Dicembre/Gennaio 2008

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Iniziativa dell’Associazione Studentesca Cassandra patrocinata dall’Università FEDERICO II

L’eco di Cassandra Anno I - Numero 0 - Dicembre2008/Gennaio 2009

Occupazione alla Facoltà di Lettere e Filosofia

INTERVISTE INEDITE DACIA MARAINI

& GIULIANO MONTALDO

IL NUOVO SOGNO AMERICANO E LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA: passato presente futuro


L’eco di Cassandra

Anno I - Numero 0 - Dicembre2008/Gennaio 2009

Indice Ilena Ambrosio; Simona Bonetti; Francesca Bianco; Antonio Cristiano; Mirella De Sisto; Giovy De Vita; Savio De Vita; Serena Di Vito; Matteo Dell’Aria; Giovanni Di Benedetto; Jundra Elce; Giulia Esposito; Adriano Fazzari; Francesca Galasso; Antonella Giacomaniello; Simona Grieco; Michela Ingino; Sara Imbriani; Annamaria Iodice; Maurizio Esposito La Rossa; Francesco Lobefalo; Enrica Mossetti; Angela Marino; Alessandra Marziale; Rossella Reale; Giovanni Schiavone; Allegra Taglialatela; Vincenzo Vezzi; Gabriele Stasino.

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NEWS DALLA FACOLTÀ

Riflessioni sui motivi che hanno spinto ad occupare la Facoltà di Lettere e Filosofia Sull’occupazione La libertà non è star sopra un albero, non è neanche un gesto o un’invenzione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione. Giorgio Gaber. Il periodo di agitazioni studentesche che ci siamo appena lasciati alle spalle credo si presti molto bene per un’analisi del perché nel nostro paese, e nella nostra città in particolare, si assista alla scomparsa della partecipazione alla vita pubblica e alle degenerazioni e all’ impoverimento che questo fatalmente porta in essa. Tutto comincia quando un ministro propone una fra le più sciagurate riforme dell’istruzione pubblica mai sentite, tanto da mettere in dubbio la stessa esistenza di una istruzione pubblica. Sarebbe stato logico e scontato pensare allora che gli studenti tutti, e soprattutto chi è iscritto ad una facoltà che forma, o dovrebbe formare gli insegnanti e la futura elite intellettuale del paese, facessero sentire con gran forza la loro opposizione, con tutti i mezzi loro concessi, in forme innovative, trattandosi di giovani, e sarebbe stato da auspicare che tale protesta tentasse di coinvolgere e di informare il resto del paese. Nulla di tutto questo è successo. La maggior parte degli studenti di Lettere e Filosofia, come chi scrive ha avuto il dispiacere di notare troppe volte e non solo durante il periodo in questione, che gli studenti non hanno l’abitudine di informarsi su ciò che accade nel mondo attorno a loro (dove per “mondo” si intende anche la minuta vita di facoltà), non partecipano ad alcunché che non dia cfu o che non sia una festa nel locale alla moda, non fanno nulla insomma che possa travalicare il loro piccolo hortus conclusus (preferisco non trascendere ma avrei altri modi di dire, non latini né ammessi dal galateo, per definire il ristretto ambito in cui si muove la maggior par te dei miei colleghi).

Comportandosi in tale maniera questa gran parte dei miei colleghi si dimostra perfettamente degna di far parte di questa città, dove tutti voltano la testa dall’altra parte quando accade qualcosa che non va, e dove il principale sport cittadino consiste nel gareggiare nella rassegnazione al peggio. Alle assemblee, alle manifestazioni e quant’altro eravamo in pochi, tenuto conto dei tanti iscritti alla nostra facoltà, e ,quel che è peggio, eravamo quasi sempre i soliti. Iscritti a Lettere e Filosofia che, da non credersi, leggono qualche libro e qualche articolo di giornale per sapere come si evolve il mondo attorno a loro, credono nell’impegno personale e che conservano una cosa più estinta dei dinosauri: la capacità d’indignarsi. Molti di questa minoranza costituivano la cosiddetta Assemblea permanente di Lettere e Filosofia, che in un primo tempo ha svolto un’essenziale funzione di informazione e mobilitazione nella Facoltà. Solo che purtroppo in tutti i gruppi si corre il rischio dell’autoreferenzialità e a volte l’occuparsi di politica trascende nel guardare alla realtà con occhiali ideologici che danno immagini falsate; né c’è nulla di peggio, di quelli che guardano con nostalgia ad un passato ormai scomparso: e ciò vale per i nostalgici dell’Impero Austroungarico, per quelli del regno Borbonico, per fascisti e c o m u n i s t i e p e r ch i , a quarant’anni passati, è rimasto fermo al Sessantotto. Tutti questi erano i difetti dell’Assemblea Permanente e se ne è avuta la prova quando ha proceduto all’occupazione della facoltà. 3


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Una forma di protesta autolesionista ed antiquata attuata in tutta segretezza e senza poca o nulla democrazia. Autolesionista perché ha danneggiato soprattutto, anzi quasi esclusivamente, gli studenti stessi, che si sono ritrovati una difficoltà in più, e non da poco, nel già non facile tenere testa a esami, corsi e tesi e anche perché ci si è preclusi così, chiusi nel chiostro e quindi invisibili, sia materialmente che metaforicamente, al mondo esterno, un qualunque tipo di contatto con l’opinione pubblica, da farsi invece basilare, secondo me, per non lasciare gli eventi totalmente in balia della propaganda del governo. Senza poca o nulla democrazia perché gli studenti non sono mai stati chiamati alla votazione su una forma di protesta così gravida di conseguenze. Non si può chiamare democratica, infatti, l’assemblea del 29 Novembre a Piazza Plebiscito dove tutto apparve già prestabilito e dove fu impedito a chi era di opinione contraria di prendere la parola. Diritto di parola che fu poi concesso il giorno dopo, a cose fatte, e dove chi scrive fece presente le sue perplessità come le avete trovate scritte qui sopra. Mi fu risposto con una sfilza di luoghi comuni sessantottini, che mi interessarono solo in quanto reperti storici, ma anche con una domanda a cui non seppi dare risposta: “Perché gli indifferenti devono decidere del destino di tutti? E dove è chi la pensa come te?”. La maggioranza silenziosa non ha mai tentato di far valere le proprie ragioni perché non ne aveva, l’unica sua ragione era la strafottenza, e si accontentava di sbuffare e di aspettare che l’occupazione passasse manco fosse una calamità naturale e non il prodotto della sua scarsa partecipazione alla vita in comune. Ho consegnato a chi mi legge il ritratto di un microcosmo fatto di una stragrande maggioranza di indifferenti che con la loro ignavia consegnano la gestione della politica ad una minoranza che proprio di quest’ignavia approfitta per fare ciò che gli pare, non sarà difficile al lettore riconoscere in questo microcosmo i tratti di quei macrocosmi di cui apprendiamo dai media. Sia in alto che in basso sembrano esistere le stesse maledette tendenze e ciò non fa ben sperare per un rinnovamento della vita politica e sociale di questo paese che pure sarebbe vitale. Non è qualcosa di cui poter leggere né scrivere senza fastidio ma è qualcosa di cui andava scritto. Francesco Lobefalo

Scegliere la modalità di protesta più idonea ed efficace non è semplice. L’unica che, probabilmente, offre maggiore visibilità mediatica e l’opportunità di concertare assieme eventuali nuove mosse, sembra essere la sempreverde occupazione. Non so quanto senso abbia avuto occupare gli spazi di Porta di Massa, ma le coscienze di molti studenti volevano contribuire al dissenso contro una legge svantaggiosa. La parte più cospicua, ma muta e sorda, di studenti ha voluto ignorare la protesta in atto. A questo punto era necessaria una votazione. Infatti al consiglio di Facoltà del 4 novembre molti studenti hanno letto documenti stilati dopo una votazione, esibendo dati e statistiche. Perché i corsi di laurea in lettere moderne, lettere classiche, filosofia non hanno optato per questa soluzione, prima di occupare? A me è stato risposto che l’organizzazione sarebbe stata troppo complicata. Questa mancanza ha suscitato, però, un malcontento diffuso: anche gli studenti silenziosi improvvisamente si sono sentiti ingannati. I rappresentanti degli studenti avrebbero potuto pretendere che si votasse. Non so fino a che punto sia valido prendere delle decisioni solo discutendo in assemblee, i cui partecipanti hanno già una comune visione. Votare avrebbe conferito maggiore credibilità alla modalità di protesta scelta. Michela Ingino

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FARE POLITICA nell’università,

dal basso, contro la falsa coscienza Una studentessa o uno studente che vivano la loro condizione etica in solitudine restano soli anche insieme ai colleghi durante i corsi, o comunque ritorneranno soli prima di un esame. Essi rischiano che i rapporti con i loro simili siano in realtà mediati (o meglio irreggimentati) da una rappresentazione della realtà accuratamente ammannita loro dai Media. Nel nostro paese il Potere, tramite i Media, ha costruito prima l’immagine dell’Onda, poi, attraverso un progressivo ritorno al silenzio, quella del riflusso (e il riflusso, a ben vedere, è implicito già nell’idea di onda). La legge 133 migliorerebbe la qualità dell’insegnamento; le paure infondate degli studenti sarebbero state sapientemente pilotate dai Baroni parassiti del vecchio sistema; il Movimento stesso sarebbe in realtà una sparuta minoranza né rappresentativa né in generale democratica; le aule sarebbero piene di gente che vuole studiare invece di protestare; alla Sapienza le liste della destra avrebbero democraticamente vinto (con il 10% degli aventi diritto al voto). Speriamo che sia ancora evidente quanto ciò sia falso e dunque – laddove sia assunto dalla gente comune come condiviso o, in ogni caso, non modificabile – nient’altro che falsa coscienza: ideologia. Al contrario, con-vivere, pensare e agire insieme criticamente (ossia valutando, giudicando al di là della rappresentazione ufficiale della realtà) e politicamente (poiché si interviene sui rapporti di potere, dentro e fuori dell’università) è il proposito dell’Assemblea Permanente in attività dal 22 settembre. Esiste un numero definito di persone che il 29 ottobre si è assunto la responsabilità politica e penale di occupare la sede della Facoltà. Questo perché il movimento nazionale, per la fase di conflitto particolarmente alta e partecipata che attraversava, esigeva un volano, un accumulatore di energia, un ulteriore rilancio; si intendeva diffondere una pratica radicale come l’occupazione in tutto l’Ateneo, in tutto il Paese, costringendo cosí il Governo a ritornare sui suoi passi ben altrimenti e ben al di là di come ha poi fatto con il D.lgs 180. È stata la gravità della situazione (il diritto allo studio e alla ricerca indipendente minacciato come mai sinora dalla legge 133) a imporre il ricorso a una scelta grave; una scelta voluta, progettata e attuata da un numero di persone che solo i fatti (la mancata partecipazione da parte della gran parte degli studenti ad Assemblee tenute quotidianamente in facoltà per oltre un mese) hanno voluto ristretto, ma che comprendeva la larghissima maggioranza degli

