Graham Music
Nature culturali Attaccamento, sviluppo socioculturale, emozionale e cerebrale del bambino
Collana
Andhalas, Trazzére, Strosi curata da Carla Busato Barbaglio e Maria Luisa Mondello
Alpes Italia srl - Via Romagnosi 3 - 00196 Roma tel./fax 0639738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it
© Copyright Alpes Italia srl Via Giandomenico Romagnosi, 3 – 00196 Roma tel./fax 06-39738315 I edizione, 2020 Original Copyright © 2017 Graham Music Nurturing Natures: Attachment & Children's Emotional, sociocultural & Brain Development The right of Graham Music to be identified as author of this work has been asserted by him in accordance with section 77 and 78 of the Copyright, Design and Patents Act 1988. All right reserved. Authorised translation from the English language edition published by Routledge, a member of the Taylor & Francis Group. Traduzione italiana di Maria Concetta Spinosa.
Graham Music è Consultant Child and Adolescent Psychotherapist alla Tavistock and Portman NHS Foundation Trust. Svolge anche attività clinica con adulti privatamente.
TUTTI I DIRITTI RISERVATI Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotocopia, fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche sulla tutela dei diritti d’autore
Collana
Andhalas, TrazzĂŠre, Strosi curata da Carla Busato Barbaglio e Maria Luisa Mondello Nascono da percorsi alla ricerca del cibo che pecore, armenti tracciano sulle montagne. I segni dei passi, terra battuta e ribattuta da migliaia di piedi che si sono mossi, rimangono e si trasformano in viottoli, sentieri, strade. A volte maestre. Questa collana viene dalla consapevolezza che la psicoanalisi ha tracciato una strada maestra per comprendere l'umano. Ha allargato l'orizzonte al punto di incontrare altri mondi. Ricchi di altri cammini divenuti solida orma sui territori vicini. Naturale è congiungere, sovrapporre, integrare i percorsi che portano dalla stessa parte, che procedono accostati. Il paradigma infantile freudiano impone la cura sempre rinnovata dei primi passi, fondazione di ogni cammino e fa dell'etĂ evolutiva il campo privilegiato della comprensione della mente. Ăˆ intorno al crescere che si snoda la proposta editoriale della collana. Rivolgendo con attenzione lo sguardo a tutte le competenze culturali e scientifiche che validamente stanno procedendo sulla stessa strada. Andhalas, TrazzĂŠre, Strosi, sono parole della lingua sarda, siciliana, veneta per indicare l'andare che traccia percorsi agibili, dove prima non esistevano.
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Indice Ringraziamenti.................................................................. XI Presentazione dell'edizione italiana di Amedeo Falci....... XIII Capitolo 1-Introduzione Il cieco e l’elefante............................................................. XXIII
Parte I
Origine dello sviluppo emozionale e sociale
Capitolo 2 Inizio della vita: dal concepimento alla nascita................ 3 Capitolo 3 Nati per essere in relazione ...............................................
15
Capitolo 4 Meccanismi infantili di coping, mancanza di sintonizzazione e modalità riparative della relazione ................................ 29 Capitolo 5 Empatia, prime organizzazioni del sé, altre menti...........
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Parte II
La cornice teorica di riferimento Capitolo 6 Attaccamento.....................................................................
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Capitolo 7 L’importanza della cultura................................................ 79 V
Nature culturali
Capitolo 8 Biologia e cervello.............................................................. 95 Capitolo 9 Epigenetica, evoluzione, incontro tra natura e cultura..... 115 Capitolo 10 Linguaggio, parole e simboli............................................. 127 Capitolo 11 Ricordi: capire chi siamo e cosa ci aspetta........................ 143 Capitolo 12 Il gioco: un modo per divertirsi, simbolizzare, esercitarsi e scherzare............................................................................ 157 Capitolo 13 Maschi, femmine, genere................................................... 173
Parte III
Non solo madri Capitolo 14 Accudimento non materno e assistenza all’infanzia.........
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Capitolo 15 Seconda infanzia, fratelli, coetanei e vita di gruppo......... 205 Capitolo 16 Il posto dei padri............................................................... 221 Capitolo 17 Verso l’età adulta................................................................ 235 VI
Indice
Parte IV
Conseguenze delle prime esperienze Capitolo 18 Trauma, trascuratezza e loro effetti................................... 257 Capitolo 19 Resilienza e buoni sentimenti............................................ 271 Capitolo 20 Sviluppo morale, comportamento antisociale e prosociale........................................................................ 291 Capitolo 21 Conclusioni: esperienze precoci e conseguenze a lungo termine.......................................... 309 Glossario........................................................................... 323 Bibliografia....................................................................... 329
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Questo libro è dedicato a mio padre che ho amato profondamente e mi manca moltissimo
Ringraziamenti
Un libro come questo può esistere solo grazie al contributo di soggetti diversi e ritengo che il debito maggiore io lo abbia nei confronti dei pazienti che incontro nel pubblico e nel privato e di chi vedo in supervisione: mi costringono a tenere costantemente aggiornati gli strumenti di cui ho bisogno per aiutarli. Altrettanto importanti sono stati gli autori, ricercatori e maestri ai quali mi sono ispirato, e che hanno preparato il terreno ed avviato la riflessione: ad essi spero di rendere adeguatamente merito nel testo. Grazie ai molti che mi hanno generosamente aiutato leggendo parti del libro e offrendomi la loro opinione: Liz Anderson, Lindsay Barton, John Cape, Colin Campbell, Robert Chapman, Ginny Clee, Geraldine Crehan, Hilary Dawson, Martin Doyle, Simon Edwards, Rich Faulding, Amanda Glass, Danny Goldberger, Paul Gordon Jeremy Holmes, Juliet Hopkins, Sally Hodges, Rob Jones, Krisna Catsaras, Andy Metcalf, Helen Odell-Miller, Nick Midgely, Graham Puddifoot, Jane O’Rourke, Asha Phillips, Sara Rance, Roz Read, Michael Reiss, Janine Sternberg, Allan Sunderland, Annie Swanepoel e Helen Wright. Un ringraziamento speciale a Teresa Robertson e Lawrence Dodgson che hanno prodotto curato le vivide illustrazioni per il capitolo sulle neuroscienze. Sono particolarmente grato a tutti gli studenti a cui ho insegnato poiché mi hanno costretto alla chiarezza e stimolato con il loro entusiasmo. Un caloroso grazie anche alla redazione di Psychology Press, ed in particolare a Lucy Kennedy e Michael Fenton. E non ultimo, sono enormemente grato a Sue e Rose che hanno pazientemente sopportato me e le mie manie e che ci sono ancora nonostante le mie troppo frequenti scomparse nella terra dei computer, del ciberspazio e dei pesanti tomi.
Nota al testo Alla fine del testo ho incluso un glossario che racchiude parole e concetti con i quali i lettori potrebbero avere scarsa familiarità; tali termini sono evidenziati in grassetto nel testo quando compaiono per la prima volta. XI
Nature culturali Inoltre, per mancanza di un termine più soddisfacente, ho impiegato ripetutamente la parola “occidentale” per indicare le influenze sociali, culturali ed economiche derivate principalmente dalla società europea e americana nonché quelle tradizioni intellettuali alle quali ha fatto riferimento gran parte del pensiero accademico, comprese dunque le scienze psicologiche. Sono tuttavia consapevole che questa parola non può assolvere all’enorme compito affidatole.
