Rivista Studio Autunno 2020 | Vita straordinaria di Alexander Iolas

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Attualità Cultura Stili di Vita · Trimestrale · n° 44 · Autunno 2020

Incontro con la diciassettenne esordiente protagonista di We Are Who We Are, la nuova serie di Luca Guadagnino

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Casa Iolas, Citofonare Vezzoli Galleria Tommaso Calabro, Milano Dal 25 settembre 2020 al 16 gennaio 2021

L

a prima volta che William E. Jones incontrò Alexander Iolas era il 1982. Jones aveva appena 19 anni, veniva da una cittadina dell’Ohio e sognava di fare l’artista; Iolas invece, che di anni ne aveva già 75, era una leggenda vivente, uno dei più grandi art dealer del tempo. Si erano dati appuntamento ad Agia Paraskevi, un sobborgo di Atene dove si diceva che il gallerista avesse la villa più sfarzosa di tutta la Grecia. Iolas accolse Jones nella sua camera, mentre un amante era ancora nei paraggi. C’erano due cavalli di bronzo ai lati del letto, un grosso lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto e, appeso, un quadro di Harold Stevenson raffigurante una monumentale colonna fallica. Iolas gli chiese se

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Max Ernst (1891-1976) Fleurs-écaille, 1928

VITA STRAORDINARIA DI ALEXANDER IOLAS

Francesco Vezzoli (1971) JOAN CRAWFORD (ANTE LIT TERAM), 2018

Arte

conoscesse il poeta greco Kavafis, cantore dell’amore sensuale e gay. Il ragazzo non aveva idea di chi fosse. «È uno di noi», gli spiegò lui enigmatico. Quell’anno Jones scattò decine di fotografie alla villa e al suo proprietario. Nel 2017, trent’anni dopo la morte di Iolas, realizzò anche un documentario, Fall into Ruin: ascesa e declino del gallerista che scoprì Andy Warhol, portò il Surrealismo negli Stati Uniti, aprì gallerie a New York, Parigi, Ginevra, Milano e altre a Roma, Atene e Madrid per finire dimenticato in seguito allo scandalo che lo travolse rovinandone la reputazione. Ma, come ha scritto il giornalista inglese Adrian Dannatt, i più grandi mercanti d’arte hanno tutti una qualità fittizia e spesso la loro vita non è che un insieme di aneddoti e voci spietate. Alexander Iolas nasce nel 1907 ad Alessandria d’Egitto da una ricca famiglia greca. Il suo vero nome è Costantino Koutsoudis, ma si farà presto chiamare Alexander Iolas, in onore di Alessandro Magno e Iolao, il mitico eroe tebano, nipote di Eracle e suo fedele compagno d’imprese. Esordisce come ballerino, dapprima a Berlino, poi a Parigi, in Francia e nel resto d’Europa, negli Stati Uniti e in America Latina, dove danza con la giovane Theodora Roosevelt. A Parigi stringe amicizia con i surrealisti e con De Chirico, «uno degli uomini», dirà, «che più ha influenzato la mia vita». Posa per loro, ricevendo in cambio disegni e piccoli dipinti. Stanco della danza, nel 1945 diventa direttore della nuova Hugo Gallery, fondata a New York dalla principessa Maria Ruspoli Hugo con Elizabeth Arden e Robert de Rothschild. La mostra inaugurale si intitola The Fantastic in Art, include opere di Max Ernst, Leonor Fini, Yves Tanguy, Dorothea Tanning, Pavel Tchelitchew ed è seguita dalle esposizioni di Jean Cocteau, Dalí, Magritte e altri membri dell’avanguardia surrealista. Di qualche anno più tardi è invece l’incontro con Warhol, allora impiegato in una fabbrica di scarpe vicino alla galleria. Iolas lo vede passare regolarmente con una cartella in mano e un giorno, incuriosito, gli chiede di mostrargli il contenuto della cartella: una serie di disegni di scarpe in cui campeggiano frasi di Truman Capote. «Questo è il suo ultimo giorno come disegnatore di scarpe», si racconta che gli abbia detto il gallerista, «da domani

William E. Jones (1962) Villa Iolas (Kenneth Noland, Niki de Saint Phalle,Roman Glass), 1982

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William E. Jones (1962) Villa Iolas (Max Ernst, Greek Torso), 1982

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Giorgio de Chirico (1888 – 1978) Combattimento

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Eliseo Mattiacci, Roma, 1980-81. Casa di Alexandre Iolas, Atene.

