Materia natura
Esame di sostenibilità
Bambù, terra, micelio, alghe: il mondo vegetale entra nelle nostre case, nelle scuole, nelle piazze, nei cortili. Per una nuova eco-vita.
di Alessia Delisi
A Bali, in Indonesia, c’è una scuola che educa alla sostenibilità e al rispetto per la natura. Si chiama Green School ed è stata concepita nel 2006 dalla coppia di ambientalisti canadesi John e Cynthia Hardy, che guardavano all’idea di una comunità di apprendimento olistico. Aperta due anni dopo, la scuola (che oggi ha sedi in
Nuova Zelanda, in Sudafrica e a Tulum, in Messico) è la prima struttura del suo genere a essere stata costruita interamente in bambù, risorsa rinnovabile tra le più importanti della regione. Non ci sono né porte né finestre, ma chilometri di questo materiale con cui negli anni sono state realizzate decine di altri edifici, tutti appartenenti al campus. L’ultimo, in ordine di costruzione, è The Arc, uno spazio dedicato allo sport e al benessere. A progettarlo la figlia, l’architetta Elora Hardy dello studio Ibuku con il carpentiere tedesco (ma di casa in Colombia) Jörg Stamm, esperto nell’uso del bambù, e la società inglese di ingegneria strutturale Atelier One. Insieme hanno immaginato una serie di archi che si intersecano e curvano in direzioni opposte e il cui compito è raccogliere l’acqua piovana. Un’impresa di ingegneria che ha richiesto mesi di ricerche e che, come ha spiegato Stamm, «funziona come le costole del torace di un mammifero, che trasferiscono le forze da un osso all’altro». Lo studio Ibuku non è il solo a impiegare materiali naturali per creare edifici.
Canapa, micelio, alghe, sughero e altri bioderivati stanno diventando sempre più popolari tra architetti e designer. E questo per la loro capacità di immagazzinare CO2, riducendo l’impronta di carbonio degli edifici. Essendo risorse rinnovabili potrebbero sostituire materiali come l’acciaio, il cemento e il cartongesso, risultando anche facili da smaltire. Oggi, del resto, quella di costruire città sostenibili è un’urgenza pari alla rapidità della loro espansione. Nel libro The Ideal City , edito da Gestalten, il think tank Space10 scrive che per accogliere la crescente popolazione urbana globale dovremo entro pochi decenni raddoppiare le dimensioni dei nostri centri abitati, l’equivalente di costruire una Parigi ogni due mesi per i prossimi 30 anni. «In che tipo di città vogliamo vivere?», chiede. Proprio a questa domanda cerca di ri-
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1. e 2. esempio di architettura biomimetica, the arc a bali è una palestra costruita in bambù 3. e 4. tecla è il primo modello di abitazione ecosostenibile stampato in 3d in terra cruda
spondere Tecla, modello di casa ecosostenibile stampato in 3D in terra cruda che l’architetto Mario Cucinella ha progettato con Massimo Moretti, fondatore dell’azienda di stampa 3D Wasp (acronimo di World Advanced Saving Project). Situata a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, e metaforicamente ispirata a una delle città invisibili di Italo Calvino, la città in continua costruzione, Tecla è un ponte tra passato e futuro, che unisce pratiche costruttive tradizionali del luogo con lo studio dei principi bioclimatici. È un progetto a emissioni quasi zero; la sua struttura e l’utilizzo di un materiale locale come la terra cruda ha inoltre permesso di ridurne gli scarti. Cucinella ha studiato la forma dell’edificio in relazione al clima e alla latitudine. La composizione della miscela di terra risponde infatti alle condizioni atmosferiche locali, così come il suo involucro, capace di adattarsi a qualsiasi contesto. Il sogno dell’architetto è che Tecla possa far fronte non solo all’emergenza climatica e al bisogno di abitazioni sostenibili a chilometro zero, ma anche all’emergenza abitativa, specialmente in contesti di crisi generati da mi-
grazioni e catastrofi ambientali. «Ci piace pensare che Tecla sia l’inizio di una nuova storia, sarebbe veramente straordinario dar forma al futuro attraverso la trasformazione di questa materia antica con le tecnologie che abbiamo a disposizione oggi. L’estetica di questa casa è il risultato di uno sforzo tecnico e di materia, non è stato un approccio solo di natura estetica. È una forma onesta, una forma sincera», ha dichiarato Cucinella.
