Alessandro Pompa, Maria Rosa Fucci, Roberto Miletto
Scacchi speciali per bambini piccoli AttivitĂ ludico-scacchistiche nella seconda infanzia (2-6 anni) Prefazione di Mario Di Mauro
Collana CambiaMenti - Essere e divenire in etĂ evolutiva
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Alessandro Pompa, Docente di scuola dell’infanzia, già Presidente della Lega UISP di Roma e del Lazio e segretario nazionale della Lega Scacchi, Campione italiano dei Giovani (1982) e Maestro di Scacchi ad honorem. Maria Rosa Fucci, Psicologa e Psicoterapeuta, Responsabile servizio TSMREE ASL Roma 6, Distretto di Pomezia, Roma, Gruppo di Ricerca EllePi del Litorale Pontino. Roberto Miletto, Neuropsichiatra Infantile, già Responsabile di U.O.S. neuropsichiatria infantile, ASL Roma H/4, Coordinatore Gruppo di Ricerca EllePi del Litorale Pontino (GLP), dirige la Collana CambiaMenti per Alpes Italia.
In copertina: la fotografia – tratta, e parzialmente elaborata, dagli Atti del Convegno "Giocare a scacchi con la mente"(Pomezia, 2009) da noi curato – fu gentilmente concessa dal grande maestro di scacchi Susan Polgar, la prima donna a qualificarsi nel 1986 per competere nel campionato del mondo di scacchi maschile. I diagrammi presenti nel testo sono stati realizzati da Salvatore Tramacere, a cui va il nostro più sentito ringraziamento. Si ringrazia altresì Maurizio Chiamori che ha sostenuto nel tempo con la Manta Projekt le produzioni del nostro Gruppo di Ricerca. Si ringraziano soprattutto i tanti bambini che hanno partecipato negli anni alla costruzione di queste buone prassi: questo volume, senza di loro, non sarebbe stato scritto.
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Indice generale Note di Presentazione di Roberto Miletto.......................................... IX Prefazione di Mario Di Mauro........................................................... XV Per un buon avvio di scolarizzazione di Anna Bernardi.................... XXV Il valore culturale, formativo, educativo del gioco degli scacchi di Sergio Mariotti................................................................................. XXXI
Scacchi speciali per bambini piccoli Introduzione I bambini piccoli e gli scacchi “eterodossi” ................ 3 Premessa ....................................................................................... 3 Il senso delle attività ludico-scacchistiche in gruppo ..................... 4 Sull’eterodossia negli scacchi.......................................................... 5 L’eterodossia nella scuola dell’infanzia ........................................... 7 Unità didattica I Sorpresa!...L’incontro con il tappeto-scacchiera .. 13 Unità didattica II Sotto la scacchiera. Lo spazio vissuto nel gioco di finzione........................................................................... 17 1°Gioco: Sotto la scacchiera, tanti pesciolini.................................... 17 Unità didattica III Il ritmo: la scacchiera come spazio agito .......... 21 Unità didattica IV Sopra la scacchiera: il tappeto come spazio usato nel gioco di finzione .......................................................................... 25 1° Gioco: Acchiaparella.................................................................. 26 2° Gioco: Il naso di Pinocchio........................................................ 26 3° Gioco: Regina, reginetta............................................................. 27 4° Gioco: Sbaglio, olio e peperoncino............................................... 28 5° Gioco: Latte e cioccolato (individuale)............................................ 31 6° Gioco: Latte e cioccolato (in gruppo)............................................... 36
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Recovery & Territorio Unità didattica V La verticale e l’orizzontale: andare dritti (e fritti)
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Prima coppia di giochi: Avanti e Pietro, il pinguino (individuale)....... 39 Seconda coppia di giochi: Avanti e Pietro, con ranocchiette e gamberetti (in gruppo) ........................................................................................
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Unità didattica VI A ciascuno la sua “conta tonta”: Br-uno, Bue e Re 51 1° Gioco: Conta-tonta in avanti.................................................... 52 2° Gioco: Conta-tonta alla rovescia................................................ 55 Coppia di giochi di rinforzo................................................................ 58 Unità didattica VII Con la conta “tontiamo” insieme..................... 61 1° Gioco: Conta-tonta in avanti di gruppo..................................... 61 “Giochi di parole sul ...c(r)ampo concettuale: passaggio naturale dalla cardinalità all’ordinalità............................................................... 64 2° Gioco: Conta-tonta alla rovescia di gruppo................................ 66 Unità didattica VIII Orientamento spaziale: destra e sinistra........ 75 1° Gioco: Il Gioco del Lavavetri e la Controlateralità...................... 79 2° Gioco: Il gioco del Treno e l’Omolateralità.................................. 82 Unità didattica IX Ecco il re che sa contare fino a 3….................... 85 … e segue il “Quadrato”-Time ........................................................... 92 Unità didattica X Introduzione al movimento del Re...................... 97 1° Gioco: Un alluce nell’acqua..................................................... 97 2° Gioco: I due Re… nudi! ......................................................... 103 3° Gioco: Re… “arrosto”? Neanche ad agosto! ............................. 107 Unità didattica XI La Torre… ammappa quanto corre!.................. 115 1° Gioco: L’“Acchiapparella” delle Torri......................................... 120
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Indice generale Unità didattica XII L’Alfiere, che porta le bandiere… e mangia il formaggio con le pere!..................................................................... 125 1° Gioco: Bianchino Scostantino e Nerona Chiacchierona................ 126 2° Gioco: Il Gioco della “ragnatela” ............................................... 131 Unità didattica XIII La Regina…ha la ciliegina!............................ 141 La Donna dal dire al fare..................................................................... 141 1° Gioco: il Gioco delle due Regine ............................................... 142 2° Gioco: il Gioco delle quattro Regine .......................................... 144 Gli Scacchi “Speciali”: Cavalli, Pedoni, “matti” e “arrocchi” Introduzione a mosse “eterodosse” e pensieri “divergenti”......
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Unità didattica XIV I Cavalli: poesia nel movimento...................... 153 “Un bimbo chiamato Cavallo”: un agire emozionati............................ 153 Il ballo del Cavallo: Bruno… bue… ghiro!.......................................... 154 1° Gioco: “Il (Ca)vallo di Adriano” ............................................. 154 2° Gioco: “A spasso con il cocchio!” ............................................... 157 Unità didattica XV Il Pedone, anima degli scacchi......................... 159 Un Pedone… Cucciolone!................................................................... 160 1° Gioco: In nome del… Papa Re (e della Mamma Regina!) ........ 2° Gioco: Zuccate e “cabezadas” (nel grande gruppo) .................... 3° Gioco: Zuccate e “cabezadas” (in coppia) ................................. 4° Gioco: Zuccate e “cabezadas” (in piccolo gruppo) . ....................
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Un’ “Acchiapparella” divergente .......................................................... 170 5° Gioco: L'“Acchiapparella” dei piccoli Pedoni.............................. 173 6° Gioco: L'“Acchiapparella volante” (la presa di Pedone “En passant”) 175 7° Gioco: Alice diventa Regina (la “promozione” del piccolo Pedone) 180
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Scacchi speciali per bambini piccoli Unità didattica XVI L’Acchiappa-Re: tana per il Re!...................... 187 1° Gioco: Il Re Shah (Schach) sei Te! .......................................... 2° Gioco: “Copriti con Me!” . ....................................................... 3° Gioco: “Mi acchiappi Te!” (intermedio, di avvicinamento al Re) 4° Gioco: “Nasconditi se posto c’è!” .............................................. 5° Gioco: “Acchiappa Re, Acchiappa Te!”...................................... 6° Gioco: “Ari…copriti con Me!”................................................. 7° Gioco: “Mi è semblato di vedele un matto! Lo scacco-gatto”........ Unità didattica XVII Un rifugio per il Re!......................................
188 189 196 200 204 205 206 213
Il Re ed i suoi castelli (la magica mossa dell’arrocco)............................ 213 1° Gioco: “Castelli…in aria”!.......................................................
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Note conclusive......................................................................................
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Postfazione L’importanza dell’introduzione precoce degli scacchi nelle scuole dell’infanzia e primaria attraverso la psicomotricità su scacchiera gigante e l’interdisciplinarità scacchistica. Possibilità e modi 227 di Giuseppe Sgrò...........................................................................................
Bibliografia..............................................................................................
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Bibliografia web......................................................................................
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Collana CambiaMenti Essere e divenire in età evolutiva diretta da Roberto Miletto Neuropsichiatra infantile
La Collana, che ha preso avvio nel 2010, ha come centro direzionale un gruppo di tecnici, prevalentemente dell’età evolutiva, raccolto inizialmente attorno all’unità operativa di neuropsichiatria infantile della ASL Roma 6 di Pomezia (Roma), da cui anche la definizione del Gruppo di ricerca EllePi (GLP) del Litorale Pontino; la Collana intende raccogliere le diverse iniziative di cura, esperienze di buone prassi, che partono dal territorio e fanno incrociare le famiglie, le scuole, le associazioni di volontariato, il privato sociale, l’università, con i servizi specialistici pubblici locali, nella comune impresa di offrire un supporto di qualità a tutela della salute mentale e della riabilitazione per l’infanzia e l’adolescenza. Il gruppo di ricerca, già connesso in una convenzione-quadro con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, coopera nella ricerca e nella formazione con il prof. Mario Di Mauro, per anni Direttore del Dipartimento di ricerca Centro Studi Feuerstein sulle metodologie metacognitive in educazione e formazione all’interno del CIRF (Centro Interateneo per la Ricerca didattica e la Formazione avanzata), ed oggi Presidente onorario di ICSEM (International Center for Studies in Educational Methologies).