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Presentazione dell'edizione italiana di Amedeo Falci
Ci si potrebbe chiedere il motivo della nuova edizione del libro di Graham Music, ad alcuni anni di distanza dalla prima. La risposta è implicita negli stessi temi del libro. L’attenzione ai percorsi di differenziazione e crescita del bambino alla luce degli apporti della ricerca psicoevolutiva, attaccamentale e neuroscientifica, i cui continui aggiornamenti impongono una nuova edizione del libro con aggiunte e integrazioni. Caratteristica dell’approccio di Music, già conosciuta ed apprezzata nell’edizione precedente, è il tentativo di articolare le basi naturalistiche dello sviluppo infantile – genetica, biologia, neurobiologia, neuroscienze – con le trame sociali e culturali in cui si tessono le pratiche di accudimento del bambino, in una visione multiprospettica, sociale e antropologico-culturale che appare mancante nella pubblicistica psicologico-clinica e psicoterapeutica. Elemento ispiratore del libro è stata proprio la possibilità di intravedere linee di convergenza della grande massa di contributi di ricerche provenienti dalle scienze della mente, dalla biologia, dalla genetica, dall’etologia, dagli studi sulle prime relazioni sociali e psicologiche dell’infanzia, e da altre aree prossimali. Queste convergenze di nuove idee e competenze costituiscono un ineludibile aggiornamento scientifico per quanti sono interessati professionalmente alla psicologia e psicopatologia evolutiva, alla psicoanalisi, alla psicoterapia, alla psichiatria. Inoltre, la conoscenza di nuovi apporti rappresenta un efficace banco di verifica di teorie e modelli, sia attraverso una loro integrazione con dati della ricerca empirica, sia attraverso una potatura di modelli esplicativi superati o disconfermati. Il confronto interdisciplinare consente altresì di valutare l’omogeneità di paradigmi prevalenti nei vari settori di ricerca scientifica. Ad esempio, il paradigma delle fasi psicolibidiche della prima psicoanalisi non appare compatibile con il paradigma sistemico etologico dei modelli attaccamentali, né con modelli relazionali e intersoggettivi di indirizzi più moderni della psicoanalisi. Né con la visione dello sviluppo relazionale e intersoggettivo della ricerca evolutiva infantile. E tantomeno con il paradigma cognitivo-informazionale usati dalle neuroscienze. Così come un paradigma del funzionamento mentale come sistema chiuso non riesce a contemplare le interazioni tra menti come sistemi aperti e interconnessi, e le flessibilità dialogiche tra dispositivi innati e contesti ambientali e antropologici. XIII
Nature culturali Del resto una nuova sensibilità della psicoanalisi ad una integrazione delle sue fondative intuizioni e dei suoi paradigmi classici con le conoscenze di altri campi è il risultato di indirizzi psicoanalitici più attenti al ruolo dei fattori ambientali nelle prime relazioni del bambino, e anche di una certa rilevante influenza su di essa esercitata dagli studi sull’attaccamento e dagli studi dell’infant research, che hanno permesso il passaggio verso una concezione plurifattoriale dello sviluppo infantile. Il libro di Graham Music rappresenta un’intelligente, competente ed aggiornata guida per orientarsi in questo vasto territorio di confluenze interdisciplinari che vanno emergendo tra i vari saperi, arricchendoli ma anche sollecitando la creazione di nuove branche. Perno paradigmatico del libro, in continuità con il precedente, è l’intersezione tra natura e cultura, su sui si sono interrogate le scienze dal ’700 ad oggi, e che hanno caratterizzato una dicotomia fondamentale di tutto l’’800. La questione in oggetto viene invece qui riletta nei termini di una prospettiva integrazionista che permette di superare la classica dicotomia, e rappresenta la linea guida di tutte le argomentazioni del libro, secondo una continua intersezione tra fatti di ordine naturale e fatti di ordine culturale e ambientale. Importante, come già nella presentazione della prima edizione del libro, fornire qualche spiegazione sul titolo, la cui formulazione come ossimoro e come paradosso non è stata semplice poter rendere efficacemente in lingua italiana. Sappiamo tutti che ‘tradurre’ e ‘tradire’ hanno delle inquietanti parentele, etimologiche e semantiche, e nella resa di questo titolo la vicinanza di questi due verbi è stata quanto mai pericolosamente vicina. Il gioco di parole del titolo ‘Nurturing natures’ non potrebbe essere compreso appieno se non ricordassimo che i due termini, in lingua inglese, sono in una collocazione obbligata e oppositiva: ‘nature versus nurture’ – natura contro cultura. Non dissimilmente che nella lingua italiana nella collocazione altrettanto oppositiva del binomio ‘natura/cultura’. L’opposizione di ‘nature’ a ‘nurture’ equivaleva, nel linguaggio della scienza ottocentesca, all’opposizione, nell’individuo, nelle scienze umane e naturali, di due fondamentali categorie concettuali: le determinanti naturalistiche, ereditarie, innate, e le determinanti acquisite dell’esperienza sensoriale e culturale. Opposizioni concettuali che, pur nel loro schematismo, rappresentavano due ottiche diverse sotto cui organizzare i campi dei dispositivi naturali da un lato, e dei dispositivi di apprendimento culturale dall’altro.
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Presentazione dell’edizione italiana
La scelta del titolo, ‘Nurturing natures’, sta ad indicare una duplice accezione. ‘Culturalizzare i dispositivi di natura’ – se intendiamo ‘nurturing’ come verbo e ‘natures’ come complemento oggetto. Ma sta ad indicare anche ‘nature impregnate di processi culturali’ – se intendiamo ‘nurturing’ come aggettivale e natures’ come soggetto. Il titolo conclusivo ‘Nature Culturali’ sta in definitiva ad indicare come gli stessi dispositivi genetico-ereditari presenti nel bambino passino inevitabilmente attraverso processi di adattamento, regolazione e modulazione legati ai vari contesti culturali. Il plurale ‘natures’ indica non tanto la ‘natura’, quanto le multiformi ed innumerevoli declinazioni della natura nelle specie animali e nell’uomo. Ecco, al centro del libro sta proprio questo intenzionale paradosso: non esiste in natura qualcosa che sia natura soltanto. Tutti i processi e le manifestazioni naturali animali, e a maggior ragione umane, sono processi di una naturalità trasformata incessantemente, fin dal suo emergere, dai processi di cultura. Certamente il libro è particolarmente dedicato all’area della psicoterapia psicoanalitica del bambino, dell’adolescente e dei contesti familiari e sociali di crescita. Gli esperti nel settore potranno riconoscere tutti i nodi problematici relativi alle concezioni dell’organizzazione mentale dell’infante che sono alla base della teoria e della clinica psicopatologica infantile e della psicoterapia infantile. Le teorie sulle dotazioni innate del bambino, sulla forza intrinseca delle determinanti interne nell’organizzazione dello sviluppo, e, di contro, il valore da attribuire ai contesti ambientali, o ai contesti relazionali. L’idea guida che percorre la presentazione degli argomenti è che gli esseri umani si sviluppano sempre all’interno di un contesto sociale di accudimento. Senso generale che offre una sufficiente conferma alle concezioni winnicottiane circa l’evidenza, sia nel corso dello sviluppo, sia come conseguenza nei modelli di riferimento clinico, che il bambino è tutt’uno con il corpo e la mente della madre e con i contesti di cura e accudimento. Da cui la deduzione che lo sviluppo infantile e i suoi disturbi possano essere compresi solo in relazione alle regolazioni mentali affettive e comportamentali dei piccoli in rapporto alle loro figure di riferimento. I dispositivi biologici in cui sono geneticamente trascritte le informazioni che dettano lo sviluppo infantile dialogano dunque strettamente con le trame culturali generando adattamenti evolutivi infantili alle circostanze ambientali. Pur essendo unici e prefissati nella matrice genetico-biologica basilare, le modalità dei bambini di segnalare i propri bisogni e sofferenze – il
