Pochi sanno che è ormai fondamentale in un caso di tumore su due e che ogni anno più di 180.000 nuovi pazienti solo in Italia ricevono questo trattamento, un numero destinato a salire. “La radioterapia gioca un ruolo essenziale anche a supporto degli altri mezzi che abbiamo per curare i tumori” spiega Maria Cristina Messa, professoressa ordinaria di diagnostica per immagini e radioterapia presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca e membro del Consiglio di indirizzo di Fondazione AIRC. “Nei diversi casi, la radioterapia può essere utile da sola o anche prima o dopo un intervento chirurgico o una chemioterapia, per ridurre il volume della massa o eliminare eventuali cellule tumorali residue. In alcuni casi addirittura apre la strada ai farmaci, consentendo loro di penetrare nel / Guida alle terapie / Radioterapia


contreranno una cellula metastatica in un organo distante da quello colpito dal tumore primitivo, la sapranno riconoscere e contrastare meglio.” Eppure, per molto tempo abbiamo associato l’esposizione alle radiazioni a un calo delle difese immunitarie, non a un loro potenziamento. “Questo perché una volta la radioterapia era molto più aggressiva e doveva essere applicata ad aree più vaste” precisa Arcangeli “per cui poteva danneggiare le cellule del sistema immunitario e provocare molti più effetti indesiderati anche ad altri livelli. Oggi il paradigma è completamente cambiato e le radiazioni sono indirizzate con precisione sul solo tumore, risparmiando sempre di più i tessuti circostanti.”

tessuto nervoso centrale attraverso quella che chiamiamo ‘barriera ematoencefalica’.” Anche la più recente immunoterapia può beneficiare della radioterapia, che in alcune situazioni è in grado di potenziarne l’effetto. “Negli ultimi anni si è visto che la radioterapia non agisce solo a livello locale, ma può avere effetti mediati dal sistema immunitario che si estendono a tutto l’organismo” aggiunge Stefano Arcangeli, direttore della Struttura complessa di radioterapia presso l’ospedale San Gerardo di Monza e professore associato presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca. “Il tumore irradiato, infatti, rilascia detriti cellulari che attivano una memoria immunologica. Questa agisce come un potente vaccino: non solo è in grado di attivare l’immunità antitumorale localmente (in-field, cioè nel campo irradiato), ma anche a distanza. Nel momento in cui i linfociti in/ Guida alle terapie / Radioterapia

UN BISTURI A RAGGI X Se in origine la radioterapia aveva sempre una tossicità elevata, oggi è bene sapere che essa rappresenta un trattamento efficace, sicuro, che può essere somministrato in maniera non invasiva in qualunque parte del corpo. Per questo talvolta può rappresentare una buona alternativa all’intervento chirurgico, soprattutto nei pazienti più fragili e anziani che in sala operatoria rischierebbero di più. Eppure questo tipo di trattamento continua a pagare la cattiva fama delle radiazioni ionizzanti di cui fa uso. Tutti ne conoscono i possibili effetti dannosi: di radiazioni si sente parlare in relazione sia agli effetti delle bombe atomiche esplose a Hiroshima e Nagasaki, il cui sviluppo è stato recentemente riportato alla ribalta dal film Oppenheimer di Christopher

invece, non può in alcun caso causare conseguenze simili, perché si tratta di un’applicazione del tutto diversa per dosi e modalità, che ha rappresentato, insieme alla chirurgia, la prima arma nella cura del cancro. SEMPRE PIÙ PRECISA, SEMPRE MENO AGGRESSIVA “Oggi la radioterapia produce molti meno effetti indesiderati di un tempo. Anzi, possiamo dire che, col passare degli anni, la riduzione della tossicità della cura è andata di pari passo con l’aumento della sua efficacia. Questo in parte è dovuto a nuove tecnologie, dette ‘ad alto gradiente’, che ci permettono di concentrare meglio il fascio di radiazioni, risparmiando i tessuti circostanti” spiega Arcangeli. “Ma la maggiore precisione è dovuta soprattutto alla diagnostica per immagini, che ora è molto più accurata di quella di cui si disponeva all’alba dell’oncologia moderna. Oggi TC, PET e risonanza magnetica permettono spesso di individuare il tumore in fase precoce, quando è di dimensioni più piccole, per cui può essere eliminato irradiando un volume di tessuto minore. Inoltre, gli stessi strumenti ci consentono di localizzare in maniera molto precisa i limiti del tumore, così da ridurre al minimo il danno sul tessuto sano circostante. Infine, oggi possiamo utilizzare la diagnostica per immagini anche durante la seduta di radioterapia, per guidare il fascio di radiazioni diretto contro la massa da trattare. Questo è utile soprattutto quando la massa si trova in una sede “mobile”, che cioè potrebbe spostarsi in seguito

