Iniziativa patrocinata dall’Ateneo FEDERICO II
Anno II - Numero VII Febbraio-Marzo 2010 Testata registrata al Tribunale di Napoli n. 99 del 22-12-08
L’eco di Cassandra n° VIII anno II
Direttore Responsabile: Lorenzo Crea
Indice
Fondatori:
News Echi dall’Ateneo : San Carlo per i giovani
Leonarda Di Meo Giancarlo Marino Mara Russo
A tu per tu: con Alessandro Baricco Dossier: L’ombra sul Novecento
Impaginazione e Gestione sito web: Alessandra Marziale
Lettere in…chiostro: Recensioni Libri
Redattori:
Dietro lo schermo: Cinema e Tv Arte in scena: Teatro
Ilena Ambrosio; Simona Bonetti; Lavinia M. Caradonna; Antonio Cristiano; Fabrizio De Rosa, Mirella De Sisto; Giovy De Vita; Eduardo Di Pietro, Serena Di Vito; Matteo Dell'Aria; Giovanni Di Benedetto; Jundra Elce; Giulia Esposito; Sabrina Gamella, Antonella Giacomaniello; Simona Grieco; Sara Imbriani; Annamaria Iodice; Fiorina Izzo; Maurizio Esposito La Rossa; Francesco Lobefalo; Enrica Mossetti; Angela Marino; Alessandra Marziale; Andrea Panico; Giovanni Schiavone; Gabriele Stasino; Allegra Taglialatela; Vincenzo Vezzi.
Il giardino di Epicuro: Riflessioni Eventi
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L’eco di Cassandra n° VIII anno II
A tu per tu con Presentazione del libro “L'uomo verticale” di Davide Longo
Oggi lei ci presenta il libro “L'uomo verticale” di Davide Longo, chi è costui ? Davide Longo è uno scrittore al suo terzo romanzo, mio ex allievo, anche lui piemontese che ha già pubblicato due libri “Un mattino Engalen”e “Mangiatore di pietre” Che significa il titolo ? E' un modo di dire spagnolo e significa un uomo tutto di un pezzo, una persona coraggiosa e audace. Leonardo (il protagonista del libro nda) non sembra potersi identificarsi in questa apostrofazione. Egli è un intellettuale appartato, evita la violenza, è un mite, ricorda molto l'inetto di Svevo, apparentemente è la vittima predestinata E invece ? E invece, come Zeno Cosini, la sua inettitudine lo rende vincente. In tale libro è ben manifesto il coraggio nella passività. Che cosa le è piaciuto del libro ? Oltre al fatto che Davide scrive bene, ciò che mi ha entusiasmato è la velocità del libro. In un primo momento è composto, lento, ti induce alla riflessione, nella seconda parte è forsennata, dinamica. Inoltre si nota il gusto per la metafora in un scritto prosaico e la ricchezza d'immagini che si sovrappongono ai dialoghi. Il libro a quale genere può essere ascritto ? E' una via di mezzo tra il saggio politico e il genere apocalittico che ha grande successo in America, basta pensare a Corman McCarthy. L'opera è ambientata in un futuro italiano non identificato completamento sfaldato, in cui tutto anche i rapporti umani si sono rotti, è sempre inverno ma poi quando si dialoga o si ricorda la scrittura diventa amara e feroce. L'unica cosa che può rinsaldare tutto in questo ambiente gelido è un piccolissimo fuoco alimentato continuamente dai bambini. Andrea Panico
Alessandro Baricco (Torino 1958-) è un noto scrittore, critico e regista italiano. S'impone alla critica e al pubblico italiano fin dai primi anni '90 con romanzi “Castelli di rabbia”(1991), “Oceano mare”(1993),”Seta”(1996),”City”(1999) e “Senza sangue”(2002) scatenando le più disparate critiche tra estimatori (Fernanda Pivano) e detrattori (Giulio Ferroni). Giunge al trionfo con “Novecento. Un monologo”(1994) da cui vengono tratte una pièce teatrale con Arnoldo Foà e la sceneggiatura per il film di Giuseppe Tornatore “La leggenda del pianista sull'oceano”(1998). Tra i suoi ultimi lavori il libro “I barbari”(2008) e il film “Lezione 21”(2008). “Davide Longo, tra le voci più importanti della nuova narrativa, scrive un romanzo sul nostro paese senza mai nominarlo, un luogo dove l'odio comanda, unisce e divide gli uomini ridotti a distruggersi e umiliarsi per sopravvivere”
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"Tutto ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale. “ Hegel La sofferenza è dunque razionale?
Quest’articolo non vuole partito, né colore, né bandiera Nella volontà di renderlo tale si è solo rincorsi una chimera, di fatti, ben presto si fa strada una prima ed importante soggettivizzazione operata già nella scelta dei brani da considerare. Si arriva così alla conclusione che chi scrive non è una penna bensì un pensiero che prepotente si fa inchiostro.