studenti che per due mesi hanno liberamente cooperato. È indiscutibile che l’occupazione ha prodotto una discontinuità importante nella vita del nostro Ateneo; chiarendo peraltro, finalmente, come la gran parte del corpo docente non sia per nulla disposta a un’azione reale e forte in difesa dell’università pubblica. Ci rendiamo conto, tuttavia, che inevitabilmente questo segnale di discontinuità è dovuto corrispondere, in particolare rispetto agli studenti fino ad allora inattivi, a uno strappo. Le pratiche assembleari, i laboratori di creazione, ricerca e studio politico che sono proseguiti o hanno avuto origine in occupazione hanno cominciato l’operazione di rammendo; resta però da ribadire che è da tutti gli studenti che dipenderà la crescita auspicata del movimento in questa facoltà; tutti gli studenti dovranno assumersene la responsabilità, anche perché solo chi non avrà delegato ad altri il compito di agire avrà diritto di criticare il modo in cui un’azione è stata condotta. L’Assemblea Permanente, proprio in quanto ribadisce il suo anticapitalismo, il suo antifascismo, il suo antisessismo e il suo antirazzismo, è costitutivamente plurale, mai data una volta per tutte: essa vuole allargare di giorno in giorno la sua base di partecipazione. È per questo che le occorre lo spazio. Uno spazio reale contro l’immagine mediata dal Potere di cui abbiamo parlato. Per questo l’occupazione della sede della Facoltà prima, in una fase di colmo ma ancora iniziale; per questo, ora che ci avviamo a una fase di mobilitazione molto lunga e difficile, l’occupazione di una sua parte (l’aula magna, l’ex polo storico della biblioteca al terzo piano). Uno spazio per creare un’etica (cioè un sentire e un agire comuni), quell’etica cui la nuova struttura precaria del lavoro e la frammentazione della vita universitaria portata dal 3+2 impediscono di dar vita. Uno spazio inoltre da cui uscire fuori per incontrare gli studenti delle altre facoltà, le comunità in lotta e il mondo del lavoro, privo di visibilità a causa della falsa coscienza che il Potere ci ha inoculato negando, insieme all’esistenza sua, quella dello sfruttamento. Il mondo dello studio e quello del lavoro sono insieme vittime della Crisi (i tagli da una parte, i licenziamenti dall’altra), e uniti anche dal fatto che, in misura sempre crescente negli ultimi anni, per il Capitale la formazione è già produzione, già lavoro. L’Assemblea permanente degli studenti e delle studentesse di Lettere e Filosofia. 5


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biblioteca fantasma

Una

Nel Giugno 2008 è iniziato il trasferimento della nostra Biblioteca Universitaria alla BRAU (Biblioteca Ricerca Area Umanistica) situata in S. Antoniello a Portalba, ex complesso conventuale in Piazza Bellini. Abbiamo visto impacchettare e portar via i nostri libri, sospirando con un nodo in gola: “Troverò mai, altrove, i testi per la tesi?”. Per fare in modo che la Biblioteca risultasse agibile dai primi di Settembre tutto si sarebbe dovuto risolvere in un paio di settimane: E INVECE NO! Trovandomi a passare per Piazza Bellini, spinta da un’irrefrenabile curiosità, una forte necessità, nonché dall’insofferenza mia, e dei miei colleghi, sono entrata nella fantomatica BRAU. Non credevo ai miei occhi!! Una biblioteca grande, funzionante, avente una tecnologia che potevamo soltanto sognare, con tanto di segnalatore che fa “Bip Bip” in caso di prestito o furto; proprio come nelle biblioteche vere. Il personale è al completo, i libri totalmente trasferiti, c’è anche la dottoressa Russo! E allora cosa stiamo aspettando?...Non è dato sapere. Intanto ci viene assicurato il part-time o il servizio in biblioteca per crediti con le stesse modalità di Porta di Massa. Cambierà soltanto il tesserino per il prestito: non più valido quello precedente, anche se non ancora scaduto, bisognerà farsene rilasciare un altro con semplice Carta d’Identità e libretto. Per il resto ci viene annunciata una data orientativa per usufruire della Biblioteca: “Forse entro Dicembre”. Di sicuro non manca cautela in quest’affermazione, forse per paura che si creino facili entusiasmi o false speranze? Non ci resta che pregare perché l’OK dall’alto arrivi presto. Allegra Taglialatela

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NEWS DALL’ATENEO Intervista a studenti di vari CDL Quali sono gli aspetti positivi, e quali negativi della vita universitaria? Che cosa sai del Nuovissimo Ordinamento, partito proprio nel tuo primo anno accademico? Gli ultimi due mesi sono stati turbolenti per quasi tutti gli atenei italiani, (causa legge 133), hai partecipato anche tu “all’onda di protesta”? Domenico, 19 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Ingegneria Informatica, risponde:

aumentai i crediti, ma mi chiedo se avrò la stessa preparazione di chi ha subito 40 volte lo stress da esame. La legge 133 ha condannato le università pubbliche, anch’io ho protestato ma adesso che è legge trovo inutile fare la guerra contro i mulini a vento.

Di positivo c’è la “qualità”dell’insegnamento e degli strumenti usati, che contraddistingue l’università rispetto alla scuola superiore. Ovviamente di negativo c’è che aumenta la difficoltà dello studio. Ne so ben poco del Nuovissimo Ordinamento; ho sentito in giro che gli esami diminuiscono quindi dovrebbe essere positivo come cambiamento. Quando ho iniziato a seguire i corsi, la 133 era già diventata legge, per questo ho ritenuto inutile aggregarmi al coro di proteste.

Rosa, 21 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Scienze Politiche, risponde: Un aspetto sicuramente positivo della vita universitaria è l’approccio con lo studio molto più libero. Ho notato però che c’è molta teoria e poca pratica, insomma non ci sono corsi attuali. Sono contentissima di questo Nuovissimo Ordinamento: ho sentito di gente che con il Nuovo ha impiegato anni solo per riuscire a laurearsi alla triennale. È giusto protestare, ma non bisogna che a pagare le spese di questa protesta siano gli stessi studenti.

Cesare , 20 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Ingegneria dell’Automazione, risponde: Un aspetto sicuramente positivo del mondo accademico è la totale autogestibilità dei programmi, posso studiare come voglio e quanto voglio. Aspetto negativo è il decisivo aumento del livello di studio. Ne so ben poco di questo Nuovissimo, in giro si dice che sarà meno stressante laurearsi rispetto agli scorsi anni. Speriamo che sia davvero così. Non ho protestato contro la 133, quando ho iniziato i corsi era già legge.

Eduardo, 20 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Scienze Politiche, risponde: Di positivo nel mondo universitario c’è il fatto che è meno dispersivo, sai le cose che devi studiare e i prof ti danno subito un metodo di studio. Ne so poco di questo Ordinamento, spero solo di non essere la cavia di un altro esperimento fallimentare. La protesta deve essere forte contro questa legge che uccide l’università, ma cerchiamo di non creare danni soprattutto a noi nuovi iscritti che ancora siamo spaesati.

Alessandro, 18 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Ingegneria Informatica, risponde: L’università è tutta un’altra vita, ti ispira libertà. Certo di negativo c’è che seguire i corsi la mattina prestissimo è dura per chi è fuori sede. Del Nuovissimo Ordinamento so che è una grande novità; hanno diminuito gli esami e aumentato i crediti, ciò sicuramente ci agevola. Appena iscritto mi sono informato e ho partecipato al coro di proteste contro la legge 133, è proprio ingiusto che sia sempre l’università a essere presa di mira dai “tagli”.

Paolo, 22 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Scienze Politiche dell’Amministrazione, risponde: L’aspetto positivo è sicuramente il fatto che comunque è più facile orientarsi,perché sui siti dell’Unina è possibile scaricare tutti i programmi etc. Beh il nuovissimo ordinamento non mi dispiace, il numero di esami non è eccessivo, anche se gli esami sono tutti da 9/10 CFU. No personalmente trovo fuori luogo le proteste organizzate perlopiù da gruppi di studenti fortemente politicizzati. Interviste a cura di: Francesca Bianco

Rita, 20 anni, frequenta il primo anno del corso di laurea in Scienze Politiche, risponde: Immaginavo un approccio più difficile, invece per ora va bene, la vita universitaria è serena; certo che però i disagi ci sono, per le ore di statistica facciamo lezione in un buco di aula. So che con il Nuovissimo sono diminuiti gli esami e 7


