Numero 4 - ottobre 2020
ALGORITMI
Numero 4 - ottobre 2020 - Anno XLVIII - AIRC Editore - Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI - ISSN 2035-4479
Prevedere recidive con l’aiuto del computer e dei test PANCREAS
10 domande per sconfiggere la malattia
PANDEMIA
Obiettivo: recuperare il tempo perduto
Cinque anni per battere le resistenze
MALORNI, CONTRO IL CANCRO AL SENO
SOMMARIO
FONDAMENTALE ottobre 2020
In questo numero:
04 VITA DA RICERCATORE 07 DIAGNOSTICA 10 TESTIMONIANZE 12 EPIDEMIOLOGIA 15 DOPO L’EMERGENZA 18 RICERCA CLINICA 21 NUTRIZIONE 22 SPERIMENTAZIONE ANIMALE 24 RUBRICHE 26 IFOM 28 NOTIZIE FLASH 30 RECENSIONI 31 RACCOLTA FONDI 36 SPECIALE COMITATI 38 IL MICROSCOPIO
04
Dall’Italia a Houston e ritorno per amore della ricerca Un algoritmo per scoprire quale è la cura più adatta
Marcatori del cancro al seno sperimentati in clinica
“Lavoro con il sorriso. Ed è un lusso impagabile” In viaggio per rendere il cancro sempre più curabile I database che mostrano come intervenire
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Una travel blogger nel suo viaggio contro il cancro
Non dimenticare screening e controlli Tumore al pancreas, le dieci priorità
Una dieta ipocalorica controllata potrebbe migliorare l’esito delle cure
Spesso non ci sono alternative all’uso di animali I traguardi dei nostri ricercatori
Studiare placenta ed embrioni per capire il cancro
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Dal mondo
La storia del cancro e di come possiamo sconfiggerlo I Giorni della Ricerca, Nastro Rosa e partner Le iniziative dei nostri Comitati regionali
Tutti i dati epidemiologici archiviati nei registri tumori
Ancora insufficienti i metodi alternativi
Credere nella ricerca: i Giorni della Ricerca AIRC
FONDAMENTALE
Anno XLVIII - Numero 4 Ottobre 2020 - AIRC Editore Direzione e redazione Fondazione AIRC Viale Isonzo, 25 - 20135 Milano tel. 02 7797.1 - airc.it - redazione@airc.it Codice fiscale 80051890152 Autorizzazione del Tribunale di Milano n° 128 del 22 marzo 1973. Stampa Rotolito S.p.A. Direttore responsabile Niccolò Contucci
CONSULENZA editoriale Daniela Ovadia (Agenzia Zoe) Coordinamento EDITORIALE Anna Franzetti redazione Anna Franzetti, Simone Del Vecchio Progetto grafico e impaginazione Umberto Galli Testi Alessia Di Chiara, Cristina Ferrario, Antonino Michienzi, Daniela Ovadia, Elena Riboldi, Fabio Turone FOTOGRAFIE Giulio Lapone
Fondamentale è stampato su carta Grapho Crystal certificata e proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.
EDITORIALE
Pier Giuseppe Torrani
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Presidente AIRC
Un esempio di collaborazione
S
criveva il Prof. Feliciano Benvenuti, grande maestro della scuola italiana di scienza dell’amministrazione pubblica, in un articolo pubblicato il 24 febbraio 1997, che nella società moderna sono andate contrapponendosi le scelte della classe politica con quelle del mondo delle scienze e delle tecniche. “In questa diversificazione sta tutta la difficoltà di una vita scompensata. La classe politica tenta di interpretare le esigenze popolari, la classe degli scienziati ne prescinde sicura dei propri metodi e dei propri risultati.” Aggiunge ancora che questo conflitto è il sintomo di un ruolo più profondo che riguarda ogni momento della quotidianità. Gli sforzi di modernizzazione che arrivano dal progresso scientifico trovano ostacolo nella difficoltà dei non scienziati di comprendere dove va l’avvenire, che per questo tendono a mantenere il più rassicurante esistente. Concludeva Benvenuti: bisogna rendersi conto che il problema è culturale, nel senso che entrambe le parti devono sforzarsi di capire il modo di ragionare dell’altra parte. Ho riportato queste riflessioni del grande giurista perché mettono bene in luce la difficile ma proficua collaborazione sviluppatasi nel nostro Paese tra il mondo della politica, il mondo della scienza e la comunità dei cittadini, che hanno trovato un linguaggio comune contro la pandemia. I cittadini hanno dato grande prova di aver compreso il punto focale della questione, accettando la domiciliazione obbligata; il mondo della politica è riuscito a mediare le varie tensioni seguendo i messaggi del mondo scientifico; il mondo scientifico ha suggerito con lungimiranza le scelte precauzionali necessarie ma al contempo ha anche partecipato direttamente e fisicamente agli interventi di soccorso e di cura, pagando a caro prezzo il proprio impegno. Questa unità di intenti è stata una grande prova di coesione democratica del nostro paese e dobbiamo andarne fieri. Ma ora si profilano i grandi problemi della ricostruzione di una società aperta e vitale. Per evitare di mettere a rischio la compattezza sociale del paese, è necessario lenire le differenze di condizioni economiche, che si stanno pericolosamente accentuando, con grandi investimenti. I primi dovranno riguardare i settori caratterizzati dalla loro funzione redistributiva, che sono per eccellenza il mondo della sanità e della ricerca scientifica e il mondo della scuola. Si tratta di investimenti necessari, urgenti e di sicura efficacia.
ATTENTI ALLE TRUFFE
AIRC non effettua la raccolta fondi “porta a porta”, con incaricati che vanno di casa in casa. Nel caso dovesse succedere, stanno tentando di truffarvi. Denunciate subito la truffa chiamando il numero unico per le emergenze 112.
Fondamentale per il cancro al seno
Alcuni articoli di questo numero di Fondamentale sono dedicati alla salute del seno e sono riconoscibili grazie al simbolo del Nastro Rosa
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VITA DA RICERCATORE Luca Malorni
Dall’Italia a Houston e ritorno per amore della ricerca Laureato in medicina (così come la moglie, a sua volta ricercatrice), Luca Malorni preferiva il bancone del laboratorio alla pratica clinica. Ora a Prato, in un centro avanzato di ricerca traslazionale, ha riscoperto il piacere e l’importanza di fare ambedue le cose
“
I MARCATORI DELLA RESISTENZA NEL CANCRO DEL SENO
I
l progetto quinquennale che Luca Malorni ha avviato a inizio 2020 grazie a un Investigator Grant di AIRC punta ad approfondire le conoscenze su alcuni marcatori molecolari utili a capire in anticipo quali pazienti con tumore al seno metastatico
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”
in fase attiva trarranno beneficio dalla terapia ormonale in associazione a farmaci a bersaglio molecolare, tra cui gli inibitori di CDK4/6, e quali mostreranno invece resistenza alle cure, o perché il farmaco risulta subito inefficace (la cosiddetta resisten-
za “de novo”) o perché, dopo un beneficio iniziale, perde efficacia per una resistenza acquisita. “Oggi per queste pazienti sono disponibili vari farmaci a bersaglio molecolare, e altri sono in fase avanzata di sviluppo, per cui è fondamentale mettere a punto test che guidino la scelta del farmaco più adatto a ciascuna paziente” spiega Malorni. “Iniziare la terapia con il farmaco giusto sarà sempre più importante.”
“ In questo articolo:
ricerca traslazionale cancro al seno resistenza ai farmaci
D
a cura di fabio turone urante gli studi alla Facoltà di medicina, presso l’Università Federico II di Napoli, Luca Malorni era convinto che non avrebbe fatto il medico, ma il ricercatore. Già dal quarto anno si era innamorato della biologia molecolare dei tumori, della ricerca preclinica e delle lunghe ore al bancone del laboratorio. È stato poco più avanti, durante la specializzazione in oncologia, che Malorni ha realizzato che una cosa non escludeva l’altra, anzi. “Alla scuola di specialità ho cominciato a visitare molti pazienti, e ho capito che mi piaceva molto anche occuparmi dei malati” racconta, seduto nel suo studio nell’Unità di oncologia dell’Ospedale di Prato, diretta da Angelo Di Leo.
hanno per primi percepito la minaccia e adottato spontaneamente le misure di protezione che hanno di fatto contribuito a risparmiare la città e la provincia” racconta Malorni. “Alcuni compagni di scuola delle mie figlie avevano avuto dei lutti, in Cina.” E mentre lui, con l’aumentare dei casi registrati in Veneto e in Lombardia, riorganizzava le visite di controllo dei malati oncologici e dava una mano nei reparti di medicina interna, il cui personale era alle prese con i malati di COVID provenienti dalle zone più colpite, la moglie Ilenia Migliaccio, anche lei ricercatrice finanziata da AIRC, si occupava della quarta figlia, Antonia, nata da pochi mesi. “Lei era già a casa in maternità quando c’è stato il lockdown e si è fatta carico più di me della gestione familiare, anche perché io in certi momenti ho dormito sul divano e mangiato separatamente, andando in giro per casa con la mascherina, per non esporre Ilenia e le bambine a rischi.” Momenti di emergenza a parte, l’equilibrio della coppia si basa sulla condivisione di onori e oneri sin dal giorno in cui si sono conosciuti agli esami di ammissione alla Facoltà di medicina, nel 1996. Lui originario di Piedimonte Matese, nel casertano, lei di Ischia, hanno completato gli studi insieme, per poi specializzarsi in discipline diverse, condividendo la stessa passione per la ricerca. Lei stava ancora completando la
Dal letto del paziente al laboratorio e ritorno
L’esperienza della pandemia
A Prato risiede e lavora da molti anni una grande e operosa comunità cinese. Quando sono arrivate in Italia le notizie sui primi casi di COVID-19, all’inizio dell’anno, questa presenza aveva messo in agitazione alcuni commentatori: “In realtà la comunità cinese ha avuto un effetto protettivo perché, grazie alle informazioni ricevute da amici e familiari in Cina, moltissimi Luca Malorni insieme al suo gruppo di ricerca suoi membri
specializzazione in anatomia patologica quando lui ha iniziato il dottorato di ricerca in oncologia ed endocrinologia molecolare e clinica, e ha ottenuto una borsa di studio che ha permesso a entrambi di andare a imparare i più sofisticati strumenti del mestiere al Baylor College di Houston, in Texas, presso uno dei gruppi all’avanguardia nella ricerca sul tumore al seno. Prima di partire, il grande passo: il matrimonio viene celebrato a Ischia in ottobre e, per motivi di visto, i due giovani ricercatori devono raggiungere gli USA entro la fine dell’anno, per cui si ritrovano a Houston alla vigilia di Natale in un appartamento spoglio, con il materasso sul pavimento: “La prima borsa non era molto ricca, ed essendo in due abbiamo fatto una certa gavetta” ricorda Malorni sorridendo. “Ma non era un problema, perché volevamo imparare cose nuove in un contesto di eccellenza e metterci alla prova. Anche se a un certo punto mi era sembrato che alcune delle strade che stavo percorrendo non mi stessero portando da nessuna parte, fossero inutili e un po’ fini a se stesse, alla fine hanno contribuito anche loro a rendere possibili i passi successivi.”
Uniti nella vita e nel lavoro
La comunità dei ricercatori italiani – molto attivi a Houston sia nella ricerca biomedica sia nelle società high-tech – si dà da fare per accoglierli, condividendo con loro anche lo “spacciatore” di mozzarelle, che ogni tanto comprano anche se purtroppo non hanno molto in comune con quelle di casa. Cibi a parte, l’esperienza americana decolla subito, con l’arrivo dopo un anno di una borsa della American Italian Cancer Foundation e poi di una ancora più sostanziosa della Fondazione Susan Komen, triennale. Luca e Ilenia lavorano nello stesso centro oncologico, entrambi nella cosiddetta ricerca traslazionale – che punta a trasferire rapidamente alla terapia i risultati ottenuti in laboratoOTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 5
VITA DA RICERCATORE Luca Malorni
Luca Malorni con la moglie Ilenia e le quattro figlie
rio –, ma con colleghi diversi e su progetti diversi. Gli uffici sono a poca distanza, sullo stesso piano, ma a parte gli appuntamenti fissi di tutto lo staff – con il “lab meeting” al lunedì per gli aggiornamenti sui progetti in corso e il “journal club” al martedì per leggere e commentare insieme le novità dalla letteratura scientifica – hanno poche occasioni per pranzare insieme. L’arrivo nel dicembre del 2008 della primogenita Teresa porta gioia e una nuova sfida, ma la crescita professionale parallela prosegue. D’altronde la scelta di Ilenia di dedicarsi solo alla ricerca le permette di avere orari più regolari, e la decisione di entrambi di non avviare la lunga e impegnativa trafila necessaria per ottenere l’abilitazione a praticare la medicina negli USA evita di aggiungere impegni a una vita già molto piena. La volontà è di tornare in Italia, possibilmente a Napoli, anche se muovendo-
si in due il tutto diventa un complesso puzzle in cui numerose tessere devono andare al proprio posto.