La penna di chi l’ha scritto seguirà il filo rosso immaginario di due libri divertendosi ad intrecciarlo e intersecarlo, sono libri scritti a non molti anni di distanza tra loro e da noi: “Se questo è un uomo” di Primo Levi e “Tutto scorre…” di Vasilij Grossman. Se non si hanno dubbi sulle tematiche del primo, probabilmente ai molti il secondo potrebbe destare qualche perplessità maggiore. Il Grossman scrisse “Tutto scorre…” tra il 1955 e il 1963, considerato il suo testamento, ha un duplice obiettivo: da un lato sottolineare la tortura della vita nei campi e dall’altro sottolineare la più sottile tortura di quanti ritornano e riconoscono la bassezza e il terrore negli occhi dei conoscenti e soprattutto il vero ruolo di Lenin e del suo spregio della libertà nella costruzione del mondo sovietico. “Per qualche ora possiamo essere infelici alla maniera degli uomini liberi. Strano, in qualche giorno, si ha sempre l’impressione di essere fortunati, che una qualche circostanza, magari infinitesima, ci trattenga sull’orlo della disperazione e ci conceda di vivere. Chi è colpevole, chi pagherà… Bisogna riflettere, non bisogna affrettarsi a rispondere. Come comportarsi con gli assassini delatori? Ma aspettiamo ancora, riflettiamo; non emetteremo la sentenza senza aver prima ponderato. Lui adempiva il suo dovere, non attuava vendette. Chi sottoporre al processo? La natura dell’uomo! È lei a generare questi cumuli di menzogna, di obiezioni, di vigliaccheria, di debolezza. Noi non crediamo alla più ovvia e facile deduzione: che l’uomo sia fondamentalmente brutale, egoista e stolto come si comporta quando ogni sovrastruttura civile sia tolta, e che lo Haftling non sia dunque che l’uomo senza inibizione. Noi pensiamo piuttosto che null’altro si può concludere, se non che di fronte al bisogno e al disagio fisico, assillanti, molte consuetudini e molti istinti sociali sono ridotti al silenzio. Tutta la sua vita era stato un unico grande atto di obbedienza, non una volta che avesse disobbedito. Ed ecco
L’eco di Cassandra n° VIII anno II adesso che ricordava che un dubbio c’era. Lui aveva solo finto che non ci fosse. Il fatto è che, fosse pure convinto dell’innocenza di Bucharin, avrebbe comunque votato per la sua condanna a morte. Gli era più comodo non avere dubbi e votare. Quando piove si vorrebbe poter piangere. È novembre, piove da dieci giorni, e la terra è come il fondo di una palude. Ogni cosa di legno ha odore di funghi. Se potessi farei dieci passi a sinistra, c’è la tettoia sarei al riparo; mi basterebbe anche un sacco per coprirmi le spalle, o solamente la speranza di un fuoco dove asciugarmi; o magari un cencio asciutto da mettermi tra la camicia e la schiena. Ci penso, fra un colpo di pala e l’altro, e credo proprio che avere un cencio asciutto sarebbe felicità positiva. Da stamattina siamo confitti nella melma, a gambe larghe senza muovere i piedi dalle due buche che si sono scavati nel terreno vischioso; oscillando sulle anche a ogni colpo di pala. Ti avevo chiesto come avevano potuto, i tedeschi, nelle camere a gas, uccidere i bambini ebrei. Come potevano vivere, dopo questo? Quasi che gli uomini, e Dio, non li avrebbero giudicati. E tu dicesti: -Uno è il castigo del carnefice: lui, che non considera la sua vittima un uomo, cessa di essere uomo lui stesso; egli uccide l’uomo che è in lui, è il suo proprio carnefice; la vittima, invece, resterà un uomo nei secoli, per quanto tu lo distruggaLa neve si era ormai sciolta quando gli uomini cominciarono a gonfiare,era sopraggiunto l’edema da fame. Ora io ti chiedo: come ha potuto accadere tutto questo?”.
Se leggendo l’articolo non siete riusciti a scindere le parti che appartenevano ad un testo o all’altro vuol dire che la sofferenza, da che punto di vista si guardi, non è ammissibile in nessuna società civile. C’è da fare una precisazione che lo stesso Levi sottolinea nell’Appendice del 1976 all’edizione scolastica di “Se questo è un uomo”, di fatti, il Levi indica “La sostanziale differenza tra i campi di concentramento tedeschi e russi: i campi sovietici non sono luoghi in cui il soggiorno è gradevole ma la morte dei prigionieri non era espressamente ricercata, era certo un incidente assai frequente, tollerato con brutale indifferenza, ma sostanzialmente non voluto e dovuto alla fame. Nel lugubre confronto tra due modelli di inferno bisogna aggiungere che nei lager tedeschi, in generale si entrava per non uscirne: non era previsto alcun termine altro che la morte. Per contro nei campi sovietici un termine, seppur lungo, è sempre esistito. I campi di concentramento sovietici rimangono pur sempre una manifestazione deplorevole di illegalità e di disumanità. Non hanno nulla a che fare con il socialismo. È facile rappresentarsi un socialismo senza Lager: in molte parti del mondo è stato realizzato. Un nazismo senza Lager invece non è pensabile”. Jundra Elce
