Dipendenze

Teodosio Giacolini - Emanuele Bignamini (a cura di)

Dipendenze

Sviluppo, Stress, Adattamento

Collana

Andhalas, Trazzére, Strosi curata da Carla Busato Barbaglio e Maria Luisa Mondello

Alpes Italia srl - Via Romagnosi 3 - 00196 Roma tel./fax 0639738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it

© Copyright Alpes Italia srl Via Giandomenico Romagnosi, 3 – 00196 Roma tel./fax 06-39738315 I edizione, 2018

Teodosio Giacolini è Dirigente Piscologo presso il Dipartimento Neuroscienze e Salute Mentale, Policlinico Umberto I - Università degli Studi di Roma Sapienza. Docente presso la Facoltà di Medicina ed Odontoiatria dell’Università di Roma Sapienza. Psicoanalista SPI e IPA. Autore di pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali. Coordinatore con C. Pirrongelli di “Archeology of Mind” regional group dell’International Neuropsychoanalysis Society.

Emanuele Bignamini èèèèèèèèèèèèèèèèèèèè

In copertina:

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Collana

Andhalas, TrazzĂŠre, Strosi curata da Carla Busato Barbaglio e Maria Luisa Mondello Nascono da percorsi alla ricerca del cibo che pecore, armenti tracciano sulle montagne. I segni dei passi, terra battuta e ribattuta da migliaia di piedi che si sono mossi, rimangono e si trasformano in viottoli, sentieri, strade. A volte maestre.

Questa collana viene dalla consapevolezza che la psicoanalisi ha tracciato una strada maestra per comprendere l'umano. Ha allargato l'orizzonte al punto di incontrare altri mondi. Ricchi di altri cammini divenuti solida orma sui territori vicini. Naturale è congiungere, sovrapporre, integrare i percorsi che portano dalla stessa parte, che procedono accostati.

Il paradigma infantile freudiano impone la cura sempre rinnovata dei primi passi, fondazione di ogni cammino e fa dell'etĂ evolutiva il campo privilegiato della comprensione della mente. Ăˆ intorno al crescere che si snoda la proposta editoriale della collana.

Rivolgendo con attenzione lo sguardo a tutte le competenze culturali e scientifiche che validamente stanno procedendo sulla stessa strada.

Andhalas, TrazzĂŠre, Strosi, sono parole della lingua sarda, siciliana, veneta per indicare l'andare che traccia percorsi agibili, dove prima non esistevano.

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Indice Introduzione..................................................................... VII Presentazione.................................................................... XI

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Dipendenze tra natura e cultura................. 1 Il contributo degli studi preclinici alla conprensione e cura delle dipendenze di Stefano Puglisi Allegra ................................................. 3 L'istinto alla Ricerca/esplorazione e i suoi condizionamenti.

Un approccio psico-neuro-evoluzionistico ai fenomenti di dipendenza patologica di Antonio Alcaro............................................................ 15 Normalizzazione e “droghe”: sperimentazioni adattative di Emanuele Bignamini, Cristina Galassi ......................... 39 Evoluzionismo, “Life history theory” e uso di sostanze psicoattive di Stefano Canali ............................................................ 61 Sviluppo, stress, adattamento: il trauma evolutivo di Teodosio Giacolini ...................................................... 79

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Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento

2

Le dipendenze oggi........................................... 117

Le nuove sostanze psicoattive di Roberta Pacifici, Simona Pichini, Manuela Pellegrini, Paolo Berretta ................................................................. 119

Gioco d’azzardo patologico, emozioni e adattamento allo stress di Francesca Picone ......................................................... 133 (Poli) consumo per divertimento di Selene Reggio .............................................................. 159

3

Dipendenze e psicopatologie.......................... 175

Esordi psicopatologici ed uso di sostanze: una esperienza clinica di Renato Menichincheri ................................................. 177 La disregolazione dei circuiti emozionali e del tono dell'umore nella patogenesi dell'addiction: prospettive neurobiologiche e psicofarmacologiche di Francesco Mancuso ..................................................... 197 Antisocialità e dipendenze in adolescenza di Ugo Sabatello, Federica Thomas ................................... 219 Il Paradosso dell’addiction di Salvatore Daidone ...................................................... 241

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Introduzione

Lo sviluppo di un soggetto appartenente allla specie umana implica un continuo lavoro di addattamento delle spinte biologiche agli innumerevoli e cangianti contesti socio-culturali di appartenenza. La dinamica delle dipendenze è, da questo punto di vista, un significativo osservatorio da cui considerare gli aspetti evolutivi (psicologia evolutiva), neurobiologici (neuroscienze affettive) e relazionali-ambientali in quel periodo di particolare stress adattativo quale è l’adolescenza e la giovane età adulta.

