Fondamentale dicembre 2020

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Numero 5 - dicembre 2020 - Anno XLVIII - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479

Numero 5 - dicembre 2020

RIABILITAZIONE

Se il malato è un bambino l’approccio deve essere multidisciplinare

TUMORI PEDIATRICI

Rari ma non abbastanza, una sfida per medici e ricercatori

EUROPA

Una grande Missione senza confini per battere il cancro

Angela Gallo contro il glioblastoma

UN TUMORE IN CERCA DI CURA


SOMMARIO

FONDAMENTALE dicembre 2020

In questo numero: 04 VITA DA RICERCATORE 07 RUBRICHE 08 NOBEL 2020 10 TUMORI PEDIATRICI 12 ESMO 2020 14 NOTIZIE FLASH 16 DIAGNOSI 18 RECENSIONI 19 RIABILITAZIONE 22 MISSIONE CANCRO 24 IFOM 26 INIZIATIVE 27 I NOSTRI DONATORI 28 RACCOLTA FONDI 30 IL MICROSCOPIO

04

Si può amare gli animali e fare ricerca I traguardi dei nostri ricercatori

Il modello animale è necessario per la ricerca sul glioblastoma

Virus, genoma e cancro

Il cancro nei bambini è raro ma non abbastanza La ricerca non si ferma e ha il paziente al centro

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I Nobel agli scopritori del virus dell’epatite C e del CRISPR/Cas9

Dal mondo

Nella diagnosi e nella gestione si guarda oltre le immagini

Una storia d’amore, di tristezza e di speranza La riabilitazione dei giovani è un patrimonio per il futuro L’Europa sfida il cancro nei prossimi sette anni

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Dal metabolismo nuove strategie contro il cancro Wonder Why, la curiosità ti rende vivo Io ho fiducia nella ricerca perché…

Tutta Italia in rosa contro il cancro del seno

La ricerca offre speranze per il futuro

FONDAMENTALE

Anno XLVIII - Numero 5 Dicembre 2020 - AIRC Editore Direzione e redazione Fondazione AIRC Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A. Direttore responsabile Niccolò Contucci

La riabilitazione dei giovani pazienti è essenziale

Wonder Why, il fascino della scienza

CONSULENZA editoriale Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) Coordinamento EDITORIALE Anna Franzetti redazione Anna Franzetti, Simone Del Vecchio Progetto grafico e impaginazione Umberto Galli Testi Alessia Di Chiara, Francesca Favotto, Cristina Ferrario, Daniela Ovadia, Elena Riboldi, Fabio Turone FOTOGRAFIE Simone Durante

Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.


EDITORIALE

Pier Giuseppe Torrani

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Presidente AIRC

Condividere i saperi aiuta a battere il cancro

C

ari amici, nei mesi passati, con la comunità scientifica internazionale che si è trovata di fronte a questo evento sconvolgente che è la pandemia Covid-19, si è tanto parlato (anche su queste pagine) delle iniziative portate avanti dagli esperti per fare rete e scambiarsi informazioni il più rapidamente possibile sulle terapie più efficaci contro il Sars-CoV-2. Una necessità che anche i nostri ricercatori conoscono bene, in particolare quelli impegnati a trovare una cura per i tumori che colpiscono bambini e adolescenti, cui il numero di Fondamentale del mese di dicembre è storicamente dedicato. Questa categoria di malattie infatti, in quanto rare, risultano ancora molto difficili da curare con efficacia, spesso proprio per la scarsità di informazioni sulle loro caratteristiche. Per questo riteniamo davvero lungimirante la decisione della Commissione europea di inserire la richiesta di fare rete tra i requisiti fondamentali di tutte le domande per i fondi della “Missione Cancro”. La condivisione dei saperi, intesa non soltanto come collaborazione tra esperti, ma anche come diffusione di informazioni corrette e forza ispiratrice di un sano amore per la scienza, è un valore in cui AIRC crede da sempre, come dimostrato dalle tantissime attività di divulgazione scientifica in cui siamo impegnati, per esempio il nuovo progetto Wonder Why; iniziative che provano come si possa parlare di scienza con linguaggi nuovi e in contesti diversi, consentendo a sempre più persone di scoprire le meraviglie che il mondo della scienza sa regalare e avvicinarsi così alla ricerca scientifica, in particolare a quella oncologica.

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ATTENTI ALLE TRUFFE

AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando il numero unico per le emergenze 112.

Fondamentale per i tumori pediatrici

Alcuni articoli di questo numero di Fondamentale sono dedicati ai tumori pediatrici e sono riconoscibili grazie al simbolo dell’aquilone.

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VITA DA RICERCATORE Angela Gallo

Si può amare gli animali e fare ricerca Esperta di RNA editing, Angela Gallo sta cercando una cura per il glioblastoma, un tumore cerebrale molto aggressivo che colpisce anche i bambini. E per farlo lavora con i topolini, che sono purtroppo ancora oggi indispensabili per la ricerca oncologica

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a cura di Fabio Turone o ha capito durante gli anni spensierati della prima adolescenza, piena di scorribande selvagge nelle campagne dell’Aversano in mezzo alla natura – circondata da papere e conigli, allodole, caprette, anatroccoli, rane e tartarughe – che l’amore per la ricerca l’avrebbe accompagnata per tutta la vita. “La mia prima scoperta scientifica fu che le lucertole fanno uova che rimbalzano!” racconta Angela Gallo. Una passione che fu poi alimentata da un microscopio giocattolo ricevuto in dono, la sua “chiave per una porta magica”. Quando il gallo che razzolava nelle vicinanze di casa finì in padella “fu un lutto familiare”, condiviso con il papà Armando e la mamma Rita, entrambi professori di liceo classico, lui insegnante di latino e greco, lei di storia e filosofia. “La mia è quindi diventata una famiglia di vegetariani” spiega. Oggi Angela dirige il laboratorio di RNA editing dell’Ospedale pediatri-


In questo articolo: ricerca animale glioblastoma tumori pediatrici

co Bambin Gesù di Roma, e il suo profondo amore per gli animali non si è affievolito, anche se il suo desiderio di contribuire a trovare una cura contro il glioblastoma la costringe a fare una scelta non facile, già affrontata più volte nel corso della vita: “Quando ero all’università, il corso di fisiologia prevedeva che ciascuno studente sacrificasse una ranocchia, per osservare con i propri occhi l’attività elettrica dei muscoli, ma io mi rifiutai” rievoca. “La professoressa mi avvertì con tono severo che il mio rifiuto avrebbe avuto riflessi negativi sul voto finale, ma questo non bastò a smuovermi: i miei genitori mi hanno insegnato a rispettare gli animali e le piante.” Nonostante i “riflessi negativi”, l’esame di fisiologia fu superato brillantemente. Un esame che ha in un certo senso segnato l’inizio di una brillante carriera scientifica all’insegna di un dialogo incessante tra la Angela che ama definirsi “animalista” e la Angela laureata in biologia con una specializzazione in patologia alla facoltà di medicina, consapevole dell’importanza di fare ciò che serve per spostare un po’ più avanti i confini della conoscenza sulle malattie, e in particolare sul cancro.

le di metà degli animali usati per un esperimento: “Io non volevo lavorare con gli animali, ma per fare ricerca sul cancro è ancora necessario farlo, pur limitandone il numero al minimo indispensabile, nel rispetto di questi esseri che con il loro sacrificio ci aiutano a progredire verso cure sempre più efficaci. In questo senso, l’insegnamento di Umberto Veronesi mi è stato di grande ispirazione” spiega. La morte di quei cinque topolini è stata probabilmente causata da un errore nel dosaggio del farmaco sperimentale, e rischierà forse di compromettere la pubblicazione dei risultati di una ricerca sottoposti a una rivista scientifica. “Oggi però ci stiamo fortunatamente avvicinando a una scienza sempre più libera dall’uso animale, grazie per esempio all’intelligenza artificiale, algoritmi matematici sempre più sofisticati e organi miniaturizzati” spiega Gallo. “I risultati vanno replicati e verificati con il massimo impegno, utilizzando anche modi diversi e cercando di confermarne l’esito” specifica la ricercatrice, ben consapevole del fatto che questa esigenza va conciliata con l’imperativo di usare gli animali solo quando non c’è un’alternativa adeguata. La sperimentazione animale comunque è fortemente controllata: per usare animali da laboratorio occorre presentare al Ministero della salute una richiesta di autorizzazione, e aspettare: “Può volerci anche un anno per avere il permesso” spiega. “Ma questo non è compatibile con i tempi della ricerca.” I meccanismi di approvazione nascono per garantire una maggiore attenzione ai diritti e al benessere degli animali, ma il burocratico e spesso irragionevole allungamento dei tempi per le autorizzazioni finisce per fermare, magari a pochi passi dal traguardo, anche chi lavora con competenza e coscienza.

Il glioblastoma colpisce sia gli adulti sia i più piccoli

Gli animali al centro Oggi convive con due gatti trovatelli, Briciola e Sansone, e il cane Totò, “iperattivo, piccolo ed energico”, che ha adottato di recente. Incidente a parte, le giornate di Angela sono scandite dai suoi animali e dalla vita di laboratorio, in cui trascorre tutta la giornata alle prese con le gioie e i dolori della ricerca, che certi giorni hanno inevitabilmente “riflessi negativi” sul suo stato d’animo. Come quella volta, proprio il giorno prima di questa intervista, in cui ha passato la notte insonne cercando di capire cosa avesse causato la morte inspiegabi-

Un tumore pediatrico Il traguardo, nel caso delle ricerche di Angela, consiste in una terapia contro il glioblastoma, un tumore cerebrale molto aggressivo che colpisce prevalentemente persone in età compresa tra i 45 e i 75 anni, ma a volte anche i bambini. Si tratta della forma più maligna di glioma costituito da cellule scarsamente differenziate, quindi molto aggressive, e da solo rappresenta circa il 15 per cento di tutti i tumori cerebrali. Con l’obiettivo di mettere a punto nuovi trattamenti per questo tumore, il laboratorio di RNA editing di An- Angela gela Gallo sta seguendo un Gallo lavoapproccio innovativo basato ra a Roma, appunto sull’uso di molecoall’ospedale di RNA, molecole che nele Bambino gli ultimi anni hanno dimostrato avere molte funzioni Gesù all’interno delle cellule sane e di quelle colpite da tumore. Le ricerche che dal 2019 Angela porta avanti anche grazie a un finanziamento quinquennale di AIRC stanno esplorando una strada che ha intrapreso nei quattro anni trascorsi in Scozia: “Dopo la laurea magistrale in biologia alla Sapienza di Roma, con una tesi sperimentale sui superavvolgimenti del DNA portata avanti per due anni e mezzo, avevo lavorato quattro anni al CNR, al famoso progetto Genoma umano, e volevo fare un dottorato di ricerca” rievoca la ricercatrice campana. Dalle discussioni sulla filosofia della ricerca con il suo mentore Gioacchino Micheli acquisisce il piacere della conoscenza: “Sono molto cresciuta grazie a tutte le domande che mi poneva, per esempio sul perché scegliessi un composto anziché un altro per un certo procedimento, e quali differenze dovevo attendermi se avessi usato quest’ultimo” rievoca. “Oggi si ha la tendenza a utilizzare kit preconfezionati, senza porsi troppe domande.” DICEMBRE 2020 | FONDAMENTALE | 5


