Iniziativa dell’Associazione Studentesca Cassandra patrocinata dall’Università Federico II
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L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
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ATTENZIONE! NUOVI ADEMPIMENTI DI LAUREA
Dal 28 aprile scorso le cose sono cambiate per chi è in dirittura d’arrivo e intende laurearsi. Infatti cambiano gli adempimenti, scadenze e quant’altro. Facciamo il punto della situazione: prima si stampavano tre copie della tesi(per la segreteria per il tutor e una personale), ora per la segreteria sarà necessario un semplice cd o floppy disk contenente la tesi, consegnata insieme alla domanda d’ammissione, al curriculum inerente la carriera universitaria, alle fotocopie relative all’ultima iscrizione(quindi prima, seconda rata e contributo regionale), e alla ricevuta attestante l’avvenuta compilazione online del questionario riguardante la propria carriera universitaria. Carte e scartoffie varie sono reperibili esclusivamente sul sito della facoltà (www.lettere.unina.it, sezione segreteriastudenti>modulistica). Ma cambiano anche le scadenze, non solo per la consegna dei moduli, ma anche per i temutissimi ultimi esami. Alcuni nostri colleghi già laureati ricorderanno che era possibile fare gli esami fino a due settimane prima della seduta di laurea, adesso invece le cose sono s fortunatamente diverse. Come dire: fine della pacchia! Per chi intende laurearsi a luglio l’ultima data utile per poter sostenere un esame è il 30 giugno, per chi si laurea ad ottobre è il 30 settembre, e per quelli che vogliono concludere a febbraio la data è il 30 gennaio. Ma come mai questo cambiamento che in fondo penalizza un po’ gli studenti? Siamo andate a chiedere spiegazioni al preside De Vivo, che ci risponde dicendo che “c’era un forte senso di sperequazione in quel tipo di organizzazione, ora sono state messe delle regole ed è una cosa importante anche aver eliminato il cartaceo”. Effettivamente se uno studente “X” si laurea il 20 luglio, ed uno “Y” il 26 luglio, i fatidici “15 giorni prima”(calcolati a partire dalla data di laurea)saranno diversi, con la possibilità per l’uno di dare un esame che magari l’altro non potrà dare. Il preside assicura che una deroga di pochi giorni è sempre possibile chiederla e di non farsi prendere dal panico! Come dire: ci sono delle regole, orga nizziamoci di conseguenza senza fare i ritardatari. Francesca Bianco
Novità in segreteria: intervista al nuovo capo ufficio Quando si parla di segreteria si sa il pensiero corre subito alle file interminabili e alle lunghe attese, ma da qualche mese c’è una novità tra i corridoi del palazzo in Via Giulio Cesare Cortese: un nuovo capo ufficio. Siamo andati ad intervistarlo e con enorme sorpresa scopriamo che il Dottor Pellegrino Palumbo oltre ad essere una persona molto gentile e disponibile è anche GIOVANE, ci accoglie rispondendo a tutte le nostre domande anche le più ostiche. Del suo passato impiego ci dice:“A fine gennaio ho ricevuto questo incarico dopo essere stato per tre anni il capo ufficio della segreteria di Scienze Politiche dove ho istaurato un ottimo rapporto con gli studenti”. Che cos’ è stato fatto per migliorare i servizi della segreteria? Abbiamo attivato una casella di posta elettronica (segrelett@unina.it)e invitiamo gli studenti ad utilizzarla per qualsiasi problematica che si può risolvere online, al fine di evitare inutili file e migliorare il servizio ”Perché la facoltà di lettere non ha ancora un web docenti attivo e non c’è la possibilità di prenotare gli esami ondine? “Ci stiamo adoperando anche per questo; il web docenti è stato ripristinato a febbraio e bisogna sensibilizzare i professori ad usarlo, come sta già facendo il prof. Giglio. Tra un anno il servizio sarà sicuramente migliore, si andrà verso l’eliminazione del foglio di prenotazione” Spesso abbiano notato che c’è solo un addetto allo sportello, come mai? “In realtà non è del tutto vero: qualora l’affluenza allo sportello è maggiore mandiamo giù i rinforzi, e durante i periodi caldi delle seconde rate sono sceso io stesso a dare una mano. Ma vorre i ricordare agli studenti che le file chilometriche possono essere evitate, stampando lo statone da casa e andando a pagare la seconda rata direttamente in banca. In determinati periodi circa il 35% degli studenti in fila devono solo stampare lo statone” Come mai abbiamo aspettato così tanti mesi per avere i libretti? “Anche qui la risposta è il web: da due anni è stata modificata la stampa dei libretti, legata all’iscrizione online. Infatti il termine per consegnare i plichi con le foto che completano le iscrizioni è il 5 dicembre. Solo all’inizio di gennaio vi è quindi la consegna dei libretti in segreteria, e il passaggio successivo è spillare tutte le migliaia di foto dei neoiscritti, un’operazione che porta via tantissimo tempo. Sarebbe possibile alleggerire le attese se gli studenti inviassero anche la foto online all’atto di iscriversi” Gli studenti spesso si sono lamentati delle scortesie ricevute dagli addetti allo sportello: che cosa risponde in proposito? “Per quanto mi riguarda ci tengo a migliorare il rapporto con gli studenti; chiedo spesso ai colleghi in momenti di difficoltà di chiamarmi per risolvere i problemi più complessi. Spesso è comprensibile che i colleghi rispondano in maniera stressata in quanto è il servizio stesso ad essere sotto stress” Insomma in attesa che le cose migliorino possiamo anche noi studenti fare la nostra parte utilizzando di più il web per comunicare con la segreteria. È vero che siamo umanisti, legati alla carta, ma anche la pagina (web) non è male! Francesca Bianco
L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
CASSANDRA dossier
Muammar Gheddafi: chi è? Un inedito reportage sul dittatore libico e sulla sua visita in Italia
10 giugno 2009 Muammar Gheddafi giunge in Italia sue parole “ sono qui perché l’Italia si è scusata”, e non solo accettando anche 5 miliardi di dollari che gli italiani hanno dato, anche se sarà difficile dimenticare i 100 mila libici uccisi. Quattro giorni in Italia del leader libico che incontra Napolitano e Berlusconi. Appuntata sulla divisa del colonnello, l'immagine di un eroe nazionale libico che guidò la rivolta anticoloniale contro l’italia. Nato da una famiglia islamica, non è possibile datare la sua nascita, all'età di sei anni perse due suoi cugini a causa di una mina lanciata dagli italiani: questo episodio provocò l'ira antiitaliana di Gheddafi che soltanto recentemente si è attenuata. Tra il 1956 e il 1961 frequentò la scuola islamica di Sirte, in cui conobbe le idee panarabe di Gamal Abdel Nasser,dove lo scopo principale è la visibilità sulla scena mondiale come soggetto politico autonomo dell'insieme dei popoli arabofoni, e ne aderì con entusiasmo. Nel 1968 si iscrisse all'Accademia Militare di Bengasi. Concluse il corso con molto successo, e dopo un breve periodo di specializzazione in Gran Bretagna, venne nominato capitano dell'esercito alla giovanissima età di 27 anni. Insoddisfatto del governo guidato dal re Idris I perché giudicato da Gheddafi troppo servile dei confronti di U.S.A. e Francia, il 26 agosto guidò una rivolta contro il sovrano, che portò il 1 settembre 1969 alla proclamazione della Repubblica capitanata da un Consiglio Rivoluzionario composto da 12 militari di tendenze progressiste. Gheddafi, che nel frattempo era stato nominato colonnello, si mise a capo del Consiglio instaurando un a sorta di "regime personale" in Libia. Fece approvare dal Consiglio una nuova Costituzione da lui definita araba, libera e democratica. In nome del suo nazionalismo arabo, egli nazionalizzò la maggior parte delle proprietà petrolifere straniere, espulse la comunità italiana residente nel paese e chiuse le basi militari statunitensi e britanniche. Tra le riforme effettuate da Gheddafi in questo periodo, ricordiamo l'innalzamento del salario minimo, la possibilità data agli operai di partecipare alla gestione della loro azienda, la soppressione dell'alcool, la chiusura dei locali notturni, la restaurazione della Sharia, la legge sacra che deriva direttamente dal Corano. Inoltre, per cercare di ridurre al minimo le spese, egli rifiutò inizialmente il lusso, dormendo sempre in una base militare di Tripoli. In politica estera, egli finanziò l'OLP di Yasser Arafat nella sua lotta contro Israele per la liberazione della Palestina. Inoltre, egli propose spesso un'unione politica tra i tanti stati islamici dell'Africa, ma la risposta negativa della Tunisia fece tramontare questa ipotesi. Nel 1977, grazie al relativo miglioramento dell'economia, Gheddafi poté dotare la sua nazione
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CASSANDRA dossier
Muammar Gheddafi: chi è? Un inedito reportage sul dittatore libico e sulla sua visita in Italia
di nuove strade, ospedali, acquedotti ed industrie. Sull'onda della popolarità, nel 1979 rinunciò a ogni carica politica, pur rimanendo l'indiscusso leader del paese: veniva infatti soprannominato la "guida della rivoluzione".Gheddafi ebbe una svolta politica negli anni Ottanta: la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portarono a sostenere gruppi affini al terrorismo islamico, quali per esempio l'IRA irlandese e il palestinese Settembre Nero. Organizzò anche degli attentati in Sicilia, Scozia e Francia. Divenuto il nemico numero uno degli Stati Uniti d'America, egli venne progressivamente emarginato dalla NATO. Inoltre, nel 1986, Gheddafi fu attaccato militarmente dal presidente americano Ronald Reagan: il massiccio bombardamento ferì mortalmente la figlia di Gheddafi, ma lasciò indenne il colonnello. Gli ultimi sviluppi della politica libica di Gheddafi ten dono a un riavvicinamento agli U.S.A., dissociandosi così dal terrorismo islamico degli ultimi tempi, si può affermare con certezza che difficilmente la Libia sarà coinvolta in altri scandali di matrice terroristica, ed anche se George Bush inserì la Libia nella lista degli Stati Canaglia (insieme a Iraq, Siria, Corea del nord e Cina), i rapporti libico-statunitensi sembrano proseguire in un clima di relativa calma. In ogni caso, la Libia non si può definire una democrazia compiuta, perché non sono ancora concesse tutte le libertà politiche (per esempio il multipartitismo) e perché vige ancora il culto della personalità di Gheddafi, che però si è molto attenuato nel corso degli anni.Il Colonnello, Il Leader, Lo stregone che si ispira al Corano il terrorista per tendenza. Il rivoluzionario deluso. Certo il personaggio e' pieno di fascino, diverso dai dittatori che hanno calpestato le terre africane. Angelo Del Boca, storico e giornalista che ha dedicato all'Africa, ai problemi africani, alle avventure coloniali degli italiani in Libia e in Africa orientale decenni della sua vita e del suo lavoro. [Gheddafi “una sfida dal deserto” di Angelo Del Boca]. Dice “e' difficile capire che cosa puo' avere in mente l'uomo dalle tante facce che nel suo ultimo libro di racconti si presenta cosi'”: "Un povero beduino sperduto, che non possiede neppure un certificato di nascita". Alessandra Del Prete