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NEWS DAL MONDO

Barak Obama

una scommessa vinta con il popolo! La storica vittoria di Barack Obama è stata accolta in Italia da larghi settori dell’opinione pubblica con entusiasmo e partecipazione. Possiamo tranquillamente tralasciare le patetiche reazioni degli aderenti ad un partito di sinistra (o presunto tale) che in comune con il partito di Obama ha solo il nome, ansiosi di attribuirsi, in mancanza di proprie, una vittoria altrui; ma non c’è dubbio che tanti Italiani siano sinceri nel loro gioire per l’affermazione del candidato democratico. Quali sono i motivi effettivi di questo apprezzamento? Non credo sinceramente che molti conoscano o abbiano analizzato a fondo il programma di Obama con i suoi pregi e difetti o quantomeno queste persone non sono la maggioranza. Credo che per la maggior parte delle persone i motivi siano, al tempo stesso, più superficiali e più profondi. Il fascino di Obama è certamente uno di questi motivi ma se fosse solo questo elemento a rendercelo gradito, si potrebbe poi finire con il dare ragione a quanti, nel campo repubblicano, vedevano nel candidato democratico una celebrity; cioè, un fenomeno di idolatria simile a quello che si scatena per i divi del cinema, dove il fascino esercitato sul pubblico si spiega in molti casi solo per un accorto uso dei media. Io credo che uno dei motivi più importanti del fascino che Obama esercita sul pubblico Italiano sia il fatto che incarni la faccia migliore dell’America. Un paese che alcuni esaltano, altri contestano(molto spesso acriticamente gli uni e gli altri) ma che è sempre al centro dell’attenzione mondiale e che è smisurato in tutto, virtù e difetti compresi; e quando capiamo che un brusco cambio è avvenuto e che l’America della lotta per i diritti civili, l’America dei padri fondatori

e della dichiarazione d’indipendenza, l’America multipolare del piano Marshall e mille altre “Americhe” progressiste sono tornate, con Obama, al posto di comando non possiamo non sentirci felici. Ma per spiegare il fenomeno Obama in Italia credo non bisogni sottovalutare neanche l’aspetto generazionale: in un paese come il nostro dove la gestione del potere è in mano pressoché esclusivamente a ultrasettantenni, dove vi è gente entrata nei palazzi del potere sotto De Gasperi, dove un politico di 50 anni è “giovane”; beh, tutti i giovani si identificano in una persona che giovane lo è davvero. Per continuare, non si può ignorare il fascino di Obama su quella parte di Italiani che, come chi scrive, fanno delle scrittura la loro passione. Chi ha letto il discorso pronunciato la sera della vittoria da Obama ed ha osservato come sia sapientemente calibrato, come riconosca cavallerescamente all’avversario l’onore delle armi, come parli insieme al cuore e alla ragione e cioè alla parte migliore dell’animo umano non può non rimanere commosso e, purtroppo, non può non paragonare la qualità di questo discorso politico con quello a cui è abituato: insulti, volgarità, bassezze di ogni genere, promesse altisonanti più false di quelle delle fiere di paese, impegni che poi verranno puntualmente evasi, e discorsi retorici mille volti sentiti e che lasciano sordi sia il cuore che la ragione. Infine l’ultimo motivo del fascino di Obama e della sua vittoria è, a parer mio, quello di essere un meravigliosa fiaba per noi Italiani. E qui uso fiaba sia per indicare qualcosa di meraviglioso che fa piacere ascoltare sia per sottolinearne, dal punto di vista Italiano, l’irrealtà. Da noi chi mai potrebbe e con che mezzi fare ciò che ha fatto Barack Obama? Francesco Lobefalo

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SPECIALE: IL RAZZISMO OGGI « … francamente razzisti». Le leggi razziali a Napoli. L’Europa degli anni Trenta-Quaranta del Novecento si macchiò di un tragico evento, che ancora oggi costituisce una delle pagine più drammatiche della storia: la persecuzione degli ebrei. La prima volta che sono venuta a contatto con questa crudele realtà è stata quando a tredici anni ho letto “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Ricordo di aver passato molte notti insonne a causa delle immagini evocate da questo libro ,mi chiedevo come può un’ideologia essere la base di un tale massacro? Oggi, alla luce della realtà che mi circonda, mi rendo conto di quanto possa essere potente il lavaggio del cervello da parte dei media e della propaganda politica. Anche se la mentalità nel nostro paese si è evoluta in senso antirazziale, in molti contesti lo straniero è ancora guardato con ostilità. Questa diffidenza nei confronti dell’extracomunitario deriva soprattutto dal timore che esso ci porti via ciò che abbiamo, spesso fa da capro espiatorio per le frustrazioni di molti; infatti in passato la comunità ebraica è stata odiata soprattutto nei momenti di disagio economico della società. Si tende spesso a pensare allo straniero non come individuo bensì come appartenente ad un collettivo, costituito da persone dotate nel DNA di caratteristiche additate come negative e pericolose. Tutto ciò non è soltanto sinonimo di ignoranza, ma denota anche il fallimento della razionalità, che ci fa distinguere le cose non per ciò che sembrano, ma per ciò che sono. Il pregiudizio domina la mente di molte persone , accentuando la diversità tra esseri umani in senso negativo, per cui per poter combattere il razzismo si dovrebbe eliminare il pregiudizio in generale, poiché costituisce una condanna a priori. Martedì 25 novembre 2008, a Napoli in occasione dei settant’anni dall’introduzione ufficiale delle leggi razziali in Italia, l’Archivio di Stato di Napoli, la Comunità ebraica di Napoli e l’Istituto campano per la storia della resistenza Vera Lombardi hanno presentato « … francamente razzisti». Le leggi razziali a Napoli, una manifestazione culturale e una mostra documentaria sul tema dell’applicazione delle leggi razziali a Napoli. Nella mostra documentaria, che sarà

aperta fino al 28 febbraio 2009, negli ambienti monumentali dell’Archivio di Stato, saranno esposti documenti pubblici e privati: fotografie, giornali, telegrammi, carteggi amministrativi, liste e statistiche ufficiali, volte ad illustrare la storia dell’isolamento e dell’esclusione degli ebrei dalla vita civile, a partire dal Manifesto della Razza pubblicato su Il giornale d’Italia il 15 luglio 1938. Intervista a: Giancarlo Lacerenza, Ricercatore universitario e Docente di Lingua e letteratura ebraica biblica e medievale presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli. Autore di uno dei testi discussi al Convegno: Ebrei a Napoli: 2000 anni di storia. Professore, qual è stata la portata e gli effetti delle leggi di discriminazione razziale emanate dal regime fascista? I decreti legge emanati nel periodo 1938-1943 hanno colpito il cittadino nella sua autonomia civile e nell’uguaglianza dei diritti davanti alla legge. Queste leggi sono incominciate con dei decreti nell’estate del 1938, per poi approdare ad una specie di testo unico il 17 novembre 1938 e sono state continuamente integrate da altri decreti, che hanno definito maggiormente questa specie di dottrina discriminatoria nei confronti della popolazione ebraica italiana. Furono adottati provvedimenti volti ad eliminare gli ebrei dalla vita nazionale,come l’espulsione dalle cariche pubbliche e dal comparto educativo-culturale. Fu limitata loro la possibilità di lavorare e di istruirsi. Il primo provvedimento veramente significativo che hanno prodotto le leggi razziali è stato nel settembre del 1938 con l’espulsione dall’Italia dei cittadini ebrei che avevano acquisito la cittadinanza italiana posteriormente al 1919, dopo la grande guerra. Ciò fece in modo che venissero espulsi dall’Italia tutti gli ebrei che vi avevano trovato rifugio al crollo dell’impero austro-ungarico, russo e ottomano .

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Quale fu il comportamento delle autorità periferiche rispetto alla produzione normativa centrale?

l’effettiva presenza degli ebrei all’interno del paese. Perché è importante mantenere viva la memoria sugli effetti delle leggi razziali attraverso mostre e convegni? Si dice che la memoria serva a non far incorrere negli stessi errori, anche se nella pratica il nostro stesso governo in questo momento ha cominciato grazie alla lega a mostrare la volontà di discriminazione tra le persone che esistono sul territorio, sentita ancora come una necessità da una certa parte politica che ovviamente è di destra. È utile ricordare, anche attraverso mostre e convegni, rivolte soprattutto alle nuove generazioni, per svegliare il loro senso civile. Un canale di diffusione importante è il cinema, infatti l’archivio di Stato ha organizzato tutti i martedì da qui a Febbraio videoproiezioni di film sul tema, che rendono consapevoli sulla portata di un problema che ha coinvolto migliaia di persone. Alessandra Marziale

Possiamo dire che ci fu un’applicazione puntuale dei decreti, non abbiamo casi di disattenzione delle questure e delle prefetture rispetto alla normativa centrale. Ci sono stati casi in cui l’applicazione di questa normativa fu soggetta a dei ritardi, ma ciò fu dovuto essenzialmente a lacune di chiarezza nei decreti legge e non ad un’effettiva volontà di ostacolare il corso applicativo delle leggi. Il primo problema che si pose nell’applicazione delle norme fu la definizione stessa di ebreo dal punto di vista tecnico giuridico. In realtà questa definizione non esisteva in Italia, avevamo una definizione di ebreo soltanto dal punto di vista religioso, è ebreo chi si riconosce nella religione ebraica. L’applicazione delle leggi razziali ha capovolto la situazione ed ha trattato come ebrei a tutti gli effetti anche coloro che non si sentivano tali, come tutte quelle persone che si erano assimilate perdendo ogni contatto con l’ebraismo. Dunque furono oggetto delle leggi razziali tutte le persone con ascendenti tutti di razza ebraica,indipendentemente dalla religione che professavano. In tal modo venne creata l’identità genetica ebraica. Come furono accolte le leggi razziali dalla popolazione napoletana? Le leggi razziali, a Napoli come in altre parti d’Italia, furono accolte con una certa indifferenza. A Napoli gli ebrei non erano moltissimi, nell’agosto del 1938 erano circa 900, quindi la massa non percepiva concretamente la loro presenza, ma tutti subirono gli effetti della propaganda del regime attraverso la radio, i giornali e le manifestazioni pubbliche della propaganda fascista. La popolazione fu bombardata da una propaganda antiebraica, per cui nessuno si oppose a questa legislazione. Secondo lei, oggi , esistono ancora situazioni di razzismo nei confronti degli ebrei? Oggi sentiamo parlare di principio razzistico soltanto dall’estrema destra, ma sicuramente esiste ancora l’antisemitismo, non solo nei confronti degli ebrei,ma nei confronti di tutti gli stranieri. In generale la xenofobia è molto sviluppata nel nostro paese e in tutta l’Europa occidentale, e ciò ha acuito anche l’antisemitismo .Gli ebrei in Italia sono pochissimi, non arrivano nemmeno a 40.000 persone e nonostante ciò l’antisemitismo è forte quanto l’ostilità nei confronti degli immigrati africani o islamici. Ciò rivela chiaramente che l’antisemitismo è un fenomeno di propaganda culturale che non ha a che fare con 10


