Iniziativa patrocinata dall’Ateneo FEDERICO II
Anno II - Numero VI Dicembre 2009 Testata registrata al Tribunale di Napoli n. 99 del 22-12-08
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Direttore Responsabile: Lorenzo Crea
Indice
Fondatori:
News Echi dall’Ateneo pag. 3
Leonarda Di Meo Giancarlo Marino Mara Russo
Echi dal mondo pag. 4 Speciale A Tu Per Tu: Intervista a Curzio Maltese pag.7
Gestione sito web e Impaginazione:
Lettere in…chiostro: Recensioni Libri pag. 8
Alessandra Marziale
Redattori: Ilena Ambrosio; Simona Bonetti; Lavinia M. Caradonna; Antonio Cristiano; Fabrizio De Rosa, Mirella De Sisto; Giovy De Vita; Eduardo Di Pietro, Serena Di Vito; Matteo Dell'Aria; Giovanni Di Benedetto; Jundra Elce; Giulia Esposito; Sabrina Gamella, Antonella Giacomaniello; Simona Grieco; Sara Imbriani; Annamaria Iodice; Fiorina Izzo; Maurizio Esposito La Rossa; Francesco Lobefalo; Enrica Mossetti; Angela Marino; Alessandra Marziale; Andrea Panico; Giovanni Schiavone; Gabriele Stasino; Allegra Taglialatela; Vincenzo Vezzi.
Dietro lo schermo: Cinema e Tv pag. 14 Arte in scena: Teatro pag. 20
Il giardino di Epicuro: Riflessioni : pag. 22
Eventi pag. 25
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L’onda è tornata L’Onda è tornata. Il primo incontro si è tenuto il 4 novembre nella sede di Giurisprudenza della Federico II. È stata l’occasione per presentare il nascente Movimento di giurisprudenza, e per ricucire lo strappo creatosi l’anno scorso a causa degli scontri ideologici tra un ristretto gruppo di destra di giurisprudenza e i leaders dell’Onda. Nella prima parte dell’assemblea, i leaders dell’MDG hanno dato voce alle loro conoscenze, analizzando il disegno di legge Gelmini e contestandolo punto per punto. L’atmosfera che si respira è molto diversa da quella dell’anno passato. Il drastico taglio dei fondi, la palese volontà di privatizzare l’università, lo spropositato aumento delle tasse, la soppressione dei corsi di laurea, in particolare all’Orientale, e ancora, l’introduzione di test di ammissione ai corsi di laurea magistrale vanno, di fatto, ad esasperare una situazione già critica. Ciò che colpisce però è che nonostante la criticità della situazione, manchi l’energia di un anno fa, quella che fece nascere il movimento dell’Onda, tanto diffuso e sentito, da riuscire a costituire un ostacolo all’approvazione della 133 come decreto legge. Siamo di nuovo in autunno, l’Onda è tornata, ma i giochi sembrano fatti. Lo sfascio del
Nasce l’MDG sistema universitario, messo nero su bianco dal ddl, è ormai tangibile, e nonostante questo non sembra esserci il vigore, né lo slancio necessari per la protesta, che rischia di esaurirsi in vani momenti di analisi e riflessione sganciati da iniziative concrete. È mancata quella componente propositiva che dovrebbe costituire l’anima di un qualsiasi movimento di protesta, che era l’anima dell’Onda l’anno passato. Le direttive lungo le quali si deve muovere la nuova stagione di protesta sono state comunque individuate in maniera unanime: bisognerà superare logiche territoriali e fazioni politiche, cercare l’appoggio di altri gruppi sociali e creare un’opposizione forte con al centro i precari. Le voci più radicali sembrano provenire dall’Orientale, particolarmente penalizzata dall’attuazione dei provvedimenti del ddl. Il rappresentante di uno dei collettivi, Giovanni Pagano, ha posto con forza l’accento sull’esigenza di fondi da parte dell’università. Sono stati ricordati infine gli appuntamenti del 17 novembre, per la manifestazione organizzata in concomitanza con la Giornata dello studente, e del 20, giorno in cui si terrà un’assemblea generale all’università La Sapienza di Roma.
Sabrina Gammella Carla Giannini
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Grande affluenza di studenti ed esperti della materia nell’aula 3 della sede Centrale dell’Ateneo federiciano, qui convogliati per partecipare al convegno Per un’identità del teatro meridionale – Mastriani, Di Giacomo, Verga, Pirandello e i De Filippo. Durante l’incontro, moderato dalla professoressa Giuseppina Scognamiglio, è stata presentata la nuova “Rivista di Letteratura Teatrale” che, come affermato dal giornalista Stefano De Stefano, presenta un’ampia e ponderata riflessione teorica pari a quella che si può trovare in un libro. Curata dal prof. Pasquale Sabbatino, direttore del Dipartimento di Filologia Moderna, la rivista è uno strumento importante per porre l’attenzione sulla realtà teatrale meridionale ed indagarne la sua specificità ed identità culturale. Bisogna portare alla ribalta e indagare aspetti letterari di autori poco studiati o di cui si sono approfonditi solo alcuni aspetti. Uno di questi è - come affermato da Cristiana Addesso - Francesco Mastriani, giornalista, narratore e prolifico autore di romanzi d’appendice nonché di testi teatrali (ricordiamo, tra questi, La cieca di Sorrento e I lazzari). Anzi, Mastriani esordì proprio come drammaturgo e il suo intento era propagare precisi messaggi, educare il pubblico in sala a valori universali, quali l’onestà e la famiglia. Colpire i vizi delle umane genti e indagarne le virtù, dunque. Ricco e variegato è il panorama della letteratura teatrale napoletana (che costituisce insieme al filone veneziano uno dei due macrotesti di quella italiana) e alla quale non sempre si può additare l’etichetta di letteratura popolare. E ciò è dimostrato dal lavoro di Salvatore Di Giacomo che, come spiega Toni Iermano (Università Di Cassino), aderiva a un teatro dialettale che nella lingua e nei contenuti tendeva ad una cultura non certo popolare, perché nella città partenopea c’è stato sì un teatro plebeo, ma le istanze affrontate sono di alto profilo culturale. Scoprire e riscoprire dunque le radici culturali della nostra città e la schiera di scrittori che, con le loro opere, hanno costituito il patrimonio letterario non solo napoletano ma nazionale. Fiorina Izzo
L’11 novembre scorso nell’aula Coviello, al primo piano del palazzo di Giurisprudenza in via Porta di Massa è stata presentata la prossima stagione lirica del San Carlo. Ad inaugurare l’evento sono stati gli interventi del Preside della Facoltà di Giurisprudenza Lucio De Giovanni e del vice presidente del Polo delle Scienze Umane e Sociali Mario Rusciano, i quali hanno sottolineato quanto il concetto di “formazione” implichi tutti i campi del sapere, includendo quindi anche la storia della musica. A seguire la professoressa Marina Mayrhofer, docente di Storia della Musica ha ringraziato gli organizzatori del San Carlo per l’intensa attività di collaborazione svolta in questi anni. Per l’apprendimento di questa materia, infatti, c’è bisogno di continue verifiche sul campo, indispensabili a studenti di Lettere Moderne e di Filologia completamente a digiuno di musica classica. La professoressa conclude dicendo che «la presenza dei giovani in teatro è una promessa di felicità che si concretizza quando la musica entra a far parte della nostra vita». Il concerto organizzato con la collaborazione del teatro San Carlo, dell’Università Federico II e di numerose associazioni studentesche ha quindi inizio e la musica entra prepotente nell’aula con le note di Mozart che incantano il pubblico composto in maggioranza da giovani. Il maestro Virginio Giorgioni saluta i suoi ospiti invitandoli al San Carlo, e dal forte applauso di risposta si capisce come la prossima stagione lirica sarà seguita anche da un certo numero di studenti. Francesca Bianco
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RIFORMA UNIVERSITARIA Decreto legge 133 Con il decreto legge 133 presentato il 6 agosto di quest’anno (quando tutti erano a mare, insomma , affinché nessuno si accorgesse dell’immane porcata) il governo Berlusconi ha detto la sua in materia di Istruzione. Tale riforma, è bene dirlo da subito senza giri di parole, si configura come un vero e proprio assassinio dell’Università Pubblica.Tale obbrobrio prevede, innanzitutto, i seguenti tagli di fondi all’Università:
63.5 milioni di euro per l’anno 2009 90 milioni di euro per l’anno 2009 316 milioni di euro per l’anno 2011 417 milioni di euro per l’anno 2012 455 milioni di euro a decorrere dell’anno 2013
per un totale di 1441.5 milioni di euro almeno fino al 2013. Ci informa poi che le università potranno per rimediare a questi tagli (ma il verbo giusto da usare qui è “dovranno”) trasformarsi in fondazioni di diritto privato(art 16). Questo passo sancirebbe la morte di un’istruzione pubblica per tutti, consentendo alle fondazioni universitarie di decidere l’entità delle tasse per gli studenti, infatti, attualmente la legge sancisce che nell’anno solare, il gettito delle tasse degli studenti non deve superare il 20% dell’importo del finanziamento ordinario dello Stato (FFO), cosa che di fatto pone un tetto massimo alle tasse che si possono far pagare ad uno studente. Con il passaggio a fondazione l’università potrà chiedere qualunque cifra agli studenti, senza dover rispondere a nessun tetto prefissato. Una retta universitaria da 10000 euro potrebbe essere uno standard per i prossimi anni accademici. Dunque il criterio di selezione per accedere alle università del domani sarà il provenire da una famiglia ricca con tanti saluti alla tanto sbandierata meritocrazia. Ma d’altra parte che cosa ci si poteva aspettare da un governo il cui ministro delle pari opportunità è una ex show girl senza nessun merito per stare lì o meglio per meriti che non si possono citare su una pubblicazione universitaria ma forse su Playboy si? E la stessa ministra Gelmini quale titolo ha per occuparsi di istruzione? E soprattutto quale titolo ha per parlare di merito lei che, bresciana doc, è andata sostenere l’esame per avvocato a Reggio Calabria dove è notorio che la percentuale di promossi all’esame è la più alta d’Italia? Ma perdonate la breve parentesi e proseguiamo con l’analisi di questa riforma; l’aprirsi al contributo privato avrebbe anche altri effetti; in primis, la perdita dell’indipendenza da parte dei professori, a decidere cosa e come insegnare sarebbero infatti gli investitori privati. Inoltre, alcune facoltà, come ad esempio la nostra, dove troverebbero tali finanziatori? Ve l’ immaginate un imprenditore che investe in Filosofia Teoretica o Filologia Provenzale? Senza contare poi che in una regione come la Campania non vi è il tessuto produttivo e industriale capace di sorreggere un’istituzione come l’Università. Se
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continuiamo nell’esame del decreto troveremo all’articolo 66 che è stata imposta anche una drastica riduzione del personale universitario. La legge 133 impone infatti un turn over bloccato al 20%, ovvero un nuovo assunto ogni cinque pensionamenti o licenziamenti. I giovani, e meno giovani, finora impegnati nella ricerca e nella didattica nelle forme di reclutamento classiche (dottorati di ricerca e incarichi di supplenza malpagati), avevano per anni tirato il fiato aspettando il momento di succedere ai maestri. Ciò avverrà in proporzioni limitatissime e un vasto patrimonio di conoscenze e preparazione andrà perduto. Questo per quanto riguarda l’università ma se poi volessi allargare il discorso, abbracciando l’intero percorso formativo dalle elementari al liceo, potrei continuare per altre pagine deprecando la miopia di chi vede in un capo di vestiario il rimedio ai mille mali che travagliano la nostra scuola, la crudeltà di chi butta letteralmente in mezzo ad una strada decine e decine di precari dopo anni di onorato e sudato lavoro, ma credo di aver scritto abbastanza. Per tutto questo è forse bene indirizzare un appello a tutti coloro che si ritroveranno queste pagine fra le mani:
cari colleghi mettiamo da parte, almeno per un po’, le solite preoccupazioni e il solito impegno per corsi ed appelli di esami e preoccupiamoci di far sentire forte e chiara la nostra voce contro questo obbrobrio in tutti i modi e con tutti i mezzi che ci verranno in mente. Evelina Leone
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Speciale A TU PER TU
Signor Maltese cosa le fa pensare che sia la fine del sogno berlusconiano? Io credo che Berlusconi abbia una forza, egli è abile nella comunicazione e continua a farlo anche in un panorama mediocre. La politica oggi si comunica andando dove ci sono le telecamere e Berlusconi ha sempre saputo che per far politica aveva bisogno delle televisioni e dei condoni fiscali. Egli ha una sua tempra che gli va riconosciuta ed è stato favorito dall’incapacità degli avversari di non riuscire a contrastarlo. Dove ha fatto il suo primo pezzo di politica? Il primo pezzo di politica che ho fatto era a Milano,c’era Craxi che faceva gli auguri agli anziani ed era in corso una elezione elettorale dove una sola persona aveva votato PC. Era un pezzo tradizionale, ma io, venendo dallo spettacolo, avevo fatto un pezzo un po’ comico che fortunatamente fu pubblicato e piacque proprio perché molto divertente. Ci parli del suo libro. Il libro in sé è un libro contro la semplificazione. Berlusconi è soprattutto un semplificatore che ti vende spiegazioni semplici. Ne è un esempio la scuola, l’Italia ha avuto un boom economico perché si è investito tutto nella scuola, infatti siamo diventati un grande paese
Nato a Milano il 30 marzo del 1959 e cresciuto a Sesto San Giovanni, da ragazzo decide di dedicarsi interamente al giornalismo. È il fratello della giornalista sportiva della Rai, Cinzia Maltese, prematuramente scomparsa per una grave malattia, nel 2002. Ha iniziato ad occuparsi di sport e cronaca per i quotidiani la Gazzetta dello Sport, La Stampa e La Notte. Attualmente è editorialista per il quotidiano la Repubblica ed il settimanale il Venerdì di Repubblica. Ha scritto diversi libri tra i quali Colpo grosso (1997), Come ti sei ridotto, modesta proposta di sopravvivenza al declino della nazione (2006), in cui analizza il fenomeno berlusconiano proponendo le sue idee sul fascismo che torna nella storia italiana, I padroni delle città (2007), nel quale tratta gli aspetti economici e socio-politici della maggior parte dei capoluoghi italiani, La questua, quanto costa la Chiesa agli italiani (2008) una serie di inchieste sui costi della Chiesa cattolica a carico dei cittadini e dello Stato italiano e infine La Bolla-la pericolosa fine del sogno berlusconiano (2009), in cui analizza la situazione reale del nostro paese che vive da quindici anni in una bolla politica e mediatica, il berlusconismo.
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proprio per questo. Quindi semplificare significa uccidere la complessità ma non risolvere il problema. Non le pare che oggi i singoli individui di partito abbiano più importanza dei gruppi? C’è ormai un abisso tra quelli che erano i partiti una volta e quello che sono oggi. Se si prende come esempio l’attuale partito di maggioranza relativa in Italia ossia l’ex PCI, nonché ex PDS, ora DS, venti anni fa era un partito molto radicato nel territorio, con un leader forte, ma anche molto intelligente, che era Enrico Berlinguer. C’era, al suo interno, un grande dibattito tra i vari componenti del partito. Oggi questo partito viene molto identificato con la figura del suo capo, che è Massimo D’Alema, anche perché la politica si lascia trasformare in spettacolo. Riguardo la spettacolarizzazione della politica, secondo lei così facendo non si perde, anzi non si è perso, il vero scopo della politica, cioè trasmettere idee per trasformare o per lo meno migliorare la società? In qualsiasi associazione umana esiste un bisogno di politica. La politica serve a fornire delle regole per evitare che prevalgano istinti primordiali, come accade in paesi in cui la politica rischia costantemente di saltare. Molta della discussione politica che noi subiamo sui giornali o in televisione non è condotta su cose o su fatti circostanziati, ma sulle persone e sulla loro immagine.
Chi si illude che tutto si risolverà con la fine di Berlusconi, magari accelerata dagli scandali, dimostra di non capire quanto e come ha agito il berlusconismo in questi anni nella società. Non è stato fascismo, ma ha svuotato la democrazia.
