Rassegna

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diffusione:9451 tiratura:15973 10/06/2021 Pag. 26 Ed. Brindisi

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato


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Primo Piano

IL CENTRO MERCOLEDÌ 3 FEBBRAIO 2021

CORONAVIRUS » ABRUZZO: LA RICERCA

di Monica Pelliccione

In laboratorio a caccia di biomarcatori. Molecole presenti nel sangue in grado di segnalare la predisposizione, o la progressione, di una neoplasia. Il progetto di ricerca, che tre anni fa ha vinto la selezione nazionale, scelto e finanziato dall'Airc e tuttora in corso, porta la firma della ricercatrice Paola Patrignani, professore ordinario di farmacologia all'Università D'Annunzio Chieti- Pescara e in forza al Cast, il Centro di studi avanzati e tecnologie dell'ateneo. Professoressa, la sua ricerca è finanziata dall'Airc, l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Di cosa si tratta? «Come doverosa premessa voglio ringraziare l'Airc, che sostiene in maniera rilevante la ricerca in Italia nel campo dei tumori. Il mio studio riguarda, in particolare, l'individuazione dei biomarcatori che predicono lo sviluppo di un tumore e ci dicono se l'individuo in esame può avere una predisposizione genetica al cancro, nello specifico del colon - retto. Ma questi biomarcatori forniscono indicazioni importanti anche sulla progressione della malattia per evitare di arrivare alla fase metastatica, con la diffusione delle metastasi in altri organi. L'Airc lo ha ritenuto di notevole interesse, finanziandolo». A che punto è la ricerca? «L'intento è sviluppare biomarcatori non invasivi, che possono essere rilevati tramite il prelievo del sangue. Per i tumori non abbiamo, al momento, dei biomarcatori "produttivi", che siano indicativi della fase iniziale della neoplasia, quando il cancro non è ancora percepibile. Accanto alla ricerca che cammina, va adottato uno stile di vita adeguato: molta attività fisica, niente fumo, non eccedere con gli alcolici oltre a una sana alimentazione di base. Il sistema immunitario viene rafforzato dallo stile di vita che dà la possibilità di avere risposte migliori dell'organismo anche in caso di Covid o di altre malattie che possono essere contratte. Persino per una semplice influenza lo stato di salute generale della persona fa la differenza». Quanto tempo occorrerà per completare lo studio e avere i primi riscontri sui pazienti? «Almeno altri due-tre anni. Collaboro con dei clinici che seguono i pazienti, sia in Italia che all'estero. In questa fase stiamo raccogliendo campioni di tessuto e di sangue, da cui andiamo a isolare le piastrine, mentre dal plasma isoliamo delle micro-vescicole. Successivamente, studiamo le proteine presenti nelle piastrine e dalla micro-vescicole, da cui ricaviamo un'analisi bio-informatica che ci fornisce "l'impronta" del singolo individuo, che può essere associata alla possibilità di sviluppare un tumore o anche alla presenza di un cancro e il suo stadio». La somministrazione dell'aspirina in basse dosi come si inserisce in questo meccanismo? «Stiamo analizzando anche i meccanismi associati e coinvolti nella protezione contro lo sviluppo del cancro del colon-retto, e di possibili altri tipi di tumore, con la somministrazione di un basso dosaggio di aspirina, che viene data nella prevenzione delle malattie cardio-vascolari. In questa seconda parte dello studio, oltre che

Patrignani: così scovo le cellule del cancro Parla la ricercatrice che porta avanti il progetto salva-vita COME AIUTARLI

Domani giornata della solidarietà Tornano le arance Airc nei centri commerciali. L’Abruzzo in campo In occasione della Giornata mondiale contro il cancro, che si celebra domani, torna l'iniziativa dell'Airc "Le arance rosse per la ricerca" disponibili, fino a esaurimento, in oltre 6.000 punti vendita su tutto il territorio nazionale. A causa della pandemia, la distribuzione delle arance non potrà avvenire nelle piazze, ma sono scese in campo a sostegno dell'Associazione per la ricerca sul cancro numerose insegne della grande distribuzione organizzata. Un impegno straordinario a sostegno della ricerca oncologica. Le aziende aderenti doneranno all'Airc 50 centesimi per ogni reticella di arance venduta. Quest'anno la fondazione Airc e Firc sostengono 5mila ricercatori al lavoro su 622 progetti di ricerca, 71 borse di studio e 22 programmi

speciali, per rendere il cancro sempre più curabile. Per l’Abruzzo, in particolare, sono stati deliberati 643.000 euro per il sostegno di 6 progetti di ricerca e una borsa di studio. Un risultato reso possibile anche grazie alle iniziative del Comitato Abruzzo Molise Fondazione Airc, presieduto da Maria Francesca De Cecco (foto), attivo dal 1996 per organizzare e promuovere ogni anno numerosi appuntamenti di raccolta fondi.