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Da un po' di tempo in Facoltà si aggirano graziose signorine in tailleur verde che distribuiscono brochure, figure che invitano a visitare il nuovo teatro San Carlo, completamente tirato a lucido, dopo i lavori fatti tra il 2009 ed il 2010. Il San Carlo viene in Facoltà per attirare i giovani che, si sa, sono poco inclini all'opera e ai balletti. Ma quest'anno il vecchio Mozart della locandina indossa i blue jeans e per i minori di trent'anni ci sono tantissime opportunità di risparmio. Pagare di meno è un incentivo per avvicinare i giovani all'opera e per farli innamorare della musica classica. Il teatro mette a disposizione delle formule davvero convenienti: le Card speciali con cui ognuno può “comporre la propria stagione”. Già, perché con una formula di soli 70,00 euro si può assistere ad un opera e a ben quattro concerti, e con soli 40,00 euro, invece, si ha diritto ad assistere a 4 concerti. La stagione lirica è ricchissima, e si ha veramente l'imbarazzo della scelta. Si va da Maria Stuarda alla Traviata, passando per La Vedova Allegra. E ancora più ricca è la stagione sinfonica. Insomma, dopo un'opera di restauro durata due anni e circa 65 milioni spesi per renderlo all'avanguardia (è stato ristrutturato proprio tutto: dal palco ai camerini), vale davvero la pena farci un salto e provare l'emozione dell'opera in uno dei più antichi teatri d'Europa. E per essere davvero all'avanguardia il teatro San Carlo non poteva mancare su facebook, altro tentativo di attirare le giovani masse nei suoi spazi rinnovati che aspettano solo pubblico giovane. Francesca Bianco
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Inchiostro Libri
Nell’ambito della settimana dedicata alle donne, in occasione dell’8 marzo, alla Soprintendenza Archivistica per la Campania è stato presentato il volume sesto della collana Archivio per la storia delle donne, edito da Il pozzo di Giacobbe e a cura di Adriana Valerio, della Fondazione P. Valerio. Tema dell’incontro: La monacazione forzata. Fonti e archivi per la storia delle donne. Gli archivi sono “luoghi vivi”-sottolinea Adriana Valerio “nel senso che è qui che si possono trovare i documenti primari che danno poi il via alle ulteriori indagini” ad esempio, certificati di nascita o di battesimo. Spesso, poi, affiorano notizie documentarie circa le donne e le loro attività, così da ribaltare l’idea di un loro ruolo marginale. In virtù di questa posizione subalterna, le donne non hanno potuto scegliere liberamente il proprio futuro e, pertanto, sono state costrette spesso alla monacazione. In realtà è proprio nei luoghi sacri a loro deputati, che le donne hanno espresso le loro potenzialità e conoscenze: il monastero era non solo luogo di fede ma anche di committenza artistica, di cultura e di potere e dalle indagini su oltre 120 monasteri napoletani, si è evinto che essi possedevano una sala teatro (lo dimostra, ad esempio, il fatto che erano il sito per eccellenza delle feste del potere angioino). Numerosi poi gli esempi letterari del monacarsi delle donne, non per libera scelta, al di là del famosissimo esempio manzoniano di Gertrude, come ha
sottolineato Giuseppina Scognamiglio, docente di Letteratura teatrale italiana: dal Gianbattista Pergolese di Francesco Mastriani (amore contrastato con Maria Spinelli, fanciulla napoletana di buona famiglia, costretta nel 1834 a monacarsi), al Ferdinando di Annibale Ruccello (in cui c’è un rapporto intimo tra il sacerdote don Catellino e la donna borbonica, Clotilde), e già ne La tirannia domestica, ovvero la Rachele, romanzo del 1793 di Pietro Napoli Signorelli e fonte - afferma la docente - di Manzoni per la sua Gertrude. Tantissimi altri esempi si potrebbero addurre, tra questi Le religiose alla moda di Dalbono (1768) o ancora Diderot ed Enrichetta Caracciolo. Nell’occasione è stato letto un passo da Ecce Virgo, testo teatrale di Angela di Maso, da lei interpretato con Arnolfo Petri. Moderatrice dell’incontro, la Soprintendente archivistica Maria Luisa Storchi. Fiorina Izzo
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Inchiostro Libri
un romanzo di Lara Kant Narrata in prima persona quasi come un diario, La barca senza porto è una storia particolare ispirata alla tragica esperienza di Emma, una ragazza che Lara Kant incontrò durante uno dei suoi viaggi e che le fece sorprendenti dichiarazioni. L’autrice presenta le vicende per poi lasciare la parola alla protagonista, alternando dialogo e voce narrante, senza che il lettore ne percepisca il passaggio repentino. Così il romanzo si addentra, a mano a mano, nella vita privata di una fragile bambina di un orfanotrofio, ritraendola nel suo diventar donna prematuramente, quando soffre e si rialza, quando parte e poi ritorna. La parte più cruda della vita di Emma viene raccontata in modo dettagliato e raccapricciante: a 13 anni, venne stuprata dal padre di una sua amica, una violenza che, in principio, la ragazzina identifica come un tentativo di omicidio, e che, poi, la fa precipitare in un gravissimo stato di anoressia. Quando tutto sembrava finito, accade qualcosa di prodigioso che spinge quella mente passiva e affranta a reagire e ad intraprendere una dura e lunga lotta contro la morte. Con un’insolita forza di
volontà, Emma riesce a salvarsi, dimostrando come sia possibile risollevarsi anche dalle tenebre più oscure del dolore per ritrovare il sorriso e la voglia di vivere. Racconto struggente e a tratti commovente mette in risalto i lati oscuri del destino, mostrando, da un lato, la sofferenza umana in tutta la sua tragicità, dall’altro, la possibilità di riscatto anche in fin di vita.