Da questa molteplicità di fattori in interazione, appare sempre più difficile e improbabile riuscire a circoscrivere il fenomeno dell’addiction in un modello disciplinare, e sempre più evidente e necessario utilizzare un approccio culturale, capace di muoversi tra diverse discipline, ridefinendole come strumenti per la costruzione dei nessi che formano il “groviglio” della realtà.

Come già i modelli sociologici e psicologici, ora anche i modelli neurobiologici, dopo aver dato uno straordinario impulso alla conoscenza dei meccanismi correlati all’addiction e al superamento dello stigma giudicante che ha penalizzato lo sviluppo della comprensione del fenomeno, si confrontano con i limiti dello loro stessa prospettiva.

In particolare, le neuroscienze cognitive, sostenute da una massa di dati imponente prevalentemente derivanti dallo sviluppo delle tecniche di brain imaging, hanno fornito informazioni sui fenomeni neurali correlati all’assunzione di droghe. Sulla base di quei dati, sono state costruite ipotesi sulle dinamiche che caratterizzano l’addiction, nel tentativo di rendere ragione di fenomeni come la ricaduta, il craving, la cronicità, le modificazioni del funzionamento mentale.

Tuttavia, anche le neuroscienze cognitive mostrano un limite esplicativo: che cosa significano i fenomeni neurali correlati all’assunzione di droghe e come emerge, da questi, la complessità clinica e la consapevolezza della spinta additiva? Questo passaggio non è per ora chiarito all’interno del paradigma cognitivo: bisogna cercare supporto da altre prospettive nel tentativo di complessificare il modello e renderlo più verosimile.

Contributi interessantissimi derivano ancora dalle neuroscienze quando prendono in considerazione, in una prospettiva evoluzionistica, ciò che spinge l’organismo vivente, in particolare i mammiferi e l’Uomo, a sopravvivere e a riprodursi. Le strutture neurali selezionate per finalità evolutive, che spingono e segnalano i movimenti dell’organismo come favorevoli e meno alla sopravvivenza e alla riproduzione attraverso la sperimentazioVII

Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento ne di stati affettivi soggettivamente significativi, sono state studiate e si sovrappongono alle strutture, ai circuiti e ai mediatori cerebrali utilizzati dalle droghe e che inducono addiction. Le neuroscienze affettive, dunque, creano un anello di congiunzione, un meta-sistema di comprensione che dà senso ai dati neurobiologici e li collega ai dati psicologici.

La rilevanza della lettura evoluzionistica viene ribadita dal significato dei sistemi affettivi primari, orientati in senso relazionale/ambientale, in considerazione della strategia di sopravvivenza della specie umana, fondata sul gruppo e sul funzionamento sociale. Il legame interindividuale è sostenuto da spinte affettive innate, inconsce, fisiologiche, che favoriscono l’avvicinamento e il legame o che portano ad allontanarsi e a respingere eventuali minacce. In questa radice si può riconoscere il passaggio dai fenomeni biologici a quelli sociali, attraverso quelli psicologici (ovviamente, non immaginando un percorso lineare, ma un intreccio di significati).

Il quadro interpretativo si arricchisce così di connessioni tra modelli biologico, psicologico, relazionale/ambientale, consentendo una maggiore comprensione della complessità del fenomeno utilizzando contemporaneamente riferimenti diversi, una maggiore potenza esplicativa complessiva e un maggiore avvicinamento alla realtà.

I contributi presentati in questo volume sono informati da questa visione complessiva e offrono al lettore le riflessioni che i diversi autori, con riferimenti culturali diversi, hanno sviluppato sul tema comune, proponendo un percorso intellettuale che, a partire dalla specificità di ognuno, si avvicina ad un insieme costruito in comune.