«L’emergenza Covid ha avuto diverse conseguenze negative sui progressi della ricerca in oncologia», spiega Federico Caligaris Cappio, direttore scientifico Fondazione Airc, «la prima sulla ricerca di base, in quanto è stata fortemente rallentata l’attività degli studi condotti in laboratorio e indispensabili per capire i meccanismi che portano allo sviluppo del cancro e alla sua progressione. La seconda sul trasferimento clinico e, in particolare, sugli studi condotti per l’approvazione di nuovi farmaci o nuove strategie terapeutiche. A ciò si aggiunge l’allarme lanciato dall’Osservatorio nazionale screening sul rinvio degli accertamenti con una ripercussione sulle nuove diagnosi e un conseguente ritardo nel curare la malattia». La campagna delle arance della salute si protrarrà fino al 14 febbraio. (m.p.)

dall'Airc, sono sostenuta dalla Uk Cancer Researc, un'organizzazione inglese che raccoglie fondi per la ricerca sui tumori. Alcuni studi clinici, ed è da qui che siamo partiti, hanno evidenziato che chi assume l'aspirina a basse dosi ha una ridu-

zione di mortalità e di incidenza del cancro del colon-retto. Si è evidenziato che l'aspirina può ridurre le formazioni tumorali». E non si riscontrano effetti collaterali all'uso dell'aspirina a basso dosaggio?

«È proprio questo l'altro nodo da sciogliere. I nostri biomarcatori devono essere predittivi per l'efficacia, quindi individuare la predisposizione o la presenza di una neoplasia, ma anche sul possibile sviluppo di effetti collaterali: alcuni

◗ PESCARA

Insegna e lavora all’Università D’Annunzio. La sua ricerca è finanziata dall’Airc, finirà nel 2024 esempi possono essere i sanguinamenti gastro-intestinali o cerebrali». Il cancro del colon-retto ha un'incidenza elevata sulla popolazione. Quanto può aiutare la ricerca? «È fondamentale in qualunque tipo di studio sui tumori. I ricercatori hanno un gran bisogno di sostegno economico perché portano avanti studi complessi. Al Center for advanced studies and tecnology (Cast) della D'Annunzio, dove lavoro, abbiamo un laboratorio con apparecchiature tecnologiche di altissimo livello, che consentono ricerche minuziose». Il ruolo dell'Airc? «Il cancro resta un‘emergenza a livello mondiale, ricercatori e medici non possono permettersi battute d’arresto: in Italia, solo lo scorso anno, il cancro ha causato più del 25% dei decessi totali e si sono registrate circa 377.000 nuove diagnosi, più di 1.000 al giorno. La Fondazione Airc e Firc investiranno 125 milioni 260 mila euro nel 2021 per sostenere circa 5.190 ricercatori che stanno lavorando alla messa a punto di metodi per diagnosi sempre più precoci e trattamenti più efficaci per tutti i tipi di can-

Una persona su quattro muore di tumore, i ricercatori non possono permettersi battute d’arresto cro. Un impegno straordinario, che si traduce nel sostegno di 622 progetti di ricerca, 71 borse di studio, 22 programmi speciali e di Ifom, centro di eccellenza internazionale nel campo dell’oncologia molecolare. La nostra ricerca è tra questi grandi progetti».

Borse di studio, nuova data per riscuoterle Mancate comunicazioni della Regione a una parte di 8.300 studenti beneficiari: scatta la proroga La tessera “Io Studio” Sono 8.300 gli studenti beneficiari La Regione ha comunicato una proroga per la riscossione delle borse di studio

◗ PESCARA

Dovevano essere riscosse entro il 31 gennaio ma non tutti hanno provveduto perché ignari di averle ottenute. È il caso delle borse di studio del programma ministeriale “Io Studio”, riferite agli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019, che in Abruzzo coinvolge circa 8.300 alunni per una spesa complessiva di 1,7 milioni di euro. Nelle ultime settimane era stato annunciato che le borse di studio erano in pagamento negli uffici postali, ma adesso non tutti i beneficiari sono stati raggiunti dalla comunicazione della Regione. È così che verrà fissata una nuova data per la loro stessa riscossione. A comunicare la proroga dei termini è il Servizio Istruzione della Regione Abruzzo dopo un’interlocuzione con il ministero della Pubblica istruzione che ora è chiamato ad indicare la nuo-

va finestra temporale entro la quale i beneficiari stessi potranno ottenere il pagamento. Il Miur dovrà stilare una lista di beneficiari che al 31 gennaio non hanno riscosso presso un ufficio postale del territorio nazionale il voucher collegato alla borsa di studio; successivamente, dopo intesa con Poste italiane, indicherà una nuova finestra temporale. In quell’occasione, assicurano gli uffici regionali del Servizio Istruzione,

verrà data diffusione del nuovo periodo entro il quale le borse di studio saranno pagate. La mancata riscossione al 31 gennaio, chiarisce sempre il Servizio Istruzione della Regione, non fa decadere il diritto alla borsa di studio. Il programma “Io Studio” è un’iniziativa del ministero dell'Istruzione finalizzata a contrastare la dispersione scolastica e a garantire il diritto allo studio dei ragazzi delle scuole superiori con reddito

basso. I beneficiari vengono individuati ogni anno dalle Regioni tramite bando o sulla base di graduatorie già esistenti. Ma «per gli studenti abruzzesi questa opportunità rischia di saltare: la Regione Abruzzo è l’unica in Italia che non ha ancora assegnato nessuna borsa di studio, perché non è stata in grado di inviare al ministero la documentazione corretta per segnalare gli studenti meritevoli». Così

