Rivista Studio Estate 2022 | Nicolas Bellavance-Lecompte; Joy Herro; Design Vero; Stile Tacchini

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Attualità Cultura Stili di Vita ∙ Trimestrale ∙ n°51 ∙ Estate 2022

L'età della rabbia Aut.ne Rilasciata: Poste Italiane S.p.A. Spedizione In Abbonamento Postale — Aut. n° 0233/2021 del 02.02.2021 - Stampe Periodiche in Regime Libero

ITALIA EUR7,00 — AUT EUR13,80 BE 13,00 FR EUR15,30 DE EUR17,50 PRT EUR12,00 GBP £9,50 ES CHF12,00 CH CHF13,90 In edicola dal 10 giugno 2022

La rivolta ambientalista Correggere l'algoritmo Le destre radicali Guerra urbana Mode militari L'odio nello schermo Gang di strada Gen Z Trap


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Co-fondatore della Carwan Gallery e di Nomad, la fiera itinerante di arte e design, Bellavance-Lecompte è curatore, gallerista, architetto. Canadese, ha scelto Milano come città-base per i suoi progetti. Curatore, gallerista, architetto. Nicolas Bellavance-Lecompte ha un animo nomade. Nato nel Québec, lascia il Canada per vivere in Italia, poi in Germania. Alla fine, dopo varie peregrinazioni, sceglie Milano come base per i suoi spostamenti. A Beirut, nel 2011, è co-fondatore della Carwan Gallery, prima galleria di design del Medio Oriente, oggi con

— Sgabello in marmo e inchiostro di Theodore Psychoyos per Carwan Gallery. Foto by Giorgos Sfakianakis

sede ad Atene. Cinque anni dopo è co-fondatore di Nomad, una fiera itinerante dove design e arte si uniscono e, come ha dichiarato lui stesso, «non c'è più una linea netta tra le due discipline. Diventa arte funzionale». —

Come hai cominciato? Sono nato a Montréal e cresciuto in diverse città del Canada,

Nicolas indossa camicia in Oxford pesante,

per via del fatto che i miei si spostavano spesso. A Montréal

T-Shirt in jersey di cotone, pantalone in gabardine tinto capo.

ho studiato architettura e sono venuto in Italia per terminare

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la laurea allo Iuav di Venezia. Dopodiché ho deciso di rima-

Così è nata la Carwan Gallery a Beirut.

nere – da vent'anni ormai – in Europa. Mi sono trasferito a

Abitavo a Milano e iniziavo a essere più coinvolto nel mon-

Berlino, dove ho fatto un master in creazione interdisciplina-

do curatoriale. Qui il desiderio di aprire una galleria è di-

re. Terminato il master, cercavo qualcosa che potesse unire

ventato più forte. Poi per caso, nel 2009, sono arrivato a

arte, design e architettura. Ho iniziato a lavorare con Thomas

Beirut, dove ho conosciuto l'architetta Pascale Wakim, che

Demand, realizzando scenografie, un progetto per la Bien-

in seguito sarebbe diventata la mia prima socia. Scoprendo

nale, un altro per il MoMA… Mi piaceva l'idea di lavorare nel

la città, ricordo di aver detto a me stesso che quello pote-

campo dell'arte contemporanea, ma sentivo sempre un richia-

va essere un punto di vista inedito, non eurocentrico, per

mo molto forte verso il design e l'architettura, che erano più

creare una piattaforma di dialogo. Non esisteva niente del

il mio background. Così negli anni 2000 con amici architetti

genere nella regione e mi piaceva l'idea di essere un pio-

e designer del Canada ho fondato il collettivo Samare e lo

niere. Così ho convinto Pascale a lanciarsi nell'avventura e

studio Oeuffice, con cui ho iniziato a curare mostre e disegna-

nel 2011 ho aperto la Carwan Gallery.

re oggetti di design che oggi fanno parte di varie collezioni di musei, come il Met di New York e il MBAM di Montréal. Contemporaneamente ho visitato diverse nuove fiere di arte e design, dove ho scoperto il mio interesse per il design da collezione. Allora mi sono detto: «Forse il mio futuro è creare

Studio Club Nicolas Bellavance –Lecompte

una galleria che combini design e arte contemporanea».

di Alessia Delisi

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— Pagina affianco Scultura in legno del designer norvegese Sigve Knutson per Carwan Gallery. Foto by Giorgos Sfakianakis

Qual è il focus della galleria?