La linea portante è stata individuata, come espresso nel titolo, nel percorso di sviluppo che ogni organismo e ogni individuo deve fare: sviluppo necessario per raggiungere la maturità biologica, che deve essere al contempo maturità psicologica e sociale e che attraversa inevitabilmente accadimenti, interni ed esterni, che interrogano il soggetto e la sua capacità di proseguire il cambiamento adattandosi. In questo senso la “resilienza” dell’organismo in crescita non è conservativa, ma necessariamente trasformativa: non si tratta di conservare il proprio equilibrio, ma di modificarlo armonizzando le condizioni ambientali alle finalità evolutive. Una resilienza non omeostatica, ma dinamica, che aumenta il rischio di squilibri, temporanei o permanenti, tra cui l’addiction è una possibilità rilevante.

Le tre sezioni del volume affrontano visioni complementari: nella prima vengono discussi alcuni modelli teorici dell’addiction, evidenziando i numerosi vettori che, in modo integrato, contribuiscono al risultato finale ed esaminando i rapporti tra ciò che è innato e ciò che è frutto di apprendimento ed esperienza; la seconda sezione sottolinea gli aspetti fenomenolo-

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Introduzione gici più rilevanti nell’attualità odierna; la terza esplora alcune conseguenze trasformative e patologiche dell’assunzione di droghe.

Ci auguriamo che questo lavoro, pur nella multiformità dei contributi, che però sono stati rielaborati in vista di una convergenza culturale, possa fornire utili spunti di riflessione a tutti coloro che, da diverse prospettive, si interrogano sui fenomeni emergenti della società, ricercandone le ragioni e il senso con apertura mentale.

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Presentazione I sezione - Dipendenze tra natura e cultura Stefano Puglisi Allegra Il contributo degli studi preclinici alla comprensione e cura delle dipendenze La ricerca neuro-comportamentale ha fatto scoperte e ottenuto risultati che hanno costituito pietre miliari nella sua storia grazie al contributo di specie animali diverse dall’uomo. Da Pavlov in poi gli esempi sono numerosi. Nelle ultime decadi lo sviluppo di modelli preclinici basati su animali hanno offerto strumenti preziosi nella ricerca sull’eziopatogenesi e la terapia di diverse patologie psichiatriche. Sebbene più recentemente i modelli abbiano ricevuto critiche per il loro limitato valore traslazionale, queste hanno ulteriormente contribuito a migliorarne la validità. In particolare, i modelli di tossicodipendenza, come ad esempio quelli basati sulla somministrazione volontaria e sulla ricerca compulsiva di droga, rispondono ai criteri del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali e costituiscono strumenti cruciali e informativi per l'identificazione di meccanismi patologici e di target neurali e comportamentali per lo sviluppo di strumenti farmaco- e psico-terapeutici. Questi modelli sono, infatti, caratterizzati da una solida validità complessiva che si basa su processi comportamentali e su meccanismi neurali simili nell’animale e nell’uomo, e attualmente sono strumenti insostituibili per lo studio dei fattori di suscettibilità, genetici e ambientali, dell’ eziopatogenesi e per lo sviluppo di terapie innovative.

Antonio Alcaro L’istinto alla RICERCA/Esplorazione ed i suoi condizionamenti.

Un approccio psico-neuro-evoluzionistico ai fenomeni di dipendenza patologica Gli studi neuro-etologici condotti da Panksepp e collaboratori hanno consentito di comprendere come l’attivazione del sistema dopaminergico mesolimbico promuova l’emergere di una disposizione emozionale alla RICERCA/Esplorazione, che è implicata in tutti i comportamenti motivati e che svolge una funzione energetica essenziale per l’attività psichica. Nei fenomeni di dipendenza patologica, tale disposizione emozionale si “irrigidisce” all’interno di particolari abitudini compulsive perdendo la sua versatilità e la sua naturale predisposizione ad attivarsi spontaneamente in condizioni nuove ed indipendentemente dalla presenza di particolari rinforzi. Tutto ciò porta al conseguente disinteresse per tutto quanto non riguardi l’oggetto della propria dipendenza.

