Alle origini della psicoanalisi

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Luciano Di Gregorio

Alle origini della psicoanalisi Il giovane Freud, la teoria delle nevrosi e il metodo di cura

Collana i Territori della Psiche diretta da Doriano Fasoli Board Scientifico: Alberto Angelini, Andrea Baldassarro, Marina Breccia, Giuseppina Castiglia, Domenico Chianese, Salomon Resnik, Marcello Turno, Adamo Vergine

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Luciano Di Gregorio, Psicologo e gruppoanalista, svolge attività di psicoterapia e di formazione nella provincia di Siena e a Firenze. É socio ordinario della Società Gruppoanalitica italiana (SGAI) e membro ordinario dell’Associazione Italiana Formatori (AIF-Toscana). Tra le sue recenti pubblicazioni ricordiamo, Le connessioni pericolose. Sesso e amori virtuali, Unicopli (2010), La voglia oscura. Pedofilia e abuso sessuale, Giunti (2016), La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell’epoca dello smartphone”, FrancoAngeli (2017), L’ho uccisa io. Psicologia della violenza maschile e analisi del femminicidio, Primamedia Editore (2017- seconda edizione), Genitori fate un passo indietro. Intuito educativo e ‘capacità negativa’ per crescere i figli del nuovo millennio, FrancoAngeli (2018).

In copertina: Progetto grafico di Niccolò Di Gregorio.

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Indice generale Introduzione ............................................................................................ VII Capitolo 1. Dalla neurologia agli studi sull’isteria.....................................

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Capitolo 2. L’ipnosi, il trattamento catartico e l’abreazione......................

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Capitolo 3. Una teoria psicologica dell’isteria e delle nevrosi.................... 19 Capitolo 4. Il caso della signora Emmy von N............................................

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Capitolo 5. Il caso di Miss Lucy R...............................................................

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Capitolo 6. Katharina................................................................................. 43 Capitolo 7. Il caso della signorina Elisabeth von R....................................

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Capitolo 8. Un principio funzionante nello psichico..................................

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Capitolo 9. L’amicizia con Fliess.................................................................

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Capitolo 10. L’angoscia e il sintomo: i due enigmi della nevrosi................

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Capitolo 11. Dal trauma sessuale precoce alle fantasie sessuali infantili... 87 Capitolo 12. La conclusione dell’amicizia con Fliess..................................

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riferimenti bibliografici............................................................................ 103

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Ad Ana, la mia ragazza portoghese



Introduzione Intraprendere un viaggio alla scoperta delle origini della psicoanalisi ci riporta indietro nel tempo, esattamente alla fine dell’ottocento, quando vengono pubblicati i primi importanti scritti di psicologia di Freud, gli Studi sull’isteria, che risalgono agli anni compresi tra il 1892 e il 1895. Gli Studi sull’isteria sono stati scritti in collaborazione con il neurologo Breuer e contengono una parte teorica che rappresenta la prima formulazione completa di una teoria delle nevrosi e una parte clinica di analisi di una serie di casi, in cui si descrive la tecnica terapeutica che veniva adottata per curare i pazienti che presentavano svariate sintomatologie isteriche. Nella formulazione teorica è indicato il meccanismo di produzione dei sintomi isterici che fa risalire la patologia, non a una anomalia del sistema nervoso, come si riteneva a quei tempi, ma alle esperienze affettive vissute dalla persona in epoche passate. In sostanza, si evidenzia l’importanza del fattore accidentale, l’influenza di un evento che assume un carattere traumatico e favorisce l’insorgere della malattia, che per la prima volta è considerato più rilevante dal punto di vista etiologico della predisposizione costituzionale o della determinazione organica alla nevrosi. Il lavoro terapeutico di Freud, nella fase iniziale, consisteva nel sottoporre i pazienti a una seduta di ipnosi in modo da far affiorare i ricordi degli eventi impressionanti, far emergere gli affetti che erano collegati a tali eventi e scaricare gli eccitamenti che non erano defluiti all’esterno tramite un’azione. Il metodo adottato per raggiungere questo obiettivo consisteva, nello specifico, nell’associare a ogni sintomo presente un evento o più eventi e nel rievocare, nello stato ipnotico, assieme al contenuto anche l’affetto collegato a ogni evento, per arrivare così attraverso una forma di catarsi a eliminare uno a uno i vari sintomi che erano stati prodotti nel tempo. L’eccitamento psichico responsabile dei sintomi era dovuto a una rappresentazione patogena che aveva assunto un carattere traumatico per la persona che lo aveva vissuto in condizioni emozionali particolari: a volte, ad esempio, si trattava di uno spavento dovuto a una situazione minacciosa e della paura che l’evento minaccioso si potesse ripresentare. Il trauma era dato, pertanto, sia dal contenuto della rappresentazione e sia dallo stato di eccitamento che si era prodotto nello psichico e che in occasione dell’evento emozionale non era stato adeguatamente abreagito. Ma se l’affetto o l’emozione impressionante non restavano ancorati a livello psichico, la carica di eccitamento che era ad essi collegata finiva per essere trasportata in qualche parte del corpo e si manifestava a livello organico. VII