Inchiostro…incontri Pathos a Potenza: l’antichità passa dalle voci di eminenti studiosi L’emozione inizia dall’Antichità. Questo il filo conduttore delle lezioni organizzate tra aprile e maggio presso il Museo provinciale di Potenza. Il ‘Progetto Pathos - La letteratura antica e l’invenzione delle emozioni’, ha visto il susseguirsi di sei incontri promossi dall’assessorato provinciale alla cultura. L’intento che ha spinto alla realizzazione della manifestazione è nato dall’idea di lasciare parlare gli autori, volutamente scelti tra i più conosciuti e amati della letteratura latina e greca, attraverso i loro versi, così da poter ripercorrere quella genesi emozionale sostanziata delle forme del mithos, ossia del racconto per eccellenza. Per questa ragione le recitationes dei versi sono state affidate alla voce appassionata di studiosi di chiarissima fama. Attraverso un percorso tra letteratura greca e latina illustri professori hanno parlato di Omero, Orazio, Ovidio ed altri scrittori del periodo classico, rivolgendosi ad un pubblico di studenti ed appassionati di ogni età che ha potuto fare tesoro delle lezioni. Il 3 aprile, Raffaello Antonio Mecca, Preside del Liceo Ginnasio "Quinto Orazio Flacco" di Potenza, ha tenuto una lezione introduttiva sui Filosofi, il 17 aprile Mario Cantilena, Docente ordinario di Letteratura Greca, Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano, ha parlato di Omero, il 24 aprile le lezioni sono continuate con la Saga Tebana presentata da Paola Volpe Cacciatore, Docente ordinario di Letteratura Greca, Università di Salerno, per poi passare il 30 aprile all’analisi dei poeti Lirici tenuta da Carmine Catenacci, Docente ordinario di Letteratura Greca, Università degli Studi "G. D'Annunzio" , Chieti. Si sono poi tenute a maggio due lezioni che hanno coinvolto professori dell’ Università "Federico II" di Napoli. L’8 maggio Arturo De Vivo, Preside della Facoltà di Lettere, ha parlato di Orazio, poeta che condivide ed esalta il programma augusteo, ma non è disposto a dimenticare il passato drammatico delle guerre civili. L’ultimo appuntamento dell’evento si è svolto il 15 maggio quando Marisa Squillante, Docente ordinario di Letteratura Latina, ha parlato di Ovidio, tratteggiando un poeta sensuale e delicato nella sua dolcezza in un percorso che ha toccato versi di Properzio e Massimiano, presentando ed analizzando passi di intensa emozione relativi alla concezione dell’amore nella latinità. Un evento che ha riscosso successo ed ha affascinato ed avvicinato i giovani avvicinandoli al meraviglioso mondo classico da cui ogni emozione parte e nel quale l’uomo moderno può riscoprire caratteri della propria psiche in un crescendo di emozioni. Leonarda Di Meo
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Speciale
Gemito
Uno sguardo nostalgico sulla Napoli delle origini. Vincenzo Gemito ci racconta come eravamo Si terrà fino al 5 Luglio 2009 la mostra su Vincenzo Gemito al Museo Diego Aragona Pignatelli di Napoli. Qui sono esposte circa duecento tra le opere più famose dell‟artista partenopeo, attraverso le quali è possibile ritornare alla Napoli folcloristica di fine „800, nelle cui strade risuonavano le voci di modesti acquaioli e giovani pescatori. Venuto dal popolo, al popolo è ritornato con il suo interesse artistico, non uscendo mai dal mondo che gli era familiare, nonostante il successo ottenuto a Napoli, Roma e Parigi per le sue realizzazioni in creta, bronzo, terracotta, gesso ed oro. La sua vita intensa è stata caratterizzata sempre dall‟originalità. Di origini ignote, fu adottato da un artigiano, grazie al quale si avvicinò al mondo dell‟arte. La possibilità di poter rappresentare la realtà fin nelle sue più intime pieghe nascoste, per strappare all‟erosione del tempo l‟intensità di uno sguardo o la ripetizione di un gesto nel lavoro quotidiano, ha condotto lo scultore fino al limite della follia. Il rifiuto del sentimentalismo romantico tedesco lo spinse all‟estrema ricerca di riprodurre i tratti tipici del verismo di impronta squisitamente francese. L‟unico canone artistico che mosse il Gemito nel rappresentare la plasticità e dinamicità della materia, è il non seguire nessuna regola. Di stampo decisamente antiaccademico e anticlassicista sono già i suoi primi ritratti, che tralasciano ciò che è armoniosamente bello per prediligere il particolare, ossia ciò che si distingue dalla massa per la sua individualità irripetibile. Non è lo spettacolo del brutto o del difforme, bensì un riflettore puntato su ciò che è vero. Ecco cosa ci appare oggi, ripercorrendo quel mondo che l‟artista ha voluto raccontarci: una galleria di persone reali, talmente vicine a noi da passare spesso inosservate. E‟ la classe degli umili, dei poveri, di gente semplice. E‟ la nostra tradizione che torna a parlarci, per ricostruire la nostra identità, recuperando quel fondamento oscuro che a volte non si vuole vedere, o che si vuol fingere che non esista. E‟ nel Pescatoriello che diventa protagonista lo “scugnizzo” napoletano, caratterizzato dal vigore tipico della sua età e dalla forza della sua costituzione. Come non vedere in lui tanta parte della nostra amata città, con i suoi colori e con le sue inestinguibili risorse. Non sono tanto le bellissime raffigurazioni di personaggi illustri, come Giuseppe Verdi o Alessandro Magno, a commuovere l‟animo dello spettatore; ma il risultato vivificatore che traspare dall‟applicazione di tecniche di matrice ellenistica alla società multiforme della Napoli antica, originaria ed autentica. Ferrante Noelle ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
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In…Chiostro
libri
Andrew Nikforuk Il Quarto Cavaliere Le quattro figure mitiche dei cavalieri dell’Apocalisse rappresentano: Guerra, Morte, Carestia e Pestilenza. In questo saggio storico si parla del Quarto Cavaliere, quello che tutt’oggi si rivela il più imprevedibile di tutti: l’epidemia. L’autore affronta il tema delle malattie infettive in maniera spesso ironica, descrivendo l’affannosa lotta di medici e scienziati contro virus e batteri, nemici invisibili, ma potentissimi. I microbi vengono presentati come gli angeli vendicatori della natura contro il caos tecnologico. Questi microrganismi sono una reazione agli sconvolgimenti provocati dalle varie civiltà. In realtà il Quarto Cavaliere non è altro che il campanello d’allarme che ci fa ricordare di quanto sia vulnerabile la specie quando si trascura l’ambiente nel quale si vive, infatti un mondo ferito e privo di equilibri è terreno fertile per le malattie. Nikiforuk racconta gli effetti economici e psicologici delle epidemie sulle comunità nelle quali si sono sviluppate, dalla malaria all’Ebola, facendo una disamina dei microbi emergenti , divenuti sempre più forti. Lo stato di iperattività degli odierni germi carnivori , che attaccano l’essere umano, riflette il ritmo frenetico e la crescente instabilità della società tecnologica, causa della disarmonia ambientale. Le metropoli , infatti, per la loro struttura, creano ammassi di rifiuti, riversano feci nelle acque e avvelenano l’aria. In questo modo gli uomini vivendo troppo vicini ai propri cumuli di rifiuti, senza volerlo, divengono parte dei banchetti dei microbi, diffondendo un’infinita varietà di malattie. I medici si illudono di poter sterminare virus e batteri attraverso la loro “pallottola magica”, l’antibiotico, ma raramente un’epidemia si spegne con la sola forza dei farmaci. Per questo l’epidemia esprime il senso tragico dei limiti della conoscenza umana. In realtà il segreto della sopravvivenza dei batteri è la loro capacità di risolvere i problemi, cosa in cui gli uomini difettano abbastanza. Di fronte a una minaccia nei confronti del loro benessere, i batteri, si limitano a richiedere informazioni genetiche vitali ad altre cellule batteriche e nello scambio delle informazioni sono molto più bravi e veloci degli uomini! L’autore insiste su una concezione della medicina molto vicina a quella di Virchow, il quale affermava che la medicina non deve essere fondata sulla lotta ai microbi, ma sulla scoperta delle forze ecologiche e sociali che alimentano la malattia. Le guerre, il sovraffollamento, l’agricoltura, il turismo, la miseria e l’inquinamento possono ridestare il Quarto Cavaliere, per cui spesso sono gli uomini gli aggressivi artefici delle epidemie. Fino a quando la specie umana non imparerà a rispettare la natura e a moderare le sue intrusioni tecnologiche, la salute pubblica mondiale diverrà sempre più vulnerabile. L’autore invita i lettori a condurre una vita più sana e a combattere per comunità più verdi, liberandosi dalle illusioni tecnologiche. Il rispetto per i limiti e lo scetticismo nei confronti del progresso sono sempre stati le migliori difese contro la malattia, ma anche i medicinali più difficili da vendere. Una volta risvegliato, il Quarto Cavaliere non potrà e non vorrà fermarsi ma Nikiforuk ci ricorda anche che non dobbiamo dimenticare l’esistenza del primo cavaliere, la Speranza.
