THE GOOD VIBRATIONS THE GOOD MUSEUM
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Nomen Momem Un nome, un destino
Nel cuore della techno europea, il Museum of Modern Electronic Music di Francoforte, dove la musica è solamente l’inizio della storia… di Alessia Delisi
C’era una volta il clubbing e la sua casa era Francoforte, la città tedesca che oggi è nota per essere una capitale finanziaria, sede della Banca Centrale Europea, ma che negli Anni 80 era l’epicentro della neonata scena techno, un termine inizialmente utilizzato per riferirsi a tutta la musica prodotta elettronicamente. «Il genere è nato nelle discoteche di Detroit», 172
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racconta l’ex dj e nightlife promoter Alex Azary, «ma poi si è diffuso in Europa attraverso Berlino, Londra, Manchester e, ovviamente, Francoforte». Oggi Azary, che ha i capelli grigi e molte notti di follia alle spalle, è direttore del Momem (acronimo di Museum of Modern Electronic Music), primo museo al mondo interamente dedicato alla cultura della musica elettronica che appena prima dell’estate ha aperto i battenti proprio a Francoforte: «Quando si parla di techno non si intende solo un genere musicale, ma uno stile di vita. Il Momem si occupa di club culture e di tutto ciò che da questo movimento è emerso negli ultimi decenni. Si tratta soprattutto di arte e creatività. Come pure di grafica, design, fotografia, video, moda e tecnologia. Anche l’architettura c’interessa, per esempio nel modo in cui gli spazi vengono trasformati in club». L’esposizione inaugurale, intitolata It’s simple to tell what saved us from hell, era dedicata a Sven Väth, uno dei pionieri della musica techno in Germania, e ha visto l’artista Tobias Rehberger, Leone d’Oro alla Biennale d’Arte di Venezia del
2009, nel ruolo di curatore. Un altro artista, il fotografo Andreas Gursky, era presente con la gigantografia di uno degli ex club di Väth, il leggendario Cocoon di Francoforte. I tre sono vecchi amici di nightlife che hanno portato in mostra dischi, volantini, suoni, film e la collezione privata di opere d’arte di Väth, tra cui quelle di Ola Kolehmainen e Caio Reisewitz. Una serie di cuffie penzolava dal soffitto, offrendo ai visitatori la possibilità di ascoltare le registrazioni originali del noto dj e produttore tedesco. «È come andare in discoteca, ma in un ambiente istituzionale», spiega Azary. Del resto il Momem non vuole essere un semplice museo. Non un luogo per nostalgici, ma una piattaforma vivace, un’esperienza attiva che ospiterà anche letture, serate di cinema, un’accademia, eventi e con1. 2. 4. 5. e 6. gli interni del momem, con la mostra inaugurale dedicata al dj
e produttore discografico sven väth.
3. e 7. il museo sorge nella città di francoforte, vicino al fiume meno.
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K. LEMP (4, 5, 6 E 7)
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certi: «Vorrei che la gente s’incontrasse qui per scambiarsi idee su musica, moda, videoarte. È questa la cultura del club che intendiamo promuovere». All’inizio degli Anni 80, quando Azary e il suo socio Andreas Tomalla – in arte Talla 2Xlc– hanno esordito prima come dj, poi come promoter e creatori di etichette, nessuno sembrava dare credito alla musica elettronica, che si trattasse di critici, giornalisti o di persone che frequentavano l’ambiente musicale: «O dicevano che era una moda di breve durata o che si trattava solo di droga, oppure che era musica di bassa qualità e così via», ricorda Azary. Che prosegue: «Ma io ho sempre visto l’approccio artistico e creativo di questa cultura capace di ispirare gente di diversa estrazione. Non si trattava infatti di un movimento solo musicale, ma giovanile e che stava cambiando la vita delle persone. O quantomeno la mia…». Ora che Azary ha assunto il compito di rendere accessibile la musica elettronica, i politici locali lo stanno sostenendo, nel tentativo di usare il clubbing come motore culturale ed economico, parte del patrimonio del Paese. Ci
Non un luogo per nostalgici, ma una piattaforma vivace.
sono voluti diversi anni, svariati problemi finanziari e una pandemia in mezzo, ma alla fine il Momem ha aperto nella sede dell’ex Museo dei Bambini, che la città ha messo a disposizione gratuitamente. L’istituto è anche l’ultima aggiunta al Museumsufer, un insieme di sedi espositive nei pressi del fiume Meno, tra cui la casa natale di Goethe e lo Städel Museum. E tra i piani futuri c’è quello di organizzare mostre che ripercorrano la storia di una particolare etichetta, raccontino la scena di una città, il lavoro di un artista o designer legato alla club culture, come i londinesi Ian Robinson e Manuel Sepulveda. Un’ampia rete di dj e produttori musicali, infine, metterà le sue competenze a disposizione del pubblico, mentre feste e concerti si alterneranno a conferenze e dibattiti. «Presenteremo la musica elettronica dalla fine degli Anni 70, con i suoi generi e sottogeneri e con i luoghi in cui ogni stile si è sviluppato», afferma Azary. Perché «vogliamo essere un spazio radicato nel qui e ora, che mostra le scene attuali e anticipa gli sviluppi futuri». n
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