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Nei casi d’isteria si verificava in sostanza quel salto dallo psichico all’innervazione somatica che serviva ad occultare una rappresentazione o un contenuto incompatibile sotto la forma di un sintomo organico; un meccanismo che a quei tempi era difficile da spiegare ma di cui era facile riscontrare la veridicità nelle diverse manifestazioni isteriche.1 L’eccitamento legato all’affetto di cui non era possibile mantenere una rappresentazione cosciente, soprattutto se si trattava di un eccitamento sessuale, era reso inoffensivo proprio in virtù del fatto che esso veniva trasformato in un sintomo somatico di cui il paziente soffriva e di cui non si riteneva più di tanto responsabile. Freud definì questo processo utilizzando il termine di conversione. Attraverso la conversione isterica dell’affetto si perdeva inevitabilmente ogni forma di nesso tra il sintomo e l’evento traumatico, tra il disturbo organico e il contenuto emozionale originario che aveva provocato l’eccitamento patogeno.2 A volte, però, bastava anche solo rievocare il ricordo dell’evento impressionante e scaricare l’eccitamento psichico con le parole per ottenere una risoluzione della tensione accumulata e la remissione di un sintomo. Se la reazione, diversamente, veniva repressa l’affetto rimaneva legato al ricordo e con il tempo esso diventava patogeno perché non c’era stata un’adeguata scarica emozionale, cioè l’abreazione. Il contenuto impressionante che diventava traumatico era rappresentato, come si è detto, da uno stato emotivo qualunque, una paura, uno spavento o un vissuto di disgusto, come pure un’emozione molto forte a cui il soggetto non aveva reagito in maniera adeguata per motivi legati alla natura del trauma stesso, come ad esempio la perdita di una persona cara, o perché le condizioni sociali rendevano impossibile una reazione, come nel caso della rabbia provata verso un superiore. Oppure, ancora, perché la persona voleva dimenticare l’evento e pensando di avvantaggiarsi lo rimuoveva dal pensiero cosciente creando le condizioni per una deriva patologica. Diventava, allora, importante ricostruire in modo dettagliato tutti gli episodi passati che potevano aver avuto un carattere traumatico per un tipo di soggetto che si mostrava più sensibile di altri a certi eventi emotivi; ma siccome i soggetti malati non sempre ricordavano spontaneamente tutto quello che era loro successo era necessario ricorrere all’ipnosi per far emergere i contenuti rimossi. L’uso del trattamento ipnotico era un modo per indagare il passato affettivo della persona che potremmo definire analitico in senso lato, cioè durante l’ipnosi si cercava di rievocare tutte le emozioni forti che si erano accumulate nello psichico analizzandole una per una. Per raggiungere lo scopo, ogni evento attuale che appariva in superficie e 1 Freud S. Breuer J., (1893) Comunicazione preliminare. Sul meccanismo psichico dei fenomeni isterici, OSF, Vol. I, pag. 177, Bollati Boringhieri, Torino, 1967. 2 Freud S. (1894), Le neuropsicosi da difesa, OSF. Vol. II, pag. 124, Bollati Boringhieri, Torino, 1968.

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Introduzione che fungeva da fattore scatenante era scomposto in varie parti che erano collegate tra loro da un nesso associativo. Il mosaico di ricordi collegati tra loro e collegati all’evento, o agli eventi recenti, era scomposto e ricomposto numerose volte fino a che non si riusciva ad arrivare alla causa prima, all’evento originario, al trauma vero e proprio che aveva prodotto uno spavento o un’impressione molto forte. Le emozioni e gli affetti che avevano un carattere impressionante ed avevano assunto, quindi, un valore traumatico erano considerati la vera causa della malattia. La tecnica analitica che Freud adottava con i pazienti isterici, si trattava quasi sempre di donne, si era trasformata nel tempo e negli anni successivi agli Studi sull’isteria oramai consisteva in un metodo terapeutico che si poneva a metà strada tra una seduta ipnotica e una cura basata sulle parole. Mentre Breuer rimase legato alla tecnica ipnotica propriamente detta e non l’abbandonò nemmeno in seguito, Freud si discostò anche dalla combinazione tra l’ipnosi e la rievocazione libera dei ricordi e, progressivamente, la sostituì con un lavoro di conversazione spontanea che favorisse l’emergere dei contenuti dimenticati in stati di coscienza. Nei primi anni della sua attività di neuropsicologo, Freud si era occupato in prevalenza di pazienti isterici e ossessivi, oltre che di nevrastenici, e aveva adottato una forma di trattamento che cercava di limitare la tecnica dell’ipnosi solo ad alcune situazioni che si presentavano come inaccessibili, mentre per tutte le altre tendeva a sollecitare l’emergere dei contenuti attraverso una forma di concentrazione guidata dal medico psicoterapeuta. In base a tale metodica, egli sottoponeva i pazienti ad una seduta di analisi senza addormentarli, e dopo avergli appoggiato una mano sulla fronte li invitava a dire liberamente tutto quello che gli passava per la testa. Si trattava di un primo abbozzo del metodo che si chiamerà delle libere associazioni: questa tecnica resterà sostanzialmente invariata fino a diventare una procedura tipo della pratica psicoanalitica propriamente detta. Rileggere le prime opere di Freud, cercare nella corrispondenza che intratteneva con i suoi interlocutori dell’epoca (primo fra tutti Wilhelm Fliess), le lettere in cui egli descrive i passaggi chiave della sua ricerca psicologica, è la strada maestra per tornare alle origini della psicoanalisi e per capire come essa è nata e si è sviluppata sia come teoria psicologica dei processi psichici e mentali che come metodo di cura. Il lavoro di analisi psicologica e il trattamento clinico di Freud erano di per sé rivoluzionari per la sua epoca perché scardinavano tutti gli schemi teorici e metodologici con i quali i medici della fine dell’ottocento approcciavano la sofferenza umana da un punto di vista neurologico e fisiopatologico.