Da Napoli a Prato L’occasione si presenta nel 2010, quando una nuova protagonista ha già annunciato il proprio arrivo. È la secondogenita, Maria, che nascerà a Ischia perché per Malorni si apre l’opportunità di tornare all’Università Federico II come specialista ambulatoriale, in attesa che venga bandito un concorso adatto. Il congedo di maternità offre un buon momento per il rientro in Italia in primavera, al settimo mese di gravidanza di Ilenia. Malorni nel frattempo ha quasi dimenticato di aver spedito, seguendo il consiglio di un’amica ricercatrice italiana trapiantata negli Stati Uniti, una domanda per un concorso presso il centro oncologico di Prato, che Di Leo ave-
Un consiglio quantomai opportuno
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va creato qualche anno prima dopo essere rientrato dal Belgio. Quando riceve la convocazione per il concorso e infine la proposta di assunzione, decide di accettare il posto, anche se questo vuol dire rinunciare al sogno di una carriera accademica a Napoli. “Amiamo le sfide e ci piaceva l’idea di reinventarci, investendo tutto quello che avevamo imparato e rivoluzionando la vita familiare, per andare a lavorare in un centro di altissimo livello” ricorda. “Le promesse sono state mantenute pienamente, abbiamo trovato un gruppo che parlava lo stesso linguaggio che avevamo acquisito negli USA, con una ricerca di qualità altissima, anche in ambito traslazionale.” Il primo finanziamento AIRC lo conquista Ilenia, un My First AIRC Grant che permette al laboratorio di crescere e apre la strada alle ricerche successive, dedicate a migliorare l’efficacia di una nuova classe di farmaci usati contro il tumore mammario per prevenire la comparsa di resistenze. Poi è il turno di Luca, e il suo grant consente di ottenere una prima validazione preliminare della possibilità di selezionare la migliore terapia per le pazienti in base alla presenza di alcuni marcatori. Grazie ai buoni risultati, ha potuto proporre un ulteriore ampliamento della ricerca, avviato nel 2020 grazie a un Investigator Grant. Il progetto prevede di reclutare 150 donne con tumore al seno metastatico, che saranno seguite in 8 centri al fine di studiare l’andamento della resistenza ai farmaci (vedi box). Dopo il trasferimento a Prato, sono arrivate anche Giorgia e Antonia a completare la famiglia, e la pandemia ha contribuito ad alterare l’equilibrio tra famiglia e lavoro: “Non abbiamo supporti familiari, perché entrambe le nostre famiglie sono al Sud, e la parte maggiore del lavoro familiare grava su Ilenia, che non ha turni di lavoro notturni e festivi, anche se io la aiuto accompagnando le bambine a scuola e alle attività sportive” spiega Luca. “Per entrambi le giornate cominciano presto e finiscono tardi.”
DIAGNOSTICA Algoritmi predittivi
Un algoritmo per scoprire quale è la cura più adatta
N
a cura di Elena Riboldi on c’è una donna uguale a un’altra, né un tumore uguale a un altro. E questo è vero soprattutto nel caso del cancro al seno, una patologia estremamente eterogenea. Due pazienti affette da tumori apparentemente simili possono avere decorsi di malattia molto diversi e rispondere in maniera diversa alla stessa terapia. Per stabilire il trattamento più corretto in ogni situazione e anche ridurre gli effetti collaterali al minimo necessario, occorre prevedere il probabile andamento della malattia. A questo scopo i ricercatori stanno tentando di mettere a punto strumenti in grado di aiutare i medici a formulare la prognosi e a personalizzare l’intensità delle cure. È quanto hanno fatto, con un nuovo
algoritmo basato sull’analisi combinata di caratteristiche genomiche e caratteristiche cliniche, i ricercatori del Programma di Novel Diagnostics dell’Istituto europeo di oncologia (IEO), guidati da Pier Paolo Di Fiore e Salvatore Pece, rispettivamente direttore e vicedirettore del programma. La ricerca è stata sostenuta da Fondazione AIRC. L’obiettivo di questo strumento, presentato al recente congresso ASCO tenuto in forma virtuale, è personalizzare sempre più la terapia nelle donne con tumore mammario di tipo luminale, categoria cui appartengono i tre quarti di tutti i tumori al seno. Dai primi dati, l’algoritmo sembra essere in grado di predire il rischio individuale di metastasi e potrebbe orientare le scelte terapeutiche nella fase post-chirurgica, quella
I ricercatori stanno tentando di mettere a punto strumenti basati su test genetici e caratteristiche cliniche dei tumori per capire come personalizzare le cure nel cancro al seno della terapia medica cosiddetta adiuvante. “L’algoritmo si basa sulla combinazione di un predittore genomico – ovvero un insieme di 20 geni che formano una ‘firma molecolare’, chiamata StemPrintER, che abbiamo scoperto e validato un anno fa – con due parametri clinici: lo stato dei linfonodi e la dimensione del tumore” spiega Salvatore Pece. “In sostan-
za abbiamo creato un nuovo modello di rischio, che associa dati clinici e dati genomici. Abbiamo testato il modello su oltre 1.800 pazienti arruolate presso l’Istituto europeo di oncologia di Milano e abbiamo dimostrato che la sua capacità di stimare il rischio reale di sviluppare una recidiva fino a 10 anni è superiore agli strumenti comunemente usati nella pratica clinica.”
Un algoritmo unisce dati genetici e dati clinici
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DIAGNOSTICA Algoritmi predittivi Chemio sì o no? L’intervento chirurgico rimuove la massa tumorale, tuttavia esiste l’eventualità che qualche cellula maligna non venga eliminata e che, a distanza di tempo, possa portare a una ricaduta (recidiva) della malattia. La chemioterapia post-operatoria, anche detta adiuvante, serve a eliminare l’eventuale malattia residua. Le pazienti con un alto rischio di andare incontro a ricaduta hanno di conseguenza un’elevata probabilità di trarre beneficio dalla chemioterapia. Al contrario, le pazienti a basso rischio di recidiva hanno già una prognosi molto favorevole. In queste pazienti la chemioterapia potrebbe quindi causare effetti collaterali senza offrire un
maggior vantaggio in termini di sopravvivenza. L’oncologo deve perciò decidere, caso per caso, se prescrivere la chemioterapia, ma per farlo ha il non facile compito di stimare adeguatamente la prognosi. Un settore promettente La messa a punto di strumenti molecolari in grado di predire il rischio di metastasi tumorali è un campo in rapida espansione. “Il biomarcatore individuato da IEO è il primo strumento capace di indicare il grado di staminalità presente nel tumore mammario primario” spiega Pier Paolo Di Fiore. Le cellule staminali sono essenziali per la formazione delle metastasi e sono anche alla base della resi-
La ricerca punta su strumenti predittivi
SISTEMI SANITARI
Il problema resta il costo
L
a discussione sull’opportunità di proporre un test prognostico ad alcune categorie di donne con cancro al seno (e il dibattito su quali categorie eventualmente includere) coinvolge da diversi anni gli esperti della malattia. In Italia, i test molecolari multigenici prognostici (TMMP, così sono chiamati questi strumenti di analisi genetica) non sono al momento inseriti tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) e non sono quindi rimborsabili dal Sistema sanitario nazionale. I TMMP devono comunque essere prescritti dall’oncologo e deve essere la paziente a coprirne il costo, che si aggira attorno a 2.000-3.000 euro. Per il momento solo la provincia autonoma di Bolzano e la Regione Lombardia hanno deciso di rimborsare i test a un gruppo selezionato di pazienti per le quali ci sono sufficienti prove di vantaggi in termini di sopravvivenza e qualità di vita. Nelle altre Regioni vi sono discussioni in corso: se il test venisse prescritto solo a chi ne ha veramente bisogno, è probabile che l’alto costo verrebbe compensato dalla riduzione del numero di chemioterapie, trattamenti di per sé costosi.
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stenza alla chemioterapia nei tumori al seno. Altri studi condotti dal gruppo dello IEO hanno dimostrato che, se le cellule del tumore mammario hanno un elevato numero di caratteristiche staminali, la malattia è più aggressiva. Questo è vero anche nel caso in cui, all’esame istologico, il campione prelevato durante la biopsia o il tumore rimosso con l’operazione chirurgica abbiano l’aspetto di forme meno aggressive. Le caratteristiche di staminalità sono infatti dovute a geni la cui attività può essere misurata soltanto dai test molecolari. “Il nostro modello si può applicare sia alle pazienti con linfonodi negativi sia a quelle con pochi (da uno a tre) linfonodi positivi, cioè al gruppo che ha più bisogno di una predizione accurata del rischio di recidiva” spiega Salvatore Pece. “Sono queste pazienti, infatti, che in alcuni casi potrebbero essere curate con altrettanta efficacia con chemioterapie meno aggressive, limitando quindi gli effetti collaterali. D’altro canto, non si deve trascurare il rischio di sviluppare una recidiva a distanza di anni.” Algoritmi clinici… La prognosi di un tumore è infatti influenzata dallo stadio della neoplasia al momento della diagnosi e dalle sue caratteristiche molecolari, principalmente l’espressione dei recettori per gli ormoni femminili (estrogeni e progestinici) e della proteina HER2, che distinguono diversi sottotipi di cancro mammario. Lo strumento messo a punto dallo IEO non è l’unico esistente, anche è se uno dei pochi a includere la firma genetica. Analizzando i dati contenu-
ti nei registri tumori sono stati creati algoritmi che aiutano a prevedere l’esito del tumore al seno in fase iniziale e a stabilire se valga la pena di sottoporre la paziente alla chemioterapia adiuvante. Sono disponibili diversi software (i più conosciuti sono Adjuvant! Online, CancerMath, PREDICT) che utilizzano parametri clinici e dati ottenuti dall’anatomia patologica (dimensione e grado istologico del tumore, coinvolgimento dei linfonodi, positività per i recettori) per stimare la probabilità che dopo 5, 10 o 15 anni la paziente sia ancora senza evidenza di malattia a seconda che abbia fatto o meno i trattamenti post-operatori. … e con firme molecolari Gli algoritmi appena descritti non prendono però in considerazione, come detto, il rischio genomico. Confrontando il profilo di espressione genica di pazienti che avevano o non avevano avuto una ricaduta, sono stati identificati gruppi di geni, “firme molecolari”, che permettevano di distinguere le pazienti ad alto rischio di recidiva da quelle che avevano una probabilità minore di ammalarsi di nuovo. Ciò ha permesso di sviluppare test molecolari (Oncotype DX, MammaPrint) che, misurando l’espressione di un gruppo di geni nel tessuto tumorale, assegnano un punteggio o una categoria di rischio alla malattia. In base al risultato del test, eseguito su una piccola quantità di tessuto prelevato durante l’intervento chirurgico di rimozione del tumore, l’oncologo può valutare se la probabilità di riammalarsi sia tale da giustificare la chemioterapia
In questo articolo: test genetici cancro al seno terapia adiuvante
adiuvante. La famiglia dei test molecolari multigenici si è ingrandita con l’avvento di test di seconda generazione (alcuni dei quali vanno sotto il nome di EndoPredict, Prosigna, Breast Cancer Index). Infine, per ottenere strumenti ancora più affidabili, vengono combinati dati clinici e dati molecolari, come hanno fatto anche i ricercatori dello IEO. Quando non servono I test molecolari servono per decidere se fare o non fare la chemioterapia adiuvante. Nei tumori avanzati (cioè a partire dallo stadio III) la chemioterapia è considerata necessaria, mentre in alcune pazienti viene esclusa a priori a causa dell’età o di altre patologie che espongono a possibili complicanze. In situazioni del genere, i test molecolari prognostici non sono utili: si tratta infatti di strumenti che sono stati messi a punto e validati su tumori mammari in stadio iniziale e quindi possono essere utilizzati solo per quest’ultimi. Le principali società scientifiche, tra cui la Società americana di oncologia clinica (ASCO) e la Società europea di oncologia medica (ESMO), hanno stilato delle linee guida in cui raccomandano o meno l’utilizzo dei vari test molecolari in base al sottotipo di tumore. Le raccomandazioni sono fondate sull’esistenza di prove considerate sufficientemente solide riguardo all’utilità di questo tipo di esami in un certo contesto. I test non sono raccomandati nei tumori HER2-positivi e in quelli tripli negativi, mentre i pareri sul loro utilizzo in pazienti con linfonodi positivi sono discordanti. OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 9
TESTIMONIANZE Start-Up Grant
“Lavoro con il sorriso. Ed è un lusso impagabile” Grazie a un Grant Start-Up, Teresa è tornata da due anni in Italia per avviare un proprio gruppo di ricerca che intende mettere a punto una nuova immunoterapia per il tumore del pancreas
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a cura dI ANTONINO MICHIENZI ilano, Boston, Londra, Houston e adesso di nuovo Milano. Gli ultimi dieci anni di Teresa Manzo, milanese, classe 1983, sono stati un lungo percorso che a ogni tappa l’ha arricchita di qualcosa di nuovo: competenze, un compagno, due bambini. E che ora, grazie a un Grant Start-Up di Fondazione AIRC, l’ha riportata a Milano dove guida un gruppo di ricerca all’Istituto europeo di oncologia. Il suo viaggio inizia quando, durante il dottorato in immunologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele, decide di trascorrere un periodo alla Harvard University. Teresa aveva sviluppato una possibile terapia contro il tumore della prostata usando linfociti T per riconoscere e colpire le cellule tumorali e ad Harvard
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voleva capire meglio come le cellule immunitarie aggredivano il tumore. Dopo il ritorno in Italia, si reca a Londra allo University College. “Ma a Boston avevo conosciuto il mio attuale compagno: Luigi. Dopo due anni tra Skype call, voli transcontinentali e jet lag, abbiamo deciso che uno dei due avrebbe raggiunto l’altro” racconta Teresa. A trasferirsi è lei, a Houston, allo MD Anderson Cancer Center. “Lì ho incontrato l’America vera.” E l’etica del lavoro americana. A Houston, Teresa e Luigi coronano due sogni: un progetto di ricerca a cui lavorano insieme, pubblicato sul Journal Experimental of Medicine, e una famiglia con la nascita di Leonardo e Lara. Dopo tre anni Teresa e Luigi decidono di tornare. “Dall’Italia sono partita per scelta, per fare esperienze professionali e personali. E per scelta siamo tor-
nati, anche per restituire al nostro paese ciò che ci ha dato, in primis una formazione di ottimo livello e gratuita!” Al ritorno, la più grande paura è non avere fondi a sufficienza per fare della buona ricerca. Ma Teresa diventa uno dei pochissimi scienziati capaci di aggiudicarsi uno Start-Up Grant di AIRC, un finanziamento quinquennale che permette a giovani ricercatori che rientrano in Italia di costituire un proprio gruppo di lavoro. “È un bando sui generis” racconta “sia per l’entità del finanziamento, sia per la durata. Due condizioni essenziali per impiantare da zero un laboratorio, fare tutto al meglio ed essere competitivi a livello internazionale. AIRC mi ha permesso di tornare a casa senza dover fare compromessi.” Oggi allo IEO Teresa continua a cercare di mettere a punto un’immunoterapia efficace contro il tumore del pancreas. “Lavoro sui linfociti T CD8, cellule del sistema immunitario che potrebbero combattere il tumore se questo non mettesse in atto strategie capaci di renderli meno efficaci o ucciderli. Noi vogliamo modificarli geneticamente per aumentarne la capacità di riconoscere le cellule tumorali e renderli resistenti alle strategie che il tumore adotta per neutralizzarli” spiega Teresa, che nei mesi scorsi ha incontrato alcuni dei donatori che hanno sostenuto il programma Start-Up. “Mi piace tanto raccontare il mio lavoro alle persone che ci sostengono e far capire loro perché è così importante il loro contributo” dice. Intanto lei continua a dividersi tra il laboratorio e il ruolo di mamma. “Avete presente le famiglie perfette? Con la casa in ordine, sempre puntuali?” dice. “Ecco, noi non siamo così. È tutto molto disordinato ma anche molto divertente. Faccio il possibile per essere presente con i miei bimbi ma ho sempre il senso di colpa di non dedicare loro abbastanza tempo. Però c’è tanta passione in quel che faccio, e voglio insegnare a Leonardo e Lara che nella vita fare ciò che ti piace è una fortuna da guadagnarsi con fatica, ma che poi ti permette di lavorare con il sorriso… un lusso impagabile!”