Serena Musto
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Inchiostro Libri
1984 George Orwell 1984 è uno dei più grandi capolavori distopici mai scritti, il titolo di questo libro è ottenuto invertendo le ultime due cifre dell'anno in cui è stato scritto, cioè nel 1948, come a dire che il futuro è appena girato l'angolo, meglio ancora che è già qui. Orwell ci descrive le avventure di Winston, comune impiegato del Partito, col compito di "correggere la storia" in pratica egli opera su avvenimenti che si vuole non siano mai esistiti, o che si vuole siano accaduti sebbene non sia così. Nel mondo immaginato da Orwell, i libri di storia vengono costantemente bruciati e ristampati, anzi la storia viene costantemente distrutta e ricreata; i vecchi giornali sono in realtà sempre nuovi, è possibile così far pensare al popolo che le cose siano andate in un determinato modo piuttosto che in un altro, poiché chi controlla il passato controlla il futuro. Il panopticon di questo mondo è il televisore, che non si ha la possibilità di spegnere e che funziona da costante videocamera di sorveglianza; a capo del Partito c'è la fantomatica figura del Grande Fratello, non a caso il nome dato all'omonimo format televisivo dei nostri giorni. Nemico del Partito e antagonista assoluto del Grande Fratello è Goldstein, la cui descrizione inziale ricorda incredilmente Bin Laden, anche se in realtà la caratterizzazione del personaggio aderisce alla figura di Trotskij, nemico
dell'ideologia stalinista, verso cui tutto il libro di Orwell è improntato ad una profonda critica. L'autore infatti era stato vittima delle persecuzioni staliniste durante la guerra civile spagnola, e critica dunque i regimi totalitari ed in particolare il comunismo. Mi preme sottolinare come ancora oggi ci siano persone che si definiscono "comunisti" non per ideologia, ma per miticizzazione. Trovo molto utile dunque la lettura di questo libro a tutti i simpatizzanti comunisti che hanno letto qualche pagina di Marx e hanno deciso di dichiararsi, tra l'altro del tutto anacronisticamente, comunisti. Beninteso, purtroppo dovrò abbassarmi a dirla questa banalità, non è che Orwell allora sia un fascista o che questo sia un libro fascista o di destra, anzi è un libro dannatamente noglobal che critica con forza tutti i regimi totalitari e di controllo, ma in particolar modo ci mostra il lato distopico del comunismo di Stalin. Il mondo descritto è costantemente in guerra, al solo scopo di non fare mai innalzare il livello di benessere della popolazione, e di convogliare tutto l'odio accumulato verso gli avversari di turno. Gli slogan del partito sono: la guerra è pace; la libertà è schiavitu; l'ignoranza è forza. Tutto questo è impressionatemente attuale. Prendiamo una frase come questa: l'azione fondamentale del Partito consiste nel fare uso di una forma consapevole di inganno, conservando al tempo stesso quella fermezza di intenti che si
L’eco di Cassandra n°VI anno II accompagna alla più totale sincerità. Non ci ricorda forse qualcosa di terribilmente attuale nei nostri governi? Ma tornando a Winston, tutto inizia quando decide di scrivere un diario, potendo finalmente esternare su carta i più reconditi pensieri d'odio verso il Grande Fratello. Esternare o anche solo pensare in opposizione alla politica del Grande Fratello è considerato psicoreato, infatti per evitare il nascere di pensieri sovversivi anche la lingua ha subito una sostanziale modifica. Riscrivendo la lingua si riscrive anche il modo di pensare, nasce così la neolingua, che ci ricorda vagamente le scritture degli sms, in cui il dizionario viene ridotto all'osso: meno parole ci sono per esprimersi e minori sono le possibilità di sviluppare un pensiero critico. Winston poco più tardi incontrerà il suo grande amore, Julia, spirito ribelle insieme alla quale condividerà le gioie dell'amore e del sesso, qui sentito come atto di sovversione. Il veloce concatenarsi di eventi dalla scrittura di quel diario in poi vedrà il protagonista avvicinato da O'Brien, un funzionario del Partito che gli rivelerà di essere un membro della confraternita dei ribelli. Winston a questo punto non si sentirà
più solo, lui e Julia entrano a fare parte della confraternita, al fine di sabotare il sistema. Le sue speranze saranno però stroncate dopo qualche pagina: denunciato da un membro della piscopolizia sotto mentite spoglie, troverà come suo stesso carnefice adirittura O'Brien, che lo sottoporrà a tortura al fine di riabilitarlo. Non voglio svelarvi la fine del libro, ma vi preannuncio che troverete nella stanza 101 una delle verità più grandi e inquietanti di tutto il libro, che lascerà in voi un segno. È un romanzo che fa riflettere e sviluppa il pensiero critico, cosa di cui c'è più che mai bisogno oggi, in un'era in cui le comunicazioni di massa sono in mano al governo e le menti sono spesso deboli e assopite. Se l'argomento distopico vi interessa, consiglio anche Il nuovo mondo di Huxley, L'alba della fenice di Bradbury, La fattoria degli animali sempre di Orwell. C'è poi il film omonimo basato su 1984 e quello tratto dal libro di Bradbury, dal titolo Fahrenheit 451, altro bel film è Gattaca, immancabile Metropolis, fino al ben noto Matrix. Gabriele Stasino
Se la libertà significa qualcosa allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire. ,
George Orwell
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Inchiostro Libri
L’ambitissimo premio letterario Nanà, indetto dalla casa editrice Avagliano al fine di lanciare nuovi scrittori in Europa, è stato vinto quest’anno da una di noi, ovvero Giusella De Maria. Il suo romanzo Suona per me ha sbaragliato gli altri 200 in concorso aggiudicandosi il primo premio. Ma chi è Giusella? Una studentessa come noi alle prese con gli esami e lo stress della vita accademica. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con questo fiore all’occhiello della Facoltà di Lettere. In primis congratulazioni. Come ci si sente ad aver vinto questo ambitissimo premio letterario e com'è cambiata la tua vita ora? Increduli, euforici. e poi ci si dimentica. Almeno a me capita così. Quanto ci si adatta facilmente alle situazioni assurde. A volte, raramente, penso: ho realizzato il mio sogno di sempre, e ora? Per ora gongolerò un po’ tra firma copie, presentazioni e feste, ma, in fondo, non è cambiato nulla. Ho un mucchio di libri da studiare, troppo disordine nei miei armadi, mi alzo sempre troppo tardi e mi sento sempre in colpa. Io sono sempre stata un'ottimista, ci ho sempre creduto che avrei pubblicato un libro, da quando mio padre mi portò un blocco di carta, vent’anni fa, e ci scrissi la mia prima storia. C'è una frase di Bach che non ho più dimenticato e che ciascuno dovrebbe tenere a mente, sempre: devi stare attento a quello che chiedi in preghiera, perchè l'otterrai. Il tuo libro, Suona per me, racconta la redenzione dalla droga di un musicista genio grazie all'aiuto di una giovane ragazza. Come hai trovato l'ispirazione per parlare di un argomento delicato come quello della droga? Be’, ad essere sinceri quando ho iniziato a scrivere questa storia avevo 17 anni, un mucchio di sogni e conoscevo un sacco di gente. Non l'ho pensata a tavolino, tornavo da un viaggio a Parigi, e l'idea mi venne da una curiosa conoscenza che feci ad un campeggio estivo, un coetaneo che aveva avuto problemi di droga ed emanava un’irrequietezza che a stargli accanto ti mancava l’aria e poi nella mia vita mi è capitato d'incontrare persone eccezionali che la vita aveva deluso e mortificato,
L’eco di Cassandra n°VI anno II ma che avevano trovato, in loro stessi o in qualcuno a loro vicino, qualcosa per cui sarebbe valsa la pena viverla ancora. Il tuo libro è stato letto da ragazzi ed è per ragazzi, pensi che possa raggiungere l'apprezzamento anche di un pubblico più adulto? Direi di sì. Credo che le storie di passione non abbiano età, e poi la storia ha uno sviluppo "maturo" e credo trasmetta qualcosa che valga sempre la pena di ricevere: l'impulso alla vita. Si dice spesso che tutti scrivono ma pochi leggono, tu sicuramente sarai anche una lettrice attenta, quali sono le tue letture preferite e a quali autori ti ispiri? A tal proposito come pensi si possa incrementare la lettura, dato che i giovani sono sempre di meno attratti dalla pagina stampata e sempre di più da quella web? Sono dell'idea che solo leggendo si diventa "uomini". Non c'è altro modo per stare al mondo da esseri pensanti e capaci di formulare giudici critici. Per avere delle idee proprie è necessario conoscere e cozzare con quelle di tanti altri, altrimenti resteremo sempre piccoli, meschinelli e con gli occhi velati sulla realtà. Ho amato Richard Bach fin da ragazzina, è il mio autore preferito, ma ci sono dei libri, delle storie che non ho mai dimenticato e che tutti dovrebbero leggere perchè ne vale davvero la pena, come Il resto di niente, di Enzo Striano, sulla rivoluzione napoletana del 1799, un capolavoro assoluto; e amai molto anche Martin Eden di London. E poi ci sono i colossi di sempre che sono eterni e ci faranno sempre sognare, o pensare, come Cime tempestose (Bronte), La coscienza di Zeno (Svevo), e la Commedia di Dante, che amo troppo, per la sua perfezione, vitalità e tremenda attualità. Penso che sia proprio il web l'esca per far tornare ai ragazzi la voglia di riprendere in mano la carta stampata. Gli autori devono adeguarsi ai nuovi standard comunicativi e dire ai ragazzi che sono dalla loro parte, che racconteranno loro storie avvincenti che non scorderanno, e magari anche a buon prezzo. Non ci resta che aspettare che “Suona per me” arrivi in libreria per poter pregustare la scrittura di questo giovane talento. Francesca Bianco