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Era inconcepibile per il mondo accademico e scientifico della Vienna della fine dell’ottocento che i sintomi isterici potessero essere prodotti, non da cause organiche o alterazioni del sistema nervoso, ma dalle esperienze emotive accompagnate da vissuti penosi, considerati alla stregua di episodi traumatici. La sola reminescenza dell’episodio emotivamente destabilizzante era capace essa stessa di provocare un attacco di angoscia o di produrre un sintomo da conversione isterica. Malgrado la forte opposizione dei colleghi medici, Freud, con grande coraggio, sostenne proprio questo principio: nel caso dell’isteria e di altre nevrosi la sua causa era da ricercare in un evento traumatico per lo più di natura sessuale e, quindi, era da attribuire a una sofferenza che si manifestava nella sfera psichica e non in quella organica. Egli difese questa sua convinzione malgrado incontrasse un’aperta ostilità nel mondo accademico e si trovasse esposto a una severa emarginazione da parte di tutti i medici, neurologi e psichiatri, che rifiutavano questa interpretazione psicologica dell’isteria, ma anche delle nevrosi in generale, e interpretavano l’isteria come una patologia nervosa che consisteva nel fingere una malattia organica. Se si leggono i resoconti dei primi casi trattati e riportati negli Studi sull’isteria, ci si rende bene conto di come lo stesso Freud, mentre procedeva nelle sue scoperte e prendeva consapevolezza del valore traumatico degli affetti provati durante le esperienze passate, si trasformava da medico neurologo, educato alla diagnosi locale e all’elettrodiagnosi come gli altri fisiopatologi, a psicologo che costruisce dei modelli teorici per descrivere i turbamenti dell’animo umano senza più collegarli necessariamente a un fondamento di tipo organico. Egli si avvicinava alla persona sofferente e ne coglieva le emozioni proprio come avviene per i poeti con le loro liriche, i filosofi con le riflessioni sui drammi dell’esistenza e gli artisti nella riproduzione delle loro opere d’arte impressioniste o espressioniste. Il linguaggio stesso e la terminologia utilizzata, a mano a mano che la teoria psicologica si struttura, si trasformano: da un’iniziale esposizione che si basava sulla diagnosi clinica, sulla nosografia psichiatrica e la descrizione dello stato fisico e mentale del soggetto, si passa senza soluzione di continuità a una ricostruzione di eventi affettivi e di stati d’animo che sottolineano le particolari condizioni emotive e i meccanismi del funzionamento dell’apparato psichico quando viene sollecitato da tali emozioni. La sua concezione delle nevrosi, ora, tiene conto della storia della persona e del suo passato affettivo e relazionale, e tende a individuare quei fattori emotivi che sono legati a certe esperienze precoci di tipo erotico, essere stati testimoni della sessualità degli adulti o aver vissuto più propriamente un’esperienza sessuale, che possono avere provocato nel soggetto un trauma psichico.

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Introduzione Negli Studi sull’isteria il ruolo dell’infanzia nella etiologia dell’isteria è solo accennato, anche se non mancano molti riferimenti a episodi di carattere traumatico e sessuale che riportano spesso all’infanzia del soggetto. L’attenzione è piuttosto rivolta a un singolo evento, o a una serie di eventi, che assumono un carattere traumatico per la persona che vi è stata esposta emotivamente, oppure ai ricordi che si manifestano durante il trattamento, i quali, attraverso una catena associativa, riportano a episodi dimenticati accaduti quasi sempre nella prima e seconda infanzia. Per capire il processo che porta alla produzione di sintomi, Freud inizialmente prese in considerazione le impressioni vissute in rapporto a eventi che appartenevano a varie epoche, anche recenti, a volte collegate a situazioni molto comuni che di per sé non sembravano particolarmente significative, ma lo erano diversamente per alcune persone che poi si ammalavano. La censura imposta dalla morale civile della fine ottocento faceva sì che anche dei semplici pensieri sessuali e dei sentimenti molto comuni fossero considerati disdicevoli e che suscitassero vergogna, sentimenti di colpa, tormenti interiori e paure eccessive, soprattutto nelle persone di genere femminile. Episodi come essere sgridati da un padrone di casa quando si provano dei sentimenti amorosi nei suoi confronti, la colpa di avere mancato di disponibilità a prendersi cura di un genitore malato, il dispiacere per un’umiliazione subita e non abreagita, un momento emozionante in cui era avvenuto un contatto fisico con un uomo per una donna ancora inesperta, sono tutti eventi che si pensava non potessero provocare una qualche deriva patologica; diversamente in alcuni soggetti essi agivano come traumi e, una volta censurati, provocavano una sintomatologia di tipo isterico. I contenuti di natura sessuale, poi, sono quelli che suscitano maggiori sentimenti di colpa: bastava poco a una persona per diventare oggetto di autoaccuse e di autorimproveri per il proprio comportamento considerato disdicevole e per gli eccitamenti pensati come peccaminosi. I sentimenti di colpa e gli autorimproveri agivano a volte nascostamente e riuscivano a provocare un sintomo isterico anche a distanza di tempo dall’evento e dagli eccitamenti che si erano generati. Una donna che durante una passeggiata in compagnia di un futuro cognato si è sentita contenta della esperienza che ha vissuto, e ha provato un desiderio più o meno cosciente di voler essere al posto della sorella per essere amata come lei dal suo uomo, può vivere in tempi successivi questo insieme di pensieri come colpevoli e inaccettabili, e di conseguenza può rimuoverli dalla coscienza. Al loro posto comparirà un sintomo di conversione isterica che si manifesterà in qualche parte o in qualche organo del corpo, di cui però non si conoscerà più la sua vera origine, né tanto meno si comprenderà il nesso associativo con i contenuti rimossi. In seguito al

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lavoro clinico con altre pazienti donne, seguite in una forma di terapia che alternava il trattamento ipnotico con il metodo della conversazione spontanea, Freud raccolse altro materiale relativo alle esperienze del passato che avevano una qualche relazione con i sintomi isterici. Emersero dei contenuti più inquietanti che avevano le caratteristiche di veri e propri traumi sessuali. Si trattava, a volte, di storie di seduzione precoce da parte di adulti e altre volte di ricordi di esperienze sessuali vere e proprie, vissute in epoche in cui la maturità sessuale e la condizione psichica del soggetto non permettevano di comprendere il pieno significato delle esperienze vissute, ed esse così finivano per agire come traumi. Freud, in base a questi elementi, arrivò in breve a formulare la tesi che alla base dell’etiologia dell’isteria ci fosse sempre un trauma di natura sessuale che agiva come impressione patogena nello psichico posteriormente all’evento realmente accaduto. Egli aveva capito, inoltre, che anche un semplice ricordo di un evento di natura sessuale era in grado di generare una forma di eccitamento psichico/fisico, il quale se non era adeguatamente scaricato poteva con il tempo diventare patogeno; l’affetto di natura sessuale, il cui eccitamento si manteneva vivo in seguito a una mancata abreazione, veniva convertito in un sintomo organico esattamente come accadeva per gli eventi impressionanti. Anche le esperienze erotiche e gli eccitamenti sessuali che si sperimentano nel periodo successivo alla pubertà preparano o cagionano la manifestazione isterica, non solo perché rappresentano dei traumi veri e propri, ma anche per il fatto che essi riattivano la traccia mnestica del trauma originario infantile; questa traccia mnestica non diviene quasi mai cosciente, nemmeno in un secondo momento, anzi essa attiva dei meccanismi di difesa, quali ad esempio la rimozione, che agisce anche nei confronti delle esperienze sessuali più recenti. La rimozione di un’esperienza sessuale vissuta in epoche sessualmente più mature aveva luogo, però, solo in quelle persone per le quali una tale esperienza era stata in grado di riattivare la traccia mnestica di un trauma infantile. Ed erano proprio queste persone, a differenza di altre, ad essere più esposte alla possibilità di ammalarsi di isteria. Freud cominciò ad abbandonare a poco a poco il metodo ipnotico quando capì che i contenuti sessuali di natura traumatica che venivano rievocati in stati di incoscienza o di semicoscienza non erano più ricordati nello stato di veglia e non potevano, così, essere integrati nella personalità per eliminare i sintomi che si erano prodotti in funzione dell’esperienza traumatica. A volte succedeva, inoltre, che un sintomo che era stato eliminato rievocando nel corso dell’ipnosi il contenuto traumatico che lo aveva generato venisse presto sostituito da un altro sintomo differente, e questo accadeva proprio perché l’eccitamento organico/psichico non era stato scaricato e gli affetti lega-