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L’Italia non è un Paese razzista? La vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali USA è stata salutata come simbolo della vittoria della democrazia mondiale contro ogni forma di discriminazione. In realtà, nonostante l’entusiasmo di molti per l’elezione del senatore afroamericano, gli episodi di razzismo e discriminazione sono ancora frequenti. L’infelice battuta del nostro presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha definito il nuovo presidente americano: “bello, giovane e anche abbronzato” denota un tipo di umorismo, purtroppo, molto diffuso nel nostro paese, che seppur in maniera ironica sottolinea, con un atteggiamento di superiorità, la diversità. Al di là delle battute dei politici, ciò che preoccupa maggiormente è il clima che si sta sviluppando in Italia nei confronti della popolazione immigrata. Da molti italiani l’aumento del crimine nel nostro Paese viene attribuito in buona parte alla presenza straniera. Gli extracomunitari sono spesso percepiti come soggetti pericolosi e la loro diffusione è vista come un’epidemia da scongiurare. La responsabilità di tutto ciò è in parte anche dei media, in quanto ogni evento di cronaca che riguarda uno straniero ha sempre maggior risalto, e in esso viene individuato non il singolo colpevole ma il simbolo di un fenomeno inquietante che minaccia il Paese. Il razzismo contemporaneo è alimentato da una mentalità dominata dalla paura e dall’ostilità verso tutto ciò che è diverso dalla massa, diverso da quello a cui siamo abituati, dunque non si riferisce solo alla razza, ma nel senso più ampio alla “categoria”; categorie considerate in base alla cultura, alla religione, alla sessualità e addirittura all’aspetto fisico. Così questa mentalità, radicata nell’attuale società, è un terreno fertile per lo sviluppo di diverse forme di discriminazione e razzismo. Secondo la tesi utilitarista il razzismo è uno strumento politico per la difesa dei privilegi, dell’economia e del potere di una determinata classe politica. Per capire il modo in cui è stata regolamentata la presenza straniera nel nostro Paese bisogna fare riferimento alla legge Bossi-Fini 30 luglio 2002, n.189, varata dal Parlamento italiano, di modifica al D.L. 25 luglio 1998, n. 286 concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero . Questa legge integrava la precedente legge sull’immigrazione: la Legge Turco-Napolitano del 6 marzo 1998, n. 40, volta a scoraggiare l’immigrazione clandestina con un provvedimento di espulsione dallo Stato. Furono istituiti Centri di permanenza temporanea per tutti gli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione, qui i clandestini rimangono fino a 60 giorni, durante i quali si cerca di scoprirne l'identità per poterli rimandare in patria. Se il clandestino non viene identificato gli viene intimato di lasciare il paese entro 15 giorni. Ciò che destava preoccupazione fu il timore della violazione del principio del non respingimento, che vietava di rimpatriare o

espellere forzatamente i richiedenti asilo verso paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani. In base alla Legge Bossi-Fini il permesso di soggiorno è concesso solo allo straniero che ha già un contratto di lavoro di durata biennale, se nel frattempo lo straniero ha perso il lavoro dovrà tornare in patria, altrimenti diverrà irregolare. Sono resi difficili i ricongiungimenti familiari, in quanto il cittadino extracomunitario, in regola con i permessi, può chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal figlio minore o dai figli maggiorenni purché a carico e a condizione che non possano provvedere al proprio sostentamento. A causa dell’attuale crisi economica migliaia di famiglie perderanno il posto di lavoro e quelle straniere con esso anche il permesso di soggiorno, rischiando così l’espulsione. Riporto di seguito altre norme riguardanti i cittadini stranieri varate ultimamente in Italia: 11 settembre 2008 : Proposta di legge della Lega sulle Moschee La proposta di legge targata Carroccio pone vincoli e divieti alla costruzione di nuove moschee in Italia: Nessuna costruzione a meno di un chilometro da una chiesa, via libera solo dopo referendum locale, imam di lingua italiana e iscritti a un apposito albo, nomi dei finanziatori italiani ed esteri, passaggio di ogni competenza dallo Stato alle Regioni, rifiuto esplicito della poligamia, divieto di scuole coraniche e minareti. 11 settembre 2008: La Corte Suprema di Cassazione mette un freno ai lavori saltuari fatti dai clandestini. Gli immigrati senza permesso di soggiorno non possono essere impiegati neppure occasionalmente all'esterno dei locali come parcheggiatori, altrimenti il proprietario del ristorante o della discoteca può finire dritto in cella. E' quanto stabilito dalla suprema corte che con la sentenza 35112 ha confermato la condanna a tre mesi di arresto nei confronti del gestore di una discoteca che aveva impiegato come parcheggiatore, un immigrato irregolare in Italia. 23 settembre 2008: Diventano più severe le norme che riguardano gli immigrati che richiedono asilo in Italia o che fanno domanda per i ricongiungimenti familiari Il coniuge non dovrà essere separato e dovrà avere più di diciotto anni, nonché requisiti più stringenti. Per i rifugiati, secondo il ministro dell'Interno Roberto Maroni, c'è la necessità di provvedere a definire meglio le procedure, per evitare un abuso delle domande d'asilo come scorciatoia per rimanere in Italia. 15 ottobre 2008: Classi separate per i figli degli immigrati Una mozione leghista chiede al governo di rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione, e di istituire classi ponte che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana. 19 ottobre 2008: La Lega: no al diritto alla salute per gli immigrati irregolari La Lega ha presentato un emendamento al testo unico sull'immigrazione che mira a modificare l'articolo 35 del Testo unico sull'immigrazione. L'obiettivo e' quello di impedire l'accesso ai ser vizi sanitari pubblici agli immigrati irregolari.

Alessandra Marziale 11


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Lettere in…chiostro: LIBRI Intervista a Dacia Maraini Il 18 novembre 2008, la biblioteca nazionale di Napoli ha avuto l’onore di ospitare Dacia Maraini che ha presentato il suo ultimo romanzo “L’ultimo treno della notte”. La scrittrice nata a Bagheria nel 1936 è f i g l i a dell’etnologo Fosco Maraini e della pittrice Topazia Alliata. Esordisce nel campo della letteratura con “La vacanza”(1962) la cui prefazione fu redatta da Alberto Moravia, suo compagno per circa vent’anni. Tra le sue opere ricordiamo “L’età del malessere” (1963), “Memoria di una ladra” (1972), “Isolina” (1986) e “La lunga vita di Marianna Ucria” (1990)

trasparente. Il suo era uno sguardo e un giudizio sull’uomo senza sentimentalismi, fatto solo di osservazione oggettiva. Un altro uomo importante è stato Pier Paolo Pisolini Sì. Era un grande amico di Alberto. Con lui ho fatto due importanti viaggi in Africa e in India. Pisolini era una persona piacevole principalmente perché molto onesta con se stesso. Odiava le ipocrisie e le menzogne. Era un uomo molto dolce, lungimirante e malinconico perché era consapevole del degrado sociale, politico e culturale che aveva avuto germi negli anni’60 e si stava evolvendo negli anni’70 e che avrebbe portato alla rovina il popolo italiano. Andrea Panico

Che cos’è per lei la letteratura ? La letteratura è il piacere di raccontare storie, raccontarle bene tanto da poter incantare il lettore Come si svolge la sua giornata di scrittrice ? Mi alzo presto, alle sette, mi lavo, mi vesto e porto a spasso il cane; poi mi metto a tavolino e ci resto fino alle due ora in cui pranzo. Quindi un poco di riposo e nel pomeriggio mi dedico a interviste, incontri teatrali etc. Quali sono i suoi autori preferiti ? Dickens, Sthendal, Henry James e De Roberto A quale opera è più affezionata ? Sempre a quello che sto scrivendo. Perché quando si crea un libro si vive dentro esso…io non ci metto meno di tre anni per finirlo. Si entra in un libro e non si ha più voglia di uscirne. Ma a un certo punto bisogna farlo. Cosa è stato per lei Alberto Moravia ? Alberto è stato una delle persone più importanti della mia vita oltre che un testimone dell’intero novecento. Era una persona molto razionale e proprio questo suo “illuminismo” e la sua chiarezza d’animo lo portavano a scandagliare gli abissi dell’anima umana in maniera analitica riportandola alla luce in modo

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Brida

lecosechesento.it

Salvatore Mingione

Paulo Choelo

La silloge di Mingione si configura come un viaggio spirituale nella vita e nei rapporti dell’autore. La prima sezione “Amore, amicizia, confini” ci mostra la concezione dell’amore del poeta unico baluardo che può essere contrapposto alla solitudine delle relazioni: “non mi manchi perché sei in me”. In tutta la sezione si rincorrono i due amanti passando di verso in verso, di componimento in componimento “giocano, si fanno male // per riprendersi la vita e ricominciare. E poi il rapporto con il figlio, un lungo filo d’amore che lega l’aquilone, parafrasando un verso della poesia “A mio figlio” trascritto a mo’ d’epigrafe sull’ingresso del Museo della Poesia di Cesa, Arezzo. Attrae nelle poesie di Mingione la musicalità avvolgente, “quasi orecchiabile” che riprende la migliore musica leggera italiana. Questo non ci meraviglia dati i trascorsi di paroliere del nostro. Ancor più vivace appare la seconda sezione della raccolta “Oltre l’amore” dove tematiche civili e episodi storici, “Roma, San Lorenzo 1943, gli americani bombardano”, si alternano ad originali divertissemant come nell’ “Inno alla Mont Blanc” dove alla più classica amata, si sostituisce quale destinataria delle lodi del poeta una non meno preziosa ed affascinante penna. Colpisce la lirica “Prigioni” dove la scrittura si mostra come veicolo di libertà. Quest’ansia di fuga e al contempo di resistenza al mal di vivere del presente ci fa comprendere la natura di “aquilone inattuale” definizione affibbiata a Mingione da Adam Vaccaro. Un poeta dalle parole semplici, comuni ma ordite in una tessitura sintattica e soprattutto fonica mai banale, che dona spessore e profondità ai testi. Ed è proprio negli ultimissimi componimenti che Mingione palesa la propria poetica e il suo essere artista che a cui è sottratta “un’esistenza semplice, senza troppe domande e risposte sospese che non arrivano mai”. Da segnalare, inoltre, il sito del volume, www.lecosechesento.it, vero e proprio link diretto con il mondo e l’espressione di Salvatore Mingione.