Volumi della collana già pubblicati: R. Miletto, Gruppo di Ricerca EllePi (a cura di), Per una scuola amica. Curricoli speciali per potenziare la mente, 2010. R. Miletto, M. Aversano (a cura di), SorRidere per BenEssere! Quando il comico entra nelle cure, 2011. G. Sgrò (a cura di), A scuola con i RE. Educare e rieducare attraverso il gioco degli scacchi, 2012. A. De Risio, R. Miletto (a cura di), Complice il silenzio. Buone Prassi contro l’abuso all’infanzia, 2013. S. De Biasi, A.M. Angelilli (a cura di), Autismo e Autismi. Nuove prospettive su fondamenti teorici e buone prassi operative, 2015. V. Bellia (a cura di), Crescere è una danza. La danzaterapia nei processi evolutivi, 2016. G. Buono, M. Pompa (a cura di), Recovery & Territorio. Idee ed esperienze in riabilitazione psicosociale, 2017.
In memoria di Bruno Daccomi, giĂ Presidente dell'ASD "Quattro Torri" a Pomezia. Senza di lui - piĂš di trent'anni fa - non ci saremmo forse mai incontrati ... E un pensiero grato anche a Sergio Airoldi, compianto filosofo del linguaggio, che avrebbe colto con piacere quanto questo volume sia stato pensato per un'educazione all'uso precoce della pragmatica linguistica
Note di Presentazione di Roberto Miletto1 Questo volume è costruito sulle esperienze, vissute in ormai tanti anni, nelle sezioni di scuole dell’infanzia di Roma (Ostia) e Provincia (Ardea, Pomezia, Anzio, Ariccia), da un maestro – Alessandro Pompa – insegnante di “scuola paterna” (come suol spesso autodefinirsi) ed esperto scacchista: un istruttore che fu a suo tempo anche campione nazionale “under 20” e che fa anche parte – come gli altri due Autori – del Gruppo di Ricerca EllePi del Litorale Pontino che costituisce il core della Collana CambiaMenti accogliente il presente volume. Nella lettura delle 17 unità di lavoro chi si occupa di bambini piccoli, nella educazione ma anche nella rieducazione, può trovare spunti suggestivi per costruire le proprie proposte operative, magari apportandovi gli arricchimenti ritenuti più utili, diciamo “aggiustandole” alle diverse situazioni, facendone, se vuole, perfino il filo conduttore di una programmazione didattica. Le pagine del libro riportano con assoluta fedeltà quello che è stato concretamente vissuto nelle sezioni di scuola dell’infanzia e va tenuto conto che le iniziative qui proposte sono proprio inclusive, dunque buone per tutti, compresi i bambini più in difficoltà (alcuni di loro, infatti, usufruiscono pure di azioni di sostegno per condizioni di disabilità certificata): sono attività di cui ogni bambino può fruire, solitamente ben adattate alle caratteristiche di ciascuno. Da molti anni proponiamo il gioco degli scacchi nella formazione didattica e nella ricerca clinica, con particolare riferimento alle diverse patologie dell’apprendimento: dagli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) per Disturbi Non Specifici dell’Apprendimento (DNSA), e perfino effettivamente Specifici (DSA), o per le svariate condizioni del disagio, a quelli con Disabilità moderate e lievi. È del 2005 il nostro fortunato volume I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria della mente, con la constatazione di fondo, permeante quel contributo, che questo gioco costituisce una straordinaria simulazione proprio del processo evolutivo di crescita; diciamo subito che la nostra proposta di una scacchiera da pavimento è per il gruppo una bella spinta ad imparare a muoversi nel nuovo campo: una metafora, se vogliamo, dello stare insieme, in relazione. Per noi, che ormai quasi 30 anni fa (Fucci&Miletto, 1990), proponevamo uno screening ad approccio, diciamolo pure, “molecolare”, con uno studio epidemiologico esteso e mirato sulle singole – ma tante – abilità e competenze emergenti o in crescita 1 Responsabile Collana CambiaMenti.
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Scacchi speciali per bambini piccoli nella seconda infanzia, ci è stato riservato il piacere di osservare in questo curricolo davvero speciale come globalmente, in un unico canovaccio, o come in un ordito a maglie parecchio strette, sulla scacchiera gigante da pavimento si mettessero così in gioco insieme tutte quelle capacità che sono i pre-requisiti emergenti nel momento evolutivo della seconda infanzia, per gli apprendimenti scolastici poi di inizio latenza. È questa pure una pratica, come sostenne Di Mauro (2009), di ricerca di sé, che mette alla prova comportamenti motori e mentali – usare il pensiero per agire o usare l’azione per pensare? –, e che mette anche alla prova criteri di mediazione, che regola stati d’animo, che canalizza energie, che scopre funzioni adattive e, ancora, questo è proprio un bell’allenamento al problem solving ed all’agire dentro un sistema di regole. Abbiamo osservato che attività gruppali di gioco spingono certamente all’interazione costante con l’altro e poi con il piccolo ed il grande gruppo; sono poi un potenziamento cognitivo delle funzioni carenti, si costruisce attorno così un accogliente, giocoso ambiente non giudicante (l’errore è sempre una buona cosa, spunto “per ragionare insieme” sul senso di ciò che si è fatto), il gruppo dei pari è sempre coinvolto nella funzione mediatrice dell’adulto, si potenzia l’autostima con successi condivisi, si facilita la modulazione delle emozioni (addestrando gradualmente alla lettura delle proprie e di quelle altrui), vengono promosse condotte pro-sociali, allenando al confronto, alla turnazione regolata, insomma si impara a pensare. Queste osservazioni il lettore potrà facilmente riscontrarle prendendo visione delle unità di lavoro, ma ciò che prepotentemente emerge in questo contributo è una grande spinta alla crescita linguistica: la lingua da intendersi come veicolo del pensiero. Si sa molto bene che l’educazione linguistica sviluppa operazioni mentali fondamentali, spazio temporali e di simbolizzazione, che diventano in effetti più agevoli se si dispone dei termini che le rappresentano, legati sempre all’esperienza vissuta, e che facilitano il graduale formarsi delle strutture cognitive e l’uso di quelle esistenti. Il linguaggio affina le capacità – in costruzione – di analisi e di sintesi, la disponibilità di significanti diversi ma relativi ad uno stesso ambito di realtà induce a rendersi conto dei particolari e delle differenze; il raggruppare con parole classi di oggetti o sequenze di azioni porta a cogliere le somiglianze, a mettere in rapporto elementi non considerati omogenei o a collegare in un’unica operazione mentale azioni prima compiute in modo segmentario (Gruppo IARD, 1986): bisogna però dare sempre senso alle etichette linguistiche, come questo curricolo speciale ci insegna. Scorrendo i dialoghi tra il maestro ed i bambini, tanto piccoli perché in età compresa tra i 29 ed i 42 mesi – non dimentichiamocelo mai nella
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Note di presentazione lettura! – la meraviglia è cogliere quel “torrente in piena” di stimolazioni linguistiche, un flusso continuo, teneramente affettuoso, ma anche cognitivamente impegnativo, che letteralmente travolge il gruppo. È un lavoro sistematico che spinge il gruppo gradualmente a crescere in comunicazioni sempre più efficaci, originali e divergenti, tenendo inevitabilmente conto del contesto e della specifica situazione comunicativa e cominciando anche a far i conti con l’Altro, con le sue conoscenze, in un’educazione alla Teoria della Mente (ToM). E come faceva dire Leonardo Sciascia al professore di Una storia semplice: “l’italiano non è l’italiano, è il ragionare!” Questa è la Pragmatica, quel complesso insieme di abilità linguistiche che non possono prescindere dalla ToM, e qui si sviluppa la competenza d’uso del linguaggio, in un impiego anche creativo. Consideriamo che l’uso pragmatico di una frase è una concezione pratica del discorso e della comunicazione interpersonale, un evento che prevede inevitabilmente la presenza dell’Altro; è un uso che va oltre la struttura della frase, è un uso infatti dialogico, dunque con un Io enunciatore ed un Tu destinatario (Airoldi, 2000). La pragmatica moderna si è sviluppata da una prospettiva del linguaggio diversa da quella strutturale “del codice”, dunque fuori dai fenomeni grammaticali, fonologici, morfosintattici: gli enunciati linguistici sono, in effetti, come delle azioni, sono azioni sociali che si realizzano per mezzo del linguaggio (Miletto et al., 2016). In questo curricolo si sviluppano proprio giocando, con la spontaneità e la naturalezza che hanno i bambini, per quanto la mediazione dell’adulto possa essere talora anche alta. Il “torrente linguistico in piena” comunque scorre, diciamo che costituisce quell’acqua in cui si muovono questi nostri “pesciolini”, che non necessariamente devono sempre comprendere tutto e subito: semplicemente cominciano a nuotare in quell’acqua, a volte pure un po’ misteriosa ed ostica da padroneggiare. Diventa nel gioco un training di atti linguistici che non è artificiale, poggia concretamente su movimento e sensorialità, diversamente dalle tante proposte, anche belle, ma pur sempre di “allenamenti” con materiale strutturato, che la letteratura specialistica riporta (nei riferimenti bibliografici che seguono di qualche progetto si fa qui menzione). Le comunicazioni nel gruppo vengono sempre riportate in fedele registrazione, come testimoniato anche dal ricorrente uso in alcuni bambini del romanesco, loro lingua madre: se da un lato ciò può risultare un di più che appesantisce la lettura, d'altro canto dà così più senso alla volontà di riportare con la massima precisione il materiale raccolto. Si richiama l’attenzione che il gruppo di lavoro Medea (Lorusso, 2010) ha da qualche anno proposto una valutazione sistematizzata delle abilità pragmatiche (APL Medea) per le esigenze della misura (ma, elaborandole,
