PERCORSO DIDATTICO EDUCATIVO SUL TEMA DEL CIBO
“Mangiare e sapere” La cultura del cibo/Il cibo della cultura L’uomo é l’unico animale che non consuma il cibo come gli si presenta in natura, ma al contrario lo modifica, lo trasforma a seconda delle sue esigenze, delle sue preferenze, della sua identitá. Ecco che allora il cibo da elemento della natura diventa elemento della cultura in quanto inventa e trasforma il mondo. Un piatto di spaghetti al pomodoro non é solo un cibo, ma é il simbolo dell’identitá culturale di un paese. E’ l’unione tra la tecnologia produttiva di un alimento nata nella Sicilia Araba unita ad un prodotto americano importato in Europa dai conquistatori spagnoli. “Il cibo é cultura quando si produce, perché l’uomo ambisce a creare il proprio cibo, il cibo é cultura quando si prepara, perché una volta acquisiti i prodotti base della sua alimentazione l’uomo li trasforma mediante la sua tecnologia, il cibo é cultura quando si consuma perché l’uomo lo sceglie con criteri legati sia alla dimensione nutrizionale, sia a valori simbolici”. E’ necessario educare all’alimentazione per acquisire l’idea di un consumo consapevole finalizzato al miglioramento dello stile di vita. (Massimo Montanari “ Il cibo come cultura”)
1- IN PRINCIPIO FURONO I CEREALI
L’istallazione grezza ed essenziale, realizzata con cassette da frutta, rappresenta la fase primordiale dell’alimentazione umana, subito dopo l’invenzione dell’agricoltura e la diffusione della pratica dell’allevamento avvenute in epoca Neolitica. Ai cereali sono state associate un ulivo e una vite, trinità agricola che caratterizza l’area mediterranea. “Ovunque nel Mediterraneo si ritrova la medesima trinità, figlia del clima e della storia, il grano, l’olivo, la vite, la vittoria degli uomini sull’ambiente fisico.” (Fernand Braudel) L’uomo in origine sviluppò una dieta prevalentemente cerealicola (orzo e frumento), con integrazioni di leguminose e ortaggi. Tra il V e il III millennio a. c. presero corpo alcuni archetipi alimentari e alcune associazioni di alimenti destinati a rappresentare il modello generalizzato dell’alimentazione umana. Del pane, del vino (birra e sakè), dell’olio (capisaldi di quella che sarà definita la dieta mediterranea) si hanno testimonianze inequivocabili a partire dal III millennio, cosa che ci induce a pensare che i processi tecnici per la loro produzione fossero stati elaborati durante i millenni precedenti. Nello stesso arco di tempo, in luoghi tra loro molto distanti, si andò definendo l’associazione dei cereali con i legumi ( e con la carne di maiale): l’orzo (o il frumento) con le lenticchie (o le fave) tra la Mezzaluna fertile e il
Mediterraneo; il miglio e il riso con la soia nelle regioni dell’Estremo oriente; sugli altopiani centro-americani il mais con i fagioli. Anche nel corso dell’Età del Bronzo, fino al periodo aureo greco e a tutta l’epoca monarchica romana, la dieta fu prevalentemente vegetale, con la dominante dei cereali e dei legumi, dei bulbi ( agli e cipolle), dei fichi ( anche secchi) e delle olive. Piccole quantità di grasso animali, di formaggio e di pesce salato o sotto aceto garantivano un minimo apporto proteico. Le carni bovine e i tagli scelti degli ovini e dei suini erano destinate ai benestanti. ( Tratto da: Dire fare gustare. Percorsi di educazione del gusto nella scuola
Nistri Rossano, 1998, Slow Food )
Le piante coprono più dell'80% della dieta umana! Questo il «lavoro» che svolgono le piante nell’ambito della nostra alimentazione. Una trentina di colture soddisfano il 95% del fabbisogno energetico alimentare umano e solo cinque di esse - riso, grano, mais, miglio e sorgo - ne forniscono il 60%. Eppure, più di 7.000 specie di piante sono state raccolte e coltivate da quando l'uomo ha imparato a farlo molti millenni fa. E nel mondo esistono ben trentamila specie commestibili di piante terrestri. "Gli effetti del cambiamento climatico faranno ridurre la produttività agricola, la stabilità e il reddito in molte zone che già soffrono di alti livelli d'insicurezza alimentare", mettendo a rischio molte piante e molti alimenti, a volte indispensabili per alcune piccole comunità. 2- CIBI IN ESTINZIONE