Brida, ultimo romanzo di Paulo Choelo, è la storia di una giovane ragazza, che, per riscoprire se stessa, inizia ad interessarsi alla magia per intraprendere la sua ricerca spirituale: la Tradizione del Sole, insegnatale dal Mago Folk, un eremita che vive nella foresta, e la Tradizione della Luna, propostale da Wicca, costituiscono le strade del suo cammino. Attraverso la prima, la sua spiritualità si forma grazie agli elementi dello Spazio; con la seconda, invece, è il Tempo a svelarle i misteri dello spirito umano. Le due tradizioni, per quanto diverse, sono accomunate dalla stessa filosofia di vita e dallo stesso obiettivo: la ricerca “dell’Altra Parte di sé”. Al momento della nostra morte, racconta Wicca, l’anima si “frantuma” in tante parti, ognuna di esse si reincarna e l’unico modo per raggiungere la massima felicità è quella di ritrovarsi, anche solo per un attimo, con una delle parti disperse. La storia si svolge in Irlanda: tra la foresta, dove vive il Mago Folk e la città di Dublino, dove la protagonista ha i suoi incontri con Wicca. In questi luoghi Brida impara a superare “la Notte Buia”, a leggere tarocchi, a “sentire” l’ambiente che la circonda, a riconoscere i Doni che la natura le ha concesso, e, dopo una serie di eventi inattesi, giunge alla scoperta dell’identità “dell’altra parte di sé”. Il romanzo, pur coinvolgente, sembra muoversi su piani conosciuti, tipici del mondo narrativo di Choelo; i personaggi appaiono alquanto scontati e il finale, anche se pieno di emozioni, si risolve in quello che sin dalle prime pagine, appare chiaro al lettore: la necessità umana dell’“Altra Parte”, per compiere il proprio cammino, e dell’amore per il raggiungimento della felicità. Enrica Mossetti

Giancarlo Marino 13


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Attenzione ai tali

I due re e i due labirinti Recensione più interpretativa che valutativa di un racconto di Borges

“Chi controlla il passato controlla il futuro Chi controlla il presente controlla il passato“

Già tra le prime righe del racconto figura da subito un espressione emblematica, presente anche nell’incipit delle Mille e una Notte, opera cui l’autore più volte fa riferimento: Wa Allahu A'lam(Allah è più sapiente). Protagonisti di questa storia sono due re, scelti da Borges non a caso: dobbiamo infatti soffermarci sull’immagine del re per poter pienamente capire il significato del racconto. Il re simbolo di potere e ordine viene utilizzato spesso nel linguaggio sacro; tra i 99 nomi di Allah figurano Mâlik al-Mulk (possessore del Regno) e al-Malik (il Re) ,altri ancora sono Signore dei mondi e Re del Giorno del Giudizio. Vedremo che Borges intendeva stabilire un nesso tra il Re dei re appunto, e i due protagonisti anch’essi sovrani, D’Arabia e Babilonia. Il secondo di questi, costruisce un labirinto ma <<Quella costruzione era una scandalo perché la confusione e la meraviglia sono operazioni proprie di Dio e non degli uomini>>. Dunque egli si sostituisce all’unico vero Re, e lo scavalca con la sua creazione, nella quale viene introdotto il re arabo, suo ospite; che riuscirà infine a salvarsi solo poiché <<implorò il divino soccorso e trovò la porta>>. Una volta fuori, questi dirà di possedere anch’egli nei suoi territori, un labirinto e che sempre <<a Dio piacendo>> lo avrebbe un giorno mostrato al sovrano babilonese. Si scopre poi che l’altro labirinto in questione è il deserto; nel quale condotto prigioniero dell’Arabo, il Babilonia sarà poi lasciato a perire. Tra i due re e i due labirinti, come lo stesso titolo suggerisce, è possibile trovare elementi parallelistici se non certo chiastici, ma privilegiando la nostra chiave di lettura ci pare scorgere anche il più complesso disegno di un triangolo, simbolo del divino e della coincidentia oppositorum. Abbiamo pertanto tre elementi a nostra disposizione che si dispongono gerarchicamente: In alto il più Grande dei tre re, Dio, ed in basso uno di fronte all’altro i due sovrani con i loro labirinti-ego, il primo prova a scalare la piramide, usurpa il potere concessogli e si crede egli stesso un dio; il secondo conscio della sua sudditanza rimane al suo posto e comprende come ogni grazia e bene ricevuto discenda solo della volontà del Signore. Troviamo anche un'altra opposizione, tra il labirinto, scellerato prodotto dall’uomo, simbolo di una mente contorta che si proietta al di fuori di sé; e il ‘labirinto’ prodotto del Dio, spazio infinito che si introietta nella natura. Chiederei alla sottile voce di Cassandra, di dover propagare un eco troppo lungo per poter approfondire ulteriormente i significati di questo, brevissimo quanto profondo racconto di Borges, e proprio in virtù di tanti elementi tralasciati invito voi stessi alla lettura di questo ed altri racconti contenuti ne L’Aleph.

(George Orwell) Immaginiamo un luogo governato da chi abbia la possibilità di decidere quante e quali parole si possano utilizzare. Dopo averlo immaginato e quindi ipotizzato come possibile, chiediamoci se chi governa con l’ausilio di tale possibilità abbia o meno un potere immenso. La mia modesta risposta a tale interrogativo consiste nel considerare che ci troveremmo di fronte ad un potere che definirei totalizzante, piuttosto che immenso. Vi invito perciò a seguirmi in due di questi “luoghi” posti entrambi nel futuro: in uno di questi è vietato leggere e i libri vengono incendiati, essendo ogni informazione scritta di fatto vietata; nell’altro invece viene imposto un nuovo linguaggio, una nuova lingua, in cui più parole di diverso significato si riducono ad un unico termine dotato di un significato generico in modo da rendere quasi impossibile l’esistenza di un pensiero critico. Mi sto riferendo, credo sia opportuno chiarirlo per chi non li avesse letti, a due bellissimi libri di fantascienza: Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e 1984 di George Orwell. Nel libro di Bradbury, come accennavo poco sopra, viene proibita la lettura, i libri vengono messi al rogo. Lo stesso protagonista, Guy Montag appartiene ad un corpo speciale che ha lo scopo di incendiarli. Ai libri si sostituisce l’immagine televisiva con il chiaro scopo di distrarre e anestetizzare le coscienze dei cittadini. L’immagine televisiva appiattisce a tal punto il senso critico della popolazione che nel finale essa non si accorge dell’imminente minaccia di un attacco atomico, impegnata come è a voler stanare Montag ora considerato un criminale, perché è diventato un lettore di libri. Nel romanzo di Orwell invece si assiste ad una continua revisione delle notizie tramite l’utilizzo di una nuova lingua che si riduce sempre di più nella varietà dei suoi termini, in modo che tutti gli avvenimenti in contrasto con quanto afferma il Partito sono sottoposti ad un sistematico oblio. In tal modo la storia non esiste più, se non per concordare con quanto dice il Partito. Sarebbe davvero tremendo vivere in un luogo, in un mondo, come quello descritto dai due romanzi. Ma possiamo stare tranquilli, dubito che possa esistere davvero un posto del genere. Del resto il sottoscritto e la maggior parte di coloro che leggeranno quanto scritto vivono in Italia, quindi ci sono tutti i presupposti per essere sereni. Solo: attenzione “ai tali”. Giovanni Schiavone

Gabriele Stasino 14


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Shout out louds – Our ill wills

Il flauto di Pan: MUSICA

“Do you believe everything they write in all those magazines?”

The Cure Ci sono delle band che oltre a fare della semplice musica riescono ad imporsi nel contemporaneo immaginario comune ad un livello simbolico che va ben oltre l'effimera venerazione che da sempre domina la musica pop, riuscendo invece nella ben più ardua impresa di raggiungere una compiutezza estetica capace di competere con la cosiddetta “cultura alta”. I Cure di Robert Smith rientrano sicuramente all'interno di quella cerchia di artisti che ha avuto il merito di rendere il rock'n'roll un fenomeno che va ben al di là del semplice (e rivoluzionario) significato sociologico che lo caratterizza all'interno dei fenomeni e delle mode del ventesimo secolo, riuscendo invece ad affermarlo come fenomeno musicale con un proprio intrinseco valore culturale. Ci sono riusciti grazie ai testi di stampo romantico-esistenziale di Robert Smith, e grazie ad una capacità di rendere in musica tutta una gamma di emozioni che di solito nella vita reale si affida ai gesti, agli occhi o al semplice tono della voce. Cambiando di volta in volta la propria pelle e rinascendo più volte dalle proprie ceneri, è dal 1976 che i Cure cavalcano i palchi di tutto il mondo. E, a quasi trent'anni dal loro debutto, tornano adesso con un nuovo album, 4:13 Dream, che pur non presentando alcuna novità dal punto di vista prettamente musicale, mostra una sincerità di intenti disarmante, riuscendo così a far dimenticare il brutto passo falso compiuto dal precedente e omonimo album, che pagava il pegno di una pessima produzione scelta più per un motivo di mettersi al passo coi tempi che da un'autentica ispirazione artistica. Come negli ultimi live, anche in 4:13 Dream la formazione si presenta senza tastierista, ottenendo così un suono più ruvido, che in alcuni episodi ricorda i momenti più viscerali di Wish. Certo, non mancano i passi falsi come le imbarazzanti Freakshow e It's over, ma il risultato generale è comunque positivo, grazie soprattutto a brani come Hungry Ghost e la splendida canzone di apertura, Underneath the Stars che rievoca i fasti di quello che comunque rimane l'ultimo vero capolavoro della band, Bloodflowers del 2000.