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Scacchi speciali per bambini piccoli anche dello sviluppo) delle competenze d’uso del linguaggio, attraverso un insieme di abilità implicanti la Teoria della Mente: citiamo i diversi ambiti di studio, che vanno dalla comprensione di metafore (non solo verbali ma anche figurate) e dalla scelta ed uso di registri conversazionali in relazione al contesto, alla coerenza e plausibilità conversazionale, alle inferenze per proverbi, espressioni idiomatiche e richieste indirette, fino alla comunicazione referenziale, che implica la capacità di cogliere il legame tra l’aspetto linguistico e quello situazionale, individuando le mancanze in un messaggio e colmandone le lacune. Ebbene, quello che nell’APL Medea è in sostanza una raccolta di stimolazioni strutturate connesse con delle abilità pragmatiche, qui con un maestro “specialissimo” come Alessandro Pompa diventa prassi creativa, la routine concreta vissuta in ogni unità didattica, rimodulata – per l’età così precoce – attraverso il gioco, anziché degli items predefiniti. Il lettore avrà occasioni ricorrenti per apprezzare come l’uso insistito di metafore nel gioco di finzione può sollecitare efficacemente il gruppo ad andare oltre “la parola”, superare il significato letterale per accedere all’analogia sottesa. Si spinge gradualmente il gruppo alla comprensione di significati impliciti, con propensione all’inferenza poggiando sulla struttura della comunicazione verbale e sulle poche informazioni generali a disposizione; così come si è spinti a comprendere il significato assunto da particolari espressioni nell’interazione sociale, contestualizzando le frasi. Si è anche sollecitati a comprendere e completare le parti mancanti della parola e della frase in modo da rispettare la struttura dialogica, la relazione con il contesto: risulta una specie di “tormentone”, in effetti, quello sbagliare frequente del maestro, una sorta di filo conduttore nelle diverse unità di lavoro, che poi commenta regolarmente “ma allora anche questa volta ho sbaa….” Completato dal coro di fanciulli “…gliato, maestro!”, in una comunicazione referenziale che sostiene il gruppo nell’attenzione selettiva e sostenuta, come anche nella fiduciosità, confortato parecchio da quanto spesso anche l’adulto incorra nell’errore. Si vuol sottolineare come il sempre più diffuso uso degli scacchi scolastici sia ben diverso da quello degli scacchi sportivi, non si costruiscono pertanto campioni ma diventano uno strumento integrato con altre attività della programmazione, privilegiando sempre l’aspetto ludico su quello tecnico e la partecipazione della sezione (o della classe) al completo. Sono attività che intendono promuovere un potenziamento cognitivo, facilitando l’attivazione o il rinforzo di funzioni cognitive carenti, e lo possono fare anche precocemente: consideriamo che è proprio sulle funzioni cognitive carenti che si organizzeranno poi operazioni mentali deboli, presupposto delle disfunzionalità responsabili dei fallimenti scolastici. Questo progetto XII
Note di presentazione inclusivo assume, dunque, anche il senso di un intervento preventivo per patologie dell’apprendimento, attuato con chi non ha ancora avviato una carriera nella scuola dell’obbligo. Gli spunti teorici della nostra esperienza gruppale hanno un riferimento nell’approccio proposto da Reuven Feuerstein, a cominciare dall’importanza della funzione di mediazione dell’adulto nel gruppo e la proposta di attività finalizzate ad una modificabilità cognitiva in ciascuno dei nostri piccoli alunni. In accordo con Paulesu (2012), creatore di un altro originale approccio di scacchi scolastici (il “metodo ideografico”), sosteniamo che un istruttore/educatore deve comunque saper sempre adattare il suo sapere scacchistico ed anche il suo linguaggio alle esigenze ed alle potenzialità evolutive del gruppo: persino il tono ed il genere di racconto deve essere congruo con gli interlocutori, affabulatorio, con uso di giochi di parole, rime baciate e piccole filastrocche facilitanti l’apprendimento di contenuti tecnici semplici. Non sfuggirà al lettore l’importanza che ha per il gruppo proprio la qualità della guida, il mediatore con le sue costanti verbalizzazioni: si frappone con implacabile tempismo tra la stimolazione dell’attività di gioco e il commento del bambino in azione, svolgendo facilitazioni costanti per lo sviluppo delle potenzialità latenti. Nel proporre stimoli selezionati, graduati e finalizzati costruisce così le condizioni per quella modificabilità cognitiva strutturale che è obiettivo primario del progetto: fa circolare informazioni nel gruppo tramite domande intenzionali, attivando così il pensiero di ciascuno su percorsi che portano alla soluzione delle situazioni problematiche; propone strategie, orienta l’attenzione, dà significato agli stimoli, mette in relazione gli elementi tra loro e con precedenti situazioni, sostiene i passi di ciascuno come supporto sicuro, incoraggia le iniziative efficaci, scoraggia magari con l’umorismo quelle ostacolanti e del tutto inefficaci, media le regole comportamentali, dando in tal modo un senso di condivisione al gruppo. Insomma, questo adulto fa proprio un sacco di cose e così crea un ambiente favorevole all’emergere degli apprendimenti: la sua mediazione lucida fa sì che l’impulsività dei piccoli possa lasciare gradualmente il posto ad un avvio di riflessività, gli agiti caotici possano cedere il passo a quelli un po’ più pianificati, i comportamenti afinalistici vengano riassorbiti per far emergere quelli più centrati sulla meta. E c’è una ricaduta importante sulla stima del Sé, sulle proprie risorse di bambino “pensante”: un bell’aiuto, dunque, per imparare ad imparare (Fucci&Miletto, 2012). Anche in quelli che sono più disfunzionali, in effetti, il potenziale sommerso può cercare di esprimersi se si sanno creare le condizioni di un ambiente concretamente modificante: qui massimamente espresso nel momento del circle-time, previsto a conclusione delle esperienze vissute
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Scacchi speciali per bambini piccoli in ogni unità didattica. In questo momento di assoluto rilievo educativo e rieducativo il mediatore deve saper proporre al gruppo, ed amplificare, le esperienze di apprendimento specifiche appena fatte insieme, provando sempre a generalizzarne dei principi ed a trasferirli in altri contesti di vita. Quello che ci interessa far emergere alla fine del percorso lungo un anno scolastico non è tanto un prodotto finale ma i processi di conoscenza: pertanto, il percorso è più importante delle mete. Gruppo che giocando sperimenta un percorso di riconoscimento di sé stessi, come mente che sa agire e mediante l’azione sa pensare la propria mente in funzione, ed anche quella altrui: un percorso complesso, emozionale, cognitivo e metacognitivo.
Riferimenti bibliografici Di Mauro M. (2009), Il punto di vista della ricerca neuropsicologica e cognitiva: sintesi sul quadro interdisciplinare di riferimento. In: Miletto R., Pompa A. (a cura di), Giocare a scacchi con la mente. Un approccio cognitivo/metacognitivo per potenziare i processi di pensiero e d’apprendimento. I.T.O.P. Editor, Palestrina, Roma. Feuerstein R., Rand Y., Rynders J.E. (1995), Non accettarmi come sono. Sansoni Ed., Milano. Feuerstein R., Feuerstein R.S., Falik L., Rand Y. (2008), Il Programma di arricchimento strumentale di Feuerstein. Fondamenti teorici ed applicazioni pratiche (a cura di M. Di Mauro). Erickson Ed., Trento. Fucci M.R., Miletto R. (1990), L’apprendimento nel bambino prescolare. Considerazioni da uno screening nella scuola materna. EIT Editrice Italiana, Teramo. Fucci M.R., Miletto R. (2012), Potenziamento cognitivo con gli scacchi nella riabilitazione. In: Sgrò G. (a cura di), A scuola con i Re. Educare e rieducare attraverso il gioco degli scacchi. Alpes Ed., Roma. Gruppo IARD (1986), Progetto Elle. Attività didattiche per l’educazione logica e linguistica. Giunti&Lisciani Ed., Teramo. Lorusso M.L. (2010), APL Medea – Abilità Pragmatiche nel Linguaggio Medea. Giunti O.S., Firenze. Miletto R., Pompa A., Fucci M.R., Morrone F. (2005), I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria della mente. Armando Ed., Roma. Miletto R., Bellotti A., Lombardozzi L. (2016), Quattro passi nell’umorismo: facilitazioni per pensare. I Care, 41, 4: 137-141. Paulesu S. (2012), Il metodo ideografico. In: Sgrò G. (a cura di), A scuola con i Re. Educare e rieducare attraverso il gioco degli scacchi. Alpes Ed., Roma. Quintarelli E. (2016), La frase minima. I Materiali, Erickson Ed., Trento. Riccardi Ripamonti I. (2016), Il laboratorio del linguaggio. Parole ed immagini per sviluppare le competenze morfosintattiche e lessicali. I Materiali (Nuova Edizione), Erickson Ed., Trento. Sciascia L. (1989), Una storia semplice. 34^ ed., Piccola Biblioteca Adelphi, Milano.