VITA DA RICERCATORE

Nei castelli di Scozia Ad Angela le domande piacciono, e ambisce a una carriera nella ricerca, ma in quegli anni i posti per il dottorato di ricerca sono pochi e sono prerogativa delle università. Decide quindi di concorrere per una scuola di specializzazione di tre anni in neurobiologia promossa dal Ministero della ricerca con l’azienda Enichem, e se la aggiudica. Alla conclusione dei tre anni, un periodo di ricerca all’estero è quasi inevitabile. La scelta cade sull’Unità di genetica umana del Medical Research Council di Edimburgo, in Scozia, dove si studia la biologia molecolare e in particolare il cosiddetto RNA editing, ovvero l’insieme delle modificazioni a cui le molecole di RNA vanno naturalmente incontro. Angela è una ragazza molto riservata e timida, e in più sa di avere una conoscenza sommaria dell’inglese, ma parte. “Andai al colloquio sapendo che il mio inglese era scolastico, ma fu sufficiente” ricorda sorridendo. “In Scozia ho acquisito sicurezza, e anche il mio carattere è diventato più espansivo. La responsabile del laboratorio, Mary O‘Connell, spesso veniva appo-

sta il sabato mattina a prendermi al bancone del laboratorio per portarmi a visitare i castelli storici di cui sono appassionata. Mi ha insegnato che si può fare scienza anche quando il cervello riposa.” Il ritorno in Italia, dopo quattro anni, è suggerito dalle imperfette condizioni di salute della mamma, rimasta sola dopo la scomparsa prematura del papà quando Angela era molto giovane. “Feci domanda al Bambin Gesù, e ottenni il posto, sapendo che avrei dovuto superare selezioni dure per ottenere i fondi per sostenere le mie ricerche. La prima volta che presentai una domanda per un finanziamento AIRC, uno Start-Up Grant, la domanda non fu approvata, anche perché avevo una buona idea ma pochissimi dati preliminari. Fu AIRC a chiamarmi, incoraggiandomi a riprovare, e al secondo tentativo riuscii a ottenere un Investigator Grant triennale.”

Un giorno riusciremo a fare scienza senza gli animali

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Collaborazioni internazionali

Da allora ha ottenuto importanti risultati pubblicati su riviste di

Angela Gallo con i suoi collaboratori

prestigio e avviato collaborazioni con gruppi di ricerca in Inghilterra, Francia, Spagna, Israele e Ucraina. Ha poi continuato a pubblicare con i colleghi scozzesi, e rappresenta l’Italia nel gruppo internazionale COST degli “editologi”, gli esperti che studiano modificazioni a carico delle molecole di RNA e il loro impatto su diverse patologie, incluso il cancro. Oltre a tenere lezioni e seminari in varie università italiane ed estere e a lavorare come revisore (occasionalmente chiedendo supplementi di indagine o nuovi esperimenti) per riviste internazionali di assoluto prestigio, come Cancer Cell, Nature, Nature Medicine e Journal of Clinical Investigation, da qualche tempo Angela è stata chiamata a far parte del comitato tecnico-scientifico della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. E, accanto agli studi per contrastare il glioblastoma, porta avanti con costanza lo sforzo per limitare al massimo l’utilizzo di animali, per esempio testando terreni di coltura e anticorpi prodotti con metodi alternativi. “Un giorno, spero non tanto lontano, riusciremo a fare scienza totalmente animalfree e quello, per me, sarà un gran bel giorno” conclude.


I TRAGUARDI DEI NOSTRI

... continua su: airc.it/traguardi-dei-ricercatori

Il peso influisce sulla cura del cancro del seno Il sovrappeso e l’obesità sono elementi da considerare nel decidere il trattamento di un tumore al seno. Uno studio, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology e coordinato da Elia Biganzoli dell’INT di Milano, ha mostrato che le pazienti con un indice di massa corporea superiore a 25 (quindi sovrappeso e obese) avevano esiti peggiori (in termini di sopravvivenza e recidive) quando la terapia prevedeva la somministra-

zione di docetaxel, ma non altri tipi di farmaci. L’ipotesi, da confermare, è che l’efficacia ridotta del docetaxel dipenda dalle caratteristiche del farmaco, che probabilmente viene “intrappolato” nel grasso corporeo. Effetti simili potrebbero verificarsi anche con altri taxani, la classe di farmaci a cui docetaxel appartiene, e in altri tumori.

Alla scoperta della proteina DAB2

proteina, il gruppo di Bronte ha riscontrato come il numero di metastasi sia minore e come le residue metastasi rispondano meglio all’immunoterapia. Un eccesso di DAB2 è associato a una prognosi peggiore, in particolare nei tumori al seno e gastrici. La proteina DAB2 potrebbe quindi essere utilizzata per valutare la progressione del tumore nei pazienti, cioè come marcatore prognostico, ed eventualmente come bersaglio di nuove terapie.

In uno studio pubblicato su Cancer Discovery, un gruppo di ricerca coordinato da Vincenzo Bronte dell’Università di Verona fa luce su DAB2, una proteina ritrovata in quantità superiori al normale in particolari cellule immunitarie che infiltrano i tumori solidi (i macrofagi associati ai tumori o TAM). I TAM con DAB2 aumentata sono localizzati ai bordi del tumore, accanto ai tessuti sani. Inattivando nei topi il gene che codifica per la

Covid-19: lo screening al colon-retto deve continuare I ritardi nello screening del tumore del colonretto potrebbero causare un aumento delle diagnosi di cancro avanzato e persino della mortalità. È molto importante che i programmi di screening, interrotti in Italia e in altri Paesi a causa della pandemia, continuino senza essere più fermati. A suggerirlo è uno studio italiano finanziato da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e pubblicato su Clinical Gastroenterology and Hepatology, nel quale i ricercatori hanno stimato come effettuare lo screening del colon-retto sei mesi dopo quan-

to programmato aumenti la possibilità che il cancro sia diagnosticato a uno stadio avanzato, mentre ritardi di oltre un anno possano aumentare di molto (circa il 12 per cento) la mortalità a cinque anni per questo tumore. Per gli autori è necessario che le strategie contro malattie ad alto impatto, come appunto il cancro del colon-retto, vengano riorganizzate tenendo conto di possibili blocchi e delle misure di distanziamento sociale legate alla pandemia.

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PREMIO NOBEL Medicina e chimica

Virus, genoma e cancro I premi Nobel per la medicina e per la chimica 2020 sono stati assegnati a scienziati impegnati in ambiti di ricerca di grande attualità, i virus e la manipolazione genetica. Le loro scoperte hanno avuto importanti ricadute anche in oncologia

OGGI L’EPATITE C SI CURA

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razie alle scoperte di Alter, Houghton e Rice, sono ora disponibili test molto sensibili per controllare il sangue dei donatori, eliminando così il rischio di epatiti posttrasfusione. Inoltre, le stesse ricerche hanno aperto la strada allo sviluppo di farmaci in grado di curare l’epatite C. Oggi più di 70 milioni di persone in tutto il mondo soffrono della forma cronica della malattia e un numero significativo di quei pazienti rischia di sviluppare un tumore al fegato. L’assemblea del Nobel, rendendo pubblici i nomi dei vincitori, si è espressa in questi termini: “La malattia può ora essere curata e ciò suscita la speranza di eradicare il virus dell’epatite C nella popolazione mondiale”.

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a cura di ELENA RIBOLDI premi Nobel 2020 hanno avuto un occhio di riguardo per l’attualità, premiando ricercatori che hanno scoperto l’origine di una comune malattia virale e hanno reso più facile modificare gli acidi nucleici, le molecole che contengono e veicolano le informazioni genetiche. Il premio Nobel per la medicina è stato infatti assegnato a tre scienziati, Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice, che hanno scoperto e caratterizzato il virus dell’epatite C (HCV), causa di epatiti croniche che possono degenerare in tumore al fegato. Il premio Nobel per la chimica è andato invece a due scienziate, Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna, che hanno ideato e ricreato in laboratorio un meccanismo in grado di apportare modifiche al DNA. La tecnica sviluppata grazie a queste ricerche (CRISPR/Cas9) ha un grosso potenziale: potrebbe essere utilizzata per correggere mutazioni genetiche responsabili di malattie ereditarie e tumori.

L’ABC dell’epatite

3 ma epatocellulare. Negli anni Settanta, Harvey J. Alter, un medico che lavorava presso la banca del sangue dei National Institutes of Health, la principale agenzia di ricerca statunitense, era interessato a scoprire la causa dell’epatite cronica che colpiva molti pazienti sotNelle figure: toposti a trasfusio1 Harvey J. Alter ni. Fino a quel mo2 Charles M. Rice 3 Michael Houghton mento erano sta4 Jennifer A. Doudna ti identificati due virus in grado di 5 Emmanuelle provocare la maCharpentier

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L’epatite è un’infiammazione del fegato provocata da diversi stimoli nocivi, tra cui alcol, tossine e microrganismi patogeni. Se l’epatite non si risolve, ma diventa cronica, può evolvere in cirrosi, e un fegato cirrotico è terreno fertile per lo sviluppo della forma più comune di tumore al fegato, il carcino-

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La scoperta del virus dell’HCV è avvenuta in tre fasi, con la collaborazione di tutti i vincitori


In questo articolo: premi Nobel epatite C CRISPR/Cas9

lattia: il virus dell’epatite A (HAV) e il virus dell’epatite B (HBV). Dato che l’HAV si trasmette attraverso cibi contaminati e causa epatiti acute, Alter ipotizzò che il colpevole delle epatiti

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post-trasfusione fosse l’HBV, che si trasmette attraverso il contatto con sangue o altri fluidi corporei infetti. Alter dimostrò però che solo il 20 per cento dei pazienti sottoposti a trasfusione che avevano sviluppato l’epatite cronica era stato infettato dall’HBV, tutti gli altri avevano un’epatite virale di tipo “non-A e non-B”. Dopo più di un decennio, Michael Houghton, ricercatore presso l’azienda farmaceutica Chiron, riuscì a isolare, nel sangue di uno scimpanzè infettato con quello di un paziente, un frammento del genoma di un virus sconosciuto. Ulteriori studi appurarono che si trattava di un virus a RNA simile ai flavivirus. Restava da dimostrare che fosse proprio lui a provocare l’epatite. Questo obiettivo fu raggiunto da Charles M. Rice, ricercatore della Washington University in St. Louis, che coltivò il virus in laboratorio e provò che, quando veniva iniettato in uno scimpanzè, si replicava, l’infezione persisteva per mesi e gli animali sviluppa-

vano segni clinici di epatite. Il virus fu così inequivocabilmente identificato come quello che causava l’epatite C.