Seguendo una traiettoria neuro-psico-evoluzionistica, la predisposizione a sviluppare condotte dipendenti può essere ricondotta a fattori di ordine sia biologico che sociale. In particolare, la propensione ad essere condizionati da situazioni e contesti dotati di un immediato potere incentivante è interpretabile come una conseguenza della perdita di autonomia funzionale della disposizione alla RICERCA/Esplorazione. Tale fenomeno

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Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento è aggravato dall’assenza di condizioni ambientali capaci di favorire un radicamento affettivo ed al tempo stesso di sostenere la separazione e la spinta all’autonomia.

Pertanto, sebbene la maggior parte della ricerca sui fenomeni di dipendenza si sia concentrata sui processi psico-biologici dell’individuo isolato, una riflessione critica circa le condizioni socio-ambientali in cui tali fenomeni si sviluppano è assolutamente necessaria per affrontare e tentare di risolvere questo problema.

Emanuele Bignamini Normalizzazione e “droghe”: sperimentazioni adattative L’interazione Uomo-Droghe, vista in una prospettiva storico-evolutionista e considerata l’ubiquità del consumo di sostanze, può essere ipotizzata come parte di quel percorso di ominazione (Morin, 2002) che l’Homo sapiens sta compiendo nel suo continuo processo di trasformazione.

Potremmo pensare infatti, che gli assuntori di droghe, come folli psiconauti, ci stiano indicando una direzione che stiamo percorrendo collettivamente, amplificandola ed esasperandola.

L’uso di sostanze si radica nella storia dell’umano e ha favorito la concezione di “mondi altri” in tempi antichi. L’incontro Uomo-sostanze psicoattive, che da un’ottica evoluzionistica non può che essere ipotizzato come casuale, risale a millenni or sono: le prime evidenze documentali datano al 6.000 a.C. l’uso di coca e di psilocibina, al 5.660 a.C. quello di papavero da oppio come quello di cannabis, e la mescalina addirittura all’ 8.000 a.C. Gli effetti conseguenti all’uso non si sono limitati alla pura esperienza sensoriale immediata, ma hanno impegnato l’Uomo nella ricerca di costruzione di senso delle esperienze nel loro insieme. Questo può rendere ragione della ritualizzazione dell’uso in diverse culture, inclusa la regolamentazione restrittiva a élite o a figure “iniziate” o a periodi temporali.

La dipendenza nella sua accezione patologica di addiction è una condizione globale biopsicosocioambientale.

Il presupposto di questa visione è che la dipendenza sia una struttura vitale inevitabile ed essenziale dell’Uomo: una struttura che si concretizza in un continuum che va dall’affettività all’ambiente che ci proponiamo di analizzare.

Stefano Canali Evoluzionismo, “Life history theory” e uso di sostanze psicoattive Il modello biomedico della dipendenza come malattia del cervello ha portato nel ultimi decenni al primato della psichiatria nella concettualizzazione e nel trattamento di questa condizione. Ora, i classici indirizzi della psichiatria, di quella contemporanea a forte matrice biologica, tendono alla comprensione dei meccanismi neurobiologici o addirittura molecolari alla base del consumo di droghe della dipendenza, in altre parole di come essi si realizzino nell’uomo. È un approccio fortemente ancorato alla dimensione fisiopatologica, in cui l’obiettivo è quello di capire le cause prossime, in particolare l’interazione tra sostanze e sistema nervoso, nell’idea che ciò sia sufficiente all’elaborazione e all’attuazione di un intervento razionale ed efficace. Questa prospettiva trascura tuttavia l’esistenza delle cause storiche, di una eziologia più profonda

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Presentazione che ha agito prima dell’individuo, determinandone le debolezze somatiche e comportamentali, ma anche la specificità delle forze endogene di riaggiustamento. Nella storia della specie operano così cause remote che determinano il repertorio, la natura e la stessa possibilità di esistenza delle cause prossime. per cui un individuo nel caso può ammalarsi di fronte a uno stimolo patogeno, ovvero – nel nostro caso specifico – incontrare una sostanza psicoattiva e scivolare nell’uso problematico o addirittura compulsivo, come nelle dipendenze. L’approccio evoluzionistico contribuirebbe così a spiegare perché gli uomini tendono all’uso e all’abuso di sostanze psicoattive, quali sono le origini, dunque le cause remote, della universale vulnerabilità della specie umane verso le sostanze in grado di modificare le funzioni del sistema nervoso.