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Prefazione di Mario Di Mauro1 È possibile giocare con la mente? Non è certamente una cosa facile. E per molte ragioni. Intanto riconoscersi come mente, poi vedere anche un’altra mente distinta dalla propria e con cui interagire, e infine entrare in comunicazione con essa ma sapendo che si tratta ancora della stessa mente. Un bel problema. Ma intanto, cosa significa riconoscere una mente o riconoscersi come mente? E poi, come fa una mente ad interagire con un’altra mente? Ecco, questa è la sfida rivolta al lettore da questo libro in cui Alessandro Pompa ‘fa giocare a scacchi’ bambini della primissima infanzia. Non nuovo a questo tipo di sfide, se solo si pensa a come da anni, da antropologo sul campo continua, viaggiando tra menti in erba, ad esplorare il continente ‘bambino’. Sono ‘scacchi speciali’ naturalmente, come si legge in copertina, un espediente quasi-linguistico per trattare qualcosa di complicato, parlando di bambini con bambini. In una sorta di progetto di ricerca che il lettore può sperimentare in diretta. Al suo fianco come supporters e science speakers due studiosi di valore come Maria Rosa Fucci, psicologa clinica e Roberto Miletto, neuropsichiatra infantile. Studiare l’essere umano è sempre stato un dilemma per la ricerca. Ancor più nella primissima fase di crescita e di sviluppo. Tanto sorprendente è ciò che accade, e tanto difficile da scandagliare con i comuni protocolli sperimentali in uso. La prima domanda che ci si pone, infatti, è: quanto di repertorio ufficiale riconoscibile c’è in un bimbo di 1 anno? O di 2 o 3 anni? Se ne possono leggere certamente i cambiamenti. Spesso affrettatamente, se non impropriamente etichettati. Ma in che modo, ad esempio, spiegare processi specie-specifici in rapida ‘mutazione’ come il linguaggio o l’apprendimento? Come coglierne i rapporti di continuità/discontinuità che ci possano far prevedere se, in che modo, o quando, una condotta che precede sia in grado di predìre quella che segue? L’essere umano sa di essere speciale perché dispone di qualcosa di speciale, la sua “mente”. A lungo, il credito assegnato alla scienza ha consentito a molte delle discipline che si richiamano ai suoi paradigmi di studiare la “mente” come fenomeno naturale. 1 Mario Di Mauro è stato per anni il Direttore del Dipartimento di ricerca Centro Studi Feuerstein sulle metodologie metacognitive in educazione e formazione all’interno del CIRF (Centro Interateneo per la Ricerca didattica e la Formazione avanzata), ed oggi è Presidente onorario di ICSEM (International Center for Studies in Educational Methologies).
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Scacchi speciali per bambini piccoli La stessa psicologia scientifica è nata e cresciuta proprio con lo scopo di chiarire le cose. E per farlo si è attribuita uno statuto, e strumenti di indagine ancora oggi estesamente adottati. L’epistemologia genetica di Piaget si pone in questo contesto, e riassume bene convincimenti e prassi di indagine sulla mente. Un quadro rassicurante che ha spiegato molte cose, permettendo di comprendere cosa accade in un bimbo alle prese con le sue prime esperienze di vita. Ma negli ultimi decenni è stata la ricerca a porre nuovi problemi, spesso inaspettati, che hanno messo in crisi certezze alle quali per decenni ci si era affidati. E alcune riguardanti proprio la mente, la sua natura e il suo modo di agire. Dalle funzioni cognitive l’interesse si è spostato ai processi di controllo. Ed è stata la prospettiva metacognitiva ad occupare il campo, diventando via via metodo e strumento insieme. Oggi, come indisciplinata peculiarità tipicamente umana, la “mente” si barcamena all’interno di una famiglia numerosa e turbolenta di discipline, note come “Scienze cognitive”. Alcune con preferenze di indagine di tipo computazionale, altre di tipo neurale. Altre ancora più inclini a vederci decisiva l’impronta culturale. Tutte più o meno accomunate nell’assegnarle come sua sede fisica principale il cervello2. Tralasciando per il momento il punto di vista culturale, ecco cosa rende ancora oggi bollente il confronto tra le due storiche contrapposizioni: mentre l’approccio computazionale alla mente fonda il suo credo sulla razionalità deterministica di speciali processi algoritmici che ne fisserebbero i caratteri, quello neurale tende a concepirla come esito emergente e casuale di processi non lineari e altamente caotici. I primi riconoscibili in quanto stabili e prevedibili, i secondi tendenzialmente instabili e con caratteristiche che via via si determinerebbero nel loro stesso evolvere. I due approcci si stanno fronteggiando ormai da tempo. Ciascuno mettendo sul tavolo prove, interpretazioni e protocolli funzionali a specifiche applicazioni di settore. Dell’ipotesi neurale che oggi tende a prevalere, è il concetto di “plasticità” a ricorrere sempre più frequentemente. Su di esso si va concentrando molta ricerca avanzata. Con modellizzazioni, anche articolate, che muovono tutte dalla necessità di far luce su una questione di fondo: il rapporto mente/corpo/ambiente. 2 Oggi lo studio della mente non ha ancora prodotto una disciplina matura. E non ha ancora nè indicato una direzione chiaramente convenuta, né ha ancora raccolto attorno a sé una comunità scientifica, come avvenuto per altri campi come quello della fisica atomica o della biologia molecolare. In tal senso, si può essere d’accordo con Alexandre Koyrè o con Thomas Kuhn quando affermano che l’immaginazione scientifica tende a modificarsi da un’epoca all’altra e che la storia della scienza somiglia più ad una storia romanzata che non ad un progredire lineare di conoscenze. Cfr. Koyré, A., in Kuhn, T. , La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi 1999.
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Prefazione Una tesi particolarmente attrattiva è quella secondo cui la mente va studiata depurandola proprio dei suoi accessori convenzionali. Come dire, mente senza più corpo. Il che significherebbe però anche corpo senza più ambiente e quindi necessariamente ambiente senza più storia. Su queste basi piuttosto problematiche, e per questo intriganti, si stanno sviluppando nuovi interessi e nuovi indirizzi di ricerca. Sono stati certi inattesi ‘legami’ tra mente e cervello ad essere indagati. E da tanti punti di vista. Dal concetto di ‘plasticità’ applicato al cervello si è derivato quello di ‘modificabilità’, dapprima intesa come strutturale dal punto di vista biologico, poi anche da quello cognitivo. In una catena di precedenti e conseguenti sperimentali che ne hanno esteso i connettivi epistemici a concetti pesanti come quello di ‘mediazione’, di ‘relazione’, di ‘comunicazione’. Quest’ultimo, inteso oggi come concetto chiave nell’analisi dei processi dinamici complessi. E soprattutto dei loro esiti. Come si vede, molti concetti per molte discipline, ma anche molte parole per molti linguaggi. In una circolarità ricorsiva che, se da una parte si fa garante di stabilità, dall’altra testimonia lo straordinario mutevole mondo che ci vive dentro3. In questo traffico rumoroso forse è ‘coscienza’ la parola-concetto maggiormente caricata di responsabilità, per i tanti attributi che suo malgrado le vengono assegnati. È la circostanza del suo emergere come riflessività, ma anche come autoriflessività, che fa discutere molto. Perchè si fa fatica a farla dialogare nella lingua delle emozioni. Soprattutto se a parlarne sono adulti. I bambini invece... Matteo è un bambino di 2 anni e mezzo. Sa che sua nonna, che lo va sempre a prendere al nido, non ha tanto tempo per lui perché deve assistere la sua mamma (la bisnonna) gravemente ammalata. La bisnonna è morta il giorno prima ma Matteo ancora non lo sa. Matteo e la nonna escono dal nido. Matteo: “oggi mi porti a casa mia ?” Nonna: “No, oggi resti con me”. Matteo: “Non vai dalla tua mamma?” Nonna: “No, oggi no. La mia mamma è andata in cielo”. Matteo: “Come la nonna Bruna?” (un’altra bisnonna). Nonna: “Si”. Matteo: “Come l’Alice?” (il cane della nonna). Nonna: “Si”. 3 Cfr. Feuerstein, R., et alii, (a cura di Di Mauro, M.), Il Programma di Arricchimento Strumentale, Erickson 2008 ; Varela. F.J., Thompson, E., Rosch, E., La via di mezzo della conoscenza. Le scienze cognitive alla prova dell’esperienza, Feltrinelli 1992.