Un altro modello virtuoso di architettura arriva dall’America: Hy-Fi è la prima struttura realizzata con il micelio, ovvero il corpo vegetativo dei funghi, che ha fatto “crescere” i mattoni in pochi giorni, senza bisogno di energia, quasi senza emissioni di carbonio, nutrendosi di rifiuti come stocchi di mais e altri sottoprodotti agricoli. Il progetto porta la firma di The Living, uno studio innovativo con sede a New York fondato da David Benjamin con l’aspirazione di creare l’architettura del futuro attraverso l’esplorazione di nuovi materiali e tecnologie. «Ora più che mai si riconosce nella pratica e nella ricerca che
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La natura è così chiamata a partecipare attivamente alla rivoluzione digitale.
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costruita attraverso 10 000 mattoni in micelio, la torre hy-fi dello studio the living è un esempio di architettura a basso consumo energetico
i difficili problemi del nostro tempo, compresi quelli architettonici e urbani, soprattutto quelli legati al cambiamento climatico e all’ambiente, richiedono questo approccio », ha spiegato Benjamin. Quando infatti la struttura è stata smantellata (nasceva come padiglione temporaneo per eventi culturali pubblici), i mattoni sono stati compostati e il terreno risultante donato agli orti della comunità locale. Dimostrando che questo esperimento offre molte possibilità costruttive. Nel frattempo a Tallinn, in Estonia, si è da poco conclusa la sesta edizione della Biennale di Architettura intitolata Edible; Or, The Architecture of Metabolism e dedicata alle connessioni possibili tra cibo ed energia anche nell’edilizia. Alludendo alla capacità dell’architettura di svolgere processi metabolici, produrre risorse, “digerire” i propri rifiuti e infine decomporsi, i progetti che erano lì riuniti – dai mattoni a base di terra di Lola Ben-Alon e Sharon Yavo-Ayalon a quelli di micelio di Siim Karro – mettono in discussione la natura
Microalghe si trasformano in bioplastica, quindi in biofilamenti per la stampa 3D.
estrattiva, consumistica e contaminante dell’ambiente costruito. Come spiegano le curatrici Lydia Kallipoliti e Areti Markopoulou: «Nell’attuale crisi della salute pubblica, del cambiamento climatico e della disuguaglianza sociale diventa evidente che la fragilità delle nostre catene di approvvigionamento sollecita nuove forme di rifornimento e produzione locale». Ne sono convinti anche Claudia Pasquero e Marco Poletto di ecoLogicStudio, laboratorio di architettura e design urbano con sede a Londra. Specializzato in biotecnologie per l’ambiente costruito, lo studio spazia dal micro al macro sviluppando soluzioni basate sulla natura per rispondere alle numerose sfide che le città contemporanee devono affrontare, dall’inquinamento atmosferico al cambiamento climatico. Già nel 2018, in collaborazione con l’Ucl di Londra e l’Università di Innsbruck, il duo ha sviluppato un sistema fotosintetico di rivesti-
mento per gli edifici (chiamato appunto PhotoSynthetica ) che utilizza l’energia solare per rimuovere CO2 e sostanze inquinanti dall’atmosfera e produrre una preziosa risorsa alimentare sotto forma di alghe. Tra i progetti più recenti che utilizzano la tecnologia PhotoSynthetica c’è AirBubble, primo parco giochi biotecnologico al mondo dotato di microalghe che purificano l’aria. Situato a Varsavia, nel giardino del Copernicus Science Centre, il progetto – una vera e propria bolla d’aria pulita dove i bambini possono giocare – si propone come una tipologia ar-
chitettonica innovativa. Otrivin Air Lab, infine, è un laboratorio di biodesign dove microalghe si trasformano in bioplastica, quindi in biofilamenti per la stampa 3D e, infine, in nuovi prodotti biodegradabili.
