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SPECIALE ANNATA AGRARIA

Durante l’annata agraria 2020 il comparto agricolo, così come tutti i settori economici nazionali, sono stati pesantemente condizionati dalla pandemia da Covd-19. Il settore primario, a differenza di altri, ha potuto proseguire l’attività durante la fase del lockdown, ma non per questo è stata sottratta dalle difficoltà che hanno contraddistinto il quadro economico nazionale, europeo e globale. L’andamento climatico, inoltre, ha contribuito a compromettere la produzione di alcuni settori. Positiva è stata l’annata per la produzione di uova e per la frutticoltura, complice la scarsa produzione di alcuni principali competitor internazionali e i segnali di ripresa per le produzioni estive. In difficoltà l’intera zootecnia da carne, così come quella da latte. Torna su livelli normali la produzione corilicola, su cui grava però l’incertezza del mercato. Tutto sommato stabile l’andamento del comparto cerealicolo in termini produttivi: buoni risultati sia per il mais che per il riso, con la raccolta di quest’ultimo purtroppo condizionata anche dall’evento alluvionale di inizio ottobre. Un’annata particolare per il pomodoro da industria, alle prese con una campagna di raccolta condizionata dall’andamento climatico, con un raccolto comunque di buona qualità. Non pienamente soddisfacente, invece, l’annata per le patate, con il segmento del fresco in difficoltà per l’elevata concorrenza nazionale ed estera; buoni riscontri, invece, per il prodotto destinato all’industria di trasformazione. Continua, invece, l’andamento negativo per la produzione apistica piemontese. Per il settore florovivaistico un’annata agraria negativa, soprattutto nella prima parte, limitata dal blocco delle vendite durante il lockdown. Per il settore vitivinicolo è stata un’annata all’insegna dell’imprevedibilità con una commercializzazione, soprattutto nella prima metà dell’annata, condizionata dal lockdown e dal blocco dell’export; una vendemmia 2020 con una produzione normale e tra il buono e l’ottimo in termini di qualità. Ancora segnali di crescita arrivano dalle produzioni biologiche. Di seguito l’analisi dettagliata dei singoli settori.

SETTORE CEREALICOLO

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L’annata agraria ha portato, nel settore cerealicolo, differenti risultati sulle colture principali. Per quanto riguarda i cereali autunno-vernini si sono riscontrati risultati meno soddisfacenti rispetto all’annata precedente, a causa di un autunno con abbondanti precipitazioni che hanno compromesso, in parte, la germinabilità delle colture di frumento e orzo, portando svariate aziende a ricorrere alle risemine durante i primi mesi dell’anno. I primi tre mesi del 2020 sono stati caratterizzati da clima mite, con precipitazioni quasi assenti che hanno ostacolato l’accrestimento e lo sviluppo dei culmi, fattori fondamentali per il raggiungimento del maggior numero di spighe a metro quadro. Nel mese di marzo, in alcuni areali, causa stress manifestato dalle piante per caren-

sPEcialE annata agraria za idrica, si è reso necessario l’intervento con irrigazioni di soccorso. Dalla fioritura alla maturazione della granella, al contrario, si sono ripetute piogge abbondanti che hanno ostacolato l’allegagione della pianta e agevolato il proliferale di patologie fungine, quali ruggini e fusariosi, con conseguente compromissione sia della resa che della qualità delle cariossidi con una perdita produttiva del 20% rispetto ad un’annata regolare. Nonostante le varie problematiche sopracitate, per i frumenti coltivati in filiera, le qualità organolettiche delle cariossidi richieste dai mulini per la produzione delle farine panificabili, hanno dimostrato valori apprezzabili, a conferma della validità di tali iniziative, nonché opportunità che garantiscono e valorizzano sia le produzioni che il lavoro degli agricoltori. Decisamente positiva l’annata del mais. I mesi di marzo ed aprile hanno permesso di effettuare semine precoci grazie a terreni in tempera. Successivamente, tra i mesi di maggio e giugno, si sono registrate precipitazioni che, su molti areali, hanno raggiunto i 300 mm permettendo uno sviluppo fisiologico ottimale, sia a livello radicale che fogliare, riducendo la necessità di interventi irrigui nelle prime fasi che anticipano la fioritura. A seguire, nel mese di luglio, le irrigazioni sono