Teodosio Giacolini Sviluppo, stress, adattamento: il trauma evolutivo Il capitolo considera l’individuo umano nel suo funzionamento BrainMind all’interno della interazione dei due vertici, quello dello sviluppo e quello dei sistemi motivazionali/emozionali. Particolare attenzione viene posta sul momento evolutivo della adolescenza, che costituisce soprattutto per la specie umana, un vero e proprio transito ad una nuova organizzazione ormonale, cerebrale e cognitiva e contemporaneamente a nuovi contesti relazionali. Questo transito è di conseguenza caratterizzato, come viene mostrato, da una potenziale traumatogenecità che rende il soggetto adolescente particolarmente esposto alla difficoltà di integrare la molteplicità dei sistemi motivazionali/emozionali in connessione con lo sviluppo cerebrale e cognitivo e dunque con le attese adattative richieste dalla cultura di appartenenza.

Conseguenza di questa complessa dinamica multifattoriale è una relativa vulnerabilità al determinarsi di comportamenti additivi sia da sostanze che senza sostanze.

II sezione - Le dipendenze oggi Roberta Pacifici, Simona Pichini, Manuela Pellegrini, Paolo Berretta Le nuove sostanze Si definiscono Nuove Sostanze Psicoattive (NSP) quelle sostanze sintetiche con effetti psicoattivi le cui caratteristiche farmacologiche sono ancora in gran parte sconosciute. Da un punto di vista chimico, si tratta in particolare di triptamine, fenetilamine, catinoni sintetici, cannabinoidi sintetici, piperazine e oppiodi.

Generalmente le NPS si ottengono attraverso la modifica delle strutture chimiche delle principali sostanze illegali, e poichè queste NPS non rientrano nell’elenco degli stupefacenti sono chiamate internazionalmente «legal highs». La maggior parte di queste sostanze risulta ancora avere uno status legale che non permette alle Forze dell'Ordine stesse di espletare le azioni di sequestro e di contrasto del traffico e dello spaccio e lascia quindi tali sostanze a disposizione dei potenziali consumatori ignari della loro tossicità, che è sconosciuta in assenza di studi clinici controllati.

Le NPS sono divenute ampiamente disponibili nell’e-commerce anche attraverso la rete Internet (dark web e deep web) e per questo riscuotono grande successo

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Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento soprattutto tra i giovanissimi che le utilizzano in situazioni ricreazionali, come euforizzanti e/o allucinogeni con l’idea che si tratti di sostanze meno tossiche delle “sostanze d’abuso” classiche. Poiché nella maggior parte dei casi le NPS sono prive di supporti scientifici controllati o presenti nella letteratura scientifica internazionale la conseguenza diretta è che, intorno a queste sostanze, si sono sviluppati forum tematici (drugs forum), blog, social network, dove consumatori si scambiano ogni genere di informazioni e “istruzioni per l’uso” in maniera rapida e socializzante, tale da determinarne il successo, la diffusione o il fallimento delle sostanze stesse.

Francesca Picone Gioco d’azzardo patologico, emozioni e adattamento allo stress Il gioco d’azzardo si insinua spesso nella vita di un individuo come una sorta di “finestra di tolleranza”, un margine entro il quale stati emozionali di diversa intensità possono essere processati senza che ciò comprometta il funzionamento del sistema nel suo complesso. Talvolta, però, soprattutto in adolescenza, l’intensità di uno specifico stato emozionale può coinvolgere meccanismi di valutazione e arousal che non riescono ad essere accessibili alla coscienza, e che possono influenzare i processi globali di elaborazione delle informazioni, generando pensieri e comportamenti, che si esprimono, nel caso del giocatore, nella perdita di controllo e nel rituale del gioco.

Questo stato di disregolazione emotiva, caratteristico della condizione di dipendenza, espresso dalla dinamica della scommessa, rappresenta il tentativo maladattivo della mente di cercare di “dare un senso” all’esperienza di gioco, sfidando la sorte.

Appare evidente che la finestra di tolleranza è determinata da caratteristiche costituzionali (temperamento), da precedenti esperienze, e dai particolari cicli evolutivi della vita: ad esempio, in adolescenza, la risposta allo stress, definibile più che in ogni altra fase della vita, come situazione che il soggetto percepisce come superiore alle proprie capacità, quando evolve in un comportamento di gioco problematico e/o patologico, consente alcuni benefici, ma richiede anche un certo “prezzo da pagare”, nel percorso di sviluppo dell’identità.