Antonella Anna Giacomaniello
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Nel corso delle lezioni, gli studenti del Master di II livello in “Letteratura, scrittura e critica teatrale” incontrano artisti, autori, registi e attori teatrali e, dopo Ernesto Maiheux e le sorelle Rondinella, è la volta di Eduardo Tartaglia, che da qualche tempo, parallelamente agli impegni teatrali, è alle prese con il cinema. Infatti, dal 12 marzo è uscito in 150 copie in tutta Italia, prodotto da
Medusa, La valigia sul letto. Anche questo terzo lavoro cinematografico del Tartaglia, vede luce al teatro, in quanto trasposizione di un precedente lavoro teatrale. Il tutto nasce, dice Tartaglia, dalla osservazione della città, Napoli, che è «metafora di se stessa, in cui
vivono ed operano personaggi interessanti ed intriganti e, quindi, facili oggetti di scrittura». Comicità assoluta, teatrante se così si può dire, si innesta in un contesto sociale contemporaneo, tra crisi sentimentale ed economica della vita dei due protagonisti, Achille Lo Chiummo e sua moglie Brigida, che si ritrovano così al centro di mille disavventure: sfrattati, senza più una casa né un luogo sicuro in cui vivere, trovano riparo e “acquistano” come propria dimora un cantiere della metropolitana, ma poi si ritroveranno a scappare, cercando addirittura di cambiare identità grazie ad uno stratagemma (cancellare una lettera dal cognome del nonno), finendo poi per ritrovarsi parenti del boss pentito Antimo Lo Ciummo. Tuttavia, precisa il regista-attore, «La valigia sul letto non è un film sulla camorra e nemmeno sulla precarietà del lavoro degli ultimi anni. Volevo descrivere principalmente le reazioni, tipicamente napoletane, a questi due gravi problemi. Trovare una via di fuga originale ai problemi della vita è un classico della commedia napoletana». Ed inoltre, la
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napoletanità non deve divenire un ostacolo alla comunicazione bensì un valore aggiunto, ragion per cui egli in questo nuovo lavoro ha cercato di adottare un codice espressivo più consono al cinema, ben consapevole, infatti, che il limite dei due film precedenti era quello di «aver usato un modo di recitare e di narrare la vicenda tipico del teatro comico napoletano. Come attore cerco di migliorarmi ogni volta, anche per questo motivo coinvolgo professionisti talentuosi come Maurizio Casagrande e Veronica Mazza, due attori molto più bravi di me che mi spingono a dare sempre il massimo». Difficoltà ci sono state, come afferma la stessa Mazza (compagna di Tartaglia anche nella vita) «Interpretare
questo personaggio è stata una grande sfida: all’inizio mi spaventava molto perché Brigida sostiene il suo compagno anche di fronte all’evidenza dell’errore, perciò ho cercato di rendere le sue scelte simpatiche allo spettatore ma allo stesso tempo volevo che si rendessero conto che sono sbagliate e immorali». Nel cast oltre a Ernesto Mahieux, Peppe Miale, Nunzia Schiano e Marjo Berasategui (attrice spagnola ma napoletana d’adozione), anche Alena Seredova che «perfettamente inserita in un contesto di napoletani», veste i panni di un serial killer della camorra, giunta dell’Est per uccidere il pentito Antimo Lo Ciummo (Biagio Izzo), un ex capoclan narcisista e amante delle donne.
Fiorina Izzo
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L’ultimo lavoro del patriarca del cinema americano, Clint Eastwood, è un film che rivive la storica pagina del primo mondiale di rugby assegnato al Sudafrica, nel 1995, durante lo TITOLO ORIGINALE: stato di transizione successivo Invictus all’apartheid e poco dopo l'insediamento di Nelson Mandela GENERE: come presidente della nazione. Dramma, Biografico Tra gli interpreti Morgan Freeman, nel ruolo dell'ex ANNO DI PRODUZIONE: presidente del Sud Africa, e Matt 2009 Damon in quello di Francois Pienaar, capitano del team South Africa Springboks. NAZIONE: United States DISTRIBUZIONE: Warner Bros ANNO DI DISTRIBUZIONE: 2010 DATA DI USCITA: 26-02-2010 REGIA: Clint Eastwood CAST: Matt Damon (Francois Pienaar) Morgan Freeman (Nelson Mandela) Robert Hobbs
Il film, intitolato inizialmente The Human Factor, è stato ribattezzato Invictus, dal latino “Invincibile”, riferito ad un poema di William Earnest Henley del 1875, spesso citato da Mandela. La pellicola prende spunto, inoltre, dal libro di John Carlin intitolato Ama il tuo nemico. Mandela, leader della lotta contro le leggi razziali, uscito da poco di prigione, diventa presidente del Sudafrica grazie alle libere elezioni. Così anche il mondo dello sport viene coinvolto dall'evento: sulla scena internazionale ritornano gli Springboks, la nazionale sudafricana, bandita, ormai dagli anni '80, dai campi di tutto il mondo a causa dell'apartheid. In occasione della cerimonia di apertura del campionato mondiale, l'ingresso in campo del presidente Mandela, che indossa la verde maglia di jersey degli Springboks, segna un passo decisivo nel cammino verso la pace tra bianchi e neri. I critici hanno inserito questo film tra le opere meno personali del regista Eastwood, ma di grande respiro narrativo, censurando un insolito eccesso di retorica.