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Nel 2020 la Carwan Gallery si è trasferita ad Atene.

L'Italia è un terreno fertile

Perché hai scelto questa città?

per il design indipendente?

Perché, dopo otto anni a Beirut passati a invitare designer di tutto il

L'Italia è forse il Paese in assoluto più propen-

mondo a realizzare progetti speciali per noi e a portare in giro il lavoro

so. Qui un designer indipendente avrebbe

di designer libanesi, il Paese è purtroppo caduto in una crisi economica

accesso a una qualità e varietà straordinarie,

senza precedenti. L'esplosione che nel 2020 ha colpito la città ha di-

per via della vasta rete di artigiani e aziende

strutto tra l'altro lo spazio in cui si trovava la galleria. La mia socia nel

presente sul territorio. Ovviamente l'Italia ha

frattempo si era trasferita a Parigi e io ho deciso di continuare senza

una storia legata al design industriale, con un

di lei. Il caso ha voluto che Quentin Moyse, anche lui un architetto,

focus sui grandi numeri e sulla produzione in

volesse aprire una galleria di design ad Atene. Quentin è sempre stato

serie. Manca una scuola con un programma

un grande sostenitore della Carwan, così ho proposto di portare questa

di design concettuale, come la Design Aca-

galleria ad Atene e a lui di diventare socio a tutti gli effetti. Con il senno

demy di Eindhoven, l'ECAL o il RCA. Per un

di poi si è rivelata una mossa strategica, visto che tanti turchi, libanesi,

designer indipendente poi non è facile trova-

siriani, ma anche egiziani si sono trasferiti qui a causa delle varie turbo-

re spazi economici per stabilire il proprio ate-

lenze politiche. Anche in Grecia siamo stati la prima galleria di design,

lier, anche se con la Brexit vedo più stranieri

continuando con questo ruolo pionieristico.

che vogliono venire a vivere a Milano e in Ita-

Com'è da quelle parti la scena del design?

lia in generale. Forse adesso, con un po' più

Il pubblico greco è molto preparato in termini di storia dell'arte e dell'architet-

di impegno da parte dei collezionisti e delle

tura. Ha grande interesse per le nostre mostre, cosa che ci ha permesso di

aziende, la scena locale potrebbe svilupparsi

sviluppare una nuova rete di collezionisti, tanti anche giovani che sono appena

maggiormente.

ritornati ad Atene dopo i loro studi o una breve esperienza di lavoro all'estero.

C'è qualche oggetto che

C'è grande fermento, insomma. La galleria da parte sua sostiene i designer

collezioni?

greci organizzando una o due mostre l'anno, oltre a portare designer stranieri

Ultimamente mi sono reso conto di avere

in Grecia per realizzare progetti speciali con i produttori locali.

un interesse per la ceramica, che ho sem-

Qualche anticipazione?

pre collezionato in modo un po' disordinato.

Il cuore del mio lavoro è trovare talenti emergenti, ma anche designer

Come galleria abbiamo diverse nuove rap-

I miei due ultimi acquisti quest'anno sono

più conosciuti con cui realizzare commissioni e serie speciali. Nel corso

presentazioni quest'anno. C'è anche una

dell'artista norvegese Irene Nordli e del

degli ultimi dieci anni abbiamo rappresentato più di quaranta designer

forte presenza femminile, con Linde Freya

sudafricano Ben Orkin. Si vanno ad ag-

e artisti internazionali, sempre con il focus del territorio come fonte di

Tangelder, India Mahdavi e una designer

giungere alle tante creazioni di Mary-Lynn

ispirazione per tutti i progetti speciali.

greca, Polina Miliou, di cui a settembre

Massoud, ai pezzi degli artigiani dell'oasi di

Sei anche co-fondatore di Nomad, prima fiera itinerante

esporremo dei pezzi che rivisitano in chiave

Fayyum, in Egitto, a quelli di Sigve Knut-

che unisce design da collezione e arte contemporanea.