TESTIMONIANZE Grandi Donatori
In viaggio per rendere il cancro sempre più curabile Francesca è una travel blogger di successo che a 35 anni ha incontrato il cancro sulla sua strada. Ha deciso di prendersi una rivincita sulla vita e sostenere la ricerca oncologica
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a cura dI ANTONINO MICHIENZI ul web è nota come Fraintesa, ma all’anagrafe si chiama Francesca Barbieri. Nata nei pressi di Modena 37 anni fa, ha studiato lingue tra l’Austria e il Regno Unito, fatto l’interprete e lavorato nel campo del social media marketing, fino a quando, nel 2009, ha creato un blog per raccontare la sua più grande passione: i viaggi. Nato come un gioco, oggi “I viaggi di Fraintesa” (questo il nome del suo blog) è diventato un lavoro; la porta in giro per il mondo a conoscere e raccontare le abitudini e le attrazioni delle mete più ambite del pianeta. Proprio durante uno dei suoi viaggi Francesca si accorge di un piccolo nodulo sul seno. La massa viene rimossa
e dalla biopsia arriva il responso che nessuno si aspettava: un tumore al seno molto aggressivo. Francesca si sottopone a una seconda operazione, ai trattamenti per preservare la fertilità, a 16 sedute di chemioterapia. Sono mesi lunghi, in cui esistono due Francesca: una che lotta contro il cancro, l’altra che continua ad animare il suo blog usando tutti i trucchi possibili per nascondere la malattia. Dopo aver finito la chemio, però, Francesca svela il suo segreto in un video. “Mi sono trovata davanti a una scelta: tenere per me questa esperienza o, come ho deciso infine di fare, condividerla, facendomi sicuramente un po’ di male ma aiutando persone che si trovavano nella stessa situazione” racconta. Nel video, la blogger ha anche annunciato di voler partire per un giro del mondo in solitaria e impegnarsi nella lotta al cancro. “Era un modo di prendermi una rivincita sulla malattia e celebrare la vita realizzando un sogno che coltivavo da anni. Volevo tirare fuori qualcosa di buono da una situazione che di buono non ha niente.” Ha lanciato così una raccolta fondi, raccogliendo 18.000 euro; la metà di essi è stata donata ad AIRC. “Se io sono qui a raccontare la mia storia è anche grazie ai progressi che ha fatto la ricerca in campo medico” dice. “Quanto alla scelta di AIRC, conoscevo la fondazione, e per me rappresenta una certezza nel mondo della ricerca. Ha l’obiettivo di curare tutte le malattie oncologiche e mi sembrava giusto provare ad aiutare più persone possibili. Io non sono un medico, quindi dialogare con persone che ne sapevano di più e investivano in qualcosa di costruttivo era fondamentale.” Non è stata casuale nemmeno la destinazione della donazione al progetto Start-Up, che sostiene il rientro di giovani ricercatori dall’estero per avviare un laboratorio di ricerca in Italia: “Io nel mio piccolo ho cercato di lasciare un segno, perché voglio costruire un mondo migliore, quindi, anziché lamentarmi, ho preferito dare un contributo costrut-
tivo qui in Italia. Sono fortunata perché ho potuto curarmi nel nostro Paese, dove le cure sono gratuite, quindi era anche un modo per restituire quanto avevo ricevuto”. Intanto, per Francesca sono cambiati anche i rapporti con i follower: in molti le scrivono per raccontare la loro esperienza con il cancro, le paure, per chiederle consigli. E la sua vita online è diventata un gioco di equilibrismo tra la leggerezza dei viaggi e le difficoltà della malattia. “Racconto due lati della stessa medaglia che rispecchiano perfettamente la vita.”
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Vuoi fare una grande donazione? Contattaci! Se desideri partecipare alla lotta in prima linea contro il cancro, puoi scegliere anche tu, come Francesca, di sostenere il progetto Start-Up. Con una donazione di 5.000 euro contribuirai in modo importante a far rientrare in Italia i più brillanti tra i nostri giovani ricercatori e, se lo vorrai, potrai legare la tua donazione al nome di una persona cara. Per ricevere maggiori dettagli contatta Anna Massimiliani dell’ufficio Grandi Donatori.
Tel. 02 779 72 94 anna.massimiliani@airc.it
EPIDEMIOLOGIA Registri tumore
I database che mostrano come intervenire I registri tumore sono nati per conteggiare i nuovi casi di cancro e prendere nota del destino di chi si ammala: col tempo sono diventati strumenti preziosi per orientare sia la ricerca sia gli interventi di sanità pubblica, come ha dimostrato la recente pandemia
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a cura della REDAZIONE enza conoscere i dati della diffusione di una malattia è difficile valutare la sua importanza, stabilire priorità nella ricerca e organizzare l’assistenza e le
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cure.” Così esordisce Paolo Vineis, professore di epidemiologia all’Imperial College di Londra, spiegando l’importanza di raccogliere e organizzare le informazioni sulla comparsa di nuovi casi di una qualsiasi patologia. “È una realtà che
Database
Gli obiettivi del registro europeo
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o European Cancer Information System (ECIS), sostenuto dalla Commissione europea, ha lo scopo di: monitorare il peso delle malattie oncologiche (e come questo cambia nel tempo) in tutta Europa; valutare l’importanza della malattia oncologica e le sue prevedibili evoluzioni future; mostrare l’effetto degli interventi di salute pubblica che hanno come scopo la riduzione dell’incidenza del cancro; costituire un riferimento di base per le ricerche epidemiologiche, in modo che tutti i ricercatori possano utilizzare gli stessi numeri di partenza; fornire informazioni per possibili ricerche sulle cause nascoste dei tumori, così come sulle migliori pratiche di prevenzione, cura e controllo; fornire informazioni e strumenti educativi per il pubblico generalista in modo da spiegare le differenze nell’incidenza dei tumori tra le diverse popolazioni.
In questo articolo: registri tumore prognosi qualità di vita
abbiamo toccato con mano durante la recente pandemia, quando la raccolta dei dati è diventata cruciale per organizzare la risposta sanitaria, ma che è nota da tempo nel campo dell’oncologia, uno dei settori nei quali si è fatto un grande sforzo con la creazione di appositi registri su base locale, regionale o nazionale.” Gli effetti della pandemia La raccolta dei dati è considerata talmente importante che l’International Association of Cancer Registries (IACR), l’ente internazionale che coordina le diverse realtà nazionali responsabili di questo compito, ha lanciato, nei primi giorni del mese di maggio, un’indagine per valutare quanto la pandemia abbia influenzato l’attendibilità dei numeri e il lavoro quotidiano degli addetti. “Sono stati coinvolti 218 registri che raccolgono dati sui tumori in 90 Paesi” spiegano gli esperti dell’IACR. “In due casi su tre abbiamo scoperto che l’attività è stata interrotta per mancanza di personale o di fondi. Nel 71 per cento dei casi il personale addetto alla classificazione e registrazione dei tumori è stato a sua volta colpito da COVID-19.” Ciò significa che, nei prossimi mesi e anni, tutti i dati sull’incidenza del cancro (cioè sulla comparsa di nuovi casi) dovranno probabilmente essere riconsiderati alla luce delle difficoltà di ottenere numeri attendibili, perché non tutti i casi sono stati debitamente segnalati a chi ne deve tenere conto. Per supplire in parte a questo inconveniente sono na-
ti alcuni nuovi registri con obiettivi specifici, come la segnalazione dei casi di COVID-19 tra i malati di cancro. Uno dei più attivi, TERAVOLT, dedicato al cancro del polmone, è stato promosso dalla ricercatrice italiana Maria Chiara Garassino. “Abbiamo pubblicato a metà giugno sulla rivista Lancet i primi risultati della nostra attività. Siamo partiti dall’Italia ma abbiamo rapidamente coinvolto oltre 160 istituzioni di 21 Paesi diversi. Ognuno di loro ha segnalato al registro comune quanti malati di cancro al polmone sono stati anche contagiati da COVID-19, che caratteristiche avevano, che cure avevano fatto e quale è stato l’esito della malattia. Questo ci ha permesso di capire più rapidamente in che modo trattarli efficacemente, bilanciando i rischi legati alla pandemia con quelli legati alla malattia oncologica.”
ti dai 150 registri nazionali e regionali di 25 Paesi europei e 7 non europei, e li rende tra loro uniformi. Si tratta di un database di oltre 35 milioni di casi di tumore, contenente tutte le informazioni correlate potenzialmente utili per la ricerca e la cura: un patrimonio prezioso per i ricercatori che aiuta anche lo IARC di Lione, l’agenzia delle Nazioni unite per lo studio dei tumori, a fornire previsioni e stime. Inoltre include i dati di Eurocare, una grande piattaforma che raccoglie le informazioni sulla sopravvivenza dei malati di tumore nei diversi Paesi, per cercare di capire che cosa determina le eventuali differenze e che cosa si può fare per migliorare i risultati ottenuti dai Paesi meno efficienti. La raccolta delle informazioni sui tumori è un processo sistematico e continuo che richiede non solo di aver accesso ai numeri, ma anche di interpretarli e riportarli in modo corretto agli esperti e ai cittadini. “Vi sono molti studi importanti che dipendono dalle informazioni provenienti dai registri” spiega ancora Vineis. “Tra questi, lo studio EPIC, che analizza l’impatto degli stili di vita sulla comparsa della malattia.” A dipendere dalla disponibilità dei dati c’è anche Rarecare, un progetto di sorveglianza dei tumori rari in Europa (ovvero quelli che compaiono in meno di 6 persone ogni 100.000, ma che nel complesso costituiscono ben il 22 per cento di tutti i casi di cancro). Più
Un consorzio europeo per confrontare i dati
Uno sforzo congiunto Il cancro è una delle cause di morte più comuni in Europa. Per questa ragione nel 2009 la Commissione europea ha lanciato Azione comune contro il cancro, che tra gli obiettivi aveva anche quello di mettere ordine nei numeri e nei dati epidemiologici, raccolti in modo diverso nei diversi Paesi: una differenza che rende complicato fare ricerca e che è stata in parte superata con la creazione, nel 2018, dello European Cancer Information System (ECIS), una sorta di database sovranazionale che raccoglie i dati provenien-
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EPIDEMIOLOGIA Registri tumore
raro è un tumore, più importante è avere accesso a un registro che raggruppi le caratteristiche dei pochi casi noti. Mancanza di uniformità Se qualcosa si muove a livello organizzativo in Europa, rimane il problema di chi sostiene e sovvenziona i registri tumore a livello nazionale. In Italia, per esempio, l’Ass ociazione italiana registri tumore (AIRTUM) è un ente non profit che stabilisce convenzioni con diverse realtà che si occupano di ricerca e cura del cancro, ma non dipende direttamente
da istituzioni pubbliche, anche se è riconosciuto dal Ministero della salute e da quello della ricerca. Ana-Maria Forsea, docente di dermatologia dell’Università di Bucarest, ha pubblicato nel 2016 uno studio in cui faceva il punto sui registri tumore in Europa (e in particolare su quelli dedicati a “contare” i casi di melanoma): la ricerca è ormai datata, ma alcuni problemi che metteva in luce (la diversità delle metodologie di raccolta dei dati, la mancanza di organizzazione e di supporto) sono ancora validi. Per questo, nell’ambito del prossimo programma quadro per la ricerca in Europa, nel contesto della missione che ha come obiettivo proprio la ricerca sul cancro, sono previsti fondi per rendere il sistema più integrato ed efficiente, in particolare nei Paesi dell’Est dove la raccolta
Ogni paese utilizza standard diversi per la raccolta
Il vantaggio di lavorare come fa la natura
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delle informazioni è una pratica recente. “È importante incentivare la creazione dei cosiddetti registri di popolazione” scrive Forsea “ovvero di quelli che raccolgono informazioni su tutti i pazienti, non solo su quelli che sono in ospedale. I registri ospedalieri e specialistici sono importanti, ma forniscono un’immagine parziale di ciò che accade e, soprattutto, non riescono a mettere bene in luce eventuali diseguaglianze tra Paesi e regioni.” Una lezione dal Nord Europa I Paesi del Nord Europa, segnala lo studio di Forsea, sono i più avanzati in termini di raccolta delle informazioni: i loro registri, come per esempio il Registro norvegese per i melanomi, raccolgono sia i dati epidemiologici sia quelli clinici e sulle abitudini di vita e di lavoro. Inoltre tengono conto della disponibilità di programmi di screening e dell’adesione della popolazione agli stessi (tutti elementi che fanno diminuire il numero dei casi). In Gran Bretagna, per alcuni tumori come i tumori alla prostata, si stanno raccogliendo dati che vanno ben oltre la diagnosi e includono informazioni sulle cure somministrate e sulla loro efficacia, nonché sul destino dei pazienti dopo il trattamento (è questo lo scopo del proget-
to Life After Prostate Cancer). Il Cancer Data Dashboard dell’Inghilterra mostra invece cosa si può fare con un buon registro regionale che include tutti i tumori più comuni (mammella, polmone, colonretto, prostata), fornendo indicazioni precise anche sulla qualità di vita riportata dagli studi e dai pazienti stessi. La nuova sfida dei registri è diventare sempre più generali (includendo informazioni di tipo biologico e molecolare da un lato, e legate agli stili di vita dall’altro) e allo stesso tempo sempre più specialistici, come sta succedendo per esempio nel campo dell’ematologia, dove si tende a creare un registro per ogni forma di leucemia, spesso distinguendo persino tra forme adulte e forme pediatriche. Lo scopo dei grandi database è anche quello di verificare in che modo il cancro è influenzato (o influenza) altre patologie, incluse le malattie psichiatriche, e di registrare gli eventuali effetti collaterali delle malattia e delle cure, mentre i database più piccoli vogliono fornire una fotografia precisa anche a livello molecolare, per orientare sia la ricerca sia la messa a punto di nuovi farmaci. “Infine non dimentichiamo che uno dei compiti dell’epidemiologia è anche aiutare la prevenzione, indicando quali sono le azioni più efficaci a questo scopo” conclude Vineis. “Per questo dobbiamo seguire anche le persone sane, prima che si ammalino, per poter mettere in relazione le loro caratteristiche con le malattie che si potranno trovare a fronteggiare nella vita.”
