Centro Psicoanalitico di Roma Società Psicoanalitica Italiana Lucia Monterosa, Angela Iannitelli, Antonio Buonanno (a cura di)
L’Ultracorpo Psicoanalisi, corpi e biotecnologie
Collana i Territori della Psiche diretta da Doriano Fasoli Board Scientifico: Alberto Angelini, Andrea Baldassarro, Marina Breccia, Giuseppina Castiglia, Domenico Chianese, Marcello Turno, Adamo Vergine
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Lucia Monterosa è psicologa e psicoanalista, membro ordinario AFT della SPI (Società Psicoanalitica Italiana) e dell’IPA (International Psychoanalytical Association). È stata dirigente psicologo nei Centri di Salute Mentale e nei Consultori familiari della ASL RME dove ha ricoperto incarichi di responsabile dell’area psicoterapeutica e di psicologia clinica. Già professore a contratto di Psicopatologia della Famiglia nell’Università LUMSA di Roma. Ha scritto numerosi saggi e articoli su temi di clinica psicoanalitica, è autrice con Rita Corsa di Limite è Speranza. Lo psicoanalista ferito e i suoi orizzonti (Alpes, Roma, 2015). È stata Segretario Scientifico del Centro Psicoanalitico di Roma (2017-20). Angela Iannitelli, medico, psichiatra. Dottore di ricerca in Scienze Biochimiche e Neuroscienze. Psicoanalista della SPI e dell’IPA. Redattore capo della Rivista di Psichiatria. I suoi interessi sono rivolti precipuamente allo studio dei meccanismi di plasticità cerebrale e allo studio della psicofarmacologia psicodinamicamente orientata. Autrice di più di 130 lavori scientifici pubblicati su riviste italiane e internazionali. È stata Consigliere del Centro Psicoanalitico di Roma (2017-20). Antonio Buonanno, psicoanalista della SPI e dell’IPA. Responsabile della Direzione Medica della Struttura Residenziale Psichiatrica Samadi di Roma. Lavora come psicoanalista, psicoterapeuta e psichiatra. Docente alla Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università Cattolica di Roma, ha insegnato in diverse scuole di psicoterapia psicoanalitica. È stato Segretario Amministrativo del Centro Psicoanalitico di Roma (2017-20).
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Indice generale Presentazione di Lucia Monterosa, Angela Iannitelli, Antonio Buonanno..... V Contributo introduttivo - Corpo e Ultracorpo in azione di Roberto Cipriani.............................................................................. VII
Parte 1 Le Biotecnologie e la clinica psicoanalitica L’Ultracorpo tra irriducibilità dello psichico e la ricerca di nuove metriche di Lucia Monterosa............................................................................... 3 Ibridi incarnati. Psicoanalisi e biotecnologie di Rita Corsa........................................................................................ 13 Un corpo per la mente. L’area trans tra medicina e psicoanalisi di Angela Gesuè.................................................................................... 35 Trasformazioni dell’identità di genere: lo sguardo dello psicoanalista di Fabio Fiorelli.................................................................................... 49 L’Ultracorpo nella normalità dell’esistere di Matilde Vigneri................................................................................ 61 Le pecore elettriche “Do androinds dream electric sheep” (Philip Dick). E gli esseri umani sognano? di Nicola Nociforo................................................................................ 75
Parte 2 Biotecnologie e nuovi orizzonti per medici e pazienti La cura di una malattia che ancora non c’è di Alberta Ferrari................................................................................. 85 Il mio Ultracorpo di Silvia Mari...................................................................................... 89 Corpi protesizzati, tra recupero vitale e senso di fallimento di Gianfranco Morico........................................................................... 91
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L’Ultracorpo Psicoanalisi, corpi e biotecnologie Il paziente portatore di dispositivi cardiaci. Il punto di vista di un elettrofisiologo di Francesco Biscione............................................................................. 95
Parte 3 Biotecnologie e nuove prospettive per l’umano Umano, Transumano e Post-umano: la morale della favola di Giampaolo Ghilardi......................................................................... 103 Paura, angoscia e esaltazione. L’haunted loop della tecnologia di Francesco Bentivegna........................................................................ 119
Conclusioni Gli umani a malapena immaginabili. Conclusioni e brevi riflessioni di Angela Iannitelli............................................................................... 123