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Negli ultimi anni in Italia si è assistito ad una crescita esponenziale degli utenti iscritti ai social network sul web. Se YouTube e Messenger furono i primi a tracciare la via maestra da seguire negli anni a venire, Facebook è la “rete sociale” che ha raggiunto oggigiorno il tasso di popolarità più alto nel Bel Paese, essendo noto, secondo una recente indagine del Censis, al 61% degli italiani. A farne le spese del boom dei social network è stato principalmente il buon vecchio libro: e’ infatti il 41% degli intervistati ad ammettere che, pur di leggere lo status dei propri amici cibernetici, si accetta di buon grado il sacrificio della lettura del classico libro cartaceo. Dando un’occhiata a questi dati sembrerebbe quindi che il web stia divorando a colpi di click le pagine che ancora non abbiamo letto, e che forse non leggeremo mai, di capolavori destinati ad una bacheca polverosa.Paradossalmente, ad aiutarci a rispolverare il nostro scaffale letterario è proprio un social network di ultima generazione: Anobii.com. Fondato nel 2005 ad Hong Kong, Anobii è la risposta dei bibliofili al popolo voyeur di Facebook. A differenza del celebre social network made in U.S.A., su Anobii non ci sono status da aggiornare né foto da condividere: il cittadino anobiiano vive solo di libri, come il tarlo della carta, l’Anobium Punctatum, da cui il suo fondatore Greg Sung si è ispirato per chiamare la sua creazione. L’iscrizione, del tutto gratuita, permette all’utente di compilare un proprio profilo, che, a differenza dei principali social network, risulta essere essenziale. Se Facebook permette in primo luogo ai suoi iscritti di condividere un numero infinito di fotografie con i propri amici cibernetici, attraverso Anobii i navigatori potranno selezionare tra circa 15.000 titoli i propri libri preferiti e non, ben ordinati in
una libreria in mogano, cibernetica al 100%. L’utente mette a disposizione della comunità virtuale la sua libreria, corredata di recensioni e voti (da 1 a 4 a stelle), in modo da dare vita ad uno scambio mutuo di idee e impressioni sulle centinaia di volumi. Per cercare di incrementare le iterazioni tra gli iscritti, Anobii fornisce una tabella di compatibilità sulla sinistra della bacheca di ogni utente, confrontando automaticamente i testi che si sono segnalati nella propria libreria con quelli dell’utente di cui stiamo visitando il profilo. Le recensioni autentiche, gli scambi di commenti tra una bacheca e l’altra aiutano gli utenti a scoprire nuovi libri, che si possono aggiungere in una personale wish-list. È probabilmente questa una delle caratteristiche che sta facendo riscuotere un grande successo ad Anobi, ed lo stesso fondatore di questo social network, Greg Sung, a mettersi nei panni dell’anobiiano medio «Ora ho scoperto il libro, dove posso quindi comprarlo? Portare al negozio online è la naturale estensione di Anobii». Il
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Inchiostro Libri grande riscontro che ha avuto Anobii in Italia (degli oltre 400.000 utenti, 100.000 circa sono italiani) ha portato il social network di Hong Kong a stringere un’alleanza strategica con il gigante italiano IBS, portale di e-commerce che copre il 60% dei libri venduti on-line. Paradossalmente è lo stesso web a rappresentare una minaccia per Anobii, soprattutto se si pensa all’introduzione in larga scala sul mercato da parte di Amazon di un lettore digitale per gli e-book, i libri elettronici. «Noi di Anobii siamo pragmatici, non pretendiamo di essere dei trend setter» commenta Greg Sung «l’odore della carta è insostituibile. Il rapporto fisico con un oggetto, vedere come progredisci con la lettura». È proprio questo spirito retrò che anima il popolo degli anobiiani. Se la vita è diventata così frenetica da eliminare progressivamente i famosi caffè letterari, Anobii rappresenta la loro reincarnazione nel mondo virtuale 2.0. Scavando nei suoi gruppi di discussione (ce n’é per tutti i gusti, dagli appassionati di Bukowski e Welsh, ai cultori dei classici greci e latini) ci si rende conto che il popolo di Anobii si sente figlio di una diaspora hitech, che lo ha reso debole come una specie in via d’estinzione. «I lettori sono diventati così rari che per incontrarsi bisogna cercarsi su internet» ammette l’utente Annachi, aggiungendo poi sconsolata «vorrei consigliare ai miei amici questo social network, se solo qualcuno di loro leggesse!» Blanche Neige, iscritta ad un gruppo che si chiama Bookaholic Under 26 (piccola comunità dedicata agli anobiiani sotto i 26 anni), accentua questo aspetto, confessando «Consiglierei Anobii, se solo conoscessi qualcuno che si interessa quanto me alla lettura. Invece, tabula rasa, non conosco nessuno, nella vita di
tutti i giorni, con il mio stesso interesse». Molti utenti sembrano convinti che grazie allo scambio mutuo di idee Anobii.com possa sostituire in tutto e per tutto il ruolo che un caffè letterario ricopriva nei secoli passati. C’è anche però chi esce fuori dal coro, come ad esempio l’utente Cantastorie «Il computer non dà odore di caffè; non puoi offrire un tè a chi ti sta attorno. Non puoi dire a quelli del tavolino accanto che hanno sbagliato a prendere la cheese cake anziché la torta carote e noci. Non puoi guardare negli occhi la persona a cui consigli un libro. Naturalmente Anobii ha vantaggi che il caffè può solo immaginare, ma ha anche molti più difetti». Il progetto di Anobii, come la maggior parte dei siti web di successo, è basato sull’imitazione dei comportamenti che assumiamo nella nostra vita di ogni giorno. Anobii però, a differenza degli altri social network, si riferisce ad un target che prova una grande nostalgia per l’era pre-internet, dove l’immediatezza dello scambio di informazioni non pregiudicava quelle attività, come la lettura, da svolgere in un arco di tempo più ampio. È per questa ragione che Anobii, pur avvicinando i propri utenti ad una comunità virtuale, accresce in loro la voglia di confrontare la propria passione nella vita reale. È così che attraverso questo social network gli utenti organizzano veri e propri meeting in caffè locali, confrontando tra una cioccolata calda e un the i propri giudizi sui testi più diversi, azzerando in questo modo la distanza tra realtà e web 2.0. Insomma, se il vostro cibo preferito è un buon libro cartaceo doc, e avete ancora tanta fame, non vi resta che iscrivervi alla comunità virtuale dei tarli della carta. Chissà che non conosciate l’Émile Zola degli anni zero.
Fabrizio De Rosa
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Dorian Gray diretto da Oliver Parker è la trasposizione cinematografica dell’opera letteraria del 1890: “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. Parker si cimenta per la terza volta nel rifacimento di un’opera di Wilde, dopo “Un marito ideale” nel 1999 e “L’importanza di chiamarsi Ernest” nel 2003. Dorian, interpretato da Ben Barnes , è un ragazzo bellissimo dell’alta società inglese, ingenuo e desideroso di nuove esperienze, la sua vita cambia quando incontra il pittore Basil Hallward, che decide di ritrarlo per eternare la sua bellezza. Il giovane viene plagiato dalla visione della vita di Lord Henry Wotton , uomo cinico e spregiudicato che lo induce a desiderare di non invecchiare mai. Il ritratto porterà al suo posto i segni della dissolutezza e dei crimini che Dorian commetterà nella sua esistenza. Parker opera un adattamento in chiave horror, pervaso da atmosfere gotiche. L’ambientazione dell’epoca vittoriana in un’ atmosfera dark e trasgressiva ci fa respirare un’aria “moderna”, dando l’impressione di trovarsi ad una festa in maschera svolta in un locale dei giorni nostri. Il merito dell’impatto emotivo è da attribuire al clima allucinogeno dato dal connubio tra la fotografia cupa, dai colori freddi e le musiche dal ritmo ossessionante.