DOPO L’EMERGENZA Liste d’attesa
Non dimenticare screening e controlli La sospensione delle attività sanitarie ordinarie durante il lockdown ha un effetto a lungo termine soprattutto sulla tempestività della diagnosi. I primi dati pubblicati dalle riviste mediche confermano l’allarme e invitano anche i pazienti a non trascurare controlli e sintomi
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a cura di DANIELA OVADIA ette malati di cancro su 10 hanno avuto paura di recarsi in ospedale durante la fase più acuta della pandemia, un timore che non è cessato con l’attenuarsi dei contagi. Lo afferma la più importante indagine pubblicata finora sui pazienti oncologici e la pandemia, promossa dagli Ospedali riuniti di Ancona e portata a termine su oltre 700 pazienti provenienti da tutta Italia. I risultati sono stati diffusi nello scorso mese di luglio. Il 53 per cento degli intervistati ha dichiarato di temere che la chemioterapia possa aumentare le probabilità di contagio (una evenienza purtroppo confermata dalla letteratura scientifica attualmente disponibile) e il 35 per cento teme lo stesso per l’immunoterapia (anche se, su questo fronte, i dati sono invece più rassicuranti). L’oncologia italiana è pienamente promossa dai pazienti: il 93 per cento degli interpellati dichiara che lo staff sanitario è stato sempre raggiungibile
via telefono o mail anche nei mesi di maggiore emergenza; per il 97 per cento dei malati, i centri oncologici hanno rispettato le norme di sicurezza stabilite dalle autorità; otto malati su 10 ritengono che il personale medico e sanitario abbia prestato la giusta attenzione alle loro ansie e preoccupazioni relative alla pandemia; l’89 per cento degli interpellati afferma di avere ricevuto indicazioni precise sui dispositivi di protezione individuale (guanti o mascherine) quando dovevano recarsi in ospedale.
Il contenimento del danno
Durante la primavera, quindi, nella fase più acuta dei contagi, gli oncologi italiani hanno compiuto uno sforzo notevole per evitare danni ai propri pazienti. Alessandro Gronchi, presidente della Società italiana di chirurgia oncologica e responsabile della chirurgia dei sarcomi all’Istituto nazionale dei tumori di Milano, conferma per esem-
pio che l’accesso alle sale operatorie è stato necessariamente ridotto e limitato ai casi più urgenti, ma che gli interventi non rimandabili sono stati comunque eseguiti. “Tutti i pazienti che avevano bisogno di un intervento salvavita sono stati trattati, e questo sia nelle Regioni più colpite sia in quelle dove l’epidemia è stata per fortuna più contenuta. Ovviamente si è dovuto fare i conti con la mancanza di posti in terapia intensiva, spesso necessaria dopo gli interventi più importanti e invasivi, ma nei centri specializzati sono state riservate postazioni per la fase postchirurgica.” Sul piano delle terapie, invece, si è fatto ricorso, per quanto possibile, alle chemioterapie domiciliari o a percorsi assistenziali particolarmente protetti. L’Istituto superiore di sanità ha infatti prodotto una serie di indicazioni sia per il passaggio alle cure domiciliari di tutti i pazienti oncologici per i quali questa soluzione era percorribile – per esempio, quando possibile, sostituendo i farmaci chemioterapici da somOTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 15
DOPO L’EMERGENZA Liste d’attesa
ministrare per via endovenosa con farmaci per via orale – sia per potenziare i servizi di assistenza domiciliare.
Diagnosi ritardate Tutto ciò è servito a proteggere i pazienti più fragili durante la fase acuta, ma a che prezzo? Cosa è accaduto per esempio ai pazienti con sintomi sospetti che non avevano ancora potuto sottoporsi a esami di controllo? I dati stanno emergendo in questo periodo, anche grazie a una serie di studi internazionali, e mostrano che l’effetto più negativo si è avuto sulla tempestività delle diagnosi. Uno studio pubblicato sulla rivista Lancet racconta, per esempio, quanto è accaduto in Gran Bretagna, un Paese il cui sistema sanitario è per molti versi simile a quello italiano, con medici di medicina generale che spesso sono il primo punto di contatto tra chi presenta disturbi e gli specialisti che poi li prendono in carico per le cure. “Durante i mesi di maggior diffusione del virus, i medici di medicina generale hanno sconsigliato ai propri pazienti di recarsi presso gli ambulatori” spiega Daniel Jones, esperto di cure primarie in oncologia presso l’Università di Leeds, autore dello studio. “La maggior parte dei consulti, in Gran Bretagna come anche in Italia, sono avvenuti via telefono. E, per quanto bravo, può capitare che un medico sottostimi la gravità di un sintomo se non vede il paziente, specie se il cancro è nelle fasi iniziali. A ciò si è aggiunta la difficoltà di accedere ai test diagnostici, anche ai più semplici come le radiografie o gli esami del sangue. Il risultato è stato che il numero di cancri diagnosticati nel periodo di lockdown è diminuito, e questo fa supporre che verranno diagnosticati tardivamente, in una fase spesso più avanzata.”
Emergenza screening Durante l’epidemia sono stati anche sospesi, in tutti i Paesi colpiti, gli esami di screening: l’eventuale vantaggio frutto di una diagnosi di tumore anticipata non giustificava il rischio di contagiarsi recandosi in ospedale. Il ritardo nelle campagne di screening è ancora un problema dopo la fine della fase acuta dell’emergenza, perché la riapertura dei servizi diagnostici è avvenuta gradualmente e con norme di distanziamento che ne riducono la capacità. Tutto ciò porterà inevitabilmente a una ulteriore riduzione delle diagnosi precoci e a un aumento dei casi di tumore identificati in fasi prevedibilmente più avanzate. Lo conferma Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione nuovi farmaci dell’Istituto europeo di oncologia a Milano e professore di oncologia medica: “Stiamo già vedendo casi più avanzati rispetto a quanto normalmente capitava fino a pochi mesi fa, in particolare per i tumori per i quali esistono screening come i tumori al seno e al colon, per non parlare del tumore al polmone. Ciò richiederà uno sforzo anche in termini di ricerca clinica per cercare di recuperare, per quanto possibile, il tempo perso a causa dell’epidemia”. Il dato è confermato da un altro studio pubblicato da Lancet a opera di
La visita al telefono è utile ma non risolutiva
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un gruppo di esperti dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam. “I dati del Registro nazionale tumori olandese, per il periodo da fine febbraio a metà aprile 2020, mostrano una diminuzione notevole dei casi segnalati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente” spiegano gli autori. “L’effetto più pronunciato è stato riscontrato per il cancro della pelle, in tutte le fasce di età e tutti i gruppi di pazienti, ma è evidente per praticamente qualsiasi tipo di tumore.” Le cause, secondo gli esperti, sono tre: innanzitutto, le persone con sintomi aspecifici di cancro (cioè sinto-
Le misure per snellire le liste d’attesa
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l centro studi Nomisma ha calcolato, a fine maggio scorso, che sono quasi 4 milioni gli screening oncologici che dovranno essere recuperati per via della sospensione durante il lockdown. Una mole di lavo-
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ro difficile da smaltire senza un piano strategico che molte Regioni hanno già preparato. La Puglia, per esempio, ha attivato convenzioni con strutture private e liberi professionisti, ma il problema principale è la dispo-
In questo articolo: COVID-19 ritardo diagnostico screening
mi così generici da poter essere attribuiti ad altri disturbi banali) hanno incontrato difficoltà a farsi visitare; in secondo luogo, il passaggio alla telemedicina ha rallentato la prescrizione dei test di controllo; terzo, gli ospedali hanno chiuso gli accessi per tutti i casi non evidentemente urgenti, riallocando le risorse alla gestione della pandemia e operando per ridurre i rischi di infezione da COVID-19 all’interno degli ospedali. Le campagne nazionali di screening per il tumore al seno, al colon e all’utero sono state sospese, così come è accaduto in Italia.
nibilità di ambulatori e macchinari, dal momento che sale d’aspetto e macchine devono essere sanificate tra una visita e l’altra. La Regione Lombardia, con una delibera specifica, ha fornito indicazioni simili e allungato gli orari di apertura di ambulatori e servizi pubblici. La Campania ha calcolato che sarebbero circa 30.000 le pre-
Controllarsi serve, appena si può Dalla Gran Bretagna arriva un ulteriore allarme, più generale. “I programmi di screening consentono il 5 per cento delle diagnosi di cancro ogni anno” spiega Jones. “È importante che non passi l’idea che si tratti di esami di cui si può fare a meno. Non è così. Sono stati sospesi in una situazione del tutto eccezionale, nella quale il numero di vite salvate rischiava di essere superato dal numero di vite perse per contagi evitabili. Per fortuna queste situazioni sono estre-
mamente rare. Già ora, benché l’epidemia sia ancora attiva, le conoscenze su COVID-19 e sulla prevenzione e il trattamento di questa malattia fanno pendere la bilancia a favore della ripresa degli screening. I pazienti devono sapere che è tempo di tornare a fare i controlli.” Secondo gli esperti britannici sono necessarie campagne di informazione per invitare i cittadini a non trascurare i sintomi di allarme e a rivolgersi nuovamente ai medici per una diagnosi tempestiva, mentre i servizi di prima diagnosi e di screening devono essere potenziati per permettere di smaltire in fretta gli arretrati.
stazioni non effettuate da recuperare, tra visite e interventi chirurgici, anche se il maggiore centro oncologico della Regione, la Fondazione Pascale, ha annunciato di non avere liste d’attesa più lunghe del solito poiché non ha mai smesso di lavorare anche durante il lockdown: l’attesa per la chirurgia senologica è di circa 30 giorni (come prima dell’epidemia),
mentre per la radioterapia sono sufficienti 48 ore. Infine, l’Emilia-Romagna ha attivato un protocollo di “triage di fragilità”: i medici di famiglia sono invitati a valutare l’urgenza delle visite e ad assegnare a ciascun paziente un ordine di priorità, privilegiando le categorie più fragili, tra le quali gli anziani, i pazienti oncologici e i sospetti tali.
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RICERCA CLINICA Dieci domande
Tumore al pancreas, le dieci prioritĂ Un gruppo di esperti e di pazienti in Germania ha stilato la classifica delle 10 domande piĂš importanti alle quali occorre trovare una risposta per migliorare il trattamento per questo tumore ancora difficile da curare
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In questo articolo:
EPIDEMIOLOGIA
tumore al pancreas ricerca clinica medicina personalizzata
a cura di CRISTINA FERRARIO na top ten molto speciale che racchiude in 10 punti i quesiti ancora aperti sul trattamento del tumore al pancreas e sul suo impatto sulla vita dei pazienti: è il risultato di un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Lancet Oncology da un gruppo di ricercatori tedeschi in collaborazione con la James Lind Alliance, un’associazione di pazienti del Regno Unito. “A differenza di quanto accade per altri tumori, per i quali sono stati già definiti diversi trattamenti efficaci e si cerca ora di aggiustare il tiro per poter curare tutti i pazienti, lo scenario nel tumore al pancreas è piuttosto diverso e più arretrato” spiega Giampaolo Tortora, direttore dell’Unità operativa complessa di oncologia medica e del Comprehensive Cancer Center al Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma. “Abbiamo ancora bisogno di rispondere a domande più generali. In tale contesto il lavoro dei colleghi tedeschi è molto importante” aggiunge l’esperto.
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volto nella selezione delle 10 priorità anche i pazienti, chi si occupa di loro (caregiver) e chi investe nella ricerca oncologica, ovvero le fondazioni e le associazioni. E in effetti almeno la metà delle domande di questa speciale classifica mette espressamente al centro il paziente, la sua qualità di vita e le sue necessità. Secondo la classifica, infatti, oltre a chiedersi quale sia la terapia migliore in ciascuno stadio di malattia o nel caso di malattia metastatica, clinici e ricercatori dovrebbero riuscire a capire come “cucire” il trattamento su misura per ogni paziente, ricordando sempre l’importanza della qualità di vita e spiegando al paziente come affrontare ogni giorno le terapie e i loro effetti collaterali.
Domande generali cui trovare risposta
IL PARERE DEGLI SCIENZIATI MA NON SOLO “Le domande cui i ricercatori ritengono sia più urgente dare una risposta non sempre coincidono con quelle ritenute tali dai pazienti, da chi si prende cura di loro e dai professionisti del settore sanitario” scrivono gli autori dell’articolo. Ecco perché gli esperti tedeschi hanno coin-
TANTO ANCORA DA SCOPRIRE Un dato è chiaro: oltre la metà dei casi di tumore al pancreas viene diagnosticata quando la malattia è già metastatica. “Le ragioni sono molteplici” spiega Tortora, ricordando per esempio che i sintomi iniziali sono piuttosto generici e non fanno pensare subito a un cancro pancreatico. “Inoltre stiamo imparando solo ora a conoscere la vera natura di questa malattia” aggiunge. “Dal punto di vista biologico, infatti, il tumore al pancreas presenta caratteristiche specifiche che lo rendono diverso dagli altri tumori e fanno sì che le terapie disponibili ed efficaci in altre neoplasie non funzionino in questo caso.”