commentava nei mesi scorsi il consigliere regionale del Movimento Cinque Stelle Giorgio Fedele, attaccando la giunta per aver tardato a trasmettere al ministero gli elenchi degli idonei. La vicenda era finita un paio di volte anche in commissione Vigilanza. «Una forma di pressappochismo gravissima, soprattutto perché a farne le spese sono gli alunni più bisognosi della regione», continuava il consigliere pentastellato La procedura indicata nel programma ministeriale prevede che venga emesso un bonifico domiciliato che deve essere poi presentato agli uffici postali dislocati sul territorio. Ma, nonostante l’annuncio che fossero in pagamento, le criticità nella comunicazione ai beneficiari delle borse di studio hanno portato ad una proroga dei termini per la riscossione, che ora verranno riprogrammati. (a.s.)


30/04/2021 Pag. 87 N.17 - 8 maggio 2021

diffusione:200928 tiratura:321742

IL 9 MAGGIO TORNA NELLE PIAZZE ITALIANE L’AMATISSIMO REGALO FLOREALE PER FINANZIARE I RICERCATORI IN PRIMA FILA CONTRO I TUMORI FEMMINILI

L’AZALEA PER LE MAMME FA VINCERE LA RICERCA di Edoardo Rosati

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e è vero che ogni fiore ha un significato, l’azalea, con la sua vivacità cromatica, è l’icona della salute femminile per eccellenza. Dal 1984, infatti, è l’emblema del lavoro dei ricercatori sostenuti da Fondazione Airc per ricerca sul cancro, impegnati a contrastare i tumori femminili. Sono oltre 182 mila le italiane che si ammalano di tumore ogni anno. A loro e a tutte è dedicata l’Azalea della Ricerca: ordinabile anche online (su Amazon), torROSSELLA nerà a colorare le piazELISEI: «CON ze d’Italia il 9 maggio, LE MALATTIE festa della mamma (compatibilmente alle TIROIDEE ordinanze del gover- ORA SI GIOCA no). Tra i bersagli on- D’ANTICIPO» cologici, oltre ai tumori più frequenti (mammella, colon-retto e polmone), spicca la tiroide colpita dal carcinoma, che costituisce il 5 per cento di tutte le neoplasie maligne, con una maggiore prevalenza nelle donne tra i 40 e i 50 anni. «Il mio team si è focalizzato in special modo sulla forma cosiddetta midollare», interviene Rossella Elisei, professore associato di Endocrinologia all’U-

niversità di Pisa e dirigente medico dell’Azienda ospedaliero-universitaria Pisana. «Parliamo di una patologia molto particolare e più aggressiva. Si manifesta nel 75 per cento dei casi in maniera casuale, ma nel 25 per cento viene trasmessa dal genitore alla prole». Ebbene, è stato scoperto che i figli di questi pazienti ereditano una specifica alterazione genetica, rivelatasi importantissima per scovare i portatori della mutazione e cogliere la malattia per tempo. Analoghe “spie” genetiche sono state rinvenute anche nella maggior parte di quel restante 75 per cento di persone, ma non in tutte. «Ci stiamo dunque adoperando proprio per identificare il cento per cento delle mutazioni all’origine di questo tumore», spiega la professoressa Rossella Elisei. Un intento che va di pari passo con un dato confortante: oggi la ricerca sta mettendo a punto nuove generazioni di farmaci che hanno il potere di bloccare le anomalie del nostro Dna ed arginare la crescita tumorale. Il messaggio, insomma, è sempre quello: prima si stana il problema, più agevolmente si riesce a gestire il quadro clinico e a formulare terapie personalizzate. «E anche se non si dovesse ottenere una piena guarigione», ci tiene a

È ILSIMBOLO DELLA SALUTE DELLE DONNE Antonella Clerici, 57 anni, mostra l’Azalea Airc acquistabile il 9 maggio, festa della mamma, e anche in Rete per finanziare gli studi sui tumori di seno, colon e tiroide (airc.it). rimarcare l’endocrinologa, «è comunque possibile giungere a una serena convivenza con la malattia. Sempre a patto che la diagnosi sia abbastanza precoce». Non è finita. Oggi per sorvegliare il nemico c’è un semplice esame sul sangue. «La sostanza che andiamo a misurare è la calcitonina e sa dirci se dietro un nodulo tiroideo si nasconde un carcinoma midollare». Ma c’è l’intenzione di perfezionare nei prossimi anni il riconoscimento diagnostico con un più sofisticato test: è la “biopsia liquida”, che punta a riconoscere le tracce delle citate mutazioni genetiche nel torrente sanguigno. Un traguardo futuro, ne siamo convinti, destinato ad aggiungersi ai tanti raggiunti da Airc, che in 37 anni ha consentito di raccogliere oltre 275 milioni di euro per assistere i migliori scienziati contro i tumori che colpiscono le donne. l 87

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salute ANTONELLA CLERICI INVITA TUTTI A SOSTENERE L’AIRC