La radioterapia è fondamentale in un caso di tumore su due, e ogni anno solo in Italia più di 180.000 nuovi pazienti ricevono questo trattamento. Nolan, sia al timore suscitato dagli incidenti alle centrali di Chernobyl e Fukushima. L’uso delle radiazioni in radioterapia,

a movimenti involontari (respirazione, battito cardiaco o peristalsi intestinale), poiché consentirebbe di ridurre il volume del tessuto da trattare.” Dicembre 2023 / Fondamentale / 25


LA RADIOTERAPIA IN CERTI CASI NON SERVE PIÙ? La scorsa estate ha guadagnato molto risalto nelle cronache il risultato di una ricerca pubblicata sul prestigioso New England Journal of Medicine, secondo cui, nelle donne con tumore al seno localizzato in fase precoce a prognosi favorevole (sottotipo Luminal A), sarebbe possibile evitare la radioterapia dopo l’intervento. Gli esiti della cura, infatti, risulterebbero simili anche somministrando solo il trattamento ormonale nel corso degli anni per ridurre il rischio di recidiva. “Il rapporto tra costi, rischi e benefici alla base di questo lavoro si riferisce però a protocolli in cui le donne, dopo l’intervento al seno, dovevano sottoporsi a 5 settimane di sedute di radioterapia, con il disagio che ne conseguiva” prosegue il radioterapista. “Oggi la prassi è trattare queste pazienti con un ciclo di sole 5 sedute, per cui il disagio del trattamento è molto minore di un tempo. La sfida diventa invece capire quale delle due opzioni, sola radioterapia o sola terapia ormonale, garantisca un miglior rapporto tra efficacia e impatto sulla qualità della vita in questo gruppo selezionato di pazienti. È quello che sta cercando di fare uno studio randomizzato, il trial Europa, coordinato da un centro italiano.”

DISEGUAGLIANZE IN VIA DI RISOLUZIONE I lunghi periodi di trattamento rappresentano un grosso ostacolo soprattutto per le persone che abitano lontano dalle strutture dove viene effettuata la radioterapia. Diversamente dalla chemioterapia, che può essere somministrata ovunque, la radioterapia richiede infatti impianti costosi che fino a qualche anno fa erano distribuiti in maniera molto disomogenea sul territorio nazionale, con il solito gradiente tra Nord e Sud che penalizza sotto molti aspetti le regioni meridionali. “La situazione oggi è molto cambiata” rassicura Maria Cristina Messa, che oltre a essere stata rettrice dell’Università Bicocca ha ricoperto il ruolo di ministra dell’università e della ricerca nel governo Draghi. “Negli ultimi anni sono stati fatti molti investimenti per garantire anche alle aree più svantaggiate le apparecchiature necessarie. A questo sforzo già in atto si sono aggiunti i fondi del PNRR, il 40 per cento dei quali deve andare al Sud, e che hanno già permesso di acquistare macchinari sia per la diagnostica sia per la radioterapia. Da questo punto di vista, quindi, le diseguaglianze si stanno riducendo, ma a mancare sono soprattutto le risorse umane. Da un lato si assiste a una migrazione da Sud verso Nord di professionisti, oltre che di studenti; dall’altro tutto il settore, ovunque, soffre di