BIBLIOGRAFIA: - Panksepp J. Toward a general psychobiological Theory of emotions. Behavioral and Brain Sciences, 5, pp.

407-467, 1982.

- Perry B. D., et al. Childhood trauma, the neurobiology od adaptation, and “use-dependent” of the brain: how states becomes traits. Infant Mental Health Journal, 16, pp.271-291, 1995.

- Siegel D.J. La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale. R. Cortina, Milano, 2001.

Selene Reggio (Poli) consumo per divertimento

Obiettivo di questo contributo è quello di offrire uno spaccato del consumo giovanile di sostanze nei contesti del divertimento. Il punto di osservazione è quello del progetto Nautilus, unità di prevenzione, Riduzione Del Danno e Riduzione Dei Rischi attiva sul territorio dellaRegione Lazio dal 2003 a tutt’oggi.

All’interno dei mondi del divertimento, le sostanze rappresentano l’appartenenza al gruppo, la cultura della sperimentazione, la ricerca del limite indiviXIV

Presentazione duale e/o di gruppo, la trasgressione, lo sballo. In alcuni casi esiste una sostanza storicamente o culturalmente legata ad una specifica realtà ed il suo utilizzo suggella la condivisione di un’esperienza, di uno stile, di una ricerca. Sia in quest’ultimo caso sia nel caso dei forti policonsumatori, il tema della competenza nell’utilizzo, nella conoscenza approfondita della sostanza e dei suoi eletti rappresenta un fertile terreno di scambio.

La caratteristica comune a mondi anche molto diversi tra loro è il consumo quale componente integrante dell’esperienza non quale intralcio o addirittura sintomo.

Agendo nell’ambito della ricerca del piacere e non dell’addiction, la motivazione per la maggior parte dei partecipanti è rappresentata dalla ricerca di divertimento, il luogo della sperimentazione, della trasgressione, della ricerca del limite, del tutto in linea con la fase ed i compiti di sviluppo, per alcuni sono invece le occasioni di esordio di una problematicità, di un comportamento di abuso e di dipendenza che arriverà ai servizi di trattamento solo molto più tardi.

L’età media delle persone incontrate si colloca intorno ai 20 anni, nel corso dei quali si sono già manifestate condotte problematiche e particolarmente a rischio, con però un tardivo accesso ai servizi di trattamento.

I consumi, o meglio i policonsumi giovanili, sui quali si vuole porre il focus non sono quindi esito di una rilevazione sulla popolazione generale, ma di osservazione e rilevazione diretta e prolungata nel tempo in contesti specifici: le feste notturne dalle sonorità principalmente elettroniche sul territorio di Roma e del Lazio, che coinvolgono una fascia di età molto ampia che va dai 14 ai 40 anni e che muta a seconda dei contesti stessi.

III sezione - Dipendenze e psicopatologie Renato Maria Menichincheri Esordi psicopatologici ed uso di sostanze: una esperienza clinica Nel seguente contributo il tema dell’abuso di sostanze e in particolare dei cannabinoidi, la classe più diffusa attualmente, verrà trattato dal vertice di osservazione dell’esperienza clinica di un Centro per la Prevenzione e l’Intervento Precoce, ovvero di una struttura operativa dedicata a giovani al passaggio tra la fine dell’adolescenza e la prima età adulta, che presentano quadri clinici di notevole rilievo clinico, ma ancora non attribuibili a disturbi definiti secondo gli attuali sistemi diagnostici (casi “a rischio”) o al primo episodio di una ben definito quadro clinico (esordi).

In un decennio di attività, nella nostra casistica, la co-presenza di disturbo mentale e abuso di sostanze, in particolare cannabis, ha sempre riguardato i due terzi circa della popolazione che si è rivolta a noi.