L’eco di Cassandra n°VI anno II La patina di modernità allontana il film dall’opera letteraria, in più vi è l’aggiunta di personaggi inventati da Parker, come Emily, la figlia di Henri Wotton, che modifica addirittura il finale della fonte letteraria, indebolendo l’evoluzione psicologica del personaggio wildiano. Il successo di questo film dimostra come l’opera di Wilde a distanza di due secoli risulti assolutamente attuale, grazie ai temi trattati che rispecchiano la società odierna: Il desiderio ossessivo della bellezza e della giovinezza eterna. Anche questo film aderisce al filo conduttore di questo numero di dicembre, la realtà supera l’immaginazione, e ciò lo dimostra il fatto che basta guardarsi attorno per trovare moltissimi Dorian Gray, non più eroi decadenti, ma soltanto esteti esasperati, alleati ad un demone moderno: la chirurgia estetica. Oggi è possibile costruirsi la propria immagine a somiglianza dei propri desideri, fermare il tempo con l’aiuto del bisturi è diventato quasi un obbligo. Come i segni del tempo alterano il volto del ritratto di Gray, così ogni parte rifatta del volto e del corpo di donne e uomini moderni votati al culto della bellezza artificiale, ricordano all’interessato di dover ritornare dal proprio demone, il chirurgo estetico, per rinnovare il patto e svuotare il portafoglio. Dorian cercava di nascondere i propri sensi di colpa attraverso il suo magnifico aspetto, i personaggi moderni cercano di nascondere dietro la loro perfezione artificiale i segni della propria insicurezza e insoddisfazione. Ai giorni nostri è ancora forte la concezione della vita basata sull’estetismo, di cui erano pervase le opere di Wilde e di D’Annunzio, la cui filosofia aveva radici nella grave crisi della fine dell’Ottocento che distrusse gli ideali romantici e positivistici. Si potrebbero citare diversi personaggi moderni simili ai nostri esteti della letteratura, primo fra tutti Michael Jackson che ha passato la sua vita a modificare il suo aspetto con la chirurgia estetica, rimanendone inevitabilmente vittima, sino ad arrivare alle anonime modelle che a 30 anni, al comparire della prima ruga, vedono la loro vita finita e sono disposte a rimettercela sotto i ferri pur di ritornare ventenni. Gli eroi decadenti sono destinati ad essere sconfitti, ossessionati dal raggiungimento del sublime e del bello calpestano ogni legge umana e divina e si ritrovano sopraffatti dalla loro stessa follia. Alessandra Marziale
“Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza.” Oscar Wilde
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Scelto tra cinque gravidanze non desiderate, Truman Burbank è il protagonista di un reality show che trasmette la sua vita in diretta senza ANNO 1998 censure 24 ore su 24: è l’inconsapevole star di uno spettacolo che appassiona ed emoziona PAESE Usa miliardi di persone. Vive a Seaheaven, ridente e fantastica cittadina. Ma è il frutto di REGIA Peter Weir un’imponente messinscena. La città è costruita GENERE Drammatico dentro un immenso studio televisivo, non è reale, così come il mare, il cielo e tutto ciò che rientra Jim Carrey, Laura Linney, Noah Emmerick, ATTORI nelle strutture urbane e naturali di Seaheaven. PRINCIPALII Natascha McElhone, Holland Taylor, Ed Harris Quando con una barca Truman decide di prendere il largo e fuggire da quel mondo fasullo, finisce con lo sbattere nel muro che delimita il cielo ed esce per una porta di servizio camminando sulla linea dell’orizzonte. Non solo: anche gli abitanti non sono reali. Sono degli attori che recitano un copione scritto da Christof, regista di questa mastodontica costruzione mediatica. «Siamo stanchi di attori che danno false emozioni. Non troverete nulla in Truman che non sia veritiero: non sarà Shakespeare, ma è autentico» afferma il produttore-demiurgo [Morandini] durante i titoli di testa del film. Ancora nei titoli, Marlon (amico di Truman) in una finta intervista nel backstage dichiara «Niente di quello che vedi nello show è finto: è semplicemente controllato». Queste frasi offrono la principale chiave di lettura del film: si cerca di nascondere il controllo da parte di qualcuno sulla realtà e che comporta il venir meno di una componente fondamentale dell’essere veri e reali: la spontaneità. Nulla che avviene nel film è spontaneo poiché in quanto tale sarebbe imprevedibile e quindi fuori dal controllo rigoroso del Creatore (dello show). Il film conduce lo spettatore (o forse il telespettatore?) a riflettere su quale sia veramente “la realtà” e su cosa essenzialmente si fondi e porta a chiedersi quanto la realtà Seaheaven sia diversa dalla nostra (c’è veramente autenticità nelle persone che ci stanno intorno? o v’è uguale ipocrisia?). Ma il problema più penetrante che dobbiamo porci ci è offerto dalla preoccupante domanda finale nonché emblematica del nostro tempo, un’inquietante richiesta di consumo che sembra inesorabile: “Che altro c’è in TV?” Titolo originale
The Truman Show
Angelo Iermano
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Videocracy è un film di Erik Gandini sul paradosso del sistema televisivo italiano. La scena iniziale riprende uno dei salotti della televisione commerciale all’inizio degli anni ‘70. Una donna esce da una scatola e si spoglia davanti ai presenti, lo schermo assume toni confidenziali, totalmente privi di tabù. Nessuno immaginava che quello che avrebbe dovuto essere solo un esperimento avrebbe cambiato l’Italia radicalmente. Dagli anni ‘70 si salta al presente, ed ecco Ricky, un ventenne nato a processo culturale gia avanzato, che proietta tutta la sua vita e il suo futuro nella dimensione televisiva. Il suo unico obiettivo è di diventare il Van Damme della televisione italiana e risulta difficile da inquadrare, se non in un contesto dove la follia collettiva regna sovrana, il suo modo di vivere e le sue illusioni bastano a mostrare il triste spaccato di un Italia fisicamente e mentalmente assorbita dal mondo mediatico. La tv moderna è una scatola magica dove tutto appare possibile, e la vita banale di un semplice operaio non regge il confronto. Chi ha il potere su quella scatola può proiettarvi dentro il suo mondo, e se questa persona è anche capo del governo, allora la televisione diventa il baricentro fondamentale del sistema di potere del Paese, ecco il paradosso italiano. L’immaginario che esce dalla televisione commerciale, e che ha condizionato anche la televisione pubblica, è il mondo mentale di un uomo, Silvio Berlusconi, che unisce in sé, oltre alla figura di Presidente del Consiglio e di padrone indiscusso della comunicazione italiana, quella di capo del mondo che vive
REGIA: Erik Gandini SCENEGGIATURA: Erik Gandini MONTAGGIO: Johan Söderberg PRODUZIONE: una produzione Atmo AB in coproduzione con Zentropa Entertainment7 DISTRIBUZIONE: Fandango PAESE: Svezia 2009 USCITA CINEMA: 04/09/2009 GENERE: Documentario
dietro alla tv, il jet-set. È il mondo di Fabrizio Corona, fotografo condannato a tre anni di carcere per ricatti e estorsioni a danni di vip, del lusso della Costa Smeralda, di Lele Mora, primo agente televisivo italiano e amico fidato del presidente, delle veline, dei presentatori, delle attrici. Tra i due mondi non vi è più distinzione, chi vive di televisione entra anche in politica, chi vive di politica non può fare a meno della televisione, e a farne le spese sono come sempre gli italiani, spettatori passivi, che, come ci dimostra la storia di Ricky, non riescono a distinguere più la realtà vera da quella mediatica. Carla Giannini