Il pannello, realizzato con sacchi di juta riciclati, rappresenta alcuni cibi a rischio di estinzione, fotografati da Oliviero Toscani. Esistono degli alimenti che sono in via d’estinzione. La perdita della biodiversità coinvolge infatti sia specie animale che vegetali, ed è uno dei motivi per cui il tema scelto per Expo 2015 riguarda proprio l’alimentazione. Ancora una volta lo stile di vita dell’uomo (nei Paesi sviluppati) unitamente ai cambiamenti climatici, che poi sono strettamente connessi al nostro stile di vita, stanno influenzando e modificando la biodiversità del pianeta e questa volta ad andarci di mezzo sono le varietà di cibo che mangiamo! Secondo la FAO – Food and Agriculture Organization- infatti, dagli inizi del ‘900 circa il 75% delle risorse genetiche vegetali del pianeta sono scomparse e un altro terzo della biodiversità vegetale potrebbe andare perduto entro il 2050. Molti studiosi prevedono anche che nel giro di 30-40 anni le risorse alimentari del pianeta non saranno più sufficienti a soddisfare il fabbisogno mondiale, a causa anche del previsto aumento della popolazione. In particolare, si prevede che il progressivo riscaldamento globale minaccerà le specie vegetali che attualmente sono coltivate solo in alcuni Paesi del mondo e che sono poco resistenti alle alte temperature. Quindi, quali alimenti dovremo iniziare a consumare con parsimonia? Ad esempio il pesce, o meglio alcune specie di pesci, come i salmoni e le trote la cui sopravvivenza dipende dalle acque fredde di fiumi e torrenti. Anche alcune specie oceaniche però sono a rischio perché molto sensibili alle variazioni di temperatura, lo dimostrano le migrazioni verso mari più caldi e la diminuzione della crescita (fino al 25% più piccoli). Anche il cioccolato è un alimento a rischio d’estinzione! Il motivo è da ricercarsi nella coltivazione della pianta di cacao che principalmente è in Ghana e Costa d’Avorio. L’aumento della temperatura di queste regioni sta infatti influenzando la
crescita del cacao, ingrediente principale del cioccolato, la cui produzione diminuirà notevolmente entro il 2030. Anche la produzione di pane sta vedendo un grosso calo a causa di siccità e disastri naturali: secondo gli esperti nei prossimi 20 anni il prezzo del pane è destinato ad aumentare del 90% a causa della bassa produzione di cereali. Il miele è un altro alimento minacciato dal riscaldamento globale e dallo stile di vita dell’uomo, e il motivo è il rischio d’estinzione delle api. I cambiamenti climatici, i pesticidi e l’inquinamento stanno seriamente minando l’esistenza di questi preziosi insetti e di conseguenza dell’enorme biodiversità che deriva dal loro lavoro di impollinazione. Dunque è a rischio la produzione di miele in primis, ma anche quella di molte altre colture quali ad esempio ciliegie, agrumi, zucchine, pomodori e kiwi. Alcune specie vegetali sono più sensibili di quanto immaginiamo, un esempio è il caffè per cui un aumento di mezzo grado della temperatura, può influire negativamente sul suo raccolto in tutto il mondo. Tra il 2002 e il 2011, la produzione di caffè in India è diminuita del 30% a causa delle abbondanti piogge. Questi sono i principali alimenti a rischio, ma la buona notizia è che esistono molte altre piante resistenti alla siccità che rappresentano un’ottima fonte di nutrienti, minerali e vitamine. Si tratta di varietà di semi e cereali che non siamo abituati a consumare ma che probabilmente dovremo riscoprire, come ad esempio l’amaranto, la quinoa , il teff o fonio (quest’ultimi tipici del’Eritrea ed Etiopia). Dunque il tema dell’alimentazione è un argomento molto serio e delicato a cui sono legate più problematiche.