SETTORE RISICOLO

iniziate in un’epoca in cui il mais era già con la spiga in formazione consentendo così di ridurre gli interventi, con conseguente diminuzione del costo annuo di tale pratica. Le raccolte hanno confermato produzioni elevate e superiori rispetto all’annata precedente, con ottima sanità della granella caratterizzata dall’assenza di muffe ed umidità ridotta, fattore che permette di ottenere una riduzione dei tempi delle operazioni di essicazione. Su alcuni areali del cuneese e dell’alessandrino, purtroppo a causa di avversità atmosferiche quali vento e grandine, le produzioni sono state compromesse.

Con il mese di ottobre sono terminate le operazioni di raccolta del riso in tutte le province piemontesi. Il protrarsi nelle trebbiature è dovuto alle molte semine tardive che hanno contraddistinto l’annata, in particolare per il clima non favorevole durante la raccolta. Eventi atmosferici che hanno raggiunto il culmine con l’evento alluvionale interessando parte del territorio piemontese e parte del territorio lombardo. L’annata, complessivamente, è da considerarsi buona per quanto riguarda le produzioni ottenute, come pure per le rese alla lavorazione, con alcuni gruppi varietali che hanno raggiunto addirittura risultati eccellenti. Generalmente non ci sono stati particolari problemi di attacchi fungini (brusone ed elmintosporiosi) e la maggior parte delle aziende ha potuto ridurre al minimo gli interventi fitosanitari, con un unico trattamento o addirittura nessuno. Tuttavia, la coltura del riso ha dovuto convivere con un’abbondate presenza di erbe infestanti resistenti, soprattutto di giavoni, ciperacee e alisme, sfuggite ai trattamenti specifici. Si tratta di un fenomeno che si è accentuato ulteriormente rispetto allo scorso anno a causa delle resistenze sviluppatesi nel tempo e per i pochi diserbanti ora utilizzabili. Questo problema sta diventando molto grave sino a costringere, in alcuni territori, a dover gioco forza impostare una sorta di rotazione colturale, pena la perdita grave di produzione. Nel 2020 la superficie coltivata a riso in Italia ammonta a 227.750 ettari. In crescita del 3,5% rispetto a un anno fa (con 7.723 ettari in più). Sono aumentate le coltivazioni di tondo (+24,4%), in particolare di Selenio (+23,9%), mentre stanno perdendo quota le coltivazioni di Lungo B (-19,8%). Per quanto riguarda il riso biologico, nel 2020, la superficie certificata bio è stata di 12.780 ettari, in crescita del 2,9% rispetto alla precedente annata. Il mercato, al momento, è ancora alle prime battute ma vive un clima d’incertezza a causa delle grosse oscillazioni di prezzo da un anno all’altro. I primi segnali sono comunque positivi, con la quotazione dei risoni tendenzialmente al rialzo. Continua, nel frattempo, ad arrivare in Europa prodotto d’importazione dai paesi del Sud - Est Asiatico. Il prodotto è immesso sul nostro mercato senza avere alcuna certezza di un’effettiva reciprocità per quanto riguarda gli standard qualitativi e sanitari, con il rischio di residui di sostanze attive che in Europa sono ormai proibiti da decenni.