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Il Cla (Centro Linguistico di Ateneo) in collaborazione con il Coinor (Centro di Comunicazione di Ateneo) dà appuntamento a tutti gli studenti della Federico II al cinema Accademy Astra (via Mezzocannone 109) per la quarta edizione della rassegna dal titolo Conflitti e Trasformazioni. Ogni martedì alle 19.00 ci saranno proiezioni in lingua (ma sottotitolati in italiano) gratuite per tutti gli studenti dell’Ateneo. Lo scorso 1 dicembre 2009 è stato proiettato il film The Wrestler di Darren Aronofsky con Mickey Rourke nei panni di Randy, un wrestler professionista alla fine della sua onorata carriera. Dopo essere stato colpito da un infarto durante un’esibizione a Randy viene consigliato di abbandonare i combattimenti e prova a farsi una nuova vita. Separato dalla moglie, con un difficile rapporto con la figlia, prova a riconquistare quest’ultima e per un po’ sembra che la sua vita ritrovi un ordine. In realtà il fallimento decisivo arriva quando dimentica un Titolo originale: The Wrestler appuntamento con la figlia che gli costerà Lingua originale: Inglese l’allontanamento definitivo dai suoi affetti. Ritorna quindi indietro, e nel ricordare i fasti della sua Paese: Usa carriera accetta di scontrarsi contro il suo Genere: Drammatico leggendario avversario l’Ayatollah. La musica di Bruce Springsteen accompagna gli ultimi momenti Regia: Darren Aronofsky di gloria del wrestler e fa da cornice alla sua definitiva caduta. Mai attore più indicato per Sceneggiatura: Robert D. Siegel questo ruolo che il decadente (e prima di questo Distribuzione: Lucky Red film decaduto, cinematograficamente parlando) Mickey Rourke, che si è aggiudicato il Golden Con: Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis, Todd Barry Globe come migliore attore in un film drammatico. Questo e tanti altri film di successo fanno parte della rassegna che è stata inaugurata lo scorso 10 novembre 2009 con lo scopo di allenare gli studenti all’ascolto delle lingue straniere, ma anche quello di fare cultura con una serie di film riguardanti i conflitti interiori e le trasformazioni che si hanno nell’arco della vita. Francesca Bianco
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Quanti pensano che la televisione sia un luogo di invenzioni, finzioni e fole di vario genere devono ricredersi. Le fiction hanno trame macchinose e improbabili? Alcuni programmi di approfondimento riprendono miti e leggende metropolitane inverosimili? Certi salotti del pomeriggio si occupano solo di casi mediatici che sembrano diretti da una regia attenta esclusivamente agli ascolti che il clamore del fatto può conquistare? Bene, tutto questo è vero, ma solo in parte. Se i più grandi scrittori e sceneggiatori, per loro ammissione, hanno dato vita alle storie più grottesche e inimmaginabili ispirandosi a fatti di cronaca, allora dovremmo essere meno scettici. La tanto fortunata Filumena Marturano di Eduardo de Filippo, per esempio, prende spunto da un fatto di cronaca. Gli esempi di questo tipo sono incalcolabili, vanno dalla letteratura occidentale a quella orientale, passando per il teatro, senza trascurare la televisione. Esaminiamo il caso mediatico più seguito di recente: quello che riguarda l’ex governatore della regione Lazio Piero Marrazzo. Sembrava si fosse detto tutto, se ne fosse parlato in ogni ambiente: dalla sede
istituzionale più appropriata, dal salotto televisivo, fino al bar sotto casa. Invece, proprio dove non ce l’aspettavamo, viene riaperto il caso, in particolare quello della morte misteriosa del transessuale Brenda: ad occuparsene è Enrico Ruggeri, nella puntata del 4 dicembre della trasmissione Mistero, che va in onda ogni venerdì su Italia1. Così questa morte diventa un “mistero” e a risolverlo vengono chiamati due sedicenti medium, che giurano di essere in contatto con lo spirito e di avere tutte le risposte. Insomma, noi credevamo che una società occidentale evoluta preferisse le spiegazioni razionali a quelle mistico-sacrali dei fatti. Invece ci sbagliamo, perché non solo si da conto di fenomeni ancora inspiegabili con magia ed esoterismo, ma anche dei fatti di cronaca, in cui la verità potrebbe essere trovata facilmente in un’aula di tribunale, piuttosto che al tavolino di una medium. Ma abbiamo ancora tanto da imparare: i confini tra ciò che è reale e ciò che non lo è a quanto sembra sono molto labili, dunque teniamo gli occhi bene aperti. L’improbabile non ha ancora smesso di stupirci. Angela Marino
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Dopo aver visto dal vivo una performance di Daniele Luttazzi non si può non convenire che la televisione, più che esaltare la sua ironia, la comprimeva, la schiacciava. Dietro lo schermo di migliaia di famiglie italiane. Lo spettacolo Va’ dove ti porta il clito non potrebbe mai essere trasmesso in televisione, almeno non nella sua versione integrale, ed è quantomeno difficile immaginare l’ora in cui potrebbe essere mandato in onda sulle reti nazionali. Luttazzi, potesse commentare quest’articolo, direbbe senza peli sulla lingua : alle “mai” in punto. Il comico di Rimini definisce sul suo blog questo spettacolo come una “parodia pornografica e blasfema di un famigerato bestseller per zitelle”. Il bestseller in questione è Va’ dove ti porta il cuore, firmato da Susanna Tamaro, la quale ritenne giusto denunciare Luttazzi per plagio alle autorità competenti. Dopo 12 anni di processo e una vera e propria sfilata di personaggi noti a tutto l’ambiente della critica letteraria italiana (Maria Corti, Guido Almansi, Patrizia Violi, Alberto Bertoni e Omar Calabrese), Luttazzi uscì vincitore dalle aule giudiziarie. Con grande soddisfazione il comico ha potuto firmare la sua ultima fatica con il titolo che ha fatto tanto dannare Susanna Tamaro: Va’ dove ti porta il clito. In 12 anni ne è passata di acqua sotto i ponti, ma il monologo di Luttazzi è sempre attuale. Come lui stesso ammette, il pathos e i valori che animavano l’opera della Tamaro «a 12 anni di distanza, sono diventati programma di governo e incubo esistenziale per molti». Luttazzi ne ha per tutti, per Berlusconi, che definisce ormai “come un amico”, per il governo, per le relazioni uomodonna, per i mass-media, per i benpensanti e per
la Chiesa. Il comico emiliano sfrutta il palcoscenico per bersagliare le sue vittime con giochi di parole irrisori, non avendo paura di cadere a volte in una volgarità che però risulta essere un’ironia corrosiva molto apprezzata dal pubblico. Luttazzi non ha certamente scritto questo monologo per allietare una platea di ragazzini under 14 o un pubblico di suore in gita, ma è indirizzato a quelle persone che sanno ridere di sé e delle realtà, in tutte le sue sfaccettature. Il comico emiliano ha sapientemente disseminato nella sua performance dosi a volte leggere, a volte pesanti, del piccante di cui la satira ha bisogno come ossigeno. Il pubblico apprezza e ricambia. Come un direttore d’orchestra Luttazzi dirige gli applausi, le risate, testa la platea quando la vede tentennare, facendola riesplodere in risate ancora più fragorose e irrefrenabili. Lo spettacolo di Napoli, che il comico emiliano ha proposto sul palcoscenico del teatro Diana dal 9 al 13 dicembre, ha rappresentato per lui un vero e proprio bagno di folla. I commenti dei fan che si trovano sul suo blog (www.danieleluttazzi.it) sono entusiastici. C’è chi definisce Luttazzi “illuminante”, c’è chi lo vuole “in prima serata su Raiuno” e chi invece lo preferisce apprezzare in tutta la sua autenticità a teatro. Se volete regalarvi una risata sotto l’albero, potete assaggiare il pungente umorismo di Daniele Luttazzi acquistando nella libreria più vicina l’ultima sua fatica letteraria: La guerra civile fredda, una vera e propria radiografia satirica della politica nostrana.
Fabrizio De Rosa
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Lo spettacolo 12 baci sulla bocca, scritto da Mario Gelardi per la regia di Giuseppe Miale di Mauro, con Francesco di Leva, Stefano Meglio e Andrea Velotti, affronta una tematica molto importante, quella della omosessualità. Lo spettacolo debutta a Roma l‟11 Febbraio al teatro Belli e sarà a Napoli dal 23 al 28 Febbraio alla Galleria Toledo. Maggiori informazioni sulla pièce le abbiamo chieste ad Andrea Vellotti, tra gli attori dello spettacolo. Puoi parlarci dello spettacolo e del perché della sua tematica? 12 baci sulla bocca è un storia d‟amore omosessuale ambientata nella periferia napoletana degli anni „70 e risente del clima politico e culturale di quegli anni, quando l'omosessualità era da nascondere e da dover celare dietro qualcosa di “normale”. Ancora oggi, e soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti, è un argomento di grande attualità in quanto esiste ancora un problema nell‟accettazione dell'omosessualità e del suo mondo. Invece si dovrebbe riuscire a superare
questa concezione fatta di giudizi verso coloro che ancora oggi vengono visti come “diversi”. Dato appunto il periodo e gli ultimi avvenimenti, pensi che lo spettacolo risultare anche utile?