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MEDICINA

TUMORI

TERAPIE E DIAGNOSI PRECOCE

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Per salvare l’ovaio ci vogliono i geni G E T T Y I M AG E S

di T I Z I A N A M O R I CO N I

a un codice che cambia in continuazione. Per questo il cancro dell’ovaio è difficile da craccare, geneticamente parlando. E sì che ci proviamo da più di 30 anni: è stato uno dei primi tumori, insieme a quello del seno, in cui si è capito che l’analisi del genoma era la chiave per arrivare a nuove terapie, e che l’ereditarietà ha un ruolo importante. Oggi conosciamo fondamentalmente due geni alla base della sua insorgenza, Brca1 e Brca2. Degli oltre 5 mila casi che ogni anno si verificano in Italia, si stima che circa il 20% sia legato alle loro mutazioni: il 15% ereditarie e il 5% che insorge spontaneamente nel corso della vita. A questo numero bisogna aggiungere un altro 10% di casi in cui Brca1 non è mutato ma è come se fosse inattivato, con il medesimo risultato. Quando questo gene non funziona come dovrebbe, il rischio di tumore ovarico aumenta di 40 volte rispetto alla popolazione generale, mentre il malfunzionamento di Brca2 lo accresce di 20-25 volte. A partire dalla scoperta di questi geni è stato fatto molto: oggi è possibile individuare le donne sane portatrici delle mutazioni grazie a test genetici e inserirle in programmi di sorveglianza o di prevenzione, che prevedono l’asportazione profilattica di ovaie e tube. Non solo: sono stati sviluppati farmaci – i Parp inibitori – che hanno aumentato di molto la sopravvivenza di chi si ammala. La debolezza di questi tumori è l’instabilità genetica causata dalle mutazioni Brca, che rende il DNA meno capace di autoripararsi quando si guasta. I Parp inibitori colpiscono un altro meccanismo di riparazione, legato alla proteina Parp, e bloccando anche questo è come se le cellule “zoppe” perdessero l’altra gamba, finendo per cadere. Cos’altro sappiamo del profilo genetico del tumore dell’ovaio, così elusivo? «Che in alcune pazienti l’instabilità genetica è causata da quello che noi chiamiamo deficit di ricombinazione omologa, che si può verificare anche in assenza di alterazioni Brca», risponde Paolo Radice, Responsabile della Struttura semplice dipartimentale di Medicina predittiva: basi molecolari del rischio genetico e test genetici, presso la Fondazione Irccs, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Il Deficit di ricombinazione omologa può essere rilevato nel DNA delle pazienti e anche questi tumori possono essere trattati con terapie anti-Parp». Oggi, grazie anche a questi far-

Conoscere il genoma della neoplasia è necessario per disegnare le cure e capire chi rischia di più Perciò in soli dieci anni è aumentata la sopravvivenza

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I NUMERI

5.200 Nuovi casi È poco frequente: occupa il decimo posto tra tutti i tumori femminili (3%). Colpisce circa 5.200 donne ogni anno

3.000 Decessi L’elevata mortalità, 3.000 decessi l’anno, è legata a molti fattori tra cui una sintomatologia aspecifica

40% Sopravvivenza A 5 anni dalla diagnosi, il 40% sopravvive. Se il tumore è in stadio iniziale, la chirurgia è curativa nel 70% dei casi

60% Forme epiteliali Più frequenti rispetto ai tumori germinali che costituiscono il 15-20% dei casi e sono maligni solo nel 5%

maci, il 40% delle pazienti vive oltre i 5 anni dalla diagnosi: un dato impensabile fino a 10 anni fa. Eppure ancora terribilmente basso. Per migliorarlo bisogna agire su tanti fronti. Da una parte bisogna migliorare i test: «Circa il 20% dei risultati dei test geneRaramente tici è incomprensibisi scopre in le, ossia non fornisce un’informazione che fase iniziale può essere utilizzata, L’analisi del suo perché non sappiamo ancora se e come alcuDNA aiuterà ne varianti aumentino a sviluppare il rischio di tumore», spiega Radice: «Nei nuovi test soli geni Brca esistono decine di migliaia di varianti, molte delle quali dal significato incerto. Quello che stiamo facendo a livello nazionale e internazionale, anche grazie ai finanziamenti di Fondazione Airc, è proprio esplorare e classificare le varianti genetiche, per migliorare sempre più l’informazione dei test genetici». Un secondo fronte riguarda la scoperta di altri geni chiave: «Conosciamo un piccolo numero di altri geni che, se mutati, aumentano il rischio di sviluppare il tumore ovarico: in particolare Rad51C, Rad51D, Brip1 e i geni legati alla Sindrome di Lynch. Il loro ruolo è minore e sono presenti nell’1-3% dei casi ereditari, ma purtroppo non rispondono ai Parp inibitori», aggiunge Radice. Per trovare la chiave di volta bisognerebbe riuscire ad analizzare il genoma del tumore quando è all’inizio del suo sviluppo: allora si potrebbero identificare delle alterazioni molecolari strutturali, che potrebbero essere “colpite” con farmaci mirati. «È una della strade che stiamo seguendo e i primi risultati sono molto promettenti», dice Maurizio D’Incalci, a capo del laboratorio di Farmacologia antitumorale presso Humanitas Research Hospital di Milano. La difficoltà principale sta nel fatto che le diagnosi di tumori ovarici in stadio iniziale sono molto rare: non a caso lo chiamano il killer silenzioso e il 75-80% dei casi è scoperto quando è già in fase avanzata. Per questo si stanno costruendo biobanche che riuniscono i dati provenienti da tanti Brca1 e 2 mutati centri, perché la riceraccrescono la ca, per essere solida, ha bisogno di grandi probabilità numeri: «Fondazione di ammalarsi Airc ci aiuta da moltissimi anni – riprende Ma oggi c’è D’Incalci – e insieme al una classe di suo supporto abbiamo potuto contare anche farmaci ad hoc sui finanziamenti di Alleanza contro il Cancro