I NUMERI DEL TUMORE DEL PANCREAS
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l tumore al pancreas è relativamente poco diffuso, ma resta in testa alla classifica delle neoplasie più letali. “Si prevede che nel 2030 sarà la seconda causa di morte oncologica dopo i tumori al polmone, che però sono molto più frequenti” dice Giampaolo Tortora. In Italia ogni anno si registrano circa 13.000 nuovi casi di tumore al pancreas e la sopravvivenza attesa a 5 anni non raggiunge il 10 per cento. E sembrano cambiati anche i pazienti. “Fino a 10-15 anni fa l’incidenza più alta si registrava tra i 70 e gli 80 anni. Oggi stiamo vedendo pazienti che hanno spesso meno di 60 anni, talvolta anche più giovani” spiega l’esperto, basandosi anche sulla propria esperienza quotidiana in clinica.
La prima differenza si nota nella struttura stessa del tumore, molto ricca di stroma, un tessuto di sostegno che non è inerte come si pensava un tempo ma è composto da cellule che producono sostanze attive che favoriscono la crescita tumorale. “In questo contesto persino i macrofagi, cellule che dovrebbero difendere l’organismo, diventano pro-tumore” afferma l’esperto, ricordando inoltre che il
tumore del pancreas non ha molti vasi sanguigni, a differenza della maggior parte dei tumori. “A causa di questa caratteristica è anche difficile fare arrivare a destinazione i farmaci” spiega. Infine i dati molecolari dimostrano che nel cancro pancreatico i geni oncosoppressori (geni che bloccano la crescita del tumore) spesso non funzionano, mentre alcuni oncogeni (geni che sostengono il
NUTRIZIONE
A TAVOLA DOPO LA DIAGNOSI
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a nutrizione può avere un ruolo importante anche durante le terapie e dopo l’intervento chirurgico per il tumore al pancreas. Ecco alcune raccomandazioni generali che i pazienti con questo tumore dovrebbero seguire: Limitare al massimo insaccati, alimenti ricchi di grassi, fritti, alcol e tutti i cibi che richiedono un superlavoro da parte del pancreas e del fegato. Privilegiare frutta, verdura, cereali integrali, legumi e pesce. Includere le carni bianche nella dieta con frequenza moderata. Mantenere un buon apporto proteico, evitando invece gli zuccheri raffinati. “Questi sono i consigli più efficaci per modulare la flora intestinale. È anche possibile magari aiutarsi con pro e prebiotici, ma bisogna sempre discutere queste opzioni con il medico curante” spiega Giampaolo Tortora.
RICERCA CLINICA Dieci domande
OBIETTIVI
DIECI DOMANDE A CUI DARE RISPOSTA
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cco di seguito le dieci domande identificate dagli esperti tedeschi alle quali occorrerà trovare una risposta nei prossimi anni. Come è possibile identificare il miglior trattamento (chirurgia o chemioterapia) per ciascun paziente? L’estensione dell’intervento chirurgico (rimozione dei linfonodi, resezione del pancreas…) influenza la sopravvivenza e la qualità di vita? Quali sono i trattamenti migliori per le complicazioni dopo la chirurgia del pancreas? Qual è la terapia più efficace per le metastasi da tumore al pancreas? Come possono essere evitati gli effetti avversi e i danni a lungo termine dei trattamenti previsti per questa malattia? La nutrizione influenza la sopravvivenza o la qualità di vita dei pazienti con tumore al pancreas (dopo la chirurgia o durante la chemioterapia)? Come è possibile offrire ai pazienti con tumore al pancreas un pacchetto di trattamento completo (che prenda in considerazione, tra gli altri, sopravvivenza, qualità di vita, mobilità, autonomia)? Quali sono i trattamenti chemioterapici migliori per i diversi stadi del tumore del pancreas? Come si possono spiegare ai pazienti gli obiettivi di trattamento (qualità rispetto a prolungamento della vita) nel contesto di cure palliative (ovvero quando non si può agire per guarire la malattia)? Quali delle nuove opzioni di trattamento per il tumore del pancreas (CRISPR/Cas9, terapia ormonale) sono efficaci?
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tumore) sono mutati e quindi più attivi del normale. MULTIDISCIPLINARIETÀ ED ESPERIENZA A conti fatti, i pazienti operabili al momento della diagnosi sono davvero pochi – il 15 per cento circa – e negli ultimi anni chirurghi e oncologi hanno lavorato a stretto contatto per definire i migliori criteri per il trattamento, inclusa la chirurgia. Collaborazione tra i diversi specialisti e multidisciplinarietà sono in effetti le parole chiave per gestire al meglio ogni singolo paziente. “L’intervento chirurgico per il tumore al pancreas non può essere eseguito ovunque. Di fronte a questa malattia è più che mai importante rivolgersi a centri specializzati, che abbiano una buona esperienza sul campo e un numero abbastanza elevato di casi” spiega Tortora, ricordando poi le opzioni terapeutiche oggi disponibili. Si tratta essenzialmente di farmaci chemioterapici (fluorouracile, irinotecano, oxaliplatino, gemcitabina, nab-paclitaxel, capecitabina), mentre al momento le terapie a bersaglio molecolare possono essere utilizzate solo nel 10 per cento dei pazienti e l’immunoterapia non sembra funzionare.
PROSPETTIVE INTERESSANTI La sempre più approfondita conoscenza molecolare della malattia e del microambiente che la circonda sta aprendo però nuove strade verso terapie efficaci. Un filone molto interessante riguarda per esempio la nutrizione e più in particolare il microbiota intestinale (un tempo chiamato flora batterica) e la possibilità di modificarne alcune componenti. La popolazione di microrganismi legati al tumore del pancreas è infatti molto peculiare e può influenzare anche l’efficacia della terapia. “Abbiamo imparato per esempio che un particolare microrganismo presente in abbondanza nel pancreas scinde e metabolizza il farmaco gemcitabina, annullandone l’effetto” spiega Tortora, che poi aggiunge: “Si stanno cominciando a studiare biomarcatori molecolari in grado di indicare quale farmaco tra quelli disponibili sarà potenzialmente più efficace.” Un altro approccio promettente, e per ora limitato a modelli animali, prevede la possibilità di iniettare a livello locale sostanze capaci di modulare il sistema immunitario per migliorare la risposta all’immunoterapia, attualmente inefficace in questo tumore. “Oggi lavoriamo ancora con poche frecce all’arco, anche a causa della complessità della patologia e della sua biologia. Ci vorrà un po’ di tempo per colmare questo divario, ma sono fiducioso che arriveranno scoperte capaci di cambiare le carte in tavola” conclude Tortora.
NUTRIZIONE Cancro al seno
In questo articolo: nutrizione dieta ipocalorica cancro al seno
Una dieta ipocalorica controllata potrebbe migliorare l’esito delle cure Uno studio condotto sul modello animale e su un piccolo campione di donne dimostra che una restrizione calorica nel contesto di una dieta a base vegetale rallenterebbe la crescita del tumore anche nei casi di resistenza ai farmaci
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a cura della REDAZIONE l tipo di alimentazione che si segue può influenzare sia la comparsa di una malattia oncologica sia il suo decorso. Una conferma importante giunge da uno studio internazionale coordinato da IFOM Milano e dal Policlinico universitario San Martino di Genova appena pubblicato sulla rivista Nature. In questo studio, una dieta ipocalorica a base vegetale praticata sotto stretto controllo medico in combinazione con terapia ormonale ha rallentato la crescita del tumore nei topi e in un gruppo pilota di 36 pazienti. I dati sono stati raccolti grazie a due studi condotti all’Ospedale policlinico San Martino di Genova e all’INT di Milano, e dimostrano che una dieta specifica, portata avanti per circa sei mesi, riduce alcuni fattori di crescita che favoriscono la proliferazione cellulare e possono influenzare la crescita tumorale. In particolare, nei topolini e nelle cellule messe in coltura in laboratorio, questo effetto metabolico ha rallentato la progressione del cancro. A oggi i dati sulle donne sono ancora limitati e non permettono di trarre conclusioni sicure (per questo servono studi più ampi), ma
si può ipotizzare che effetti analoghi negli esseri umani potrebbero associarsi a una minor progressione del cancro, a un potenziamento dell’efficacia delle terapie e al recupero della sensibilità al trattamento in caso di resistenza ai farmaci. Per ottenere un risultato, però, sia i cicli di dieta sia le settimane di intervallo devono seguire protocolli precisi da osservare sotto stretto controllo medico. Un approccio “fai da te” non è né efficace né sicuro: anzi, potrebbe aumentare il rischio di malnutrizione, una condizione frequente nei pazienti oncologici.
La riduzione calorica combatte le resistenze
Un regime ben tollerato
“La dieta che abbiamo sperimentato in donne con tumore della mammella anche metastatico in terapia ormonale è un regime alimentare vegano ipocalorico che induce nel corpo gli effetti metabolici del digiuno, e per questo la dieta è stata chiamata ‘mima-digiuno’” spiega Alessio Nencioni, del Dipartimento di medicina interna del Policlinico universitario San Martino di Genova, coordinatore dello studio con Valter Longo dell’IFOM di Milano, che aggiunge: “Nei
topi, la dieta mima-digiuno rallenta la crescita tumorale e fa regredire i tumori anche dopo l’acquisizione di resistenza alle terapie farmacologiche standard”. Gli effetti collaterali di questa dieta sono stati lievi e transitori, come mal di testa e debolezza. “La dieta ipocalorica, abbinata alle terapie ormonali, ha ridotto i livelli di glucosio in circolo ma soprattutto la leptina, l’ormone che regola la sazietà, l’insulina e il fattore di crescita insulino-simile (IGF1), tutte proteine che favoriscono la proliferazione delle cellule di tumore della mammella” spiega ancora Nencioni. “Le modifiche metaboliche indotte da questa dieta vengono mantenute a lungo nel tempo. Ciò suggerisce che la restrizione dietetica potrebbe diventare un’arma in più per combattere il tumore della mammella nelle donne in terapia ormonale. Si tratta ovviamente di risultati iniziali ma, se saranno confermati da ulteriori studi clinici con numeri più ampi di pazienti, potrebbero aprire la strada a nuovi scenari nell’ambito delle terapie oncologiche integrate.” OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 21
SPERIMENTAZIONE ANIMALE Metodi alternativi
Spesso non ci sono alternative all’uso di animali Il rapporto prodotto dal Ministero della salute conferma quanto gli scienziati affermano da tempo: benché il numero degli animali usati in laboratorio si stia riducendo ogni anno, ancora non è possibile sostituirli del tutto
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sforzi per migliorare tutte le fasi della ricerca animale, dalla ideazione alla realizzazione, fino alla pubblicazione dettagliata e trasparente dei risultati e dei metodi utilizzati per ottenerli” ha la promozione delle 3R (NC3Rs), commentato Malcolm Macleod, che prevedono di sostituire l’utilizzo degli animali con altri metodi responsabile del miglioramento e (replacement), di ridurne il numero dell’integrità della ricerca all’Unial minimo (reduction) e di garanti- versità di Edimburgo. L’obiettivo re loro le condizioni di vita migliori delle linee guida è garantire, (refinement) in ogni circostanza in in ogni fase degli studi, che gli cui ciò sia possibile senza che ven- animali siano usati solo quando strettamente necessario e in gano compromesse le prospettive di raggiungere il massimo risultato numero limitato e che vengano trattati nel modo migliore possiscientifico. “Queste linee-guida rappresen- bile, garantendo loro il massimo tano una pietra miliare nei nostri benessere.
Un continuo sforzo per fare meglio
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a comunità scientifica internazionale è da molto tempo consapevole del fatto che la scelta di usare un animale per una ricerca comporta una notevole responsabilità etica e impone ogni sforzo per evitare duplicazioni e sprechi. Proprio per diffondere le migliori pratiche è stato pubblicato in luglio l’aggiornamento delle lineeguida prodotte nel 2010 dal Centro nazionale britannico per
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In questo articolo:
moratoria sperimentazione animale metodi alternativi
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a cura di FABIO TURONE indagine condotta dal Ministero della salute nella prima metà del 2020 sull’uso di metodi alternativi alla sperimentazione animale nella ricerca biomedica ha raggiunto le sue conclusioni: i metodi attualmente in corso di sviluppo possono fornire un aiuto parziale, e solo in ambiti molto limitati, per cui non permettono ancora di fare a meno dei modelli animali. Di fatto, sono le stesse conclusioni raggiunte dalle indagini condotte annualmente da quando nel 2014 il Parlamento italiano ha introdotto restrizioni aggiuntive rispetto a quanto previsto nella normativa europea del 2010, che avrebbe dovuto essere recepita senza modifiche nella legislazione nazionale. A differenza delle indagini precedenti, che erano state affidate all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’EmiliaRomagna, che ha sede a Brescia ed è centro di riferimento nazionale, l’ultima indagine è stata condotta direttamente dal ministero, anche per superare le obiezioni di chi riteneva che quell’istituzione potesse non essere completamente neutrale. “Il ministero ha interpellato tutti i ricercatori che negli ultimi anni sono stati autorizzati a condurre studi che prevedevano sperimentazione animale e ha chiesto loro se conoscessero strade alternative ragionevolmente efficaci e affidabili” spiega Giuliano Grignaschi, responsabile del benessere animale e della gestione degli stabulari all’Università Statale di Milano nonché segreta-
rio generale del progetto Research4Life, lanciato nel 2015 da un ampio gruppo di enti di ricerca, ospedali, organizzazioni non profit, università e industrie – tra cui AIRC – per informare cittadini, istituzioni, media e mondo scientifico su tutti gli aspetti della ricerca biomedica.
