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RICERCA DI BASE Cellule natural killer contro il cancro servono tiratori scelti

RICERCA DI BASE Natural killer

Cellule natural killer, contro il cancro servono tiratori scelti

I linfociti natural killer sono globuli bianchi specializzati nell’individuare ed eliminare cellule fuori controllo. I ricercatori stanno studiando il modo di servirsene per combattere i tumori

a cura di ELENA RIBOLDI Il nome non lascia spazio all’interpretazione: le cellule natural killer (NK) nascono come sicari di professione. Questo sottotipo di globuli bianchi ha infatti la capacità di riconoscere cellule pericolose per l’organismo, come quelle infettate dai virus o quelle tumorali, e di ucciderle. I tumori ricorrono però a diversi stratagemmi per sfuggire a questi cecchini e sopravvivere. Alcuni gruppi di ricerca si stanno concentrando su come ovviare a questo problema e sviluppare terapie innovative basate sulle cellule NK.

BUCHI NELLE CELLULE

“Le cellule NK appartengono a una famiglia di globuli bianchi nota come famiglia di linfociti dell’immunità innata” spiega Giovanni Bernardini, professore di immunologia presso l’Università La Sapienza di Roma, che studia queste cellule da molti anni. “Sono imparentate con i linfociti T e B, ma usano meccanismi diversi per riconoscere le cellule bersaglio.” Sulla loro superficie le cellule NK posseggono molti recettori (proteine che legano specifiche molecole, dette ligandi): i recettori possono essere attivatori o inibitori. Gli attivatori riconoscono molecole espresse dalla cellula dopo un’infezione o la trasformazione neoplastica, mentre i recettori inibitori riconoscono una proteina presente in quantità sulle cellule normali ma solo a bassi livelli su quelle tumorali.

La presenza di ligandi attivatori o l’assenza di ligandi inibitori induce la cellula NK a entrare in azione e a rilasciare

vescicole contenenti perforina e granzima: la perforina, come indica il suo nome, forma dei pori nella membrana della cellula bersaglio attraverso i quali entra il granzima, che induce la morte della cellula. “Le cellule NK hanno inoltre importanti funzioni immunoregolatorie. Per esempio, producono proteine della famiglia delle chemochine e delle citochine che richiamano e sostengono la funzionalità delle cellule dendritiche, le cellule che formano l’impalcatura dei tessuti e sono essenziali per l’attivazione dell’immunità specifi ca mediata dai linfociti T.”

SORVEGLIANZA ED ELUSIONE

“Le cellule NK non solo possono inibire la progressione neoplastica, eliminando le cellule trasformate nelle prime fasi di formazione del tumore, ma anche contenere la comparsa delle metastasi” racconta Bernardini. “Riescono infatti a mantenere le cellule tumorali migrate lontano dal tumore primario in uno stadio detto di dormienza, durante il quale non proliferano. Se e quando provano a moltiplicarsi, diventano visibili alle cellule NK e vengono eliminate.”

Purtroppo, i tumori e le metastasi mettono in atto una serie di meccanismi che permettono loro di sottrarsi a questo controllo. “Ciò dipende in gran parte dal microambiente: il tumore recluta altre cellule che vengono ‘corrotte’ e indotte a sopprimere le risposte immuni o attraverso la produzione di molecole, come alcune citochine, o per contatto diretto con le cellule immunitarie. Anche il tumore stesso produce molecole immunosoppressorie, come la citochina TGF-beta, che riduce l’espressione dei recettori attivatori sulle cellule NK, e la prostaglandina E2, che interferisce con la capacità di queste cellule di richiamare le cellule dendritiche nell’ambiente tumorale e, di conseguenza, di permettere l’attivazione dei linfociti citotossici.”

LE CELLULE NK COME FARMACI

Sono in fase di studio diversi sistemi per utilizzare le cellule NK nel trattamento del cancro. Perché questo si possa verifi care è cruciale che killer e “vittime designate” si incontrino: le cellule NK devono essere quindi messe in grado di raggiungere e riconoscere la neoplasia. “Sappiamo per esempio che le cellule di glioma, un tumore cerebrale aggressivo, producono elevati livelli di una proteina, chiamata CXCL12, che promuove la sopravvivenza delle cellule tumorali, favorisce l’angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni) e richiama le cellule che hanno uno specifi co recettore, CXCR4” dice Bernardini. “Alcune ricerche in modelli animali puntano a manipolare le cellule NK affi nché esprimano sia alti livelli di CXCR4, e quindi siano indotte a migrare dove c’è un accumulo di CXCL12, sia un recettore modifi cato che riconosce una molecola espressa dal glioma.”

CAR-NK E LEGAMI MORTALI

Già da qualche anno per il trattamento di alcuni tipi di leucemia vengono usate le cellule CAR-T (dall’inglese Chimeric Antigen Receptor T cell ovvero “cellule T esprimenti un recettore chimerico per l’antigene”), ottenute grazie all’ingegnerizzazione genetica dei linfociti T che vengono equipaggiati con una molecola capace di individuare le cellule tumorali. Hanno ora raggiunto la prima fase della sperimentazione clinica anche le cellule CAR-NK, cioè una versione ingegnerizzata delle cellule NK.

Oltre al tipo di cellule utilizzato, CAR-T e CAR-NK presentano alcune differenze importanti. “Se si usano le cellule T del paziente (CAR-T autologhe) è diffi cile ottenere in tempi brevi la quantità di cellule necessarie; inoltre, dopo l’infusione è possibile l’insorgenza di effetti collaterali anche gravi dovuti a una super-attivazione. Se si usano i linfociti T di un donatore, il problema è che ogni donatore, per quanto compatibile, non lo è mai al 100 per cento, e quindi si rischia che le CAR-T possano attivarsi anche contro i tessuti sani.” I linfociti T sono infatti specializzati nel distinguere tra cellule self (le cellule proprie dell’organismo) e nonself (cellule estranee all’organismo), un ruolo essenziale per la protezione del nostro corpo, che però in questo caso diventa un limite, e che invece le cellule NK non hanno. “Le cellule CAR-NK possono essere preparate in grandi quantità a partire dalle cellule di un dona-

immunologia immunoterapia linfociti NK

tore, congelate e poi scongelate all’occorrenza, senza causare al paziente seri problemi di tossicità.”

Gli studi si stanno orientando anche sul promuovere un intervento effi cace delle cellule del paziente, facendo a meno di un donatore o di manipolazioni in provetta. “Si stanno studiando anticorpi monoclonali bispecifi ci o trispecifi ci” spiega Bernardini. “Gli anticorpi bispecifi ci si legano contemporaneamente alla cellula NK e alla cellula tumorale, in quanto riconoscono sia una molecola espressa dalle cellule NK sia una molecola espressa dal tumore, creando un ponte tra killer e bersaglio. Gli anticorpi trispecifi ci hanno un elemento in più che potenzia la risposta contro il tumore.”

A quasi 50 anni dalla loro scoperta (a cui ha contribuito in modo essenziale l’italiano Alessandro Moretta grazie anche al sostegno di AIRC), le cellule NK sono ancora oggetto di studi e le loro potenzialità non ancora del tutto sfruttate. “Con lo sviluppo delle CAR-NK si è raggiunto un nuovo traguardo” conclude Bernardini. “Ma non siamo ancora al capolinea, perché si tratta di cellule molto potenti, che bisogna imparare a controllare e guidare verso il bersaglio giusto.”

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