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Nature culturali pianto ad esempio – non solo possono avere diversi codici espressivi in rapporto alle diverse emergenze dei piccoli, ma anche ricevere vari tipi di risposte dei caregivers declinati secondo i modi delle personalità parentali e secondo i modi delle culture. È comprensibile come questa prospettiva generi un modo diverso, complesso e plurifattoriale di leggere i vari modi di sviluppo psicologico del bambino. Si tratta di una visione evolutiva infantile a cui il sapere della psicoanalisi è certamente arrivato con ritardo di vari decenni, essendosi focalizzato su una concezione congetturale, universalistica e cristallizzata dei rapporti tra bambino e madre, dedotta e confermata dalla clinica, ma priva di quel supporto di osservazioni dirette dell’infanzia e dei contesti di allevamento e cura infantile. Il percorso del libro si snoda attraverso ventuno capitoli, in buona parte rivisti rispetto alla prima edizione, partendo dalle origini dello sviluppo emozionale e sociale e dalle prime organizzazioni del sé. Una sezione consistente, la seconda, è dedicata alle cornici teoriche di riferimento, costituite dalla teoria dell’attaccamento e dai modelli delle regolazioni emotive, dai riferimenti neurobiologici dello sviluppo, e infine, un preciso riferimento all’epigenetica. La discussione sul ruolo delle matrici culturali è particolarmente sviluppata nel capitolo 7°. Mentre il ruolo dell’epigenetica nella modulazione/regolazione delle iscrizioni genetiche è particolarmente trattato nel capitolo 9° che riaggiorna il capitolo 19° dell’edizione precedente dedicato a Geni, natura e cultura, ed ancora nei capitoli 6°, dedicato all’ Attaccamento, e 8° dedicato a Biologia e cervello. La terza parte è particolarmente dedicata alle fasi dello sviluppo, all’organizzazione del linguaggio, ai processi di memoria, al ruolo del gioco, e alle questioni dell’identità sessuale e di genere. Anche nel capitolo dedicato al linguaggio, capacità emergente che viene usualmente considerata come prodotto di una capacità generativa innata, appaiono molto interessanti le documentazioni circa la dipendenza dai contesti sociali della genesi e formazione dei linguaggi. Una particolare segnalazione al capitolo sulle molteplici organizzazioni di memoria, la cui esposizione aggiornata offre a tutti gli specialisti nel campo delle scienze della mente, quadri chiari su un’area funzionale così decisiva e centrale nella clinica, nella psicopatologia traumatica, nella tecnica psicoterapeutica. Riguardo al gioco viene ricordato quanto esso sia anche oggetto di ricerca da parte delle scienze neuroaffettive, come autonoma organizzazione
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Presentazione dell’edizione italiana
emozionale, e quanto il suo valore non sia solo riconoscibile come fucina di immaginazione simbolica, e di sperimentazione di pattern sociali e intersoggetti, ma possa essere anche attività preparatoria di metacognizioni e di capacità di comprendere le rappresentazioni e gli affetti dell’altro. Nella parte quarta, sono esaminati i processi di accudimento e cura infantile, con una particolare attenzione non solo ai ruoli parentali, ma anche al ruolo di altre figure e di contesti più allargati: i fratelli, i gruppi dei pari, i padri, i contesti sociali. Sembra ormai accettata l’evidenza che i bambini della specie umana siano predisposti a relazioni di accudimento cooperativo per necessità evoluzionistiche di sopravvivenza, date le alte percentuali di rischio di morte per le madri ‘pleistoceniche’. L’evoluzione si è organizzata quindi secondo il modello: molte ‘madri’ per un bambino, ed un bambino con molte ‘madri’. Dato questo, che appare modificare abbastanza quelle concezioni psicoevolutive che postulano un quadro di unicità diadica madre-bambino, in uno sfondo di famiglia mononucleare. Tanto idealizzata la prima, quanto così di recente formazione, la seconda, nella storia dell’umanità, e così artificiose, entrambe, in quanto prodotto niente affatto di ‘natura’, ma esito di stratificazioni culturali e sociali nel corso della storia. Un lungo accudimento intenzionale, dunque, tra adulti per la cura della prole, che non è solo il contrassegno della lunga neotenica necessaria infanzia umana, ma anche, evidentemente, la testimonianza della cooperatività con cui molte altre figure fondamentali, oltre la coppia generativa biologica, si alternassero nella cura condivisa dei bambini. Citando l’autore: “Il grado e il tipo di cure non-materne varia enormemente nelle diverse società, ma in tutte quelle studiate l’attaccamento primario tende a rimanere rivolto alla madre, nonostante si formino relazioni di attaccamento anche con altri membri della comunità.” Elementi questi che certamente contribuiscono a ridimensionare quell’eccesso di focalizzazione di stampo psicoanalitico, su una relazione esclusiva, se non simbiotizzante, tra madre e bambino. La convergenza di più apporti sospinge invece l’attenzione verso un’ipotesi di accudimento plurirelazionale dove i piccoli dell’uomo entrano una serie di influenze reciproche con un insieme di figure parafamiliari, gruppali, sociali, paritarie, che soprattutto nella seconda infanzia propongono ruoli interconnessi e fondamentali. Considerazioni tutte che potrebbero confluire nella ricostruzione che lo sviluppo dei bambini avvenga secondo relazioni affettive e sociali molteplici e complesse, in cui ad ogni passaggio evolutivo, si giocano continue riorganizzazioni e rideterminazioni dell’evoluzione infantile.
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Nature culturali Ma in una trattazione sull’accudimento non poteva mancare la considerazione del discusso ruolo sostenuto dalle figure paterne, per un riposizionamento della loro funzione al riparo della consolidata concezione mitologica e ideologica che vedrebbe il padre come terzo rispetto la coppia simbiotica madre-bambino, garantendone la differenziazione e il sostegno. In realtà la ricerca sui valori accuditivi paterni non appare facile, soprattutto se si ha la cura di evitare le insidie di fraintendimenti circa presunti valori universali della figura del padre invece che considerare ruoli determinati da variabili storiche ed antropologiche. Tutte le marcature di un supposto naturalismo biologico della predisposizione materna verso le pratiche di accudimento sono state ridimensionate da studi accurati convergenti sul riconoscimento di una potenziale ed eguale sensibilizzazione, attribuibile alla figura paterna, alle cure della prole. In alcune culture, i padri mostrano capacità di contatto funzionalmente vicino, intimo e touching con i figli. Ci si può allora chiedere se le storicamente modeste cure filiali paterne nelle società occidentali non siano prodotte da stereotipi, condivisi da maschi e femmine, che si autoalimentano, rinforzando, ricorsivamente, il ruolo distante e dimissionario dei padri, e perpetuando pregiudizi e disparità tra i ruoli di genere. Le ricerche, confermando con evidente chiarezza la possibilità per i bambini di vari stili attaccamentali con figure adulte diverse, possono spiegare la grande flessibilità adattiva infantile a vari contesti ‘familiari’ nuovi ed inediti, dati in crescita nelle società occidentali. Non è il padre biologico quello che è necessario alla crescita infantile, come dimostrato nelle situazioni, sempre meno rare, di bambini allevati da madri single, da coppie lesbiche o da padri acquisiti. Appare ovvio che non è la figura del padre ad avere in sé valori positivi o negativi, ma che appare invece fondamentale il tipo di personalità e la modalità di attaccamento e di relazione che le figure adulte sono in grado di stabilire con i bambini. Appare infine dimostrato come sia piuttosto la monoparentalità, quanto essa associata a isolamento affettivo, giovane età, e carenze economico-culturali (e questo purtroppo accade più frequentemente con la figura femminile) a costituire un fattore di potenziale rischio per i figli circa lo sviluppo di minori competenze cognitive e abilità sociali, di problemi comportamentali e relazionali. La parte finale, la quinta, è dedicata alle ricadute psicopatologiche dei disagi relazionali che possono interferire con le prime esperienze dei bambini, agli effetti traumatici, e alle possibilità di recupero mediate dalle capacità di resilience. Di nuova impostazione invece il capitolo 20° dedicato a Sviluppo morale, comportamento antisociale e prosociale. Esso riprende alcune delle argomentazioni sull’empatia sviluppate nella direzione delle correlazioni con
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Presentazione dell’edizione italiana