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Introduzione ti all’evento originario non erano stati integrati nello psichico. L’evento traumatico stesso, non essendo stato integrato nello psichico e nemmeno abreagito, continuava ad agire emotivamente come fattore scatenante di una qualche forma di sintomatologia. La tecnica analitica vera e propria fu adottata da Freud solamente dopo la conclusione del periodo di collaborazione con Breuer e solo dopo l’abbandono definitivo della tecnica dell’ipnosi avvenuta nel 1896. Infatti, il distacco dal collega neurologo avvenne proprio in quegli anni e fu causato da divergenze teoriche e di metodo. Breuer era convinto che l’isteria si producesse in prevalenza durante gli stati ipnoidi semideliranti creati dallo stesso paziente, e che fossero proprio questi stati prolungati di semicoscienza la causa della malattia. Freud, diversamente, aveva compreso il ruolo che svolgeva la rimozione dei contenuti traumatici nel provocare la sintomatologia isterica e la funzione di difesa che svolgeva il sintomo organico rispetto ai contenuti traumatici che non potevano accedere alla coscienza. Inoltre, egli aveva compreso che i sintomi funzionavano come una forma di difesa nei confronti di impulsi che erano considerati incompatibili con altri contenuti a livello di coscienza e venivano rimossi. Questa condizione di incompatibilità ci fa capire come fosse difficile per una persona, soprattutto se di genere femminile, vivere la propria sessualità e manifestarla liberamente nella società repressiva e disciplinare austriaca della fine dell’ottocento. La donna, ancora più dell’uomo, era sottoposta a una severa censura del proprio desiderio sessuale. Il piacere sessuale era qualcosa di proibito per le ragazze che non avevano ancora un marito, anche se esse, com’era ovvio, desideravano molto essere corteggiate da giovani spasimanti che le facessero provare delle emozioni e, se possibile, degli eccitamenti sessuali. La coscienza morale impediva loro di goderne liberamente e di poter provare queste emozioni senza sentirsi a disagio per il solo fatto di averle provate. La morale sessuale civile era così severa da impedire anche di costruire delle semplici fantasie amorose e di poter sperimentare piccole forme di desiderio sessuale per un uomo dal quale si era state solo corteggiate; oppure con il quale era avvenuto un banale e fugace contatto di corpi o di parti anatomiche anche solo confinanti con gli organi sessuali. La conseguenza di queste esperienze, che potremmo definire con un eufemismo a carattere amoroso e sessuale, era molto spesso rappresentata dal conflitto tra due rappresentazioni mentali incompatibili tra loro. Le rappresentazioni mentali, proprio in quanto incompatibili, davano origine in seguito alla sintomatologia isterica. Anche l’esperienza di un semplice contatto tra un ginocchio di un adolescente e la gamba di una ragazza della stessa età, che si erano casualmente o intenzionalmente toccati sotto la tavola durante un pranzo di famiglia, poteva trasformarsi con il tempo in un

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sintomo di tipo isterico, soprattutto per la ragazza che durante il contatto aveva provato una forma di eccitamento erotico. Accadeva che la ragazza, tempo dopo, si ammalasse di isteria e che la motivazione originaria della sua malattia non fosse comprensibile ai famigliari e nemmeno all’interessata perché si era, nel frattempo, perso il nesso associativo con l’episodio scatenante. Le sintomatologie isteriche sembravano a tutti gli effetti delle malattie organiche senza mai esserlo veramente. Solo un lavoro di ricostruzione delle origini sintomatiche, compiuto all’interno di un trattamento analitico, era in grado di ricollegare i sintomi agli eventi che erano occorsi e mostrare, così, come dietro di loro, si celassero degli eccitamenti sessuali che si erano prodotti in un momento particolare. Gli eccitamenti che erano presenti anche a livello psichico, sotto forma di desideri ed emozioni, se adeguatamente riconosciuti come propri e manifestati, erano capaci di risolvere anche le tensioni dovute alle innervazioni nervose motorie o sensorie che si manifestavano a livello corporeo in zone che erano strettamente connesse con l’esperienza emotiva traumatica. Il sintomo rappresenta, da un punto di vista economico, un tentativo il più delle volte non riuscito per ripristinare un principio di costanza, che per Freud era il principio regolatore della somma degli eccitamenti possibili per una persona in un determinato momento. La produzione dei sintomi isterici o di altra natura era provocata, cioè, sia da una motivazione di incompatibilità morale che da una questione di tipo economico: il bisogno del paziente era quello di rendere inoffensivo un tipo di eccitamento incompatibile con la propria coscienza ma anche quello di regolare le varie forme di eccitamento presenti nell’organismo. Accadeva, ad esempio, che le bambine o i bambini nell’infanzia, le ragazze o i ragazzi nel corso dell’adolescenza, fossero oggetto di interesse sessuale da parte di adulti che agivano nei loro confronti dei veri e propri abusi sessuali; gli effetti di queste esperienze sessuali precoci per la persona coinvolta erano devastanti, soprattutto se l’evento era avvenuto in un’epoca molto precoce dello sviluppo della personalità, quando cioè il soggetto non era in grado di riconoscere il vero significato dell’esperienza vissuta e di poterla padroneggiare sia a livello di eccitamento emotivo che a livello affettivo. Le tracce mnestiche di questi eventi traumatici restavano impresse nella memoria storica e anche a distanza di molti anni, se emergevano come ricordi associati a eventi recenti, potevano provocare una sintomatologia isterica di conversione o un altro tipo di patologia. Per alcuni anni Freud affermò con forza la sua convinzione che alla base di ogni caso di isteria vi fossero almeno uno, se non più episodi di conoscenza sessuale, oppure che vi fossero vere e proprie esperienze sessuali precoci che erano accadute nel corso della prima e seconda infanzia. Egli

