Rivista Studio Primavera 2023 | Spazio META; The New Raw

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Internet dopo internet

L’era dei social sta finendo mentre gli ultimi sviluppi dell’intelligenza artificiale preannunciano un nuovo paradigma. Che futuro attende la nostra vita digitale?

Aut.ne Rilasciata: Poste Italiane S.p.A. Spedizione In Abbonamento Postale — Aut. n° 0233/2021 del 02.02.2021Stampe Periodiche in Regime Libero Attualità Cultura Stili di Vita ∙ Trimestrale ∙ n°54 ∙ Primavera 2023 ITALIA EUR10,00 — BE EUR17,00 FR EUR19,60 DE EUR 23,00 PTE CONT. EUR16,30 CH CT CHF18,70 U.S.A. USD25,50 In edicola dal 17 marzo 2023

a META, lo spazio nato nel quartiere Bovisa, a Milano, da un’idea di Martina Bragadin, Margherita Crespi e Benedetta Pomini, c'è sempre un gran via vai. Via vai di oggetti, ma anche di persone in cerca di spunti, pronte a farsi ispirare. Perché quello che avviene qui – in questo grande magazzino/ laboratorio di mattoni rossi – è una specie di prodigio creativo: le tre imprenditrici recuperano e rimettono in circolo, opportunamente lavorati, materiali e strutture provenienti da allestimenti effimeri come sfilate, set, mostre, installazioni. Proponendoli al pubblico che può acquistarli (al peso o al pezzo) per creare scenografie inedite. Così risorse esistenti rinascono a nuova vita e anche un settore ritornato florido come quello degli eventi può finalmente offrire una risposta sostenibile al problema degli scarti.

«È cominciato tutto anni fa», ricorda Bragadin, «Lavoravo a Parigi come assistente scenografa e mi rifornivo in un posto che trattava materiali di riuso, provenienti da eventi, teatri, cinema. Tornando a Milano ho deciso di mettere in piedi un sistema simile, trattandosi di una città che ha un calendario fitto di eventi e un terreno fertile, con un utilizzo di materiali di altissima qualità legati alla moda, all’arte e non solo. E dove soprattutto non esisteva ancora nessuna soluzione concreta per salvare questi elementi dalla discarica». Così si mette in contatto con Crespi – entrambe hanno studiato scenografia alla Naba – e insieme cercano di capire come avviare l’impresa, tra normative per la gestione dei rifiuti (perché è così che vengono definiti questi materiali dalla legislazione italiana) e consulenze con banche per richiedere un finanziamento. Poco dopo – con una formazione nell’ambito della produzione e curatela di mostre d’arte contemporanea – entra in società anche Pomini. «Adesso stiamo mettendo piede nel terzo anno di attività», raccontano orgogliose, e alla domanda su come stia andando rispondono in coro: «Bene!», segno che riciclo e upcycling non sono mai stati temi tanto sentiti come in questo momento storico.

Operativo dal 2021 – anno in cui il gruppo trova e mette a norma lo spazio – META è stato spesso associato alla moda e al recupero di materiali e scenografie di sfilate. «Questo perché, essendo partite nel pieno del secondo lockdown, fiere, saloni e set fotografici erano in stop. Le uniche a non essersi fermate sono state le case di moda che, anche se a porte chiuse, in quel periodo facevano comunque le sfilate». Ma il loro obiettivo – ci tengono a precisalo – non è mai stato quello di offrire un servizio al solo settore moda, sebbene da questo arrivino le principali forniture. «Man mano che passa il tempo è bello vedere come i materiali che noi recuperiamo vengano ridistribuiti in maniera molto capillare indipendentemente dalla fonte. Per cui magari elementi che arrivano dalla moda finiscono in un museo e quelli di un museo vengono comprati da un piccolo brand che deve allestire il suo pop-up store o da un artista per la sua mostra. È interessante seguire il percorso che

SPAZIO META

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di Alessia Delisi Foto di Pietro Bucciarelli per concessione di inCf magazine
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Come funziona il magazzino/laboratorio milanese dove tre imprenditrici recuperano – e rimettono in circolo – materiali e strutture provenienti da allestimenti effimeri come sfilate e mostre.
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questi materiali fanno, anche perché gli acquirenti a volte sono gli stessi fornitori», racconta Pomini.