1 La malattia Ecografia di ovaio con evidenziato lo sviluppo della neoplasia. Difficile scovarla in anticipo

e della Fondazione Alessandra Bono». Questi fondi hanno reso possibile anche un’altra ricerca innovativa proprio per la diagnosi precoce del tumore ovarico: un’indagine genetica eseguita sui campioni prelevati per i pap test. «I dati suggeriscono che è possibile individuare mutazioni importanti in geni che regolano la formazione del tumore già 5-6 anni prima della diagnosi», spiega l’esperto: «Lo abbiamo osservato su 17 casi e ora, con la collaborazione di 7 istituti di ricerca, stiamo testando l’ipotesi su altri 200 campioni. È un progetto ambizioso, perché diagnosticare prima il tumore vuol dire cambiare radicalmente le possibilità di cura. In tanti anni che mi occupo di tumore ovarico – conclude – credo che non siamo mai stati così vicini a una nuova svolta». © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ I N I Z I AT I VA A I R C

Un’azalea per la ricerca Come ogni anno, e nonostante Covid-19, torna l’Azalea della Ricerca per la Festa della Mamma, l’iniziativa di Fondazione Airc che raccoglie fondi per sostenere la lotta ai tumori femminili. Fino al 3 maggio è, infatti, possibile acquistare l’Azalea della Ricerca con un contributo di 15 € su Amazon. Per sapere se i volontari saranno anche nelle piazze italiane il 9 maggio, consultare i siti: airc. it e lafestadellamamma.it.


diffusione:172911 tiratura:253197 08/05/2021 Pag. 1

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Giovedì 6 maggio 2021

Monica Bottino ■ Seicento morti al giorno, in Italia. Circa 150mila all’anno. Concentrarsi sulla pandemia da covid non deve far perdere di vista la strage che compie ogni giorno il cancro. Per i malati e le loro famiglie la speranza sono la diagnosi precoce e le cure, sempre più mirate, che i ricercatori e gli specialisti mettono a punto per offrire ai pazienti il miglior risultato possibile. E Genova, grazie a medici di primissimo livello, fa scuola in tutto il mondo. Parliamo, per esempio, di Alberto Sobrero, direttore dell’Oncologia Medica del San Martino, che ha messo a punto uno strumento un grafico che può aiutare sia il medico a scegliere la terapia più appropriata per ogni paziente, sia il paziente a comprendere meglio la propria prognosi, ovvero le probabilità di guarigione. I risultati dello studio sostenuto da Fondazione Airc sono stati pubblicati sull’European Journal of Cancer. «I pazienti che hanno una diagnosi di tumore si dividono in due gruppi - spiega lo specialista - Da una parte coloro che hanno una patologia allo stadio I, II o III, che sono stadi precoci, e che in generale, a seconda del tipo di tumore, possono essere guariti. Poi c’è lo stadio IV, che nonostante i grandi avanzamenti terapeutici degli ultimi 20/30 anni fa ancora tante vittime. I tumori causano circa 18-20 milioni di morti nel mondo. Ma è anche vero che a fronte di 400-500mila casi di tumore circa il 60-65% guarisce, ovvero è preso in tempo, negli stadi 1,2 e 3». Una premessa essenziale, che identifica le persone che possono sperare di «farla franca» contro il tumore, dice Sobrero, e addirittura se guariscono hanno inalterata la quantità di vita restante in termini di anni. «Molte malattie le persone se le portano dietro sempre - spiega Ma non è così nel tumore: se sei guarito sei guarito, e se per esempio hai 70 anni hai la stessa prospettiva di vita, cir-

GENOVA 13

il Giornale del Piemonte e della Liguria

POLICLINICO SAN MARTINO: LA RICERCA ANCHE CON I FONDI AIRC

Un grafico matematico per battere il cancro al colon

Lo studio ideato dal professor Alberto Sobrero è già diventato internazionale: «Non a tutti le stesse cure, si guardano le probabilità» SOLIDARIETÀ