carenza di personale. Le scuole di specializzazione in radioterapia e in medicina nucleare risultano poco attrattive per i giovani medici, forse perché considerate meno remunerative di altre. I posti messi a disposizione in questi campi spesso restano vuoti.” IL RUOLO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE Un aiuto in questo senso potrebbe venire dai sistemi di intelligenza artificiale, che già si stanno dimostrando in grado di affiancare il radiologo nella lettura delle immagini per la diagnostica, riducendo il numero di professionisti necessari per svolgere la stessa funzione. “Ciò potrà migliorare la precisione del trattamento che, come sopra ricordato, oggi conta molto sull’ausilio della diagnostica per immagini prima della terapia, durante la seduta e nel suo monitoraggio. L’intelligenza artificiale potrà darci grossi vantaggi anche in termini di medicina personalizzata. Questi sistemi sono in grado di analizzare in tempi brevi un’enorme mole di dati utili a predire come reagiranno alle radiazioni i tessuti tumorali e quelli sani circostanti. Ciò potrà aiutarci quindi ad adattare a ogni soggetto – e addirittura a ogni seduta – le dosi di radiazioni più efficaci e meno tossiche in quella specifica situazione” conclude Arcangeli.

Nel dicembre 1990, sulle pagine di Fondamentale, smentivamo alcuni pregiudizi sulla radioterapia.

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/ Guida alle terapie / Radioterapia


Solidarietà Lasciti testamentari

a cura della Redazione

LA STRAORDINARIA NORMALITÀ DI UN LASCITO SOLIDALE

Antonia è una donatrice di lunga data di AIRC e, dopo aver scelto di sostenere una borsa di studio, ha deciso anche di disporre un lascito. “È un modo per far proseguire il mio impegno nelle cose in cui credo”

“P

erché l’ho fatto? Mi sembra un gesto del tutto normale. O, quanto meno, logico.” Antonia risponde con disarmante semplicità quando le chiediamo perché abbia scelto di disporre un lascito solidale in favore di AIRC e di altre organizzazioni non profit. Si definisce “un’ottuagenaria con una lunga storia di vita e tante esperienze”, è stata per un trentennio professoressa di lettere nella periferia milanese. Dopo la pensione ha rafforzato il suo impegno nel sociale: “Ho seguito una tradizione di famiglia, come prima di me avevano fatto mio padre, mio nonno e il mio bisnonno: 25 anni fa mi sono messa a disposizione dell’Accademia dei Filodrammatici a Milano, una delle più antiche scuole di arte drammatica in Europa, che ha tra le sue caratteristiche l’essere rimasta gratuita dalla fondazione – 225 anni fa – fino ai giorni nostri” racconta. Il rapporto con AIRC è cominciato ancora prima, a fine anni Settanta, quando Antonia ha iniziato a donare con regolarità in favore della ricerca sul cancro. “Mia madre era già donatrice. Non ricordo come sono cominciate le mie donazioni. Però ricordo che a quei tempi il cancro si conosceva poco ed era una malattia che ave-

/ Solidarietà / Lasciti testamentari

va un gran bisogno di essere studiata. AIRC, dal canto suo, mi sembrava un’organizzazione molto affidabile” dice. Più di recente, Antonia ha rafforzato il suo impegno a favore della ricerca scientifica, sostenendo una borsa di studio che ha permesso a una giovane ricercatrice di approfondire i suoi studi sulla leucemia linfatica cronica. “La decisione è nata leggendo la rivista di AIRC, e vedendo l’entusiasmo di questi giovani ricercatori.” Non è però l’unica ragione, confida Antonia: “Un’altra molla che mi ha spinto è stata la perdita, a causa di un tumore al polmone, di una persona a me molto cara. Una persona buona e veramente speciale”. Antonia è convinta sostenitrice del terzo settore: “In una società come quella in cui viviamo, vedere l’operato di queste organizzazioni ti fa respirare” sostiene. Ed è anche per questo che qualche anno fa ha deciso di disporre un lascito in favore di alcune delle cause in cui crede. È una scelta che ha preso in autonomia, ma di cui ha reso partecipi il marito e il figlio. “Sono molto fortunata perché sono circondata da persone che hanno capito la mia decisione, senza mai fare obiezioni, anzi, dimostrandosi sempre di grande supporto”

afferma. “Una scelta che rappresenta un modo di far proseguire, in qualche modo, il mio sostegno alle cose in cui credo” conclude.