Alessandra Marziale
In…Chiostro
libri EMILY DICKINSON Poesie d’amore
Mi trovai un giorno, sfogliando le Lezioni americane di Calvino, a leggere una poesia che l’autore portava ad esempio sul saggio dedicato alla leggerezza, la poesia in questione recitava così: “A sepal,petal,and a thorn/ Upon a common summer’s morn-/ A flask of Dew-a Bee or two-/ A Breeze-a carper in the trees-/ And I’m a Rose! ” .Certo, come discutere Calvino? La poesia si prestava benissimo ad un discorso sulla leggerezza, ma ancor più fu un altro l’aspetto che mi colse: la musicalità della poesia, le rime che evocavano le immagini di una trasformazione che, in pochi versi, pare tuttora si compia, dinanzi ai miei occhi, ogni qual volta rileggo queste strofe. Quasi una formula magica da recitare, due o tre ingredienti segreti da mescere in un volteggiare di versi, ritmo e immagini…e così, se fossero stati i versi di un mito, sarebbe stato quello della poetessa che si trasformò in una rosa! Ricorre spesso nella poetica dell’autrice quest’immagine della rosa, un fiore delicato e fragile, riservato; un fiore che assomiglia molto ad Emily e al suo modo di vivere le relazioni e l’amore. La sua poesia è in primis comunicazione, comunicazione epistolare tra lei e i suoi pochi intimi affetti, solo successivamente, postume, le poesie saranno raccolte e pubblicate.
Componimenti che dunque avevano lo scopo di esternare su carta le emozioni e di regalare a pochi eletti il suo modo di sentire. Il suo è un amore sublimato, esperienza quasi tutta interiore, idealizzata, tanto da avvicinarsi al sentimento religioso, che è forse Amore per antonomasia: quel sentimento mistico e di rivelazione che impone la sua fede senza una ragione apparentemente logica. E infatti l’amore descritto da Emily più che essere un amore che perduri tutta l’eternità, è amore che trova addirittura il suo stesso senso nell’eternità: “ To wait an Hour-is long-/ If love be just beyond-/ To wait Eternity-is short-/ If Love be at the end-”. Abbandonarsi, stancarsi o smettere di amare è inconcepibile: “ If Blame be my side-forfeit Me-/ But doom me not to forfeit Thee-/ To forfeit Thee? The very name/ Is exile from Belief-and Home- ”. Amore incondizionato e totale, che svolge le sue trame in alto, tra gli atomi sopra le nostre teste e ci trova legati a filo doppio con coloro che amiamo, in modo semplicemente spirituale : “Of all the Souls that stand create-/ I have elected-One-
/ When Sense from Spirit-files away-/ And Subterfuge-is done-/ When that which is-and that which was-/ Apart-intrinsicstand/ And this brief Drama in the flesh-/ Is shifted-like a Sand-/ When Figures show their royal Front-/ And Mists-are carved away,/ Behold the Atom-I preferred-/ To all the lists of Clay! ”. L’amore di Emily spiega dunque le sue ali sopra la
cupola del mondo, dove i sentimenti galleggiano indisturbati senza più il peso o il bisogno d’altro che di sé stessi e del loro esserci, sta a noi essere pertanto in grado di accettare questa semplicità: “ “ Why do I love” You,Sir?/ Because-/ The Wind does not requir the Grass/ To answer-wherefore when He pass/ She cannot keep Her place ”. In punta di piedi i suoi versi si affacciano al mondo dallo spiraglio di una porta chiusa, la porta della camera da dove Emily non usciva quasi mai. Stiamo davvero entrando in camera sua ora, stiamo davvero girando la chiave e aprendo quel cassetto della scrivania: Nascosti. Un fascio di foglietti, scritti a mano e cuciti l’uno all’altro in una rudimentale rilegatura ago e filo. Nascosti, nel cassetto di una scrivania di una camera vuota, tutti i sogni e i sentimenti d’una timida e delicata rosa… Decisamente consiglio questa lettura a chi crede ancora nell’Amore, in un amore romantico, ineluttabile come la morte e potente come la vita. Vecchio, consunto sentimento, ma ancora per chi crede, motore del mondo. Gabriele Stasino
MUSICA
a cura di Luigi Impagliazzo
ANTONY & THE JONHSONS
PRODIGY
THE CRYING LIGHT
INVADERS MUST DIE
Nel febbraio del 2005 faceva la sua comparsa “I’m a Bird Now” , vincitore del Mercury Music Prize (che premia il miglior disco del Regno unito), nel 2009 gli Antony and The Johnsons doppiano il capolavoro, pubblicando il loro terzo ed attesissimo album. Già da “Her eyes are underneath the round” si intuisce l’atmosfera che accompagnerà ogni traccia di questo lavoro: delicatezza, calore, sospensione eterea di ogni parola e nota (da cui è difficile allontanarsi). E’ tutto teso e compresso allo stesso momento. Se la tensione è agli estremi nella title track, dove la voce tocca la cima delle sua qualità prendendo di taglio ogni strumento e ogni fraseggio, con “Another World” l’atmosfera si rilassa e i vertici vocali si abbassano e si avvolgono di suoni misteriosi. Progressive e talvolta istantanee inversioni di umore colorano il disco con milioni di cromatismi. “ The crying light” : un cd da avere sotto il cuscino, sempre.
I PRODIGY si PRODIGano ed è un PRODIGYoso PRODIGYo… Un album straripante, sarà l’attesa (5 anni dal loro ultimo lavoro) ma la voglia di ballare è salita subito al cervello . Pochi fronzoli: melodie contagiose, ritmi ipnotici e drum machines che definire cattive è un eufemismo. Pericoloso da ascoltare in auto (le mani si alzerebbero troppo spesso dal volante) “Invaders must die” si lascia apprezzare anche dai neofiti dell’elettronica per la sua grande immediatezza. Non mancano certo le solite, indovinatissime linee vocali, che tra tecno e dance, ci trascinano inesorabilmente in un rave scatenato.
Maurizio Milano
Book
”Radiohead. A Kid” Gianfranco Franchi
Luigi Impagliazzo
Book
E’ uscitoil 13 maggio in tutte le librerie, un libro che interesserà non solo i numerosi fan dei Radiohead, ma qualsiasi appassionato di musica. “adiohead. A Kid. Testi commentati (Arcana, pp. 540, Euro 18,50) di Gianfranco Franchi rappresenta infatti una proposta editoriale per molti aspetti inedita: non è solo una raccolta di tutti i testi della band di Thom Yorke dalle origini fino all’ultimo lavoro in studio In Rainbows, ma una vera e propria monografia che non nasconde i risvolti saggistici, con l’apprezzabile obiettivo di allargare i tradizionali confini del campo della critica musicale pop. I commenti al testo non sono azzardate interpretazioni che fanno perno su proprie suggestioni personali, ma frutto di un vero e proprio metodo nel segno della letteratura comparata. Franchi ha analizzato ogni brano, album per album (incluse inedite e B-Side), confrontando e comparando i testi con una nutrita rassegna stampa mondiale, web e cartacea, alla ricerca di tutti i riferimenti metaletterari di cui sono intessute le trame dei testi di Yorke: ecco che Douglas Adams, Thomas Pynchon, Lewis Carroll, George Orwell, T.S. Eliot, Kurt Vonnegut, Goethe e Dante s’adattano alla scrittura rock come niente fosse. A tutto ciò si aggiunge il talento narrativo di Franchi, la cui ultima opera, Monteverde, è da poco uscita per Castelvecchi. Ha scritto Mauro Garofalo in una sua recensione, “come Nick Hornby, un linguaggio pulito a tratti emotivo, accompagna per mano nella storia della band, che più di ogni altra, ha cambiato il rapporto tra musica e tempo”. Giovanni di
Benedetto
MUSICA Charlotte Gainsbourg
5:55
Iniziamo la scoperta della moderna scena musicale francese in maniera simbolica, con il disco di una figlia d’arte, Charlotte Gainsbourg. IL suo è uno di quei rari casi in cui un artista riesce a divincolarsi egregiamente dal peso del proprio nome, con una carriera di assoluto valore. Caratterizzata da una bellezza non classica (come quelle che invadono gli schermi hollywoodiani),la Gainsbourg ha un fascino tutto particolare che l’ha imposta all’attenzione del grande pubblico in film come “21 Grammi” di Inarritu, “I’m not there” di Todd Haynes e soprattutto “L’arte del sogno” di Michel Gondry. Nel 2006, a più di dieci anni dalla sua ultima prova da chanteuse - la colonna sonora del film diretto dal padre “Charlotte forever” , ha pubblicato un disco 5:55, che vede la collaborazione di nomi illustri del panorama musicale internazionale: Air, Neil Hannon dei Divine Comedy e Jarvis Cocker dei Pulp. Il tutto sotto la sapiente guida di Nigel Godrich, storico produttore dei Radiohead. La direzione del disco è quindi chiara sin dall’inizio: del sano pop nella sua forma più nobile, arrangiato egregiamente con strumenti elettronici ed acustici ed interpretato in maniera delicata - a volte fin troppo leziosa, ma il fascino è anche in questo - dalla Gainsbourg con una voce sempre sul filo del sospiro. L’apertura del disco è affidata alla title track, una canzone che sembra uscita direttamente da Talkie Walkie degli Air, caratterizzata com’è da un leggero beat e da un pianoforte che rievoca i fasti di Cherry Blossom Girl. The Operation è la canzone con l’incedere meno lezioso, con una batteria di chiara matrice new wave, mentre The Song that We Sing, è l’episodio più squisitamente pop, con una maestosa orchestrazione e un suonare di campanellini che accompagnano la chitarra acustica per tutta la durata della canzone. A dispetto dei luoghi comuni che vedono i francesi dei bigotti nazionalisti snob che hanno in odio l’inglese, ad essere cantata in francese è soltanto una canzone, Tel Que Tu Es, che non a caso è l’episodio che più da vicino ricorda quei territori solcati dalla madre Jane Birkin nella sua carriera discografica. Resta comunque un comune denominatore per queste undici canzoni: una sobria eleganza lontana dalle derive kitches di tanto pop patinato “made in england”. Un’elegenza che è sempre ad un passo dal divenire fredda esecuzione, ma capace di riscattarsi, grazie ai suontosi arrangiamenti di Godrich e alla penna della coppia Godin/Dunckel (Air) da questo pericolo. E basterebebro i tre minuti della conclusiva Morning Song a fare da testimonianza a quanto detto. Una canzone quella conclusiva, con un titolo che rispecchia pienamente il mood dell’album: lezioso e caldo come un pomeriggio autunnale parigino. Un disco, in definitiva, 5:55 per quelli che nella musica non cercano sempre e soltanto il capolavoro, ma sono più inclini verso quella malinconica piacevolezza che caratterizza artisti come Belle & Sebastian o gli stessi coautori del disco della Gainsbourg, gli Air. Un disco pop, semplicemente.