Domenica c’è l’Azalea che aiuta la ricerca Airc

ALBERTO SOBRERO, direttore dell’Oncologia Medica del San Martino, una vita per i pazienti

ca 22 anni, di un coetaneo che non ha avuto il cancro». Chi ha un tumore allo stadio 1, pochi fortunati, per esempio, nell’ambito del cancro al colon, un polipo degenerato, ha il 95 per cento di guarire togliendolo, senza fare altra terapia. Nello stadio 2 le chance di guarigione sono l’80 per cento. «Il nostro studio si concentra nel gruppo di pazienti in stadio 3 che hanno un rischio elevato di ricadere - spiega il medico -

per i quali fino ad ora si è sempre detto: tu hai più o meno il 50 per cento di chance di essere già guarito con l’intervento chirurgico. Ma in quel caso su due che va male, e si passa direttamente allo stadio 4, con le metastasi». Fino al lavoro genovese, che oggi è diventato internazionale, a questi pazienti si consigliava la chemioterapia per aumentare del 20% le possibilità di completa guarigione. Poi proprio il professor Sobrero si è posto un quesito clinico da cui è partito lo studio multicentrico che ha fatto scuola: quanti cicli di chemio sono necessari davvero? «Volevamo capire quanto si poteva mantenere l’efficacia riducendo la tossicità, con meno cicli. Si è fatto per il tumore alla mammella, per esempio, quindi perché

non studiare anche il caso del cancro al colon?». Circa 15 anni fa è iniziato questo studio, il più imponente tra quelli internazionali nel campo dei tumori solidi del tratto gastrointestinale, per paragonare tre mesi di chemio contro sei. «Iniziato nel 2007, con fondi del Ministero e poi dell’Airc e ci sono venuti dietro gli inglesi, gli americani, i giapponesi, i francesi e i greci . Il database era in parte a Milano e in parte in Usa e alla fine siamo arrivati alla conclusione, dati alla mano, che nella stragrande maggioranza dei pazienti tre mesi equivalgono a 6 mesi di chemio». Aver compiuto questo studio ha consentito un vantaggio aggiuntivo: l’accesso a molti dati, parliamo di circa 30mila cartelle cliniche. «A questo punto, grazie ai fondi

OSPEDALE GASLINI IN PRIMA LINEA DA INIZIO PANDEMIA

L’Azalea della Ricerca è sinonimo di Festa della Mamma. Il fiore di Fondazione Airc è infatti diventato il simbolo di questa speciale ricorrenza. «Sbocciata» per la prima volta nel 1984, questa pianta si è dimostrata una preziosa alleata per la salute al femminile e per il lavoro dei ricercatori sostenuti da Airc. Un regalo speciale per le mamme e per le persone cui vogliamo bene, un gesto concreto che in 37 anni ha consentito di raccogliere oltre 275 milioni di euro per sostenere il lavoro dei migliori scienziati impegnati a sviluppare metodi per diagnosi sempre più precoci e terapie personalizzate, più efficaci e meglio tollerate per i tumori che colpiscono le donne. Domenica 9 maggio, compatibilmente con le indicazioni delle autorità sanitarie e di governo, i volontari Airc torneranno nelle piazze per distribuire l’Azalea della Ricerca a fronte di una donazione di 15 euro. L’Azalea sarà affiancata da una speciale Guida con informazioni su prevenzione, cura dei tumori e alcune facili ricette da dedicare alla mamma. Inoltre, è possibile ricevere l’azalea direttamente a casa o fare una sorpresa alle persone che amiamo ordinandola su Amazon.it, che rinnova così il supporto alla ricerca oncologica della Fondazione.

LUSH

La festa L’allarme dei pediatri: non sottovalutate i sintomi, bisogna correre in ospedale della mamma ■ Da un’analisi dei dati dei pazienti pe- aggravamento delle condizioni cliniche di complicanze e di sopravvivenza» spie- e i regali diatrici con Diabete Mellito tipo 1 dia- dei bambini», spiega il professor Moha- ga Giuseppe D’Annunzio direttore del gnosticato presso il Centro Regionale di mad Maghnie direttore della Clinica Pe- Centro Regionale di Riferimento di Dia- ecosostenibili

Diabete: raddoppiati i casi gravissimi Riferimento di Diabetologia Pediatrica afferente all’Istituto Giannina Gaslini dall’inizio della pandemia ad oggi - è stato riscontrato un drastico aumento dei casi con chetoacidosi, che sono più che raddoppiati e, dato ancora più drammatico, sono raddoppiati i casi gravissimi, con grande rischio per la vita. La chetoacidosi diabetica è la modalità più grave di esordio clinico di DM1 che può condurre al coma e, in casi estremi, alla morte. Nessun decesso è stato registrato, per fortuna e grazie alle pronte cure somministrate. «Siamo consapevoli che la pandemia ha concentrato molte energie in campo sanitario verso il contenimento del Coronavirus, e le misure di prevenzione del contagio hanno determinato una riduzione degli accessi sia al Pronto Soccorso che ai pediatri di libera scelta, ma alla luce di quanto osservato è indispensabile richiamare l’attenzione delle famiglie e dei sanitari sui sintomi indicati, al fine di evitare ritardi diagnostici e