Forbici per il DNA

Tutto al femminile il premio Nobel 2020 per la chimica: è la prima volta nella storia che il prestigioso riconoscimento viene assegnato a due donne. Tra l’altro, a scienziate ancora in piena attività, visto che gli studi per cui sono state premiate sono stati portati a termine meno di dieci anni fa. Emmanuelle Charpentier, ricercatrice presso il Max Planck Institut di Berlino, studiava lo Streptococcus pyogenes, un batterio che provoca molte malattie umane tra cui la scarlattina e la fascite necrotizzante. Dopo avere isolato una molecola sconosciuta, tracrRNA, si è dedicata alla sua caratterizzazione e ha scoperto che si tratta di un componente del primitivo sistema immunitario con cui i batteri distruggono i virus frammentandone il DNA. Questi risultati sono stati pubblicati nel 2011 sull’importante rivista scientifica Nature. Subito dopo, Charpentier ha iniziato a collaborare con Jennifer A. Doudna, esperta di chimica molecolare dell’Università della California a Berkeley. Insieme sono riuscite a ricreare in provetta questo sistema, chiamato CRISPR/Cas9, che funziona come una forbice molecolare. Lo strumento che hanno messo a punto non agisce solo sul DNA virale, ma anche su quello umano, e lo taglia in corrispondenza di un sito scelto dal ricercatore: diventa così possibile apportare modifiche a sequenze specifiche, effettuando una sorta di “taglia e cuci” di frammenti di DNA (in gergo si parla di “genome editing”). Il sistema CRISPR/Cas9, facile, veloce ed economico, è entrato in uso in molti laboratori ed è già ampiamente utilizzato nella ricerca di base. Recentemente è stato persino sperimentato per rileva-

CRISPR/Cas9 è facile da usare, economico ed efficace

re la presenza nei tamponi naso-faringei del coronavirus che causa la Covid-19. La vera sfida è ora utilizzare questa tecnica per correggere sequenze mutate responsabili di malattie genetiche e tumori. Molti gruppi di ricerca hanno avviato questo tipo di progetti, promettenti ma anche delicati. Lo strumento infatti non è ancora sicuro al 100 per cento e potrebbe introdurre modifiche non desiderate e potenzialmente dannose, oppure essere usato per manipolare il DNA umano. In un comunicato stampa dell’Università della California, Doudna ha affermato: “Ciò che è partito come un progetto di ricerca di base mosso dalla curiosità è diventato una strategia rivoluzionaria usata da innumerevoli ricercatori che lavorano per migliorare la condizione umana. Io incoraggio a continuare a sostenere la scienza di base, così come ad avviare un dibattito pubblico sull’etica di utilizzo e sulla regolamentazione della tecnologia CRISPR”.

Per la prima volta sono due donne a salire sul podio della scienza

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TUMORI PEDIATRICI Reti collaborative

Il cancro nei bambini è raro ma non abbastanza I tumori pediatrici colpiscono un numero limitato di pazienti e pertanto appartengono al gruppo delle malattie rare. Gestire la malattia, ma anche fare ricerca su queste patologie, è particolarmente complesso

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a cura di Elena Riboldi sistono più di 60 tipi di tumori diversi che possono colpire bambini e adolescenti, sia tumori del sangue (leucemie e linfomi) sia tumori solidi. Nel corso degli anni numerosi studi hanno permesso di identificare sempre meglio e definire in

modo preciso forme tumorali con caratteristiche biomolecolari differenti. Ogni anno in Italia sono diagnosticati circa 1.500 tumori in bambini da 0 a 14 anni e circa 900 in adolescenti dai 15 ai 18 anni. I pazienti vengono curati nei 50 centri afferenti all’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (AIEOP),

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distribuiti su tutto il territorio nazionale. LAVORARE IN RETE “Sono piccoli numeri per una grande varietà di malattie” sottolinea Franca Fagioli, direttrice della Oncoematologia pediatrica all’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino. I tumori pediatrici ri-

entrano nella categoria dei tumori rari, quelli cioè che registrano meno di sei nuovi casi all’anno ogni 100.000 persone, il che rende molto difficile riconoscerli, studiarli e curarli. L’unica soluzione a questo problema è fare rete. “Possiamo offrire terapie di prima linea omogenee in tutti i centri. In altre parole, un bambino che si ammala di leucemia a Torino, a Padova o a Roma riceve lo stesso protocollo terapeutico. E questo è un primo dato importante. Vista la grande varietà dei tumori è però essenziale essere certi della precisione della diagnosi. Sono stati perciò identificati dei laboratori di riferimento per ogni patologia. Nel momento in cui un bambino arriva nel mio centro qui a Torino con un sospetto di leucemia acuta, vengono prelevati due campioni: uno viene analizzato dal laboratorio dell’ospedale e l’al-


In questo articolo:

COLLABORAZIONI

tumori pediatrici tumori rari reti oncologiche

tro viene inviato al laboratorio di riferimento per le leucemie. I nostri 16 laboratori di riferimento rivedono tutte le diagnosi effettuate in Italia, il che ci permette di iniziare il trattamento terapeutico fiduciosi che sia quello corretto.” Il fatto di lavorare in rete con altri centri nazionali o europei permette di identificare i trattamenti più efficaci, ma anche meno tossici. “Il nostro obiettivo non è solo guarire la malattia ma fare in modo che i nostri bambini e adolescenti rientrino a far parte del tessuto sociale senza disabilità.” Guardare alla guarigione Non è sempre possibile curare il bambino vicino a casa. Non tutti i centri hanno infatti le strutture e le strumentazioni per poter trattare qualsiasi tipo di tumore. Per esempio, la radioterapia protonica può essere effettuata solo a Trento e a Pavia, quindi se il paziente ne ha bisogno deve recarsi in quelle specifiche sedi. “In questi casi le famiglie sono molto aiutate da alcune associazioni di genitori. Il trattamento di un bambino malato di tumore può durare un periodo variabile da uno a due anni, e questo ha un grosso impatto sulla famiglia” dice Fagioli. “Oltre all’aiuto economico e alla possibilità di alloggiare in case di accoglienza, viene fornito anche sostegno alla genitorialità, perché la quotidianità viene completamente stravolta dalla malattia. Noi ci impegniamo ad aiutare i genitori e l’intero nucleo famigliare ad affrontare questo

Le reti europee stravolgimento puntando alla guarigione, perché per fortuna oltre l’80 per cento dei nostri pazienti guarisce.” Il contributo della ricerca Cure efficaci e sicure non possono prescindere dalla ricerca scientifica. Nelle strutture che ospitano i laboratori di riferimento sono state create biobanche in cui parte dei campioni di tessuto usati per la diagnosi è conservata per permettere di studiare quella determinata patologia. “L’AIEOP collabora con AIRC soprattutto nell’ambito dell’analisi biomolecolare dei tumori infantili, in particolare della malattia leucemica” spiega ancora Fagioli. I principali laboratori di riferimento per le leucemie acute hanno infatti in corso studi finanziati da AIRC, tra cui diversi progetti di ricerca dedicati all’immunoterapia. “Per i tumori solidi sono in corso sia ricerche che mirano a identificare bersagli molecolari per nuovi farmaci, sia un progetto condotto in collaborazione tra il nostro ospedale e l’Istituto di Candiolo per la produzione di cellule CAR-T contro i sarcomi.” Le CAR-T sono linfociti T (un tipo di globuli bianchi) del paziente che vengono sottoposti a ingegneria genetica per equipaggiarli con una molecola grazie alla quale riconoscono le cellule tumorali per poi ucciderle. Finora hanno dato ottimi risultati nei tumori ematologici: l’obiettivo è replicare questo successo in quelli solidi, specialmente per aiutare i più piccoli.

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el 2017 sono state create le Reti di riferimento europee (European Reference Network, ERN) per favorire le collaborazioni tra i centri di eccellenza. Le reti di riferimento per i tumori rari sono tre: una per i tumori ematologici dell’adulto, una per i tumori solidi dell’adulto e una per i tumori pediatrici. Sono affiliati all’ERN anche nove centri AIEOP ad alto volume di attività, attrezzati con tutte le strutture che servono a curare specifici tumori. A supporto di queste reti, l’Unione europea ha finanziato la Joint Action contro i tumori rari (JARC), un’iniziativa coordinata dall’Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano, che ha portato a stilare un elenco di raccomandazioni per massimizzare gli sforzi diretti all’avanzamento della qualità delle cure e della ricerca sui tumori rari. I punti critici sono principalmente due, spiega Paolo Casali, direttore del Reparto di oncologia medica dell’INT e coordinatore della JARC: “Queste reti europee devono diventare ‘reti di reti’ nazionali e regionali, che arrivino al territorio e che connettano i centri che fanno ricerca. È poi importante lavorare sulle metodologie. La ricerca clinica richiede grandi numeri, ma i tumori rari non hanno questi numeri, per cui bisogna ideare nuovi modi di agire che permettano di tollerare e gestire un grado di incertezza più alto di quello a cui si è abituati con le patologie più comuni”.

Biobanche nei laboratori per studiare le patologie

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ESMO 2020 Congressi

La ricerca non si ferma e ha il paziente al centro Per la prima volta il congresso della Società europea di oncologia medica si è svolto in modalità virtuale, ma ciò non ha fermato medici e ricercatori, che hanno dato vita a un incontro ricco di importanti novità nella prevenzione e nella cura

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a cura di CRISTINA FERRARIO ortare l’innovazione ai pazienti oncologici” era il tema del congresso 2020 della Società europea di oncologia medica. E mai come quest’anno l’innovazione ha rappresentato un pilastro del congresso, a partire dalla modalità virtuale nella quale si è svolto a causa della pandemia di Covid-19. Niente sessioni “in presenza”, ma un incontro virtuale di medici e ricercatori che, nel weekend scientifico di fine settembre, hanno condiviso e discusso nuovi successi e progressi nella ricerca oncologica. Dalla prevenzione alla diagnosi, dalla chemioterapia all’immunoterapia, passando anche per la chirurgia e la radioterapia, il congresso ha affrontato i “temi caldi” della ricerca e della cura del cancro, mettendo sempre al centro il paziente e la sua qualità di vita. “Gli eventi virtuali possono rendere più ‘democratico’ il mondo delle conferenze, diffondendo le informazioni a un pubblico molto più ampio. E la tecnolo-


In questo articolo: ESMO 2020 epidemiologia immunoterapia

gia sta avendo un ruolo di primo piano: siamo tutti costantemente connessi” ha dichiarato Solange Peters, presidente ESMO. E i numeri le danno ragione: oltre 30.000 iscritti da più di 150 Paesi, 2.137 ricerche presentate e 49.000 ore di contenuti streaming.

L’Europa fa i conti con il cancro

do l’esperta, di tanti fattori sia preventivi (l’adozione di stili di vita salutari e la sempre maggiore adesione ai programmi di screening), sia terapeutici (le nuove terapie) e delle tante azioni di controllo e monitoraggio messe in campo. Le differenze di incidenza e mortalità tra i Paesi europei dipendono anche dalla diversa esposizione a fattori di rischio quali fumo e alimentazione scorretta, ma è soprattutto la diversa struttura della popolazione a influenzare i numeri assoluti: “In Europa la popolazione ha un’età media sempre più alta e noi sappiamo che il cancro colpisce più spesso e in maniera più pesante le persone anziane” ha spiegato Bettio.