gli stili di attaccamento, che sarebbero predittive delle attitudini prosociali del bambino. Mentre le relazioni di attaccamento sicure sono marcate da attitudini al reciproco piacere, sensibilità e reciprocità, appare molto più probabile che le esperienze di crescita di bambini abusati e traumatizzati porti alla formazione di tratti sociali caratterizzati da scarso altruismo e aggressività. Un circolo vizioso che tende a perpetuarsi sulla base della riproposizione di esperienze negative. Un modello psicoevolutivo, quest’ultimo, che fornisce anche l’occasione di mostrare quell’integrazione con i modelli neurofunzionali, che è tra le linee guida del libro. I bambini maltrattati tenderanno a presentare, da grandi, un tono vagale cronicamente più basso, mentre il loro tono simpatico sarà molto più attivato. Questi elementi porterebbero a una maggiore eccitabilità con difficoltà alla regolazione, al controllo, a un funzionamento riflessivo; generalmente, tali individui sono facilmente eccitabili, spesso in modo eccessivo; e lo stesso profilo neurofisiologico sarebbe presentato da ragazzi cresciuti in climi familiari segnati da grandi conflittualità. Tema, questo delle attitudini prosociali, che porta a interessanti considerazioni sulla formazione e lo sviluppo etico nei bambini e nei ragazzi. Certamente la ricerca psicologica conferma la forte impregnazione emozionale dello sviluppo etico, ma seguirne anche le metodologie di ricerca aiuta comprendere la maggiore complessità di indagine del tema, le varie stratificazione etiche nei fanciulli, e lo stretto intrecciarsi delle componenti cognitive ed emotive. Tutti dati che depongono per i molti passaggi diacronici necessari all’acquisizione dello sviluppo etico del bambino, una dimensione molto più articolata e sfaccettata di quanto non emerga dalle varie teorizzazioni psicoanalitiche sul Super-io. Infine, un largo spazio nel libro è lasciato alle argomentazioni, estremamente attuali, sulla tematica traumatica. Dove il necessario raccordo con i dati neurobiologici dimostra, se ce ne fosse ancora il dubbio, la devastante persistenza di effetti sul cervello, sul sistema immunitario e sul fisico. Una volta tracciata la differenza tra le diverse fenomenologie di negligenza e di abuso, ne vengono poi presentati gli effetti differenziali a distanza. Il grado di risposta ai traumi e il tipo di resilience rilanciano i quesiti che sono al centro stesso del libro: quale il peso di fenomeni di ordine genetico, quale il ruolo delle qualità di accudimento e delle esperienze attaccamentali precedenti gli eventi traumatici, o quale infine il ruolo dei fattori di svantaggio socioeconomico. In termini strettamente tecnici, appare interessante la riformulazione del concetto di difese precoci presentato nel capitolo 4°, Meccanismi infan-
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Nature culturali tili di coping, mancanza di sintonizzazione e modalità riparative della relazione, dove si fa riferimento ai meccanismi descritti dalla Fraiberg (1982) e ai modelli di eteroregolazione emozionale, tratteggiati nei lavori Music (2001), Beebe e Lachmann (2002), Tronick (2007) e altri. In questo senso il processo di mind-mindedness (Meins e coll., 2003), la propensione del caregiver a considerare il proprio bambino un agente mentale di pensieri, stati d’ animo ed emozioni, sembra essere presso la mente adulta il corrispettivo della ‘teoria della mente’ nel bambino. Termine che si riferisce al formarsi, a partire dai 4-5 anni in poi, di un dispositivo rappresentazionale mentale di secondo livello, sull’ attribuzione ad altre menti di caratteristiche operazionali, emotive e cognitive proprie dell’altro. Per cui, il possesso operativo di una ‘teoria della mente’ comporta per i bambini “acquisire la capacità di assumere il punto di vista altrui, saper uscire da se stessi, capire le intenzioni, le convinzioni e i sentimenti degli altri e distinguerli dai propri”. Tutti processi alla base dei feedback bio-sociali e della costruzione dei legami empatici. Secondo quanto scrive l’autore, “i figli di genitori mind-minded, che hanno cioè una sorta di sensibilità mentale, sviluppano le competenze necessarie per empatizzare e comprendere altre menti prima degli altri, come fanno anche i bambini di un anno con attaccamento sicuro.” Evidentemente anche qui la sfida è accettare di riflettere e studiare le forme psicologiche secondo un’ottica che non sia più quella, se vogliamo, delle osservazioni basate sulle singolarità, ma che sia quella della valutazione su più larga scala del carico complessivo dei fattori di rischio; il che è già un’indicazione di cambiamento paradigmatico. Riguardo a previsioni e valutazioni, l’apertura prospettica infine di questo libro di Music è che l’esponenziale incremento di conoscenze sul bambino, sul suo sviluppo correlato con la trama delle interrelazioni sociali e antropiche possa permetterci quanto invece appare difficilissimo, rimanendo nell’ambito della semplice psicologia clinica, della psichiatria infantile, della psicoterapia dell’età evolutiva. Vale a dire potere fare delle attendibili previsioni sugli esiti funzionali e disfunzionali dello sviluppo, tenuto conto della molteplicità dei fattori di sviluppo, comprese la variabilità ambientale e le interferenze esterne. Appaiono superate certe ingenue convinzioni circa il fatto che esiti funzionali o psicopatologici in età più adulte fossero conseguenze dirette e lineare delle primissime fasi della vita del bambino. Le conoscenze sullo sviluppo basate sulla sola interazione tra madre e bambino, non hanno garantito adeguate correlazioni con gli esiti successivi, secondo gli studi statistici ed epidemiologici. Naturalmente tutto dipende dal numero dei
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Presentazione dell’edizione italiana
fattori considerati, dai criteri e dall’accuratezza delle indagini. Riuscendo ad analizzare e a calcolare un più alto numero di fattori e eventi nodali della vita individuale sarebbe certamente più possibile tracciare correlazioni e continuità esplicative tra fasi e circostanze dello sviluppo infantile e fasi successive. Ecco dunque che un approccio scientifico alla complessità dello sviluppo infantile e delle sue interferenze potrebbe permettere di articolare previsioni di rischio e di intervento in grado di apportare cambiamenti concreti per il futuro dei bambini. Il libro di Music porta una serie di esempi in cui interventi e tempestivi eventi correttivi siano stati in grado di correggere situazioni di partenza potenzialmente patologiche, a conferma della relativa plasticità dello sviluppo dei bambini in cui vanno valutate sia le zone di sensibilità e di vulnerabilità eccessiva, sia le capacità di adattamento, resilience e vitalità. Molto in questo senso dipende dalle famiglie, dalla qualità di responsività parentale, dai contesti sociali e dalle culture in cui è embedded il bambino. Tuttavia la capacità di migliorare i contesti di accudimento infantile, di sensibilizzare e aiutare la capacità parentali, di formare ed informare il personale dedicato che si occuperà di valutare e aiutare la crescita dei bambini, dipende soprattutto ed in primo luogo dalla sensibilità e intelligenza degli operatori specializzati nell’essere in grado di incrementare la loro formazione di base con gli aggiornamenti provenienti dalle più accreditate discipline scientifiche sullo sviluppo psicologico infantile. Compito a cui questa nuova e aggiornata edizione del libro di Graham Music ottempera approfonditamente ed egregiamente.
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Capitolo 1 Introduzione Il cieco e l’elefante
Argomento del libro è l’evoluzione a individuo psicologico, emotivo e sociale di quel gomitolo di eredità biologiche che è il piccolo del genere umano. Citerò a tal fine i risultati delle numerose e stimolanti ricerche portate avanti negli ultimi anni con sempre maggiore rigore. Si tratta di un argomento vasto e complesso e le nostre conoscenze sullo sviluppo dall’infanzia all’età adulta e su come i primissimi anni di vita influenzino il funzionamento successivo sono cresciute oltre misura. Da qui la necessità di questa seconda edizione, proprio per dare conto del progresso rapido ed inarrestabile della ricerca. Sebbene si sia scritto molto, le conoscenze acquisite sono disseminate in testi accademici, saggi e articoli di riviste specializzate e spero di aver condensato qui, in una forma assimilabile, gran parte di queste ricerche così da fornire una conoscenza di base solida e anche un trampolino per successive esplorazioni.