Giovanni di Benedetto
a cura di Luigi Impagliazzo
ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
“IO & MARLEY” di David Frankel “A loro non importa che tu sia ricco, loro non vestono abiti firmati C’erano una volta due giovani giornalisti che, dopo essersi sposati nel Michigan, scelgono di trascorrere la loro vita nel famoso stato del sole, cioè in Florida. Appena arrivati John e Jenny si sistemano nel loro accogliente focolare domestico, in cui lui avverte che a Jenny manca qualcosa. John capisce che desidera avere un figlio, ma, temendo di non essere ancora pronto a diventare padre, chiede un consiglio al suo amico e collega Sebastian. Questi gli suggerisce di portare Jenny ad acquistare un piccolo cucciolo di Labrador, che chiama Marley. Tuttavia i figli arriveranno e il piccolo Marley crescerà, causando non pochi disastri. Dopo circa 3 anni dal suo ultimo lavoro, Il diavolo veste Prada, David Frankel torna sul grande schermo con la storia di un cucciolo comprato “in saldo” e degli enormi guai che provoca sin da piccolino. Tratto dall’omonimo libro di John Grogan Io & Marley è una commedia che poteva rischiare di ricalcare le orme di altri film con protagonisti cani combina guai, come “Beethoven”, “Quattro bassotti per un danese” e “Un Chihuahua a Beverly Hills”. Tuttavia in questo caso si narra di una famiglia che, oltre a dover affrontare le difficoltà e le gioie di tutti i giorni, è impegnata a tenere sotto controllo quella travolgente calamità chiamata Marley. Nonostante lo sforzo del regista non posso affermare con fermezza che il lavoro di Frankel sia ben riuscito, perché, se inizialmente l’andamento del racconto è abbastanza scorrevole e divertente, forse anche per la buona interpretazione di Owen Wilson, nella seconda parte invece diventa alquanto faticoso mantenere l’attenzione. È comunque un film che consiglio di vedere, ma dopo aver bevuto un caffè o fatto un riposino. Cristina Cipriani
loro vogliono solo che "tu" gli voglia bene e in cambio "lui" ti darà tutto il suo cuore.”
“Generazione 1000 EURO” di Massimo Venier “Questa è l’unica epoca in cui i figli stanno peggio dei padri e la nostra risposta qual è ? Mangiare sushi!” Quattro giovani trentenni cercano di capire come realizzare i loro sogni e le loro passioni in un mondo dove non c’è posto per pensare a queste cose. Matteo è laureato in matematica, ma per pagare ogni mese l’affitto fa un lavoro che detesta nel reparto marketing e in più rischia che il suo contratto non sia rinnovato. Francesco è amico-coinquilino di Matteo e anche lui pur di rimanere nel campo della sua grande aspirazione, il cinema, lavora come proiezionista di un vecchio cinema. Angelica è laureata in marketing e lavora come vicedirettore del reparto di Matteo. Infine c’è Beatrice che è un’insegnate precaria, ma soprattutto nuova coinquilina di Matteo e Francesco. La passione vincerà sulla ragione? Il regista del famoso trio comico, Aldo Giovanni e Giacomo, Massimo Venier è di nuovo nelle sale cinematografiche dal 24 Aprile con Generazione 1000 €. Il film è tratto dall’omonimo libro scritto da Antonio Incorvaia e Alessandro Rimassa che, prima di essere stato pubblicato dalla Rizzoli nel 2006, ha spopolato nel web come “instan book”, arrivando a essere scaricato trentaseimila volte in sei mesi. La vita di quel nuovo genere di essere umano, il precario, negli ultimi dieci anni circa è stata raccontata dapprima da Mario Ponti in Santa Maradona e poi da Paolo Virzì in Tutta la vita davanti. Adesso tocca a Massimo Venier che sceglie di non raccontare solo la precarietà dal punto di vista lavorativo, ma di intrecciarla con quella della vita stessa. Una vita quella di Matteo che è messa duramente alla prova dalla possibilità di essere uno tra i tantissimi disoccupati italiani e dalla formazione di uno scontato triangolo amoroso. La storia è articolata in maniera coerente e fluida, forse anche grazie all’opportunità di poter usufruire di un ottima sceneggiatura, che ha dato la possibilità ai singoli attori di caratterizzare approfonditamente il proprio personaggio. Tuttavia ho trovato l’interpretazione di Alessandro Tiberi (Matteo) e Carolina Crescentini(Angelica) in alcuni punti impostata e poco spontanea, mentre ho preferito la recitazione allegra e allo stesso tempo impegnata di Valentina Lodovini (Beatrice) e Francesco Mandelli (Francesco), unita alla straordinaria partecipazione di Paolo Villaggio. A questo punto vi chiederete: perché andare al cinema a vedere Generazione mille euro? Io risponderei che vedere questo film dà l’occasione di fermarsi e ascoltare una generazione di giovani che più delle altre chiede di essere ascoltate e capite. Pertanto perché non trovare un po’ di tempo, così da riuscire a inserire questo film tra una commedia sdolcinata e un racconto d’avventura? Cristina Cipriani
“Questa notizia non s’ha da sapere…”
Politica, mafia e libertà d’informazione. In questi giorni i lettori dei quotidiani on line come “La Repubblica” e “Il Sole 24 ore” hanno appreso una notizia che nella loro percezione deve essere risultata alquanto anomala: il rapporto annuale pubblicato dall’organizzazione internazionale Freedom House sulla libertà di stampa vede l’Italia, tra i 195 paesi presi in esame, al settantatreesimo posto, tra Israele e Hong Kong, e prima, tra i paesi europei, solo alla Turchia. L’incredulo lettore si sarà chiesto anche come mai la notizia era largamente presente su internet, ma poco diffusa dalle reti televisive. “La libertà di stampa in Italia non è forse costituzionalmente garantita?” Si sarà domandato. Allora, perché Freedom House, autorevole organizzazione statunitense fondata nel 1941 nientemeno che da Eleonor Roosevelt, che pubblica annualmente il rapporto Freedom of the Press allo scopo di osservare lo stato della libertà di stampa in alcuni paesi, piazza la nostra Italia addirittura dopo i paesi del Terzo Mondo, classificandola tra i paesi partly free, ovvero parzialmente liberi? “Il nostro non è forse uno dei paesi europei più liberi ed avanzati?” Avrà pensato. Lo è. Ma gli esperti di Freedom House analizzano lo stato dei paesi studiando tre ambiti: legale, politico ed economico. Categoria legale: le leggi varate dal parlamento italiano possono influenzare la stampa e i media? Una sola risposta: Legge Gasparri. Veniamo all’ambito politico, quello che si occupa dell’indipendenza editoriale dei media statali e privati, entrambi i quali sembrano essere controllati dal nostro premier Silvio Berlusconi e che concerne l’esistenza di intimidazioni verso i giornalisti da parte dello stato e di altre organizzazioni. Ultima voce: categoria economica, ovvero quella che valuta la concentrazione proprietaria dei media e i meccanismi discrezionali per distribuire pubblicità governativa o sussidi pubblici (ancora Legge Gasparri). Tre su tre. Il lettore penserà: “questa è matematica”. E, infatti, ci sono tutti i presupposti perché l’Italia sia considerata un paese in cui la libertà di stampa non viene tutelata. Inoltre ci sono problemi collaterali come l’accesso alla professione giornalistica, che in Italia è molto regolamentato. Ma basterebbe pensare alla legiferazione in materia di giornalismo: potrebbe, infatti, essere approvato a breve un provvedimento legislativo relativo alla pubblicazione degli atti giudiziari e delle intercettazioni ordinate dalla procura, i quali non potrebbero essere resi noti fino alla fine delle inchieste in corso; un provvedimento che minaccerebbe il giornalismo investigativo. Questo è il paese della Mafia, del conflitto d’interesse irrisolto e irrisolvibile. Il lettore vorrà sottoscrivere George Orwell a questo punto: “La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”. Angela Marino
L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
Politica, mafia e libertà d’informazione. In questi giorni i lettori dei quotidiani on line come “La Repubblica” e “Il Sole 24 ore” hanno appreso una notizia che nella loro percezione deve essere risultata alquanto anomala: il rapporto annuale pubblicato dall’organizzazione internazionale Freedom House sulla libertà di stampa vede l’Italia, tra i 195 paesi presi in esame, al settantatreesimo posto, tra Israele e Hong Kong, e prima, tra i paesi europei, solo alla Turchia. L’incredulo lettore si sarà chiesto anche come mai la notizia era largamente presente su internet, ma poco diffusa dalle reti televisive. “La libertà di stampa in Italia non è forse costituzionalmente garantita?” Si sarà domandato. Allora, perché Freedom House, autorevole organizzazione statunitense fondata nel 1941 nientemeno che da Eleonor Roosevelt, che pubblica annualmente il rapporto Freedom of the Press allo scopo di osservare lo stato della libertà di stampa in alcuni paesi, piazza la nostra Italia addirittura dopo i paesi del Terzo Mondo, classificandola tra i paesi partly free, ovvero parzialmente liberi? “Il nostro non è forse uno dei paesi europei più liberi ed avanzati?” Avrà pensato. Lo è. Ma gli esperti di Freedom House analizzano lo stato dei paesi studiando tre ambiti: legale, politico ed economico.
