notes per la psicoanalisi 12/2018
ISSN 2281-1869
la guarigione I
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Grafica della copertina: Andrea Generali, www.andreagenerali.com
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Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 206/2012 del 05/07/2012
Finito di stampare nel mese di ottobre 2018 presso gli stabilimenti di Global Print srl Via degli Abeti 17/1 – 20064 Gorgonzola (Mi)
Editoriale
Sommario editoriale .................................................................................................... 5 Dossier Presentazione 5 domande a................................................................................................ 11 Maria Luisa Algini ..................................................................................... 13 Adriana Gagliardi ....................................................................................... 24 Alessandro Garella ..................................................................................... 33 Franco Lolli ............................................................................................... 43 Anna Maria Nicolò .................................................................................... 53 Fare un’analisi e guarire: da cosa? Nathalie Zaltzman .................................................................................... 61 La guérison de surcroît. Note sulla questione della guarigione nell’insegnamento di Jacques Lacan Stefania Napolitano ................................................................................... 81 Letture Quarant’anni dopo: l'idea di guarigione nel numero 17 della NRP del 1978 Roberta Guarnieri ................................................................................. 95 L’insostenibile leggerezza del ben-essere: una lettura della Monographie della RFP del 2002 Andrea Baldassarro ................................................................................ 105 La guarigione psicoanalitica nei Colloqui dell’Association Pychanalytique de France Mario Sancandi ..................................................................................... 117
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editoriale E il mare abita una conchiglia rimane una bestia selvaggia nel racconto H. Tengour, Traverser *
Guarigione, psicoanalisi. «È legittimo porsi delle domande sul concetto di guarigione in psicoanalisi: guarire, da cosa? Ciò che è a fondamento di una domanda di analisi concerne sempre la malattia?» Questi due interrogativi erano il punto di avvio dell’argomentazione di un breve scritto del 2001 di André Green, Guérir, de quoi. Superati gli effetti inibitori del sospetto sul posizionamento della «psicoanalisi nel campo psicoterapeutico» (è questo il sottotitolo di Freud et la guérison, valido libro di Monique Totah cui lo scritto di Green faceva da prefazione), le domande su di una pratica che non ha mai nascosto di poter trarre vantaggio dall’instaurazione di una ‘malattia artificiale’ restano tutte, restano al di là della nevrosi di transfert, e restano ‘legittime’ come domande ‘psicoanalitiche’. Alcune di queste hanno preso una forma definita nel corso delle riunioni di redazione e abbiamo avvertito forte l’esigenza di poterle mettere alla prova, utilizzandole per avviare uno scambio più diretto con alcuni nostri interlocutori che potesse arrivare come tale anche ai nostri lettori. Le prime risposte ricevute ci hanno incoraggiato a porre ancora le nostre domande, ampliando per la prima volta da che la nostra rivista va in stampa (siamo ormai al sesto anno) l’estensione del tema ‘guarigione’ a due numeri. Le risposte offerte da Maria Luisa Algini, Vittorio Califano, Giuseppe Di Chiara, Adriana Gagliardi, Alessandro Garella, Silvia Grasso, Marco La Scala, Franco Lolli, Elvira Nicolini, Anna Maria Nicolò, Diomira Petrelli, *
Con questi versi del poeta algerino si apriva l’ultimo lavoro di Lucia Schiappoli, Traversare.
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costituiscono un ‘dossier’ che aprirà pertanto sia questo numero 12 che il successivo; accanto ad esso, prime traduzioni in lingua italiana di testi di riferimento, articoli e letture originali, ci aiutano a fare fronte all’esigenza di tornare a far risuonare la questione della guarigione, di rimettere in circolo i dubbi che l’hanno accompagnata fin dalle origini dell’impresa freudiana e che ancora agitano le acque della clinica contemporanea. Questo numero rinvia anche a temi proposti in precedenza. Innanzitutto a quello di quattro anni addietro, “la cura e l’etica”, nel quale le varie prospettive da cui il tema veniva affrontato mostrano diverse e forti connessioni con quello della guarigione, e più di recente al numero 9 dello scorso anno, dedicato a “cura e situazione psicoanalitica”, presentato come uno ‘spazio per le controversie’ che lasciava aperta l’eventualità di tornarvi con contributi di diverso orientamento o differenti focalizzazioni. È dunque dentro questa cornice, che richiama un tratto caratterizzante la fisionomia del progetto stesso di notes che va collocato questo numero, in cui vengono proposti materiali di forma diversa; il loro incontro può produrre effetti di rimando reciproco e offrire a chi legge un’occasione di confronto con proprie posizioni più o meno consolidate. Confronto generatore di altri interrogativi, indicatore di altre possibili piste da percorrere in un territorio qual è il nostro, contrassegnato dall’incompiutezza. *** Venti anni fa, nel presentare De la guérison psychanalytique – testo magistrale, da cui proviene Fare un’analisi e guarire: da cosa? tradotto per questa occasione – Nathalie Zaltzman osservava come a fronte di un riconoscimento sia del portato delle conquiste in termini di conoscenza ad opera della teoria psicoanalitica anche al di fuori del suo campo specifico, sia della sua diffusione e penetrazione nel discorso sociale testimoniate fin nel