(Fonti: Slow Food, Food Tank, Fao)
3- SLOW FOOD CONTRO FAST FOOD
Il pannello, realizzato con pallet riciclati e colorati disposti in modo tale da ricreare uno ‘stazzo’ *(recinto all’aperto dove si raccoglie il bestiame durante la notte: “i miei pastori / lascian gli stazzi e vanno verso il mare “(D’ANNUNZIO), luogo primordiale della tradizione pastorale e agricola, mostra alcuni Presidi Slow Food del mondo e dell’Italia. L’idea è quella di suscitare in chi guarda la sensazione di semplicità e di genuinità del cibo, nel rispetto delle tradizioni e delle colture locali. (*Lat. statĭo, ‘sosta, fermata’, deriv. di stāre ‘stare’) Slow non è uno slogan che è sufficiente attaccare in vetrina, ma è un approccio complessivo al cibo e alla vita, agli antipodi di un'omologazione rappresentata da migliaia di ristoranti uguali in tutto il mondo. Viva la diversità alimentare ! CHE COS’È SLOW FOOD Slow Food è una grande associazione internazionale no profit impegnata a ridare il giusto valore al cibo, nel rispetto di chi produce, in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi di cui sono custodi territori e tradizioni locali. Ogni giorno Slow Food lavora in 150 Paesi per promuovere un’alimentazione buona, pulita e giusta per tutti. Oggi Slow Food conta su una fitta rete di sostenitori in tutto il mondo grazie ai quali e con i quali:
Difende il cibo vero Un cibo che cessa di essere merce e fonte di profitto, per rispettare chi produce, l’ambiente e il palato!
Promuove il diritto al piacere per tutti Con eventi che favoriscono l’incontro, il dialogo, la gioia di stare insieme. Perché dare il giusto valore al cibo, vuol dire anche dare la giusta importanza al piacere, imparando a godere della diversità delle ricette e dei sapori, a riconoscere la varietà dei luoghi di produzione e degli artefici, a rispettare i ritmi delle stagioni e del convivio.
Ci prepara al futuro Che ha bisogno di terreni fertili, specie vegetali e animali, meno sprechi e più biodiversità, meno cemento e più bellezza. Conoscere il cibo che si porta in casa, può aiutare il pianeta. Ecco perché Slow Food coinvolge scuole e famiglie in attività ludico didattiche, tra cui gli orti nelle scuole e i 10.000 orti in Africa.
Valorizza la cultura gastronomica Per andare oltre la ricetta, perché mangiare è molto più che alimentarsi e dietro il cibo ci sono produttori, territori, emozioni e piacere.
Favorisce la biodiversità e un’agricoltura equa e sostenibile Dando valore all’agricoltura di piccola scala e ai trasformatori artigiani attraverso il progetto dei Presìdi Slow Food, e proteggendo i prodotti a rischio di estinzione con l’Arca del Gusto.
“Il cibo è il nostro legame più profondo con il mondo esterno, con la Natura: mangiare ci rende parte di un sistema complesso che gli antichi descrivevano come il “respiro della Terra”. L’uomo si è convinto di essere fuori dal ciclo della naturale, di poter disporre della Natura a suo piacimento e di poter produrre qualsiasi cosa in ogni momento dell’anno. Il cibo dunque si è trasformato da elemento vitale, identitario, da miracolo della natura che si trasforma in cultura, in prodotto come gli altri che risponde a tutte le leggi del consumismo: da quelle di mercato a quelle dello spreco.” (Carlo Petrini) 4-TERRA MADRE
La comunità del cibo
Spazio video realizzato con stuoie in cannucce, sacchi riciclati e cassette da frutta colorate.
“C’è terra e terra. C’è la terra-merce, da cui risucchiare brutalmente ogni linfa per ingrassare gli utili, in barba al rispetto dei suoi cicli biologici, e poi abbandonarla “perché non serve a niente”. E c’è la terra coltivata con rispetto, perché è una “madre” nei cui solchi affondano non solo semi e bulbi ma anche le radici stesse della vita umana. Senza agricoltura non c’è umanità” (Papa Francesco)
Terra Madre riunisce tutti coloro che fanno parte della filiera alimentare e vogliono difendere l’agricoltura, la pesca e l’allevamento sostenibili, per preservare il gusto e la biodiversità del cibo. Terra Madre è una alleanza tra chi produce il cibo e chi lo mangia: tra tutti coloro che nel mondo riconoscono il grande valore politico, economico e culturale del cibo. Terra Madre è una comunità del cibo che si batte per un rapporto vitale tra Terra e gli uomini, è un nuovo soggetto politico, interconnesso e attivo ovunque, per contrastare lo strapotere dell’agro-business internazionale. Le comunità del cibo possono riequilibrare il rapporto tra l’uomo e la terra, trasformare l’atto di consumo in una scelta innovatrice, grazie alla quale il consumatore, diventato co-produttore, si prodiga per un sistema in cui ogni comunità locale ha diritto alla propria sovranità alimentare.