«C’è un valore non sfruttato nel portare la biointelligenza dei sistemi naturali nelle città, trasformando gli edifici in macchine viventi che producono energia, immagazzinano CO2 e puliscono l’aria», afferma Poletto. La natura è così chiamata a partecipare attivamente alla rivoluzione digitale. Per diventare la componente di una nuova infrastruttura. n
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1. eco-macchina per la purificazione dell ’ aria airbubble, presentata alla cop26 di glasgow
2. l ’ otrivin air lab di ecologicstudio a londra
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3. il parco giochi con microalghe airbubble
Funghi miracolosi
Rivoluzioni dal sottosuolo
Dalla musica al cinema fino alla moda e al design. Il micelio sta cambiando (in meglio) il mondo. Persino quando è allucinogeno…
I funghi sono il trip dell’antropocene. Nel suo ultimo disco, Fossora, uscito lo scorso settembre, la cantante islandese avant-pop Björk medita sulla vita, l’amore e la fisicità traendo ispirazione visiva dal micelio, la rete fungina sotterranea che riduce gli effetti dell’inquinamento e crea nuova vita dalla materia in decomposizione. La copertina dell’album la ritrae tra decine di spore che germogliano sotto i suoi piedi. In testa, una parrucca di Tomihiro Kono ricorda un fungo, mentre l’abito della stilista sudcoreana Jisoo Baik la assimila a una scultura botanica. Non è un caso isolato. Anche a seguito del successo del libro di Anna Lowenhaupt Tsing Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo (Keller, 2021), altri artisti, designer e sperimentatori hanno iniziato a esplorare le virtù del micelio. Da Alexander McQueen che vi ha reso omaggio nella sua collezione Autunno/Inverno 2022 alla stilista e attivista vegana Stella McCartney, la cui campagna estiva, intitolata Mushrooms are the Future, mostrava la ballerina giapponese Aoi Yamada muoversi in un parco di funghi giganti come l’Alice di Lewis Carroll. Anche Stella McCartney si è ispirata al documentario Fantastic Fungi realizzato nel 2019 da Louie Schwartzberg. Il regista americano esamina il potenziale inutilizzato di questi organismi, dai trattamenti a base di psilocibina al micorisanamento per bonificare suolo e acqua: «Senza di loro non ci sarebbe vita sul Pianeta», sentenzia il pluricentenario (vampiro) Adam nel film di Jim Jarmusch Solo gli amanti sopravvivono. La fantascienza prende nota, sostituendo l’immaginario tecnologicamente distopico alla Blade Runner, fatto di carne e metallo, con il futurismo biologico di funghi umanoidi e
parassiti (si vedano i romanzi Agents of Dreamland di Caitlín R. Kiernan e il breve The Mushroom Queen di Liz Ziemska). La serie Netflix Star Trek: Discovery (2017, in corso) immagina una “propulsione a
spore” che permette alla Uss Discovery di viaggiare nell’universo seguendo una rete micelica. Ironia della serie, il nome del comandante dell’astronave è Paul Stamets, lo stesso del micologo statunitense autore del saggio Mycelium Running
(2005). A loro volta artisti come Anicka Yi, Philippe Parreno, Jenna Sutela incorporano muffe e batteri nelle loro opere, oltre a vari altri microrganismi. Mentre è nota la fascinazione per i funghi di John Cage (autore nel 1972 del libro in edizione limitata Mushroom Book ) e di Carsten Höller (su di lui, anche l’articolo a p. 160). Nel 2020 la mostra Mushrooms: The Art, Design and Future of Fungi curata da Francesca Gavin alla Somerset House di Londra (la ripropone fino al 31 dicembre la Fondazione Serralves di Porto con il titolo The Art of Mushrooms) riuniva alcuni di questi artisti accostando il loro lavoro a quello di designer e architetti innovativi che utilizzano il micelio come materiale per qualsiasi cosa, dalle scarpe ai mattoni.
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Anicka Yi, Philippe Parreno, Jenna Sutela incorporano muffe, batteri nelle loro opere.