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Introduzione considerava questa sua scoperta come il caput Nili delle origini delle nevrosi e difese la sua convinzione contro i numerosi dubbi e le obiezioni che venivano sollevati dai colleghi neurologi e dagli psichiatri. Una netta opposizione del mondo accademico alla teoria del trauma sessuale che stava alla base dell’isteria si manifestò, ad esempio, in occasione della conferenza tenuta da Freud nella primavera del 1896 proprio alla Società di Psichiatria e Neurologia di Vienna. L’accoglienza della tesi sulle origini sessuali dell’etiologia dell’isteria da parte dei colleghi viennesi fu apertamente ostile; in modo particolare fu lo psichiatra di fama Krafft-Ebing, che presiedeva la seduta, a opporsi con forza alla teoria del trauma sessuale precoce sostenuta da Freud per spiegare l’etiologia dell’isteria.3 Del resto, a pensarci bene, proprio l’ostilità manifestata dagli illustri scienziati e dai benpensanti dell’epoca nei confronti delle tesi sostenute da Freud era già di per sé un segnale di come la sessualità in sé rappresentasse ancora un tabù per la società borghese, fosse un tema di cui non si potesse parlare apertamente senza suscitare una qualche forma di scandalo, soprattutto se essa andava a intaccare uno dei più radicati pregiudizi del genere umano, cioè quello riguardante la sessualità infantile. Come egli stesso amava ripetere in più occasioni, non era stata una sua libera scelta quella di indagare la sessualità del bambino e poi quella dell’adulto, ma era il tipo di materiale che gli si presentava nel corso dei trattamenti analitici che lo portava obbligatoriamente a indagare quel genere di cose. Le critiche che vennero da più parti portate a Freud di essere uno studioso che vedeva la sessualità dappertutto, una sorta di dio Pan della sessualità, sono da considerare errate, poiché in fondo egli non aveva fatto altro che rivelare al mondo ciò che già esisteva nella vita psichica delle persone, e cioè che la sessualità era un elemento costitutivo fondamentale dello sviluppo affettivo e relazionale del bambino. Come ci ricorda lo psicoanalista lacaniano Sergio Benvenuto, l’insistenza di Freud sulla sessualità “non è solo espressione di un’ingenuità, di un suo seguire la moda dell’epoca, ma si basa su quello che intendeva per inconscio: la parte che sfugge al nostro controllo, e che si inserisce nelle nostre azioni e nelle nostre parole quasi come una blasfemia. L’inconscio è sacrilegio”.4 Un altro contenuto blasfemo, che forse non si sapeva più di tanto esistesse, consisteva nella pratica degli abusi sessuali nei confronti dei minori, sia maschi che femmine, un fatto molto comune nella società borghese, bigotta e perbenista, della Vienna di fine ottocento. Abusi sessuali si riscontravano spesso anche all’interno delle famiglie, dove non era così infrequente che i genitori abusassero sessualmente dei figli nel corso della loro infanzia e dell’adolescenza. 3 Freud S., (1896) Etiologia dell’isteria, in OSF, Vol. II, Bollati Boringhieri, Torino, 1968. 4 Benvenuto S., Leggere Freud. Dall’isteria alla fine dell’analisi, Orthotes, Napoli-Salerno, 2017.

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I bambini erano spesso oggetto di seduzione precoce anche da parte del personale di servizio, le tate o le governanti, o erano oggetto di attenzioni morbose di adulti che frequentavano la casa in qualità di amici di famiglia. Le esperienze di abuso o di seduzione vissute in età infantile inevitabilmente provocavano nella personalità in formazione dei traumi che non si rimarginavano tanto facilmente e che, per giunta, condannavano delle giovani vite all’infelicità. Il trauma sessuale era però sia un’esperienza realmente vissuta e sia, a volte, una costruzione fantastica creata dalla persona sulla spinta di impulsi sessuali che si erano manifestati in determinate epoche dello sviluppo psicosessuale del bambino, e che, raccontate come ricordi di eventi reali, erano ricondotte a epoche più tarde. Quando Freud si accorse del carattere fantastico di alcuni ricordi dei suoi pazienti, fu portato a considerare come non veritiero e frutto di fantasie sessuali tutto il materiale che affiorava dai ricordi d’infanzia, compresi anche gli episodi di abusi sessuali o di seduzione infantile precoce di cui si poteva accertare in maniera inequivocabile la loro veridicità. L’episodio reale, anche se doloroso e a carattere traumatico, era stato comunque capace di provocare una serie di fantasie accompagnate da forme più o meno evidenti di eccitamento sessuale, ed egli ritenne più rilevante di tutto proprio quest’ultimo aspetto. La tesi del trauma infantile fu sostenuta da Freud fino al settembre del 1897; proprio in quel mese egli scrisse una lettera a Fliess in cui riconosceva di essersi sbagliato a proposito della etiologia dell’isteria e delle nevrosi in generale, e che si vedeva costretto a fare marcia indietro sulla teoria del trauma. Gli episodi traumatici a carattere sessuale che i suoi pazienti raccontavano durante le sedute – egli confessa a Fliess – non corrispondevano sempre alla verità, a volte essi non erano realmente accaduti. Si trattava piuttosto di fantasie che erano provocate dagli eccitamenti sessuali di origine infantile e dai desideri sessuali nei confronti dei genitori e, più in generale, degli adulti di riferimento. In sostanza, la fantasia sessuale di origine infantile restava attiva nella mente della persona adulta ma veniva evocata come fosse un ricordo di un’esperienza a carattere sessuale realmente vissuta. A un certo punto della sua ricerca teorica e del suo percorso di autoanalisi, Freud si era imbattuto nel complesso edipico e nelle pulsioni sessuali incestuose. Egli aveva intuito che nel bambino esisteva una sessualità precoce legata allo sviluppo psicofisico e ora riteneva che fosse proprio questa sessualità l’elemento nucleare della vita psichica responsabile delle fantasie sessuali, nelle quali si potevano manifestare i più differenti impulsi amorosi e aggressivi rivolti nei confronti dei genitori. Gli impulsi sessuali erano considerati alla stregua di contenuti