Natura e cultura L’importanza relativa della natura o della cultura, cioè se le persone nascano con una personalità già formata o se siano maggiormente influenzate dalle esperienze maturate, è un tema ricorrente nel libro e oggetto di dibattito sin dai tempi più antichi. Nel dopo guerra, molti affermavano che gli esseri umani fossero pagine bianche da compilare sotto l’influenza dei genitori o di altre figure (Pinker, 2002), mentre la visione opposta, sviluppata sempre più dai sostenitori del primato delle influenze genetiche, afferma che i genitori non influenzano poi così tanto lo sviluppo dei bambini (Harris, 2009). Queste affermazioni sono entrambe troppo semplicistiche e oggi sappiamo che né la natura né la cultura sono dominanti. I bambini nascono con caratteristiche temperamentali e corredo genetico differenti, e se sottoponiamo cento bambini a influenze simili, ciascuno di loro risponderà in maniera diversa, anche se vedremo emergere pattern comuni. Per esempio, i bambini che crescono in orfanotrofi miseri e hanno scarsi contatti umani, hanno meno probabilità rispetto alla media di acqui-
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Nature culturali sire buone capacità linguistiche, di stabilire un attaccamento sicuro con gli adulti o una buona comprensione della mente e delle emozioni degli altri. Sarà valida per tutto questo lavoro l’idea di fondo che gli esseri umani si sviluppano sempre all’interno di un contesto. Una famosa affermazione dello psicoanalista Winnicott (1958) recita: «non esiste una cosa come un bambino», intendendo che possiamo capire un bambino solo in relazione alla mente e al comportamento di chi lo circonda; ma anche i teorici sistemici affermano da lungo tempo che la comprensione dell’individuo non può prescindere dalla conoscenza del contesto in cui si sviluppa (Bateson, 1972). Io provo a non perdere di vista la prospettiva bioecologica sullo sviluppo umano (Bronfenbrenner, 2004), tenendo conto dell’eredità biologica ma anche dei vari sistemi che la contengono, siano essi i micro-sistemi che circondano il bambino, quali la famiglia, la scuola o il quartiere, o i macro-sistemi sociali più ampi. Siamo sempre più consapevoli della complessità dei contesti e del modo non lineare in cui avviene lo sviluppo. Già durante il rapporto sessuale, anzi da prima, le influenze sono innumerevoli. Con il concepimento si riceve immediatamente l’eredità genetica dei genitori, e dunque il nuovo feto è già portatore di tutta una serie di predisposizioni biologiche, ma interagisce con il suo ambiente, influenzandolo ed essendone influenzato, sempre in modo bidirezionale. A seconda della cultura di appartenenza, durante lo sviluppo il feto ascolterà e ricorderà suoni diversi già all’interno dell’utero, assorbirà odori diversi, e sarà soggetto a ritmi diversi. Qualche feto condivide il grembo materno con un gemello, anche questa un’esperienza diversa per ciascun feto. Se la madre vive in uno stato mentale molto ansioso, gli ormoni dello stress attraversano la placenta e interessano il bambino non ancora nato. La combinazione di eredità genetica e influenze prenatali può far sì che alcuni neonati siano molto fragili alla nascita e difficili da calmare, mentre altri sono più robusti o tranquilli. Anche i genitori sono più o meno competenti e vivono in ambienti più o meno stabili o supportivi, e l’incontro di ogni coppia madre-bambino produce modelli e potenziali relazionali unici. Questo libro esaminerà i fattori che rendono lo sviluppo della personalità comprensibile se non addirittura prevedibile, e i numerosi elementi che possono influenzare gli esiti futuri: ci sono fratelli maggiori intorno ad influenzare lo sviluppo del bambino? In quale cultura è allevato il bambino, avendo sempre intorno a sé molti adulti, come nelle società di cacciatori-raccoglitori, oppure a casa con una madre isolata, infelice e priva di esperienza? Questo bambino è nato in una cultura che crede che i bambini debbano essere sempre tenuti vicino a sé o in una che ritiene che debbano essere lasciati in fondo al giardino dentro la carrozzella? Il bambino è stato
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Capitolo 1 - Introduzione atteso a lungo e desiderato o è il risultato di un incidente? Se la madre è insicura, il bambino ha comunque accanto un padre con esperienza, amici o nonni? I genitori vivono in uno stato di agiatezza o sulla soglia della povertà, vivono in un quartiere ricco o in un ghetto urbano, dove dilaga la violenza? Da qualche anno a questa parte comprendiamo molto meglio tali traiettorie, che comunque seguono di rado un percorso lineare da X a Y e infatti la ricerca dei nostri giorni applica spesso i principi della fuzzy logic (Kosko, 1993). Non possiamo più semplicemente chiederci, ad esempio, se sia opportuno far ricorso ai servizi di assistenza all’infanzia per i bambini piccoli, ma la questione è diventata che tipo di struttura (asili nido, bambinaie o baby-sitter), di che qualità, per quale tipologia di bambini e di quale contesto di provenienza, a che età, e anche se un tipo di servizio ha effetti sullo sviluppo cognitivo o emotivo. Ogni fattore aggiunto all’equazione incrementa la complessità ma aiuta a comprendere. Nella prima edizione di questo libro lasciavo intendere che la tradizionale controversia natura-cultura fosse divenuta meno rilevante e negli ultimi anni l’esplosione della ricerca epigenetica ha fugato ogni dubbio sul fatto che i nostri geni si esprimono in modo del tutto differente a seconda delle esperienze che viviamo. Nonostante il progetto sul genoma umano abbia alimentato grandi speranze, ora sappiamo che l’eredità biologica, per quanto fattore determinante non è l’unico, cosa che diventerà evidente nei capitoli successivi.
Prospettive multiple A causa, probabilmente, delle numerose prospettive necessarie oggi per capire lo sviluppo umano, mi è tornata in mente l’antica fiaba indiana del cieco e dell’elefante. Ogni cieco toccava una parte differente del corpo dell’elefante, la zanna, la proboscide o la zampa, ed erano in disaccordo tra loro su quale fosse la vera forma dell’elefante, e dunque il cieco che aveva toccato la zampa era convinto che l’elefante avesse la forma di una colonna, mentre quello che aveva toccato l’orecchio insisteva che fosse come il ventaglio. La stessa cosa accade a volte quando pensiamo allo sviluppo dei bambini. Grazie alle maggiori conoscenze acquisite con le neuroscienze, sappiamo in che modo esperienze diverse agiscono sullo sviluppo del cervello; questa però, è ancora solo una piccola parte della storia. Dagli studi di antropologi e storici abbiamo appreso che il modo di allevare i bambini cambia seguendo il succedersi di culture e epoche, mentre altri aspetti del mitico elefante vengono messi in luce grazie a chiavi di lettura fondamenXXV