Un appello al Parlamento
Nel mese di giugno, Research4Life ha firmato insieme alle società scientifiche di area biomedica una lettera aperta indirizzata al governo che chiede maggiore attenzione nei confronti delle legittime esigenze della ricerca. Il decreto del 2014, infatti, oltre a proibire l’uso di animali per condurre ricerche sugli xenotrapianti e sulle sostanze d’abuso, ha introdotto nuove procedure di autorizzazione che prevedono una serie di passaggi burocratici tra l’Istituto superiore di sanità e il Ministero della salute. Queste procedure hanno un costo e richiedono tempi molto lunghi, incompatibili con le necessità della ricerca. Successivi interventi legislativi, dal 2014 ad oggi, hanno sospeso i divieti relativi alla sperimentazione su xenotrapianti e farmaci d’abuso fino alla fine del 2020. “Ora, dopo tanti rinvii, è sempre più urgente un intervento definitivo da parte del Parlamento” spiega Grignaschi, che in giugno ha partecipato agli incontri degli Stati generali indetti dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Altrimenti per molti ricercatori italiani sarà impossibile proseguire le ricerche a partire dal primo gennaio 2021, e alcune aziende potrebbero spostare le proprie attività di ricerca farmacologica in altri Paesi europei che aderiscono alla normativa comune senza averla modificata.”
Un calo continuo Il numero di animali adoperati per la sperimentazione è in continua diminuzione in Italia dal 1999, a riprova del fatto che da molti anni si stanno applicando i principi di riduzione e sostitu-
zione (cioè di sostituzione della ricerca sugli animali con metodi alternativi, ogni volta che ciò è possibile, e, quando non lo è, di limitazione del numero di animali da utilizzare): secondo i dati raccolti annualmente dal Ministero della salute il numero di animali è sceso dai 777.731 del 2010 ai 607.097 del 2016, ultimo dato disponibile. Sotto un certo limite, però, non si può attualmente scendere, se si vuole garantire la qualità metodologica delle ricerche (vedi box). Secondo la relazione richiesta dal Ministero della salute agli organismi preposti al benessere animale (OPBA) delle Università, “allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, per lo studio delle sostanze di abuso, non è pensabile sostituire la sperimentazione in vivo. Applicando i principi di riduzione (reduction) e miglioramento delle condizioni (refinement) è possibile ottimizzare l’utilizzo degli animali da laboratorio. La sostituzione (replacement) è possibile solo per alcuni studi”. D’altra parte, ogni pratica di autorizzazione ha dall’anno scorso un costo che incide sul budget per la ricerca, e prevede sempre tempi lunghi che rischiano di compromettere la qualità della ricerca vanificando i migliori sforzi: “Le richieste di autorizzazione all’uso di animali dovrebbero essere evase entro 40 giorni lavorativi, che già non sono pochi, ma nei mesi prima del lockdown l’attesa media durava circa il doppio e alcune pratiche restavano sospese anche per sei mesi” spiega Grignaschi. Il timore dei ricercatori è che, dopo l’inevitabile blocco del lavoro durante i mesi di chiusura, i tempi di attesa si allunghino ulteriormente. Nel frattempo, chi ha già gli animali negli stabulari deve ovviamente prendersene cura secondo i criteri stringenti richiesti dalla legge e ciò incide inevitabilmente anche sui costi finali del progetto di ricerca. Chi invece non ha ancora gli animali a disposizione, vede altri gruppi di ricerca all’estero portare avanti le ricerche che aveva progettato oppure si trova obbligato a rinunciarvi anche se l’idea è molto promettente. OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 23
I TRAGUARDI DEI NOSTRI
... continua su: airc.it/traguardi-dei-ricercatori
I misteri di LSD-1 Attraverso una serie di esperimenti eseguiti su cellule e topi, un gruppo di ricercatori coordinati da Saverio Minucci, dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, ha fatto luce su alcuni aspetti del ruolo della proteina LSD-1 nella leucemia mieloide acuta. Farmaci che inibiscono l’azione di LSD1 sono già stati studiati in sperimentazioni cliniche, ma è stato ora osservato che, mentre le cellule sembrano rispondere poco ai soli inibitori di
LSD-1, la risposta è maggiore quando a questo trattamento si aggiunge l’acido retinoico. I ricercatori hanno anche scoperto che LSD-1 svolge, oltre alle attività già conosciute, un particolare ruolo nell’interazione con altre proteine e che alcuni suoi inibitori interferiscono proprio con questa funzione. I risultati, pubblicati su Science Advances, sono quindi di notevole rilevanza e supportano l’utilizzo degli inibitori di LSD-1 in associazione con altri farmaci.
Una proteina importante per l’angiogenesi Si chiama OPA1 la proteina che Luca Scorrano dell’Università di Padova e i suoi collaboratori hanno collegato all’angiogenesi, vale a dire la formazione di vasi sanguigni necessari per la crescita di un tumore e lo sviluppo di metastasi. OPA1 si trova nella membrana interna dei mitocondri, piccoli organelli cellulari. Come osservato nello studio pubblicato su Cell, i mitocondri si allungano durante l’angiogene-
si, e questo allungamento è associato a un aumento dell’espressione di OPA1. È stata inoltre identificata una piccola molecola inibitrice di OPA1 che, quando somministrata in animali da laboratorio, è in grado di ridurre la crescita e la metastatizzazione del tumore, il che la candida a essere un possibile bersaglio terapeutico.
Attenzione ai danni renali acuti
razione delle cellule staminali nel rene, che si attivano per rigenerare il tessuto colpito a seguito di un danno acuto, portando in alcuni casi alla formazione di un adenoma, un tumore benigno che può trasformarsi in maligno. I risultati descrivono così per la prima volta l’evoluzione del tumore e suggeriscono l’utilità di controlli periodici per coloro che hanno subito un danno renale acuto, in modo da poter facilitare l’identificazione del cancro in fase precoce.
Secondo uno studio pubblicato su Science Translational Medicine, il danno renale acuto aumenterebbe il rischio di carcinoma renale papillare, un processo nel quale sembrerebbero coinvolte le cellule staminali del rene. I ricercatori, guidati da Paola Romagnani dell’Università di Firenze, sono giunti a questa conclusione attraverso un’analisi di dati clinici di pazienti, accompagnata da esperimenti in laboratorio. Il cancro originerebbe dalla prolife-
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IFOM – ISTITUTO FIRC DI ONCOLOGIA MOLECOLARE Ricerca farmacologica
Studiare placenta ed embrioni per capire il cancro Sempre più studi, tra i quali anche alcune ricerche svolte in IFOM, stanno mettendo in luce analogie e legami molecolari tra processi tipici delle prime fasi dello sviluppo dei mammiferi e quelli caratteristici del cancro
BIOLOGIA
Replicazione, che stress!
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a replicazione del DNA, che tutte le cellule devono affrontare per potersi dividere e dare origine a cellule figlie, è un processo tutt’altro che semplice. Per poter essere “copiato” il DNA richiede infatti l’intervento di numerose molecole, una squadra di lavoratori instancabili che srotolano la doppia elica, la copiano e poi rileggono il trascritto per trovare eventuali errori e, nel caso, correggerli. Quando però la replicazione avviene “sotto stress” (il cosiddetto stress replicativo) per la velocità elevata o per la presenza di ostacoli, l’analisi del filamento al microscopio elettronico mette in luce alcuni errori, veri e propri “buchi” che devono essere riparati per un corretto funzionamento della cellula.
In questo articolo:
sviluppo cellulare embriologia bersagli molecolari
a cura di CRISTINA FERRARIO osa hanno in comune sviluppo embrionale e cancro? E placenta e metastasi? Apparentemente nulla, ma se si guarda più a fondo – arrivando fino al DNA – il legame emerge in modo piuttosto chiaro. I ricercatori guidati da Vincenzo Costanzo, responsabile del laboratorio che studia il metabolismo del DNA presso IFOM e professore di patologia generale dell’Università di Milano, hanno recentemente pubblicato sulle riviste Nature Communication e eLife i risultati delle loro ultime scoperte su questo tema ancora in gran parte misterioso. “Nel nostro gruppo studiamo lo sviluppo dei vertebrati per capire il cancro e, negli anni, questa scelta si è rivelata vincente. Le analisi più recenti stanno infatti dimostrando che il tumore non è solo il risultato di una crescita incontrollata delle cellule, ma una vera e propria ricapitolazione degli stadi iniziali dello sviluppo di un embrione. È come se il tumore ripercorresse le tappe di questo sviluppo” spiega il ricercatore.
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L’origine fa la differenza Durante lo sviluppo embrionale, il DNA si replica a partire da diversi punti, detti appunto “origini di replicazione”, e questi punti sono molto più numerosi rispetto a quelli presenti nelle cellule adulte. Pertanto le cellule embrionali si replicano con una velocità molto elevata, che non si osserva più nell’organismo adulto se non per al-
cune cellule particolari. Gli esperimenti hanno messo in luce che alcune cellule adulte possono, in determinati contesti, riprogrammarsi e ricominciare a replicarsi velocemente come quelle embrionali, aumentando le origini di replicazione. Il team di Costanzo ha identificato uno dei fattori che rendono possibile questo passaggio: è la proteina SSRP1, capace di sbloccare la replicazione del DNA, eliminando uno dei suoi freni, ovvero l’istone H1. “Nei tumori i livelli di SSRP1 sono quasi 100 volte superiori rispetto a quelli delle cellule normali” aggiunge l’esperto, precisando che alti livelli di SSRP1 e bassi livelli di istone H1 sono presenti soprattutto nelle cellule staminali del cancro. In altri termini, SSRP1 si comporta come una specie di “gomma molecolare” che cancella alcuni cambiamenti avvenuti nelle cellule in età adulta e fa in modo che cellule adulte ricomincino a comportarsi come durante lo sviluppo embrionale. “Secondo noi si tratta di una proteina chiave, sulla quale stiamo lavorando per cercare eventuali inibitori” dice Costanzo. “Se riuscissimo a bloccarla o a ridurne l’espressione nelle cellule tumorali potremmo migliorare il controllo della malattia” aggiunge.
no un’altra peculiarità che rappresenta spesso la loro arma vincente: la capacità di dare origine a metastasi. “Anche in questo caso è possibile trovare un legame con lo sviluppo embrionale e in particolare con la formazione della placenta” spiega Costanzo. La placenta ha infatti la capacità di invadere un tessuto sano (in questo caso l’utero) così come fanno le metastasi tumorali che riescono a invadere tutta una serie di organi. Inoltre è un distretto immunitario protetto in grado di difendere il bambino dall’attacco del sistema immunitario della madre, che vedrebbe come “estranei” gli antigeni provenienti dal padre e presenti nel feto. Per giustificare questi fenomeni il team di ricerca ha ideato alcune ipotesi che cominciano a essere suffragate dai primi dati di laboratorio. Nel corso dello sviluppo embrionale, le cellule che contengono errori – e sono dunque materiale da scartare – vengono relegate nella placenta per evitare che creino problemi di sviluppo al feto. “A livello evolutivo la placenta è un meccanismo di protezione del feto: è cioè un tessuto capace di tollerare situazioni molecolari insostenibili per un tessuto normale” precisa Costanzo, ricordando che nella placenta si incontrano cellule con gran-
Lo sviluppo dei vertebrati aiuta a spiegare il cancro
Questione di tolleranza Oltre alla capacità di crescere velocemente e in modo incontrollato, i tumori han-
di anomalie a livello di geni e cromosomi. Quando questi stessi meccanismi si riattivano nell’adulto, si generano cellule capaci di tollerare situazioni estreme, di muoversi nell’organismo e di attecchire in ambienti nuovi, le metastasi appunto. C’è poi anche una seconda ipotesi: le cellule della placenta si sono sviluppate in risposta a uno stress esterno. “Quando l’embrione si annida nell’utero causa infatti uno stress infiammatorio che richiede la nascita di nuove cellule (quelle della placenta) che proteggono dall’infiammazione” afferma il ricercatore, sottolineando che anche il cancro può originare come risposta a uno stress esterno, per esempio infiammatorio. “È possibile che questi stress diano origine a una riattivazione di processi evolutivamente molto antichi” dice. Per portare questi risultati in clinica, Costanzo e il suo gruppo si stanno concentrando su alcuni dei geni protagonisti di queste “riprogrammazioni”, in particolare il già citato SSRP1 e Dux4, che regola l’attivazione zigotica (lo zigote è la prima cellula dell’organismo, quella che nasce dall’unione della cellula uovo e dello spermatozoo). “È un gene incredibilmente specifico, attivo solo a livello dello zigote, che si riattiva nei tumori ma è del tutto assente nelle altre cellule. Un bersaglio potenzialmente perfetto per nuove terapie mirate” conclude Costanzo.
IFOM, l’Istituto di oncologia molecolare che svolge attività scientifica d’avanguardia a beneficio dei pazienti oncologici, è sostenuto dalla FIRC.
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NOTIZIE FLASH
Dal Mondo La relazione tra geni e ambiente Come e perché si sviluppa il cancro? In un articolo pubblicato su Nature Reviews Cancer, un gruppo di esperti ha discusso nel dettaglio le conoscenze attuali in merito a fattori genetici e ambientali che contribuiscono allo sviluppo tumorale, in particolare nel caso di sindromi ereditarie come la sindrome di Lynch. Gli autori sottolineano come la presenza di alcune mutazioni conferisca agli individui mutati un maggior rischio di sviluppare la malattia rispetto ai soggetti non mutati, anche se ambedue si espongono alla stessa sostanza cancerogena. Conoscere i meccanismi che governano le relazioni tra geni e ambiente, all’origine di molti tumori, può consentire di mettere a punto strategie di prevenzione personalizzate.
Dormire tranquilli con un supporto online Una volta guariti da un tumore, molti adolescenti e giovani adulti soffrono di insonnia. Uno studio pubblicato su Pediatrics, condotto da ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute (Boston) su ex pazienti con età media di circa 20 anni, ha dimostrato l’efficacia di un programma online basato sulla terapia cognitivo-comportamentale dell’insonnia per migliorare questo problema. I giovani guariti soffrono di insonnia per varie ragioni, alcune dipendenti da ragioni fisiche, come dolori o effetti a lungo termine delle cure, altre legate ad ansia e stress. Un intervento in rete potrebbe essere la soluzione per aiutarli senza sovraccaricare i centri di cura.