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Introduzione proibiti, cose indicibili di cui vergognarsi, per via della presenza di un’istanza interna giudicante. Essi, di conseguenza, venivano rimossi dalla coscienza, erano relegati nell’inconscio. Per via della rimozione dalla coscienza, o per un cedimento del processo stesso di rimozione, essi continuavano a influenzare la vita psichica dando origine a varie forme di sofferenza psicologica. Sulla base di queste intuizioni, Freud introdusse il concetto di conflitto inconscio tra un desiderio sessuale, o uno di tipo aggressivo, e la difesa eretta nei confronti di questi desideri che erano pensati come proibiti. I contenuti proibiti affioravano, così, sotto forma di sintomi incomprensibili, legati a tracce mnestiche difficili da decifrare, oppure come falsi ricordi in funzione di cedimenti delle difese erette nei confronti del passato rimosso. La censura o la repressione vera e propria dell’impulso sessuale o aggressivo avveniva per via del sentimento di colpa provato e a causa della severità con la quale il “giudice interiore”, la morale civile e l’educazione impartita dai genitori, giudicava questi impulsi libidici e aggressivi. Si trattava, dunque, più che di esperienze sessuali precoci vissute in contesti familiari deteriorati, della normale forma di sviluppo che caratterizza la vita sessuale del bambino e delle espressioni che assume la sua vita fantastica in funzione dei sentimenti ambivalenti provati. Questa scoperta fu vissuta da Freud con una valenza drammatica: egli si trovava a essere isolato, emarginato dai colleghi medici e neurologi proprio mentre da solo era costretto a riconsiderare tutto il lavoro fatto fino a quel momento e a riconoscere il totale o parziale fallimento della sua teoria; fu preso più volte dal desiderio di abbandonare tutto, ma non lo fece perché almeno la metapsicologia in cui si descrivevano il funzionamento dello psichico e la sua suddivisione in più istanze, il significato del sogno e la stessa teoria della rimozione resistevano, erano ancora validi. Quello che sembrava essergli sfuggito definitivamente di mano era la sua legittima aspirazione a un successo personale e alla fama che la teoria del trauma sessuale precoce, se avesse resistito, gli avrebbe potuto regalare. Freud era stato il primo a formulare nel mondo accademico dell’epoca una teoria così rivoluzionaria. La depressione e lo sconforto, aggravato anche dalla precedente morte del padre avvenuta alla fine del 1896, per nostra fortuna non durarono a lungo e a poco a poco egli si riprese. Egli scriverà, anni dopo, in Per la storia del movimento psicoanalitico: L’analisi aveva portato per un cammino corretto verso questi traumi sessuali, e tuttavia essi non erano veri. Era stato dunque perduto il contatto con la realtà. A quel tempo avrei volentieri abbandonato ogni cosa... Forse perseverai perché non avevo scelta di ricominciare altrimenti.5 5 Kris E., (1950) Introduzione in Freud. Lettere 1887-1902, Bollati Boringhieri, Torino, 1961.

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In quel momento critico gli fu molto di aiuto il sostegno ricevuto da Fliess che non vedeva nella revisione della teoria del trauma sessuale una grave invalidazione del lavoro teorico e clinico di Freud; in fondo si trattava di rimettere un poco di ordine tra gli elementi clinici finora raccolti che portavano verso un’attribuzione di importanza allo sviluppo sessuale infantile piuttosto che dare valore agli episodi traumatici, a volte realmente accaduti e verificabili, come nel caso della paziente Katharina il cui resoconto clinico è inserito negli Studi sull’isteria, altre volte diversamente no. Il cambiamento di rotta, che si manifesta con l’abbandono radicale della teoria del trauma sessuale, oltre che dalla scoperta delle fantasie sessuali, sembra essere determinato dal prevalere in Freud di quelle che lui stesso definisce le anime collettive, laddove per anime collettive egli intende le istanze interne, le presenze giudicanti dei genitori, il senso morale che deriva dai processi educativi, gli ideali da perseguire che sono l’eredità degli investimenti ideali operati sul figlio dalle figure genitoriali. Un insieme di fattori ambientali che entrano a far parte della personalità e condizionano l’espressione dell’individualità e del pensiero creativo che diventa piuttosto un pensiero etico. Non è difficile per noi, oggi, asserire che tra le anime collettive che occupavano lo psichico ci fosse la voce del padre di Freud, morto pochi mesi prima che il figlio si decidesse per l’abbandono della teoria del trauma, cioè in sostanza delle colpe dei padri incestuosi sui figli; questa voce può aver avuto la sua influenza nel trasformare la teoria della seduzione precoce dei bambini in un’altra che assolve i genitori dalle loro colpe e le attribuisce ai figli e ai loro desideri sessuali proibiti. Ma nel caso specifico della storia personale di Freud, bisogna certamente considerare anche l’interferenza che proveniva dai condizionamenti culturali, le critiche al proprio pensiero innovatore da parte della società scientifica dell’epoca, che come ricordato in precedenza aveva accolto con sfavore la sua teoria sessuale dell’isteria e lo aveva isolato dal contesto culturale viennese.6 Va riconosciuto, però, il fatto che Freud non ha mai abbandonato del tutto la teoria del trauma e ha continuato a considerare importante la vulnerabilità del bambino che si confronta con certe esperienze emotive che non è in grado di comprendere e di conseguenza d’integrare nello psichico, come sono per l’appunto i traumi infantili. In numerosi altri scritti, successivi a quelli della fine del’ottocento, Freud ha riportato alla luce la teoria 6 Napolitani D., La psicoanalisi ha compiuto il tempo della sua vita, Riv. It. Gruppoanal, Vol. XIV, N. 1/2000. FrancoAngeli, Milano.