Antonella Anna Giacomaniello
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Da poco nelle sale è uscito il nuovo film diretto da Tim Burton Alice in Wonderland, che prende spunto dal romanzo di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie e dall’omonimo cartone prodotto dalla Walt Disney. Questa volta però Tim Burton ha scelto di presentare avvenimenti successivi a quelli già narrati. Infatti, a cadere nel buco del Bianconiglio è una Alice già adulta, che ormai si è dimenticato di quel mondo “delle meraviglie”. Il film si apre con una breve scena dove una Alice ancora bambina si sveglia nottetempo in preda ad un incubo ricorrente in cui, come dirà al padre, vede un bruco blu e tanti altri strani personaggi. Con un salto temporale, ritroviamo Alice (Mia Wasikowska) ormai diciannovenne che partecipa ad una festa dove riceverà una proposta di matrimonio da un lord inglese. Senza rispondere, presa dal panico, fugge in un bosco dove scorge un coniglio bianco, incuriosita inizierà a seguirlo. Ed è qui che Alice cade nuovamente nella tana del Bianconiglio, passaggio per quel mondo delle meraviglie che lei credeva un sogno. Una volta entrata
nel paese delle meraviglie, attraverso una piccolisima porta alla quale accederà rimpicciolendosi grazie ad una pozione, si trova davanti buffi personaggi che sostengono che lei è l’Alice sbagliata. Sono personaggi a noi già noti come il Bianconiglio, lo Stregatto ed il Cappellaio Matto (Jonny Deep) o il Brucaliffo. Alice è stata richiamata in quel mondo per un motivo ben preciso: è la prescelta per la lotta tra la Regina Rossa (Helena Bonham Carter) e la Regina Bianca (Anne Hathaway), il suo compito sarà quello di uccidere il Cicciarampa e liberare il paese delle meraviglie. Tim Burton è riuscito a dare l’idea di un mondo abbastanza inquietante, animato da personaggi particolari, resi ancor più strani dal grande effetto 3D che rafforza la partecipazione al mondo surreale che viene rappresentato. Il cast è molto buono: rilevanti in particolare Jonny Deep, che ben interpreta la stravaganza del cappellaio, ed Helena Bonham Carter, che riesce, con semplicità, a rappresentare la malvagità della Regina Rossa. Il film non è certo uno dei migliori di Tim Burton, ma risulta senz’altro ben fatto per la cura dei costumi e dell’ambientazione. Enrica Mossetti
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Se attuassimo l’esperimento de Le lettere persiane, il grande romanzo di Monesquieu in cui un colto turista persiano in Francia racconta la realtà occidentale nel XVIII secolo, vista da un uomo di cultura, religione e costumi radicalmente opposti a quelli d’oltralpe, all’Italia di oggi, cosa potremmo vedere attraverso lo sguardo altrui? Il nostro straniero, o persiano (o anche padano!), ci racconterebbe di un luogo dove la televisione trasmette show dal budget milionario in cui una bella signora dai vestiti appariscenti, tutti lustrini e lamé, presenta a un pubblico sussiegoso canzone pseudopatriottiche; o curiosi spettacoli chiamati reality show, in cui c’è una bizzarra sovrapposizione tra chi dovrebbe fare la tv e chi dovrebbe guardarla: chi dovrebbe stare a casa con telecomando ed in poltrona, è invece in studio, disinvolto e scaltro a fare il proprio spettacolo. E che dire del “Popolo viola”? Viola? Sarà forse una confessione del cattolicesimo? Un’altra etnia italiana? Un movimento! Un
movimento che si muove autonomamente, senza gerarchie, senza un comitato direttivo e comitati locali, senza un leader, nelle piazze? E in cosa si riconosce? No alla guerra? Basta effetto serra? Il credo comune è “Signor B. vai a casa”? Oh buon Allah… «Caro Uzbek,» direbbe il nostro turista persiano «nella televisione italiana non sono riuscito a rintracciare la libera informazione». Eh già, il nostro disorientato straniero si chiederebbe perché mai i giornalisti che fanno il loro mestiere devono essere rimbrottati dal governo; perché esista il conflitto di interessi applicabile alla sfera dell’informazione, perché alcune notizie debbano strisciare su internet piuttosto che essere diffuse dai canali nazionali. Nelle sue lettere concluderebbe che l’Italia è proprio il paese del sole e della canzone: l’opinione pubblica, infatti, è infiammata più spesso e più ingentemente dai talent show che danno da fare ai discografici che dai bavagli ai giornalisti. Confuso e incredulo il nostro visitatore scriverebbe infine al suo corrispondente: “Qui l’aria che tira non mi piace Uzbek, c’è odore di regime. Io torno in Iraq”.
Angela Marino
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“Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sí spesse veggio, piacemi almen che ' miei sospir' sian quali spera 'l Tevero et l'Arno, e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio…” Così parlava all'Italia Francesco Petrarca nella sua canzone, quando sognava un'Italia libera dalle lotte provocate dai principi, esortandoli a cacciare dal loro suolo le milizie mercenarie germaniche. All'epoca era un poeta a dolersi per le sorti dell'Italia, oggi c'è un principe che esorta l'Italia a dolersi per la sua sorte. Il soggetto in questione è Emanuele Filiberto di Savoia, appartenente ad una casata nobiliare che ha segnato la storia dell'Italia moderna, ponendosi a capo del movimento di unificazione nazionale, che portò alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1861. Con l'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana il 1° gennaio del 1948 i discendenti maschi di Casa Savoia furono costretti all'esilio, conclusosi nel 2002. Da quel momento in poi Emanuele Filiberto ha cominciato la sua ascesa nel mondo dello spettacolo, non si sa in base a quale talento, probabilmente lo stesso che fa tanto apprezzare i così detti “tronisti” del talk show della De Filippi, in fondo di mezzo c'è sempre un trono! Sicuramente