Nature culturali tali quali la teoria dell’attaccamento, la psicologia sociale e dello sviluppo, l’interazione madre-bambino, le teorie psicoanalitica e sistemica, le scienze del comportamento e cognitive, la genetica e la teoria evoluzionista: ciascuno illumina diversi aspetti del mitico ‘elefante’. Talvolta citerò anche ricerche su altri animali, topi o scimmie, anche se quello che è vero per un animale non sempre può essere applicato agli umani; tipico esempio ne è l’errata interpretazione della ricerca sul bonding, il legame primario tra madre e bambino. Le oche dalle zampe grigie riescono a instaurare il legame con la prima creatura che vedono dopo la nascita, ma gli umani no. Tuttavia riporterò le ricerche sugli animali, laddove ritengo che siano illuminanti per lo studio dello sviluppo umano, come ad esempio quella che rivela come la risposta allo stress o al terrore è simile negli umani e nella maggior parte dei mammiferi. Per dovere di brevità mi tratterrò dal descrivere in dettaglio le diverse metodologie di ricerca usate negli studi che citerò, sebbene speri che rimanga evidente l’ingegnosità sperimentale dei ricercatori; rimando coloro i quali fossero interessati ai dettagli della metodologia di ricerca a testi più specialistici (e.g. Breakwell, 2006; Coolican, 2009). Ad esempio, sebbene i bambini non sappiano parlare, i ricercatori riescono a intuire che, per esempio, preferiscono i volti umani, e questo lo scopriamo osservando quali sono le foto che guardano di più o attraverso la misurazione di parametri fisiologici come il battito cardiaco. Alcuni tipi di ricerca analizzano le esperienze infantili in ogni minimo dettaglio, esaminando, per esempio, la risposta fisica dei bambini che perdono improvvisamente l’attenzione della madre. Queste ricerche sono per lo più qualitative, esaminano le esperienze delle persone, usano l’osservazione e interpretano i significati; altre invece sono di più ampia portata e quantitative, e spesso studiano campioni di dati molto ampi, utilizzando calcoli complessi in studi longitudinali e di coorte alla nascita per desumere l’effetto prodotto da esperienze quali il maltrattamento. Alcune ricerche sono condotte in situazioni di vita reale, come quelle sullo sviluppo del linguaggio che sono portate avanti in ambiente domestico, mentre altre si basano su esperimenti artificiali di laboratorio, come quando si osserva quale parte del cervello si attiva se si mostrano ai soggetti foto che suscitano allarme. Ogni forma di conoscenza aggiunge dettagli al quadro generale. Possiamo provare a comprendere esperienze particolari, come il fatto che la maggior parte dei bambini di un anno piangono se lasciati soli dalla mamma, ma ci serve anche capire come questo si collega all’esperienza generale, perché non tutti i bambini di un anno piangono quando sono lasciati soli. Potremmo scoprire che alcuni bambini nascono predisposti al pianto più di altri per temperamento, ma anche che altri si
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Capitolo 1 - Introduzione abituano a essere lasciati soli e imparano a non piangere. Da qui, possiamo esaminare i campioni, per esempio quello dei bambini che non piangono, e scoprire se esperienze passate simili generano effetti a lungo termine simili. Ogni tipo di ricerca ha punti di forza e di debolezza; alcuni pensano che i micro-studi siano troppo piccoli per essere generalizzati, e altri che enormi meta-analisi di dati, come ad esempio gli effetti della trascuratezza emotiva nelle varie culture, non mettano a confronto di fatto fenomeni della stessa natura. Mi sono molto basato su articoli pubblicati dopo revisione dei pari, alcuni dei quali potrebbero essere senza dubbio decostruiti metodologicamente e criticamente, altri invece sostituiti o considerati da angolature differenti andando avanti nel tempo. Spero che, facendo un bilancio, le ricerche da me citate siano interessanti, utili e affidabili. Anche le aspettative e i condizionamenti inconsci dei ricercatori possono influenzare i risultati. Un esempio classico è quello dei ricercatori ai quali era stato detto (erroneamente) che i ratti che impiegavano per i loro esperimenti erano stati allevati per essere bravi a muoversi nei labirinti. Questi ratti, in test che avrebbero dovuto essere oggettivi, finirono per orientarsi molto meglio nel labirinto rispetto a quelli sui quali i ricercatori avevano avuto indicazioni opposte (Rosenthal e Fode, 1963). L’osservatore spesso influenza l’oggetto osservato, specie se questo è vivo e senziente, come dimostrato da un altro vecchio esperimento (Rosenthal e Jacobson, 1968). Ad alcuni insegnanti fu detto che a seguito di test somministrati ai loro allievi, era emerso che alcuni bambini avrebbero realizzato un balzo in avanti nell’apprendimento. Di fatto, non vi era nulla di vero e l’attribuzione di tale previsione era stata casuale; tuttavia l’impatto sulle aspettative inconsce degli insegnanti fu rilevante e questi bambini migliorarono enormemente il loro rendimento scolastico. Poiché condizionamenti così sottili possono insinuarsi nella pratica della ricerca, è saggio conservare una dose di cautela. Accade anche che ricerche si basino su presupposti errati. Un buon esempio sono state le prime ricerche in America negli anni ’50, ricerche che in apparenza provavano che avere un padre presente nella propria vita rendeva un ragazzo più mascolino (Leichty, 1978). La prova sembrava a portata di mano. I ricercatori svilupparono una misura per la mascolinità e scoprirono che i figli i cui padri passavano del tempo con loro mostravano maggiormente quei tratti mascolini; oggi invece, i ragazzi i cui padri passano più tempo con loro hanno spesso maggiore capacità di socializzazione e assumono un ruolo di genere meno rigido (Barker et al., 2004). Ai bambini naturalmente piace emulare coloro che amano e ammirano, e nell’America degli anni ’50 il modello era spesso improntato ad una forte virilità, che al giorno d’oggi ha meno presa. I ricercatori del tempo probabilmente rispo-
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Nature culturali sero alla domanda nel modo migliore possibile, con i mezzi a disposizione, ma muovevano da presupposti sbagliati. Burman (2007), in particolare, ha efficacemente chiesto un approccio critico alla ricerca evolutiva e ha messo in guardia dal far ricorso a una ricerca che nasconda presupposti normativi e morali tra le sue pieghe. Le idee su ciò che è normale nascondono troppo spesso condizionamenti culturali e di altra natura. Non è mai utile accettare le metodologie di ricerca in modo acritico, anzi ne consiglio sempre una lettura critica, sebbene sia ovvio per tutti che le credenze su cos’è vero cambiano nel tempo e gli scienziati potrebbero vedere solo una versione della realtà (Kuhn, 1970), e spesso quella dominante dal punto di vista culturale (Feyerabend, 1993). Sono anche d’accordo con l’idea di Popper (1959) che dovremmo sempre verificare le nostre idee, e che i buoni scienziati sono sempre pronti ad essere smentiti. Nel mio lavoro muovo dal presupposto che si può onestamente cercare di avvicinarsi a ciò che sembra più vero, secondo la definizione corrente di verità. La nostra conoscenza è sempre provvisoria, e siamo come ciechi che brancolano nel buio. Il mio interesse, però, risiede essenzialmente in quello che possiamo imparare dalla ricerca e non nel decostruirne i risultati. Oggi raccogliamo informazioni da settori differenti che ci aiutano e ci danno maggiore sicurezza nella ricerca di un punto di vista sempre più realistico. Ho dovuto inevitabilmente lasciar fuori da questo libro molti argomenti ai quali farò solo cenno, come per esempio lo sviluppo cognitivo del bambino, perché lo spazio non lo permetterebbe e anche perché è stato trattato in modo più che adeguato da molti testi tradizionali di psicologia evolutiva. Allo stesso modo, questo non è un libro sullo sviluppo fisico e principali tappe evolutive; ho però cercato di dare enfasi principalmente alle questioni emozionali, sociali e psicobiologiche.