Conoscere i numeri del cancro, le tendenze negli anni e le differenze tra i vari Paesi è fondamentale per capire dove indirizzare gli sforzi maggiori di ricerca e cura e per avere le idee più chiare su come investire le risorse disponibili. In questo contesto si colloca il lavoro di analisi presentato nel corso del congresso ESMO 2020 sul “peso del cancro in Europa”, frutto della collaborazione tra il Centro comune di ricerca della Le stime calcolate per il 2020 da BetCommissione europea (Joint Research tio e colleghi, basandosi sulle tendenCenter, JRC) e l’Agenzia internaziona- ze degli ultimi anni, non hanno potule per la ricerca sul cancro (IARC), sulla to non tenere conto di un fattore molbase dei dati forniti dai registri aderenti to importante: la pandemia di Covid-19, che ha avuto un pealla Rete europea % su tutti i nuovi casi di tumore dei registri tumo- INCIDENZA so notevole anche in oncologia. Non a ri (European Net- Seno (nelle donne) 13,3 work of Cancer caso due intere sesRegistries, ENCR). sioni del congresso Colon-retto 12,7 Le stime per il sono state dedicate 12,5 2020 parlano chia- Prostata alle nuove ricerche sull’impatto della ro: nei 27 Paesi Polmone 11,9 pandemia e alla cemembri dell’Unione europea sono rimonia di apertu% su tutti i nuovi previsti 2,7 milio- MORTALITÀ decessi per tumore ra è stato invitato a fare il punto su queni di nuovi casi di Polmone 20,4 tumore (escludensto tema il virologo statunitense Ando quelli della pel- Colon-retto 12,4 thony Fauci. le diversi dal melaI dati presentati noma) e 1,3 milio- Seno (nelle donne) 7,3 ni di decessi cau- Pancreas da gruppi di ricer7,1 sati dal cancro. ca internazionali “In linea generale notiamo che i tas- mostrano che il virus ha modificato la si di incidenza (cioè i nuovi casi) sono pratica clinica oncologica: un sondagstabili o in crescita per molti tumori gio condotto in 54 nazioni ha per eseme in molti Paesi europei, mentre i tas- pio sottolineato come il 55 per cento dei si di mortalità sono spesso in calo” ha centri abbia ridotto volontariamente in detto Manola Bettio, coordinatrice del via preventiva le proprie attività, ma Cancer Information Group al JRC che non mancano casi di interruzioni/camsi è occupata delle stime del cancro biamenti legati alla mancanza di dispoper il 2020 in Europa. Merito, secon- sitivi di protezione individuale (circa 20

Covid e cancro, si tirano le somme

per cento) e di farmaci (circa 10 per cento) o a un sovraccarico del sistema sanitario (20 per cento). Praticamente tutte le modalità di trattamento hanno subito modifiche o interruzioni a causa della pandemia e i medici stessi hanno risentito dell’impatto, con un aumento dello stress fisico e psicologico. “Alcune delle modifiche rese necessarie dalla crisi rappresentano in realtà un potenziale risvolto positivo della pandemia” ha affermato Abdul-Rahman Jazieh, a capo del Dipartimento di oncologia al King Saud bin Abdulaziz Medical City di Riyad in Arabia Saudita. “Pensiamo alle comunicazioni e alle visite virtuali che probabilmente rimarranno attive anche dopo perché convenienti, in alcuni casi selezionati, per il paziente e il sistema sanitario.”

Dall’immunoterapia alle questioni di genere

L’immunoterapia è stata al centro dell’attenzione anche quest’anno. Oltre che nel trattamento del Nelle melanoma e del tumore del tabelle polmone, i due tipi di can- Il peso cro in cui si è cominciato del cancro a usarla con maggiore effi- nell’Unione cacia, l’immunoterapia – Europea da sola o in combinazione a 27 con altri trattamenti – po- Questi i tumori più trebbe a breve diventare lo diagnosticati e i standard per curare nume- maggiori responsarosi altri tumori. Gli studi bili di decessi per presentati hanno acceso i cancro secondo le riflettori anche su un altro stime per il 2020. tema di grande attualità, la differenza tra uomini e donne. “L’importanza del genere sta emergendo con sempre maggior forza in medicina, ma in oncologia siamo ancora agli albori della medicina di genere” ha affermato Anna Dorothea Wagner, dell’Università di Losanna in Svizzera. “Le differenze nel sistema immunitario possono influenzare le risposte all’immunoterapia, e qualsiasi biomarcatore potrebbe essere diverso nei due sessi” ha aggiunto, citando diversi studi presentati a ESMO 2020 su questo argomento. DICEMBRE 2020 | FONDAMENTALE | 13


NOTIZIE FLASH

Dal Mondo Il cervello, rifugio per le cellule leucemiche Un gruppo di ricercatori dell’Universidad Complutense de Madrid in Spagna ha indagato sul perché, nonostante le terapie disponibili, le ricadute nei bambini con leucemia linfoblastica acuta derivata da precursori delle cellule B continuino a verificarsi nel sistema nervoso centrale. Grazie a una serie di esperimenti, i cui risultati sono stati pubblicati su Journal of Pathology, i ricercatori si sono resi conto che le cellule leucemiche possono “rifugiarsi” nella regione del sistema nervoso centrale che produce il liquor, ovvero il liquido trasparente che avvolge e permea il sistema stesso. Qui si viene a creare un ambiente che permette alle cellule di sopravvivere e resistere alla chemioterapia, con la conseguente possibilità di causare recidive del tumore. Questo studio, insieme ad altri simili, potrebbe portare in futuro a progettare nuove strategie terapeutiche per questo cancro comune nei bambini.

I possibili benefici del caffè Il consumo di caffè potrebbe associarsi a una prognosi migliore nel tumore del colon-retto avanzato o metastatico. Lo suggerisce un’analisi effettuata su oltre 1.000 persone trattate per questo tumore e pubblicata su JAMA Oncology. Rispetto a chi non consumava caffè, i pazienti che ne bevevano due o tre tazze al giorno avevano un rischio minore di progressione del cancro e di morte. I vantaggi erano maggiori se il numero di tazze aumentava (più di quattro) e l’associazione è stata osservata sia con il caffè classico sia con quello decaffeinato. I risultati sono in linea con ricerche precedenti, ma per la prima volta si osserva un legame tra il consumo di caffè e la sopravvivenza nel cancro colorettale avanzato o metastatico. È importante però notare che questo specifico tipo di studio dimostra solo l’associazione, ma non che i benefici dipendano direttamente dal caffè. Serviranno quindi nuovi studi per comprendere i meccanismi biologici alla base di questo effetto.

Più ossigeno al tumore, meno metastasi

L’ipossia, ovvero la carenza di ossigeno, del tumore potrebbe essere correlata alla formazione di metastasi. Sulla base dei risultati di uno studio pubblicato su Cell Report gli autori suggeriscono che la mancanza di ossigeno nel tumore, tipica delle zone con meno vasi sanguigni, porti alla formazione di gruppi di cellule tumorali circolanti (CTC) con un’alta capacità di formare metastasi. Inoltre, somministrando ai topi su cui è stato condotto l’esperimento un trattamento che stimolava la formazione di vasi sanguigni, e quindi aumentando l’apporto di ossigeno, i gruppi di CTC diminuivano, così come il numero di metastasi, anche se ciò causava la crescita del tumore primario. “L’ipotesi è che terapie capaci di aumentare l’ossigeno all’interno del tumore, da sole o in combinazione con agenti antitumorali, possano fornire una nuova arma per limitare la diffusione metastatica del cancro nelle pazienti con tumore al seno” concludono gli autori.

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Livelli di androgeni legati ai tumori del colon Uno studio pubblicato su Stem Cell Reports mostra l’esistenza di un legame tra il cancro colorettale e gli ormoni maschili, i cui livelli sono ovviamente maggiori negli uomini rispetto alle donne. Sono questi ormoni, infatti, a regolare la proliferazione, ovvero la moltiplicazione, delle cellule staminali intestinali, normalmente necessarie al mantenimento e alla rigenerazione dei tessuti, ma anche potenziale serbatoio di cellule tumorali. Con esperimenti eseguiti su topi, i ricercatori hanno scoperto alcuni meccanismi complessi che potrebbero portare alla formazione di tumori. I risultati offrono così una possibile spiegazione del perché l’incidenza di cancro colorettale sia più alta proprio nei maschi.

Un test rapido per Tingersi i capelli il cancro dell’ovaio non sembra fare male Un gruppo di ricerca finlandese ha sviluppato (e pubblicato sulla rivista Nature) un test rapido e sensibile per diagnosticare un carcinoma ovarico esaminando un campione di sangue della paziente. Il test ha dimostrato una sensibilità (capacità di individuare i soggetti malati) più alta di 4,5 volte rispetto all’esame convenzionale per la ricerca dell’antigene tumorale 125 (CA125). Alti valori di CA125 sono usati per monitorare il carcinoma epiteliale dell’ovaio già diagnosticato, ma non permettono una diagnosi precisa all’esordio della malattia poiché si osservano anche in altre condizioni ginecologiche benigne. I ricercatori hanno sviluppato un sistema in grado di rilevare una particolare forma di CA125 caratterizzata da una modificazione del suo legame con gli zuccheri, presente nelle cellule tumorali e non in quelle normali. Per gli autori, un approccio simile potrebbe essere utile anche in altri tipi di cancro: lo scopo è sviluppare test rapidi per facilitare l’eventuale passaggio a ulteriori esami o trattamenti.

L’uso di tinture per capelli sembra non influire sul rischio di ammalarsi di cancro e neppure sulla mortalità legata al cancro. A rassicurare su questo argomento alquanto dibattuto è uno studio pubblicato su British Medical Journal. Le ricerche a oggi disponibili non sono conclusive e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro indica l’esposizione professionale (parrucchieri) alle tinture per capelli come probabile cancerogeno e l’uso personale come non classificabile. Nel nuovo studio, i ricercatori non hanno riscontrato nelle donne coinvolte (oltre 117.000 infermiere negli Stati Uniti seguite per 36 anni) un’associazione tra l’uso di tinture permanenti per capelli e un aumento del rischio di sviluppare un cancro, seppur con qualche eccezione. Il maggior rischio osservato per alcuni tumori (carcinoma a cellule basali, carcinoma ovarico e alcuni tipi di tumore mammario) richiederà ulteriori studi.

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DIAGNOSI Test ed esami

Nella diagnosi e nella gestione si guarda oltre le immagini I fluidi biologici come sangue e urine rappresentano fonti preziose di informazioni sulla malattia, sia per la diagnosi sia per il trattamento, ma bisogna sapere cosa cercare e come leggere i risultati

a cura di Cristina Ferrario adiografie, mammografie, PET e risonanze magnetiche. Non c’è dubbio che il cosiddetto “imaging”, ovvero l’utilizzo di immagini, svolga un ruolo di primo piano in oncologia per diagnosticare la malattia, comprenderne l’estensione e valutare i risultati dei trattamenti. Ma per arrivare alla diagnosi e gestire le terapie, medici e ricercatori hanno a disposizione anche altre fonti di informazione: i fluidi biologici, incluso, ma non solo, il sangue. Livelli anomali di alcuni parametri o la presenza di marcatori, ovvero di molecole tumorespecifiche, possono in qualche modo allertare sulla presenza di un tumore. Le analisi dei fluidi biologici sono un campo in rapida espansione, in cui la ricerca sta facendo progressi continui, come conferma Massimo Di Maio, direttore dell’Oncologia medica dell’Ospedale Mauriziano di Torino: “Tra qualche anno tanti marcatori che ora sono utilizzati solo a livello sperimentale potrebbero entrare a far parte della pratica clinica quotidiana in oncologia”.

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Il sangue ci parla Per quanto possa sembrare un esame banale, il prelievo di un campione di sangue e la sua successiva analisi sono STRUMENTI

Largo ai “nasi elettronici”

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engono spesso definiti e-nose (dall’inglese electronic nose) e sono speciali strumenti che permettono di analizzare il respiro, o meglio le molecole organiche volatili (VOC) presenti nel respiro. Numerosi studi hanno dimostrato la potenziale utilità di questi nasi elettronici nell’identificare la presenza di un tumore proprio sulla 16 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2020

molto utili per aiutare il medico a diagnosticare un tumore con maggiore facilità e precisione. Di certo le informazioni che si possono ricavare dal sangue possono dare un’idea di cosa sta succedendo all’interno dell’organismo e aiutano a controllare, per esempio, il funzionamento di un organo colpito dal cancro. Certo bisogna sapere cosa cercare e come leggere le informazioni che emergono dall’esame. Una conta delle cellule ematiche (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) è importante per la diagnosi dei tumori del sangue come per esempio le leucemie; un’analisi delle proteine (elettroforesi) può far scoprire anomalie in alcune molecole del sistema immunitario (le immunoglobuline) a volte presenti a livelli elevati in persone con mieloma multiplo. Oltre a queste, molte altre molecole possono rappresentare indizi della presenza di un tumore, in particolare i cosiddetti marcatori tumorali. “Fino a qualche decennio fa, con il termine marcatori tumorali si indicavano specifiche proteine prodotte quasi esclusivamente (ma non solo) in presenza di un tumore” spiega Di Maio, ricordando però che solo raramente queste molecole portano a una diagnosi certa di malattia. Ce ne sono diverse: alcune più specifiche per un determinato tumore (come il CA125 per il tumore ovarico), al-

base del tipo e della quantità di VOC presenti nel respiro di chi si sottopone al test. Ultimo, ma solo in ordine di tempo, un naso capace di fiutare il tumore ovarico descritto sulla rivista Cancers da un gruppo di ricercatori guidati da Francesco Raspagliesi, dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. “Questi strumenti sarebbero davvero utili per arrivare in modo non invasivo a una diagnosi, ma al momento non sono pronti per entrare nella pratica clinica” dice Di Maio.


