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ASSISTENZA Terapia del dolore
Cure palliative tra diritto, dialogo e informazione
La pandemia Covid-19 ha costretto l’intera pratica medica oncologica ad adeguarsi al nuovo scenario. Anche il sistema di somministrazione delle cure palliative si è dovuto reinventare perché queste rimanessero – o diventassero – un diritto per tutti coloro che ne hanno bisogno
diritti del malato cure palliative qualità di vita
“UN MANTELLo A MISURA DI BAMBINo ”
Le cure palliative non sono riservate solo agli adulti: anche i bambini possono averne bisogno e in questi casi l’approccio usato è molto diverso. “Nell’adulto queste cure sono ancora molto orientate all’accompagnamento al fi ne vita, mentre per i minori vengono utilizzate per aiutare ad affrontare malattie comunque gravi ed evolutive, che però spesso tendono a diventare croniche” spiega Lonati, che poi aggiunge: “Nell’hospice per i bambini facciamo pochissimi ricoveri di accompagnamento al fi ne vita e moltissimi ricoveri di abilitazione genitoriale, o di rivalutazione e controllo sintomi”. Nei bambini inoltre bisogna tenere conto anche di altri aspetti, garantendo loro uno spazio per i giochi, l’educazione e la crescita di tutte le loro capacità. È infi ne necessario prendere in carico i fratelli come parte integrante della cura, valorizzarli e fare in modo che non si sentano in colpa per “essere sani”.
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a cura di CRISTINA FERRARIO Il termine “palliativo” deriva dal latino pallium, mantello. E proprio come un mantello, le cure palliative “avvolgono” la persona malata, con un’attenzione a 360 fermano la vita e considerano la morte come un processo normale; non accelerano né pospongono la morte. Il loro scopo è preservare la migliore qualità di vita possibile. Fino alla fine.” È questa la definizione di cure palliative rigradi che parte dalla consapevolezza portata dall’Associazione europea di che, oltre ai bisogni fisici, queste per- cure palliative (EAPC), una definizione sone hanno anche esigenze spirituali, che chiarisce almeno in parte in cosa psicologiche e sociali che non posso- consiste questo tipo di assistenza, che no essere trascurate. E non è un caso non è fatta solo di farmaci. che questo mantello copra anche chi è Dal punto di vista logistico, le cuvicino al malato e, seppur in maniera re palliative possono essere erogate diversa rispetto al malato stesso, ha bi- in contesti anche molto diversi. Non sogno di qualcuno che sempre le cure fornigli/le stia accanto. te in ospedale o in ho-
“Le cure palliative spice possono essere sono un modo di ero- effettuate anche a cagare la cura, ma sono sa, e viceversa. E non anche una filosofia e tutte le strutture sosoprattutto sono un no idonee a prestare diritto” spiega Giada Lonati, medico il servizio di cure palliative, ma solo palliativista e direttrice sociosanitaria quelle che rispettano “i requisiti midi VIDAS, associazione che dal 1982 nimi e le modalità organizzative neoffre sostegno e assistenza ai malati cessari per l’accreditamento”, descritinguaribili. ti nel documento prodotto il 25 luglio
Come ricorda Lonati, il diritto 2012 in Conferenza Stato-Regioni. Sul all’accesso alle cure palliative è san- territorio italiano è presente la Rete locito per ogni cittadino ormai da oltre cale di cure palliative (RLCP), che racdieci anni con la legge 38/2010, e non coglie e coordina questo tipo di assiriguarda solo i malati oncologici, ma stenza nei diversi contesti su base tertutti coloro che soffrono di malattie ritoriale (dall’hospice al domicilio, inguaribili. “Tutti abbiamo diritto al senza dimenticare ospedali e struttumiglior trattamento possibile, che ci re residenziali). aiuti ad avere la migliore qualità di vita possibile a fronte di una malattia in guaribile” afferma. - Dialogo, ascolto, formazione e informazione
Qualità della vita: l’obiettivo delle cure palliative
Di cosa si tratta
“Le cure palliative sono le cure globali attive dei pazienti la cui patologia non risponde più ai trattamenti previsti. Nel loro approccio olistico, si occupano degli aspetti fisici, psicosociali e spirituali, incluso in particolare il controllo del dolore e degli altri sintomi. Le cure palliative sono interdisciplinari nell’approccio e nei loro scopi, comprendono il paziente, la famiglia e la comunità e dovrebbero essere disponibili ovunque, in ospedale come in hospice o a casa. Le cure palliative af-
La legge del 22 dicembre 2017 n. 219, all’interno del discorso sul consenso informato, dice che il tempo della comunicazione è tempo di cura. “Quel tempo andrebbe salvaguardato, ma spesso gli oncologi ci dicono che hanno a disposizione solo 15 minuti per una visita, un tempo decisamente troppo breve per poter parlare di temi tanto articolati e delicati come il fine vita” afferma Lonati, ricordando però che il dialogo è una parte fondamentale delle cure palliative. Il caregiver, ovvero la persona che si prende cura del malato, è sempre coinvolto nella comunicazione sui trattamenti palliativi. Un po’ diversa è la situazione per quanto riguarda il paziente, con il quale non è sempre semplice affrontare il tema. “Non si dovrebbe parlare con il malato di sedazione palliativa quando ormai sta molto male e bisogna agire in urgenza, ma preparare il terreno prima, in modo che sia più facile per lui esprimere un consenso davvero consapevole e informato” dice la palliativista, che ha iniziato a svolgere questa professione nel 1994, quando “i malati non conoscevano nemmeno la diagnosi (e tanto meno la prognosi).” Se oggi i pazienti quasi sempre conoscono la prima, non sempre hanno un’idea chiara della seconda. “È difficile dire quanto questo dipenda da una cattiva comunicazione o da difficoltà di comprensione” afferma Lonati, che ricorda come si debba cercare di creare un “ambiente di verità” dove il paziente possa porre tutte le domande, anche le più complesse, e trovare risposte.