Bambini non nutriti e bambini selvaggi Sin dal concepimento, l’essere umano in fase di sviluppo è influenzato dal suo ambiente e lo influenza allo stesso tempo. Alcuni bambini ricevono cure amorevoli e attente, altri subiscono violenze e abusi, alcuni invece ricevono pochi stimoli umani e sono lasciati per lo più a sé stessi. Gli esseri umani sono sopravvissuti così bene grazie, in parte, alla straordinaria versatilità nell’adattarsi ad ambienti diversi. Così come vi sono popolazioni che vivono benissimo tra le nevi artiche o ad alta quota, dove l’ossigeno è rarefatto, o nel deserto del Sahara, allo stesso modo gli esseri umani riescono a sopravvivere e a svilupparsi se ricevono cure amorevoli ed empatiche o severe e rigidamente scandite, o persino se sono abusati o trascurati. XXVIII
Capitolo 1 - Introduzione Il cervello in fase di sviluppo crescerà in maniera diversa in ognuna di queste situazioni. Questa circostanza è definita dipendenza dall’esperienza (experience dependence), il che suggerisce che lo sviluppo del cervello cambia a seconda del tipo di esperienza vissuta. Esiste anche la cosiddetta aspettativa dall’esperienza (experience expetance), per indicare gli stimoli che gli esseri umani sono predisposti ad aspettarsi e senza i quali alcune caratteristiche più comuni non si sviluppano. Cibo, acqua e ossigeno sono ovvi esempi fisiologici. Un gattino ha bisogno di luce perché si sviluppino le sue capacità visive e se bendato durante un periodo critico del suo sviluppo, non vedrà mai normalmente (Hubel e Wiesel, 1970). Allo stesso modo, i bambini hanno bisogno di certe esperienze perché capacità, come quella del linguaggio, maturino completamente. Cosa che non è avvenuta per alcuni bambini, studiati a fondo, che hanno vissuto nei peggiori orfanotrofi istituzionali (Rutter et al., 2007). Citerò più avanti alcune ricerche che mostrano come solo alcuni di questi sono riusciti a recuperare il ritardo rispetto ai loro pari, mentre altri sono rimasti indietro nel linguaggio, nelle abilità sociali e nello sviluppo fisico. Come vedremo abbiamo bisogno di particolari esperienze per attivare e mettere in circolo capacità come l’empatia e l’altruismo. Questo smentisce il mito del buon selvaggio (Rousseau, 1985) che cresce non contaminato dalle influenze della civilizzazione, e allo stesso tempo suggerisce che per rendere le persone adeguatamente umane (indipendentemente da cosa significhi per noi) sono necessarie esperienze precise. L’assenza dell’atteso contatto umano può avere conseguenze devastanti nei bambini, che spesso sono descritti come selvaggi o inselvatichiti, nel senso di essere privi di influenze civilizzanti, subumani o allo stato brado. A questi bambini mancano quelle esperienze delle prime fasi di vita che gli altri per lo più hanno, come le cure primarie e l’apprendimento attivo da relazioni di vicinanza. I bambini assorbono e imparano a partecipare delle regole culturali e dei modi di essere, quello che il sociologo Bourdieu (1977) chiama l’habitus. Alcuni bambini però, hanno a disposizione meno, o molto poca, vita umana alla quale adattarsi e dalla quale imparare. Nei secoli si è scritto molto sui bambini selvaggi, bambini dei quali si pensava che fossero stati allevati senza stimoli umani o che, secondo i racconti, vivevano addirittura insieme agli animali. Sebbene tali storie siano più aneddotiche che scientifiche, ve ne sono però un numero sufficiente per trarne elementi coerenti. Esempio tipico è quello di Peter il ragazzo selvaggio, trovato nei boschi nei pressi di Hannover nel 1725. I racconti che lo descrivevano erano pieni di affermazioni interrogative sul suo essere uomo o bestia; si arrampicava sugli alberi, s’ingozzava di carne a mani nude, non aveva il senso della moralità né alcuna abilità linguistica, e nessuna
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Nature culturali capacità di prendere sul serio il punto di vista di un altro. Anche Kamala e Amala, secondo quanto riportato, furono scoperti a vivere in una tana di lupi in India, e altri famosi resoconti riguardano Caspar Hauser o Viktor, il ragazzo selvaggio di Aveyron, descritto come un ragazzo disgustoso e trascurato, affetto da movimenti spasmodici, e di frequente soggetto a convulsioni... indifferente a tutto e senza riguardi per nessuno (Itard, 1802). Sebbene non sia possibile garantire l’accuratezza di tutte queste storie, se le accostiamo alle evidenze e ai resoconti recenti, tutti frutto di indagini accurate, relative agli orfani deprivati e ad altri bambini trascurati, si osservano effetti ripetuti e costanti quando i bambini non ricevono gli stimoli che preparano all’esperienza, e che sono necessari al fine di svilupparsi in quanto esseri sociali e culturali. Questi bambini spesso non giungono mai ad uno sviluppo completo del linguaggio, nonostante gli sforzi enormi da parte degli educatori, e hanno solo un senso rudimentale dei sentimenti propri e di quelli altrui. Molti rubano e sono del tutto privi di rimorso. Queste storie rivelano che sebbene lo sviluppo umano possa assumere forme diverse, i bambini non riescono a crescere bene se privi di un certo tipo di esperienze. Rimane tuttavia controverso che cosa sia esattamente necessario per diventare esseri umani, e molto di quello che si ritiene necessario deriva a volte da credenze culturali o pregiudizi. Questi temi saranno centrali nel mio libro. Queste scoperte sollevano un altro tema centrale di questo libro: diventare una persona, provvista di quello che è comunemente chiamato il senso di sé, richiede che si ricevano moltissimi stimoli da altre persone sin da quando veniamo al mondo, ed anche che facciamo esperienza di noi secondo quanto ci viene rimandato attraverso gli occhi e le menti di chi ci circonda (Winnicott, 1996). Il senso di sé di una persona, dunque, nasce dall’esperienza di essere nella mente degli altri, esperienza senza la quale esso semplicemente non si sviluppa. In questo libro è centrale l’idea, illustrata da molte delle ricerche che riporterò, che il senso di sé si co-costruisce ed è sociale. Rochat (2009) esprime questo concetto in modo efficace quando dice che, se esiste quella cosa che chiamiamo sé, esso non si trova solo dentro l’individuo ma anche nell’intersezione tra l’individuo e l’altro con cui interagisce. Gran parte del libro affronta quest’idea centrale sottolineandone i dettagli.
I capitoli Ho sentito la necessità di questa nuova edizione per informare sulle numerose ricerche pubblicate negli ultimi cinque anni e dunque ho aggiornaXXX
Capitolo 1 - Introduzione to e rivisto ogni capitolo proponendo la bibliografia più recente. Su alcuni capitoli sono intervenuto in modo più deciso e sono stati sostanzialmente riscritti, come quelli sulla neurobiologia, l’epigenetica e l’adolescenza; ho anche aggiunto un capitolo sulle radici dello sviluppo morale e del comportamento pro o anti-sociale. Nei capitoli iniziali descriverò gli elementi chiave delle prime fasi dello sviluppo. Il nostro viaggio inizierà con la vita prenatale ed il processo della nascita; vedremo come il feto sia un essere attivo, che impara, interagisce e con un carattere in via di formazione, pur essendo allo stesso tempo influenzato dallo stato mentale della madre. In seguito descriverò le predisposte capacità di relazionarsi agli altri esseri umani, di adattarsi e rispondere allo specifico ambiente emozionale nel quale nasce, sia esso amorevole o freddo, felice o depresso. Nel capitolo quattro descriverò le strategie alle quali persino i bambini piccoli fanno ricorso per fronteggiare esperienze difficili, come l’essere trascurati, utilizzando posizioni difensive che a volte diventano tratti della personalità. Vedremo che queste strategie si presentano sempre all’interno di un processo relazionale, che cure genitoriali diverse influenzano il bambino in modo diverso, ma che, analogamente, bambini diversi inducono cure genitoriali diverse. Nel capitolo cinque descriverò poi come si sviluppano l’empatia e la capacità di comprendere la mente altrui e cosa facilita o ostacola tale capacità; in particolare, descriverò in che modo la presenza di un adulto interessato ai sentimenti e ai pensieri del bambino pesa sul modo in cui questi comprende le emozioni proprie e altrui. I quattro capitoli successivi tratteranno ciascuno un argomento che fornisce una chiave di lettura di molte delle ricerche presentate nel libro. Nel capitolo sei tratterò in primo luogo della teoria dell’attaccamento e, in particolare, del modo in cui la diversa sensibilità dei genitori porta i bambini a sviluppare diversi stili di attaccamento. Poi, nel capitolo sette, mi occuperò della cultura, poiché come per l’attaccamento, la comprensione delle differenze culturali, oltre a rivestire interesse di per sé, è anche centrale nella riflessione su molti di questi temi. Esaminerò come cambia nelle diverse società e, in particolare, dalle culture più collettivistiche a quelle più individualistiche, il modo di allevare i bambini. Nel capitolo otto introdurrò formalmente la neurobiologia, disciplina esplosa negli ultimi anni, concentrandomi in particolare sull’influenza dell’esperienza sullo sviluppo del cervello e su come traumi e stress abbiano un impatto sull’architettura neuronale, il sistema nervoso e sui programmi di rilascio ormonale. Successivamente nel capitolo nove, completamente nuovo, parlerò dell’epigenetica, disciplina in veloce evoluzione, e della complessa interazione tra ambiente e geni. Ciascuno dei capitoli successivi descriverà altri