contemporanea l'arredo delle Cicladi. Re-

son e di altri ancora. Un mix mediterraneo,

Nomad l'ho fondata nel 2016, insieme a Giorgio Pace. Il concept della fie-

centemente abbiamo lanciato un altro gre-

scandinavo e americano. Con alcuni corea-

ra è offrire un'esperienza al visitatore che, viaggiando attraverso diverse

co, Theodore Psychoyos, che ha creato la

ni, che mi sorprendono sempre.

destinazioni, scopre nuove opere d'arte e di design all'interno di un conte-

sua prima collezione di arte funzionale con

sto architettonico in dialogo con gli allestimenti e i progetti speciali delle

resti di marmo antichi trovati nelle cave. A

gallerie invitate. La prossima edizione, in arrivo dal 6 al 10 luglio 2022, si

novembre invece, per chiudere l'anno, ospi-

svolgerà a Capri, alla Certosa di San Giacomo.

teremo la mostra di Rooms Studio, duo sempre femminile di designer georgiane che creerà un ponte interessante tra le culture di Grecia e Georgia, con una forte influenza della religione ortodossa presente nel modo di concepire oggetti quasi sacrali.


rivistastudio.com — Pagina affianco Tavolino tra arte cinetica e design creato da The Great Design Disaster con il maestro artigiano Alessandro Rametta Foto by Mattia Parodi

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Libanese di origine ma ormai da tempo a Milano, Herro ha fondato The Great Design Disaster insieme a Gregory Gatserelia, progetto con cui mettono in collegamento collezionisti e artigiani per creare il mobile perfetto. Come funziona The Great Design Disaster? Crea pezzi funzionali e decorativi, realizzati da un esercito di artigiani incredibili per soddisfare i desideri dei collezionisti. Questi oggetti sono come ospiti in uno spazio. Vanno a interagire con altri pezzi di grandi maestri e designer. A volte dobbiamo creare un vaso o una scultura. Altre volte una sedia, una mensola, una finestra. Come vi è venuta l'idea? L'idea c'era già, ma era importante fare qualcosa per concretizzarla. Sempre più persone tendono a collezionare cose belle e si sforzano di personalizzare il proprio La meccanica del desiderio è una cosa misteriosa. Vale

ambiente. Immagina di poter partecipare

anche per il design. Più possediamo, più accumuliamo

al processo creativo: avresti un rapporto

compulsivamente oggetti acquistati e meno sentiamo

emotivo più forte con l'oggetto, non solo

che ci appartengono davvero. Per la designer libanese

una soddisfazione temporanea. Così ab-

Joy Herro l'antidoto è partecipare alla loro creazione,

biamo pensato: perché non proviamo a sfi-

dando forma alle nostre fantasie in un processo a volte

dare, a stimolare i collezionisti?

quasi psicanalitico. A quel punto saranno davvero nostri e non vorremo più disfarcene. Qualche anno fa lei e

E come sta andando? Inaspettatamente bene!

l'architetto d'interni Gregory Gatserelia hanno fondato

Quindi, anziché acquista-

Joy indossa camicia da lavoro in velluto,

The Great Design Disaster, un progetto che fa esatta-

re, il collezionista con voi

pantalone in popeline di cotone.

mente questo: realizzare il mobile dei sogni anche grazie

è libero di creare quel che

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al coinvolgimento di straordinari artigiani. Il loro primo,

vuole.

“disastroso” incontro è avvenuto in un ristorante a Bei-

Ci riallacciamo a tradizioni antiche, in cui il

rut, con Gatserelia intento a scegliere i piatti da ordi-

già pronto non esisteva ancora. Prima dell'e-

nare mentre Herro creava un'installazione commestibile

ra industriale insomma, quando il completo, il

dall'altra parte del tavolo. «Il disgusto di Gregory era

vestito da donna e il cappello venivano confe-

palpabile», ricorda Herro. Ma come ha osservato più di

zionati su misura. Che è esattamente quello

un critico, anche una reazione negativa è comunque un

che facciamo noi: cose che si adattano allo

fatto positivo. E così è stato.

spirito e al senso estetico di un collezionista.