Scoprii gli svedesi Shout out louds a fine 2005, grazie a quella loro orecchiabilissima “Very loud”, che mi faceva un po' sorridere soprattutto per il suo testo a dir poco ironico e per l' accento morbido di Adam Olenius. Non mi aspettavo, tuttavia, grandi cose da questi ragazzi, pensavo fossero l'ennesima band pronta a scalare qualche classifica con il suo indie – pop trasognante ed un paio di note azzeccate. Ho dovuto ricredermi, ma anche questo ha richiesto qualche tempo. Quando, quasi per caso, sotto consiglio, ho ascoltato “Our ill wills” ho pensato: “Ecco l'ennesima pallida imitazione dei Cure”. Poi ho ascoltato quest'album ancora una volta, una volta ancora, ancora una volta, decine di volte, centinaia di volte, tre volte al giorno. “Our Ill Wills” è stata la colonna sonora del mio scorso autunno fatto di corse sul lungomare e peregrinazioni mentali sul futuro e sull'estate appena finita. L'ho acciuffato con il caldo settembrino e l'ho assaporato attraverso le prime frescure novembrine. E non ho potuto fare a meno di lasciarmi trasportare dalle sue atmosfere davvero trasognanti e dallo stesso autentico morbido accento di Adam Olenius di tanto in tanto incrementato dalla suadente, soffice sensualissima voce di Bebban Stenborg. Certo, le influenze “Curiane” sono innegabili, soprattutto di quei Cure metà ottanta, quelli che pompano suoni pieni e lasciano che la malinconia lievemente argento prenda il posto dello strazio nero che aveva caratterizzato i primi anni di vita della band, insomma i Cure di “The head on the door”, per intenderci. Eppure gli Shout out louds sono inconfondibili, riescono ad assumere caratteri così personali che confonderli con qualcun altro è impossibile. L'album contiene, a mio avviso, alcune delle migliori canzoni del 2007, da You are dreaming a Impossible, passando per Parents livingroom, il disco scorre e non annoia, non stanca, più che altro meraviglia. Coerente dall'inizio alla fine, ma mai uguale a se stesso: la formula perfetta che non lascia scampo, per chi vuol lasciarsi stregare. Tutto è lieve, il magnifico sostrato di batteria si associa alle tastiere, al basso, alla voce, ai battiti di mani. La struttura di ogni pezzo è piuttosto fissa, le canzoni partono decise, spaziano in intervalli strumentali, si arricchiscono di ritornelli rompicapo e si sciolgono in sfumature vocali. Il ritmo è preciso e folgorante, rende dipendenti. Nonostante l'album abbia fatto capolino nel panorama indipendente già da un po' ed io abbia ormai avuto il piacere di godermi la band live al Circolo degli Artisti di Roma...sono ancora dipendente da Our Ill Wills e voi? Vi lascerete assuefare?

Giovanni di Benedetto

Ombretta Di Dio

4:13 Dream

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Jesus and Mary Chain Psychocandy Jesus and Mary Chain - Psychocandy "Sowing Seeds", la quale però, non apparirà ripetitiva o scontata, al contrario offrirà una serie di percezioni completamente diverse, perché la preghiera, questa volta, è rivolta ad una pluralità incapace di comprendere, desiderosa di attaccare (“I feel as sharp as a carving knife So I feel in love for the very last time I'm sick of the beating by everyone”)."Some candy talking" è al limite dell'hard, ma non volgare, in una serie di paragoni così adorabili e verità così assolute da lasciare esterrefatti (“But it's too much for a young heart to take Cause hearts are the easiest things you could break And I talk to the filth and I walk to the door/And I need All that stuff Give me some Of that stuff I want your candy. I want your candy. And I need Give me some Of your stuff”). Soffermatevi sui bassi di Douglas Hart e sulla batteria annuvolata di Bobbie Gillespie (sì, il Primal Scream) e poi, distaccate dall'insieme i riff chitarristici di Reid, melodici e pop al punto giusto. Lasciatevi infine trasportare, perdetevi in voi stessi con la certezza che riemergerete con un sorriso stampato sulle labbra; perché non è amaro, Psychocandy, è solo terribilmente reale, questo se la realtà fosse il paese delle meraviglie. Forse, con la loro arroganza, i fratelli Reid riuscirono, con il loro primo lavoro (avevo dimenticato di menzionare che questa bellezza incontrastata è la prima produzione dei Jesus and Mary Chain?) ad "iniziare una rivoluzione dal proprio letto" spianando le porte ai My bloody Valentine, ma questa è tutta un'altra storia. Ombretta Di Dio

"I want your candy" 1984 e Psychocandy vi si appiccica addosso. Vi costringe, vi assorbe, vi rende malinconici e quel tantino cinici e nostalgici per poi farvi sciogliere e chiedere: "Cos'è successo? I Cure e i Buzzcocks hanno creato un'unione senza precedenti distorcendo magnificamente pensieri, parole, note e sensazioni?".Psychocandy riunisce in sé le atmosfere strazianti e melanconiche del dark alle vibrazioni ribelli ed approssimative del punk, riportando il tutto su un piano assolutamente interiore. Gli animi si sconvolgono dall'interno, la provocazione arriverà dopo lo stupore. Quest'album è un'opera d'arte. Quella che non comprenderete a prima vista, ma da cui non riuscirete a distogliere lo sguardo qualche occhiata più in là. Tutto intriso di consapevolezza, quasi beffardo nei confronti di qualunque cosa vi sia stata prima, nato dalle ceneri di un '77 più che sepolto, accompagnato da testi talmente sinceri da farvi rabbrividire al pensiero di non essere mai riusciti a dire, neanche nella situazione più intima, quello che quei quattro scozzesi gridarono al mondo; con sottofondo di urla lontane, di interruzioni repentine e suoni metallici, in una dimensione al contempo soffocante e liberatoria. Ovattato è il termine che meglio si addice alla totalità di queste quindici stupende canzoni; si salta da una all'altra delle nostre emozioni, senza cadere bruscamente a terra, come ci è accaduto, di tanto in tanto, con i Sex Pistols e senza perderci in un universo oniricamente assuefacente come succede con i leggiadri Smiths. L'album si apre con il meglio che può offrire: "Just like honey" è l'implorazione d'amore per antonomasia (“Walking back to you Is the hardest thing that I can do That I can do for you For you”) e le battute iniziali di questa perla saranno riprese in 16


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Dietro lo Schermo: Cinema

Intervista a Giuliano Montaldo

Il 28 ottobre 2008, la nostra università Federico II ha avuto l’onore di ospitare il regista Giuliano Montaldo alla proiezione di un suo film Giordano Bruno (1973) ultima pellicola del ciclo “Filosofia al cinema” diretto dal prof. Alessandro Stile. Montaldo ha girato vari film e ha lavorato con celebrità del calibro di Gian Maria Volontè, Nino Manfredi, Rod Steiger, Philippe Noiret e Stefania Sandrelli. Che uomo e attore era GianMaria Volontè ? Gianmaria prima di essere il più grande attore italiano e forse straniero era un amico. Ci conoscemmo a 24 anni e lui subito mi rubò la fidanzata. Mi arrabbiai e non volli più rivederlo, fu lui, in seguito a cercarmi. Volontè era un attore innamorato del proprio mestiere ed estremamente maniacale in ciò che faceva ma anche burlone. In che senso ? Nel senso che durante le riprese del Giordano Bruno si travestì da cardinale durante l’ora pranzo e salì in chiesa. Era il periodo di Pasqua ed era esposto il Cristo, lui entrò e vide molti fedeli genuflessi che vendendolo e credendolo veramente un cardinale rimasero stupefatti e gli baciarono la mano. Lui allora decise di celebrare la messa. E come finì ? Il parroco se ne accorse, infuriato lo prese sottobraccio durante la funzione, lo redarguì aspramente e gli appioppò una pedata nel sedere. Io che lo cercavo lo vidi rotolare dalle scale come un gomitolo rosso e dall’alto il parroco urlare di smontare tutto e subito. Lo pregai di perdonare GianMaria e lui mi concesse solo 3 giorni di tempo per ultimare le riprese in chiesa. Come nacque l’idea del Giordano Bruno? Mi nacque a pranzo a Firenze. Io mi trovavo a Piazza Santa Croce e cercavo un soggetto per completare la mia trilogia sul potere. Vidi una scolaresca e il proprio professore che affabulava in maniera così esaltante la figura del filosofo che ne rimasi rapito e per il ruolo pensai subitaneamente a Gianmaria L’attore accettò ? GianMaria era titubante anche perché la produzione voleva Dustin Hoffman. Volontè era appena uscito da un film di grande successo Il caso Mattei e non aveva mai impersonato un personaggio realmente esistito ma vissuto parecchi secoli prima. E come lo convinse ? Diciamo innanzitutto che oltre all’amicizia ci legava il trionfo di Sacco e Vanzetti. Lui prese il copione mi disse di aspettare una settimana, poi m’invito a pranzo e mi ridiede un copione completamente stravolto. Ecco in cosa era grande GianMaria lui pensava prima al film e poi al personaggio lo analizzava minuziosamente per