diatrica, Endocrinologia. Il Diabete Mellito tipo 1 (DM1) è una patologia autoimmune propria dell‘età pediatrica che necessita di terapia insulinica sostitutiva. L’esordio clinico del DM1 è preceduto da una sintomatologia tipica: poliuria (aumento della produzione di urina), polidipsia (aumento della sete) e calo ponderale. «Questi sintomi normalmente insorgono nel giro di poche settimane e, se non ravvisati per tempo, possono condurre a uno scompenso generale: la chetoacidosi diabetica. Si tratta della modalità più grave di esordio clinico di DM1 che può condurre al coma e, in casi estremi, alla morte. In corso di chetoacidosi diabetica possono comparire anche altri sintomi generalmente ingannevoli, quali difficoltà respiratoria, dolori addominali e vomito e, nella bambina, vaginite. È pertanto indispensabile riconoscere i segni e sintomi per poter effettuare una diagnosi precoce evitando il quadro più grave di chetoacidosi e dei rischi

betologia Pediatrica del Gaslini. «Presso il Centro Regionale di Riferimento di Diabetologia Pediatrica afferente all’Istituto Giannina Gaslini vengono seguiti circa 600 pazienti in età pediatrica/adolescenziale affetti da DM1; ogni anno in Liguria sono registrati circa 30 nuovi casi di cui mediamente meno di un terzo in chetoacidosi. Inoltre l’età d’esordio si è modificata con gli anni con un diabete di tipo I che colpisce lattanti e la prima infanzia» spiega il dottor Nicola Minuto coordinatore dell’attività Day Hospital del Centro Regionale di Riferimento di Diabetologia Pediatrica afferente all’Istituto Giannina Gaslini. È fondamentale che le famiglie non sottovalutino segni che sembrano quelli di una gastrite o simil-influenzali e che segnalino al medico la comparsa di eventuali sintomi evocativi di diabete. La diagnosi precoce del diabete previene situazioni potenzialmente molto gravi e rischiose per i bambini che presentano questi sintomi.

Anche a Genova la festa della mamma si può celebrare nel rispetto della natura e dell’ambiente. Lush, brand etico di cosmetici freschi e fatti a mano, presenta la collezione di prodotti in edizione limitata proposti in tutti i negozi e online su it.lush.com, per celebrare domenica 9 maggio la Festa della Mamma. La nuova collezione è al 100% vegana, un vero delicato abbraccio e un avvolgente messaggio d’amore, dove anche le confezioni regalo sono attente all’ambiente: le scatole di cartoncino riciclato con Eco Flo biodegradabili, sono avvolte da Khadi Paper, la carta regalo realizzata con scampoli di cotone riciclati, o da coloratissimi Knot Wrap, i foulard riutilizzabili realizzati con bottiglie di plastica riciclate.

Airc, abbiamo cercato di capire se dentro il gruppo di pazienti allo stadio 3 fossero tutti uguali... e abbiamo scoperto che no, non lo sono». In altre parole l’individualità del paziente, di cui tanto si parla negli ultimi anni, qui è stata dimostrata ancora una volta scientificamente. «All’interno dello stadio 3 abbiamo trovato 16 categorie che variavano dal 96% di chance di recidivare e andare male, al 10%. Ciò significa che è sbagliato proporre a tutti la stessa terapia: se uno ha già il 90 per cento di probabilità di guarigione e gli vado a proporre una chemio che può alzare la percentuale di uno o due punti, devo valutare se gli conviene dal punto di vista della tossicità». Emerge la necessità assoluta di vagliare caso per caso e di discuterne con il malato. «La buona medicina è fatta con i numeri, vedi il nostro grafico a barre che ci dice che di fronte a un paziente X posso avere l’80 per cento di guarigione con l’intervento e basta, se gli faccio una terapia poco aggressiva posso andare all’85, se gli faccio quella più aggressiva posso arrivare all’87. Poi c’è il paziente Y che ha il 20% di possibilità di guarigione, ma se gli faccio la terapia poco aggressiva arrivo al 30, mentre quella aggressiva lo porta al 50. Se io spiego l’informazione al paziente, e gli dò la speranza posso parlarne apertamente con lui. Il messaggio non è troppo negativo da condividere». Ed è giusto dare la possibilità al paziente di fare parte della strategia insieme con il medico, che non si scarica delle responsabilità, non dice «scegli tu», ma condivide il percorso per avere nel paziente un prezioso alleato. Resta fondamentale, naturalmente la diagnosi precoce. Il coraggio che i pazienti mostrano davanti alla malattia deve essere messo in campo anche prima, quando si parla di analisi diagnostiche per la prevenzione. Che non devono fare paura, ma diventare, anch’esse, preziosi alleati per la propria salute.

IL PRESIDENTE TOTI

Auguri alle trecento ostetriche della Liguria «Le ostetriche, in Liguria come in Italia e nel mondo, sono le prime mani che prestano cura al neonato. Sono anche il primo contatto con il sistema sanitario e nel corso della pandemia i punti nascita in Liguria hanno predisposto percorsi e protocolli per partorire in sicurezza: le oltre 300 ostetriche che operano nella nostra regione, insieme a tutto il personale medico, hanno garantito a tutte le gestanti liguri l’assistenza di sempre, hanno lavorato in condizioni difficili e, non potendo fare altrimenti, hanno erogato migliaia di ore di corsi di preparazione al parto a distanza. Alle nostre ostetriche va la gratitudine mia e di tutti i liguri nella giornata a loro dedicata». Questo il saluto del presidente di Regione Liguria in occasione della Giornata mondiale dell’ostetrica.