Studio Club Joy Herro di Alessia Delisi


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Lavorare con le fantasie creative delle persone potrebbe riservare delle sorprese. A volte ti eleva e a volte ti frustra. Ma il viaggio è sempre appagante. Perciò secondo te abbiamo ancora bisogno di cose materiali? Gli oggetti sono presenti e rimarranno fintanto che ce ne prenderemo cura. Le milioni di immagini che ve-

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tica il valore di mercato aumenta. Con The Great Design Disaster stiamo cercando di dimostrare che la fatica, l'esperienza e il tempo che si dedica al design hanno lo stesso valore dell'arte. Il tuo prossimo Great Design Disaster.

diamo ogni giorno, una dopo l'altra, non sono immobili, appaiono e scompaiono. Questa cosa mi crea una

Il primo era il progetto in sé, che invita collezionisti che fondamentalmente

certa insicurezza. Con gli oggetti è tutto il contrario, soprattutto quando impieghiamo tempo e fatica per

non sono designer a partecipare al processo di creazione. Il prossimo sarà

procurarceli. È il momento in cui ti fermi e non fai nient'altro. Li guardi, li tocchi e ci giochi un po'.

come un simpatico virus, che si diffonderà in diversi luoghi e Paesi… E non

Che rapporto hai con i social? È il nuovo mercato. Trovo uno spazzolino per strada, usato un milione di volte, lo regalo a un influencer perché lo posti – magari raccontando una storia inventata sulla magia di questo spazzolino e sul fatto che mentre lo usi vieni trasportato in un altro universo, pieno di farfalle e di pesci – e l'indomani mi ritroverò con una lunga lista d'attesa per avere lo stesso spazzolino usato raccolto per strada. Succede anche con il design. Non vendiamo più il valore del prodotto, ma l'immagine. Uno dovrebbe essere molto sospettoso a riguardo. Dall'altra parte c'è la vita vera che va cercata. Però TikTok è divertente. A volte lo scorro prima di andare a letto. Cosa fai quando non lavori? Il lavoro è diventato per me come nuotare fino a non vedere più la terra. Lo faccio costantemente, anche se sono fuori a cena o in viaggio. Non riesco a smettere di pensare al lavoro. Ma non è un sacrificio e non cerco un cambiamento. Invece di sforzarmi di venire a galla, mi sono trasformata in una sirena. Com'è il sodalizio con Gregory Gatserelia? Gregory è tipo “Frank Lloyd Wright incontra Easy Rider”. Non c'è niente di prevedibile in lui, eccetto la sua passione di una vita per l'arte e il design. E per le moto. Nei suoi molteplici luoghi di appartenenza, il suo lavoro è eclettico e sfugge alle definizioni pur mantenendo un'impronta riconoscibile. Gregory possiede tanta intuizione quanta preparazione. Ma non lo vedrai uguale due volte. Può essere un'aquila, un ippopotamo, un cavallo e qualche volta un gatto. Cosa non può assolutamente mancare nel tuo studio. Un divano e una finestra. Un pisolino con la finestra aperta – per la luce naturale e la brezza – è fondamentale per la mia concentrazione e motivazione quotidiane. Come mai hai scelto di vivere in Italia? Amo gli artigiani italiani quando dicono “porca miseria!”: è complicato, ma troveremo un modo per farlo. Amo il loro sguardo, l'eccitazione quando vedono progetti impegnativi. È una cosa piena di umanità. Qualche tempo fa avete collaborato con l'atelier milanese La Fucina di Efesto, luogo di sperimentazione specializzato nella lavorazione artistica dei metalli. Cosa ne è venuto fuori? A parte la perfezione del risultato, la mia esperienza con Alessandro [Rametta, maestro artigiano, nda] può essere descritta in tre parole: estrema devozione, amore e dedizione alle tradizioni artigianali. Il posto a Milano che preferisci. I Giardini Indro Montanelli, di fronte al mio appartamento, dove faccio il mio jogging quotidiano circondata dagli alberi. Vedo le stesse persone ogni giorno. Quelle facce al mattino sono così reali, senza trucco, che chiacchierano con i vicini, raccontano storie sui loro figli e soprattutto sui loro cani, li portano a spasso, raccolgono i loro escrementi. È un po' la vera socialità. Adoro anche i ristoranti. I miei amici sanno che il mio frigorifero è sempre vuoto. Cucino solo quando li invito a cene libanesi a casa mia. Altrimenti faccio colazione, pranzo e cena al ristorante, anche da sola. Con Gregory abbiamo il rituale dei ristoranti quando è in città. Le decisioni importanti le prendiamo davanti a un bicchiere di vino e un piatto. Un designer italiano che stimi. Sono indecisa fra tanti. È come chiedere a una madre: quale figlio ami di più? Qual è secondo te il confine tra arte e design? L'arte è ovunque. Diventa design solo quando inizia ad avere una funzione. Prendi la sedia dove sono seduta, appendila alla parete e il valore crescerà automaticamente. Quando si passa dal comfort all'este-