Particolare attenzione verrà posta nel descrivere la relazione tra primi episodi di psicosi (FEP- first episode of psychosis) e cannabinoidi. Secondo una letteratura ampia e consolidata, l’abuso di cannabis condiziona l’età di insorgenza, l’espressione clinica

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Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento (compresa la vexata questio della natura della cannabis-induced psychosis), le abilità cognitive, il decorso e la prognosi degli episodi psicotici. Tali dati saranno confrontati con la nostra casistica. Nell’ ultima parte svolgeremo alcuni riflessioni sul ruolo che il rapporto con la cannabis viene ad assumere nell’ambito del percorso di vita di questi ragazzi.

Francesco Mancuso La disregolazione dei circuiti emozionali e del tono dell'umore nella patogenesi dell'addiction: prospettive neurobiologiche e psicofarmacologiche Le Neuroscienze Affettive sono oggi un tema centrale per coloro che si interessano della genesi dei processi emozionali (Panksepp, 1998). È un campo di studi maturo, non più relegato alla dimensione puramente speculativa degli affetti ma centrato sulla verifica rigorosa di quanto offerto da ambiti diversi della conoscenza scientifica quali la psicologia evoluzionista, la sociobiologia e la neurobiologia comparata (Panksepp & Panksepp, 2000).

Tra gli studiosi più impegnati nel campo delle emozioni, Jaak Panksepp si è contraddistinto per la produzione di una vasta letteratura sui correlati anatomofunzionali delle emozioni negli animali e nell’uomo. In particolare, l’autore ha centrato il suo interesse scientifico sui riscontri ottenuti dalle tecniche di stimolazione localizzata (chimica o elettrica) di aree cerebrali correlate all’origine delle emozioni negli animali, comparando tali risultati con quanto conseguito dallo studio delle rispettive regioni cerebrali umane.

Panksepp è riuscito così ad elaborare un’architettura del tutto originale del cervello emotivo, a partire da alcune asserzioni preliminari e fondanti: 1) Le emozioni sono da un punto di vista evoluzionistico dei “valori intrinseci”, poichè forniscono agli animali dei giudizi immediati su ciò che aumenta o diminuisce le loro possibilità di sopravvivenza e riproduttiva. In tale ottica le emozioni sono strumenti ancestrali necessari alla vita, memorie evolutive codificate nel genoma in forma grezza come processi primari di natura emotivo-istintiva; 2) Gli animali privi di sistemi emozionali hanno comportamenti rigidi e stereotipati. Determinati input sensoriali sono associati, inconsapevolmente ed univocamente, a predeterminati output comportamentali. Negli organismi più evoluti, invece, le emozioni garantiscono una guida flessibile per la sopravvivenza, essendo dei processi modulabili e diversificabili sia nella codifica degli input in ingresso che nella generazione degli output di risposta; 3) Le emozioni hanno origine nelle regioni sottocorticali dell’encefalo (Damasio et al., 2000). L’attivazione di specifiche regioni sottocorticali produce reazioni emotive analoghe in tutti i mammiferi (dai più primitivi fino al genere umano) (Panksepp, 1998).

Sulla scorta di queste osservazioni Panksepp è riuscito ad identificare sette neurocircuiti emozionali, sette “sistemi emotivi di processo primario” che si caratterizzano per generare un’esperienza affettiva primaria e distinta: della Ricerca, della Collera, del Desiderio Sessuale, della Cura, del Panico/Sofferenza, del Gioco.

Tali sistemi generano un’esperienza affettiva (feeling) che nella sua forma primordiale è essenzialmente dicotomica (percezione di benessere/malessere). Sia negli uomini che negli animali, la Ricerca, il Desiderio Sessuale, la Cura ed il Gioco sono emozioni

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Presentazione ricercate perché vissute positivamente. La Collera, la Paura ed il Panico/Sofferenza sono invece evitate perché associate ad una sensazione spiacevole.

Le esperienze affettive primarie possono essere modulate dai cosiddetti “processi secondari”, le network neuroanatomici localizzati nelle strutture del sistema limbico ed implicati nelle funzioni di apprendimento e memoria emozionale. Procedendo verso l’alto i flussi emozionali possono andare incontro ad un’ulteriore modulazione operata dai “processi terziari”, circuiti cerebrali localizzati nella neocorteccia e deputati alle più complesse funzioni cognitive-riflessive, responsabili della rielaborazione intellettuale di quanto veicolato dall’esperienza emotiva.