VUOI DISPORRE UN LASCITO TESTAMENTARIO A FAVORE DI AIRC? Puoi scegliere, come Antonia, di fare testamento a favore di Fondazione AIRC e intitolarlo alla tua memoria o alla memoria di una persona cara. Per ogni domanda specifica puoi contattare Chiara Cecere. 02 779 73 53 chiara.cecere@airc.it Dicembre 2023 / Fondamentale / 27


Alimentazione Studio EPIC

EPIC, IL PIÙ GRANDE STUDIO EUROPEO SU ALIMENTAZIONE E CANCRO a cura di Riccardo Di Deo

Sono passati vent’anni dalla pubblicazione dei primi risultati di EPIC. Un’esperienza che ancora oggi ha molto da insegnarci, sia sul rapporto tra alimentazione e cancro, sia sui metodi per rendere sempre più efficienti la raccolta e l’analisi dei dati

C

onsumare più frutta e verdura, ridurre il consumo di carne rossa, incrementare l’apporto di fibre e limitare al minimo il consumo di alcolici. Come sappiamo che queste indicazioni contribuiscono a costruire una sana alimentazione e sono utili nella prevenzione di diverse forme di tumori? Parte del patrimonio di queste conoscenze scientifiche la dobbiamo a studi condotti su grandi gruppi di popolazioni, che hanno l’obiettivo di identificare i fattori di rischio per lo sviluppo del cancro, fornendo così una base solida per stilare le raccomandazioni internazionali sulla prevenzione dei tumori. Una delle iniziative più significative che ha aiutato a comprendere il ruolo della dieta e di altri fattori di rischio nella prevenzione del cancro è lo studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), nato agli inizi degli anni Novanta in Europa e che offre ancora oggi preziose informazioni su come mantenersi in salute.

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UNO STUDIO PIONIERISTICO I primi Paesi che iniziarono ad arruolare i partecipanti allo studio EPIC furono Italia, Francia, Spagna e Regno Unito. Tra il 1994 e il 1998, l’EPIC ha esteso la partecipazione agli abitanti di altri sei Stati europei (Grecia, Germania, Olanda, Danimarca, Svezia e Norvegia), per un totale di 10 nazioni, 23 centri e oltre mezzo milione di persone coinvolte, tutte di età compresa tra i 35 e i 70 anni. Il reclutamento, completato nel 1999, ha previsto un’approfondita fase di raccolta di dati sulle abitudini alimentari e sullo stile di vita in generale dei partecipanti, attraverso specifici questionari, l’acquisizione di indicazioni sulla storia clinica, misurazioni antropometriche e prelievi di campioni di sangue. Questa mole di dati ha contribuito a creare una delle più grandi biobanche al mondo per indagini biochimiche e genetiche sul cancro e su altre malattie croniche. / Alimentazione / Studio EPIC


LE PRINCIPALI SCOPERTE IN TRENT’ANNI DI STUDI Le pubblicazioni scientifiche provenienti dai 23 centri di studio di EPIC nel corso di oltre tre decenni hanno portato alla luce importanti scoperte riguardo l’impatto dell’alimentazione sullo sviluppo dei tumori. In particolare, sono stati esplorati sia gli effetti a livello molecolare di singoli alimenti o gruppi di alimenti, sia, soprattutto, della dieta in generale. Tra i dati più significativi, è emerso che il consumo di alimenti come frutta, verdura e pesce, e un elevato apporto di fibre, sono associati a una riduzione del rischio di sviluppare tumori, tra cui il cancro del colon-retto, del seno e dei polmoni. Al contrario, l’assunzione di alcol, carne rossa e carne processata è correlato a un aumento del rischio di sviluppare tumori. Inoltre, è stato dimostrato che il consumo di latticini e l’apporto di calcio nella dieta possono offrire una certa protezione contro il cancro del colon-retto e della prostata. È importante sottolineare che le associazioni tra singoli alimenti e il rischio di cancro possono risultare più complesse da analizzare, poiché influenzate da diversi fattori che possono dare adito a confusione.