farlo suo. Ricordo a tal proposito che negli anni’70 era l’attore più pagato del cinema italiano ed ebbe la serietà di rifiutare film come Il Padrino Parte II di Ford Coppola e il Casanova di Fellini perché non lo convincevano. Accettò il ruolo di Allende per un film a basso costo come Storia di un massacro dell’ esordiente Miguellin. Le dispiace che i suoi film vengano trasmessi a tarda notte ? No, in quanto me lo aspettavo. I miei film come tutti quelli del filone dell’”impegno” fatti tra gli sanni ’60’70 sono ancora attuali e la politica tende sempre a spegnere l’interruttore della coscienza. Però ho la soddisfazione che i miei film non vengano interrotti ogni 10 minuti da 10 rotoli di morbidezza. Lei per circa vent’anni non ha lavorato come regista al cinema. Dopo il “Marco Polo” i produttori mi rifiutarono tutti i soggetti se non avessi lavorato in coppia con GianMaria Volontè nonostante abbia avuto l’onore di lavorare con Burt Lancaster e Anne Bancroft. Al cinema sono tornato come attore dopo il mio debutto con Lizzani in Banditi (1951) Poi è tornato al cinema con I Demoni. Era una mia idea fare un film sulla vita di Dostoevskij, un grande uomo che a 28 anni era già famoso in tutto il mondo. Nella sua esperienza umana e letteraria volevo scuotere la coscienza civile dei giovani che provavano un grande disinteresse per la politica. Con questa vasta protesta contro il decreto 133 mi avete dimostrato, con mia grande gioia, che mi sbagliavo. Gomorra candidato all’Oscar, Il Divo campione d’incassi che cosa pensa di questo nuovo impegno politico al cinema ? Non posso esserne che fiero. Finalmente le brutture dell’Italia vengono esportate all’estero. Spero che si possa ricreare quel clima di riflessione sociale e politica così propugnata non solo da noi registi ma anche da scrittori come Sciascia e Pisolini. Infine spero tanto che Gomorra vinca l’Oscar sarebbe la più grande vittoria per un eroe come Saviano. Chi sono i suoi maestri ? Come regista Lizzani che mi ha insegnato tutto sulla regia e ha avuto fiducia in me e come attore Totò, un principe al servizio del popolo. Lui preferiva fare commedie che venivano stroncate dalla critica pur di essere amato dal pubblico. Grazie ai suoi film che facevano incassare alle case di produzioni miliardi ho potuto esordire come regista. Ha altri progetti ? Sì. Ho appena finito una sceneggiatura per un film dal titolo provvisorio L’Industriale. Andrea Panico 16


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Vicky, Cristina e Barcellona

Quantum of solace

La città è romantica, la notte è bella e profumata, noi siamo vivi non è sufficiente?

Il 22º di della serie di prodotta dalla EON Productions

È estate e due bellissime ragazze americane, Vichy e Cristina, decidono, dopo aver finito l’una il suo master sull’identità catalana, l’altra il suo cortometraggio di 12 minuti, di partire e trascorrere la loro vacanza in Europa, a Barcellona. Vichy è attratta dalla città, perché appassionata dei due artisti Gaudì e Mirò, invece Cristina, che si è appena lasciata con l’ultimo fidanzato, ha bisogno di cambiare scena. Le cose si complicano (forse piacevolmente) quando le due ragazze incontrano il sexy-pittore, Juan Antonio, a una mostra d’arte, perché egli propone alle due un invito (certamente sui generis e diretto) alla pittoresca cittadina di Oviedo. Torna sul grande schermo Woody Allen, dopo aver girato il cinico melodramma “Match Point” e la sofisticata commedia “Scoop”, abbandonando Londra per potersi dedicare ad una commedia dal sapore mediterraneo nella bella, affascinante e vitale Barcellona. La trama si basa sul vecchissimo gioco del triangolo amoroso, ma la sapienza del regista sta proprio nel far capire come gli eventi proseguano per poi cambiarne completamente il senso. Tuttavia la storia è improntata sulla ricerca del vero amore, infatti, i personaggi cercano ostinatamente di capire se le convenzioni sull’amore debbano essere abbandonate, così da poter vivere pienamente la passione e l’amore senza soffrire oppure continuare a seguirle, e magari sentire che qualcosa manca, per potersi sentire veramente vivi. Il tutto è accompagnato da una colonna sonora spagnoleggiante, che rende l’atmosfera, già avvolta da luci e colori caldi, ancora più caratteristica. Ma senza dubbio il fiore all’occhiello del film è la sua sceneggiatura: brillante e comicamente sofisticata, come sa fare solo Woody Allen, che con l’utilizzo dell’espediente della “voce fuori campo” riesce a farci estraniare dal racconto e guardare criticamente alle convenzioni, che ruotano intorno i rapporti sentimentali. Non è assolutamente un film che prevede il fazzoletto sempre pronto, anzi è ironico e ricco di passione. Nonostante tutto alla fine con una punta di amarezza il film lascia pensare che in realtà non esista forse il vero amore, ma che sia necessario cercare di non avere quello sbagliato.

Scosso dal tradimento e dalla morte di Vesper, la donna che amava, James Bond è spinto all'azione da un desiderio di vendetta. Durante un interrogatorio a Mr. White (Jesper Christensen), 007 e M (Judi Dench) scoprono che una potente organizzazione, trama alle loro spalle. L'agente segreto si sposta ad Haiti dove individua in Dominic Greene (Mathieu Amalric) un uomo d'affari senza scrupoli, che è tra i membri principali della misteriosa organizzazione. Lì conosce anche Camille (Olga Kurylenko), una giovane spia che come lui è assetata di vendetta. In una missione che lo porta in Austria, Italia e in Sudamerica, Bond scoprirà che Greene è impegnato in una cospirazione per prendere il controllo di una delle risorse naturali più importanti del mondo, che lo spinge a stringere un patto con il generale in esilio Medrano (Joaquin Cosio). Tra tradimenti, omicidi e inganni, Bond si allea con dei vecchi amici in una lotta cruenta per scoprire la verità. Man mano che si avvicina a scoprire l'uomo responsabile del tradimento di Vesper, 007 deve continuare a rimanere un passo avanti alla CIA, ai terroristi e persino a M per sventare l’inquietante piano di Greene e fermare la sua organizzazione... Il titolo del film 'Quantum of Solace', è quello d'un racconto poco noto di Ian Fleming (più o meno significa 'Un certo sollievo'). L’utilizzo di tecnologie quotidiane è portato alle estreme conseguenze grazie agli effetti digitali. Come molte delle cose che circondano James Bond infatti anche la tecnologia ha un'aura mitica, sempre funzionante, efficace, totalmente sottomessa alla mano umana. In possiamo ammirare un nostro possibile futuro tecnologico in impossibili telefoni cellulari, prototipi dei più avanzati palmari, che comunicano con reti di comunicazione multidevice e multi piattaforma da sogno e schermi di tutte le fogge e dimensioni. Antonella Giacomaniello

Cristina Cipriani 18


L’eco di Cassandra

Anno I - Numero 0 - Dicembre2008/Gennaio 2009

Dietro lo schermo dentro la storia: speciale cinema

Il medico della mutua regia: Luigi Zampa attori: Alberto Sordi, Bice Valori

“Oggi purtroppo c’è la mutua” afferma il giovane dott. Tersilli alias Alberatone in uno dei personaggi più riusciti della sua carriera, tanto da averne un seguito. Servile con i potenti, seduttore per calcolo, religioso per opportunismo, arrivista senza scrupoli, emblema della classe medica cinica e truffaldina che costruisce la propria fortuna sulla pelle dei pazienti fino a quando un attacco cardiaco per superlavoro non lo riporta a essere operato dai suoi ex colleghi che viscidamente ha scavalcato. Ecco chi è Guido Tersilli. Alla fine Tersilli decide di rinunciare all’operazione e torna a lavorare a domicilio senza essere denunciato. Nonostante tutto Tersilli riesce a conquistare le nostre simpatie perché in lui riconosciamo le nostre debolezze. Da un romanzoinchiesta di Guido d’Agata prodotto da De Laurentiis, fortemente voluto da Sordi e diretto da Zampa che non essendo un Comencini o un Risi lo getta sulla farsa, fu campione di incassi di quell’anno. Andrea Panico

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L’eco di Cassandra

Anno I - Numero 0 - Dicembre2008/Gennaio 2009

Dietro lo schermo: riflessione, con il monologo de “La mia famiglia”, adattato di volta in volta al tema della puntata. Le tanto attese parodie di Sarah Palin, Franca Leosini e, soprattutto, di Mariastella Gelmini – diventata Mariastella GelMini-Pimer, ministro robot della serie 9000 – sono riuscite a sorprenderci esattamente come ce l’avevano fatta le precedenti. Tuttavia, il programma non merita ancora cinque stelline piene. L’essere in prima serata irrigidisce: Francesco Mandelli appare ancora poco sciolto, giustificabile vista l’inesperienza nella conduzione di questo tipo di programmi; l’ampio ruolo da conduttrice cantante/ballerina/attrice/comica di Paola Cortellesi sembra paradossalmente costringerla, influendo sul ritmo del programma che risulta lento e con una mancata continuità tra una scenetta e l’altra. Nonostante tutto, NPDV ha rappresentato una ventata d’aria fresca nel panorama di un’Italia televisiva ormai dedita ai reality show, nonché l’ennesima riprova – stavolta in prima serata – dell’eccezionale bravura di Paola e della difficoltà di scrivere e tenere in piedi uno spettacolo che sia gradevole e qualitativamente alto.