La vendemmia 2020 si è conclusa confermando quanto pronosticato sin dall’estate; la campagna si è rivelata all’insegna dell’imprevedibilità, sommandosi ad una situazione del mercato tenuta sotto scacco dalla pandemia. L’ampio margine di anticipo che si registrava in primavera con la ripresa vegetativa, di ben quindici giorni rispetto a una stagione normale, si perdeva in parte con i temporali di giugno, riducendolo agli inizi di settembre a una sola settimana. Le ulteriori piogge settembrine e il calo delle temperature, specie nelle ore notturne, faceva infine sfumare ogni vantaggio, riportando i tempi di maturazione a quelli di un’annata ordinaria. Il giusto caldo, insieme all’illuminazione diurna intensa e alternato al fresco notturno, ha favorito una maturazione lenta e regolare, e la conservazione della fragranza dell’uva, l’equilibrio della sua dotazione di zuccheri, l’acidità e il colore. Sotto il profilo delle rese l’annata è stata caratterizzata dall’incostanza e imprevedibilità. Dapprima si annunciavano tendenzialmente ricche, specie su talune varietà, tuttavia nelle ceste e nei tini il risultato a consuntivo è di una quantità appena normale. Ovviamente il raffronto non va fatto con la vendemmia dello scorso anno, contraddistinta mediamente da un calo produttivo nell’ordine del 10-15%. Il 2020 passerà alla storia come l’anno del Covid, ma la vigna ha ripagato i produttori con una qualità elevata e diffusa. Tutte le varietà si sono espresse al meglio e i vini nuovi annunciano complessità di profumi, equilibrio e struttura, tali da assicurare grandi soddisfazioni ai nostri palati, anche ai più esigenti. Sempre sul filo dell’imprevedibilità, occorre analizzare il mercato e gli effetti negativi, attesi per le vendite, dovuti dalla pandemia da Covid-19. Non si può esprimere soddisfazione perché, specie all’estero, si è invertita la tendenza di crescita verificatasi negli ultimi anni; ciò nonostante le perdite fino ad agosto si sono rivelate, per fortuna, meno pessimistiche delle previsioni iniziali. L’analisi del mercato rimane sempre di difficile lettura, a seconda delle fonti e dalle categorie e tipologie di prodotto che si prendono in considerazione. In ogni caso, nei primi otto mesi, sui mercati esteri si registra un calo intorno al 4-5% in valore. Tuttavia questo dato medio non rende giustizia a tutte quelle cantine che, a seconda della tipologia di canali di commercializzazione, segnano addirittura un - 30%. Il ca-

nale Ho.Re.Ca. è quello che ha sofferto e sta soffrendo più degli altri e, in prospettiva, non sembra dare segnali evidenti di ripresa, considerando la seconda attuale ondata del virus. Per molte imprese la vendita diretta e l’e-commerce hanno rappresentato un buon paracadute. Quest’ultima tipologia di vendita, che in passato vedeva l’Italia in ritardo rispetto ad altri competitor esteri nel settore agroalimentare, nel 2020 ha segnato un balzo del 130% e nel 2021 le stime lo danno quasi raddoppiato. Certamente sta emergendo un cambiamento sostanziale della domanda interna, con una crescita del consumo familiare a scapito dei consumi extradomestici, esattamente all’opposto di quanto accadeva prima dell’emergenza. Il team dei tecnici Coldiretti ha segui-

SETTORE CORILICOLO

to la stagione vegetativa nei vigneti, assicurando una puntuale consulenza. Coldiretti ha inoltre ottenuto deroghe e proroghe per fare fronte all’impatto della pandemia, richiedendo di introdurre nuovi interventi e di modificare quelli esistenti a misura della piccola e media impresa, specie per quanto attiene la promozione, leva indispensabile per la ripartenza.