Accurata selezione delle materie prime, ma anche contatto umano e capacità di anticipare le necessità e gli interessi dei compratori: sono questi i presupposti su cui si basa il funzionamento di Spazio META, a cui le fondatrici sono ora in procinto di apportare delle migliorie grazie alla vincita di un bando del Comune di Milano. «Il gioco sta nel proporre gli elementi man mano che li intercettiamo. A volte i tempi dei fornitori non coincidono con quelli dei clienti e il nostro ruolo è di tenere tutto in equilibrio, anche perché vogliamo essere sicure di reintrodurre ciò che ritiriamo», spiega Crespi. Finora tutto sembra incastrarsi alla perfezione: «Gennaio e febbraio sono sempre mesi molto frenetici, perché con le sfilate Uomo, Donna e Haute Couture recuperiamo enormi quantità di materiale; tra marzo e aprile veniamo prese d’assalto dai designer che per maggio ci svuotano il magazzino, in tempo per l’altra Fashion Week. E così si riparte».

Uno dei punti cardine di META è il voler essere accessibile alla comunità creativa. «Abbiamo la fortuna di intercettare produzioni che hanno costi monumentali, con manufatti e materiali molto particolari che raramente vengono prodotti in pochi esemplari. Noi invece siamo in grado di proporre anche un solo pezzo a una cifra calmierata». Al momento non c’è un catalogo digitale di tutti gli elementi presenti in magazzino e forse non ci sarà. Da un lato perché questo vorrebbe dire avere una squadra di fotografi e collaboratori che lo aggiorni di continuo e dall’altro perché alle tre imprenditrici piace «l’idea che le persone vengano nello spazio, vedano con occhi e tocchino con mano e siano anche disposte a riadattare i propri progetti sulla base di quello che c’è a disposizione», potendo contare sulla loro consulenza soprattutto per quanto riguarda la scelta dei materiali. Oltre che al recupero e al riutilizzo, META si dedica infatti all’organizzazione di laboratori e workshop su come allestire in modo sostenibile. «Questa è una parte che dall’inizio dell’attività a oggi stiamo sviluppando sempre di più. Siamo fermamente convinte che diventerà una componente importante di supporto ai progetti». •

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In senso orario: Margherita Crespi, Benedetta Pomini e Martina Bragadin

THE NEW RAW

anos Sakkas e Foteini Setaki si definiscono degli artigiani digitali. Entrambi di origini greche, si incontrano per la prima volta alla Facoltà di Architettura dell’Università di Atene. L’idea della collaborazione arriva qualche tempo dopo, cercando di mettere insieme cose apparentemente inconciliabili: l’artigianato e i computer. wvAnimati da un comune rispetto per la natura, fondano The New Raw, studio di design con sede a Rotterdam in cui la plastica di scarto si trasforma in nuovi prodotti con l’ausilio di robot. I loro progetti spaziano dal riciclo dei rifiuti plastici domestici per la creazione di arredi urbani stampati in 3D agli studi sull’inquinamento dei mari, con l’ambizione di convertire la plastica che li invade nella materia prima di una nuova economia. Vincitori del Ro Plastic Prize ideato dalla gallerista Rossana Orlandi, sono sempre alla ricerca di stimoli per espandere i confini della loro ricerca, come raccontano in questa intervista.

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Intervista a Panos Sakkas e Foteini Setaki, fondatori dello studio di design con sede a Rotterdam in cui la plastica di scarto si trasforma in nuovi prodotti grazie all’ausilio di robot. di Alessia Delisi Foto di Michele Margot

Come descrivereste la vostra pratica?

Quello che facciamo è realizzare mobili e installazioni sostenibili per interni ed esterni. Esploriamo confini del design sostenibile in termini di utilizzo dei materiali, progettazione e produzione. Inoltre sviluppiamo metodi per lavorare rifiuti plastici con l’ausilio di tecnologie emergenti. Con ciascuno dei nostri progetti vogliamo ridefinire il modo in cui percepiamo questi rifiuti, fondendo funzionalità, bellezza e storytelling. L’obiettivo è creare prodotti di lunga durata che promuovano la consapevolezza ambientale e uno stile di vita in sintonia con la natura.

Come è nato il vostro sodalizio?

Siamo partner nel lavoro e nella vita. La nostra pratica creativa è nata al termine di un workshop che avevamo organizzato su un’isola greca: pochi mesi dopo ci fu assegnato un fondo di ricerca per iniziare a sviluppare un concept design con la fabbricazione robotica e la plastica riciclata per lo spazio pubblico di Amsterdam.

Perché proprio la plastica?

Perché è un materiale versatile e i rifiuti plastici sono in gran quantità. Essendo greci e vivendo nei Paesi Bassi, poi, abbiamo potuto osservare due diverse mentalità nel modo di usarla e gestirla. Questo ci ha ispirato a fare qualcosa al riguardo. Inoltre la plastica è un materiale industriale che non è mai stato usato nell’artigianato. Utilizzando i robot come estensione del nostro team di progettazione, esploriamo il modo in cui trasformare la plastica di scarto in oggetti artigianali.