lo si potrà fermare, non si troverà nemmeno il vaccino!


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Riviera Creative Space, un luogo fisico – e potenzialmente nomade – in cui ospitare mostre, dibattiti, workshop, eventi e spazi pop-up. Il loro è un approccio multidisciplinare che si muove tra design, comunicazione e mondo digitale. Naturale quindi essersi costruiti un bagaglio che nel tempo li ha portati a voler creare un marchio. «L'idea era lì, così, quando si è presentata l'occasione, approfondendo il discorso con Pasquale Apollonio abbiamo capito che era il momento giusto per lanciarla». Trasparenza, sincerità, verità, ma anche concretezza e informalità sono i valori cardine, «perché gli unici attraverso cui coltivare rapporti umani», ci spiega il duo. La prima collezione – o meglio, il primo “drop”, come è stato chiamato utilizzando un linguaggio mutuato dallo streetwear – consiste in una serie di otto arredi progettati da CARA \ DAVIDE, Fredrik Paulsen, Marco Campardo, Natalia Criado, Federica Elmo e a617: 'è un nuovo brand di mobili che ha fatto

giovani e in alcuni casi emergenti designer che hanno dato vita a una

da pochissimo il suo debutto nel mondo

libreria, un tavolo, un tavolino, uno sgabello, una sedia pop, uno spec-

del design: si chiama Vero e già il nome

chio fatto con pezzi di legno di recupero, un vassoio ondulato e un porta-

la dice lunga sulle intenzioni dei fondatori.

riviste. A questi si sono aggiunti nuovi prodotti di Sam Stewart e Zaven

«È vero design italiano», assicurano infatti

presentati durante il Salone del Mobile di Milano nel nuovo showroom di

i direttori creativi Simona Flacco e Ric-

via Felice Casati 3 (mentre Riviera Creative Space dedica una mostra

cardo Crenna dello studio di consulenza

a Marco Campardo). «Vero vuole essere un collettore di talenti. Ogni

Simple Flair, che in Pasquale Apollonio

pezzo è progettato da un designer e non è pensato in funzione degli altri,

– proprietario e investitore del proget-

tant'è che nessuno dei creativi coinvolti sapeva cosa stessero facendo

to – hanno trovato l'interlocutore ideale.

i colleghi o con quale stile. Al pari del nome, anche l'eterogeneità del

«Vero nasce per promuovere dei valori e

brand è molto importante».

aggregare una community attorno a essi»,

Un'altra caratteristica di Vero è la sua disponibilità: tutti gli arredi sono

raccontano. Di formazione architetti, da

“ready to order”, con tempi di consegna degli acquisti online inferiori

dodici anni Flacco e Crenna guidano le

alle due settimane. «È stata l'unica direttiva che abbiamo dato ai desi-

aziende nelle strategie creative e comuni-

gner sotto il profilo costruttivo. Entro questi confini ciascuno ha avuto la

cative. Tre anni fa a Milano hanno aperto

possibilità di fare quello che voleva, esprimendosi in modo trasparente

Design Vero

Come nasce e cosa vuole raggiungere Vero, il nuovo marchio di design fondato da Simona Flacco, Riccardo Crenna e Pasquale Apollonio, che concilia la serialità con l'estetica del design da collezione. di Alessia Delisi