“Questa notizia non s’ha da sapere…”
Categoria legale: le leggi varate dal parlamento italiano possono influenzare la stampa e i media? Una sola risposta: Legge Gasparri. Veniamo all’ambito politico, quello che si occupa dell’indipendenza editoriale dei media statali e privati, entrambi i quali sembrano essere controllati dal nostro premier Silvio Berlusconi e che concerne l’esistenza di intimidazioni verso i giornalisti da parte dello stato e di altre organizzazioni. Ultima voce: categoria economica, ovvero quella che valuta la concentrazione proprietaria dei media e i meccanismi discrezionali per distribuire pubblicità governativa o sussidi pubblici (ancora Legge Gasparri). Tre su tre. Il lettore penserà: “questa è matematica”. E, infatti, ci sono tutti i presupposti perché l’Italia sia considerata un paese in cui la libertà di stampa non viene tutelata. Inoltre ci sono problemi collaterali come l’accesso alla professione giornalistica, che in Italia è molto regolamentato. Ma basterebbe pensare alla legiferazione in materia di giornalismo: potrebbe, infatti, essere approvato a breve un provvedimento legislativo relativo alla pubblicazione degli atti giudiziari e delle intercettazioni ordinate dalla procura, i quali non potrebbero essere resi noti fino alla fine delle inchieste in corso; un provvedimento che minaccerebbe il giornalismo investigativo. Questo è il paese della Mafia, del conflitto d’interesse irrisolto e irrisolvibile. Il lettore vorrà sottoscrivere George Orwell a questo punto: “La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”.
REPORT e il metodo della verità Si è conclusa con la puntata del 7 giugno l’edizione 2009 di Report, la trasmissione di inchiesta giornalistica condotta da Milena Gabanelli, in onda, da sette anni su Raitre. Anche questa stagione, gli autori e la redazione di Report ci hanno informato su vicende che riguardano l’ambiente, la società, l’economia, la scienza e, ancora una volta, la trasmissione si è guadagnata, insieme all’apprezzamento della critica, ascolti rispettabilissimi. Tuttavia nell’ultima puntata la conduttrice si è sentita in dovere di affrontare il delicato tema delle querele e delle azioni legali contro la produzione e la redazione sporte dai soggetti citati nelle inchieste di cui il programma si occupa: con orgoglio, la Gabanelli ha dichiarato di non aver mai subito una condanna per diffamazione. Un risultato davvero eccezionale se si considera che la trasmissione - l’unica che offra questo genere di servizio in onda sui network italiani - si occupa di indagare e accertare la verità su problemi di interesse generale, attribuendo eventuali responsabilità e ricostruendo i fatti con occhio imparziale. Significativo in questo senso è in nome che la trasmissione porta: Report, che tradotto dall’inglese significa rapporto, resoconto. Un rapporto che i giornalisti freelance che lavorano in redazione offrono, dopo mesi di ricerche e indagini autofinanziate, allo spettatore italiano. Il progetto si basa su un ordine organizzativo efficiente che v ede una produzione interna ridotta al minimo, cosa che limita i costi di produzione, rendendo la trasmissione competitiva sul mercato, e che fa di questo programma un prodotto unico sulle reti italiane; non a caso l’edizione 2009 si è aggiudicata il premio giornalistic o Barzini. Offrire un rapporto dettagliato e spregiudicato sui fatti, oltre ad essere uno splendido esempio di giornalismo etico, è un servizio impagabile per lo spettatore. Come diceva Orwell, a proposito di una società che dopo anni somiglia ancora segnatamente, pericolosamente alla nostra: “Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”. Proprio così. Angela Marino
STOP AL POLITICAL SHOW Ultimamente accendendo la Tv o semplicemente leggendo i giornali si ha l’impressione di trovarsi continuamente di fronte a un reality show, che si tratti di spettacolo o politica non fa più molta differenza. Protagonisti del reality del mese sono Silvio Berlusconi,Veronica Lario e Noemi Letizia. Quest’ultima, a mio parere, assoluta vincitrice dell’immaginario programma! Gli ingredienti del reality ci sono tutti: il latin lover, la donna ferita e la giovane che vuole entrare nel mondo dello spettacolo. Si è addirittura scomodato il Times di Londra per parlare del triangolo mediatico, la partecipazione del premier ad una festa di compleanno fa notizia più di ogni altra cosa. Ciò che mi colpisce non è la vicenda in sé, perché ciò che accade in casa Berlusconi non ci riguarda a mio parere, ma l’attenzione morbosa che giornali e Tv hanno riservato a questa bega familiare. Siamo noi lettori e spettatori a chiedere tutto questo? Siamo dunque un popolo di impiccioni, pettegoli, e reality-dipendenti? o forse sono certi giornali e la Tv che non hanno argomenti sufficientemente interessanti da proporci? Io credo di no, penso che tutte queste chiacchiere ci vengano rifilate perché fa comodo ad un po’ di gente che sia così. Qualunque politico dovrebbe far parlare di sé per le sue azioni politiche, negative o positive che siano, non per la sua vita privata. Dovrebbe esserci una grande differenza tra l’idea di un personaggio pubblico quale un attore o un conduttore televisivo e la concezione di personaggio pubblico relativa ad un politico. Noto, invece, che il gossip ha ormai invaso tutti i campi, togliendo anche quel po’ di serietà che era rimasta in giro. Sia il giornalismo, sia certe trasmissioni televisive, dovrebbero perseguire innanzitutto la serietà, mantenendo un alto standard di qualità di contenuti. Trovo deprimente il fossilizzarsi su certe polemiche sterili che toccano il mondo politico che via via si intreccia sempre di più con quello dello spettacolo. Sono contraria a tutto ciò che diventa un caso mediatico, perché credo che il nostro Paese abbia un’infinità di problemi di cui ci si potrebbe occupare, mettendo da parte la pubblicità gratuita agli affari extrapolitici del Premier. E’ proprio vero ciò che affermava Paul Valery: “ La politica è l’arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda”.
Alessandra Marziale
GIANCARLO SIANI…LA FORZA DELLE PAROLE Mercoledì 13 maggio 2009, alle ore 16:30, presso la Biblioteca Comunale Benedetto Croce al Vomero, si è tenuta un’iniziativa, dal titolo "Senza Filtro: Giancarlo Siani, la forza delle parole", promossa dall’associazione culturale “Artemision” per ricordare la figura di Giancarlo Siani, il giornalista de “Il Mattino” ucciso dalla Camorra il 23 settembre 1985. Si sono alternati alle letture gli interventi del prof. Raffaele Giglio, ordinario di Letteratura italiana presso l’Università degli Studi di Napoli "Federico II”, il dott. Maurizio Cerino, co-sceneggiatore del film “Fortapasc”, amico e collega de “Il Mattino” di Siani ed il dott. Paolo Siani, fratello di Giancarlo. Sono stati proiettati un corto “Il camorrista nel pallone” dei The Jackal , una parodia del sistema camorristico in chiave calcistica, uno, invece, d’inchiesta sulla Torre Annunziata di oggi ed infine alcuni estratti dal film di Marco Risi “ Fortapasc”; sullo sfondo durante la lettura degli articoli, sono state mostrate alcune fotografie di repertorio di Giancarlo. L’evento è stato realizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della V municipalità Vomero-Arenella. Un reading & riflessioni, in cui quattro giovani giornalisti napoletani: Sandro di Domenico Enrico Nocera, Edoardo Gennarini e Serena Grassia, riflettendo sulla propria professione, hanno letto quattro articoli, tratti dal doppio volume che raccoglie tutti gli scritti di Giancarlo Siani, dal titolo “Le parole di una vita” edito dalla casa editrice Phoebus, con la prefazione del prof. Giglio. Lo scopo dell’iniziativa è fornire un ritratto di Giancarlo, un ritratto del giovane giornalista di periferia, che “fa bene il suo lavoro”. Con la lettura degli articoli, scelti in ordine cronologico, si è riuscita a tracciare una parabola evolutiva della crescita di Siani. Giancarlo era una giovane giornalista, precario, corrispondente da Torre Annunziata, presso la sede distaccata di Castellammare di Stabia del giornale “Il Mattino”. Ben presto il suo interesse giornalistico si concentra sui fenomeni sociali come il disagio e l'emarginazione, quali principali fattori di proliferazione della criminalità organizzata, "la camorra". I suoi pezzi analizzano con una lucidità impressionante tutti i legami tra le diverse "famiglie camorristiche", gli intrecci tra new economy e politica. Per Siani il primo dovere di una giornalista è quello di aprire gli occhi al lettore, di destare dal torpore la società civile affinché ci fosse un riscatto. Una coerenza che si trasforma in parola, che denunzia ed analizza la realtà. Giancarlo mostra nei suoi scritti un impegno quotidiano per la legalità, animato da un profondo senso di giustizia. Il primo articolo letto porta la data del 25 ottobre 1982, Giancarlo allora aveva solo 23 anni. Fare il cronista locale, spiega Sandro Di Domenico, vuol dire anche occuparsi di notizie non sempre particolarmente interessanti, in questo pezzo, “Minibolidi in Gara” Giancarlo descrive una gara di minivetture radiocomandate. Questo evento apparentemente semplice, gli offre lo spunto per descrivere una domenica di festeggiamenti locali ed uno spaccato sociale di Torre Annunziata.