Siediti di meno, muoviti di più
Uno studio pubblicato su JAMA Oncology conferma che chi si muove meno si ammala di più di cancro. I ricercatori hanno misurato il tempo di inattività tramite un accelerometro indossato per 7 giorni consecutivi da circa 8.000 persone di mezza età negli Stati Uniti. Dai dati, che riportano il decesso per cancro di 268 partecipanti nei circa 5 anni di monitoraggio, si deduce che gli individui più sedentari hanno il rischio più alto di ammalarsi. Inoltre, aumentare di 30 minuti al giorno la pratica di un’attività fisica di lieve intensità si associa a una riduzione del rischio di sviluppare un tumore dell’8 per cento, che arriva al 31 per cento quando l’attività svolta è moderata o vigorosa. “Questi risultati si aggiungono alle crescenti prove sull’importanza di fare attività fisica” concludono gli autori.
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Insieme contro il cancro alla pelle Se affiancata al medico, l’intelligenza artificiale aiuta a rendere più precisa la diagnosi di cancro alla pelle. A suggerirlo è uno studio pubblicato su Nature Medicine, in cui è stato chiesto a 302 valutatori distribuiti in 41 Paesi di elaborare una diagnosi su diverse immagini di lesioni cutanee sia senza sia con l’utilizzo di un software per la diagnosi automatica. Il più alto grado di accuratezza diagnostica è stato raggiunto quando si è stabilito un rapporto collaborativo tra intelligenza artificiale e valutatori, e a beneficiare maggiormente del supporto sono stati i meno esperti. “Le nostre scoperte suggeriscono che, invece di contrapporli, si debbano affiancare esseri umani e computer” scrivono gli autori, per i quali lo studio potrebbe servire anche in altri ambiti della diagnostica basata su immagini.
Nuovo test per il cancro del rene
Rosa fluo per trovare il tumore
La diagnosi di carcinoma renale potrebbe essere fattibile con metodi non invasivi, come l’analisi del sangue o delle urine, secondo uno studio uscito su Nature Medicine. Il cfMeDIP-seq, un test così chiamato per la sua capacità di rilevare il DNA libero circolante che presenta una particolare modificazione, è stato eseguito su 99 pazienti con carcinoma renale (stadio I-V), su 15 con tumore alla vescica uroteliale e su 28 soggetti sani (controlli). Il test effettuato sul sangue dei pazienti si è dimostrato in grado di distinguere con estrema precisione i pazienti malati dai controlli. Quando sono stati utilizzati i campioni di urina, la classificazione è stata meno precisa, ma i ricercatori credono di poterne migliorare l’accuratezza. Se perfezionato e validato, il metodo permetterebbe di identificare il cancro in una fase precoce.
Un colorante che si illumina alla luce infrarossa, se somministrato prima dell’asportazione di un carcinoma mammario, potrebbe aiutare i chirurghi a essere certi di aver rimosso tutto il tumore e diminuire così il rischio di recidiva. Lo afferma uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su PLOS ONE relativo a interventi eseguiti in modelli animali. Il colorante è un particolare mezzo di contrasto in grado di evidenziare tutta la massa tumorale, purché le dimensioni della massa siano di almeno 2 cm. I margini di resezione (cioè le parti di tessuto al confine tra quello tumorale e quello sano preservato dal bisturi) sono risultati privi di cellule tumorali, confermando l’utilità di questo approccio che ha molte analogie con l’uso del colorante per identificare il linfonodo sentinella.
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RECENSIONI Pier Paolo Di Fiore
La storia del cancro e di come possiamo sconfiggerlo
basta far passare il tempo, lasciar sedimentare le scoperte”.
Né ottimismo eccessivo né pessimismo
Pier Paolo Di Fiore ha scritto un libro che si legge come una storia ma è il ritratto di una delle sfide scientifiche più impegnative di questo secolo: trovare le terapie giuste per strappare vite umane alla malattia
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a cura della REDAZIONE è chi scrive la storia della ricerca sul cancro, come l’americano Siddhartha Mukherjee nel suo bestseller L’imperatore del male. E c’è chi preferisce scrivere una storia del cancro, come ha fatto Pier Paolo Di Fiore, professore ordinario di patologia generale presso l’Università di Milano e direttore del Programma di diagnostica innovativa dell’Istituto europeo di oncologia, nel suo libro Il prezzo dell’immortalità – Cosa sappiamo del cancro e come possiamo sconfiggerlo, pubblicato da Il Saggiatore e con cui l’autore sosterrà la ricerca sul cancro di AIRC.
Il valore della conoscenza “Studio il cancro da anni, nella speranza di contribuire a trovare una cura che aiuti a salvare vite umane” spiega Di Fiore. “Ma non posso negare che, dal punto di vista scientifico, il cancro sia una malattia interessante, sempre diversa e sfuggente, una sfida che richiede la capacità sia di pianificare studi con ricadute più immediate sia di cogliere informazioni che emergono per caso nel corso degli esperimenti ma possono rivelarsi importanti.” Di Fiore è un sostenitore convinto della ricerca di base, e questo suo amore per la conoscenza dei meccanismi della cellula traspare anche nel libro: “Dobbiamo sostenere tutti i tipi di ricerca sul cancro per trovare il prima possibile le cure più efficaci contro i tumori, ma è solo dalla ricerca di base, dalla necessità di conoscere per amore di conoscenza, che derivano le scoperte più rivoluzionarie. Anche la ricerca che non sembra avere applicazioni pratiche immediate finisce spesso per averne moltissime,
Nel suo libro, che ospita una prefazione del filosofo della scienza Telmo Pievani, Di Fiore racconta come le cellule crescono e si dividono, come i meccanismi sani vengono alterati dalle mutazioni genetiche e come il tumore sovverte il sistema immunitario. Ma si sofferma anche su ciò che sappiamo sulla malattia, su come prevenirla e curarla e, in particolare, su quali sono i filoni di ricerca su cui puntare per il futuro. “Di Fiore ci spiega che il programma molecolare del cancro si insinua in una delle grandi ambivalenze dell’evoluzione, cioè la mutazione, che è al contempo il combustibile benefico di ogni cambiamento evolutivo e fonte di variabilità, ma anche sorgente malefica per noi di alterazioni che possono far impazzire le cellule e indurle a una proliferazione incontrollata” scrive Pievani. “I tumori più pericolosi richiamano i sistemi evolutivi anche perché si diversificano in sottopopolazioni geneticamente distinte, sviluppano resistenza ai farmaci (purtroppo anche a quelli più mirati), silenziano le metastasi illudendoci di averli estirpati quando invece si sono soltanto nascosti. Sono queste le ragioni della prudenza che portano Pier Paolo Di Fiore a sottrarsi opportunamente sia agli entusiasmi di chi annuncia l’imminente vittoria definitiva sul cancro sia al pessimismo di chi lo ritiene un flagello inestinguibile o la punizione per chissà quale colpa. La verità come al solito è fatta di sfumature, di piccoli avanzamenti e di sconfitte, come in una lunga guerra di logoramento e di posizionamento in cui però la trincea della guaribilità si sposta sempre più avanti.”
Il libro conferma l’utilità della ricerca di base
Titolo: Il prezzo dell’immortalità – Cosa sappiamo del cancro e come possiamo sconfiggerlo Autore: Pier Paolo Di Fiore Editore: Il Saggiatore, 2020 - 472 pagine, 26 euro
RACCOLTA FONDI I Giorni della Ricerca
IL CALENDARIO DEI GIORNI DELLA RICERCA
1-8 NOV
RAI per AIRC Incontri con la Ricerca
7 NOV
Cioccolatini della Ricerca
6-8 NOV
Un Gol per la Ricerca
Raccontiamo un anno di progressi con la 25° edizione dei Giorni della Ricerca
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a cura della REDAZIONE a centralità della ricerca scientifica, la cui importanza questi mesi di emergenza COVID-19 hanno ulteriormente dimostrato, e il suo ruolo per la salute dei cittadini, con una particolare attenzione all’impatto della pandemia sul lavoro dei ricercatori e dei medici in ambito oncologico, sarà uno dei temi fondanti della 25° edizione dei Giorni della Ricerca, che quest’anno si svolgeranno dall’1 all’8 di novembre. Racconteremo, attraverso tantissimi
eventi e il supporto indispensabile della RAI, un anno di progressi della ricerca per la prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro e presenteremo le sfide che ancora attendono i nostri ricercatori. Alcuni di questi ricercatori, nell’ambito del progetto educativo Incontri con la Ricerca, lasceranno però per un giorno i loro progetti e parleranno agli studenti di tutta Italia per ispirarli e avvicinarli al mondo della ricerca scientifica, in particolare onco-
logica, agli stili di vita più corretti da adottare per il proprio benessere e alla professione del ricercatore. Sabato 7 novembre ci impegniamo a tornare, prendendo tutte le precauzioni necessarie, in più di 1.200 piazze con i nostri volontari per distribuire i Cioccolatini della Ricerca, che dall’1 novembre sarà possibile peraltro trovare nelle filiali di Banco BPM e online su Amazon. L’8 novembre si concluderà anche Un Gol per la Ricerca. Il mondo dello sport, con i nostri testimonial Leonardo Bonucci, Claudio Marchisio, Matteo Politano e Alessio Romagnoli, si schiererà infatti a fianco della ricerca oncologica fin dall’anticipo del campionato di Serie A previsto per il 6 di novembre. I fondi che raccoglieremo durante i Giorni della Ricerca saranno destinati a sostenere e dare continuità al lavoro degli oltre 5.000 scienziati AIRC impegnati quotidianamente a cercare una cura per tutti i tipi di cancro nei laboratori di università, ospedali e istituzioni di ricerca in tutto il Paese.
... da fine ottobre su: airc.it e scuola.airc.it OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 31
RACCOLTA FONDI Nastro Rosa
Un mese in rosa per la ricerca Torna la campagna Nastro Rosa AIRC per tutto il mese di ottobre con l’obiettivo di sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione e raccogliere fondi per sostenere la ricerca
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a cura della redazione l tumore al seno colpisce 1 donna su 9 nell’arco della vita, il tipo di cancro più frequente nel sesso femminile. Per fortuna, strumenti di screening sempre più efficaci per diagnosticare precocemente il tumore e una maggiore conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della neoplasia hanno fatto sì che sia anche una delle forme di cancro per la quale si sono ottenuti i maggiori successi negli ultimi trent’anni. La percentuale delle pazienti ancora vive a cinque anni dalla diagnosi è passata dall’81 all’87 per cento negli ultimi vent’anni, secondo i dati forniti da AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM e Passi nel 2019. Non è però un obiettivo di cui accontentarsi, e per questo Fondazione AIRC, come simbolo della campagna Nastro Rosa, dedicata proprio a informare sui progressi delle terapie per il tumore al seno e raccogliere fondi per 32 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2020
dare continuità agli studi sull’argomento, ha scelto un nastro incompleto, la cui punta ancora grigia rappresenta il 13 per cento di donne per cui trovare una cura efficace. Con questo traguardo in mente, solo negli ultimi cinque anni AIRC ha messo a disposizione dei ricercatori quasi 42 milioni di euro. Molti di questi fondi sono stati raccolti grazie alla campagna Nastro Rosa AIRC, che da sei anni a ottobre raduna
attorno a un unico obiettivo una rete di aziende, raggiungendo un pubblico ancora più ampio rispetto a quello degli abituali sostenitori della nostra fondazione. Main partner della campagna, per il sesto anno consecutivo, è The Estée Lauder Companies Italia, azienda ideatrice dell’iniziativa a livello internazionale nel 1992 e che in Italia coinvolge oltre 3.500 profumerie su tutto il territorio nazionale, raccogliendo
... maggiori informazioni su: nastrorosa.it fondi grazie alla vendita di una selezione di cinque prodotti, finanziando così una borsa di studio triennale. Mediafriends ha scelto AIRC come beneficiaria esclusiva di Fabbrica del Sorriso dal 4 al 31 ottobre, in occasione della campagna Nastro Rosa, per sostenere le sfide dei ricercatori impegnati a trovare la cura per le forme più aggressive di tumore al seno, che colpiscono soprattutto le donne in giovane età. Per tutto il mese AIRC sarà presente nel palinsesto delle reti tv e radio e sui canali digitali per informare e raccontare le storie di medici, ricercatori e donne che hanno avuto un’esperienza di tumore al seno e che oggi, grazie alla ricerca, hanno ripreso in mano la loro vita. Il pubblico potrà donare in tempo reale attraverso il numero solidale 45521 e su nastrorosa.it.
Si uniscono alla squadra del Nastro Rosa AIRC anche Chiquita, il cui iconico bollino blu applicato sulle banane diventa rosa per tutto il mese di ottobre in tutto il mondo, e Lome Super Fruit, che finanzierà una borsa di studio sul tumore al seno e a ottobre veste col nastro rosa la sua gamma di succhi mono-frutto e mix di frutta. Torna in rosa anche quest’anno la bottiglietta da 0,50 l di Acqua Vitasnella, che rinnova il suo sostegno con il finanziamento di una borsa di studio e una campagna di sensibilizzazione rivolta alle donne. ALDI rinnova la sua partecipazione donando parte del ricavato della vendita di una selezione di prodotti a marchio Natura Felice dal 5 ottobre all’1 novembre. Si rinnova anche il supporto di Federfarma, Valore Salute e Gruppo Ga-
Trenta giorni in palinsesto per aiutare la ricerca sul cancro
brielli. I tre gruppi ospitano nelle farmacie aderenti e nei loro punti vendita le spillette Nastro Rosa che, grazie anche all’impegno dei Comitati regionali di Fondazione AIRC, sono state distribuite l’anno scorso in più di 175.000 esemplari. Per dare simbolicamente inizio alla campagna, AIRC e The Estée Lauder Companies Italia l’1 ottobre illuminano in rosa il Teatro alla Scala di Milano, che raccoglie il testimone dal Ponte Vecchio di Firenze. Grazie al rinnovo della partnership con ANCI, Associazione Nazionale Comuni Italiani, si accendono inoltre centinaia di palazzi comunali e monumenti in tutta Italia. La campagna terminerà il 31 ottobre e, con i fondi raccolti grazie al sostegno dei Comitati regionali, dei partner e dei tanti sostenitori, AIRC potrà continuare a sostenere la ricerca per far sì che tutte le forme di tumore al seno siano più curabili. OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 33
RACCOLTA FONDI Partner
Banco bpm sempre a fianco della ricerca di airc
C
ome partner istituzionale di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, Banco BPM è stato ancora una volta al fianco della campagna sui tumori femminili. La banca nei mesi passati infatti ci ha permesso di svolgere la nostra iniziativa nazionale di raccolta fondi l’Azalea della ricerca, che è potuta fiorire a casa di tutti i nostri sostenitori, nonostante le restrizioni imposte, anche grazie
all’impegno di Banco BPM. Il sostegno non si è però concluso qui; con un gesto di grande generosità, il Consiglio di amministrazione di Banco BPM ha deciso di devolvere un’ulteriore erogazione ad AIRC ancora una volta a sostegno la ricerca sui tumori femminili. Nei prossimi mesi Banco BPM, inoltre, inviterà le piccole e medie imprese sue clienti alla partecipazione
alla campagna Regali di Natale, che, come descritto nel box a fianco, invita a destinare le somme che di solito vengono stanziate per regali natalizi a clienti e collaboratori a favore della ricerca sui tumori pediatrici.
