GIORNALE STORICO DEL CENTRO STUDI DI PSICOLOGIA E LETTERATURA Semestrale
Rivista del Centro Studi di Psicologia e Letteratura Fondato da Aldo Carotenuto www.centrostudipsicologiaeletteratura.org Volume XVII - novembre 2020 Fascicolo 31
Distanze SOMMARIO Editoriale............................................................................................... 3 Antonio Dorella - L’uomo senza distanze. Leonardo Boff e l’ecoteologia...... 7 Francesco Frigione - Figure della distanza................................................ 17 Marina Malizia e Francesco Gabriele - Caro amico ti scrivo (chiacchiere terapeutiche contro la perniciosa nostalgia da lockdown).............. 31 Virginia Salles - Allontanarsi per vedere meglio. La distanza che restituisce la verità........................................................... 45 Franca Cirone - ...interminati spazi... ..................................................... 55 Stefano Cobianchi - Coronavirus: malattia dell’anima............................. 65 Valentina Micheli - Due ma non due....................................................... 77 Maria Grazia Monaco - Distanze in analisi............................................. 83 Davide Parlagreco - La distanza vicina all’anima..................................... 93 Paolo Quagliarella - La distanza come scelta necessaria. Una riflessione astrologica......................................................................... 105 Mike Silvi - Le nostre distanze, le giuste distanze....................................... 113 Valentina Virgili - La distanza e il corpo. Gestire il confine corporeo nelle relazioni sociali......................................... 123
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Amato Luciano Fargnoli
GIORNALE STORICO DEL CENTRO STUDI DI PSICOLOGIA E LETTERATURA Semestrale Rivista del Centro Studi di Psicologia e Letteratura fondato da Aldo Carotenuto Direttore responsabile: Amato Luciano Fargnoli Comitato direttivo: Antonio Dorella, Tiziana Esecuzione, Amato Luciano Fargnoli, Francesco Frigione, Marina Malizia, Benedetta Rinaldi, Virginia Salles, Luca Sarcinelli, Alessandro Uselli Segreteria di redazione: Antonio Dorella, Daria Filippi, Benedetta Rinaldi, Luca Sarcinelli Direzione e Redazione: via dei Caudini 4, 00185 Roma Abbonamento per l’Italia, euro 25 Abbonamento per l’estero, euro 50 Versamento sul conto corrente postale 69504744 intestato a Alpes Italia s.r.l.: GIORNALE STORICO DEL CENTRO STUDI DI PSICOLOGIA E LETTERATURA La collaborazione è aperta a tutti gli studiosi. Gli eventuali articoli (max. 20.000 caratteri spazi inclusi) e i libri per le recensioni vanno inviati alla direzione. Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 70/2006 del 14 febbraio 2006
In copertina: “Una presenza assente”, opera di Luciano Fargnoli, olio su tela, cm 100x80, 1971-72.
Stampa per conto di Alpes Italia s.r.l., Via G. Romagnosi 3, 00196 Roma, presso Global Print s.r.l. – Via degli Abeti, 17/1 – 20064 Gorgonzola (MI)
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Editoriale La forza degli avvenimenti di quest’anno non investe soltanto l’aspetto più propriamente collegato a fattori legati all’epidemiologia, le epidemie, che in genere affrontiamo ogni anno, a seconda delle stagioni e dei luoghi, ma questa volta siamo stati costretti a ridefinire spazi, tempi e relazioni, in una vera e propria strategia di lotta per la sopravvivenza. Siamo in una “Pandemia” perché la forza dell’elemento scatenante ha investito praticamente tutte le nazioni senza distinzione di razza e condizioni economiche. E possiamo parlare di pandemia poiché si sono verificate tre condizioni necessarie: un organismo altamente virulento, mancanza di immunizzazione specifica nell’uomo e possibilità di trasmissione da uomo a uomo. Siamo stati attaccati da un organismo della Natura, che gli scienziati hanno isolato e classificato come “coronavirus” o Covid-19. Questo attacco ci ha costretti e, tuttora costringe, ad un ripensamento a 360 gradi sui nostri comportamenti consueti. E, per quanti di noi sono impegnati nel tentativo di dare un senso agli eventi, impone, anche, una riflessione, alla ricerca di un possibile “significato non immediatamente evidente” delle cose; che faccia da “collegamento” o meglio ancora da “sintesi” tra ciò che è del tutto evidente sul piano concreto della patologia in atto, ciò che lo ha generato, e gli effetti succedanei sui nostri comportamenti. Cioè un significato simbolico. Simbolo è una parola che deriva dal greco, dall’unione del prefisso greco “sun” col significato di “insieme” e il verbo “ballo” che rappresenta l’azione del “gettare”, quindi, letteralmente significa “mettere insieme”, collegare, unire. Una prima, immediata, osservazione è che l’invisibile ha il potere di condizionare il visibile, che l’inatteso ci colpisce proprio per ricordarci la nostra transitorietà, la percezione di una condizione di “finitudine” che ci accompagna fin dalla nascita. “Ex abrupto”, in questo periodo storico, siamo costretti a confrontarci con quella condizione, che si accompagna alla fragilità e alla