questa è stata la strada più facile per farsi apprezzare dal popolo, quella di essere alla moda e su questo punto lo pseudo principe non si è fatto mancare nulla, lo abbiamo visto passare di programma televisivo in programma televisivo facendo il ballerino, l'opinionista e persino il cantante a Sanremo. Non mi stupisce il fatto che un nobile di sangue, senza particolari abilità, sia potuto entrare nel mondo dello spettacolo, ciò che mi indigna è che anche un programma come Sanremo che dovrebbe essere l'emblema del talento musicale sia diventato il trionfo dei “personaggi”. A Sanremo, infatti, ha vinto un personaggio del talent show di Maria De Filippi, Valerio Scanu e si è classificato terzo il protagonista di un altro talent show targato rai, Marco Mengoni vincitore di X-Factor. In un concorso musicale, come in qualsiasi altro contesto in cui dovrebbe essere premiato il talento andrebbe votato l'artista, non il fenomeno televisivo. L'utilizzo delle scorciatoie è ormai diventata una consuetudine in qualsiasi campo, dal mondo della televisione a quello della politica, dove la regola che vige è che se ne parli, anche male, ma l'importante è che se ne parli. Sul grande palcoscenico italiano tornano in scena le maschere, la più apprezzata è quella della “vittima”, l'eroe tormentato ed escluso dal gruppo dei cattivi, lo pseudo principe si è completamente immedesimato in questo ruolo a Sanremo, rievocando nella sua canzone l'immagine del bambino che soffriva lontano dall'Italia. In realtà questo personaggio è pieno di contraddizioni, afferma di amare l'Italia, ma velatamente critica il risultato di una decisione costituzionale, afferma di credere in un ideale, probabilmente quello della monarchia, basata sul principio che coloro che sono nati in una determinata dinastia sono superiori agli altri e dunque possono comandarli, ma allo stesso tempo si duole per il popolo che possiede poco e niente. Emanuele Filiberto è solo uno dei tanti personaggi che esprime le diverse contraddizioni che caratterizzano il nostro Paese, è amato dal popolo, forse perché troppo abituato a credere nelle apparenze. Alessandra Marziale
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Il 1 marzo 2010 attraverso una nuova legge liberticida, i programmi d'informazione targati RAI e solo RAI non potranno essere trasmessi per circa un mese, quello delle elezioni regionali. Da un giorno all' altro (nel vero senso del lemma) sono stati cancellati “ANNOZERO” di Santoro, Vauro, Travaglio, “PORTA A PORTA” di Bruno Vespa, “BALLARO'” di Floris, Crozza e “ULTIMA PAROLA” di Paragone. Tutto questo nonostante la strenua, indefessa, pervicace battaglia di Zavoli, Garimberti, alcuni politici, molti giornalisti e la stragrande maggioranza del “POPOLO LIBERO” quello vero, non quello utopico di Berlusconi. Quel popolo libero che si sente rappresentato, difeso,
Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazione o censure. sostenuto e sostiene quel meraviglioso magma vitale chiamato “POPOLO VIOLA” e che coerente con gli articoli della Costituzione difende, come non mai da tutte le volte che il Cavaliere assume il controllo totale del suo feudo chiamato italia con capitale Arcore e succursale Palazzo Grazioli, sopratutto l'Art. 21 che recita: Se questo fondamentale articolo non esistesse o per merito di un efferato e allucinato progetto di legge firmato Ghedini e Co. venisse epurato o addirittura estinto per Nostro Signore sarebbe una grande soddisfazione, il suo più riuscito miracolo. Sì, Berlusconi, il creatore del “Popolo della Libertà” ribattezzato “Popolo dell'Amore” e prossimamente “Popolo della Carità Misericordiosa” odia e teme tutto ciò che è contrario al suo Verbo. Il solito avvilente paradosso, ma si sa l'Italia è il popolo del paradosso (Pirandello docet). Lui asserisce furente di subire da tutti attacchi faziosi e che la par condicio in tv è una norma assolutista. Come tutti i Crizia vomita contumelie gravissime, in una democrazia, verso alcuni conduttori, giornalisti e magistrati, ma nemmeno si degna di comparire davanti a loro e spiegare le sue ragioni come ha fatto Bertolaso. Vorrei rammentare al Presidente del Consiglio il significato di due termini Faziosità: Attaccamento viscerale, aggressivo e immotivato agli interessi di una sola parte. Termine nato nel 1919 (DEVOTO-OLI) Par condicio: Parità di condizione, per quanto riguarda l'accesso dei mass media, assicurata a ogni partito o raggruppamento politico (DEVOTO-OLI) Ebbene sia Santoro che Floris, da professionisti aderiscono a questo secondo principio, addirittura il giornalista campano si deve trainare sempre quei giannizzeri di Belpietro, Sallusti e Ghedini che creano solo confusione e in mancanza di controrepliche valide, tracimano con urli beceri e insulti
L’eco di Cassandra n°VIII anno II
inammissibili. Vespa, a mio dire, aderisce meno a tale principio, in quanto consente di far parlare e straparlare Berlusconi per tre ore senza controinterrogatorio. Quando il Cda prese la I decisione, ahimè provvisoria, di non far intervenire, in questo nefasto mese, politici, Santoro ideò una splendida puntata sulla droga chiamata “PROIBITO” a cui parteciparono Morgan, cantante, Barbara Palombelli, giornalista, Antonio Scurati, scrittore e Marco Baldini, conduttore radiofonico. Ma Nostro Signore e i suoi angeli non ci stanno e da perfetto discente di Licio Gelli attua la massima “COLPIRE QUALCUNO PER EDUCARLI TUTTI”.. Questa volta non è riuscito ad emanare un nuovo “Editto Bulgaro” quello che violentò, stuprò la cultura e la libertà cancellando, nel 2004, dagli schermi tv Santoro, Biagi, Luttazzi, Massimo Fini, Freccero, Sabina Guzzanti e Paolo Rossi forse perché è più solo di prima con un Fini che non ci sta e una Lega che lo deride. L'Egoarca cerca di tenere duro vedendo complotti da per tutto e rivoltandosi, immergendosi