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Scacchi speciali per bambini piccoli Dopo una pausa di silenzio abbastanza lunga ... Matteo: “Nonna, vuoi che ti porti al mare?”. Si vede bene come la materia sia complicata. Ma anche parecchio stimolante. Proprio per il sovrapporsi di piani di analisi tra campi di ricerca ancora percepiti lontani e spesso ignoti l’uno all’altro4. Non basta più accedere solo alla sfera cognitiva, nè ritenere sufficiente leggere solo in superficie il metacognitivo della propria esperienza mentale. Come si vorrebbe. Diventa indispensabile saper riflettere anche sul linguaggio delle emozioni. E sul modo in cui riesce a fare... ‘comunicazione’. Come dire, saper leggere ciò che viene detto ma anche ciò che viene implicato in ciò che viene detto. Ancor più se di un parlante-bambino di 2 anni e mezzo si tratta. Una buona lezione da Matteo, per comprendere come sia sempre meno ragionevole esaminare per comparare o comparare per etichettare, O peggio, etichettare per classificare e incasellare. Ecco, tutto questo per sottolineare il fatto che è proprio l’approccio all’intersoggettività e al rispecchiamento comunicativo a rendere questo libro un persuasivo, oltre che originale, strumento di lavoro con bambini della primissima infanzia. “Scacchi speciali per bambini piccoli”, in effetti, lo si può considerare come una sorta di manuale per imparare a giocare comunicando e imparare a comunicare giocando. Sì, perché è nell’essenza del gioco in quanto tale la sua ragione di fondo. In questo caso di un gioco speciale giocato in modo speciale. Per la sovrapposizione dei diversi piani di progettazione e di esecuzione, ma principalmente per il modello di conduzione, anch’esso speciale, che rende il libro tanto attrattivo e divertente quanto efficace e formativo. Il conduttore è il maestro Alessandro, che gioca con i suoi bimbi su una morbida scacchiera gigante, ma rivolgendosi di tanto in tanto ad ogni spettatore-lettore, illustrando cosa fanno i bambini e spiegando cosa lui stesso fa, o intende fare, per giocare e far giocare. Oggi, nel dibattito contemporaneo, si tende a ricondurre il problema della comunicazione ad uno schema interpretativo bimodale che fa riferimento alla coesistenza di due paradigmi esplicativi del fenomeno. ‘Informazionale’ il primo, dato che di processo di trasmissione di significati convenzionali si tratta, e ‘relazionale’ il secondo, per evidenziare il sottinteso concetto di “legame” a cui direttamente rinvia. “Legame”, va ricordato, 4 Adattamento da una esperienza indirettamente vissuta, e riferita da Mariolina Bartolini Bussi in occasione della presentazione della nuova edizione di Children’s Minds di Margaret Donaldson, curata assieme a Rosetta Zan. Entrambe studiose del pensiero infantile, sono autrici della postfazione all’edizione italiana del libro. Cfr. Donaldson, M., Come ragionano i bambini, Springer 1998.
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Prefazione come fondamento costitutivo su cui si regge la stessa natura delle interazioni umane5. Maturana è molto chiaro in proposito: linguaggio come dominio di ‘coordinazioni consensuali ricorsive’ nell’agire di un organismo vivente. Significa, in altre parole, che nella comunicazione non c’è trasmissione di informazione. Ma c’è sempre comunicazione’ ogni volta che c’è ‘coordinazione comportamentale in un dominio di accoppiamento strutturale”. Ogni persona, ricorda Maturana, dice ciò che dice e ascolta ciò che ascolta secondo la propria determinazione strutturale6. Ma in quale misura un evento comunicativo si basa su un messaggio meta-comunicativo, già convenzionato e accettato dalle parti? ” [...] Durante una sua lezione un collega interloquì: ‘non ho capito quella formula’. Dirac dopo una breve pausa silenziosa continuò imperterrito. Il moderatore lo interruppe chiedendogli se non volesse rispondere alla domanda, e Dirac, sinceramente stupito: ‘domanda? quale domanda? Il collega ha fatto un’affermazione’. Non era spocchia: l’uomo che vedeva i segreti della natura che sfuggivano a tutti, non comprendeva il linguaggio implicito, e prendeva ogni frase alla lettera”7. Ogni evento comunicativo, non si stanca di ribadire Gregory Bateson, è comprensibile solo a patto che si comprenda che è modellato su qualcosa che ha già un “significato”. Si naviga in quel mare misterioso della ‘cognizione situata’ e dei ‘comportamenti adattivi’. Per i quali si è ancora alla ricerca del punto di osservazione migliore per una buona sintesi sul reale funzionamento della mente. Ed è facile perdersi8. Oggi se ne occupano in tanti e la discussione è sempre più ampia, ma anche più varia. Sia perché i contributi sono di osservatori che parlano ‘lingue’ diverse. Sia perché ogni faccenda in fondo mostra sempre più facce quando la si esamina senza pregiudizi. Se si discute di cosa intendere per 5 Il termine moderno “comunicazione” deriva da due verbi greci, “koinow” che si traduce con “rendo comune”, “unisco” o “notifico” e “koinonew” che significa “partecipo”, “sono implicato”, “sono d’accordo”. È posto bene in evidenza come ogni comunicazione contenga sempre un aspetto di contenuto ed uno di relazione tra gli interlocutori. Oggi del termine si hanno molte varianti semantiche (in una ricerca degli anni ‘70 ne sono state contate oltre 100). Su un punto però quasi tutte concordano. “La comunicazione ha natura processuale e in quanto tale è sempre rappresentabile come interazione dinamica di agenti, semplici o complessi, attivi o passivi che si scambiano continuamente proprietà, producendo nuove proprietà nella struttura di insieme”. Cfr. Di Mauro, M. Comunicare bene per insegnare bene. Istituzioni di psicopedagogia dell’insegnamento, Armando 2001. 6 Cfr. Humberto R.Maturana, Francisco J.Varela, Autopoiesi e Cognizione, Marsilio Saggi, 1992 ; Maturana, H., Autocoscienza e realtà, Raffaello Cortina Editore, Milano 1993. 7 Per Dirac il mondo non è fatto di ‘cose’ ma di ‘astrazioni’ e solo la matematica può darne conto. Anche Einstein che lo conosceva bene ne era impressionato. Di lui diceva: “Ho problemi con Dirac. Procedere in equilibrio in questo vertiginoso cammino fra genio e pazzia è un’impresa terribile”. Dirac appartiene alla generazione di mezzo tra i padri della fisica moderna come Einstein e Bohr, e la nuova fisica delle particelle elementari come Heisemberg. Per tutti loro una sua famosa equazione, ‘l’equazione di Dirac’, diventerà l’anello mancante per capire la materia. Cfr. Farmelo, G., L’uomo più strano del mondo. Vita segreta di P. Dirac, il genio dei quanti, Raffaello Cortina, 2013. 8 (7) Bateson, G., Mente e natura, un’unità necessaria, Adelphi 1984.
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Scacchi speciali per bambini piccoli ‘atto comunicativo’, ad esempio, è possibile che ad incontrarsi, ma anche scontrarsi, possa essere la neuropsicologia come la filosofia del linguaggio, l’etologia come la sociologia, o la pedagogia o altro ancora, persino l’intelligenza artificiale. L’attenzione è più percepibile anche perché si sta esplorando la nostra seconda natura, la natura ‘culturale’ dell’uomo. E oggetto primario dell’esplorazione non può che essere il singolare linguaggio di comunicazione di cui l’uomo è dotato. Proprio quello che ogni bambino impara a riconoscere sin dai suoi primi mesi di vita. Un linguaggio tanto versatile quanto sorprendente nel suo stesso uso9. I simpatici richiami alla pragmatica linguistica che il maestro Alessandro fa con i suoi giochi di parole ne sono ingegnosa testimonianza. Oltre, naturalmente, essere anche stimoli appositamente progettati perché sia lo stesso lettore a farne occasione di studio e di applicazione. Per un bimbo che si esercita nella comunicazione e nell’uso della sua L1, la sua lingua madre, è un mondo che gli si pone davanti. Ad ogni parola un significato ma un significato anche a più parole insieme, in una vorticosa ricorsività senza fine. Perché se infinite possono essere le parole, infiniti saranno anche i parlati, e i significati ad essi attribuibili. Durante lo svolgersi di un’attività, rivolgendosi a una bambina con le lacrime agli occhi che chiama la sua mamma, il maestro Alessandro le dice: “Dai, Marialaura, smetti di ridere!”.... Lei smette improvvisamente di piangere ed abbozza un riso mentre ancora singhiozza. Il maestro Alessandro allora chiede, stupito, agli altri bambini: “Ma lei, piange o ride?”. E davanti alla diffusa perplessità che si legge in ogni bambino, ecco che aggiunge ancora verso la bimba: “Marialaura, adesso non ‘ridangere’!”. Siamo al gioco dello spiazzamento cognitivo, e mille campanelli suonano tutti insieme nelle teste dei bambini. Le sinapsi ballano gioiose per le scariche che vanno e che vengono. E molti forni corticali lavorano senza sosta. Cosa significa? È per caso un gioco fatto con le parole? Sì, certamente. È il gioco dei recinti. Che permette ad un linguaggio convenzionale di liberarsi dei suoi nodi e giocare anche all’aperto. Appunto, all’assurdo. Come capita per altre implicazioni dagli esiti ugualmente esilaranti: “se A è uguale a B e B è uguale a C allora prova a dire “abaco” se ci riesci. “Mmhh, aaaao...!”. Caso di logica elementare applicata ad un contesto solo apparentemente lecito. Ben più profondo e problematico è però il genere di spiazzamento quando la riduzione del significato avviene all’intenzione del parlante e 9 Chi si occupa di Psicologia evolutiva sa che nello sviluppo del linguaggio umano sono stati studiati vari stadi del processo di elaborazione di questo strumento fondamentale di comunicazione. Se in un primo momento il bambino è occupato a controllare i suoni (stadio fonologico), il suo interesse si rivolge ben presto anche alle strutture che i suoni articolati sottendono (stadio morfologico) e successivamente ai significati ad esse attribuibili (stadio semantico). Tra i contributi più completi sul tema, cfr. Bernstein, B., Class, codes and control. Theoretical Studies towards a Sociology of Language, V.I, Routledge 1973.