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Nature culturali aspetti fondamentali dello sviluppo. Il capitolo dieci sarà incentrato sul linguaggio e su come esso sia intrecciato con lo sviluppo emotivo e sociale; individuerò i precursori del linguaggio nella musicalità della comunicazione madre-bambino, e illustrerò come l’acquisizione del linguaggio e le abilità della Teoria della Mente siano strettamente connesse. Nel capitolo undici vedremo in che modo il passato influenza le esperienze successive ed in particolare esaminerò diversi tipi di ricordi, quelli che tornano alla coscienza e altri che costituiscono un modo di essere abituale e si apprendono da esperienze passate. Affronterò anche la questione controversa dei ricordi rimossi e della nota inaffidabilità della memoria. Oggetto del capitolo dodici saranno il gioco e quello che ci dice dello sviluppo dei bambini, ed anche il gioco come stimolo allo sviluppo. Discuterò del ruolo del simbolismo ma anche del saper divertirsi e trovare godimento ed esaminerò in che modo il contenuto del gioco rivela molto dello stato psicologico di un bambino. Il capitolo finale di questa sezione affronterà un’altra questione controversa, le differenze di genere, ed esaminerò con cura i ruoli relativi delle influenze sociali e biologiche nel determinare l’identità di genere, e il modo simile e allo stesso tempo diverso, in cui i ragazzi e le ragazze si sviluppano. In un libro come questo si corre il rischio di concentrarsi troppo sulle madri, anche perché una parte preponderante della ricerca sui bambini muove da come le madri interagiscono con i loro bambini. Questo potrebbe indurre a colpevolizzarle e a criticare la genitorialità. Con i capitoli dal quattordici al diciassette, però, tenterò di ristabilire un equilibrio, spostando l’attenzione su altre figure cruciali per lo sviluppo del bambino, diverse dalla madre. Illustrerò in che modo gli esseri umani si sono evoluti fino ad arrivare a crescere l’evoluzione dei figli in gruppo, con l’aiuto di caregiver alternativi a volte chiamati allogenitori, come per esempio nonni e ragazze adolescenti. Si valuterà anche l’impatto di diversi sistemi di assistenza all’infanzia, come gli asili nido. Nel capitolo quindici descriverò le influenze di coetanei e fratelli specialmente quando i bambini entrano nella seconda infanzia, età della quale descriverò gli sviluppi psicologici e neurobiologici in aggiunta alla descrizione dell’importanza dei processi di gruppo e di appartenenza. Nel capitolo sedici, distogliendo l’attenzione dalle madri, discuterò del padre e della paternità in relazione ai vari contesti culturali, anche per evidenziare lo specifico contributo che forniscono alla crescita dei figli. Poi si affronterà l’adolescenza, un periodo in cui i genitori generalmente perdono la centralità che hanno avuto nella vita del bambino. Vedremo in che modo l’adolescenza si collega alla prima infanzia, pur rimanendo una fase ben distinta, e quanto il cervello dell’adolescente si sviluppi velocemente. Altro contributo a questa edizione sono cenni alle
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Capitolo 1 - Introduzione ricerche in corso sugli effetti di Internet e dell’esposizione prolungata agli schermi dei diversi dispositivi elettronici. Arrivato vicino alla conclusione, mi domanderò quale sia l’effettivo l’impatto delle prime esperienze sulle successive traiettorie della vita. Il capitolo diciotto tratterà un argomento non molto piacevole: effetti di trauma e trascuratezza [neglect] sui bambini e loro implicazioni sullo sviluppo. Traccerò una distinzione tra trauma e trascuratezza, ed evidenzierò alcune varianti, come l’attaccamento disorganizzato. Nel capitolo diciannove, poi, procederò esaminando le esperienze positive, la resilienza, e i fattori in grado di promuovere il benessere emotivo. Il capitolo venti è anch’esso nuovo e si occupa dello sviluppo morale, delle radici dell’essere pro o anti-sociale e della misura in cui la vita morale si basa su capacità emotive o cognitive. Nel capitolo finale riassumo e riesamino la questione degli effetti delle conseguenze nel lungo termine delle esperienze accumulate nei primi anni di vita. Mi sono dato come compito fondamentale quello di presentare le novità della ricerca e dunque questo libro deve essere accurato e affidabile, sebbene in pochi casi lo sguardo potrà essere neutrale. La riflessione e gli interrogativi sul periodo neonatale, sulla prima infanzia, le cure genitoriali o sul processo della nascita evocano grandi passioni e opinioni forti, ed attivano ricordi, desideri, rimpianti e dolori, cosa che rende inevitabilmente difficile una lettura puramente fattuale. Sebbene io abbia le mie convinzioni, consapevoli o inconsapevoli, ho provato a non prendere posizione sulla bontà o meno delle pratiche attuali, posizione dovuta meno alla mia convinzione che la scienza sia neutrale e più alla consapevolezza da me maturata di quanto siano transitorie e fluttuanti le certezze scientifiche e morali. Mi auguro piuttosto che le scoperte qui discusse riescano ad illustrare la portata enorme del potenziale di sviluppo psicologico ed emotivo di cui neonato e bambino sono capaci. Le questioni poste in questo libro non sono solo accademiche. Quando i politici discutono, per esempio, del fatto che i padri dovrebbero trascorrere più tempo con i figli e che le famiglie monoparentali non sono l’ideale, possiamo esaminare i dati e vedere se tali idee hanno fondamenta solide. Allo stesso modo la ricerca può fare chiarezza sugli effetti delle pratiche di accudimento dei bambini o del modo in cui si interagisce con loro, per poi informare i genitori e i professionisti. Sebbene questo non sia un libro sul come fare e non dispensa consigli, spero che le ricerche diventino una guida per le persone che lavorano con i bambini e le famiglie, e che riescano a incidere nel momento in cui si predispongono i servizi ad essi dedicati. Io lavoro alla Tavistock e alla Portman Clinic di Londra, che per molti decenni ha offerto servizi di psicoterapia di alta qualità, insieme a
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Nature culturali ricerca e formazione per migliaia di professionisti. Qui Bowlby ha elaborato e sviluppato la teoria dell’attaccamento, e qui è nata la formazione in psicoterapia infantile e in terapia familiare in Gran Bretagna. Le ricerche cui faccio riferimento nel libro sono quel tipo di ricerche che informano il lavoro professionale mio e dei colleghi. I sentimenti forti sono inevitabili quando si studiano questi aspetti dello sviluppo umano. Noi tutti siamo stati trattati in modo molto diverso dai genitori o dalle figure di cura, e abbiamo sofferto per arrabbiature, delusioni, e in alcuni casi per perdite terribili o esperienze orribili. Molti lettori sono genitori, e alcuni di loro sono stati influenzati dalle proprie storie emotive nei comportamenti assunti con i propri bambini. Per alcuni questa consapevolezza arriverà troppo tardi, e si rammaricheranno moltissimo del fatto che queste conoscenze non fossero disponibili quando erano genitori, o quando i loro genitori si prendevano cura di essi; e si chiederanno, malinconicamente, se le cose sarebbero potute andare diversamente. La ricerca in ambito psicologico e delle neuroscienze ci insegna che assorbiamo meglio le nozioni quando siamo attivati al punto giusto, né troppo né poco, e mi auguro che il lettore sia sufficientemente stimolato dal punto di vista emozionale e interessato ad imparare, ma anche che sia coinvolto quanto basta. Ho puntato a dare un quadro che fosse il più chiaro possibile sulle scoperte disponibili che possono aiutarci nella vita e nel lavoro. Tale comprensione può cambiare il modo in cui interagiamo con i bambini e le famiglie, e il modo in cui rispondiamo e riflettiamo su di essi. La ricerca può anche alimentare il dibattito sulle pratiche e le politiche che adottiamo, aree nelle quali le passioni e i sentimenti forti hanno piena cittadinanza. Il mio scopo è di trasmettere i risultati di quella parte delle ricerche recenti che ci illuminano sul percorso evolutivo del bambino all’interno del proprio contesto. Infine, il mio auspicio maggiore è di suscitare nei lettori il desiderio di guardare ai bambini e alla vita familiare in modo, anche leggermente, diverso.
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