In tal senso, sono particolarmente rilevanti i dati che evidenziano come l’aderenza alla dieta mediterranea e l’obesità comportino rispettivamente una riduzione e un aumento significativo del rischio di mortalità per cancro.

Nel 2003 commentavamo su Fondamentale la pubblicazione dei primi risultati dello studio EPIC.

UNO SGUARDO AL FUTURO L’enorme mole di dati ottenuti non è un traguardo, ma l’inizio di un percorso ancora lungo e potenzialmente ricco di scoperte. Per ulteriori futuri studi, si potrebbero per esempio sfruttare le nuove tecnologie per la raccolta e l’analisi dei dati. Una possibilità è quindi quella di monitorare lo stile di vita dei partecipanti usando dispositivi indossabili, app e altre strumentazioni digitali, oppure di incorporare analisi genetiche per comprendere meglio l’interazione tra genetica, stile di vita e sviluppo di patologie. Ampliando gli orizzonti dello studio, si potranno indagare gli effetti delle abitudini alimentari sullo sviluppo di malattie diverse dal cancro, come Parkinson e Alzheimer. Infine, future ricerche potrebbero esplorare l’impatto sulla salute di fattori ambientali come l’inquinamento e i cambiamenti climatici.

TARTUFI DI CIOCCOLATO E RICOTTA AL PROFUMO DI ARANCIA Ingredienti per 15-20 tartufi • 150 grammi di ricotta vaccina • 80 grammi di cioccolato fondente • Cacao in polvere q.b. • 20-30 grammi di zucchero o miele • Scorza di un’arancia • 40 grammi di granella di mandorle (o altra frutta a guscio)

Preparazione 1 Spezzettate grossolanamente il cioccolato e scioglietelo a bagnomaria. 2 Una volta fuso tutto il cioccolato, lasciatelo intiepidire. Nel

frattempo, mettete in una ciotola la ricotta, lo zucchero o il miele e grattate la scorza di un’arancia. Aggiungete il cioccolato fuso e mescolate fino a ottenere un composto omogeneo. 3 Lasciate riposare il composto in frigorifero per circa un’ora così da renderlo più compatto. 4 Formate le palline di tartufo, passatele prima nella granella di mandorle e poi nel cacao in polvere e riponetele in dei pirottini natalizi. Copriteli con della pellicola e lasciateli riposare in frigorifero fino al momento del consumo.

Buon appetito!

/ Alimentazione / Studio EPIC

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Collaborazioni Partner

LA BONTÀ DEL CIOCCOLATO VENCHI SOSTIENE LA RICERCA Ogni anno, in Italia sono circa 1.400 i bambini e i ragazzi di meno di 14 anni colpiti dal cancro. Grazie alla ricerca, le prospettive di sopravvivenza e qualità di vita sono sempre migliori. Quest’anno c’è un nuovo modo per sostenere gli studi sui tumori pediatrici. Infatti, Venchi ha scelto di sostenere la campagna di Natale AIRC devolvendo una percentuale sul ricavato dei prodotti della linea -70% Zuccheri alla nostra Fondazione. Tavolette e cremini, creme spalmabili e lingottini, cioccolato al latte o fondente: tutti i prodotti della linea -70% di Zuccheri usano la fibra di radice di cicoria per ridurre gli zuccheri e, conservando il sapore unico del cioccolato Venchi, possono far parte di un’alimentazione sana, rispettando le dosi giornaliere consigliate. Pensieri buoni per contribuire alla ricerca che si possono acquistare sia nei negozi sia tramite il sito Venchi.

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UN AUGURIO SPECIALE CON STROILI PER COMBATTERE I TUMORI PEDIATRICI Per accompagnare i regali di Natale, i biglietti Stroili sono molto più che un augurio: sono un vero contributo per un Natale più sereno, perché supportano la ricerca per migliorare le terapie e la qualità di vita dei bambini malati di cancro. Infatti, parte del ricavato di ogni biglietto di auguri Stroili venduto sarà destinata ad AIRC. Un piccolo gesto, ma che può dare un contributo rilevante alla ricerca sui tumori pediatrici. Quest’anno, quanto raccolto grazie ai biglietti di auguri di Natale Stroili sosterrà un Investigator Grant AIRC, un progetto di ricerca sul cancro coordinato da un ricercatore affermato. Contribuisci anche tu acquistando un biglietto di auguri di Natale Stroili su stroilioro.com o nelle oltre 350 gioiellerie Stroili in tutta Italia.