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Presentazione La nostra epoca è caratterizzata dall’espansione incontrollata della tecnica che sembra capace di oltrepassare ogni confine, fino quasi a controllare la vita ed espellere la fragilità e la malattia del corpo. In conseguenza di ciò, assistiamo alla creazione di forme sempre nuove di «ibridazioni transumane». Attraverso le nuove biotecnologie, l’ingegneria genetica, la chirurgia, e a tutto ciò che rientra nell’ampio spettro delle «neuroscienze», lo psiche/soma va acquisendo la funzione di contenitore delle nuove scoperte, un territorio in cui coabitano il vivente e la macchina. Queste ibridazioni trasformano la concezione della vita ed entrano nella stanza di analisi dove, sempre più frequentemente, arrivano “nuovi pazienti”, portatori di configurazioni dello psiche/soma in cui l’inconscio si congiunge a contaminazioni tecnologiche. In questo eccesso di corpo – «L’Ultracorpo» –, in cui il dettato vitale si aggancia al «brutale» funzionamento di congegni, lo psicoanalista ha probabilmente la necessità di disegnare nuove mappe di orientamento. Eppure, immersi nell’attuale pandemia, il destino dell’uomo si svela impietoso. La morte come parte e sorte della vita si mostra inevitabile come figura universale dell’umano. Per affrontare questi temi, Il Centro Psicoanalitico di Roma (CPdR), ha organizzato il Convegno: L’Ultracorpo. Psicoanalisi, Corpi e Biotecnologie, che si è svolto a Roma il 18 marzo 2018, presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università Roma Tre. Il presente volume raccoglie i contributi presentati in quel Convegno. I lavori sono stati aperti dall’intervento del Prof. Roberto Cipriani, Professore Emerito di Sociologia dell’Università Roma Tre. Sono seguite le relazioni teorico-cliniche di psicoanalisti, una riflessione sulle nuove prospettive dell’«umano», le testimonianze di alcuni medici impegnati su queste nuove frontiere ed è stata anche dato ascolto alla voce di quei pazienti che ricevono «nuove» diagnosi. Infine, una psicoanalista ha tratto le conclusioni del dibattito emerso. La Segreteria Scientifica Lucia Monterosa, Angela Iannitelli, Antonio Buonanno
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Si ringraziano Marina Davide e Maria Libera Ranaudo per l’aiuto offerto nella cura editoriale del presente volume.
Contributo introduttivo Corpo e Ultracorpo in azione di Roberto Cipriani1
Premessa Parlare di embodiment significa riferirsi sostanzialmente a una impersonificazione, cioè al far passare nella persona e attraverso la persona qualcosa che ha un’origine al di fuori di essa. Poiché la persona è principalmente un corpo, dunque è appunto il soma di un individuo che diventa il destinatario di tanti flussi che a esso arrivano: sono anche influssi, che incidono e quasi scarnificano il corpo, sino a connotarlo forse indelebilmente. Ciò è vero anche per la trasmissione di valori e modelli di comportamento, stili di vita e di linguaggio, atteggiamenti prevalenti, capacità reattive e funzioni costruttive e costrittive. Ovviamente, è il contesto d’assieme che esercita pressioni e condizionamenti, facendo dello spazio una variabile spesso indipendente, negli ambienti di lavoro e nel campo della comunicazione. Ma anche la religione ha il suo peso non trascurabile, come nel caso della diffusa fenomenologia nota come Born Again, riguardante cattolici e pentecostali che sperimentano forme di rinascita, di riconversione e di ripresa spirituale. Anche nel reclutamento dei candidati a una posizione di lavoro sono messi in atto schemi valutativi e conseguenti meccanismi decisionali che ruotano attorno al fulcro del corpo. Infine, non si può trascurare il caso della resilienza individuale e collettiva ai danni provocati dalla violenza sui corpi. Tutto questo discorso è ricco di spunti di notevole interesse sia sociologico che psicologico-sociale, con implicazioni anche biomediche, non sempre note a livello diffuso. Tutto ciò si riscontra sia nel discutere di invecchiamento che nella ricerca di una definizione del corpo ideale, sia nelle vicende di patologie fisiche che nelle questioni di confronto-incontro-scontro fra i diversi generi. Nella stessa pratica sportiva si notano caratteri peculiari che portano una disciplina sportiva a crescere oltre misura in breve tempo. In questo processo non è estraneo l’apporto della comunità di riferimento, che può essere composta spesso da tutte le donne coinvolte, ad esempio, in una protesta relativa ai processi educativi di tipo emancipatorio. Si pensi anche al ruolo sociopolitico dei residenti in un territorio urbano o rurale dove, 1 Professore Emerito di Sociologia, Dipartimento Scienze della Formazione, Università Roma Tre.