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QN - La Nazione 13/02/2021 Pag. 12

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AIRC E FIRC - Rassegna Stampa 31/03/2021 - 31/03/2021

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CORRIERE DELLA SERA

Foglio

Foà, medico viaggiatore «Combatto la leucemia con farmaci a bersaglio al posto della chemio» Ematologo,è rientrato in Italia dopo Londra e gli Usa i il coronamento di un'idea, quella di poter curare i malati, con particolari forme di leucemia acuta, senza chemioterapia. Un'idea germogliata nella testa di Robin Foà, ematologo di fama internazionale, nato in Gran Bretagna nel 1948, laurea a Torino, esperienze di studio e lavoro a Londra e a New York e, attualmente, professore all'Università La Sapienza di Roma. Una vita «variopinta» la sua,che lo fa essere anche un grande viaggiatore, un eccellente fotografo e persino il primo maestro di sci venuto dalla città, nel 1969, a Bardonecchia. «L'idea di una cura chemiofree, per pazienti con leucemie linfoblastiche acute cosiddette Philadelphia positive (cioè con una particolare alterazione del Dna, ndr), è nata una quindicina di anni fa, quando sulla scena delle tempie anti-cancro sono comparsi i cosiddetti farmaci a bersaglio molecolare,capaci cioè di neutralizzare alterazioni genetiche responsabili di tumore(come il cromosoma Philadelphia, ndr) — racconta Foà

t

—. Questo tipo di leucemie, comunque, è piuttosto raro e colpisce soprattutto gli adulti». La storia è lunga e arriviamo all'ultimo capitolo che può davvero cambiare la pratica clinica: un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine nei giorni scorsi(con tanto di editoriale di commento), la cui prima firma è di Foà, ma è anche frutto del lavoro di centri che afferiscono a Gimema (Gruppo Italiano delle Malattie Ematologiche dell'Adulto), è sostenuto dal 5 per mille di Fondazione Airc e ha avuto un contributo di Amgen. «Il nostro studio, su 63 pazienti, dimostra che la somministrazione di un farmaco a bersaglio molecolare, il dasatinib (tecnicamente un inibitore della tirosina chinasi, ndr), che neutralizza l'alterazione "Philadelphia", seguito da un altro farmaco immunoterapico, il blinatumomab, che stimola il sistema immunitario a uccidere le cellule cancerose, aumenta la sopravvivenza di questi pazienti: l'85 per cento dopo un anno e mezzo di tempia sopravvive».

Due precisazioni. La prima. Il blinatumomab è un farmaco speciale: si definisce «bispecifico», si lega, da un lato, alle cellule tumorali e, dall'altro, ai linfociti T(una categoria di globuli bianchi) e finisce per stimolare questi ultimi ad aggredire e distruggere le cellule tumorali. La seconda: questo schema di trattamento produce una «risposta molecolare» e non solo clinica. In parole povere: non solo la malattia, clinicamente,risulta sotto controllo, ma anche molte di quelle cellule malate residue, che si possono nascondere nel midollo osseo, vengono raggiunte e neutralizzate. E lo testimoniano sofisticati esami di laboratorio. «I vantaggi di questo trattamento (ancora in fase sperimentale, ndr)sono i seguenti: non comporta gli effetti collaterali della chemioterapia, funziona anche su persone anziane(uno dei pazienti dello studio ha 82 anni), può essere praticata a casa. E nel caso un paziente debba, poi, ricorrere a un trapianto di cellule staminali, lo può affrontare con maggiori probabilità di successo perché

non indebolito dalla chemioterapia» precisa Foà. Un importante risultato scientifico, e non l'unico, per uno scienziato che ha scelto, prima, di essere pediatra (a Torino), di specializzarsi in ematologia con quell'esperienza («che mi ha cambiato la vita» dice) alla Leukemia Research Fund a Londra. Poi la decisione di continuare a lavorare in Italia, chiamato,da un'autorità dell'ematologia, Franco Mandelli, a Roma. Ma nel frattempo ha coltivato la sua passione per i viaggi e la fotografia, anche per storia familiare: «Sono nato nel Regno Unito perché mio padre, architetto, è arrivato lì, internato,a seguito delle leggi razziali del '39, e destinato a lavori agricoli — ci racconta —. Ha conosciuto e sposato mia madre, un'insegnante inglese, poi siamo andati a New York.Da allora ho viaggiato in tutto il mondo e ho scattato foto ovunque». C'è una caratteristica di fondo, in questa persona: la curiosità, che muove tutto e, per fortuna, anche la ricerca scientifica. Adriana Baci (,RIPRODUZIONE RISERVATA

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Lo studio •Secondo Robin Foà, un ematologo di fama mondiale, si può curare la leucemia acuta senza la chemioterapia

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Professore L'ematologo Robin Foà,72 anni,è nato in Gran Bretagna. Si è laureato a Torino e ha lavorato a Londra e New York.Insegna all'Università La Sapienza dì Roma

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•L'idea è nata una quindicina di anni fa quando nello studio delle terapie anticancro sono comparsi i farmaci «a bersaglio molecolare»,capaci cioè di neutralizzare alterazioni genetiche responsabili di tumore

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