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Fertilità e tumore, un tema complesso
Per le donne con tumore mammario, preservare la fertilità è spesso una possibilità reale dal punto di vista clinico, ma a volte intervengono altri fattori che complicano la scelta. Ne parlano, in un articolo pubblicato su Frontiers in Oncology, i ricercatori coordinati da Matteo Lambertini del Policlinico San Martino di Genova. L’analisi su 223 donne in premenopausa ha dimostrato che quasi tutte sono preoccupate dai potenziali effetti negativi dei trattamenti oncologici sulla fertilità, anche se oltre il 90 per cento accetta di sospendere temporaneamente l’attività ovarica usando specifi ci farmaci. Meno facile da accettare la criopreservazione (di ovociti, embrioni o tessuto ovarico). “Tra le ragioni alla base del rifi uto ci sono soprattutto la paura di ritardare le terapie anticancro o il mancato interesse per future gravidanze” spiegano gli autori, che auspicano una sempre maggiore attenzione al tema.
Nuove terapie per la leucemia a cellule capellute
Sono stati pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine i risultati di uno studio coordinato dall’Università di Perugia che ha coinvolto pazienti con leucemia a cellule capellute recidivata o refrattaria al trattamento. I ricercatori, guidati da Brunangelo Falini ed Enrico Tiacci, hanno messo a punto una strategia terapeutica basata sulla combinazione di due farmaci a bersaglio molecolare, vemu-
Se il livello di glucosio nel sangue sale troppo (iperglicemia) nei primi mesi di trattamento, l’effi cacia della terapia con everolimus più exemestane per il tumore al seno metastatico si abbassa. Questo comporta una maggiore probabilità che il tumore si ripresenti precocemente, riducendo la durata della cosiddetta sopravvivenza libera da progressione di malattia. Grazie anche al sostegno di Fondazione AIRC, il gruppo di ricerca di Claudio Vernieri, di IFOM e dell’Istituto naziorafenib e rituximab, che ha migliorato notevolmente la percentuale di remissioni complete rispetto all’uso del solo vemurafenib (dal 35 per cento a quasi il 90 per cento). “Il prossimo passo è valutare la possibilità di utilizzare la combinazione sin dalla prima linea di trattamento, eliminando la chemioterapia” dicono gli autori.
nale dei tumori di Milano ha pubblicato su Clinical Cancer Research i risultati di uno studio proprio su tale combinazione di farmaci, anche perché everolimus causa iperglicemia o diabete nel 15-20 per cento delle pazienti. Iperglicemia e diabete sono un problema se si presentano nei primi tre mesi di trattamento, mentre non infl uenzano l’effi cacia del farmaco se sono già presenti prima della terapia.