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ancora ad esempio, il problema maggiore può essere quello della scarsità d’acqua. Il che avviene con un’enfatizzazione della professione come impegno sociale, in chiave fortemente partecipativa e politicamente attiva. Non si può però trascurare di ribadire la rilevanza della prospettiva educativa specialmente nei primi anni di vita, in connessione specifica con il dato di fatto di un’esperienza di mescolanza interculturale, sempre più frequente nelle società contemporanee. Da ultimo, ma non certo da meno, c’è da considerare il focus o meglio il fil rouge rappresentato dalle disuguaglianze, non solo di genere ma di ogni genere. E ancora una volta giova ricordare che molta parte del futuro dell’umanità si gioca nei primi anni di vita, come sostenuto più volte da Jean Piaget. Ecco perché i giardini infantili, le scuole primarie, le modalità iniziali del processo educativo diventano dirimenti rispetto ad andamenti più o meno positivi sul piano della relazionalità fra embodiments in atto: sono un laboratorio straordinario di studio per conoscere quanto avviene nei meccanismi di incarnazione/inclusione di valori-guida. In tal modo si riesce a cogliere, per esempio, la distinzione individuata da Pierre Bourdieu (1991) nel corpo visto come indicatore simbolico delle disuguaglianze e delle gerarchie di potere. Ma questa è solo una delle tante implicazioni cui si trovano allusioni nel complesso insieme di sollecitazioni rinvenibili nelle pagine che seguono.
Il corpo in mostra Il calciatore portoghese Cristiano Ronaldo (immigrato in Spagna per fare l’attaccante del Real Madrid e ora in Italia, in forza alla Juventus) in più occasioni, sia pubbliche che private, si è messo in mostra a torso nudo per evidenziare i suoi addominali in un corpo perfettamente “scolpito”, non a caso divenuto oggetto di cult attraverso copertine e articoli di periodici. Eccone qualche esempio: sulla copertina di Vanity Fair del giugno 2010 compare in posa con gli addominali ben visibili – insieme con un altro giocatore di calcio, l’ivoriano Didier Drogba (a lungo nel Chelsea) –con un titolo che recita “The stars of the planet’s biggest sports event including Drogba and Ronaldo”; sulla copertina di Vogue España, nel numero di giugno del 2014, è fotografato del tutto nudo alle spalle della modella russa Irina Shayk; su Men’s Health del settembre 2014 viene presentato come “the fittest man alive” (e si aggiunge, sempre in copertina, accanto alla sua foto con il corpo seminudo, “steal his workout & diet secrets”) ed è indicato come inventore di esercizi fisici per avere addominali statuari in appena quattro settimane (“28-Day ABS! Ronaldo’s exclusive body-sculpting plan”); su GQ The Body Issue (January 16, 2016) viene mostrato in slip, sulla coVIII
Contributo introduttivo – Corpo e Ultracorpo in azione
pertina, insieme con la modella Alessandra Ambrosio in bikini, con la scritta “Nobel Prize winner for phisical perfection” e sul sito del medesimo periodico si afferma che “Cristiano Ronaldo has mankind’s greatest body”; ancora a petto nudo si ripropone in foto per l’Autumn/Winter 2017 CR7 Underwear collection campaign, ma in precedenza era stato anche testimonial seminudo per la casa di moda Armani; alla sua preparazione atletica provvedono ben cinque massaggiatori.
Al contrario risulta assai difficile reperire immagini a torso nudo di un altro tipo di immigranti, quelli che tentano ad ogni costo (anche della vita) di giungere in un paese europeo o negli Stati Uniti o altrove, alla ricerca di uno sbocco esistenziale. Possono affrontare gravi rischi su mezzi di trasporto fatiscenti o presentarsi in condizioni fisiche già deteriorate o approdare sfiniti su una spiaggia, in mezzo a bagnanti indifferenti.