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Prefazione non alle convenzioni del linguaggio che sta usando. In questo caso sono processi complicati che si avviano. Di particolare rilievo, ma ancora poco conosciuti e spesso male intesi. Come quando si rimane interdetti davanti al comportamento di un bambino piccolo per certe sue elaborazioni tanto più sorprendenti quanto inattese. Elaborazioni che coinvolgono cognitivo e affettivo in un gioco di reciproche inferenze. E con esiti, questi sì, davvero spiazzanti. Ma per l’adulto non per il bambino. Perché se è vero che noi siamo il nostro linguaggio, è vero anche che il nostro linguaggio non distingue tra cognitivo ed affettivo. Fruisce dell’uno per parlare dell’altro. È stato vistoso il caso di Matteo e della sua nonna raccontato prima. Per come l’affettivo abbia fruito del cognitivo determinando quello che Grice definirebbe una implicatura conversazionale. Il modo sorprendente con cui un bimbo di 2 anni e mezzo sia in grado di fare un ragionamento convenzionale nella forma, ma apertamente intenzionale nella sostanza: esprimere sensibilità, prossimità e cura per la sua nonna10. Si tratta di una prospettiva di analisi certo coinvolgente, che se presa come scelta teoretica induce a porsi interrogativi per niente facili da gestire: cosa deve intendersi per ‘persona’ se si parla di esseri umani? E come determinare i criteri per discriminare il concetto di ‘persona’ come ‘soggetto di esperienza’ da quello di ‘persona’ come ‘mente senza Io’, semplice prodotto di processi, come direbbero taluni, di tipo computazionale ? “What is it like to be a bat?”, si domanda provocatoriamente da filosofo della mente Thomas Nagel. Beh, non essendo pipistrelli non si è in grado certamente di saperlo. Perché di un organismo differente dal nostro si tratta. Seppure con buona approssimazione, invece, il maestro Alessandro può immaginare cosa intende Lorenzo quando in una certa situazione di allegra confusione proclama che ... “per giocare senza piangere, non bisogna spingere”. E, se più complicato, anche la spiegazione di Matteo che nella stessa situazione ad un certo punto commenta dall’alto della sua sapienza naturalistica: “Perché i pesci non fanno a spintoni !” 11. 10 Studioso di logica e di semantica del linguaggio, Paul Grice distingue tra due piani semantici in una conversazione, quello del parlante e quello letterale delle parole che pronuncia. Riducendo il significato all’intenzione del parlante è sempre possibile, secondo lo studioso, professore a Berkeley, accettare espressioni anche formalmente devianti o figurate. A patto che chi ascolta ne sappia cogliere il signifcato sotteso. In tal caso secondo Grice si attiva una ‘implicatura conversazionale’, una associazione stabile basata su un ‘principio di cooperazione’. Per cui a determinate espressioni si fa corripondere una sottostante intenzionalità condivisa tra le parti. Cfr. Grice, P. Logica e conversazione: saggi su intenzione, significato e comunicazione, Il Mulino 1993. 11 Come filosofo della mente Thomas Nagel si sofferma molto sul rapporto mente-corpo. E a non convincerlo più di tanto è il dilagante riduzionismo in chiave materialistica che tende a rendere i fenomenti mentali, tra cui anche la coscienza, semplici esiti di processi di natura fisica, quindi estraibili formalmente. Famoso il suo articolo “What is it like to be a bat?” del 1974 che fece molto discutere. Cfr. Nagel, T., Questioni mortali. Le risposte della filosofia ai problemi della vita, Il Saggiatore 2001.
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Scacchi speciali per bambini piccoli Si comprende quanto siano ricche e diversificate le possibilità che questo lavoro a più mani fa intravedere. E vale allo stesso modo, sia per chi si occupa di bambini in famiglia come a scuola, sia per chi li segue nei casi di difficoltà o di disturbi evolutivi. I suoi contenuti, pur nella traccia di un gioco come quello degli scacchi, si muovono molto liberamente, zigzagando in libertà. Sono tanti, infatti, i fili rossi annodati strategicamente qui e là. Uno sembra riassumerli però, quello che si propone di aiutare l’adulto a scoprire come un bambino di pochi anni sappia essere capace di fare cose inimmaginabili. Come costruirsi credenze, leggere desideri, interpretare gesti, trovare significati in ogni sua relazione con gli altri. Sta qui l’originale modo di usare un gioco per farne un altro. Anzi per farne altri, e non solo giochi. Per capire, ad esempio, come rispondere a domande del tipo: quali sono gli occhi che un bimbo apre sul mondo? Come organizza il suo cantiere? Quale la sua tuta di lavoro? Ipotesi forti hanno sostenuto per secoli descrizioni semplificatorie della natura. Descrizioni validate dal senso comune e dai suoi conseguenti principi causativi. Via via riconosciuti ed applicati anche al modo di funzionare del cervello umano. Ma molto è cambiato da quando è stata ‘scoperta’ la mente. E tante ipotesi si sono fatte sulla sua natura. Quella nota come “Teoria della mente” oggi è certamente un solido punto di appoggio per rispondere a molte domande, anche cruciali. Quelle, ad esempio, che ci poniamo quando una mente sembra non funzionare come ci si aspetta, sia in meglio che in peggio. Roberto Miletto ne parla in modo chiaro nella sua introduzione al libro12. Rimangono tuttavia ancora ampi varchi nella lettura di una ‘mente’, che sia di un adulto o di un bambino, che appaia ragionevole e plausibile o strana e incomprensibile. In effetti, un comportamento codificato come ‘fuori norma’ potrebbe non essere fuori norma. Potrebbe derivare da applicazioni della mente più complesse e non previste dalla teoria seguita da chi la osserva. Cercando e trovando, ad esempio, spiegazioni in applicazioni che non si riconoscono perché impreviste o inattese. O più semplicemente perché i limiti d’azione dello stesso ‘principio di intenzionalità’ dal quale tutti dipendiamo, non si esauriscono nella sola natura cognitiva della mente. 12 Nasce come necessità in un contesto neo-cognitivista per rispondere a domande cruciali sulle abilità mentali dell’uomo. Così ben tracciabili in un bambino mentre lo si osserva crescere. Se di abilità si tratta, la prima domanda è se di abilità innate o acquisite si tratta. Perché, se di abilità innate si tratta, allora, almeno a due classi differenti di applicazione, devono dar conto, una specializzata per trattare stimoli naturali (di tipo fisico) e l’altra per trattare stimoli culturali (di tipo psicologico). E questo significa accreditare un sistema di ricostruzione automatico degli stati mentali, una ‘Teoria della mente’, alla quale attribuire la capacità di leggere la mente, predicendo comportamenti in grado di dare senso alle azioni proprie e a quelle degli altri. Cfr. Di Mauro, op. cit.
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Prefazione “Nella comunicazione, il termine “cognizione” non riguarda solo la dimensione intellettuale dell’essere umano, ma si estende al processo di creazione, modellazione e riattivazione di domini cognitivi di qualsiasi tipo, ontogenetici e filogenetici. Un dominio cognitivo è costituito da un’area di influenza che interessa, non solo il sistema nervoso centrale ma anche quello periferico, quello endocrino e quello immunitario”13. È stata la scuola psicologica storico-culturale a porre attenzione, per prima, al portato strategico delle strutture culturali nella produzione dei processi psichici. Di quelle componenti di natura sociale il cui principale referente è il linguaggio. E il cui principale modo di operare è appunto la comunicazione. E sono stati gli studi pionieristici di Vygotskij e di Lurija, sul rapporto tra pensiero, linguaggio e socialità, a far leggere per la prima volta in modo differente i processi mentali. Inducendo la ricerca a studiarli, guarda caso, a partire dalla primissima infanzia14. Ecco perché il modo originale di servirsi del gioco degli scacchi con bambini piccoli non è solo un’ottima palestra per una pratica di pedagogia cognitiva, su cui tanto ha insistito Reuven Feuerstein. Ne estende i confini e gli obiettivi, perché apre spazi che sono propri delle prime applicazioni del comunicare sociale del bambino. Quel modo di cercare con molto sforzo e molta volontà di condividere con gli altri ciò che a lui appare come il “là fuori”. Non avendo ancora chiaro quello che egli sente come il “qui dentro”. Ecco allora l’importanza dell’ascolto, dello ‘stare in ascolto’. Perché è nell’ascoltare che si costruisce il senso della relazione con l’altro. Vale in ogni contesto come per ogni dominio coinvolto, esso sia di tipo simbolico, motorio o emozionale. Perché di relazione comunicativa in ogni caso si tratta. 13 Dal ‘genotipo’ al ‘fenotipo’, dal ‘memotipo’ al ‘sociotipo’. Come dire , un modo nuovo di riprodursi, non “biologico” ma “culturale”. È il biologo Richard Dawkins a proporre la tesi, che così ancora meglio chiarisce : “[...] proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando da un corpo all’altro tramite spermatozoi o uova, così i “memi” si propagano nel pool ‘meme’, saltando di cervello in cervello”. Nuclei di informazione, onnipresenti nel mondo, i ‘memotipi’ si diffondono e mutano. Causa e insieme effetto di quanto avviene all’interno di ciò che chiamiamo “cultura”. Cfr. Dawkins, R. Il gene egoista, Mondadori 1989; Humphrey, N.K. A History of the Mind, Simon & Schuster 1992. 14 Era stata la ricerca dei fondamenti razionali del pensiero umano ad aver fatto crescere molto il movimento cognitivista nella prima metà del secolo scorso. Vincolandolo però necessariamente alla scienza matematica e al suo formalismo. È noto, come Piaget si servisse della logica per dimostrare che il concetto di invarianza dell’oggetto era applicabile anche all’uomo e al suo pensiero (sottovalutando l’interazione sociale e la plasticità che la potenza creatrice del linguaggio fornisce continuamente al cervello. E di un bambino in particolare). L’attenzione di Vygotsky, e successivamente di Lurija, invece si rivolgeva agli spazi mentali e alla loro forte mobilità nell’adattamento alla realtà (determinante il ruolo del binomio sforzo/bisogno per la funzione comunicativa e di relazione del linguaggio. E ben manifesta già dai primi mesi di vita del bambino). A Lurija, in particolare, si devono gli studi che hanno permesso lo sviluppo di un metodo di analisi socio-culturale delle funzioni psichiche. Allievo di Vygotskij, Lurija è stato il fondatore della Neuropsicologia, trovando nel linguaggio umano il più potente strumento di sviluppo dei processi mentali. Cfr. Vygotsky, L.S., Mind in Society: The Development of Higher Psychological Processes, Harvard Un Pr, 1978 ; Lurija, A.R., La storia sociale dei processi cognitivi, Giunti Barbera, 1978.