Come funziona la progettazione con i robot?

Quando i rifiuti plastici entrano nel processo di stampa 3D robotica diventano un nuovo materiale con nuove proprietà e “comportamenti”. Ci piace lavorare la plastica di scarto con i robot come se fosse un materiale naturale che eredita qualità imperfette e non omogenee. Ci consideriamo artigiani digitali perché approfondiamo la tecnica e cerchiamo di trovare modi nuovi e inaspettati per esprimere la materialità degli scarti. Portiamo il nostro background di architetti nella pratica progettuale. La maggior parte del nostro lavoro è basata su progetti e la maggior parte dei nostri prodotti nasce da progetti.

Qual è la cosa più importante che avete disegnato fino a oggi?

È difficile dirlo. I nostri lavori vanno dalla ricerca sull’inquinamento plastico urbano e marino – come ad esempio Second Nature, che ha vinto il Ro Plastic Prize – al design partecipato, dalla sperimentazione di metodi di fabbricazione iperlocale alla produzione decentrata. Per il progetto

Print Your City e lo Zero Waste Lab a Salonicco abbiamo sviluppato una serie di mobili che potevano essere personalizzati dai cittadini tramite una piattaforma online, al fine di coinvolgerli nel riciclo della plastica. Recentemente abbiamo anche lanciato due dei nostri pezzi più grandi:

Comb, una scultura murale di 12 metri quadri installata sulla facciata di un magazzino nel porto di Gdynia, in Polonia, e Stratum, un mobile multifunzione per l’ingresso di un nuovo edificio per uffici a Utrecht.

Come si fa secondo voi a sensibilizzare la gente sui temi della sostenibilità e del riciclo?

Il design in questo potrebbe svolgere un ruolo importante. Sebbene il

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riciclo non sia efficace come dovrebbe, è l’unica strada da percorrere. Dobbiamo farlo funzionare. Ed è per questo che noi ci battiamo. Sostituire la plastica con prodotti di carta, bambù o legno non è la soluzione migliore in un mondo in costante crescita: non farebbe altro che spostare il problema nelle foreste e nei terreni agricoli. Gli imballaggi e prodotti monouso dovrebbero essere progettati meglio e la mentalità del buttare via non dovrebbe più esistere. Inoltre il riciclo sarà vantaggioso per l’ambiente solo quando inizierà ad avere un senso anche dal punto di vista economico.

Quali sono le vostre principali fonti di ispirazione?

Ci piace fuggire dalla città e visitare paesaggi remoti e incontaminati. Qui traiamo ispirazione dal modo organico e inaspettato in cui le cose crescono, cambiano, si adattano. Ma prendiamo anche ispirazione dalle tecniche artigianali tradizionali e contemporanee. Cerchiamo sempre di capire come sono fatte le cose. Questo tipo di curiosità ci porta sempre a scoprire nuovi territori. E ci dà molte idee per la nostra pratica.

Che posto è il vostro studio di Rotterdam?

C’è un’area in cui facciamo brainstorming, schizzi, discussioni e sviluppiamo idee e poi c’è il laboratorio, che comprende il nostro stock di materiali, la libreria di campioni, i robot e gli strumenti manuali. Nel tentativo di allineare le nostre idee con il funzionamento dello spazio, ci impegniamo per ridurre la nostra impronta ambientale, limitando al minimo gli scarti di produzione, ottimizzando l’uso dei materiali e riciclando molto. Da quando abbiamo aperto il laboratorio, nel novembre 2019, siamo riusciti a riciclare più di tre tonnellate di plastica e a produrre mobili e componenti edilizi con questo materiale.

Cosa porterete alla Design Week milanese?

Presenteremo un’installazione che consiste in una serie di panchine realizzate digitalmente con la plastica riciclata scolpita in 3D. Ispirandoci alle tecniche tradizionali di lavorazione a maglia, esploreremo un nuovo linguaggio formale che esprime la transizione verso il digitale. Gli oggetti saranno esposti per la prima volta ad Alcova, in viale Molise 62, dal 17 al 23 aprile.

A quali altri progetti state lavorando?

Al momento la nostra attività si articola in tre direzioni principali: l’artigianato digitale, la ricerca sui materiali e i loro possibili utilizzi. Sperimentiamo molto con nuovi tipi di rifiuti plastici – provenienti dall’industria della pesca, del trasporto marittimo e dell’edilizia –per i quali stiamo sviluppando applicazioni inedite, dai prodotti d’uso quotidiano agli elementi architettonici per spazi commerciali, aziendali e privati. Attualmente per esempio siamo al lavoro su diversi progetti di ambienti pubblici. •

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