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L’Ultracorpo Psicoanalisi, corpi e biotecnologie
Se si passa dall’osservazione del corpo di Ronaldo a quello di un qualunque immigrato si comprende presto quali siano molte dinamiche della società globale contemporanea. Dal soma esibito a quello inibito corrono non solo differenze di classe sociale ma anche di concezione della vita. Se il calciatore è divenuto il personaggio di riferimento e il modello da imitare, alquanto diversi sono i sentimenti che riguardano gli altri soggetti umani meno privilegiati. L’uno e gli altri sono corpi migranti ma con destino divaricato, opposto, contraddittorio. Ronaldo indossa e commercializza etichette sue e di altri nel campo della moda, gli immigrati sono etichettati anch’essi ma in forma di stigma (Goffman, 2018). Pertanto, il calciatore esibizionista diventa un mito stimato e apprezzato, gli altri sono svalutati e discreditati. Gli atteggiamenti diffusi nei confronti del numero 7 del Real Madrid e della Juventus non corrispondono affatto a quelli della gente comune nei riguardi dei migranti, oggetto di attribuzioni a priori che prescindono dai dati di fatto. In effetti si tende a etichettare ogni differenza. Ciò avviene principalmente da parte del gruppo dominante rispetto ai dominati. Da qui deriva una categorizzazione dei discriminati che vengono collocati comunque entro categorie che non includono i non stigmatizzati. Infine, coloro che sono etichettati negativamente si trovano a perdere ancora di più in termini di stato sociale. La sommatoria dei fattori diviene infatti micidiale per chi ne subisce le conseguenze. Le condizioni attuali della comunicazione, inoltre, favoriscono le operazioni di etichettamento anche con il ricorso a informazioni prive di fondamento, volutamente manipolate, che creano ulteriori fratture in una società già abbastanza segmentata. Il risultato finale è che molti tentativi di favorire occasioni e situazioni di coesione sociale divengono sempre più difficili. Un’altra riflessione riguarda il livello di visibilità dei due poli estremi, qui richiamati come modelli esemplari: il divo calcistico appare sempre più spesso sia nel suo contesto professionale del calcio sia nell’area della pubblicità legata soprattutto ai prodotti della moda, mentre coloro che fanno fatica a sbarcare il lunario tendono ad una certa invisibilità, sia per sfuggire allo stigma diffuso nei loro confronti sia perché i cosiddetti borghesi, i benpensanti, insomma gli appartenenti alle classi medie e medio-superiori preferiscono non vedere per non dover intervenire. Fra i principali ingredienti che più spesso costituiscono la miscela di etichettamento dei corpi e delle persone vi sono al tempo stesso: la disabilità, la razza, la nazionalità, la religione, il genere. Nel frattempo, però, gli stigmatizzati difendono i propri corpi e le loro personalità, prendendo le distanze dagli stigmatizzatori e dividendo il
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Contributo introduttivo – Corpo e Ultracorpo in azione
mondo sociale in due parti abbastanza separate fra loro e dunque difficilmente relazionabili in vista di possibili forme di coesione.
Corpo, Ultracorpo e tecnologia Il corpo in azione è tale perché la mente lo guida, lo gestisce, lo coordina, ne stabilisce movimenti e finalità dell’agire. Ma la mente stessa è parte del corpo, suo motore pensante, suo fulcro decisionale. Anche in una situazione di stato mentale confusionario, debilitato, sono comunque i meccanismi operanti nella scatola cranica a stabilire il da farsi, a finalizzare l’azione, per quanto irrazionale e incomprensibile essa possa apparire ad altre corporeità pensanti. La tecnologia stessa è frutto proprio dell’acting body, che fa tesoro delle esperienze pregresse, accumula patrimoni di conoscenze, che poi investe per escogitare nuove soluzioni, quasi sempre connesse con adattamenti dovuti a tentativi falliti ma anche a esiti positivi, gli uni e gli altri convergenti verso il risultato finale che è il nuovo ritrovato, base a sua volta di sviluppi ulteriori: dai choppers – utilizzati dai nostri più antichi progenitori per tagliare, scavare, colpire le prede – agli elicotteri che tagliano l’aria a colpi fendenti e rapidi (non a caso chiamati nello slang appunto choppers). Il rapporto mente-corpo non si limita alla dimensione interiore, ma è in grado di fare estrapolazioni, fuoriuscire e raggiungere livelli meta-corporei che nondimeno restano elaborazioni del soggetto umano, che prova emozioni, sente dolore, gusta gioie. Tali percezioni non sarebbero possibili senza una base di partenza e di riferimento nel soma, che è collocato in