Impresa contro il cancro
S
ono state oltre 7.200 le aziende italiane che nel 2019 hanno sostenuto AIRC nella battaglia contro il cancro e, anche quest’anno, in un momento di grande incertezza sul piano economico, è grande la fiducia che manifestano nei nostri confronti. Un segno tangibile di quanto sia forte, anche davanti all’incertezza per il domani, la voglia di rivalsa, di continuare ad avere speranza nel futuro, e sia sempre più sentita la volontà di partecipare al progresso scientifico e sociale dell’intera comunità, affiancando alle proprie strategie d’impresa una visione etica. Un ruolo chiave nel coinvolgere maggiormente le aziende l’ha avuto e continua ad averlo Impresa contro il cancro, un progetto che unisce gli imprenditori nel dare impulso vitale alla ricerca sul cancro, rendendoli protagonisti attivi accanto ai ricercatori attraverso il sostegno di progetti e borse di studio e favorendo lo sviluppo di terapie oncologiche. In particolare, tra gli obiettivi di Impresa contro il cancro c’è la lotta ai 34 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2020
tumori più difficili da curare, quelli che colpiscono i polmoni, il pancreas e il cervello. Per ognuna di queste categorie di malattie è stato individuato un traguardo da raggiungere nel più breve tempo possibile: Polmone aumentare il potenziale delle cure e in particolare dell’immunoterapia. Pancreas anticipare la diagnosi, con l’individuazione di marcatori che identifichino la malattia a uno stadio precoce, quando il tumore è operabile e non metastatico. Cervello sviluppare farmaci più efficaci, in grado di superare la barriera emato-encefalica che protegge il cervello. Contro le forme tumorali più temibili, è tempo di reagire. Per avere maggiori informazioni e per aderire al Fondo Impresa contro il Cancro, è possibile contattare l’indirizzo impresacontroilcancro@airc.it oppure il numero 800.777.222
Speciale
natale aziende
A
nche quest’anno, le aziende possono lasciare un segno a favore della ricerca sui tumori pediatrici donando quanto abitualmente destinato per gli auguri di Natale a clienti e collaboratori. Grazie anche all’adesione nel 2019 di circa 1.600 aziende, abbiamo potuto finanziare 65 borse di studio e progetti di ricerca, attivi quest’anno sulle forme tumorali che colpiscono prevalentemente i più piccoli. A pagina 39 di questo numero si possono trovare tutte le proposte per essere anche a Natale un’Impresa contro il Cancro. Per informazioni e per aderire alla campagna: regalidinatale@irc.it
© 2020 Librì progetti educativi / AIRC Illustrazioni di Francesco Fagnani, grafica Carlo Boschi
Un sostegno
fondamentale per airc da parte delle fondazioni
D
iverse Fondazioni nel rispetto dei propri scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico collaborano con AIRC, con il grande obiettivo di rendere il cancro sempre più curabile e di informare sulle misure da seguire per contribuire a prevenirlo. La Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze anche per il 2020 ha scelto di delegare ad AIRC il sistema di peer review per le erogazioni in ambito oncologico sul proprio territorio di rife-
rimento. Una collaborazione che va avanti da diversi anni e che ha permesso a fine 2019 di deliberare fondi per sostenere 13 progetti di ricerca di grande valore. UniCredit Foundation da sempre impegnata nel supporto all’infanzia e all’adolescenza, ha deciso di supportare il percorso della giovane ricercatrice AIRC Nina Tanaskovic, confermando anche quest’anno il finanziamento di un’annualità della sua borsa di studio per l’Italia, con cui Nina potrà proseguire il suo progetto di ricerca sui tumori pediatrici. Inoltre, UniCredit Foundation ha deciso di finanziare per l’anno scolastico 2020/2021 la nuova versione digitale della campagna educativa “Una costellazione luminosa, le parole di AIRC per stare bene”, che mette a disposizione delle scuole primarie un percorso di educazione ai corretti stili di vita per aiutare i bambini a diventare adulti consapevoli e capaci di fare scelte salutari e di prevenzione. OTTOBRE 2020 | FONDAMENTALE | 35
Abruzzo-Molise:
Tel. 085 35215 - com.abruzzo.molise@airc.it – airc.it/abruzzo
Basilicata:
Tel. 0835 303751 - com.basilicata@airc.it - airc.it/basilicata
Calabria:
Tel. 0984 413697 - com.calabria@airc.it – airc.it/calabria
Campania:
Tel. 081 403231 - com.campania@airc.it - airc.it/campania
Emilia-Romagna:
Tel. 051 244515 - com.emilia.romagna@airc.it - airc.it/emiliaromagna
Friuli-Venezia Giulia:
Tel. 040 365663 - com.friuli.vg@airc.it - airc.it/fvg
Lazio:
Tel. 06 4463365 - com.lazio@airc.it - airc.it/lazio
Liguria:
Tel. 010 2770588 - com.liguria@airc.it - airc.it/liguria
Lombardia:
Tel. 0277971 - com.lombardia@airc.it - airc.it/lombardia
Marche:
Tel. 071 2804130 - com.marche@airc.it - airc.it/marche
Piemonte-Valle d’Aosta:
Tel. 011 9933353 - com.piemonte.va@airc.it - airc.it/piemonte
Puglia:
Tel. 080 5218702 - com.puglia@airc.it - airc.it/puglia
Sardegna:
Tel. 070 664172 - com.sardegna@airc.it - airc.it/sardegna
Sicilia:
Tel. 091 6110340 - com.sicilia@airc.it - airc.it/sicilia
Toscana:
Tel. 055 217098 - com.toscana@airc.it - airc.it/toscana
Umbria:
Tel. 075 5838132 - com.umbria@airc.it - airc.it/umbria
Veneto-Trentino Alto Adige:
Tel. 045 8250234 - com.veneto@airc.it - airc.it/veneto
I
a cura della REDAZIONE volontari hanno dimostrato ancora una volta la loro profonda adesione alla missione di AIRC in un periodo complicato come quello dei mesi della pandemia da COVID-19. Dopo un inizio d’anno che ha visto tutti i volontari in piazza per distribuire la Arance della Salute, le restrizioni dovute alla pandemia hanno impedito la programmazione e lo svolgimento delle normali attività di volontariato. È stato necessario un rapido adattamento alla situazione, che ha spinto i
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volontari e i Comitati regionali a reagire, individuando nuove modalità per sostenere la ricerca sul cancro. L’esempio più significativo di questa reazione si è visto certamente in occasione dell’Azalea della Ricerca. Non appena è stato chiaro che non sarebbe stato possibile scendere in piazza per distribuire le azalee in occasione della Festa della Mamma, tutti si sono attivati per trovare una soluzione alternativa. Dal 1985 le Azalee della Ricerca sono un momento fondamentale per i sostenitori, i volontari AIRC e le loro famiglie e nessuno voleva mancare all’appuntamento per la prima volta in tanti anni. La collaborazione con Amazon ha permesso di far arrivare le azalee direttamente a casa delle mamme italiane, raggiungendole e facendo sentire loro la vicinanza di AIRC e dei loro cari. I responsabili di piazza e tutti i volontari si sono attivati per promuovere l’iniziativa tramite passaparola, strumenti digitali, contenuti forniti da AIRC e tutta la creatività di cui sono stati capaci. Non sono mancati post e dirette sui social ma anche iniziative singolari, come il biscotto a forma di azalea realizzato dalla volontaria pugliese Mariavaleria D’Agostino, per far conoscere a tutti i suoi contatti l’iniziativa speciale di AIRC. Anche i più piccoli sono riusciti a far sentire il loro sostegno ad AIRC e alla manifestazione dell’Azalea. Per esempio un gruppo di bambini piemontesi ha realizzato bellissimi disegni delle azalee ispirati alle vignette postate da AIRC per promuovere l’iniziativa. Purtroppo altri importanti iniziative sono state rimandate all’anno prossimo a causa del COVID-19, come la Milano Marathon e la Rome Marathon, che avevano già ricevuto numerose adesioni. L’energia dei nostri volontari più sportivi è comunque emersa nei mesi estivi, con la partecipazione di oltre 400 runners alla maratona virtuale Gazzetta MarathOne organizzata da RCS e attraverso numerose sfide sportive individuali accompagnate da raccolta fondi online, come quella di Ciro Russo, atleta nazionale di lotta greco-romana prestato al ciclismo, che ha concluso la sua impresa percorrendo oltre 900 chilometri in mountain bike da Torino a Roma in 9 giorni, centrando anche l’obiettivo di raccolta fondi devoluti alla ricerca sul cancro. Le sfide e gli ostacoli non sono mancati, ma quello che tutti i volontari stanno aspettando è di poter tornare in piazza a distribuire cioccolatini, arance e azalee: perché l’incontro di storie ed esperienze che si realizza in quei giorni grazie agli oltre 20.000 volontari è la forza più grande di AIRC.
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IL MICROSCOPIO
Credere nella ricerca: i Giorni della Ricerca AIRC Paese sui principali progressi ottenuti nella lotta contro il cancro e si condivide l’impegno a sostenere la migliore ricerca Italiana. Le caratteristiche ideali di chi si occupa di ricerca sono umiltà, costanza e coraggio. Umiltà di fronte alla vastità del problema cancro, costanza nel cercare soluzioni basate su solidi dati sperimentali, coraggio nell’avventurarsi in territori sconosciuti e nel reagire di fronte ai fallimenti. Queste caratteristiche sono state messe a dura prova dall’emergenza COVID che, al di là delle difficoltà create a ognuno nella vita quotidiana, ha avuto due conseguenze negative generali sulla ricerca in oncologia. La prima sulla ricerca di base, cioè sugli studi condotti in laboratorio per capire i meccanismi che portano allo sviluppo del cancro e alla sua progressione. Il “lockdown” ha infatti fortemente rallentato l’attività dei laboratori di ricerca. La seconda sul trasferimento clinico e in particolare sulle sperimentazioni condotte per l’approvazione di nuovi farmaci o di nuove strategie terapeutiche, i cosiddetti trials clinici. Se il lockdown della ricerca di base può aver permesso ai ricercatori una pausa di studio e riflessione per ripartire con rinnovato slancio e spesso maggior chiarezza di idee, il trasferimento clinico ha ancor più pesantemente sofferto delle
limitazioni imposte dalla pandemia. La fragilità dei pazienti oncologici, la complessità delle cure che, sopprimendo il sistema immunitario, riducono le difese dei malati e la necessità di mettere in sicurezza gli ambienti ospedalieri dall’infezione virale hanno causato un rallentamento, quando non un blocco, nella prosecuzione e soprattutto nell’avvio di nuove sperimentazioni cliniche. È arrivato il momento di ripartire in sicurezza utilizzando l’esperienza di questi mesi e raddoppiando gli sforzi. Il futuro dei trattamenti oncologici è rappresentato dalle terapie combinate, cioè dall’impiego di terapie che, per ottimizzare il risultato, si propongono di aggredire il tumore da multiple angolature, sfruttando meccanismi diversi. Ne è esempio l’associazione di immunoterapia con chemioterapia e terapie biologiche mirate. Per raggiungere l’obiettivo nei diversi tipi di neoplasia occorre però identificare le caratteristiche molecolari del tumore nel singolo paziente, al fine di capire quale terapia (o meglio combinazione di terapie) sia più adatta nel caso individuale e di comprendere le ragioni per cui due malati con lo stesso tipo di tumore (e apparentemente del tutto simili) rispondono in modo molto diverso allo stesso trattamento. La personalizzazione molecolare del tumore diventa così il prerequisito per la personalizzazione terapeutica del paziente. L’entusiasmo per i risultati ottenuti negli anni dalla rete di ricercatrici e ricercatori in oncologia costruita con il supporto di AIRC non può nascondere lo sconforto per la mancanza di risultati nella cura di, purtroppo, ancora troppi tumori. Ed è proprio questa mancanza a dover indirizzare le prossime ricerche, affiancando alla creatività dei ricercatori la rapida trasferibilità clinica dei risultati. Il cancro non aspetta, AIRC neppure.
Ripartire in sicurezza raddoppiando gli sforzi
Federico Caligaris Cappio Direttore scientifico AIRC
A
IRC ha piena consapevolezza di quanto preziosa sia la credibilità della ricerca e di quanto difficile sia comunicarne i risultati in modo chiaro e misurato. Quest’anno ricorre il 25° anniversario della Giornata nazionale della Ricerca sul cancro, la tradizionale iniziativa che, ospitata fin dall’inizio al Quirinale, dà avvio ai Giorni della Ricerca AIRC, nei quali si informa il 38 | FONDAMENTALE | OTTOBRE 2020
Il suo futuro, il piĂš bel regalo. Lascia il segno nel domani di tanti bambini. Regala AIRC.
Questo Natale suggerisci alla tua Azienda di compiere una scelta di grande valore: sostenere la ricerca sui tumori pediatrici e donare cosĂŹ un futuro a tanti bambini!
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