In questo articolo: test diagnostici biomarcatori biopsia liquida

tre invece comunemente presenti in modo anomalo in diversi tumori (il CA19-9 per tumori di pancreas, colon-retto, polmone e altri ancora). Marcatori vecchi e nuovi I “vecchi” marcatori hanno un ruolo oggi piuttosto marginale nella diagnosi oncologica, soprattutto perché livelli elevati di queste molecole sono comuni a molte altre condizioni. Si pensi per esempio al PSA, l’antigene prostatico specifico, i cui livelli possono aumentare anche in presenza di infiammazioni della prostata. Questi marcatori sono utili in fasi successive del percorso terapeutico, per esempio per comprendere se un trattamento sta funzionando oppure no. Un classico esempio è il CA-125: in donne con tumore ovarico, se il suo livello si abbassa nel corso del trattamento rispetto al valore iniziale, significa che la terapia sta funzionando. Ai marcatori tradizionali misurabili a livello del sangue se ne affiancano oggi altri che vengono definiti più propriamente biomarcatori. Sono caratteristiche molecolari specifiche presenti in alcuni tipi di tumore e che possono essere visualizzate analizzando il DNA tumorale, sia partendo dal tessuto del tumore, sia partendo dal sangue e analizzando il cosiddetto DNA tumorale circolante (ctDNA). “Le cellule tumorali rilasciano nel sangue piccoli frammenti del proprio DNA” spiega Di Maio, ricordando come questi

frammenti siano oggi alla base di alcune tecniche di biopsia. “La presenza dei biomarcatori molecolari permette di utilizzare in modo più mirato i farmaci intelligenti di cui oggi disponiamo” aggiunge. La biopsia cambia volto L’identificazione del ctDNA (e in realtà anche di altre molecole come i microRNA o gli esosomi) ha permesso di mettere a punto la tecnica della biopsia liquida, che consiste nell’identificare la presenza di biomarcatori partendo da un prelievo di sangue. “Senza dubbio un vantaggio per il paziente, dal momento che è molto meno invasiva di quella tradizionale” precisa Di Maio. Oggi questo esame non è ancora di routine, ma le premesse per una sua sempre maggiore diffusione non mancano. Come si legge nelle raccomandazioni della Società italiana di oncologia medica (AIOM), questa tecnica viene utilizzata soprattutto per valutare lo status del recettore per il fattore di crescita dell’epidermide (EGFR) in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule in stadio avanzato, ma dovrebbe essere presto possibile valutare anche il carico di mutazioni di un tumore o l’instabilità del DNA, tutte informazioni che permetteranno di curare meglio il singolo paziente. “La biopsia liquida al momento non può sostituire del tutto quella tradizionale” spiega Di Maio. Infatti, nei casi in cui la biopsia liquida risulta positiva, ovvero mette in luce la presenza di un determina-

Anche dagli scarti possiamo ottenere informazioni

to biomarcatore, si può essere certi che questo sia davvero presente nel tumore, ma non è vero il contrario. Infatti “se la biopsia liquida è negativa, prima di affermare che il tumore non presenta quel marcatore occorre analizzare il tessuto tumorale con la biopsia classica” dice l’oncologo. Materiali di scarto Persino le feci – considerate materiale di scarto per eccellenza – possono dare indicazioni sulla presenza di un tumore, in particolare quello del colon-retto. L’esame del sangue occulto nelle feci rappresenta infatti un primo importante strumento per capire se tutto funziona bene a livello di questa parte dell’organismo. Si tratta di un esame molto semplice, per nulla invasivo, che consiste nel raccogliere piccoli campioni di feci che verranno poi analizzati in laboratorio. La presenza di sangue all’interno del campione, anche in dosi minime e non visibili a occhio

nudo, è un campanello d’allarme che il medico valuterà con attenzione per decidere come procedere. L’esame fa parte del programma di screening oncologico gratuito proposto dalle regioni ogni due anni per i cittadini di età compresa tra 50 e 70 anni (limite che in alcune regioni si estende a 74). Oltre che dalle feci, gli oncologi possono raccogliere indizi sui tumori anche da un esame delle urine. Il tumore più semplice da scovare attraverso questo metodo è, a rigor di logica, quello della vescica, l’organo nel quale l’urina si raccoglie prima di essere espulsa. Cellule della vescica sono normalmente presenti nelle urine e con un’analisi del DNA è possibile verificare se queste cellule sono tumorali. Alcuni test, sebbene ancora in fase di studio, sembrano promettenti per diagnosticare attraverso le urine anche la presenza di altri tumori come quello del rene, degli ureteri, della prostata e persino della cervice uterina.

SONDAGGI

A che punto siamo in clinica?

L

a ricerca di marcatori molecolari nel sangue, per esempio il DNA tumorale circolante (ctDNA), sta assumendo un’importanza sempre maggiore in oncologia. Ma quanto è davvero diffusa nella pratica quotidiana? Un sondaggio italo-francese concluso a gennaio 2020 e presentato anche al congresso 2020 della Società europea di oncologia medica (ESMO) dimostra che tra 307 medici che si occupano di tumore del colon-retto, solo la metà utilizzava questa tecnica nella routine clinica. “Strategie terapeutiche basate sul ctDNA sono un’aspettativa per il futuro, ma al momento resta da definire come utilizzarle nella pratica di tutti i giorni” concludono gli autori guidati da Debora Basile, dell’Università di Udine e dell’Università di Parigi.

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RECENSIONI Un altro giorno insieme

Una storia d’amore, di tristezza e di speranza Matteo Losa aveva un sogno: quello di pubblicare un romanzo. Lo trovate in libreria, pieno di vita, a partire dalla copertina arancione fluo. La sua compagna di vita, giornalista e collaboratrice di Vanity Fair, racconta come è nato e perché

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a cura di Francesca Favotto atteo Losa sognava. Sognava forte, in grande. Ma non a occhi chiusi, a occhi aperti, la dote dei coraggiosi. Matteo era un ragazzo di 37 anni, malato di cancro da 14, ma non era per questo che lo notavi. Io sono stata la sua compagna per 18 anni. Ne parlo al passato perché Matteo ha lasciato questa Terra lo scorso agosto. Ma non ha lasciato un terreno arido, bensì un campo fertile di frutti buoni.

Scrittore non per caso

Matteo sognava di fare il calciatore professionista, ma la malattia gli

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ha fatto lo sgambetto, spezzandogli le gambe con cui poter correre. Allora ha “ripiegato” sul secondo sogno di una vita: quello di diventare uno scrittore professionista. “Professionista perché lo voglio fare di mestiere, non pubblicare un libro per caso” diceva sempre durante le sue interviste. Così è stato: il primo libro è uscito a novembre 2017, Piccole fiabe per grandi guerrieri, edito da Mondadori, una raccolta di nove fiabe originali, scritte come quelle che ci leggevano da piccini. Nel mentre, lavorava al suo sogno più grande: quello di scrivere un romanzo. A inizio 2019 Mondadori punta di nuovo su di lui e glielo commissiona: lui, nell’anno più brutto e duro della sua vita – tra chemio, TAC, Covid-19, vomito – riesce a buttar giù un tomo di 400 pagine, denso di vita e di speranza. Il libro che trovate ora in tutte le librerie: Un altro giorno insieme, ribattezzato il “libro arancione”, per via della copertina fluo e piena di energia, proprio come era lui. Un libro che parla di un amore

sbocciato in un campo minato, dove il cancro è presente, ma incredibilmente non riesce a soffocare il sentimento tra J e Barbie, i due protagonisti. Due adolescenti, che però ragionano e si comportano come due adulti, perché adulta e saggia è la mente che li ha partoriti. J non è Matteo, ma Matteo è in ogni riga e pensiero messo per iscritto. Matteo, che il cancro lo conosceva bene, è riuscito a scrivere un libro in cui, leggendolo, non ti viene voglia di maledire il mondo per la disgrazia che ti è capitata, ma anzi di ringraziarlo per averti insegnato a guardarlo con occhi nuovi. “È stato uno sforzo incredibile non mollare e portare a termine il mio lavoro” ha scritto Matteo in uno dei suoi ultimi post su Facebook. “In poche parole, è stato da folli. Ma forse questo sono in realtà, un folle, perché anche nei periodi più bui, dove non avevo nemmeno le forze di tenere in mano una penna, figurarsi mettermi alla tastiera, non ho mai pensato una sola volta ad abortire questo progetto. Perché se devo andare a fondo, lascerò qualcosa di magico a galleggiare per gli oceani racchiuso in una bottiglia.” Ci ha lasciato questo libro arancione, il suo sogno di una vita. “Se credete in me, credete anche in lui perché contiene la parte migliore di me” ha aggiunto. Il fascinoso Nick Hurley in Flashdance diceva che chi rinuncia ai propri sogni è costretto a morire. Matteo sognava. Sognava forte, sognava in grande. Ecco perché non morirà mai. Titolo: Un altro giorno insieme Autore: Matteo Losa Editore: Mondadori, 2020 384 pagine, 18 euro


RIABILITAZIONE Pazienti pediatrici

La riabilitazione dei giovani è un patrimonio per il futuro Anche se mancano studi sufficienti sui risultati che si possono ottenere con la riabilitazione oncologica pediatrica (e soprattutto sul modo migliore di farla), sappiamo che interventi di questo tipo sono importanti per il futuro dei tanti bambini e ragazzi guariti

FISIOTERAPIA

Le cure in pratica

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er favorire l’adesione dei pazienti più giovani al programma di esercizi riabilitativi bisogna coinvolgere i genitori e i fratelli. Le attività proposte devono puntare molto sul gioco, ovviamente in relazione all’età. Alla riabilitazione fisica andrebbe aggiunta anche l’attività di educazione e counseling (per esempio con l’aiuto di esperti di psiconcologia). In caso di tumori ossei, il trattamento postoperatorio prevede: esercizi per le articolazioni e la forza muscolare; esercizi di controllo motorio e di equilibrio o rinforzo dei muscoli vicini alla zona operata e dell’arto controlaterale; esercizi per portare avanti le normali attività della vita quotidiana. In caso di leucemie e tumori ematologici, l’attività motoria comprende: esercizi aerobici; stretching; rinforzo muscolare; equilibrio e coordinazione.