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e “vero”». Dal punto di vista stilistico, il

ra per i settori hospitality, retail, residenziale e navale. Qui Vero può

marchio concilia la serialità con l'esteti-

contare su un bacino di tecnica e manifattura altamente specializzato,

ca del design da collezione, andando al

oltre che su una fitta rete di fornitori locali e un'avanguardista gestione

colmare il divario (anche economico) tra

digitale della logistica. La strategia di comunicazione, affidata a Simple

i due mondi, quello della distribuzione di

Flair, è uno dei punti di forza di Vero e concepisce lo showroom allo

massa e della produzione di nicchia, «per

stesso modo del profilo Instagram, attualmente lo strumento principale:

trasformare gli ambienti domestici in spa-

«È il segreto per far sì che non ci sia un confine tra online e offline»,

zi contemporanei». La sede è a Galatina,

raccontano Flacco e Crenna. «Poi si aggiungeranno altri canali, mentre il

in Puglia, dove c'è anche il quartier ge-

sito ha già l'e-commerce». La volontà dei fondatori è di contribuire a una

nerale di Level Project, azienda fondata

nuova era del design italiano. «Il design made in Italy che conosciamo

da Apollonio che realizza arredi su misu-

si è affermato quando si sperimentava, quando si coinvolgevano nuovi

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designer allora sconosciuti ed emergenti e si facevano cose fuori dalla voluto farlo un po' anche noi».

Gentle Monster Haus Dosan Seoul

comfort zone. Crediamo che questo oggi si faccia poco e allora abbiamo


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Come si sviluppano le collaborazioni con i progettisti contemporanei? Cerco sempre di lasciare spazio ai creativi con cui collaboriamo, di valorizzarne il lavoro per creare prodotti che rispecchino sia il linguaggio del marchio sia i tratti distintivi dei designer, costruendo un catalogo eterogeneo e al tempo stesso rappresentativo dell'anima di Tacchini. Questo è un aspetto fondamentale delle scelte creative, che si ripercuote anche nelle collaborazioni che l'azienda intraprende per dare forma ogni anno a nuove collezioni. Lo sguardo è sempre rivolto al futuro n Tacchini le mani sono state il primo stru-

e ci permette di essere concentrati sulle grandi innovazioni del nostro

mento che abbiamo imparato a usare», dice

tempo, in termini estetici e progettuali.

Giusi Tacchini, Ceo e Art director dell'a-

A partire dal 2010, con Design Classics, Tacchini riedita alcuni clas-

zienda fondata dal padre Antonio più di cin-

sici di maestri del design come Achille e Pier Giacomo Castiglioni,

quant'anni fa. Il riferimento alla tradizione

Gianfranco Frattini e Tobia Scarpa. L'ultimo in ordine di apparizione

del made in Italy, la scelta di materiali di

è il divano Le Mura, presentato quest'anno al Salone del Mobile e di-

qualità e l'utilizzo di tecnologie in costan-

segnato cinquant'anni fa da Mario Bellini. Con quale criterio vengono

te aggiornamento sono alcuni dei tratti di-

scelti i pezzi da rieditare? Design Classics nasce dalla mia passione per

stintivi del marchio, che oltre a collaborare

i grandi maestri del design italiano. Il progetto si traduce in un catalogo in

con grandi nomi del design internazionale

cui le loro riedizioni entrano nella collezione Tacchini anche grazie alla col-

– david/nicolas, Gordon Guillaumier e Jo-

laborazione con gli archivi o gli eredi di questi grandi visionari. Ciò che gui-

nas Wagell tra gli altri – riedita le icone dei

da la scelta dei pezzi da rieditare è la ricerca di un'estetica senza tempo, di

maestri del passato. Traghettando verso il

forme e lavorazioni all'avanguardia, ma che trascendono le tendenze fugaci

futuro la cultura del progetto, come ci rac-

per scoprire le icone di domani. La valorizzazione dei classici ci permette

conta la stessa Tacchini in quest'intervista.

di raccontare l'anima di Tacchini e il suo heritage, ripercorrendo anche la storia che lo ha reso il marchio che è oggi.

Qual è la cifra stilistica di Tacchini? Il Dna di Tacchini si costruisce intorno alla qualità artigianale della produzione, alla sostenibilità e alle collaborazioni. Questi valori, uniti al controllo delle materie prime, ci hanno contraddistinti fin da subito e ci permettono ancora oggi di essere apprezzati in tutto il mondo. Il marchio poi – la sua storia, ma anche il racconto della sua estetica – ha sempre intrattenuto un rapporto speciale con il mondo dell'architettura, che accompagna e valorizza tutti i nostri design.