Prima è, meglio è
“L’approccio palliativo non è adatto solo alla fase finale della vita, tanto che si parla sempre più spesso di presa in carico precoce (early palliative care) o simultanea” afferma Lonati, ricordando che in alcuni casi ha senso introdurre queste cure già nelle fasi precoci della malattia. In effetti, affrontare presto il discorso permette spesso di aiutare il paziente a scegliere in modo più consapevole alcuni aspetti del proprio percorso di cura e malattia, anche in base alle proprie inclinazioni e ai propri desideri. “Ci sono due prospettive diverse su cui ragionare, sulla breve e sulla lunga distanza” precisa. Secondo Lonati servirà ancora tempo per portare questo atteggiamento nella mentalità comune e anche in quella dei sanitari. “Usare un approccio palliativo significa considerare anche la possibilità che la vita volga al termine, che le terapie siano inefficaci” spiega l’esperta, ricordando che la paura della morte è legittima,
ma molto spesso è più forte la paura di morire da soli. In questo contesto sapere che ci sarà sempre qualcuno accanto a noi può aiutare a vivere meglio anche i momenti più difficili.
L’effetto della pandemia
La pandemia ha sconvolto come un terremoto anche il sistema delle cure palliative. Ma “c’è sempre qualcosa da offrire, anche alla fine della vita”, come ricordano gli esperti della Società italiana di cure palliative (SICP) e della Federazione cure palliative (FCP) nel documento Ruolo delle cure palliative durante una pandemia, pubblicato a ottobre 2020. “Nonostante le difficoltà, laddove la Rete di cure palliative era sufficientemente organizzata prima dell’inizio della pandemia, il sistema di cure palliative ha retto” si legge nel documento, dove si spiega come queste reti si siano dovute adattare allo scenario pandemico, per esempio con visite di telemedicina, una diversa organizzazione delle visite domiciliari o una riduzione/riorganizzazione degli spazi e dei modi di contatto con i pazienti. Il documento si chiude con raccomandazioni su come gestire le cure palliative in pandemia, con attenzione particolare a “4 S”: stuff (cose), staff (personale), space (spazi) e systems (sistemi). E si è modificata anche la metodologia di distribuzione delle cure palliative: “Noi abbiamo visto un aumento del 10 per cento delle richieste di assistenza soprattutto a domicilio, anche a causa della riconversione di molti reparti in reparti Covid e della tendenza a dimettere tutti i pazienti che potevano essere in qualche modo seguiti fuori dall’ospedale, seppur inguaribili” dice Lonati. Anche per questa ragione, e per evitare pressioni inutili sulle strutture ospedaliere, gli esperti raccomandano di potenziare gli interventi di telemedicina e le opzioni sul territorio, per garantire comunque l’accesso alle cure palliative a chi ne abbia bisogno.
“Le cure palliative dovrebbero essere disponibili per tutte le patologie in fase inguaribile e per tutte le età” dice Lonati. “In Italia però oggi questo non è ancora garantito” aggiunge. In effetti nel Bel Paese sono oltre 500.000 all’anno i malati affetti da patologie inguaribili (non solo oncologici), tuttavia le opportunità di accesso alle cure palliative sono ancora limitate e solo il 23 per cento dei pazienti, in pratica uno su 4, riesce a usufruirne. Lo si legge nella ricerca Le cure palliative in Italia, commissionata da Vidas al Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (Cergas) dell’Università Bocconi e presentata a novembre 2019. Nel documento si descrivono anche le differenze tra Regioni e non manca un confronto internazionale dal quale l’Italia risulta molto indietro rispetto a Paesi come Germania e Regno Unito, che fanno registrare tassi di copertura del bisogno rispettivamente pari al 64 per cento e al 78 per cento.