PENNY ITALIA E AIRC: INSIEME PER LA PREVENZIONE E LA RICERCA Adottare una dieta varia ed equilibrata, ricca di fibre, a ridotto consumo di sale, grassi e zuccheri, è un passo importantissimo che possiamo fare per una vita più sana. Un pilastro della prevenzione che PENNY Italia ha abbracciato, sviluppando 12 prodotti a marchio Welless in collaborazione con AIRC: un progetto innovativo, che vede per la prima volta una partnership finalizzata al co-sviluppo di prodotti alimentari. Sono piatti pronti, burger di verdure, frollini, zuppe e barrette con basso contenuto di zuccheri e ricche di fibre realizzati seguendo le linee guida per una sana alimentazione. Prodotti che fanno del bene anche perché una parte del ricavato degli alimenti con marchio AIRC sosterrà la ricerca sul cancro. I prodotti si possono acquistare negli oltre 440 punti vendita PENNY presenti sul territorio nazionale da fine ottobre 2023. AIRC e PENNY Italia con questo progetto innovativo promuovono l’importanza di adottare una dieta varia ed equilibrata per una vita più sana, incoraggiando l’adozione di scelte consapevoli nei gesti quotidiani, fin dal momento della spesa.

/ Collaborazioni / Partner


Campagne Nastro Rosa

UN’ITALIA IN ROSA PER ARRIVARE A CURARE TUTTE LE DONNE

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n tutto il mondo il Nastro Rosa è associato alla Breast Cancer Campaign, come simbolo dell’importanza di prevenzione e ricerca nella lotta al tumore al seno. Il Nastro Rosa di AIRC è però diverso dagli altri: è incompleto, a ricordare che l’obiettivo di trovare una cura per tutte le pazienti non è ancora raggiunto. Siamo comunque sempre più vicini alla meta, per questo AIRC continua a raccogliere fondi con la campagna Nastro Rosa di ottobre, per garantire continuità al lavoro dei ricercatori. Nastro Rosa AIRC è stata inaugurata il primo ottobre con l’illuminazione in rosa di centinaia di palazzi comunali o monumenti, grazie al patrocinio di ANCI, l’Associazione nazionale comuni italiani. Un modo di richiamare l’attenzione dei cittadini sull’importanza del sostegno alla ricerca oncologica e della prevenzione. Per mostrare vicinanza alle pazienti e contemporaneamente sostenere il lavoro dei ricercatori, in quasi 3.000 farmacie e in molti altri punti di distribuzione è stato possibile ritirare una spilletta con il nastro rosa di AIRC, consegnata a fronte di una donazione minima di 2 euro grazie a numerosi partner e ai Comitati regionali di Fondazione AIRC. In totale, oltre 222.000 spillette sono state distribuite in tutta Italia. Le aziende partner della campagna hanno contribuito alla raccolta fondi con speciali prodotti in rosa e con iniziative rivolte ai cittadini per promuovere la cultura della prevenzione, online e in centinaia di punti vendita della

/ Campagne / Nastro Rosa

grande distribuzione, profumerie e negozi. Anche quest’anno La7 è stata media partner sui suoi canali televisivi e digitali: giornaliste e conduttrici, insieme ai colleghi, hanno indossato il Nastro Rosa dall’8 al 14 ottobre e invi-

tato il pubblico a donare per rendere il tumore al seno sempre più curabile. Ricercatori, pazienti, aziende, donatori e testimonial hanno così unito le loro forze verso un unico obiettivo: trovare cure efficaci per tutte le donne colpite da tumore al seno.

Il Nastro Rosa di Fondazione AIRC è diverso dagli altri perché è incompleto, a significare che l’obiettivo di trovare una cura per tutte le pazienti non è ancora stato raggiunto.

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