nella sua fetida e rancida melma a pari di Nerone, Caligola ed Eliogabalo. Il nostro liberticida che nessuno riesce a fermare, guardate un po', è ricattabile da uno stuolo di puttane assoldate da lui per sollazzarsi! Italia paese della farsa e della beffa. Un nugolo di abiuristi della libertà non ci può negare l'informazione pubblica infarcendoci di programmi triti e ritriti, di ragazze sculettanti, discinte e ammiccanti e noiosi reality, verso cui io non ho nulla in contrario a che siano trasmessi, ma giacchè la Rai vive del canone dei nostri soldi vogliamo essere tutelati; nelle sue reti privati, di cui Berlusconi è il padrone si può permettere di tutto anche di pisciare addosso a suoi dissidenti. In un paese che, come profetizzò Pasolini, ingurgita la merda rendendoci passivi noi dobbiamo ribellarci. Ma dove è finita quella RAI che in prima serata oltre ai sublimi Supervarietà, trasmetteva talk-show i cui protagOisti si chiamavano Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Leonarda Sciascia, Italo Calvino, Primo Levi ? Adesso l'opinione pubblica è morta o almeno si è estinta in quanto non si conoscono più i fatti e i msfatti del Belpaese ma in cambio sappiamo tutto dei furori erotici e delle scurrilità dei reality show e delle misure esorbitante e gonfiate di alcune ragazze. Ma perchè non viene letta la Costituzione ? I pensieri dei grandi italiani liberi del Novecento e di questo Duemila? Noi abbiamo l'obbligo di sostenere tutte le persone che hanno speso e spendono la loro vita guidate dal Dio-Libertà. Un ultima notizia: Marcello Dell'Utri (liberticida) ha ritrovato un appunto di “Petrolio” di Pasolini (padre della libertà). Sarà vero ? Mah! Mistero dei misteri italiani. Andrea Panico
L’eco di Cassandra n° VIII anno II
Ecuba di Euripide al Teatro Stabile di Napoli Ha debuttato lo scorso 3 marzo, con repliche fino al 14 al Teatro Stabile di Napoli, lo spettacolo Ecuba di Euripide con protagonista Isa Danieli, presentato dalla Compagnia Gli Ipocriti nell'adattamento e la regia di Carlo Cerciello. La grande Isa Danieli ha interpretato, dunque, una delle più moderne figure femminili della tragedia greca, Ecuba, che da regina di Troia diventa schiava degli Achei per poi essere testimone di un’ineluttabile storia: da un lato, assiste, infatti, alla morte, per mano dei nemici greci, della figlia Polissena, dall’altro, per la mano amica del re Polimestore, a quella del figlio Polidoro. Una doppia tragedia che indurrà la protagonista, madre e regina, ad uccidere per vendetta i figli di Polimestore e ad accecare il loro padre. Accanto ad Isa Danieli hanno recitato anche Franco Acampora, Fortunato Cerlino, Ciro Damiano, Niko Mucci, Imma Villa, Raffaele Ausiello, Caterina Pontrandolfo, Autilia Ranieri e Daniela Vitale. Le scene sono state curate da Roberto Crea, i costumi da Daniela Ciancio, le musiche da Paolo Coletta, le luci da Cesare Accetta, le immagini video da Filippo Andreatta. “Ecuba” scrive Carlo Cerciello nella lunga nota di regia “è un testo straordinariamente moderno, in cui accanto ad una crudeltà spietata, tanto assimilabile a quella delle nostrane faide criminali, dove in nome dell’onore e dei vincoli parentali si può ottenere soddisfazione per il torto subito, trovano posto l’amore meraviglioso, assoluto di una madre e quelle richieste di pietà e giustizia disattese dalla consapevole sordità del potere, cui oggi siamo purtroppo abituati”. Antonella Anna Giacomaniello
Il gabbiano di Marco Bernardi al Teatro Bellini Deve avere ancora qualcosa da raccontarci Il Gabbiano, dramma in 4 atti scritto da Cechov nel 1895, se registi e attori, giovani e maestri avvertono, tuttora, la necessità di confrontarsi con un testo tanto "misterioso" per coglierne a pieno fascino e valenza drammaturgica. È quello che è capitato anche a Marco Bernardi che, al suo secondo incontro con il drammaturgo russo, dopo Il giardino dei ciliegi, dal 2 al 7 marzo, ha portato l’opera al Teatro Bellini di Napoli. Con straordinaria maestria, il regista mette in rilievo il burrascoso rapporto genitori-figli, il contrasto fra nuovo e vecchio teatro che caratterizza il passaggio da una generazione all’altra. Il cast formato da Patrizia Milani, Carlo Simoni e Maurizio Donadoni permette di rendere la contemporaneità di un dramma che, sebbene ambientato nel 1895, è ancora attuale per i sentimenti e le sofferenze raccontate. Il metaforico gabbiano del titolo nasconde, in realtà, amori e odi, grida e sussurri, inquietudini ed infelicità. C’è l’amore nelle sue forme più ciniche e spietate, ci sono i sentimenti di chi vive in modo malinconico e disincantato, c’è la vecchiaia anagrafica che non rinuncia ai suoi sogni e poi c’è l’arte e il teatro che, pur rinnovandosi, non perdono la forza delle emozioni. Antonella Anna Giacomaniello
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È stato aperto al pubblico lo scorso 4 marzo, nel Carcere alto di Castel Sant'Elmo, il "Museo del 900 a Napoli". Nato da un progetto di Nicola Spinosa, il Museo intende documentare quanto realizzato a Napoli nel corso del XX secolo. Si tratta di un'esposizione di circa 150 opere, tra dipinti, sculture, disegni ed incisioni, di 90 autori, partenopei e non, disposte in un percorso cronologico suddiviso per sezioni: dalla documentazione della Secessione dei ventitré del 1909 o del primo Futurismo a Napoli degli anni 1910-1914, al movimento dei Circumvisionisti e del secondo Futurismo. Seguono varie testimonianze del periodo tra i due conflitti mondiali fino alle esperienze del secondo dopoguerra (1948-1958). Alcune sezioni sono poi riservate agli anni Settanta, con sperimentazioni di tipo poetico-visivo. La sezione conclusiva è dedicata, infine, all'attività di quegli artisti che, pur continuando ad operare dopo il 1980, si erano già affermati in città prima che il sisma del 23 