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Scacchi speciali per bambini piccoli Una bella occasione quella che il maestro Alessandro e i suoi bambini offrono, un’applicazione ottimamente strutturata di ‘pedagogia della comunicazione’. Il libro si struttura in unità didattiche, ma sono i giochi di ciascuna ad essere protagonisti. Ed è ad essi che va posta attenzione. Perché ogni gioco è un’esperienza collettiva, che si vive tutti insieme, trattando e trasformando pezzi di mondo, per entrarci dentro e conoscersi meglio. La realtà diventa fiaba e ogni fiaba rivive con i suoi sogni, facendosi realtà in ogni gesto e in ogni parola. Il tappeto-scacchiera è anche ‘mare’ perché il suo bordo è... ‘una spiaggia’, e se il mare è fatto ora bianco e ora nero, allora si può certo anche bere. Purché si ami il latte o la cioccolata. E così ogni cosa si trasforma in un’altra, e tutto prende vita, tra bambini pinguino e bambine pesciolino. Ogni gioco un setting ma ogni setting un gioco, per imparare a comunicare e a far comunicare. In ogni modo possibile, usando parole ora note e familiari ora nuove e impensate. Anche inventate al momento se serve, come quando un bimbo ‘canguro’ diventando ‘gambero’ non può che essere chiamato dal maestro Alessandro ... ‘gamberuro’. Un libro immaginativo per avviare alla socialità in modo leggero, curioso, divertente. E che alla fine fa magari scoprire, a proposito di scacchi, che i bambini amano di più giocare per vincere tutti insieme che giocare per vincere da soli. Come capita, con grande tristezza, quando bambini non lo si è più.
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Per un buon lavoro di scolarizzazione di Anna Bernardi1
Come ben sanno i docenti di scuola primaria, l’ingresso del bambino nella scuola dell’obbligo è già la conclusione di un primo percorso di crescita e di apprendimento, avviato nella scuola dell’infanzia, che dovrebbe rendere possibile un passaggio graduale ed adeguato alla scuola primaria. È la scuola dell’infanzia, nella gran parte dei casi, che permette di raggiungere un buon livello di maturazione globale e di competenze nella sfera emotiva e relazionale e dunque si configura come il luogo privilegiato per lo sviluppo dei prerequisiti, detti anche precursori critici o abilità di base. Si tratta, in particolare, dell’acquisizione di una serie di operazioni preliminari ed indispensabili per l’apprendimento della lingua scritta. Quando il bambino inizia la scuola primaria, fin dai primi giorni di frequenza l’insegnante che accoglie la classe è chiamata ad osservare, documentare e valutare competenze e comportamenti. Vengono usati a questo scopo griglie, batterie di prove, test di ingresso che ogni scuola predispone e si può ricorrere ad apporti di specialisti ed enti come le ASL, che collaborano talora nelle operazioni di screening. In un primo momento, si possono anche non utilizzare schede di registrazione o altre tipologie di strumenti strutturati; basterebbero, ad esempio, dei semplici giochi cantati per avere preziose opportunità e cogliere informazioni: se l’alunno sa muoversi in gruppo, se sa accordare il proprio passo con gli altri, rispettare un ritmo, ripetere le parole da solo o in coro. Questi primi semplici elementi di certo non sostituiscono osservazioni sistematiche e prove oggettive, ma rappresentano un passo importante per accostarsi al bambino e formulare alcune considerazioni preliminari finalizzate alla conoscenza. L’osservazione è infatti uno dei metodi fondamentali di raccolta dati in un contesto scolastico, richiede modalità attente e consapevoli ed è imprescindibile quando ci si trova di fronte ad una classe di nuova formazione come una prima. Va considerato che nella scuola primaria, come peraltro negli altri ordini di scuola, esistono norme ministeriali relative alla formazione delle classi. Sono disposizioni a carattere generale che si riferiscono soprattutto alla consistenza numerica e alla presenza di alunni con disabilità. All’interno di questo quadro sono poi le singole istituzioni scolastiche a chiarire, nella generalità dei casi nel proprio PTOF, che la formazione delle classi 1 Docente di scuola primaria, Psicologa, Psicoterapeuta.
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Scacchi speciali per bambini piccoli deve essere effettuata in modo da favorire la crescita e la maturazione degli alunni e che vanno costituiti gruppi che siano eterogenei al loro interno e omogenei tra sezioni parallele. Molto spesso fra i criteri di formazione delle classi prime, si legge che in ogni nuova classe si dovranno suddividere equamente i bambini per periodo di frequenza alla scuola dell’infanzia, da due a tre anni o per meno di due anni e che le insegnanti delle sezioni di cinque anni dovranno fornire una proposta dei gruppi da inserire, in modo che indicativamente non si superino le cinque sei unità per sezioni di provenienza. È evidente che accanto a questi criteri ce ne siano altri di altrettanta importanza quali un equilibrio fra maschi e femmine, semestre di nascita, inserimento di alunni stranieri e diversamente abili, livelli di competenze raggiunti, modalità di relazione con i compagni e adulti di riferimento, eventuali segnalazioni. Resta comunque un dato frequente che nella pratica didattica gruppi di alunni provenienti da sezioni diverse mostrino una disparità relativa alla loro preparazione di base. Se fra le molte abilità che concorrono a facilitare le acquisizioni e gli apprendimenti scolastici in una classe prima (percezione visiva, uditiva, memoria, attenzione, coordinazione oculo-manuale, grafo-motricità, orientamento, integrazione spazio-temporale, percezione del tempo) ci si sofferma su quelle linguistiche, si può affermare senza ombra di dubbio, anche grazie ad innumerevoli studi e ricerche, quanto sia importante prima dell’incontro con la lingua scritta, saper padroneggiare la lingua orale nelle sue varie e diverse componenti. Uno degli aspetti più rilevanti è sicuramente quello metafonologico, che consiste – come si sa – nella capacità di comparare, segmentare e discriminare parole presentate oralmente sulla base della loro struttura fonologica. In una classe prima, bambini provenienti dalla scuola dell’infanzia dovrebbero avere già acquisito e consolidato la competenza fonologica globale ed avviarsi a sviluppare quella analitica. Purtroppo, non sempre questi fondamentali requisiti sono stati consolidati. Il semplice ascolto di una fiaba può mettere in evidenza quanto alcuni bambini siano poco abituati all’attenzione e nello specifico a giocare con le parole. Particolari condotte motorie, mimiche, gestuali, segnalano all’insegnante l’intensità dell’ascolto, la sua durata e il grado di coinvolgimento emotivo. Ci si chiede spesso se e come sia stato stimolato il linguaggio, dalla percezione dei suoni alla riflessione sui suoni creando l’abitudine a riconoscere, scandire, modificare, costruire, identificare, differenziare, classificare, segmentare, fondere, manipolare parole. E ancora ci si domanda quanto tempo sia stato dedicato ad incrementare la fluidità, la velocità articolatoria e la memoria uditiva ed a verificare le interazioni, la loro frequenza e pertinenza alla comunicazione in corso. Si parte dalla convinzione che siano molte ed utilissime le attività che vengono proposte
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Per un buon lavoro di scolarizzazione nella scuola dell’infanzia, ma sembrerebbe che in alcuni casi non si sia abbastanza consapevoli della loro importanza e della necessità di intervenire in maniera sistematica. In un’ottica di continuità didattica, un’attenta verifica e valutazione dei prerequisiti metafonologici nei primi mesi della scuola primaria deve diventare un solido punto di partenza per padroneggiare la lingua orale. Intervenire in maniera competente e con precocità, potenziando prerequisiti inadeguati, permette che non si strutturino disturbi che possano produrre nel bambino atteggiamenti di sconforto e di rifiuto. Una Programmazione linguistica che metta al centro il gioco verbale, attiva inoltre la creatività della mente; uno dei grandi maestri che lavorò sulla potenzialità ludica della parola, fu Gianni Rodari: “[…] una parola gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere”. Questa modalità didattica oltre che rinforzare ed arricchire il linguaggio svilupperà il pensiero divergente. Se si proporranno giochi linguistici con diverse modalità i bambini potranno imparare a manipolare la lingua, a riflettere sulla similitudine delle parole, a riconoscere rime e assonanze. Raddoppiamenti, aggiunte, cambi di suoni iniziali o all’interno delle parole ed errori fonologici li aiuteranno a scoprire che le parole possono cambiare il loro significato e quello delle frasi che le contengono con la sola sostituzione di un fonema. Allenare all’ascolto, quindi, prima ancora di imparare a leggere e scrivere; usare la sonorità e il ritmo delle parole, le rime, le assonanze, le allitterazioni per evocare mondi magici e far sperimentare come un collegamento insolito, possa portare ad inventare poesie e filastrocche originali, insensate a volte irrisorie. Come scrive Ersilia Zamponi, “nei giochi di parole il gusto che si prova assume molteplici forme; può essere: la soddisfazione per una invenzione linguistica che piace, l’emozione dell’intuire e dell’indovinare, la sorpresa di una combinazione casuale, la sfida dell’enigma o la trasgressione del nonsense, la spensieratezza della comicità, l’intelligenza dell’ironia”. L’insegnante organizza i luoghi ed i tempi dell’ascolto, è un narratore che comunica il piacere del raccontare, è un ascoltatore che non ha fretta, che valorizza il contributo di tutti, che lascia spazio al silenzio, all’inatteso, all’azione, a nuove soluzioni. Parallelamente allo sviluppo della competenza metafonologica appare essenziale in una classe prima, porre molta attenzione all’aspetto pragmatico della comunicazione, Osservare il bambino nella conversazione libera