Sì, è importante che se ne parli, e che a livello culturale venga affrontata questa tematica e che attraverso il teatro si riesca a mostrare quello che è il nostro modo di pensare e vedere. Certo non pensiamo in nessun modo che si possano eliminare gli aspetti negativi che la società moderna affibbia all'argomento. Durante lo spettacolo saremo affiancati e collaboreremo con “Napoli gay press” soprattutto perché ci teniamo a mostrare un modo di concepire l‟arte nella sua totalità, nel rispetto di quelle che sono le idee di tutti e delle persone, del loro modo di essere e di pensare. La storia rappresentata è una storia d‟amore e questo è ciò che abbiamo voluto fortemente portare in scena, cercando di superare i cliché e sostenendo l‟universalità dei sentimenti di ogni essere umano. Il nostro obiettivo è comunicare che l‟amore è di tutti ed è per tutti. Enrica Mossetti
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Omofobia:La malattia peggiore, non si può amare chi si vuole Chumbawamba
Secondo l'Agenzia per i diritti Fondamentali (FRA) dell’Unione Europea l'omofobia nel 2009 danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa e l’Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale. L’omofobia è un fenomeno sociale complesso e radicato nella cultura di molte persone che, a mio parere, oggi è esasperato da una certa frustrazione generale che rende gli uomini vigliacchi e bisognosi di prendersela con qualcuno. Le vittime di turno, come sempre, sono coloro che sono etichettati come “diversi”. L’omofobia si manifesta in diversi modi, con discorsi intrisi di odio e istigazione alla discriminazione, derisione, violenza verbale, psicologica e fisica, e nei casi più gravi con persecuzioni e omicidio. Questa fobia è legata al livello di equilibrio del singolo individuo e siccome nella maggior parte dei casi attecchisce in gruppi sociali, da ciò possiamo dedurre che viviamo in una società dove una grande fetta della popolazione è priva di equilibrio e in nome di una certa “moralità” si sente in diritto di aggredire due persone dello stesso sesso che, come una qualsiasi altra coppia, vogliono vivere il loro amore pubblicamente. Questa moralità nasconde una profonda ipocrisia, che sta nel giudicare immorale una coppia gay che cammina per strada tenendosi per mano e giudicare “normale e naturale” moltissimi comportamenti spregevoli di persone eterosessuali, giustificati solo dalla loro natura sessuale conforme alla maggioranza. L’omofobia stessa può trasgredire quella morale in nome della quale agisce, essendo spesso causa di episodi di bullismo, di violenza o di mobbing nei confronti delle persone omosessuali. Questa intolleranza può trarre nutrimento e legittimazione da condanne ideologiche, religiose o politiche. Da ciò scaturisce l'accezione pregiudiziale del termine, la convinzione che l'omosessualità sia patologica, immorale, contro natura, e socialmente pericolosa. In realtà sono stati fatti studi per dimostrare l’assurdità di queste convinzioni, ad esempio i contributi della psicologa Evelyn Hooker, professoressa di psicologia all'università della California di Los Angeles per 30 anni, che ha condotto uno studio attraverso test psicologici a gruppi di omosessuali ed eterosessuali, chiedendo poi ad esperti del settore, basandosi esclusivamente sui risultati dei test e senza conoscere i soggetti, di individuare quali di loro fossero omosessuali. Gli esperti non riuscirono a individuare le persone omosessuali in percentuale statisticamente significativa rispetto al caso. Con questo esperimento, ripetuto anche da altri ricercatori con gli stessi risultati, è stato dimostrato che non esiste nessuna differenza psicologica misurabile tra un uomo eterosessuale e un uomo omosessuale. La Hooker ha aiutato il movimento omosessuale a convincere i soggetti giuridici e legislativi, quali la corte suprema degli Stati Uniti, che l'omosessualità comprende una "classe" oppressa i cui diritti sono stati ostacolati da pregiudizi irrazionali. L'omosessualità, non è affatto un disordine mentale, è semplicemente una varianza nella sessualità umana e scatena intolleranza nell’animo di chi teme e considera pericoloso tutto ciò che non comprende. Una persona omosessuale può essere immorale, volgare e pericolosa tanto quanto un eterosessuale, perché ciò non dipende dall’orientamento sessuale, dalla fede politica o dall’etnia, ma dall’indole, che è ciò che realmente ci distingue l’uno
dall’altro. Alessandra Marziale
L’eco di Cassandra n°VI anno II
In questo numero trattiamo il tema dell'immaginazione, di una realtà fantascientifica che a volte sotto i nostri occhi strabiliati si concretizza, parleremo di quelli che pochi decenni prima erano solo i sogni visionari di menti dotate di grande fantasia e che oggi invece sono realtà. Ci riferiamo principalmente alle grandi scoperte scientifiche e tecnologiche, ai sottomarini di Verne, ai brillanti progetti di Leonardo, insomma alle fantasiose e quantomai geniali visioni di menti precoci, ma anche alle nuove frontiere del virtuale, internet, computers e robots, fino alle porte appena dischiusesi della bio-genetica. Ma ci sono anche altre grandipiccole conquiste, come quelle fatte dalle donne, un elemento che messo a paragone con gli altri elencati forse sembra fuori luogo, ma se poteste argomentarlo con un uomo del medioevo capireste dalla sua incredulità che le future condizioni attuali delle donna, per lui hanno lo stesso peso fantascientifico di un futuro costellato di asini volanti (cosa a cui probabilmente crederebbe molto di più in virtù di qualche strana stregoneria assolutamente plausibile secondo il suo tempo). Dunque cosa hanno esattamente in comune tra loro questi esempi? Vogliono rappresentare sogni e visioni di chi vi ha creduto, di quelli che hanno saputo guardare, anzi immaginare cosa vi fosse aldilà della linea dell'orizzonte, e che, sottolineatura fondamentale, hanno sopratutto saputo pensare cosa sarebbe piaciuto loro trovare oltre quella linea. Se parliamo di sogni, allora
non possiamo non dire che alcuni di questi sognatori, hanno poi teorizzato le loro visioni attraverso le cosidette utopie, come le città e le ideologie utopiche. Siamo dunque arrivati con un bel salto alle utopie, primo ad usare questo termine fu Moore nel 1516, descrivendo una repubblica ideale da lui immaginata. Molti altri come lui scrissero di città utopiche. Con lo spostarsi dell'attenzione dalle campagne alle città era inevitabile che le menti di grandi filosofi, come il già citato Moore o Campanella, teorizzassero sul modello della più antica Repubblica di Platone, il loro concetto di città perfetta. La ricerca utopica era tuttavia qui ancora in fase embrionale, proponendo argomenti più etici o architettonici che pratici; con lo svilupparsi delle città e dei suoi nuovi meccanismi sociali nacquero le più sofisticate ideologie utopiche. L'industrialiazzazione, lo spostamento dalla realtà rurale a quella cittadina portò con sé numerosi cambiamenti; nel loro consolidarsi e invecchiare le città prendevano sempre più le distanze da quelle utopie descritte nel 1500, erano dunque necessari nuovi modi di concepire il loro perfetto funzionamento, basandosi proprio su quegli aspetti che regolavano i nuovi intrecci tra mondo del lavoro e classi sociali. Altro aspetto di grande importanza è l'evoluzione dei comportamenti sociali ed i nuovi processi di disciplinamento. Il sapersi comportare in società prevedeva l'attuazione di nuove norme sociali non scritte, ma riconosciute, pena l'allontamento. È facile
L’eco di Cassandra n°VI anno II dunque capire come attraverso questo concetto sia possibile attuare il controllo sociale. Un esempio ci viene da Faucault che in Sorvegliare e punire, ci mostra il panopticon, uno dei tanti progetti utopici, questa volta di un carcere però, la cui idea nacque a fine '700, e la cui caratteristica principale era quella di essere circolare ed avere al centro una grande torre di vedetta che guardava alle celle di tutti i detenuti contemporaneamente. Grazie ad alcuni accorgimenti, di questa torre non si sarebbe mai potuto dire se e quando la sentinella al suo interno stesse effettivamente guardando, in tal modo i prigionieri si sentivano costantemente sotto osservazione, autodisciplinandosi per paura di essere puniti (ricordiamo inoltre che questo stesso modello sarebbe poi stato applicato in fabbrica). Abbiamo presentato tramite quest'esempio due risvolti della stessa medaglia: il carcere utopico di Bentham e la riflessione distopica dataci da Focault. Insieme alle utopie infatti, nacquero anche le distopie: visioni dettate dal pessimismo e dalla diffidenza verso il futuro. Se nel '500 esisteva una tensione ottimista, che permetteva di costruire, come castelli di sabbia, allettanti e perfette visioni del futuro; nel corso della storia la realtà ha iniziato a prendere altre pieghe, e quel castello di sabbia si è dissolto definitivamente dopo i grandi conflitti mondiali del '900, quando l'idea di progresso smise di coincidere con quella di miglioramento: il fallimento delle grandi ideologie utopiche, lo sterminio nazista, i tanto vantati progressi scientifici che deflagravano polverizzando intere