linguaggio più quotidiano, si riscontrasse, da parte degli stessi analisti, una certa prudenza nel considerare gli effetti della loro pratica in termini di guarigione; un divario tra l’adesione alla teoria e una sorta di diffidenza verso la clinica a dir poco problematico, considerata la costante rivendicazione, da Freud in poi, della loro unità. Diffidenza da leggere alla luce della complessità della nozione stessa di guarigione, quando si voglia interrogarla in relazione a ciò che si svolge nel corso di un’analisi, al problema posto dal rendere conto dei suoi risultati terapeutici in una prospettiva ‘oggettivante’, esterna al campo dell’esperienza che le è propria. Inoltre, aggiungeva Zaltzman, a differenza di ogni altro tipo di trattamento, per raggiungere la malattia quello analitico «deve trattare l’uomo, l’essere psichico», il soggetto in quanto soggetto alla condizione umana, portatore di una realtà psichica che è «al tempo stesso la
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sua e quella dell’insieme umano che fanno di lui ciò che è». In un’analisi non è solo in gioco una certa organizzazione psicopatologica, ma la ‘roccia’ che fa ‘la realtà dell’umano’, costituita appunto dagli assoggettamenti (al sessuale infantile, alla bisessualità, al rifiuto della passività in entrambi i sessi…) e dalla «presenza viva della morte nella vita», Thanatos che a fianco di Eros partecipa alla malattia e alla guarigione. Da Un caso di guarigione ipnotica fino ad Analisi terminabile e interminabile, Freud non ha avuto remore ad usare il termine ‘guarigione’ (come d’altronde ‘efficacia’, si potrebbe aggiungere) e non ha mai smesso di farne oggetto di riflessione – non certo solo per rispondere alle sistematiche contestazioni provenienti dall’ambiente medico – avendo infatti identificato presto l’elemento chiave che ostacola la guarigione, le resistenze, e questo fino all’approdo ultimo, laddove incontra quelle più pervicaci. L’esigenza di tornarvi regolarmente per ‘aggiornare’ la questione della «guarigione analitica» (Analisi terminabile e interminabile, p. 504) col procedere della teorizzazione e dell’esperienza clinica nel loro indissolubile intreccio è testimoniata da molti scritti, non solo quelli che sinteticamente si ricordano come ‘scritti tecnici’, ed è noto ciò che ha rappresentato l’incontro con la ‘reazione terapeutica negativa’ nei termini della più ardua messa alla prova dei limiti dell’azione terapeutica, da cui è germinato quell’al di là del principio di piacere che con l’ipotesi della pulsione di morte segna un tornante decisivo della teoria. Quanto precoce sia stata la consapevolezza di questi limiti – a fronte di un certo entusiasmo degli inizi della sua pratica e di una fiducia a lungo coltivata nel potere dello strumento, del metodo da lui costruito – e dunque dei rischi rappresentati dalle illusioni che possono infiltrare più o meno consapevolmente il desiderio dell’analista di guarire («mai assente da una cura analitica», come rimarca Pontalis) volgendolo in ‘volontà di guarire’ – la guarigione ad ogni costo –, lo testimonia la formulazione spesso citata, che ha finito con l’assumere la valenza di un aforisma, con la quale Freud, rispondendo a ciò che regolarmente i suoi pazienti lamentavano come la ‘promessa’ tradita della guarigione, prospetta come un significativo guadagno la trasformazione della miseria della malattia in infelicità comune. La psicoanalisi non può eliminare la sofferenza che deriva dall’appartenere alla specie umana, alla comunità degli uomini; una quota di rinuncia pulsionale è il prezzo da pagare per far parte dell’insieme collettivo. Se non elimina tutta la sofferenza, se non elimina la sofferenza che il soggetto riconosce come tale, facendosi così paziente, la psicoanalisi nemmeno dichiara di aspirare a restituire una condizione pre-esistente; essendo «proporzionale alle capacità
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di cambiamento del soggetto», nel pensiero di Freud la guarigione è associata «asintoticamente» alla modificazione, come scrive Totah (cit., p. 102). Limiti dunque, proporzioni, non impossibilità; né in Freud, né nella sua scia, si ritrova alcun ‘nichilismo terapeutico’. In Analisi terminabile e interminabile (p. 513) si esprime in maniera netta: «gli strumenti con cui lavora l’analisi non hanno un potere illimitato, bensì circoscritto», e il risultato che ne verrà, l’effetto, dipende non solo dalla tecnica (e, sottolinea, dalle caratteristiche peculiari dell’analista) ma dalla materia, dal rapporto di forze che c’è tra istanze in conflitto, che assume una portata specifica per i suoi potenziali effetti dirompenti sul lavoro analitico quando questo rapporto, che si attualizza nella cura, si gioca tra Eros e Thanatos. Ma qualunque sia l’effetto che si produce, questo sarà sempre insufficiente. Il conflitto può, a lavoro analitico avanzato, riproporsi con particolare forza per effetto di un mancato o inadeguato ‘imbrigliamento’ della pulsione, ed è non solo significativo, ma clinicamente molto attuale che nel considerare le varie ipotesi che possono sostenere le ragioni di una insufficiente risoluzione, guarigione, Freud evochi più volte questo elemento, riconoscendo di avere per lo più trascurato il punto di vista economico a vantaggio del dinamico e del topico; punto di vista oggetto di un significativo lavoro di ripresa e di teorizzazione da parte di quella psicoanalisi contemporanea per la quale il riferimento alla sua opera resta un’esigenza insopprimibile e la metapsicologia uno strumento necessario. Lavoro di ripresa, abbiamo detto, non atto di ripetizione; come suggeriva Kierkegaard, la ripresa è «procedere ricordando». Con l’aiuto di tutti gli autori, le pagine di questo numero vogliono provare a contribuire a questo processo memore e trasformativo intorno alla questione implicata dal binomio ‘guarigione, psicoanalisi’.
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