L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
La filosofia si fa donna. La giustizia secondo Simone Weil Il 7 e 8 Maggio si sono tenute, all’Istituto Italiano Per Gli Studi Filosofici, le giornate di studio in onore del centenario della nascita di Simone Weil, a cura di Stefania Tarantino. Gli incontri nascono dall’esigenza di divulgare il pensiero filosofico femminile del Novecento, troppo spesso dimenticato nelle aule universitarie. In un Paese che è stato definito “quasi libero”, ripensare oggi la Giustizia a partire dal sentimento di “indignazione” nei confronti di tutte le violenze, soprusi, torti inflitti agli innocenti, è la via giusta da percorrere per risvegliare una società ormai indifferente verso il suo destino. Le parole di Angela Cortese, di Emilia Bea, di Giovanna Borrello, dimostrano la necessità di passare dall’etica del riconoscimento all’etica dell’attenzione, affinché la filosofia non rimanga solo un vuoto esercizio di erudizione, ma trasformi gli esercizi spirituali di giustizia, amore e SIMONE carità in pratiche di vita. Che cosa è dunque la Giustizia per Simone Weil? E’ ciò che risponde alla rivendicazione del torto ricevuto, all’urlo di WEIL dolore dell’uomo che, abbandonato da Dio alle sue sventure, si chiede il perché senza ricevere una risposta. Se il male non è inscritto geneticamente nella natura umana, è allora paragonabile ad una malattia infettiva, dalla quale ci si può curare con l’esercizio della filosofia e con la pratica della virtù. Il pensiero della filosofa parigina lascia aperte molte speranze, difatti concepisce l’uomo buono per natura, per cui è sempre possibile la redenzione e la conversione, aprendosi alla carità e alla bontà di Dio. La giustizia, pertanto, deve essere “anamnestica”. Volgendo lo sguardo all’indietro, deve dare voce a chi ancora aspetta i diritti negati. Il paradigma di questo modello è il “buon samaritano”, capace di provare amore disinteressato e compassione infinita per i meno fortunati. Al contrario, si è affermato un concetto di giustizia “obliante”, tipico del pensiero utopico e mitologico, che trasfigura la realtà con l’immaginazione, al fine di cancellare ciò che lo disturba. Oggi si adora una falsa grandezza. Il pensiero dell’indignazione, invece, mira a scompaginare il sistema dominante, facendo leva su ciò che è considerato piccolo e d insignificante, perché convinto del suo potere di rinnovamento. La Weil, abbracciando il pensiero mistico, dopo un’iniziale adesione al comunismo, è convinta che sia possibile fugare il rischio di un nuovo totalitarismo, solo dopo aver fondato una religione spirituale autentica. Lontana dalle seduzioni sia del cristianesimo della Chiesa ufficiale, che del sionismo di Israele, cerca un monoteismo libero da ogni forma di idolatria; fino al punto da considerare più vicino a Dio un ateo che un religioso moderno. Il vero uomo di fede è colui che trasfigura ogni ingiustizia con un atto di carità. Proprio grazie al silenzio di Dio, nei momenti di maggiore oppressione di un popolo è possibile vedere la realtà al di là della maschera, la condizione dell’uomo ne lla sua nudità senza veli. Se è vero che l’animo smette di amare, una volta che è stato ferito dai grandi orrori della storia di cui l’uomo è capace, è anche vero che non è l’unica soluzione che gli è concessa. Può, anzi, deve decidere di volere amare, fosse anche il nulla. Il maestro di vita si rivela il Cristo, morto in croce per amore degli uomini. La filosofa anarchica insegna come non sia possibile sfuggire alla sventura con la menzogna. Chi ha la possibilità di accedere ai mezzi di comunicazione e possiede le capacità linguistiche, nasconde la verità del dolore del mondo. Chi può dire la verità è solo l’emarginato, ma per una sorta di destino tragico è proprio colui che resterà sempre inascoltato. Il dibattito della prima mattinata di incontri si conclude identificando il concetto di Giustizia, secondo Simone Weil, come amore per il prossimo. Il messaggio che se ne può trarre è la necessità di superare l’egocentrismo dell’Io, cominciando a guardare il mondo a partire dalla prospettiva dell’altro. Ciò è possibile solo grazie alla carità, come unica forma di giustizia capace di riportare l’equilibrio in una situazione di illegalità. Ferrante Noelle
Libertas delenda est Il 6 luglio ventuno esponenti dell’Onda sono stati arrestati nelle città di Torino, Padova, Bologna e Napoli. La Digos di Torino, in coordinamento con la Direzione centrale della polizia di prevenzione, ha eseguito su ordine del procuratore capo Giancarlo Caselli le misure di custodie cautelari per gli incidenti avvenuti nel capoluogo piemontese, durante il G8 dell'Università. Le violenze scoppiarono dal 17 al 19 maggio e negli scontri rimasero ferite 19 persone. I reati contestati sono violenza, resistenza, lesioni, danneggiamenti in concorso aggravato. Le misure cautelari, 16 in carcere e 5 ai domiciliari, hanno riguardato esponenti di movimenti legati all'area cosiddetta antagonista. Le contestazioni nei confronti del provvedimento non si sono fatte attendere. Sono stati occupati i rettorati delle università di Napoli, Milano, Bologna, Roma e Pisa. L'Onda Anomala di Venezia scrive in una nota: "Quello che appare chiaro è il meccanismo repressivo che mira a colpire il movimento dell'Onda: studenti, ricercatori, donne e uomini del mondo della formazione che in questi mesi hanno dimostrato con i fatti e con le analisi la vitalità di una generazione
che
molti
vorrebbero
schiacciata
dalla
crisi”.