popolazioni con la bomba atomica, resero il futuro non più qualcosa a cui tendere, ma qualcosa di cui temere, e del resto qualcuno disse che le utopie di uno, sono le distopie di qualcun'altro; lo sapevano bene gli ebrei che vivevano sulla loro pelle il sogno di potere e odio della Germania nazista di Hitler, giusto per fare un esempio. Oggi giorno, a dirla tutta, restano in vita più le distopie che le utopie, basti pensare al fatto che non esistono particolari movimenti avventisti di brillanti futuri, a parte forse strani gruppi che pronosticano la venuta degli alieni sulla terra, ammesso sempre che ci portino pace! Esistono invece una miriade di persone preoccupate, più che entusiasmate dal futuro: moderni luddisti che vedono nei nostri pseudo-progressi la rovina dell'umanità. Del resto come biasimarli, andiamo incontro al surriscadalmento globale, a nuove malattie incurabili, a esperimenti genetici il cui risultato è quantomeno bizzarro, senza porci questioni etiche o religiose di sorta e cosi via. Col solito esempio, guardiamo agli atti sovversivi dei no-global, la cui differenza dai luddisti, preoccupati non tanto dei danni del progresso tecnologico in sé quanto di perdere il proprio lavoro, sta nel fatto che i distopici della globalizzazione debbono scontrarsi con tematiche che i luddisti non avrebbero potuto neppure lontamente immaginare. Ma ecco che siamo finalmente arrivati ai giorni nostri, tracciando un breve e certamente inesaustivo cappello che ritenevo però necessario al fine, di capire meglio quello di cui stiamo parlando, e di introdurre uno spunto, anzi uno sputo di riflessione. Gabriele Stasino
L’eco di Cassandra n°VI anno II
A Bruxelles, nella sala Spinelli del Parlamento europeo, il 9 dicembre è stata presentata l’edizione di quest’anno dell’Erasmus Day Live, evento nato per promuovere il progetto Erasmus che dall’87 offre la possibilità agli universitari europei di effettuare, in un’università estera, un periodo di studi legalmente riconosciuto nella propria. L’Erasmus Day Live che coinvolge 14 nazioni e 26 università europee si terrà a Torino, Capitale Europea dei Giovani 2010, dal 14 Maggio all’11 Giugno 2010 e avrà come tema “Il bere responsabile”. «Vogliamo dare un’alternativa di divertimento agli studenti, un’alternativa alle discoteche e al bere» spiegano Pierangelo Saba e Dario Martinetti, coordinatori dell’evento che catalizzerà arti, musica e spettacoli e verrà organizzata per la maggior parte in spazi aperti della città. A cogliere la sfida del “No all’abuso dell’alcol” è anche l’Havana Club, sponsor dell’Erasmus Day Live e promotore del DJCALOGO TOUR. L’iniziativa coinvolgerà i più grandi DJ italiani, i quali comunicando direttamente al popolo della notte, si batteranno per prevenire il dramma delle stragi del sabato sera. Gli intrattenitori notturni, usando il linguaggio giovanile e “discotecaro”, trasmetteranno l’importanza del divertirsi senza sballarsi attraverso alcuni slogan scritti da dj del calibro di Francesco Farfa, Stefano Fontana e tanti altri ancora e che suonano più o meno cosi: “stacci dentro”, “se sei fuori, sei out”, “balla, non sballa”, “domani è un’altra festa”. Legata all’Erasmus Day Live è anche un’altra iniziativa ovvero l’“Erasmus Press Award 2009-2010”, il primo contest di giornalismo europeo che si avvarrà della collaborazione di contesti.ue e di Agoravox.it , a cui gli studenti manderanno i propri articoli, le foto e i materiali per raccontare la “loro” Europa. Gloria Esposito
L’eco di Cassandra n°VI anno II
Il sito della Fabbrica delle Arti parla di “un luogo nel centro storico di Napoli, sede di mostre, stage e incontri, di un’officina sperimentale dove artisti e designer progettano e realizzano insieme ad artigiani campani prodotti e oggetti d’arte”. Questo opificio-galleria d’arte si trova in piazza San Carlo all’Arena, risalendo una traversa di via Foria. Essendo il luogo facile da raggiungere e le premesse assolutamente inusuali per la città, mi decido a visitare questa sorta di laboratorio in un pomeriggio qualsiasi, senza però farmi illusioni. All’imbocco di via Annibale De Gasperis incontro due donne di mezza età, due visitatrici della Fabbrica delle Arti che hanno appena parcheggiato la Vespa e si uniscono a me nell’esplorazione. Ad accoglierci c’è Vittorio Ercolano, direttore tecnico della Fabbrica, che comincia con entusiasmo a farci strada. Mentre attraversiamo tre piccoli spazi chiusi, colorati dalle geometriche serigrafie su carta da parete e dai pannelli in graniglia di Nathalie Du Pasquier, penso che in esposizione ci siano opere affascinanti, ma che la struttura sia limitata. Mi accorgo del mio errore subito dopo, varcando l’entrata dell’ariosa officina: macchine per cucire, tavoli ricoperti di ceramiche e maioliche, scaffali stracarichi di vasi, mosaici, piatti e piastrelle dipinte. Un’area dedicata alla realizzazione artigianale delle idee degli artisti di tutta Europa, completamente aperta al pubblico: l’ultima attrazione è l’Ambiente Barisani, dove sono raccolte le opere in pietra, ceramica e vetrofusione di Renato Barisani. Le mie accompagnatrici ed io siamo già molto affascinati, ma al direttore Ercolano non basta. Superando a ritroso il corridoio d'ingresso, ci addentriamo in altre sale, ben più ampie. Al muro pendono i disegni dallo stile selvaggio e ammaliante di Oreste Zavola, a contendersi l’attenzione risaltano le sculture “da arredamento” in legno, resina e fiberglass di Annibale Oste. Sfogliamo le raccolte di foto di Maria Di Pietro, ammiriamo la cabina in legno dipinto della Du Pasquier e «c’è ancora il giardino» avvisa soddisfatto il nostro cicerone. Così, un accogliente e raccolto spazio verde, dominato da una magnolia e illuminato a giorno dai faretti, presenta le sculture dalla costruzione alveolare di Salvatore Cozzolino. Infine Chiocciola punto Giusi, una conchiglia a spirale tridimensionale in mattoni di tufo tagliati a mano, corona il piacere della nostra esperienza. Questa elegante edicola è uno spazio per rilassarsi o lavorare ed è stato realizzato dall’architetto, fondatore della N:EA, Fabrizio Caròla; «con il lavoro della gru rotante in legno che ho costruito e che avete visto nel laboratorio» precisa orgogliosamente Ercolano. Prima di salutarci, ci spiega che «le persone del quartiere ci hanno accolto con piacere, visitano qualche mostra e riconoscono l’impegno della Fabbrica per la riqualificazione della zona». I napoletani non sono insensibili all’arte e, come me, anche il vicinato sarà rimasto sorpreso dalla bellezza dell’iniziativa. Disposta a metà strada tra i punti nevralgici della cultura in città, come il Museo Archeologico, il Madre, l’Accademia di Belle Arti e l’Orto Botanico, la Fabbrica delle Arti è stata fondata ed è diretta da Giusi Laurino, e si propone di offrire una rinnovata connessione tra l’artigianato campano, la creatività dell’arte e la contemporaneità. In cantiere si sta lavorando ai corsi d’arte e formazione per bambini ed adulti con cui la Fabbrica si aprirà a Napoli come prima non ha mai fatto. Dall’8 dicembre al 6 gennaio 2010 sarà visitabile tutti i giorni la mostra Dall’Immacolata all’Epifania, un percorso con le creazioni, oltre che degli artisti già citati, di Valerio Coppola, Luce Delhove, Chung Eun-Mo, Carmine Luino, Gianluigi Masucci ed Enrica Rebeck; il tutto realizzato in collaborazione con il Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi di Torino. Ma un resoconto non rende giustizia all’originalità e al valore che la Fabbrica delle Arti propone al panorama culturale partenopeo. Perciò decidetevi a visitare questa sorta di laboratorio in un pomeriggio qualsiasi, e fatevi pure illusioni: ne resterete certamente soddisfatti. Eduardo Di Pietro