Ugo Sabatello e Federica Thomas Antisocialità e dipendenze in adolescenza La co-presenza di condotte antisociali e uso di sostanze costituisce il più comune pattern di comorbilità psichiatrica in adolescenza e, dalla letteratura, emerge una relazione biunivoca tra uso di sostanze e antisocialità, con diversi pathways di interazione possibili. In questo capitolo verrà presa in esame la specificità di tali condizioni cliniche, considerando i comuni fattori di rischio “esternalizzanti” individuali e ambientali, in una prospettiva evolutiva che impone di mantenere il focus sul particolare momento di sviluppo, caratterizzato dalla tendenza alla messa in atto di comportamenti trasgressivi.

Salvatore Daidone Il paradosso dell’addiction “Addiction” è il termine inglese che la comunità scientifica internazionale ha adottato per indicare una condizione di dipendenza patologica da sostanze o da comportamenti. È stato tradotto in italiano con il significato di dipendenza fisica, vizio, assuefazione ma anche come passione, mania, amore fanatico (Dizionario Zanichelli). Fa riferimento al verbo inglese to addict, di provenienza Shakespeariana, usato per indicare la dedizione a qualcosa (ad esempio bere alcol) e ritenuto antiquato dai Dizionari di lingua Inglese che lo traducono con “indurre, spingere a un vizio”.

Il riferimento al termine latino addicere è stato adottato in alcuni testi sulle tossicodipendenze1 per significare l’asservimento a un bisogno dell’organismo e a una forma di assoggettamento; ma questa derivazione etimologica non è convincente.

Si vuole di seguito proporre l’ipotesi che la condizione patologica dell’addiction ha tutt’altre caratteristiche che quelle derivate dal latino addicere (servo per debito) e che la posizione di asservimento nella dipendenza sia solo una faccia della medaglia, poiché il soggetto dipendente riunisce in sé i connotati del potere dispotico e dell’asservimento, del dominatore e dell’oppresso.

L’addiction contiene la caratteristica della schiavitù, della sottomissione e del potere tirannico di un oppressore cui è impossibile ribellarsi. È perciò verosimilmente prossimo al verbo latino dictare (comando totalitario), mentre addicere qualifica una 1 Per citarne qualcuno: Bergeret J. (1983) in “Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane, Stepney R., 1996 e di recente in Italia in “Addiction”, di Caretti V. e La Barbera D.

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Dipendenze. Sviluppo, Stress, Adattamento dipendenza nel senso della persona in servizio per onorare un debito. In altre parole, il termine addicere, da cui addictus con il significato di “asservito per debito”, è distante per senso dal verbo inglese addicted (spinto o dedito a un vizio) e dal significato patologico attribuito al temine “addiction”. Addictus (dal latino addicere) non può che riferirsi al verbo dipendere nella sua accezione di “servizio obbligatorio” poiché è legato al significato di un “risarcimento giuridicamente dovuto” e non a quello di “schiavo”.

Per la qualificazione del disturbo dell’addiction, la differenza di senso tra servo e schiavo non è poca cosa. Oltre che uno status giuridico, i termini di servo e di schiavo per estensione indicano aspetti qualitativamente differenti della rappresentazione di sé e della relazione oggettuale. Rinviano a due diverse condizioni esistenziali e affettive, a due differenti modi di proporsi al mondo, a due diversi modi di essere (non liberi).

L’addiction, come condizione della mente, contiene in sé il paradosso di costituire per un individuo la più grande delle libertà grazie al potere esercitato su “oggetti” che tratta con dispotismo e nello stesso tempo il massimo della propria limitazione per il senso si schiavitù verso di essi.

L’essere umano è impegnato per tutto il ciclo di vita a misurarsi con l’illusione di avere il dominio sulle cose del mondo anche quando la realtà si nega a bisogni e desideri. Si fugge dalla dipendenza reale per divenire schiavi del modo maniacale che consente di negarla. L’obiettivo di un soggetto consumatore di sostanze non è quello di trovarsi schiavo della sostanza ma quello di renderla nutrimento del modo maniacale. L’addiction quando con la perpetuazione del consumo si traduce in schiavitù è la sconfitta della ricerca di una condizione di potere sulla mente cui si può, paradossalmente, rimanere fissati nell’illusoria esigenza di dominarla.

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