un tempo e in uno spazio che vengono meno per quell’individuo specifico proprio nel momento della sua morte fisica. Il che ovviamente non impedisce che altri corpi continuino a fare esperienza di spazio e tempo, sia pure a loro volta entro limiti di durata mutevoli ma non infiniti. Invero la mente ha la capacità di superare spazio e tempo – a differenza delle tecnologie da essa stessa inventate – e dunque è in grado di navigare in entrambe le dimensioni assai meglio di qualunque potente motore di ricerca, attuale e futuro. Anzi, la sua capacità è tale da prescindere dalla sua stessa esistenza fino a immaginare quale possa essere il futuro di altri corpi (e altre menti) anche quando chi pensa ciò non sarà più in grado di farlo perché la sua esistenza avrà avuto termine. Insomma, la mente pensante, ovvero l’acting body, ha una potenzialità smisurata perché va oltre sé stessa, oltrepassa ogni tecnologia, inventa il futuro, ragiona con le menti di esseri ancora non nati. In tal modo, di fatto, si crea un ultracorpo. Così la mente-corpo realizza utopie, fa della sua icona corporale un oggetto-soggetto XI
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futuribile, costruisce quello che può essere e che ancora non è, stabilisce punti di riferimento per un avvenire tutto da costruire, ma intanto prefigurato, profilato in anticipo grazie alle straordinarie potenzialità dell’acting body. Il pensiero-agente va dunque al di là dei limiti fisici. La sua forza sarebbe in condizione di condurre elaborazioni complicatissime ancor meglio di quanto non sappia fare il più potente calcolatore elettronico oggi in uso. Il fatto è che tali possibilità non vengono implementate a pieno. Talora ci si meraviglia di qualche performance messa in atto da questo o quello scienziato senza particolari ausili tecnologicamente avanzati. Peraltro, è emblematico il fatto che peculiarmente in un fisico particolarmente colpito da patologie di vario tipo si venga a verificare l’esistenza di un’eccezionale risorsa riflessiva e raziocinativa, produttrice di connessioni elaboratissime e di suggestioni risolutive di problemi fondamentali per l’esistenza e la sopravvivenza. Nel campo della scienza come in quello dell’arte non sono pochi i casi di soggetti considerati “perduti” per la società che poi si dimostrano invece dei capisaldi, dei punti di snodo per lo sviluppo del pensiero e della cultura (sia in chiave sociologica che estetico-artistica e materiale, cioè tecnologica). Esemplare è il caso dello scienziato Stephen Hawking (1942-2018), morto all’età di 76 anni e divenuto uno dei massimi pensatori nonostante la grave malattia che lo affliggeva. Una suddivisione sommaria delle tipologie attitudinali e comportamentali indurrebbe a distinguere fra meri ripetitori dell’esistente e del già noto e pionieri della conoscenza che sperimentano nuove soluzioni e che perciò appaiono devianti rispetto alla presunta norma. Ma in realtà quasi nessuno è solo un segugio o solo un capofila. Più spesso si è al tempo stesso alla sequela e alla guida, perché ognuno ha strumenti di ricalco ma altresì sperimenta quotidianamente nuovi percorsi adattivi e dunque innovatori. Ecco perché si ha ragione di dire che l’acting body è interattivo per definizione, cioè per suo carattere peculiare. Anzi esso è il terreno in cui l’interazione ha luogo, si dipana, occupa spazio e tempo, genera memoria, suscita affetti, fa nascere emozioni, canalizza conoscenze, suggerisce soluzioni ai problemi del vivere, favorisce sviluppi inusitati, che vanno dall’età della pietra e dalla cultura africana dei pebbles sino all’era degli short messages fra telefoni cellulari che fungono da protesi-prolunghe dei corpi umani. In fondo, anche il ricorso all’ocra rossa, varietà terrosa di ematite, rappresentava per gli antichi una sorta di appendice cromatica del loro fisico. Neppure la morte poneva fine a tale uso. In effetti, molti corpi inumati presentano tuttora tracce di tale pigmento dopo millenni, dunque realizzando così l’utopia di un’esistenza prolungata oltre il termine letale: tale singolare ed estrema costruzione di una vita perenne passa attraverso una