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Scacchi speciali per bambini piccoli consente di rilevare come usa il linguaggio nella interazione con gli altri: se sa rispettare l’alternanza dei turni, richiamare l’attenzione dell’interlocutore, ripetere enunciati, chiedere informazioni e chiarimenti, cogliere le diverse accezioni di una parola a seconda del contesto, avanzare richieste, contraddire un’affermazione, giustificare il proprio giudizio. Altrettanto importante è accertare quanto il bambino sia in grado di riconoscere intonazione, ritmo, accenti del linguaggio parlato e comprendere modi di dire e proverbi, non soffermandosi sull’accezione letterale ma inferendo significati impliciti (Vegini, 2014). Anche rispetto alla preparazione in questo ambito, spesso arrivano nella scuola primaria gruppi di bambini provenienti da sezioni diverse della scuola dell’infanzia in cui si coglie con immediatezza se questi aspetti siano stati o meno valorizzati. Determinati gruppi di bambini sono, ad esempio, molto sensibili all’intonazione, al volume, all’altezza della voce, al ritmo, al gesto che accompagna le parole, all’atteggiamento del volto, requisiti essenziali che permettono di utilizzare il linguaggio per esprimersi in modo adeguato e pertinente nell’interazione con l’altro e in diversi contesti. Il linguaggio pragmatico, come tutti i prerequisiti, va sviluppato nel processo di istruzione in modo graduale, organizzato, sistematico. Ancora di più, se si considera che difficoltà pragmatiche in psicopatologia, sono legate spesso ad una scarsa mentalizzazione, intesa come attività che permette la riflessione su stati mentali propri e altrui. In questo volume viene descritta, proprio passo passo, una sorta di full immersion nella pragmatica della comunicazione, per certi aspetti straordinaria e di non facile riproducibilità: ma che da un lato mostra con efficacia quanto siano grandi le potenzialità di bambini, decisamente piccoli, nel rispondere a stimolazioni complesse, che sembreranno al lettore talora perfino troppo “alte”, magari con un ”effetto di trascinamento” da parte di coloro che hanno maggiori potenzialità e, d’altro canto, intende offrire a ciascun lettore-educatore stimolo e spunti per ritagliarsi un personale protocollo operativo applicabile nel proprio contesto d’azione. Si sa che la comunicazione è il canale attraverso cui fluiscono emozioni e pensieri, permette di ascoltarsi e scoprire gli echi emozionali e cognitivi che la ”parola” altrui suscita in noi. L’ultimo anno della scuola dell’infanzia e l’inizio della scuola primaria, sono chiamati proprio a potenziare tali capacità, considerando che in questa fascia di età, le abilità di base sono altamente modificabili. Un percorso didattico che intenda sviluppare le competenze pragmatiche deve saper fare anche uso di immagini assurde e impossibili, analisi di reazioni esagerate e corrette, osservazioni di vignette, fumetti, descrizioni, raggruppamenti di figure per area semantica, ascolto di brani con inferenze e comprensione implicita, ricerca di sinonimi, con-
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Per un buon lavoro di scolarizzazione trari, omonimi, indovinelli. Attraverso modi di dire, proverbi, metafore si avvia il bambino a superare il significato letterale di una frase per cogliere analogie, paragoni, similitudini, inferenze. È così che si educa alla comprensione di un “pensiero per immagini” di cui è intessuto il linguaggio quotidiano, capace di rendere la comunicazione più efficace, comprendendo l’altro ed esprimendo ciò che sentiamo. Inadeguatezze nell’ambito della comunicazione possono di certo compromettere le relazioni: anche per questo la scuola è chiamata ad interventi finalizzati allo sviluppo di abilità e competenze, con l’elaborazione di specifiche strategie di insegnamento che valorizzino proprio la dimensione pragmatica della lingua. E qui ne viene offerto indubbiamente un saggio originale, sembra una sorta di libro-dispensa dove si possono trovare svariate ricette, buone per cucinare qualunque piatto. Purché si sappia un po’ come fare, nello scegliere, nel realizzare. Sono contenuti che trattano una materia che è tanta, e pure complicata per diverse ragioni, ed anche per questo sembra davvero una lettura indispensabile per chi lavora con bambini, ancor più nella primissima infanzia. Riferimenti bibliografici Gruppo IARD (1986), Progetto Elle. Attività didattiche per l’educazione logica e linguistica. Giunti&Lisciani Ed., Teramo. Rodari G. (1973), Grammatica della fantasia. Einaudi, Torino. Vegini S. (2014), Sviluppare le competenze pragmatiche, Erickson, Trento. Zamponi E. (1986), I draghi locopei. Einaudi, Torino.
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Il valore culturale, formativo, educativo del gioco degli scacchi
di Sergio Mariotti 1
Alessandro Pompa è probabilmente uno dei migliori istruttori di scacchi per bambini e ragazzi di tutte le età che abbiamo mai avuto nel Lazio. Già da tempo la sua fama si è estesa in tutto il nostro paese tramite l’ARCI/ UISP e la Federazione Scacchistica, tanto da essere regolarmente invitato anche in altre Regioni per proseguire il suo ottimo lavoro che ha portato a livello nazionale molti ragazzi che sono cresciuti con lui; la sua passione per l’insegnamento degli scacchi ai piccoli è veramente straordinaria e riesce, col tempo, a portarli dall’apprendistato a livelli molto buoni, trasmettendo loro la sua enorme passione per questo “nobil gioco”. Scacchi speciali per bambini piccoli nasce, però, non dal talento didattico di un istruttore, ma dal desiderio di una psicologa – Maria Rosa Fucci – e di un neuropsichiatra – Roberto Miletto –, senza i quali il libro mai avrebbe visto la luce, di estendere e rendere pubblica l’esperienza davvero “speciale” di un docente (maschio) di scuola dell’infanzia che usa gli scacchi come strumento per raggiungere traguardi educativi e didattici a partire dai due anni e mezzo di età grazie ad un caldo, morbido, magico tappeto di stoffa: un’esperienza rarissima, forse mai vissuta da alcuno, da offrire in dono a tutti gli appassionati di scacchi e del loro lavoro di educatori, docenti, professionisti delle relazioni di aiuto, in particolare a coloro che si dedicano o vorrebbero dedicarsi all’attività di educatori per bambini piccoli e piccolissimi, in ambito scolastico ed extrascolastico. È un libro di “scacchi” davvero atipico: non ci sono partite, né varianti teoriche, ma si suggeriscono invece metodi su come porgersi a bambini in tenerissima età attraverso il più completo e affascinante dei giochi, adattandolo a loro in ogni modo possibile, per farli crescere a scuola e nella vita. È, insomma, un insegnamento pratico di cose reali attraverso gli scacchi, usati come mezzo (e non come fine) e, al tempo stesso, un omaggio al valore culturale, formativo, educativo e ri-educativo del “Re dei Giochi” spinto ai confini di quanto si era finora ritenuto possibile: la nuova frontiera dei bambini dai 29 ai 42 mesi. Il metodo di apprendimento si articola in vari giochi dai nomi classici o immaginifici: Tappeto-scacchiera, Acchiapparella, Il naso di Pinocchio, Latte e cioccolato, La conta tonta, Il gioco del treno, Il gioco della ra1 Grande Maestro Internazionale, Presidente ASD “Quattro Torri”.
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Scacchi speciali per bambini piccoli gnatela… Insomma, sono così tanti i modi di spiegare ai bambini le più importanti regole della vita, che ci si perde con gusto in tutte queste belle dimostrazioni di apprendistato e di fantasia create in veste di “maestro” dal nostro Alessandro, un personaggio ormai mitico nel nostro mondo degli scacchi, con l’indispensabile aiuto ed il supporto scientifico di Maria Rosa e Roberto, che dall’ambulatorio di neuropsichiatria infantile a Pomezia seguono da ormai vent’anni le sue esperienze scolastiche. Leggete questo libro con attenzione, e magari applicate anche ai vostri alunni e con i vostri figli tutto quello che è descritto nelle sue pagine, e sono sicuro che non ve ne pentirete.
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