Valerio
Evangelisti
(su
www.camillaonline.com) definisce gli arresti dei ragazzi come un tentativo di “ucciderli da piccoli”. Tale metodo “consiste nell’individuare gruppi di individui potenzialmente pericolosi, in quanto notoriamente ostili al sistema o a certi suoi aspetti, e incarcerarli o comunque angariarli in via preventiva, subissandoli di capi d’imputazione. Ciò in nome di lievi reati del passato prossimo o remoto, ingigantiti a livello di crimini colossali, oppure di reati non ancora commessi ma che potrebbero commettere in futuro”. La motivazione ufficiale riguarda le scaramucce (definirli “scontri” è esagerato) del 19 maggio scorso a Torino, contro la conferenza dei rettori d’Europa, chiamata a convalidare la totale privatizzazione dell’istruzione universitaria. Il movente vero è però stato enunciato a tutte lettere: gli arrestati “avrebbero potuto contestare la riunione del G8”. Questa giustizia preventiva non rispetta il caposaldo legislativo dell’innocenza fino a prova contraria, sostituisce le prove di accusa con la possibilità di colpevolezza e insinua il sospetto che in Italia per essere colpevoli basta averne la faccia. Come spiegare un arresto di una persona che ha commesso come unico crimine la manifestazione di un dissenso che rientra nei suoi diritti di cittadino libero di uno stato democratico. Oppure, dobbiamo cominciare a dubitare che il nostro sia un paese democratico e dobbiamo pensare che i Catoniani che affollano i parlamenti e le aule giudiziarie hanno deciso che, dopo Cartagine, anche la libertà vada rasa al suolo preventivamente. Per non darle il tempo di crescere e fiorire nella terra desolata del nostro presente. Ugo La Bella
CASSANDRA SPORT
Confederations Cup La pessima figura dei campioni del mondo in carica La maggior parte degli italiani non ne ha mai sentito parlare fino a qualche settimana fa, quando tutte le nostre TV hanno iniziato a bombardarci di partite tra nazionali nella terra dei futuri mondiali 2010; ma dopo qualche perplessità iniziale da parte nostra, poiché non avevamo mai partecipato e dunque eravamo anche ignari sulle finalità di queste competizioni, subito è scattata la passione e l’interesse per la Confederations Cup, ossia il torneo tra nazionali di calcio, organizzato dalla FIFA, che si svolge con cadenza quadriennale l’anno precedente ai mondiali nella terra che ospiterà i mondiali. La Confederations Cup si svolge con regolarità dal 1992, da quando ancora si chiamava “King Fahd Cup”in onore del re e primo ministro dell’Arabia Saudita e si giocava con quattro squadre, scelte senza criteri prestabiliti, appunto in Arabia Saudita; ad oggi questa manifestazione è cresciuta, dal 1997 vi partecipano otto squadre,vincitrici di tornei continentali e dell’ultimo mondiale, divise in due gironi e dal 2005 la FIFA ha stabilito luogo e data del torneo come noto. Viene tristemente ricordato il torneo del 2003, svoltosi in Francia, per l’improvvisa morte al 73esimo minuto di Cameroon-Colombia del calciatore Marc Vivien Foè, tutti ricordiamo le immagini di quando si accasciò a terra apparentemente privo di sensi. L’edizione del 2009 si è svolta in Sudafrica e ha visto la partecipazione di tre squadre nuove al torneo: Italia, Spagna e Iran e anche l’introduzione di una nuova trombetta da stadio, la Vuvuzela, strumento tipico del luogo ma dal rumore assordante che infastidisce i giocatori; si scoprirà tra un anno se sarà vietata negli stadi o meno. Il torneo di quest’anno è stato vinto dai soliti brasiliani, anche se gli USA sono stati la rivelazione della Confederations Cup ma nel finale hanno subito la superiorità tecnica del Brasile. Tutto si è svolto in un clima di grande festa e passione per il calcio, ma per noi italiani la questione è stata leggermente diversa perché, anche se eravamo i favoriti della competizione, non ci siamo distinti per i pregi del nostro buon calcio, anzi abbiamo subito una vergognosa batosta pareggiando con l’Egitto e perdendo malamente col Brasile. Per giustificarsi i nostri campioni del mondo in carica hanno dato la colpa al clima e all’altitudine del luogo, fattori che senza una adeguata preparazione atletica risultano enormi ostacoli; ma forse, pensano i più maligni, anche la veneranda età di molti dei giocatori ha fatto la sua parte in questa grossa brutta figura premondiale. Speriamo che Lippi si sia reso conto dei limiti della squadra e che corra ai ripari per l’imminente mondiale, altrimenti non riusciremo ad uscirne a testa alta mantenendo intatto l’onore dei campioni del mondo 2006. Maria Dolores Maffeo
L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
CASSANDRA SPORT
Briganti Napoli
In un Paese dominato dal calcio e che dà poco spazio ad altre discipline è importante conoscere altre realtà che mantengono alto il nome dello sport inteso come mezzo di trasmissione di valori universali, scuola di vita che insegna a lottare e a socializzare e soprattutto come puro divertimento. Oggi questi valori sono invisibili ai nostri occhi, forse, a causa dei milioni di euro che girano intorno al calcio, i cui giocatori non sono attaccati alla maglia e alla squadra, ma al miglior ingaggio; ed è in questo clima che è bello scoprire altre realtà. A Napoli abbiamo una forte squadra di Football americano, i Briganti, che gioca nella Silver League, ha avuto riconoscimenti dal sindaco Jervolino, è impegnata con associazioni di beneficenza ed è stata menzionata da John Grisham nel libro “il professionista”. Per capirne di più intervisterò uno dei due fondatori della squadra Nicola Cirillo.
Intervista ad uno dei fondatori della squadra di Football americano di Napoli, Nicola Cirillo Ciao Nicola, ci spieghi, per sommi capi, cos’è il Football americano? Shakespeare diceva che il calcio è un gioco per signori giocato da signori, il rugby è un gioco per animali giocato da signori, e il football è un gioco per animali giocato da animali. A distanza di quattro secoli posso dirti che il football è il gioco di squadra per eccellenza giocato da persone che si sentono parte di un’unica famiglia, che non hanno paura di entrare in campo e lottare per guadagnare campo avversario; e di paura ce n’è tanta se pensi che una carica tra due giocatori equivale a scontrarsi a 40 km all’ora contro un muro. Dico per eccellenza perché in questo sport non esiste il giocatore che fa la differenza, infatti la squadra vince se tutti fanno bene il proprio dovere. Quindi il Football americano va al di là del semplice sport? Certo. Chiunque ne entra in contatto lo sente come uno stile di vita, non a caso il football ha anche una filosofia intrinseca, come si evince dal film “Ogni maledetta domenica”, ossia la conquista del territorio per raggiungere la meta e questa conquista avviene piano, solo centimetro dopo centimetro e nel Football come nella vita non ci vuole forza fisica per raggiungere un obiettivo-meta, ma personalità. Chi conosce il football lo considera uno sport completo, nel quale servono abilità non solo fisiche, ma anche mentali e sociali. n Italia c’è una federazione che vi tutela? in Italia abbiamo la F.I.F.(federazione italiana football) e la F.I.D.A.F.(federazione italiana di american football)ma non ci tutelano granché, hanno il solo scopo di organizzare il campionato. E oltre che nell’organizzazione, in cosa siete assistiti? Praticamente in nulla. Abbiamo un’assicurazione minima contro gli infortuni, ma che di fatto non riesce a sostenere le enormi spese di un infortunio. Chi pratica il Football americano in Italia lo fa solo per amore e dedizione a questo sport e alla squadra, senza secondi fini; la maggior parte dei nostri ragazzi studia all’università, altri lavorano, quindi un infortunio potrebbe far perdere loro mesi di attività e soldi per le cure, ma già se si va in Germania il discorso cambia, il football è il secondo sport nazionale dopo il calcio, quindi c’è più considerazione e più soldi per finanziare le squadre. Com’è nata in te la passione per questo sport particolare e poco praticato in Italia? Io non considero questo sport una passione, perché la passione è un fuoco che nasce improvviso e allo stesso modo può anche spegnersi; per me è come una malattia dalla quale non si guarisce, e l’ho avuta da sempre anche se ho iniziato a 17 anni spinto da un amico che giocava in una delle tante squadre napoletane che hanno avuto vita breve. Ma perché molte squadre non sono sopravvissute e in Italia non ci sono finanziamenti? Perché il football è un gioco che costa! Per vestire un solo giocatore, tra casco e varie protezioni, si spendono intorno ai mille euro; se si pensa anche che dobbiamo autofinanziarci, è dura. Nel 2000 il Football è stato espulso dal CONI a causa di una cattiva gestione che ha accumulato debiti su debiti, ed oggi quindi per sopravvivere siamo costretti a far pagare una retta mensile ai giocatori, nonostante giochiamo in Silver League e siamo professionisti. Ritornando alla nascita dei Briganti, che difficoltà hai dovuto affrontare agli inizi? Per far meglio comprendere le difficoltà iniziali ti racconto un episodio, io e l’altro fondatore, il mio amico Matteo Garofalo, per comprare i palloni da football, non essendoci fornitori, andavamo fuori la NATO e chiedevamo con i soldi alla mano, agli americani che entravano, il piacere di fare degli acquisti per noi, ma molti non si avvicinavano neanche, spaventati da due ragazzini.
CASSANDRA SPORT
Briganti Napoli
Intervista ad uno dei fondatori della squadra di Football americano di Napoli, Nicola Cirillo Poi come è continuata la storia? Abbiamo festeggiato i 10 anni di vita nel 2008 e ora siamo in corsa per disputare i Playoff. Durante questi 10 anni ne abbiamo viste di tutti i colori, senza mai mollare però; ci avevano dato uno spazio in un canale regionale nel quale raccontavano le nostre domeniche ma, sfortunatamente, siamo stati tagliati dal programma perché ci hanno detto che conviene di più parlare di calcio, anche di una serie minore. È stato molto demotivante ma come ho già spiegato noi non giochiamo per la gloria,ma per piacere di farlo. È vero che siete stati menzionati da John Grisham? “Tra giocatori che sputano l’anima e si rompono le costole per pura passione”Quanta verità in questa frase tratta dal libro. Sì è vero, Grisham venne in Italia, precisamente a Parma, perché è molto affezionato alla Emilia-Romagna; qui vide giocare i Panthers e restò affascinato dalla nostra voglia di giocare e dal fatto che, nonostante siamo professionisti, giochiamo unicamente per divertimento e non per soldi; non a caso il titolo originale è “Playing for pizza”. I Briganti sono legati ad associazioni di volontariato? Sì, almeno due volte all’anno siamo impegnati nel volontariato. Ultimamente ci siamo recati all’ospedale Santobono di Napoli per portare uova pasquali e una ventata di allegria a tanti bambini che inizialmente erano spaventati dalle divise, ma poi tolti i caschi si sono tranquillizzati e divertiti con noi. Il volontariato è gratificante, è un modo per portare aiuti e far sapere a tutti che esistiamo. Hai un episodio particolare da raccontare e che ti ha colpito riguardante il football? Moltissimi episodi sono degni di nota, ma ce n’è uno in particola che non posso mai dimenticare e che è testimonianza diretta della definizione che Grisham ha dato di noi. Prima che si trasferisse a Bergamo per lavoro giocava con noi Alessio, un cardiochirurgo; immagina, lui veniva ad allenarsi sempre e giocava tutte le domeniche nonostante gli impedimenti della famiglia a causa del suo lavoro, infatti il suo lavoro sono le sue mani, e con il football le sue mani erano sempre in pericolo ma, nonostante ciò, continuava e ancora oggi quando mi telefona mi dice che ha una voglia esagerata di giocare. Per concludere, puoi fornire ai nostri lettori un motivo valido per avvicinarsi ad uno sport così particolare come il Football americano? Consiglio questo sport a tutti coloro che non credono di esserene all’altezza; per giocare a football non ci sono dei requisiti fisici precostituiti, ciò che importa è la volontà di fare e avere i piedi ben piantati a terra, il fisico poi viene col lavoro. Noi ogni anno organizziamo un open season al quale partecipano tutti i ragazzini che vorrebbero far parte della squadra, siamo aperti a tutti e molti abbiamo salvato dalla strada e dalla droga, è vero che facciamo pagare una retta ma se un ragazzo non ha possibilità, ed è capitato già, facciamo una riunione tra noi e se il ragazzo è meritevole paghiamo tutti noi la sua retta, proprio come una grande famiglia. Per contattarci potete dare un’ occhiata al sito www.brigantinapoli.it e su facebook potete aggiungere i contatti Briganti Napoli o Covo dei Briganti, saremo lieti di accogliere nuovi giocatori e nuovi tifosi. Maria Dolores Maffeo
L’ECO DI CASSANDRA nO IV anno II
PARNASO Poesie Vorrei…
Vorrei camminare in un deserto e lasciare che il vento mi attraversi... vorrei sdraiarmi a pelo d'acqua e dimenticare il mondo... vorrei toccare con un dito una nuvola soffice e leggera e parlare alla mia anima... vorrei librarmi in cielo, percorrere il firmamento e giocare a nascondino col destino... vorrei trovare un frammento di stella e regalare la sua luce ai cuori spenti... vorrei costruire un pozzo colmo d'acqua pura e relegarvi tutti i miei segreti più nascosti... vorrei toccare a mani nude la terra umida e affidare ad ogni goccia di rugiada un ricordo che sembra lontano... vorrei arrampicarmi su una quercia secolare ed osservare i campi resi aridi dal sole che brucia instancabile... Sono alla ricerca della vera bellezza, della ninfa vitale che scorre nelle vene di questa Terra, di quella natura amica,che non distrugge ne' spaventa, ma che invece l'animo incanta... Vestita di seta leggera amerò contemplare i quattro elementi, sola solo in apparenza, con i sensi pronti a meravigliarsi di continuo di fronte al mistero che accompagna l'esistenza, profonda più degli oceani, intensa più del blu del cielo.