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Introduzione del trauma e l’ha fatta coesistere, a volte in modo contraddittorio a volte in modo fecondo, con le successive posizioni teoriche. Ad esempio, negli anni che seguono lo scritto Tre saggi sulla sessualità infantile del 1905, egli ha più volte posto l’accento sul rischio che si corre, enfatizzando le fantasie sessuali infantili, di trascurare la realtà dolorosa dell’abuso sessuale subito dai bambini da parte degli adulti e ne ha ribadito l’importanza nella etiologia dei disturbi psichici. Infatti, nel 1915 egli scrive: Non crediate che l’abuso del bambino ad opera di parenti prossimi di sesso maschile appartenga interamente al regno della fantasia. La maggior parte degli analisti ha trattato casi in cui tali rapporti erano reali e potevano essere accertati in maniera ineccepibile; ma è pur vero che anche allora essi appartenevano ad anni più tardi dell’infanzia ed erano stati trasportati in un periodo precedente.7

La scoperta del ruolo della sessualità infantile e del complesso di Edipo nella etiologia delle nevrosi permise a Freud di staccarsi definitivamente dal bisogno di spiegare i fenomeni psichici collegandoli ad altri fenomeni di tipo fisiologico o fisiopatologico; egli smise così di ricercare nella fisiologia del cervello le spiegazioni organiche dei processi che si manifestavano a livello puramente psicologico. Questo orientamento lo portò ad abbandonare il Progetto per una psicologia in cui i processi psichici potevano essere spiegati attraverso la descrizione dei corrispondenti processi nervosi, biochimici e fisiologici. Le conoscenze della neurofisiologia del cervello erano in quel momento storico insufficienti anche se Freud, già allora, riconosceva la possibilità che, in un futuro prossimo, sarebbe stato possibile arrivare a fornire una spiegazione dei processi psichici su base fisiologica e neurologica (cosa che è puntualmente avvenuta con i progressi raggiunti dalle neuroscienze). Una volta abbandonato il progetto dell’anatomia del cervello (1905), egli si orientò, con maggior impegno, verso la costruzione di una teoria psicologica strutturale dell’apparato psichico che suddivise in diverse istanze, ciascuna adibita a una propria funzione. Di pari passo con la costruzione di una struttura psichica, Freud andava modificando anche il suo metodo terapeutico apportando importanti cambiamenti alla tecnica della concentrazione, che ora si presentava come un vero e proprio lavoro di analisi, non solo dei contenuti inconsci rimossi, ma anche di indagine dei meccanismi di difesa inconsci che erano messi in atto dal paziente nel cor7 Freud S., (1915-1917) Introduzione alla psicoanalisi e altri scritti: 1915-1917, OSF, vol. VIII, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p. 525.

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so del trattamento. L’intento del paziente durante il trattamento era quello di difendersi, appunto, dall’emergere di tali contenuti e di opporsi alla loro ripetizione nella relazione analitica (transfert). La scoperta del significato e dell’importanza del transfert fecero fare degli ulteriori passi in avanti alla tecnica analitica e, assieme alla resistenza, si rivelò essere un prezioso strumento di indagine nelle mani dell’analista. L’analista vestiva, così, i panni di un esploratore di terre sinora sconosciute, oppure quelli di un archeologo che ritrova le tracce evidenti di una civiltà sepolta contenute nei reperti e nei frammenti di scheletri rinvenuti nel corso degli scavi. Attraverso l’analisi di questi reperti, egli era in grado di risalire all’origine e alla caratteristiche dell’antica civiltà. Ciò che per Freud andava ricostruito e riconosciuto, oltre alla storia affettiva personale, erano proprio quei desideri e quegli impulsi che ora si esprimevano nella relazione di transfert e che il paziente non accettava come propri. La traslazione che si manifestava nei confronti del medico prendeva spesso una connotazione erotica, se non propriamente sessuale, e questo atteggiamento del paziente stava a indicare che esistevano dei desideri nascosti che risalivano a un passato remoto, a determinati periodi della sua prima e seconda infanzia. Essi erano un modo di esprimere una forma di investimento amoroso verso una figura parentale che ora era spostata sulla persona del medico terapeuta. Il complesso edipico è considerato da Freud l’elemento nucleare delle nevrosi e tutta l’elaborazione teorica successiva è tesa a dimostrare che l’organizzazione sessuale infantile, di cui i desideri e le fantasie sessuali incestuosi sono un aspetto rilevante, è una condizione universale e generalizzabile dell’essere umano. Essa svolge un ruolo centrale anche nella produzione del conflitto interiore e delle differenti manifestazioni psicopatologiche, soprattutto quando diventa una sessualità ingovernabile, con la libido che si fissa nella fase evolutiva su di una zona erogena, o diventa una forma di sessualità obbligata, costretta a esprimersi come accade nelle perversioni solo in una determinata direzione. Ma la sessualità infantile, e in modo particolare il complesso di Edipo, per Freud rappresentano anche una conferma del ruolo determinante della sessualità nella costruzione della vita psicologica di ogni essere umano. Senza il contributo della sessualità infantile il bambino non imparerebbe a conoscere il suo corpo e a costruire immagini nitide del proprio Sé corporeo, un processo che avviene proprio a partire dalla scoperta dell’erotismo che si manifesta durante le fasi dello sviluppo in determinate zone anatomiche del corpo. Egli, senza il conflitto edipico non riuscirebbe a integrare dentro di sé le correnti di tenerezza