Non perdiamoci di vista Paola Cortellesi torna in Tv È partito il 6 Novembre su Rai Tre “Non perdiamoci di vista”, il nuovo one-woman show condotto da Paola Cortellesi e Francesco Mandelli, in onda ogni Giovedì alle 21.00 fino al 4 Dicembre. A quattro anni da “Nessundorma”, la poliedrica artista romana torna sul piccolo schermo con un programma tutto suo, prodotto da Bibi Ballandi. Dalla tv, in realtà, non si era mai allontanata: ormai memorabili sono le partecipazioni a vari programmi, primo fra tutti “Parla con me” di Serena Dandini, la cui scorsa stagione è stata deliziata da sketch comici e superbe parodie di personaggi femminili della politica italiana come Daniela Santanchè e il ministro Stefania Prestigiacomo. Per questo nuovo varietà, la Cortellesi ha promesso uno spettacolo a mo’ di teatro, con balletti, numeri, ospiti e ottima musica peraltro garantita e interamente curata da Rocco Tanica (vero nome: Sergio Conforti), tastierista del gruppo Elio e le Storie Tese, già autore e amico dell’attrice. In queste puntate, aventi come tema il lavoro, la diversità, la paura e l’Italia, le promesse sono state in parte mantenute: nel Teatro 15 di Cinecittà si sono susseguite personalità come, per citarne qualcuno, Gianni Morandi, Valerio Mastrandrea, la Gialappa’s Band, Caparezza (accompagnato dai Signmarks, interessante duo hip hop finlandese), Michele Placido, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Neri Marcorè, Margherita Buy, Claudia Pandolfi, Giobbe Covatta, Flavio Insinna e tantissimi altri ancora. Tutti gli ospiti hanno preso parte allo show, chi cantando (ben riuscito il medley tra ‘O sole mio e O mia bela Madunina, interpretate rispettivamente da Morandi e la Cortellesi nella prima puntata), chi recitando e chi portando avanti i propri sketch comici. Non sono mancati nemmeno i momenti di

Lavinia M. Caradonna

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2002-2003: 10 % di share; 2004-2005: 12 % di share e poi su su fino al picco del 15.51 della sesta edizione. Premi televisivi e una longevità rara e quanto mai preziosa. Ballarò è senza dubbio il talk show politico più seguito dal pubblico. In onda martedì alle 21 e 05 su Raitre e in replica su Raisat Extra il martedì alle 23 e 30 e il mercoledì alle 21, il programma ideato e condotto da Giovanni Floris è diventato un’istituzione della terza rete. Quando nel 2001, il semi sconosciuto Floris presentava la prima stagione del programma che prende il nome dall’omonimo quartiere di Palermo, certo nessuno poteva immaginare che questo giovane giornalista dall’aria da primo della classe, serioso e disciplinato, ne avrebbe fatto un colosso che sarebbe durato anni e che non avrebbe perso smalto nemmeno al confronto con i santoriani Sciuscià o Anno Zero. Oggi le note de Jeux d’Enfant’s di Cirque du Soleil, che ne è la traccia sonora, richiamano immancabilmente alla mente le poltrone squadrate e il grande schermo da cui si affacciano i vari ospiti in collegamento dall’esterno. Il monologo satirico che apre la trasmissione è uno degli elementi che contraddistinguono il programma e forse l’elemento di maggior incisività: dieci minuti o poco più bastano a dipingere un quadro vivido della situazione che il dibattito si appresta ad analizzare, rendendola così, con lo strumento mirabilissimo della caricatura, presente ai telespettatori, disegnandola e definendola. Segue il dibattito vero e proprio, con gli ospiti divisi in due schieramenti opposti per opinione. Sono proprio i protagonisti della politica - ministri,

rappresentanti dell’opposizione - a discutere tematiche che interessano il cittadino comune, quello che in gergo giornalistico si dice “l’uomo della strada”; problematiche che non interessano strettamente la politica ma che nella politica cercano risposte. L’intento dichiarato degli autori è proprio questo: conservare il più possibile il punto di osservazione “non di chi governa ma di chi è governato”, intento che sembra non essere mai stato abbandonato vista l’impostazione del dibattito e la moderazione del conduttore. La conduzione di Floris è tanto lucida quanto intellettualmente onesta: pure essendo notoriamente schierato, e nonostante siano ormai note le sue posizioni politiche, la sua conduzione non ha mai mancato di obiettività, di qualsiasi colore fosse il governo in carica. Non sono mancati scontri e polemiche, e come ogni altro talk, anche Ballarò ha spesso sfiorato toni non esattamente pacati, confronti esasperati o esasperanti, ma è e resterà per molto tempo, il fiore all’occhiello dell’informazione televisiva di Raitre. Angela Marino

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Parnaso: Poesie Lettera a Dio

In viaggio

Gran bordello l’umanità mia signora o mio signore Non conosco il tuo sesso caro il mio dio Lo dico da buon cristiano Lo scrivo con la minuscola…. Pensi…. Seduto sulla mia sedia di paglia col capo adagiato all’indietro Nel vuoto Vestito con abiti presi a caso dalla cesta dei panni sporchi Ho visto scorrere fotogrammi di un porno Di quelli fatti come se ne facevano una volta Di serie B Senza troppe pretese manieristiche Con povere donne: tue figlie, sfruttate nel mostrare le loro grazie la loro disgrazia, soprattutto Senza pensarci troppo Anzi senza pensarci affatto Direi Mi sono masturbato in preda all’ansia Immaginando le luci al neon viste migliaia di volte Nel sottosuolo delle stazioni della metro Nei corridoi degli autobus rigorosamente notturni Con carni lacere e penzolanti Sfollate da uno schizzo di sperma rancido Le rotaie affettano Le ruote sgretolano Quel verso un dove tentiamo di slanciarci… Ascolta ogni tanto quel che ti urla il vento Quel che ti urla il mio fiato In tutta franchezza… Non ti capisco affatto nel tuo male che continua da Isacco E ancora non smette

Buffo Tenero Indifeso Si nutre di latte A volte tossisce M’incanto a guardarlo… Mi chiedo come sarà il suo futuro… La donna vestita di stracci Lo culla Lo ama? Istinto materno che mi pervade Mentre fisso quella manina Delicata.. Indimenticabile tenerezza.. Poi, finalmente, lo fa: sorride alle mie, buffe faccine.

Sara Imbriani

Giovanni Schiavone 22


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EVENTI IN CAMPANI DICEMBRE 2008 - GENNAIO 2009 a cura di Sara Imbriani

Street Art Festival

Alberto Castelli

26 dicembre 2008 Caserta

04 Ottobre 2008 - 24 Gennaio 2009

L’Associazione culturale New Future Group organizzerà il 26 Dicembre 2008 una manifestazione artisticoculturale giovanile che presenterà caratteristiche ed attività del mondo Hip- Hop. La manifestazione avrà luogo all'Embarcadero club sito in via vicinale Susa, 6 a Casapulla (Caserta) il 26 Dicembre 2008. Alla manifestazione potranno partecipare Scuole di Danza, Palestre, Associazioni in genere che pratichino la Danza Hip hop e breakdance, nonché singoli e gruppi non iscritti nelle precedenti.

Via Iadonisi 14 - Vitulano (Benevento)

Durante la manifestazione ogni iscritto avrà il suo spazio di tempo (previsto dal regolamento) per esibirsi. Tra un'esibizione e l'altra si succederanno sulla scena cantanti rap ed Hip- Hop che avranno in precedenza presentato la domanda d'iscrizione in allegato al testo del brano che esibiranno. La location sarà abbellita dalle creazioni di giovani writers iscritti. Ospiti ed artisti vari interverranno, infine alla manifestazione. La suddetta manifestazione ha come fine ultimo quello di assicurare ai giovani una giusta integrazione nel campo artistico culturale, inserimento basato sul divertimento sano ed equilibrato. Vecchie e nuove generazioni a confronto,garantito un mix di fantasia, solarità ma soprattutto di talento. Email: newfuture@alice.it Telefono: +39.339.2934312 Web: www.newfuture.it

Presso la galleria GiaMaArt Studio Alberto Castelli presenta una selezione di quadri degli ultimi anni dove la figura femminile diviene il tramite per una ricerca approfondita sulle ragioni e sulle radici storiche della pittura contemporanea. La volontà di Castelli è quella di mostrare i legami della sua opera con una tradizione pittorica che va dal Seicento all’Ottocento. Questa indagine sugli stili e le visioni formali di diverse epoche, che lega i fasti di una pittorica età dell’oro alle presenze iconiche del nostro presente, fonda dunque le evocazioni di diverse immagini femminili che richiamano ritratti borghesi e nobiliari o icone cinematografiche di donne “fatali”, la quotidianità del privato alla sensualità di un erotismo sussurrato e incombente, in una misteriosa quadreria di volti, vestimenti e corpi rivelati paradossalmente attraverso il mistero costantemente rinnovato della pittura. Cell: +39 3398628853 Cell: +39 3389565828 Email: info@giamaartstudio.it Web: www.giamaartstudio.it

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29 novembre 2008 -8 gennaio 2009 Presepi Onori e Disonori

14 Novembre 2008 - 29 Maggio 2009 Raccontami una storia

Basilica di San Domenico Maggiore - Napoli (Napoli)

Libreria Internazionale Treves - Napoli (Napoli)

IL PRESEPE NAPOLETANO CONTEMPORANEO. Il 29 novembre ore 11,00 presso la Basilica di San Domenico Maggiore alla presenza di Sua Eminenza Cardinale Crescenzio Sepe è stato inaugurato “ Il Presepe Onori e Disonori ”. Una provocazione: dal classico presepe settecentesco napoletano alle più recenti vicende sull’emergenza “immondizia”. Una denuncia sociale attraverso una delle più secolari tradizioni napoletane.

Raccontami una storia, la letteratura di voce in voce. Dopo il successo di Ottobre, piovono libri – iniziativa del MIUR a cui abbiamo partecipato con un reading corale del romanzo Gomorra – proseguono gli incontri del laboratorio di lettura "Raccontami una storia". Il corso prevede due appuntamenti al mese, di venerdì alle ore 18.30 presso la Libreria Internazionale Treves (Piazza del Plebiscito, 11-12).

Un’opera ideata e realizzata dalla bottega d’arte presepiale Cantone & Costabile. Interverranno alla manifestazione il procuratore nazionale antimafia Tano Grasso , la sig.ra Silvana Fucito, il prefetto Panza. Il presepe sarà esposto dal 29/11/08 al 08/01/09 dalle ore 09:00 alle 12:30 dalle 17:00 alle 19:30. Si prega di comunicare la propria adesione presso la segreteria organizzativa dell’evento: Tel.+39.081.7810018 info@artepresepiale.it Email: info@artepresepiale.it Telefono: +39.081.7810018 Web: www.artepresepiale.it

Gli incontri si svolgeranno secondo il seguente calendario: Novembre 14 - 28 Dicembre 12 - 19 Gennaio 16 - 30 Febbraio 13 - 27 Marzo 13 - 27 Aprile 3 - 17 Maggio 15 - 29 A conclusione sarà rilasciato un attestato di partecipazione. La quota mensile è di ¤ 15,00. Sito web: www.distanzelab.it E-mail: a.petrazzuolo@distanzelab.it Mobile: +39.347.8522045

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