Annarita T.
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Io non sarei Musica
Io non sarei distruzione Io sarei campi di grano e coltivazioni, di chilometri e chilometri.
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Mirella De Sisto
B
U
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Che gran voglia di Volare Sulle note più armoniose E ribelli che ci sono. Il suono, la melodia Dà luce ai tuoi occhi E respiro alle tue orecchie.
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Alessandra Del Prete
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Lussuria Ed è la mutazione dei pensieri Che accompagna la vita a piccole dosi Con rappezzi di stracci. È il senso della vita Che non esiste Ma gode delle nostre perplessità. Si ama, ma fondamentalmente non si vive abbastanza per conoscere il vero Amore della tua mente. Solo nella mente vive il vero Amore, a tatto non esiste, non si percepisce è solo un’ignobile vanità di lussuria, che si scambia perfettamente con un Amore immaginario.
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Alessandra Del Prete
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PARNASO ADAM E’ sempre difficile mettere il punto ad una storia, tagliare come un ramo malato qualcosa che ancora ha radici da qualche parte nel cuore, e sottrarre due punti alla parola Amore, trasformando dei punti di sospensione in un punto fisso: Amore… Tutta l’incertezza del suo proseguire, tutto il futuro nascosto dietro a tre semplici segni di interpunzione: Amore. Punto e a capo, si volta pagina, si cambia argomento, si parla d’altro; del più e del meno, di altre storie, forse con qualcun altro e si sottolineano gli errori di tutta una vita con la penna rossa, si dà un voto ai baci, alle carezze, ai sentimenti, comparandoli con quelli che per la prima volta abbiamo provato nella vita: bocciato o promosso. La propria vita dinanzi una svolta, o con la paura che resti ferma lì, e che dopo messo il punto non ci sia più niente da dire, solo una pagina vuota. Di mille scartoffie buttate nel cestino, di mille pagine sbagliate, tentativi andati a male di riscriversi una vita. A cercare l’ispirazione tra i rimpianti e i ricordi. Infondo un battito d’ali e la vita è già finita, un battito d’ali e si è già stanchi di volare…Perché per quanto bizzarro possa sembrare l’amore e così legato alla morte, a quel senso di finitezza che cerchiamo di ignorare. Non abbiamo tutto il tempo davanti, forse sono pochi gli attimi che contano, e allora è legittimo chiedersi: cos’è davvero importante? L’incedere del tempo si fa pesante, specie se si è soli, quando la vita ci sembra scorrere come sabbia, allora forse tutti noi cerchiamo qualcosa, qualcuno, che ci faccia infondo dimenticare che tutto è fumo, tutto è nebbia. O, forse, cerchiamo tutti un pretesto, del tempo, del semplice tempo per dimenticare, dimenticare la vita, e smettere di nutrire la morte. Era questo che Adam si chiedeva, passeggiando senza meta in un inverno di Natale; poi pensava ad altri tempi, a tempi in cui gli uomini avevano ancora addosso quel senso di finitezza che paradossalmente li indennizzava a vivere come immortali, non c’erano occhiali e operazioni, non c’erano medicine o elisir di lunga vita, e si viveva correndo il rischio di vivere, di rompersi, di spezzarsi, di cadere e di avere coraggio. Più la linea della vita si
Racconto è allungata nel corso degli anni più il suo filo è divenuto sottile ed esile, un filo di seta da preservare a costo di non vivere più, di non rischiare più, di aver paura di uscire, di aver paura di spezzarsi un braccio, di beccarsi un malanno, una semplice influenza. La sua esistenza tuttavia, fin lì, era da anni che proseguiva, per anni o addirittura per molto di più; fin da quando il succedersi del tempo scandito dai ritmi agricoli, da quando il silenzio della vanga e dell’aratro, furono sovrastati dal ticchettare di mille orologi insistenti, battenti come martelli. Chissà lei dov’era ora…Chissà cosa stava facendo e se lo aveva già dimenticato, se aveva già messo quel fatidico punto e voltato la pagina. Le difficoltà della vita, lo studio, il lavoro, un futuro incerto, dover lottare continuamente per guadagnarsi il proprio tozzo di pane quotidiano, avevano alla fine costretto Adam a pensare con più razionalità, a smettere di cercare un senso superiore all’esistenza e a cercare semplicemente di andare avanti, di costruire qualcosa per il futuro, un futuro che sembrava interminabile, la cui costruzione richiedeva con sudore mattoni su mattoni, sforzi su sforzi, una piramide la cui cima appariva tuttavia sempre lontana quale che questa fosse. Adam accese una sigaretta, e ripensò alla sua infanzia di uomo, a quella gioia di vivere, di scoprire, quella gioia che solo Lei gli aveva saputo dare…Forse avrebbe continuato a cercarla, a perdonarla, a giustificarla; non perché ne avesse pietà e neppure perché l’amasse, sebbene ancora egli l’amasse, ma solo perché di tutti i suoi rimpianti, di tutte le cose sbagliate della sua vita, una sola cosa egli non rimpiangeva: Solo con lei si era sentito davvero vivo e avevo preso la sua esistenza tra le mani, rischiando e amando; sbagliando, con fiducia e con passione. Adam estrasse qualcosa dalla tasca, qualcosa di prezioso, un ricordo forse, di lei sicuramente; di loro. C’era rimasto ben poco di quel ricordo da conservare…L’avrebbe trovata o l’avrebbe persa per sempre questa volta. Chiuse gli occhi e diede un ultimo morso alla vita; riprese a camminare, lasciandosi alle spalle i resti del torso di una mela, sebbene di mele non fosse più periodo.
Gabriele Stasino
EVENTI ed OPPORTUNITÀ Sul sito del Cla www.cla.unina.it è stata inaugurata la nuova sezione web interamente dedicata alle parole, con l’intento di rimarcare non solo la loro valenza di strumento di espressione e di comunicazione interpersonale, ma anche di elemento linguistico e culturale. Nella rubrica "Detti e ridetti" proverbi spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi e catalani vengono pubblicati ogni mercoledì per imparare a scoprire le maniere di dire dei nostri cugini europei e per conoscere la fantasia delle lingue. Per informazioni: www.cla.unina.it ll Formez, per conto della Regione Campania, seleziona 50 giovani esperti da ammettere ad un percorso specialistico della durata di 12 mesi, a tempo pieno, sulle Politiche e gli Strumenti dell’Unione Europea e sulle Politiche Regionali di Sviluppo e Coesione. Requisiti per l’ammissione la cittadinanza italiana o di altro Stato dell'Unione Europea, residenza da almeno 3 anni nella Regione Campania, età minore di 35 anni, laurea vecchio ordinamento o diploma di laurea magistrale nuovo ordinamento, voto 110/110 o equivalente, possesso di esperienza post laurea - lavorativa e/o formativa - di almeno tre anni, conoscenza a livello intermedio della lingua inglese o francese. Al termine del corso i partecipanti entreranno a far parte di una short list di esperti che collaboreranno con la Regione Campania e con gli enti territoriali nelle attività connesse ai processi di programmazione unitaria. I vincitori usufruiranno di una borsa di studio di 10.800 euro lordi complessivi, più un rimborso spese di 3 mila euro lordi per il periodo di stage da svolgere all’estero. Le domande dovranno pervenire entro le ore 12.30 del 24 luglio 2009 al Formez - Centro Formazione e Studi, Via Campi Flegrei, 34 - 80072 Arco Felice di Pozzuol
Martedi' 21 Luglio 2009, presso la citta' di Cerreto Sannita, in provincia di Benevento: Caparezza in concerto. Maggiori informazioni, quali biografia, discografia, testi, foto, altre date del tour ecc, sono disponibili sul sito dell'artista: www.caparezza.com
Ingresso Gratuito
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Venerdi' 24 Luglio 2009 nello splendido scenario della Reggia di Caserta: Pino Daniele in concerto. E' possibile avere maggiori informazioni sull'artista accedendo al sito ufficiale: www.pinodaniele.com Giovedi 13 Agosto 2009, ad Alife in provincia di Caserta, a Piazza Vescovado, Luca Carboni in concerto. Per ulteriori informazioni visitare il sito del noto artista: www.lucacarboni.it