Non è fantascienza: i funghi sono già un ingrediente importante nella moda e nell’arredamento, come pure nel cibo (si pensi al bacon vegano), nelle bevande e nei prodotti di bellezza, offrendo anche un’alternativa compostabile alla plastica usa e getta impiegata per gli imballaggi. Wgsn, autorità globale in fatto di trend di consumo, prevede che il fenomeno supererà la fase sperimentale diventando presto di grandi dimensioni. Nel frattempo Adidas, Lululemon e il gruppo Kering (marchi Gucci, Balenciaga e Alexander McQueen tra gli altri) hanno investito cifre a sette zeri nel biomateriale Mylo, un’alternativa alla pelle animale altrettanto morbida ed elastica realizzata a partire dal micelio. MycoWorks, start-up californiana che lo scorso anno ha collaborato con Hermès per produrre la borsa Victoria nel nuovo materiale Sylvania, ricavato anch’esso dal micelio, ha coinvolto il cappellaio franco-americano Nick Fouquet e presentato a luglio una collezione di copricapi in pelle Reishi, un fungo utilizzato a scopo medicinale ormai non più solo in Oriente. Come nella moda, anche nell’arredo i progettisti sono affascinati dai funghi. Ad attrarre è la loro estetica –si veda il proliferare di pouf a forma di fungo sulla piattaforma di e-commerce 1stDibs – ma soprattutto la possibilità che questi organismi offrono di ripensare il nostro rapporto con gli oggetti. Tom Dixon, eclettico designer di casa a Londra, ha festeggiato i 20 anni di attività del marchio con la mostra Twenty (a Milano, durante l’ultimo Salone del Mobile la prima tappa, al London Design Festival la seconda), che presentava qualche prototipo e alcuni pezzi classici reinterpretati con processi e materiali innovativi come il Biorock (per cui i mobili verrebbero fatti “crescere” sott’acqua mediante elettrolisi), la zostera e ovviamente il micelio. In particolare, la Mycelium Tower è una colonna che funge da diffusore di fragranze. Nasce dalla collaborazione con l’azienda Magical Mushroom, che produce imballaggi compostabili combinando il micelio
con rifiuti agricoli come canapa, sughero e segatura. Con il coinvolgimento di Ecovative, altra azienda che sfrutta la tecnologia dei funghi nei settori più disparati, dal cibo al beauty al packaging, Tom Dixon ha poi realizzato componenti in schiuma di micelio per la sua sedia Fat. Ecovative è del resto una realtà pionieristica, che dal 2007 utilizza biotecnologie all’avanguar-
realizzato secondo i principi dell’economia circolare, ossia minime emissioni di CO2 e nessuna materia prima fossile.
Il risultato è un prodotto interamente biodegradabile. Ma i benefici dei funghi non riguardano solo il Pianeta: in America, l’Oregon è il primo Stato ad aver legalizzato l’uso della psilocibina (il principio attivo di alcuni funghi allucinogeni) a scopo terapeutico e, grazie alla diffusione delle ricerche sulle sostanze psichedeliche, c’è da aspettarsi che anche altri Paesi si orientino verso la decriminalizzazione, con effetti “stupefacenti” sull’industria del turismo.
dia per testare le proprietà naturali dei funghi. Il suo Mushroom Packaging è oggi impiegato da marchi come Amen, Bel Rebel, Lush e molti altri. Anche l’australiano Studio Flek ha sfruttato il micelio (combinandolo con il luppolo) per creare oggetti d’arredo, mentre di Studio Mom, con sede nei Paesi Bassi, è MyHelmet, il casco da bicicletta in micelio e canapa
Intanto, anche in Italia, è possibile consumare bevande a base di funghi, come quelle del marchio Four Sigmatic, fondato dieci anni in Finlandia: dal caffè e matcha latte con Maitake e Chaga alla cioccolata aromatizzata al Reishi. Non sono allucinogene, assicura l’azienda, ma hanno effetti positivi sulla salute, l’umore, l’attenzione e chissà che altro. Il trip è appena cominciato. n
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DER
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FOESSEL
MAARTEN VAN
WOLF
MILLER
STIEB (5)
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Adidas, Lululemon e il gruppo Kering hanno investito cifre a 7 zeri nel biomateriale Mylo.
1. mushroom packaging per le candele amen
2. imballaggio a base di micelio di ecovative
3. myhelmet di studio mom in micelio e canapa
4. beer stool di studio flek combina micelio e luppolo
5. cappelli in pelle reishi di mycoworks
6. matcha con fungo maitake di four sigmatic
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7. tom dixon, sedia bird in zostera e mycelium tower