William E. Jones (1962) Villa Iolas (Matta, Les Lalannes, Yves Klein), 1982

William E. Jones (1962) Villa Iolas (Lucio Fontana), 1982

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prepari la sua prima mostra». Sarà Fifteen Drawings Based on the Writings of Truman Capote del 1952. Quelli che seguono sono anni straordinari: Iolas apre gallerie in tutto il mondo, promuove alcuni tra i maggiori artisti dell’epoca – oltre a Warhol e ai surrealisti, William Copley, Ed Ruscha, ma anche Yves Klein, Les Lalanne, Martial Raysse, Niki de Saint Phalle, Takis, Jean Tinguely – e contribuisce a formare la collezione di Dominique e John de Menil. Ha un occhio infallibile per il talento ed è noto per il carisma e lo stile stravagante, per le camicie acquistate a Londra da Mr. Fish, le pellicce di volpe e cincillà, gli stivaletti da cowboy e quelli da star del rock con cui incanta i compratori. «Ogni mostra è come la première di uno spettacolo di danza», dichiara allo storico dell’arte Maurice Rheims, «attendo il pubblico, mi esibisco. Non considero la galleria come un’occupazione commerciale. È un’occupazione puramente artistica». Alla fine degli anni ’60 Iolas realizza il sogno di una casa capace di ospitare la sua immensa collezione di opere d’arte. Nel sobborgo ateniese di Agia Paraskevi, tra boschi di pini e ulivi secolari, il gallerista coinvolge artisti e architetti – tra cui il greco Dimitris Pikionis, già autore dei magistrali sentieri per l’Acropoli – nella creazione non di una semplice abitazione, ma di un tempio della contemporaneità, un museo vivo che nelle sue intenzioni deve incoraggiare tutti gli aspetti della produzione artistica. All’interno vengono sistemate opere di Victor Brauner, Ernst, Fontana, Marina Karella, Magritte, Man Ray, Kenneth Noland, Paul Thek; convivono con le colonne, le antichità, le sculture greche e quelle egizie, mentre Warhol e i protagonisti del Nouveau réalisme si alternano alle splendide icone bizantine. Renos Xippas, gallerista e nipote di Iolas, racconta che la villa non faceva che rispecchiare la sua personalità: «Era capace di far attaccare le opere al soffitto quando non c’era più spazio alle pareti e una volta si fece addirittura costruire una nuova stanza per ospitare una tela di Matta di dieci metri di lunghezza». Chi ha frequentato la casa in quegli anni ricorda la musica, le feste, le atmosfere da rappresentazione teatrale, giovani belli come kùroi attici che apparivano e scomparivano tra le stanze e poi fiori e marmo bianco ovunque. Lo stesso bianco che nel 1987 Iolas vuole per il pavimento del Refettorio delle Stelline, a Milano, quando davanti a una folla di ospiti

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illustri va in scena The Last Supper di Andy Warhol, il Cenacolo vinciano «profanato da un americano», come si divertiva a definirlo l’artista (ne riproporrà una versione la mostra The Last Supper Recall, alla Galleria delle Stelline di Milano dal 22 ottobre al 7 dicembre). È l’ultimo atto di una vicenda tragica. Warhol morirà un mese dopo per le complicazioni di un intervento alla cistifellea, di lì a qualche mese lo seguirà anche Iolas, già malato di Aids e oggetto in patria di un’infamante campagna mediatica. La villa, il cui destino è profeticamente anticipato nel film Consiglio di famiglia del regista greco Costa– Gavras, verrà saccheggiata e vandalizzata. Quello che doveva essere il più grande polo culturale della Grecia contemporanea è oggi territorio di conquista di writer e amanti clandestini. La sua memoria rivive nella mostra Casa Iolas, orchestrata da Francesco Vezzoli nella galleria milanese di Tommaso Calabro (dal 25 settembre al 16 gennaio). In attesa che il comune di Agia Paraskevi, che nel frattempo ha acquistato la proprietà, mantenga la promessa di farne un museo. 1 –Alessia Delisi rivistastudio.com


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