novembre colpisse e segnasse la città e altre aree meridionali. Il Museo dispone, inoltre, di un catalogo edito da Electa, con le presentazioni del Presidente della Giunta Regionale Antonio Bassolino, del Direttore Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l'Architettura e l'Arte Contemporanee Roberto Cecchi e del Soprintendente Lorenza Mochi Onori. La scelta degli artisti e delle opere è stata curata da Angela Tecce, direttrice del complesso di Castel Sant'Elmo, con la costante collaborazione dello stesso Nicola Spinosa, mentre la realizzazione del Museo si è resa possibile per il diretto coinvolgimento nel progetto della Regione Campania Assessorato al Turismo e Assessorato ai Beni Culturali, con l'utilizzo dei fondi disponibili grazie al co-finanziamento dell'Unione Europea POR- FESR Campania 2007-2013. Antonella Anna Giacomaniello Il 3 marzo scorso in aula Pessina, nella sede Centrale di Corso Umberto, si è tenuto un importante seminario dal titolo “Il diritto dell'informazione e della comunicazione”, in occasione della ripubblicazione del libro omonimo di Paolo Caretti, costituzionalista dell'Università di Firenze. Il seminario è stato organizzato da Sandro Staiano, coordinatore del dottorato di ricerca in Diritto ed Economia dell'Istituto Italiano di Scienze Umane, ed è anche il primo ad introdurre il seminario, ritenendo che il tema del diritto dell'informazione alla luce degli ultimi fatti di cronaca politica, sia un tema attualissimo che trova spunto proprio con i fatti di questi giorni, ovvero la delibera che limita l'informazione politica in Rai, durante la campagna elettorale. Il professor Staiano illustra i fondamenti del testo di Caretti, un manuale adatto a studenti più maturi, ritenendo che la « la libertà di espressione non è solo una libertà che si aggiunge alle altre, ma ne è fondamento», inoltre il prof. etichetta il rapporto tra comunicazione e magistratura come “controverso e frammentato”. Interviene anche Ottavio Grandinetti, docente esperto di diritto dell'informazione e della comunicazione, che apprezza del manuale di Caretti «la matrice unitaria che resta allo studente» e analizza la situazione di diarchia tra le due tipologie di programmi informativi: i notiziari e i programmi di approfondimenti. «Diarchia in quanto la Rai vede dettare le regole dalla Commissione di Vigilanza, che riceve pressioni dai partiti politici. Questa Commissione si assoggetta alle regole politiche e ciò determina violazioni della legge sulla par condicio». Francesca Bianco «
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Per ricordare la figura di Salvatore Di Giacomo, drammaturgo, poeta e autore di canzoni, l'Università Federico II in collaborazione con il Dipartimento di Filologia Moderna e il Master di II livello in Letteratura, Scrittura e Critica Teatrale, ha organizzato una giornata di studio (10 marzo 2010) dal titolo Ritorna Di Giacomo? Bilancio e prospettive di una storia a 150 anni dalla nascita (1860-2010). L'obiettivo di fondo era tentare una ricostruzione del complesso profilo di Di Giacomo, inserendo in una prospettiva interdisciplinare i nuclei tematici e i nodi fondamentali della sua scrittura, senza tralasciare la storia linguistica dei testi (interventi dei docenti N. De Blasi e P. Bianchi), i rapporti con le arti figurative e il cinema (prof. E. Massarese e P. Iaccio), la feconda attività giornalistica intesa come importante “palestra letteraria” (D. Trotta e S. De Stefano). Ed è quanto emerso nel corso delle tre distinte sessioni congressuali: l’opera del poliedrico Salvatore Di Giacomo continua ad affascinare numerosi studiosi, nonché semplici lettori anche a distanza di secoli. Dopo il saluto iniziale del preside della Facoltà, Arturo De Vivo, si è registrato il primo intervento del convegno, firmato da Toni Iermano, docente di Letteratura italiana all’Università di Cassino e studioso di Di Giacomo intitolato Ma solitario e lento / more 'o mutivo antico. Affermatosi giovanissimo nell’ambiente culturale napoletano, Di Giacomo vive a pieno il suo tempo registrandone i cambiamenti che coinvolgevano quella sua città, Napoli, folle e irrazionale, che fa da modello alle sue novelle ( pubblicate su La Gazzetta letteraria già dal 1778-79). Lui, che può essere considerato il primo cronista, assiste e registra i mutamenti seguenti al Risanamento e che investono anche il piano del linguaggio, cosicché nella sua opera convivono tradizione e innovazione. Le radici della sua scrittura affondano, dunque, in Napoli – come sottolineato da Pasquale Sabbatino – “città disgraziata, in mano di gente senza ingegno e senza cuore”. Certo, la realtà era la sua fonte di ispirazione proprio come la pittura, come nel caso di L‟acciso ed è quanto affermato dal prof. Raffaele Giglio nel suo intervento Pittura e poesia in Salvatore Di Giacomo: per Paglietta (questo lo pseudonimo con cui si firmava come critico d’arte) l’opera d’arte doveva “esprimere la realtà e comunicare emozione”, come nel caso della poesia „Na tavernella (1907). La giornata di studi si profila, dunque, come un tentativo di indagine a tutto tondo sull’immagine di Di Giacomo e la sua immensa opera, che spazia dal giornalismo alla novellistica, dalla musica alla saggistica, dal teatro con l’Assunta Spina e O mese mariano (quest’ultimo, uno dei drammi più toccanti di Di Giacomo, come ha specificato Giuseppina Scognamiglio nel suo intervento Titina De Filippo interprete sublime del digiacomiano) alla biografia (Vincenzo Caputo, Il dubbio “impaziente”dell‟arte. Salvatore Di Giacomo biografo: Morelli, Dalbono, Gemito). In definitiva, l’estrema varietà linguistica non deve essere rapportata all’attività di poeta, ridare una classicità all’autore di Assunta Spina e, pertanto, una ricostruzione filologica dei suoi testi, seppur complessa sembra doverosa. Fiorina Izzo