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“consumazione”: lo scorrere del tempo ci ricorda che la vita ha una durata, un termine. È come se, nascendo, ci fosse data una “opportunità di tempo”, o uno “spazio di tempo” con un compito: scoprire qual è il telos della nostra vita. Il nostro corpo sperimenta, così, sia la forza della vitalità che la debolezza della consunzione. Veniamo al mondo, anche con una sorta di condanna, alla quale nessuno di noi può sottrarsi: dover accettare che avremo una fine. Della quale, parafrasando un po’ il Vangelo di Matteo, ci viene detto che non sapremo “né il luogo, né l’ora”, con l’invito ad essere sempre “pronti”: estote parati. La figura dell’Eroe, probabilmente, nasce proprio come rifiuto del limite o ribellione a questa condizione: egli combatte tutta la sua vita nel tentativo, “umano, troppo umano”, di sconfiggere la morte. In realtà anche l’Eroe muore, ma le sue gesta, che vanno al di là delle capacità degli uomini comuni, lo consegnano alla memoria imperitura dei posteri. L’Eroe rappresenta un elemento di collegamento tra ciò che è umano e ciò che è divino, e pertanto, alla fragilità dell’uomo comune, egli mostra-manifesta-esibisce dei poteri, attribuiti soltanto agli Dei, i quali per definizione sono immortali. Per la proprietà transitiva diventa immortale. In realtà l’immortalità gli è concessa soltanto dalla forza delle narrazioni mitiche, dal ricordo di quelli che vengono dopo. Quanto sta accadendo sembra chiedere, con forza, una riflessione sul senso della fine, non più esorcizzata come avviene oggi, da un mondo organizzato per distrarci anche dal semplice pensiero della morte. Proviamo ad immaginare, in una prospettiva “antropomorfizzata”, una Madre Natura i cui messaggi sono sempre piuttosto “forti”. Un madre che se da un lato ci nutre e ci incanta con la bellezza dei suoi ritmi e cicli, con i suoi “doni della terra”, dall’altro ci atterrisce con terremoti, maremoti, cataclismi, pandemie. Azioni devastanti che ci mettono di fronte ai nostri limiti umani. Ed è proprio in questa dialettica che l’essere umano, a volte, risponde con quegli atti eroici che modificano stratificazioni di comportamenti diventati abitudini. Uno per tutti il disinteresse e l’indifferenza verso l’altro, e, infine, perfino quell’abituale, sorda, ostilità che troppo spesso si sta manifestando in azioni violente. Quando Madre Natura costringe al distanziamento siamo ob-
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bligati a ridefinire il significato della vicinanza, della prossimità, dell’intimità (ma è proprio vero che nell’intimità fisica si annullano le distanze?). Attraverso quelle distanze che vengono imposte per attenuare, limitare e possibilmente neutralizzare la forza del virus. Se ci riflettiamo le discipline scientifiche, la medicina, la chimica, la biologia, sono tutte costantemente impegnate attraverso la conoscenza dei fenomeni, in questo tentativo di prendere le distanze, alla ricerca di modi e pratiche per sconfiggere la morte, o quanto meno a dilazionare nel tempo il suo attuarsi. A questo proposito, nel film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, la scena della partita a scacchi è un magnifico esempio di una possibilità che avremmo nel confronto con la Morte: temporeggiare, pur consapevoli della fine. Temporeggiare è un modo per prendere le distanze. Il distanziamento sociale, come nuova regola, produce una profonda modificazione delle nostre abitudini condivise, stratificate: l’altro viene percepito come pericoloso e, soprattutto nelle relazioni affettive, costringe tutti ad affrontare il “dilemma del porcospino”: l’altro costituisce un pericolo per noi proprio nella possibilità della vicinanza e dell’incontro. Nelle pandemie, poi, viene messo in discussione quell’istinto di vita che costantemente si oppone all’istinto di morte, e, sebbene Tanathos sembra avere un sopravvento statistico su Eros, in fondo in questa continua battaglia, poiché, implicito in ogni evento è il manifestarsi del suo contrario, del suo opposto, stimola la presenza di Eros. È come se Madre Natura ricordasse il motto dei frati Trappisti “memento mori”, a un mondo che sembra, da troppo tempo, consegnato soltanto a ciò che appare, inteso proprio nel significato etimologico del verbo greco “fainomai”. In questa travagliata epoca, in cui l’apparenza, l’apparire, tende a sostituire il verosimile al Vero, viviamo spesso come se fossimo in un interminabile, ipnotico, “parco dei divertimenti” o una “Coney Island della mente”, come direbbe H. Miller. In una oscillante altalena tra una rappresentazione della morte, svuotata e privata del suo contenuto drammatico, come accade spesso in alcuni film, che sembrano farci credere che non si muore mai davvero. E invece le notizie della morte, quella reale, di amici, prossimi, congiunti, ci raggiunge di continuo: ma ci spinge davvero a riflettere? Il quoti-
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diano, martellante, bollettino numerico non fa altro che anestetizzarci attraverso una narrazione che, alla fine, la banalizza. Mi piace pensare, in una prospettiva archetipica, che l’umanità di questo tempo, attraversando l’Ombra delle distanze, possa trovare un nuovo senso della Prossimità e dell’Alterità. E, nell’esperienza, intesa da Jung come processo di individuazione, recuperare una prospettiva di crescita attingendo alle energie di Eros. Non credo allo slogan “ne usciremo migliori”, ma più consapevoli, sì. Per ora, partecipiamo tutti, come in un “Voyage au but de la nuit”, ad un dolente cammino nell’oscurità, con la consapevolezza che esistono distanze colmabili e quelle incolmabili… Come è buona tradizione del nostro Giornale Storico, anche questo numero si presenta ricco di molti punti di osservazione, e ringrazio tutti quelli che hanno dato il loro contributo per darci una visione d’insieme, amplificata. Buona lettura.
Il direttore Amato Luciano Fargnoli