E

a cura di DANIELA OVADIA uscito alla fine del 2019, poco prima che la pandemia rendesse la sua attuazione ancora più complicata di prima, un documento che intende fare il punto sulla riabilitazione nella cura dei pazienti con tumori pediatrici. A produrlo, dopo una serie di incontri dedicati, è stato uno specifico gruppo di lavoro dell’AIEOP (Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica) che ha riunito gli esperti dei maggiori centri riabilitativi italiani impegnati a fare in modo che i piccoli pazienti possano non solo guarire, ma anche evitare effetti negativi per la salute e la qualità di vita future. I tumori in età pediatrica sono relativamente rari ma co-

munque rappresentano in Italia la prima causa di morte nei bambini sopra l’anno di età: si calcola che annualmente si ammalino circa 1400 bambini e circa 800 adolescenti. I tassi di sopravvivenza a 5 anni, pur con differenze importanti a seconda che si considerino i dati relativi alle leucemie, ai tumori solidi o ai tumori del sistema nervoso centrale, sono aumentati (fino a circa l’82 per cento) solo in anni recenti, e per questo gli studi che si occupano di riabilitazione oncologica pediatrica sono ancora limitati. Con la scoperta di cure più efficaci è arrivata anche la necessità di riparare i danni collaterali legati alla chirurgia e alle altre terapie o, quando possibile, di prevenirli. Per questa ragione – e anche perché i disturbi da trattare

Otto su dieci guariscono dal tumore

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RIABILITAZIONE Pazienti pediatrici

possono essere estremamente diversi e interessare sia la sfera fisica sia quella cognitiva – anche la letteratura scientifica non è in grado di fornire prove solide di efficacia dei diversi interventi riabilitativi. “Abbiamo usato un approccio molto pratico” spiega Franca Fagioli, direttore dell’Oncoematologia pediatrica del presidio infantile Regina Margherita di Torino, membro del comitato scientifico che ha supervisionato la stesura del documento. “Abbiamo scelto di porci nove domande e, laddove la letteratura scientifica non ci forniva indicazioni sufficienti, utilizzare la metodologia della conferenza di consenso, ovvero chiedere il parere degli esperti, cioè di coloro che trattano questi pazienti tutti i giorni. Le raccomandazioni emerse da questo confronto sono state discusse e votate dai membri di una vera e propria giuria, quindi riassunte nel documento che speriamo serva a rendere più omogeneo in tutta Italia, e anche più efficace, il percorso di riabilitazione dei gio-

vani pazienti. Poiché si tratta di un campo molto vasto, alla fine ci siamo concentrati su tre ambiti specifici: la riabilitazione dei pazienti affetti da tumori ematologici (in particolare le leucemie), di quelli affetti da tumori ossei e di quelli che si ammalano di tumori del sistema nervoso centrale.” Le domande che gli esperti si sono posti sono riassunte nel riquadro in questa pagina. Alla prima domanda (come devono essere presi in carico questi pazienti) è ar-

rivata una risposta univoca: l’approccio deve essere il più possibile multidisciplinare e includere i medici specialisti, l’infermiere, il fisioterapista, lo psicologo e l’assistente sociale, oltre a tutte le figure professionali che possono essere utili al-

le esigenze del bambino. Il gruppo dovrebbe essere coordinato da un responsabile del caso clinico (clinical manager), che può variare a seconda del tipo di tumore e della fase di trattamento. Infine è importante considerare che nei bambini le funzioni affettive, cognitive e motorie sono strettamente legate: un danno a una delle tre componenti influenza inevitabilmente anche le altre. Fisioterapisti e terapisti della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (i cosid-


In questo articolo:

fisioterapia riabilitazione cognitiva oncologia pediatrica

detti TNPEE) sono essenziali per un buon risultato. Generalmente il fisioterapista si occupa della riabilitazione neurologica e ortopedica (spesso mediata attraverso il gioco), mentre il TNPEE si focalizza sulla sfera cognitiva e sull’integrazione armoniosa tra le capacità motorie e quelle che, in linguaggio comune, potremmo definire mentali. Per poter far fronte alle complessità che la riabilitazione di questi pazienti presenta, il TNPEE dovrebbe però avere capacità specifiche (ovvero essere formato per curare proprio questi pazienti particolari). A valutare i bambini e gli adolescenti dovrebbe essere un operatore della riabilitazione (medico o fisioterapista), ovviamente in collaborazione con l’oncologo che li ha in cura.

preoperatoria, con lo scopo di conservare il miglior livello possibile di forza muscolare, autonomia e mobilità. Nei pazienti con tumori del sistema nervoso centrale le valutazioni riabilitative vanno effettuate ogni sei mesi in età prescolare e ogni anno in età scolare, perché gli effetti delle cure possono variare nel tempo; nei pazienti colpiti da tumori ematologici vanno effettuate in tutte le fasi della cura. Le terapie, infatti, possono compromettere sia la sfera motoria sia le funzioni cognitive a breve ma anche a lungo termine. Il documento dell’AIEOP suggerisce anche visite da effettuarsi nella delicata fase del fine vita, quando non ci sono più cure efficaci da proporre. Anche in quel caso c’è spazio per la riabilitazione, che può aiutare a controllare il dolore e migliorare la qualità del tempo rimasto.

La riabilitazione deve essere personalizzata

Quando valutare La prima valutazione per pianificare le attività di riabilitazione dovrebbe essere eseguita quanto prima possibile dopo la diagnosi, ma successive visite andrebbero effettuate periodicamente in base ai bisogni del bambino, alle condizioni cliniche e alle fasi del percorso di cura. Una valutazione riabilitativa postchirurgica è fondamentale in tutti i pazienti pediatrici affetti da tumore e sottoposti a intervento chirurgico, in modo da verificare gli esiti dell’asportazione dei tessuti malati. Nei pazienti con tumore osseo, è importante pianificare un vero e proprio allenamento preparatorio nella fase

Obiettivi e tempi Nei bambini e adolescenti con tumori cerebrali i bisogni riabilitativi possono essere molto specifici e cambiare nel tempo. Per questo gli esperti raccomandano di stabilire modalità e frequenza delle cure riabilitative sulla base di un progetto personale, in cui siano anche chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Purtroppo i tumori del sistema nervoso centrale lasciano spesso danni cognitivi che vanno affrontati, per quanto possibile, al fine di permettere il reinserimento scolastico e guidare, eventualmente, anche gli insegnanti di sostegno.

Nel caso dei tumori ossei, invece, compatibilmente con le condizioni di salute generale del paziente, la riabilitazione dovrebbe cominciare il prima possibile, per migliorare lo stato fisico e motorio e facilitare, quando ci sono state amputazioni, l’utilizzo di protesi. L’obiettivo è cercare di garantire la massima autonomia possibile. Nei più giovani che si sottopongono a trapianto di midollo, la riabilitazione può essere molto utile per prevenire o ridurre gli effetti dell’isolamento e dell’immobilità (tra i quali, per esempio, la stanchezza da cancro o fatigue) e le compli-

canze del trapianto. “I servizi di riabilitazione sono richiesti sia in acuto, prima o dopo la chirurgia, sia per i soggetti dimessi o ricoverati in un centro specialistico o vicino a casa. Il trattamento andrebbe proseguito a domicilio” affermano in conclusione gli esperti di AIEOP, mettendo il dito nella piaga: la presenza di centri specialistici e servizi è molto disomogenea sul territorio nazionale e la speranza è che documenti come questo, che vogliono fare ordine e dare indicazioni precise, aiutino anche i gestori della sanità pubblica a organizzare meglio un servizio indispensabile.

CHECK LIST

Le domande che si fanno gli esperti

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Come vanno presi in carico dal punto di vista riabilitativo i pazienti in età evolutiva con diagnosi di tumore? Qual è il ruolo che il fisioterapista deve assumere nella strategia riabilitativa? Quali bambini/adolescenti affetti da tumore devono essere valutati per essere avviati alla riabilitazione? Chi deve fare la valutazione riabilitativa dei bambini/adolescenti affetti da tumore? Quando devono essere valutati dal punto di vista riabilitativo i bambini/adolescenti affetti da tumore? Quali aspetti bisogna valutare per la riabilitazione dei bambini/adolescenti affetti da tumore e con quali strumenti? Quali sono gli obiettivi della riabilitazione nei più giovani? Quando bisognerebbe effettuare il trattamento riabilitativo? Quali caratteristiche deve avere il progetto riabilitativo per essere disegnato sui bisogni individuali? Come devono essere seguiti i pazienti nel lungo periodo o durante il follow-up (cioè subito dopo la fine delle cure)?

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MISSIONE CANCRO Ricerca scientifica

In questo articolo: fondi per la ricerca Mission Cancer Horizon Europe

L’Europa sfida il cancro nei prossimi sette anni

Obiettivi ambiziosi

Scegliendo di investire nel settore oncologico, la Commissione europea ha dimostrato di credere che questo è il momento giusto per sostenere la ricerca sul cancro. Obiettivo: 3 milioni di vite salvate entro il 2030

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a cura della REDAZIONE l cancro è uno dei cinque ambiti (insieme al cambiamento climatico, alla salvaguardia degli ambienti marini, alle città del futuro e alla sostenibilità alimentare) cui saranno destinati, a partire dal 2021 e per sette anni, i finanziamenti per la ricerca scientifica erogati dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon Europe. La scelta del cancro come obiettivo

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sul quale investire, tra i tanti ambiti che necessitano di fondi, è la riprova che, per i membri del Parlamento europeo, questa malattia è un dramma sociale per l’alto numero di vittime e allo stesso tempo un settore nel quale i finanziamenti possono fare, in breve tempo, la differenza. “Come per la Missione Apollo, che portò l’uomo sulla luna e alla quale si sono ispirati i politici europei, per Missione Cancro – questo il nome del filone di finanziamento – si è scelto di puntare su un settore che ha un elevato impatto sociale ma che, allo stesso tempo, permette di progredire nelle conoscenze di base e di sviluppare nuove tecnologie nel settore della medicina e della salute” spiega Mariana Mazzucato, docente di economia dell’innovazione e valore pubblico allo University College di Londra, nonché una delle ispiratrici del piano europeo. “Missione Cancro prevede una grande varietà di azioni: non si tratta solo di conoscere meglio la malattia con la ricerca di base, ma anche di sviluppare processi di cura più efficienti e di fare educazione alla salute per i cittadini, per promuovere comportamenti corretti a livello individuale e collettivo, e ridurre così le cause ambientali della malattia.”

Il 25 giugno scorso, con qualche mese di ritardo sul calendario previsto per via della pandemia, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha pubblicato il rapporto “La conquista del cancro: una missione possibile”, che traccia la rotta di questo ambizioso progetto: entro il 2030 salvare 3 milioni di vite umane che altrimenti sarebbero stroncate dal cancro e garantire una vita più lunga e migliore a tutti i malati. A capo di Missione Cancro è stato nominato Walter Ricciardi, professore di igiene e salute pubblica dell’Università del Sacro Cuore di Roma, che descrive così i tre pilastri su cui si basa l’intera strategia di intervento: “Prevenzione, trattamento e qualità di vita. A questi tre fondamentali aggiungerei ‘conoscenza’, perché senza ricerca non abbiamo le basi necessarie per realizzare i primi tre punti. Vogliamo capire come prevenire i tumori in modo efficace, migliorare la qualità delle cure e ridurre le diseguaglianze in Europa, perché ancora oggi la mortalità per cancro può essere molto diversa a seconda del luogo in cui si abita e delle strutture che si hanno a disposizione. Infine vogliamo garantire la migliore qualità di vita possibile ai pazienti e a coloro che superano la malattia, i cosiddetti sopravvissuti. Per questo chiediamo ai ricercatori di tutte le discipline di unirsi per proporre approcci innovativi e audaci”. Il rapporto presentato dalla von der Leyen ha individuato 13 raccomandazioni per il raggiungimento dell’obiettivo (riassunte nel riquadro in questa pagina). Alcune di esse sono molto precise, come quella che richiede uno sforzo congiunto per identificare un sistema di valutazione del rischio individuale basato su un insieme di geni noti per predisporre al cancro, mentre altre sono più generali, come la richiesta di

Tre pilastri: prevenzione, trattamento e qualità di vita


“migliorare la cultura del cancro, la comunicazione e le capacità dei cittadini di farvi fronte”. Si punta anche a ridurre ulteriormente la mortalità dei tumori pediatrici e l’impatto della malattia sui piccoli pazienti, all’insegna di “curare di più e curare meglio”.