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scelta mentale, quella di mantenere evidente l’energia vitale del sangue attraverso il colore rosso dell’ocra. La vitalità perduta con la fine della vita riesce dunque a rimanere ancora visibile, manifesta. Qualcosa di simile si può dire per il recente e diffusissimo ricorso al tatuaggio, che riprende una tradizione risalente ai tempi del paleolitico superiore, proseguita nel neolitico e nell’eneolitico, specialmente nell’area mediterranea. Va però considerato che il tatuaggio si disfa, insieme con la progressiva putrefazione della carne, dopo la morte e tuttavia sue tracce cromatiche possono sussistere fissate sulle parti ossee, destinate a persistere più a lungo nel tempo. Quel che conviene sottolineare è comunque il valore relazionale del tatuaggio, che in forma semplice, permanente e di solito poco costosa svolge il ruolo di tool interattivo, comunicativo, eloquente anche sul piano estetico. Si tratta di una sorta di Facebook diffuso. La sua funzione è tipicamente identitaria, distintiva, quasi logo individuale, marchio esclusivo del soggetto, che così vuol differenziarsi dagli altri, con i quali tuttavia tende ad entrare in contatto anche mediante tale forma ostentatamente percepibile. Oggi sono anche le carte di credito, le montature degli occhiali, le passwords personali (non sempre le medesime per i vari ambiti di servizio di una stessa persona), i pacemakers, le dentiere, gli auricolari, i bypasses e molto altro ancora a livello di nano-tecnologie che rappresentano le nuove frontiere dell’acting body. Non c’è digital divide che riesca a separare anche le consapevolezze delle proprie consistenze corporee: un collegamento Internet rimane un prolungamento e un’accelerazione delle possibilità di comunicazione ma non dà mai la possibilità del contatto fisico o della sola visione face to face, a contatto del respiro dell’altro, che nessuna telecamera tecnologicamente avanzata potrà mai trasmettere appieno da un continente all’altro, da una persona lontana a un’altra, limitandosi semmai a una perfezionata emissione acustica che riproduce in tempo reale il respirare altrui ma senza alcuna possibilità di sostituire la realtà dell’incontro diretto, della simbiosi dei ritmi corporei, della condivisione di un abbraccio, dello scambio di uno sguardo, dell’emozione di una stretta di mano fra persone realmente l’una vicina all’altra. La mente stessa ha bisogno di un corpo per esercitare le sue potenzialità raziocinative, le sue capacità analitiche e interpretative di linguaggi e simboli. In fondo, anche la memoria ha bisogno di una mente in cui installarsi e di un corpo cui ancorarsi, per essere “substrate and servant of consciousness”. Persino il dolore e la gioia sono inconcepibili senza una base corporea che ne renda possibile l’esperienza diretta attraverso il vissuto personale.
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La differenza fra una persona reale ed un robot, ad esempio, non è solo data dalla presenza o dall’assenza di un soma ma essenzialmente dalle relazioni intersoggettive, emozionali, affettive, che una macchina non può mai né intrattenere né gestire. Il rapporto fra mente e corpo è imprescindibile giacché l’una e l’altro sono interconnessi all’interno di una collocazione anatomica precisa. Le nuove frontiere aperte dalla manipolazione delle cellule staminali non fanno che confermare la centralità della dimensione corporea in tutte le sue articolazioni, dal sistema nervoso a quello circolatorio. Anche gli esperimenti di clonazione e gli studi sul genoma rafforzano l’idea di una centralità del corpo, senza del quale non è possibile sviluppare alcuna forma di pensiero, di azione e di ricerca consapevole. In fondo non c’è cultura se non collegata a una serie di soggetti-corpi interagenti fra loro. Persino nelle esperienze estreme che portano a sperimentare gli stati alterati di coscienza il tramite resta la struttura corporea. Per non dire delle esperienze musicali e di quelle coreutiche, dell’estasi e della contemplazione mistica. Ma intanto quasi tutto sembra congiurare contro la libera espressione corporea: l’aumento delle comodità e l’asservimento alle logiche della velocità annientano le possibilità di sperimentazione alternativa basata sulle capacità di movimento autonomo dei singoli. Insomma, si tende a favorire la passività, e dunque l’assenza di riflessione: si comincia con il corpo, si prosegue con la mente ed alla fine l’assoggettamento eterodiretto è un risultato acquisito. Qualcosa è certamente cambiato rispetto al passato. In che misura, con quali caratteristiche, in vista di quali scopi? Vari sono i tentativi di risposta presenti nei diversi contributi di quest’opera, la cui lettura appare intrigante sin dai titoli dei contributi e foriera di forti inputs riflessivi: insomma una sorta di nuovo stimolatore mentale.
Bibliografia Bourdieu P. (1991), La distinzione. Critica sociale del gusto. Bologna, Il Mulino. Goffman E. (2018), Stigma. Note sulla gestione dell’identità degradata, Verona, Ombre Corte.
Sitografia https://www.gq.com/story/cristiano-ronaldo-body-issue
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