Stile Tacchini

Coniugare tradizione artigianale, estetica e collaborazioni d'autore: intervista con la Ceo e Art director dello storico marchio italiano di design. di Alessia Delisi


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Come si adatta un'icona al vivere attuale? La consapevolezza del nostro patrimonio e uno sguardo deciso verso il futuro sono gli elementi che ci permettono di mantenere l'integrità dei progetti originali. Oggi Tacchini adatta i disegni storici alla produzione contemporanea, rinnovando i prodotti nei materiali e nelle tecniche realizzative per renderli un esempio di manifattura artigianale all'avanguardia. Quanto conta la dimensione narrativa nell'universo del design? Uno dei punti di forza dell'azienda è sicuramente la realizzazione di oggetti che siano in grado di raccontare una storia e soprattutto il valore dell'artigianalità italiana. Lo è stato fin dall'inizio e continua a esserlo ancora oggi. Crediamo fortemente che dietro i prodotti ci sia un progetto più ampio e abbiamo il compito di diffondere il valore di questa progettualità, concentrando la narrazione sul processo produttivo e sull'attenzione alla qualità. Per il lancio della nuova riedizione del divano Le Mura, ad esempio, ho deciso di coinvolgere il duo di designer Formafantasma e la critica d'arte Cristiana Perrella nel progetto espositivo Cinema Tacchini. L'allestimento voleva sottolineare

del design. Gli arredi Tacchini sono realizzati nell'area della Brianza: tutti

la natura modulare e versatile del divano e

i materiali e i semilavorati provengono da una zona di circa 50 chilome-

al tempo stesso offrire un luogo immersivo

tri intorno allo stabilimento e questo consente anche di ridurre al minimo

dove il design si espandeva in un'esperien-

l'inquinamento e il consumo di energia derivanti dal loro trasporto. Il no-

za multisensoriale.

stro obiettivo è quello di essere in grado di ridurre il consumo di risorse

Quali sono i vostri mercati di riferimento?

non rinnovabili, minimizzare gli sprechi e creare prodotti durevoli. Credo

Nel corso di questi anni abbiamo costruito

fermamente che il futuro di Tacchini sia nella sensibilizzazione ambientale

una rete di relazioni rilevanti che ha dato

attraverso la trasformazione della filiera artigianale in un'ottica sostenibi-

alla nostra distribuzione un assetto capilla-

le, senza prendere scorciatoie che compromettano la qualità dei prodotti.

re. Lo showroom aziendale è a Seveso; qui

Quali altri nuovi progetti sono in arrivo?

accogliamo architetti, progettisti e clien-

Per costruire il futuro è necessario avere uno sguardo al passato e so-

ti per il contract e le grandi forniture, che

prattutto la consapevolezza della nostra storia e dei valori che hanno ac-

costituiscono l'80 per cento del nostro giro

compagnato il marchio sin dalla sua fondazione. Sicuramente il contract è

d'affari in continua crescita. Abbiamo cin-

stato fondamentale fino a oggi e continuerà a esserlo, ma grazie al lavoro

que agenti in Italia, dove contiamo 280 ri-

svolto negli ultimi anni anche la linea di mobili per gli ambienti domestici sta

venditori. Venti agenti sono all'estero, dove

portando grandi risultati. La nostra volontà è di confermare questi risultati

si annoverano 1985 clienti.

positivi anno dopo anno e di focalizzare il nostro impegno nella diffusione

La sostenibilità è la sfida del futuro. Cosa

del nuovo “linguaggio” Tacchini, costruito sulla sinergia fra tradizione, inno-

vuol dire per Tacchini produrre in modo

vazione tecnologica e design. Il tutto senza dimenticare la nostra respon-

ecologico? Da quando è stata fondata da

sabilità, in quanto azienda, di contribuire a un nuovo approccio ecologico,

mio padre nel 1967, l'azienda sostiene la

promuovendo l'utilizzo di materiali riciclati e facendo conoscere le infinite

politica del “chilometro zero” nel settore

possibilità green che abbiamo a disposizione.


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