Per il comparto corilicolo il 2020 è stato, dal punto di vista produttivo, dopo due annate particolarmente critiche, positivo. Al momento non vi sono ancora dati certi in merito alla produzione complessiva, ma è plausibile che si siano raggiunti nuovamente i livelli di un’annata ordinaria. Lo scorso anno, invece, era stato caratterizzato da un raccolto nettamente inferiore, addirittura con un crollo produttivo nell’ordine del 40 - 50 % dovuta principalmente ad una forte “cascola”. Possiamo invece affermare che le nocciole raccolte in quest’ultima annata hanno una discreta/buona qualità, accompagnata da una buona pezzatura. L’inverno mite ha favorito la ripresa vegetativa, per poi passare a una primavera con frequenti precipitazioni e a una estate particolarmente calda e afosa, accompagnata da rovesci temporaleschi improvvisi e, purtroppo in alcuni casi da grandinate sparse. L’insieme di tutti questi fattori ha creato le condizioni per una buona produzione e per una raccolta iniziata addirittura con 15 giorni di anticipo ai primi di agosto. Rispetto agli anni passati si sono riscontrate anche minori problematiche legate alle cimici e in particolare a quella asiatica. Per cercare di contenere questo parassita sono in corso prove sperimentali e studi specifici. In particolare si sta percorrendo la strada della lotta biologica, mediante l’utilizzo in pieno campo di antagonisti parassitoidi locali ed esotici (ovvero non presenti in natura nel nostro ambiente). Nel corso del 2020 si è finalmente concluso l’iter ministeriale che ha autorizzato i primi rilasci in natura della “Vespa samurai” (Trissolcus japonicus), avvenuti in 100 siti sul territorio piemontese in zone naturali definite “corridoi ecologici”. Oltre a questo parassitoide esotico, nel 2020 sono proseguiti i rilasci di esemplari di Anastatus bifasciatus, altro insetto antagonista delle cimici, già presente in commercio, in quanto spontaneamente presente in natura nel nostro ambiente e rilasciato per la prima volta in Piemonte da Coldiretti Cuneo nel 2019. Questi rilasci hanno il compito di accrescere la presenza di parassitoidi al fine di aumentare la percentuale di parassitizzazione delle uova della cimice asiatica. Dalle analisi effettuate successivamente ai rilasci è emersa la presenza anche di un terzo parassitoide presente nel nord Italia, il Trissolcus mitsokurii, sempre di origine asiatica che seppur lentamente sta contribuendo alla parassitizzazione delle ovature della cimice. Parallelamente continuano anche le prove della lotta “simbionticida” in pieno campo, sfruttando “l’effetto accessorio” di alcuni fertilizzanti fogliari da parte dell’Università di Torino, con risultati molto incoraggianti. Per tutta la stagione agraria inoltre sono continuati i monitoraggi dei tecnici Coldiretti mediante frappage alle prime ore dell’alba per verificare la presenza delle cimici e all’installazione di trappole per il monitoraggio degli spostamenti e della presenza sul territorio degli adulti e dei giovani della cimice asiatica. Tuttavia, a fronte di buoni risultati in campo, sin dalle prime battute della campagna di commercializzazione il mercato non ha dato ai produttori le risposte attese dopo due annate complicate. Se la scarsità del raccolto 2019 aveva portato a un aumento dei listini, nettamente superiori a quelli dell’annata precedente, le prime quotazioni del prodotto 2020 hanno segnato un tonfo significativo del prezzo.

L’annata apistica 2020 conferma l’andamento negativo che interessa il settore in questi ultimi anni. Le ormai consuete anomalie climatiche che interessano questo ultimo decennio hanno determinato l’ennesima scarsa produzione di miele, con una media produttiva per alveare che si aggira sui 15/20 kg. Le produzioni medie che si registravano 10 anni fa si attestavano sui 40 kg/alveare; oggi, a fronte di una ridottissima produzione, l’apicoltore deve ricorrere ad interventi di nutrizione per soccorrere le colonie in deficit alimentare anche durante la stagione produttiva; quest’aspetto aggrava ulteriormente l’economia di un settore in piena crisi. Le produzioni di inizio primavera, con i mieli di tarassaco e ciliegio, si attestano sui 5 kg medi per alveare, numeri che rientrano nella normalità per le raccolte di aprile, caratterizzate da alveari ancora poco popolosi e condizioni climatiche instabili. Nel mese di maggio il raccolto dell’acacia si mantiene sulle pessime medie delle scorse stagioni, attestandosi sui 5kg e per giunta con caratteristiche più simili ad un millefiori. Solo la produzione estiva del castagno o del millefiori di alta montagna raggiunge un livello di sufficienza con 10/15 kg di miele per alveare. Registriamo, inoltre, la quasi completa assenza di melata, importante produzione estiva che interessa i mesi di luglio e agosto. Solo la fioritura dell’edera, priva d’interesse commerciale nel mercato dei mieli e caratteristica di fine agosto e settembre, ha offerto una produzione di nettare e polline ottimale, consentendo alle colonie di api di rinforzarsi prima del difficile periodo invernale. Si aggrava quindi la crisi del settore apistico, mettendo a rischio la sopravvivenza di un comparto, che riveste del mondo agricolo un ruolo determinante per l’impollinazione delle colture agrarie e il mantenimento della biodiversità. Unica nota positiva è rappresentata da un rinnovato interesse dei consumatori per il miele italiano, che ha determinato un rialzo dei prezzi sul mercato rispetto allo scorso anno, anche se insufficiente a rianimare il settore vista la penuria di prodotto.

(fine prima parte continua sul prossimo numero)

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