Da soli non si vince Fondamentale in questo importante investimento in ricerca di base e clinica e in comunicazione è la richiesta, da parte della Commissione, di fare rete: ricercatori, associazioni, centri di cura vengono invitati a cercare nuove collaborazioni, a superare le frontiere nazionali, perché solo con uno sforzo congiunto di tutto il continente si può sperare di ottenere velocemente risultati importanti nella battaglia contro la malattia. Per questo ogni Paese viene spinto a sviluppare e sostenere una infrastruttura comprensiva contro il cancro, ovvero a mettere in comunicazione i centri di ricerca e cura più sviluppati, ma anche le associazioni di pazienti e gli enti di finanziamento alla ricerca. Ogni infrastruttura nazionale dovrebbe poi

coordinarsi con le altre, per arrivare, alla fine del settennato, a creare una rete stabile di collaborazioni europee, con lo scopo di condividere le esperienze acquisite e armonizzare gli standard sia in ricerca sia in clinica. “I pazienti sono fondamentali in ogni fase della progettazione della ricerca. Non solo sono i destinatari dei risultati di questa missione, ma sono anche i protagonisti” spiega Ricciardi. “Per questo la loro presenza sarà necessaria sia a monte, nel momento in cui lo scienziato disegnerà la propria ricerca, sia a valle nel corso dello studio e nella valutazione dell’utilità finale.” Una delle principali incertezze riguarda l’entità del finanziamento, che non è stato ancora annunciato nei dettagli e potrebbe subire contraccolpi a causa della pandemia e della necessità di risparmiare finanziamenti da dedicare al cosiddetto Recovery Fund, il fondo che dovrebbe aiutare i paesi europei a uscire dalla crisi. Una porzione di quelle somme dovrebbe andare alla ricerca scientifica, ma non è detto che venga indirizzata specificatamente alla ricerca contro il cancro.

La lista di raccomandAzioni per Missione Cancro

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Lanciare UNCAN.eu, una iniziativa europea per capire il cancro. Sviluppare un ampio programma di ricerca europeo per identificare un punteggio di rischio poligenico. Sostenere lo sviluppo e l’implementazione di strategie e politiche di prevenzione del cancro negli Stati membri dell’Unione europea. Ottimizzare i programmi di screening esistenti e sviluppare un approccio innovativo per lo screening e la diagnosi precoce. Far progredire e implementare approcci di medicina per-

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sonalizzata per tutti i pazienti con cancro in Europa. Sviluppare un vasto programma di ricerca europeo sulla diagnosi precoce e le tecnologie di trattamento mininvasivo. Implementare un ampio programma di ricerca e di politiche europee per migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici, dei sopravvissuti al cancro e di tutte le persone che hanno un rischio più alto di sviluppare un tumore rispetto alla media. Creare un Centro europeo digitale dei pazienti dove malati e sopravvissuti possano de-

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positare e condividere i propri dati per una cura personalizzata. Raggiungere l’uguaglianza nelle cure in tutti i Paesi europei lungo l’intero decorso della malattia. Istituire un network di Infrastrutture comprensive per il cancro che coinvolga tutti gli Stati membri dell’Unione europea per migliorare la qualità della ricerca e della cura. Più cure e cure migliori per i tumori pediatrici, degli adolescenti e dei giovani adulti. Accelerare l’innovazione e l’implementazione di nuove tecnologie e creare laboratori oncologici specializzati. Trasformare la cultura del cancro, la comunicazione e costruire le relative competenze.

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IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Metabolomica

Dal metabolismo nuove strategie contro il cancro Partendo dalla “fame di zucchero” delle cellule tumorali per arrivare agli studi su donne con tumore del seno, il viaggio della ricerca oggi passa anche dall’analisi del metabolismo. a cura di CRISTINA FERRARIO nche le cellule hanno le loro “dipendenze” e quelle tumorali non fanno eccezione, come ci ricorda Christopher Bruhn, ricercatore nel gruppo che all’IFOM di Milano si occupa di Integrità del genoma e in precedenza titolare di una borsa iCARE 2014 cofinanziata da AIRC e Unione Europea: “È noto che le cellule tumorali sono

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dipendenti dal glucosio. Comprendere i meccanismi molecolari alla base di questa dipendenza potrebbe aiutarci a sfruttarla come una sorta di tallone d’Achille del tumore”. Assieme ai colleghi del suo gruppo di ricerca, Bruhn è autore di un importante studio sull’argomento pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications e coordinato da Marco Foiani, direttore scientifico di IFOM e del programma Integrità del genoma.

APPLICAZIONI

Grande sinergia tra laboratorio e clinica

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i parla spesso di ricerca di base e di ricerca clinica come di due entità ben distinte, ma in realtà i recenti studi condotti sul metabolismo sottolineano ancora una volta come questa distinzione sia piuttosto fragile. “Per tutta la vita ho fatto il ricercatore e il medico, quindi mi sono sempre sentito a cavallo tra questi due diversi mondi che, come l’esperienza mi ha insegnato, sono in realtà un mondo unico” ha detto Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico di Fondazione AIRC, durante la conferenza stampa di presentazione dello studio Breakfast. “AIRC sostiene la ricerca di base perché senza di essa si ‘inaridirebbe la sorgente delle idee’ e non ci sarebbero più nuove informazioni disponibili, ma queste informazioni devono poi essere trasferite alla realtà dei pazienti” ha aggiunto. 24 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2020

Basta un poco di zucchero… Il maggiore assorbimento di glucosio da parte delle cellule tumorali rispetto alle cellule normali viene oggi sfruttato a fini diagnostici, per esempio nella PET, per mettere in evidenza metastasi anche di piccole dimensioni. Quali sono i meccanismi responsabili di questa dipendenza? Una risposta arriva dallo studio di Bruhn e colleghi, che hanno dimostrato come alla base della glucosio-dipendenza delle cellule tumorali ci siano i meccanismi di protezione del genoma e, in particolare, alcune molecole chiamate istoni. Queste molecole sono indispensabili per permettere “l’impacchettamento” del DNA, cioè far sì che, nonostante i suoi due metri di lunghezza, il DNA di ogni singola cellula possa essere contenuto nel nucleo. “È stato dimostrato che le cellule tumorali hanno più istoni di quelle sane” precisa il ricercatore, che assieme ai suoi colleghi è partito da un modello di lievito – per certi versi più semplice da studiare rispetto alle cellule umane – per arrivare poi alle cellule

tumorali dell’uomo alla ricerca di un modo per “guarire” le cellule dalla dipendenza dal glucosio. Geni, proteine e tanta informatica “Abbiamo notato che alcune cellule di lievito che presentavano mutazioni nei meccanismi di risposta al danno al DNA avevano una elevata glucosio-dipendenza e morivano se le concentrazioni di zucchero si abbassavano” dice Bruhn. “Con uno screening dei geni di questi lieviti siamo riusciti a identificare gli istoni come molecole chiave in questo processo e a dimostrare che eliminandole si eliminava anche la dipendenza da glucosio” aggiunge. Negli esperimenti successivi, basati anche su tecniche di metabolomica, i ricercatori sono riusciti a identificare i meccanismi precisi attraverso i quali gli istoni diventano protagonisti della dipendenza dal glucosio. “Ne sono emersi due in particolare, che nel lievito sono egualmente importanti e che ora stiamo studiando anche nelle cellule umane” afferma Bruhn, ricordando che la protagonista di questa seconda fase del progetto è la bioinformatica, con l’analisi di grandi quantità di dati. “Vogliamo capire se la quantità di istoni presenti in una determinata cellula tumorale possa renderla sensibile a farmaci diretti contro il metabolismo” spiega. “Alcuni farmaci che agiscono sugli istoni sono già approvati in clinica per diverse patologie e potrebbero essere utilizzati anche in questo contesto” conclude.


In questo articolo: metabolismo istoni chemioterapia

Colazione con la ricerca Colpire il cancro modificandone il metabolismo è l’obiettivo di uno studio clinico che vede la stretta collaborazione di IFOM e dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Si chiama Breakfast e prevede di coinvolgere 90 donne tra i 18 e i 75 anni con tumore al seno triplo negativo e senza metastasi, allo scopo di valutare l’efficacia della dieta mediterranea ipocalorica in associazione con la chemioterapia sul metabolismo e il sistema immunitario. In pratica la dieta diventa una vera e propria terapia sperimentale che verrà studiata da sola o in abbinamento al farmaco antidiabetico metformina, noto per la sua capacità di ridurre i livelli di alcuni ormoni che promuovono la crescita del tumore. L’obiettivo è riuscire ad aumentare gli effetti della chemioterapia attraverso la restrizione calorica e utilizzando una alimentazione ricca di prodotti della tradizione mediterranea: si tratta di una dieta da 1.800 calorie da suddividere in 5 giorni, da ripetere ogni 21 giorni per 8 cicli assieme alla chemioterapia. “Tale regime dietetico è in grado

di interferire con il metabolismo della cellula tumorale” afferma Claudio Vernieri, oncologo presso la Breast Unit del Dipartimento di oncologia medica ed ematologia diretta da Filippo de Braud di INT e direttore del programma Riprogrammazione metabolica nei tumori solidi in IFOM, finanziato anche da AIRC. “A differenza di quanto si potrebbe temere, è un regime alimentare ben sopportato” aggiunge, ricordando che le pazienti possono contattare in qualsiasi momento i medici che coordinano lo studio.

IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici, è sostenuto dalla FIRC.

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Wonder Why, la curiosità ti rende vivo È nato il nuovo progetto di Fondazione AIRC dedicato agli appassionati di curiosità scientifiche

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a cura della REDAZIONE apete quanto del vostro DNA è uguale a quello di un lombrico? Vi siete mai chiesti cosa mangeremo nel 2050? Cos’è l’epigenetica? Le risposte a queste e a tante altre domande prova a darvele Wonder Why, il nuovo progetto di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, che da ottobre propone sul proprio canale Instagram wonderwhy.it e sul sito internet omonimo contenuti inediti per gli amanti della scienza. Wonder rappresenta l’emozione, Why la razionalità. Wonder Why è il farsi domande e lasciarsi stupire dalle risposte; è chiedersi perché; è la meraviglia della conoscenza. Con

questo progetto Fondazione AIRC punta a risvegliare la vostra curiosità: contenuti originali, un linguaggio immediato e strumenti diversi per coltivare il piacere di imparare cose nuove e la capacità di cogliere la bellezza della scienza. La prima iniziativa promossa da Wonder Why è stata lo spettacolo di musica e scienza DNA, prodotto da AIRC in collaborazione con i Deproducers e il filosofo, evoluzionista e frontman Telmo Pievani, con le grafiche di Marino Capitanio. DNA ha girato i teatri di tutta Italia approfondendo alcuni dei temi più affascinanti con cui l’uomo si sia mai confrontato, per sottolineare il valore della ricerca scientifica sia come strumento fondamentale contro il

cancro, sia come metafora del processo di miglioramento di se stessi attraverso la conoscenza. Le prime date dello spettacolo hanno fatto registrare un grande successo di pubblico, e per questo, in attesa dei prossimi appuntamenti programmati per il 2021, Wonder Why ha dato vita a una nuova iniziativa. L’incredibile storia dietro la scoperta dei raggi X, l’antica origine delle fake news sulla salute (una delle quali ha ingannato persino il grande evoluzionista Charles Darwin), le possibili conseguenze del cambiamento climatico, le potenzialità incredibili del DNA-origami sono solo alcune delle curiosità scientifiche che potete già scoprire sul canale Instagram e il sito internet wonderwhy.it. Un viaggio nel mondo della scienza e della ricerca, per scoprire dove stiamo andando e come siamo arrivati fino a qui.

