edizione italiana - GIUGNO 2020
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IN ESCLUSIVA LO SPAZIO RINNOVATO DI DRAGA & AUREL. L’UNIONE FA LO STILE
ARTE Manager, artiste, muse ispiratrici. Il successo è donna
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Stanze d’autore. Focus sugli ultimi trend dell’arredo
POOL v ision
un libro illustrato celebra la piscina: suggestivo microcosmo liquido, con una lunga storia di fascinazione. tra arte e cinema d i A L E SS I A D E L I S I - fo to VA L E N T I N A S O M M A R I VA
Sulle alture di Beverly Hills, la villa del tycoon James F. Goldstein, set di alcuni ciak del film Il grande Lebowski (1998); lo sguardo sfiora l'acqua e abbraccia Los Angeles. Nella pagina seguente, uno scultoreo belvedere in cemento e vetro sospeso sulla vegetazione, nel parco della stessa residenza.
LIF ES T Y LE
N
ell'antica Roma l'imperizia nel nuoto era considerata una lacuna pari solo a quella nella lettura. L'acqua è da sempre vita e cultura, sorgente, elemento consolatorio e spesso velato di spiritualità quando circoscritta in un rassicurante perimetro (il mare aperto, al contrario, ha assunto in gran parte della storia occidentale una connotazione di rischio). In epoca moderna, la piscina è diventata la depositaria delle narrazioni di scrittori e registi, nonché fonte ispiratrice per fotografi, creativi e architetti desiderosi di catturarne l'anima glamorous. Seducenti visioni che la giornalista e curatrice inglese Lou Stoppard ha raccolto nel libro Pools, appena pubblicato da Rizzoli New York. Un atlante di estetica flottant: dai bagnanti in apertura dipinti da Peter Doig, Luc Tuymans e Caroline Walker, passando per i progetti di Richard England e Alain Capeillères, fino alle istantanee di Jacques-Henri Lartigue. Il cinema, da parte sua, ha dedicato a queste affascinanti strutture architettoniche inquadrature e frasi memorabili. «Sono noiose, non c'è nessuna emozione, nessuna sensazione di infinito; sono grosse vasche da bagno», sentenzia la bionda Julie in Swimming Pool (2003), di François Ozon, contribuendo – seppure negandolo – a rafforzarne il mito e trovando poi in sogno un senso di protezione nello spazio chiuso di una vasca, lontano da «quel bel presentimento di pericolo, di poter essere trascinati via da un momento all'altro». Se il Bill Murray di Lost in Translation (2003) indugia pigramente in una delle tubs del confortevole Park Hyatt di Tokyo, Benjamin di Il laureato (1967) – un giovanissimo Dustin Hoffman – si inabissa in tuta subacquea nella piscina della villa dei genitori.
Culle acquatich e dove ritrovare la dim ensione più intima del sé. Per scrittori e registi, m etafora della vita Ne riemergerà su un materassino gonfiabile, disilluso ma appagato. «Ben, che cosa fai?», gli chiede il padre. «Direi che sto andando alla deriva», risponde lui con una metafora esistenziale. Due anni dopo, in Costa Azzurra, attorno a La piscina (1969, regia di Jacques Deray), si riuniscono Alain Delon, Romy Schneider, Jane Birkin e Maurice Ronet. Attori comprimari di questo giallo psicologico (con l'immancabile omicidio) sono gli arredi outdoor della collezione Locus Solus, disegnata nel 1964 da Gae Aulenti e ora in mostra al Vitra Design Museum. Se nel filone noir oscure pulsioni affiorano spesso in superficie, in ambito artistico può capitare di assistere all'annegamento di un bizzarro collezionista; è il caso di Death of a Collector, allestimento del 2009 firmato Elmgreen & Dragset. Un tuffo nella pittura e torna alla memoria A Bigger Splash (1967), il celebre quadro di David Hockney. Negli anni Sessanta l'artista lasciò la nativa Inghilterra per Los Angeles – attratto dalla luce e dal lifestyle rilassato – e si rese conto che in California le piscine erano uno status symbol, da lui trasfigurato in istantanee pop, dove le increspature sono segni grafici irregolari e i corpi ombre stagliate sullo sfondo. Le versioni wasp, da jet-set americano, sono quelle immortalate invece dal fotografo Slim Aarons e fanno sfoggio di sé nel libro must Poolside (2007). Rigorosamente vuoti, questi lussuosi contenitori diventano a metà degli anni Settanta territorio di conquista degli skater di Dogtown, tra Santa Monica e Venice Beach, dando luogo a una controcultura raccontata da Stacy Peralta nel documovie Dogtown and Z–Boys (2001). Sul potere dell'acqua si riflette nel racconto Il nuotatore (1964), di John Cheever; Neddy Merrill (Burt Lancaster nella trasposizione cinematografica di Frank Perry) decide un giorno d'estate di tornare a casa percorrendo a nuoto tutte le piscine della contea. Scopriremo che si tratta, in realtà, delle anse di un fiume: contenitori amniotici, simbolo ricorrente del vuoto generato dalla ricchezza – Gatsby docet – ma pure promessa di una rigenerazione sempre possibile. l 151