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Introduzione con quelle più propriamente erotiche e sensuali, e, di conseguenza, non imparerebbe ad amare i suoi oggetti d’amore parentali fino a conquistare la piena capacità di amare una persona nella sua interezza. Senza l’ostilità provata nei confronti del genitore di riferimento per tipologia di genere, non sperimenterebbe l’importante conflitto generazionale, che è così determinante per l’evoluzione del genere umano e per la formazione di una coscienza civile, di cui oggi sentiamo molto la mancanza. E senza la tensione erotica che spinge alla conoscenza delle cose del mondo e a decifrarne la sua complessità non imparerebbe ad amare la vita, a concepire il mondo stesso e a interessarsi delle persone che lo animano. Insomma, a pensarci bene, noi tutti dobbiamo essere grati a Freud per tutto quello che ci ha lasciato in eredità, per il suo pensiero che ha aperto un orizzonte completamente nuovo sulla vita affettiva dell’essere umano, e ci ha permesso di imparare ad accettare tutto quello che di indicibile, di originario e infantile, oppure di inquietante perché nascosto sotto la forma apparente di rifiuti e di sporcizia della nostra vita emotiva e istintuale, abita nel nostro mondo interno. Un insieme di contenuti affettivi che di solito subisce il destino di essere ripudiato dalla nostra coscienza, quasi fosse un corpo estraneo, qualcosa che ci turba e che non ci appartiene mai veramente, e che anche se ci determina facciamo fatica ad accettare come nostro. Solo il lavoro insistente di Freud e il carattere sovversivo del pensiero psicoanalitico che, dopo di lui, si è strutturato nel corso di oltre un secolo, ci ha permesso con il tempo di considerare la nostra singolare soggettività, unica e irripetibile, i nostri desideri e la nostra vita fantastica, un elemento costitutivo del nostro essere persone, qualcosa di prezioso da valorizzare e persino da preservare dall’oblio più che da standardizzare, mettere a tacere o appiattire, conformandola a modelli generati da convenzioni sociali. Proprio in relazione al sentimento di gratitudine, si può affermare che questo libro rappresenti il mio personale contributo in memoria di Sigmund Freud a ottanta anni dalla pubblicazione del suo ultimo scritto, Compendio di psicoanalisi, che risale appunto al 1938, e a quasi ottanta anni dalla sua morte, avvenuta a Londra il 23 settembre 1939 dopo una lunga malattia. Si tratta di una ricostruzione delle sue prime ricerche psicologiche e della descrizione dettagliata del formarsi dell’interesse per le nevrosi e in modo particolare per l’isteria. La storia del giovane Freud comincia a partire dal periodo trascorso a Parigi come studente di neurologia che aveva vinto una borsa di studio per frequentare corsi presso la clinica Salpêtrière, dove ebbe modo di conoscere Charcot, e prosegue fino ad arrivare alla scoperta della sessualità infantile come fattore determinante nello sviluppo delle nevrosi. Allora Freud aveva 41 anni. Ho lasciato che fosse Freud in prima persona

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Alle origini della psicoanalisi

a parlare dei suoi studi e a sviluppare progressivamente i suoi interessi nel campo della psicologia, a descrivere i progressi che otteneva nella ricerca della etiologia delle nevrosi e dell’isteria in particolare; come pure che fosse sempre lui a parlare delle trasformazioni che andava applicando alla sua tecnica psicoterapica prima di diventare il metodo psicoanalitico propriamente detto che noi oggi conosciamo. Io ho semplicemente immaginato quello che avrebbe potuto passare per la sua testa all’inizio della sua attività di psicologo, come sarebbero stati i suoi esordi nel campo delle nevrosi e nel metodo adottato per curarle. Inoltre, ho cercato di ricostruire il farsi del suo pensiero basandomi sui documenti pubblicati e sulle diverse testimonianze che sono rappresentate dalle sue numerose lettere e dagli scritti teorici e clinici dell’epoca. Insomma, potremmo dire che questo libro è una ricostruzione delle origini della Psicoanalisi che mette insieme realtà e finzione, riportando da un lato dati e documenti originali dell’epoca appositamente scritti in corsivo, e dall’altro lato inserendo un testo narrativo che rappresenta un “falso letterario”. Io ho immaginato un Freud che ci parla dei suoi progressi, dei suoi dubbi e delle sue scoperte straordinarie come se fosse vivo oggi. Ho raccontato così sia il Freud scienziato, razionale e positivista, alla ricerca di leggi precise che regolano le basi neurologiche dei processi psichici e che si possano definire una volta per tutte; e, al tempo stesso, il Freud psicologo, che si manifesta con il suo pensiero intuitivo, narrativo, e le sue idee fetali non ancora strutturate in categorie razionali della conoscenza. Non ho mancato di descrivere anche il Freud essere umano, con le sue debolezze, le sue paure e i suoi punti di forza, il suo amore per la psicologia e per se stesso, con le sue legittime aspirazioni ideali di voler raggiungere fama e ricchezza. Ho enfatizzato il Freud esploratore, come lui stesso amava definirsi, che va alla scoperta di nuovi territori della mente e del comportamento umano: aree della vita psichica dove si crea una frattura identitaria del soggetto tra il modello disciplinare della vita normalizzata ma priva di eros, e la vita storta del desiderio e della sessualità che non vogliono sottostare a regolamentazioni di sorta, che generano la sofferenza psicologica e producono il conflitto psichico. Esse rappresentano due delle più importanti condizioni a cui soggiace, o emerge a seconda dei casi, la personalità umana, che erano rimaste sconosciute fino al momento della loro scoperta da parte della psicoanalisi. Nel caso specifico del periodo di ricerca teorica e clinica descritto nel testo, che risale alla fine del secolo diciannovesimo, l’esplorazione condotta da Freud sulla mente riguarda la ricostruzione dei processi psichici normali e patologici. Concerne, inoltre, la definizione del conflitto inconscio che sta alla base della vita affettiva e riguarda, infine, la formulazione della prima concettualizzazione teorica

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Introduzione sulla etiologia delle nevrosi, che tiene conto appunto di certi contenuti incompatibili che non possono coesistere tra loro e che per questo motivo si trasformano in un’eccedenza sintomatica. Ma, a pensarci bene, fermare la propria attenzione sul conflitto tra i contenuti che possono avere accesso alla coscienza ed altri che sono considerati inaccettabili, pur se in maniera grossolana, introduce il tema della soggettività dell’individuo e il suo bisogno così attuale di vedere riconosciuta la propria autenticità. In tale senso, le prime costruzioni teoriche di Freud introducono le tematiche chiave dell’individuo che verranno trattate dalla psicoanalisi più contemporanea: il bisogno che ciascuno di noi ha di affermare con forza la propria individualità rompendo le catene obbligate delle proprie appartenenze originarie. Un tema centrale che è ben rappresentato dagli sviluppi recenti del pensiero psicoanalitico.

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