Scopri di più sul sito wonderwhy.it o sul canale Instagram wonderwhy.it


TESTIMONIANZA I nostri donatori

Io hodiabete Dal fiduciaal cancro cercando nella ricerca le staminali perché… IlTutti medico i nostri palermitano ricercatoriè sanno tornatodiapoter casa contare doposostegno sul aver lavorato e sullaall’estero fiducia dei e ora, nostri grazie donatori, al alcuni dei quali hanno scritto per loro un messaggio di vicinanza e di incoraggiamento

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a cura della REDAZIONE a fiducia è “patto” implicito tra persone: sulla fiducia si basano amicizie, amori, rapporti di lavoro o di famiglia. La fiducia è anche un valore che determina le nostre scelte e di fatto viene concessa quando, empiricamente, dopo prove e prove, il destinatario a cui è diretta dimostra di meritarla. Il tema della fiducia è una questione che lega fortemente AIRC a tutti i suoi sostenitori... è un “patto condiviso”, è un valore determinante della relazione e porta con sé un altro importantissimo principio: la reciprocità. La fiducia condivisa è una necessità che fonda e determina la relazione tra AIRC e tutti coloro che con la loro partecipazione concreta sostengono la ricerca. Per questa ragione abbiamo messo in campo

un’iniziativa chiedendo loro di scrivere una frase incoraggiamento e fiducia destinata ai nostri ricercatori. E in molti hanno risposto! Parole bellissime, pensieri e riflessioni scritti su carta hanno raggiunto direttamente proprio quegli uomini e donne che ogni giorno lavorano instancabilmente, con dedizione e rigore, per trovare cure e soluzioni a una malattia che conta 1.000 nuove diagnosi ogni giorno. A conferma che l’intera e quotidiana relazione tra AIRC e i suoi sostenitori si fonda sulla fiducia. Un sentimento prezioso di cui AIRC si prende cura nel modo migliore possibile: lavorando alla ricerca senza sosta, senza esitazioni, con tutte le competenze, l’esperienza e l’energia di cui è capace. Perché l’obiettivo è comune e chiaro a tutti: costruire un futuro nuovo insieme,

“Grazie di cuore alla fiducia dei nostri donatori” La fiducia di tutti i nostri donatori è alla base di tutto quanto facciamo. è la forza e il motore che ci fa sentire uniti e spinti verso un obiettivo comune: costruire un futuro libero dal cancro.

che parta da ora, da domani, dal mese prossimo... perché il futuro non succede mai tutto insieme. Succede ogni volta che ciascuno di noi compie gesti concreti capaci di cambiare le cose. Succede perché ci sono uomini e donne mossi dalla volontà di trovare nuove soluzioni, animati dalla fiducia nella scienza e nella ricerca. Persone che hanno la lucida pazienza di chi non è disposto ad arrendersi, sospinti dalla speranza che non si quieta, capaci di immaginare un domani diverso e migliore. Insomma uomini e donne come i sostenitori AIRC, che hanno ben compreso che “se non sei parte della soluzione, non c’è soluzione”.

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RACCOLTA FONDI Eventi e partnership aziende

Tutta Italia in rosa contro il cancro del seno

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a cura della REDAZIONE a Campagna Nastro Rosa AIRC ha preso il via il 1 ottobre con l’illuminazione in rosa di circa 300 palazzi comunali e monumenti in tutta Italia, grazie alla collaborazione con ANCI, l’Associazione nazionale comuni italiani. Il 5 ottobre si è ac-

ceso simbolicamente anche il Teatro alla Scala di Milano per la Breast Cancer Campaign di The Estée Lauder Companies Italia. Insieme al main partner della campagna, molte altre aziende hanno scelto di sostenere la ricerca sul tumore al seno di Fondazione AIRC nel mese di ottobre. Alla squadra del Nastro Rosa si è

unita anche Mediafriends, che dal 4 al 31 ottobre ha sostenuto con Fabbrica del Sorriso la sfida dei ricercatori impegnati a trovare la cura per le forme più aggressive di tumore al seno. Il palinsesto delle reti Mediaset ha dato ampio spazio ad AIRC, con gli appelli dei suoi conduttori e le storie di donne, medici e ricercatori, invitando il pubblico a sostenere il loro lavoro. Iniziative di sensibilizzazione e raccolta fondi sono state organizzate inoltre nelle farmacie e in molte altre realtà commerciali, dove la nuova spilletta Nastro Rosa è stata distribuita in oltre 150.000 esemplari. Un successo straordinario in nome della ricerca su una malattia per cui nuove cure sono sempre più urgenti.


Amazon.it per AIRC: una dolce sorpresa dalla piazza virtuale

Dopo aver messo a disposizione la sua imponente rete di network e logistica per la distribuzione di circa 316.000 piantine di azalea nel maggio 2020, Amazon.it ha scelto di confermare il suo impegno nei confronti della ricerca oncologica targata Fondazione AIRC. In occasione dei Giorni della Ricerca, il leader mondiale nell’e-commerce ha infatti deciso di rinnovare la sua collaborazione per la distribuzione dei Cioccolatini della Ricerca nel mese di novembre. Grazie alla partnership di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro con Amazon.it, i Cioccolatini sono approdati nella più grande piazza virtuale e, per la prima volta, è stato possibile anche far recapitare direttamente nelle case dei propri cari una dolce sorpresa, importante per l’avanzamento della ricerca oncologica.

AIRC e Banco BPM al Salone della CSR 2020: una partnership virtuosa

In occasione del Salone della CSR (Responsabilità sociale d’impresa) e dell’innovazione sociale 2020, AIRC e Banco BPM sono stati invitati a discutere del contributo che il mondo profit può dare alla ricerca oncologica in Italia. In effetti, già nel suo primo anno di vita, la partnership tra AIRC e Banco BPM ha portato a risultati entusiasmanti. Dopo aver messo a disposizione le proprie filiali e coinvolto i dipendenti per la distribuzione dei Cioccolatini della Ricerca, quest’anno Banco BPM sarà in prima linea anche nella storica campagna Regali di Natale. Con l’obiettivo di portare nuove aziende a sostenere la ricerca oncologica pediatrica, il gruppo bancario si impegnerà nella promozione del catalogo di regali AIRC a un target di piccole e medie imprese clienti. Per quanto giovane, la partnership fra AIRC e Banco BPM può quindi dirsi consolidata, destinata a crescere nel segno di una sempre più forte social responsibility.

AIRC e Fondazione Carical: da 15 anni insieme per la ricerca oncologica

Dal 2005, AIRC e Fondazione Carical lavorano in sinergia per favorire l’avanzamento della ricerca oncologica presso gli istituti calabresi e lucani. Un impegno concreto che ha portato a risultati di forte impatto per il territorio, come la realizzazione di un laboratorio di eccellenza in campo ematologico, poi confluito nell’Unità di ematologia dell’Ospedale Annunziata di Cosenza. Dopo 15 anni, la collaborazione prosegue con concretezza, come spiega Luigi Morrone, presidente di Fondazione Carical: “La nostra Fondazione, ormai da diversi anni, intrattiene un rapporto di proficua e solidale collaborazione con AIRC. Recentemente abbiamo erogato un contributo per il cofinanziamento di una borsa di studio triennale riservata a giovani ricercatori calabresi e lucani. E anche questo è un modo per concorrere allo sviluppo della nostra realtà territoriale”.

Nelle foto, alla pagina a fianco, in alto: Teatro alla Scala di Milano; in basso: la Fontana luminosa di piazza Battaglione Alpini a l’Aquila, il palazzo comunale di Linguaglossa (CT), il Palazzo della Loggia di Brescia. In questa pagina, in basso: Palazzo Senatorio a Roma, Torre Talao a Scalea (CS).

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IL MICROSCOPIO

La ricerca offre speranze per il futuro lati. L’accelerazione impressa dalla ricerca negli ultimi vent’anni ha portato a risultati clinici concreti. La sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi dei pazienti oncologici complessivamente considerati, cioè senza distinguere tra le diverse forme di tumore, è oggi del 70 per cento circa, mentre alla fine degli anni Novanta era di poco superiore alla percentuale (49 per cento) del 1970. Questi risultati dipendono da diversi fattori che vanno dalla prevenzione, esemplificata dall’approvazione del vaccino contro il Papilloma virus per impedire lo sviluppo del carcinoma della cervice uterina, alla semplice adesione a stili di vita più sani, fino al sempre più rapido trasferimento dei risultati della ricerca di base alla clinica. L’atlante del genoma del cancro (Cancer Genome Atlas) ha creato una mappa esaustiva delle mutazioni geniche associate ai vari tipi di tumore. La biologia strutturale, identificando le vulnerabilità biochimiche delle proteine codificate da alcuni geni mutati, sta sempre più aprendo la strada allo sviluppo di farmaci e di anticorpi monoclonali mirati a colpire la specifica anomalia. L’immunoterapia, utilizzando anticorpi che riattivano il sistema immunitario soppresso dal tumore, sta ottenendo

risultati clinici importanti in malattie difficili da trattare, quali il melanoma e i tumori polmonari, mentre con le cellule CAR-T sta affrontando con successo leucemie dell’infanzia e linfomi dell’adulto resistenti alle terapie tradizionali. Sofisticate tecniche radiologiche e la biopsia liquida permettono diagnosi più precoci e meno invasive, e la chirurgia robotica sta rendendo alcuni approcci chirurgici più efficienti. I successi ottenuti sono importanti ma ancora largamente insufficienti, soprattutto in tumori quali quelli del pancreas e quelli cerebrali, quelli diagnosticati in fase metastatica e quelli rari. L’analisi dei percorsi che i migliori scienziati e i più noti istituti di ricerca internazionali stanno programmando per affrontare l’estrema complessità del cancro rivela sia idee nuove, non convenzionali, sia il miglioramento di idee consolidate. Tutti i percorsi hanno in comune un concetto: il tumore è una malattia dei geni, è cioè dovuto ad alterazioni del DNA, ma il DNA è all’interno delle cellule e le cellule alterate sono inserite in tessuti e organi dove interagiscono con cellule normali cercando di utilizzarle ai propri fini. Diventa quindi sempre più importante avere una visione generale del problema per trasportare i risultati della ricerca di laboratorio in clinica. Il confine tra cellule sane e cellule tumorali corre su un crinale sottile e molti meccanismi essenziali per la crescita e la diffusione dei tumori sono ancora ignoti o inesplorati: comprenderli rappresenta la sfida che la ricerca deve affrontare e vincere. Questo è l’impegno che, con il vostro aiuto, AIRC vuole continuare a perseguire con tenacia. I pazienti aspettano scoperte che portino a nuove terapie per rendere il cancro sempre più curabile.

è sottile il confine tra cellule sane e cellule malate

Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC

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a ricerca offre speranze, non illusioni. La forza dei numeri, comunicati dall’autorevole New England Journal of Medicine a settembre, sottolinea come i progressi della scienza nel comprendere i meccanismi specifici di alcuni tipi di tumore si siano trasformati in progressi reali nella cura dei ma30 | FONDAMENTALE | DICEMBRE 2020


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