Terra Madre favorisce le produzioni locali, quelle produzioni che scelgono di coltivare o allevare varietà vegetali e razze il più possibile autoctone , quelle cioè che
nel corso del tempo hanno avuto modo di adattarsi alle condizioni geomorfologiche e climatiche dei terreni e continuano ad evolversi in armonia con il luogo e le popolazioni che lo abitano. Queste specie, più resistenti per via della loro storia di adattamento, non avranno bisogno del supporto di sostanze o alimenti esterni come fitofarmaci, fertilizzanti chimici, antiparassitari o antibiotici. La produzione locale favorisce anche il mantenimento delle tradizioni agricole e dei saperi legati a questo tipo di agricoltura. I prodotti locali infatti crescono meglio se allevati nel solco della tradizione. I prodotti locali, infatti, crescono meglio se allevati nel solco della tradizione, seguendo quello spirito evolutivo che coniuga natura e mano dell’uomo, senza stravolgere il tipo di agricoltura praticato per secoli. Anche le tradizioni culinarie ne guadagneranno, perché la produzione locale è naturalmente predisposta ad ottenere i migliori risultati nella trasformazione dei prodotti secondo le usanze locali.
VIDEO :GENTE DI TERRA MADRE Il Video racconta di pastori, contadini, pescatori, cuochi, studiosi arrivati a Torino da ogni parte del mondo per incontrarsi e scambiare idee e proposte, in occasione di Terra Madre 2008, evento che ha riunito più di 1600 comunità del cibo provenienti da 150 Paesi. Il filmato testimonia la dimensione di una rete mondiale che opera ogni giorno, in ogni luogo, per lo sviluppo di un sistema globale del cibo fondato sulla biodiversità e rispettoso dell’ambiente e delle culture locali. (Tratto da:Terra Madre: Come non farci mangiare dal cibo, Carlo Pedrini, 2010, Giunti Editore)
5- COSA MANGIA IL MONDO
Hungry Planet: What the World Eats Pannello di compensato con nicchie in juta , ogni nicchia contiene l’immagine delle abitudini alimentari di un paese a cui è stato associato un prodotto alimentare tipico. Cosa mangia una famiglia giapponese? Quanto spende per nutrirsi? E in Buthan mangiano come noi? E in Messico qual è l’alimento tradizionale? Scopriamo il mondo attraverso il cibo. In Hungry Planet: What the World Eats, Peter Menzel e Faith D’ Aluisio, entrando nelle cucine di 30 famiglie provenienti da 24 paesi ed etnie diverse, presentano uno studio fotografico che esplora l’attività sociale più antica e basilare dell’umanità: l’alimentazione. La mostra fotografica che ritrae le varie famiglie all’interno delle proprie cucine con il cibo necessario al loro sostentamento settimanale, attraverso le immagini assume la forma provocatoria di un’indagine volta a materializzare l’assenza d’equità all’interno della società umana, a dimostrazione di come tuttora il nutrimento e la salute dipendano strettamente dalle condizioni economiche e politiche prevalenti nelle diverse aree geografiche del mondo. Attraverso il confronto tra le diverse abitudini alimentari ci rendiamo conto delle differenze abissali che separano le famiglie del nord del mondo dalle famiglie del sud del mondo. Spesso, la differenza maggiore la fa la somma che si può spendere per il cibo! Notiamo che più si va al nord o in occidente, passando dall'Europa all'America e poi fino al Giappone, più la somma spesa per il cibo aumenta, mentre le persone in famiglia diminuiscono.
Come si vede, non solo il cibo cambia a seconda del paese. Ma, soprattutto, cambia la quantità di cibo che le persone hanno a disposizione: spostandoci dal nord del mondo a sud, si passa dall'abbondanza dell’Europa e degli Stati Uniti, alla scarsità di molte regioni dell'Africa e alla sussistenza di alcuni Paesi del Centro e Sudamerica. Osservando attentamente, si nota che la dieta dei diversi paesi è determinata da forze incontrollabili, come la povertà, i conflitti, la globalizzazione Così da diete tradizionali, a base di materie prime ancora non lavorate, come i cereali, tipiche dei Paesi più poveri, si passa ai regimi alimentari dei Paesi più ricchi, che si compongono di cibi prodotti su scala industriale mondiale. Da ciò scaturisce la considerazione che spesso le persone costrette a diete povere dal punto di vista economico si nutrono di cibi più salutari rispetto alle famiglie che potrebbero permettersi cibi freschi e che invece scelgono alimenti trasformati, confezionati e una dieta povera di frutta e verdura. Questa cattiva alimentazione mette i paesi industrializzati a rischio di malattie del benessere come il cancro, il diabete la depressione e i disagi cardiaci.
6- PER ME IL CIBO È… A conclusione del percorso ti chiediamo di esprimere la tua idea sul cibo, può essere un pensiero, uno slogan, un disegno…
Per me il cibo è…