Jean-Luc Donnet
La situazione analizzante Introduzione di Roberta Guarnieri Traduzione di Mario Sancandi
Collana i Territori della Psiche diretta da Doriano Fasoli Board Scientifico: Alberto Angelini, Andrea Baldassarro, Marina Breccia, Giuseppina Castiglia, Domenico Chianese, Marcello Turno, Adamo Vergine
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© Copyright Presses Universitaires de France/Humensis La situation analysante Jean-Luc Donnet I edizione, 2005
© Copyright Alpes Italia srl Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 0639738315 I edizione, 2018
Jean-Luc Donnet è psicoanalista, membro della Société Psychanalytique de Paris dove ha diretto il Centro di Consultazione e Trattamento Jean Favreau. È autore di diversi volumi tra cui Le divan bien tempéré, Puf, 1995; Dire ce qui vient. Association libre et transfert, Puf, 2016, e L’enfant de ça: psychanalyse d’un entretien, la psychose blanche, in collaborazione con A. Green, Minuit, 1973.
In copertina: Ulisse e le Sirene. Decorazione di un vaso ateniese, tardo VII-primo V secolo.
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Indice generale Presentazione italiana di Jean-Luc Donnet.................................................
V
Nota del traduttore di Mario Sancandi .................................................. VII Nota bibliografica di Roberta Guarnieri, Mario Sancandi............................
XI
Introduzione Jean-Luc Donnet: l’avventura del metodo di Roberta Guarnieri ................... XV
La situazione analizzante Prefazione L’avventura del metodo....................................................................................
3
Capitolo I. Dalla regola fondamentale alla situazione analizzante..........
17
Poste in gioco del metodo..............................................................
17
Dal procedimento alla regola........................................................
20
Il transfert...................................................................................
23
La situazione analitica................................................................
25
La situazione analizzante............................................................
29
Addendum..................................................................................
30
Capitolo II. Il canto delle sirene..................................................................
33
Capitolo III. Racconti clinici e scambi interanalitici.................................
39
Capitolo IV. Tra l’agire e la parola.............................................................
45
Appendice n° 1 Dora, 31 dicembre 1899...................................
75
Appendice n° 2 Sulla fissazione del termine................................
80
Appendice n° 3 Enunciati incongrui..........................................
83
III
La situazione analizzante
Capitolo V. La nuova via regia?..................................................................
87
Capitolo VI. Il silenzio della perlaborazione.............................................. 99 Capitolo VII. Sull’intepretabilità del transfert...........................................
103
Capitolo VIII. Per una logica del sito. Sulla differenza psicoanalisi/psicoterapia............................
119
Appendice n° 1 Vincoli metodologici e/o vincoli di finalità........
139
Appendice n° 2 L’incidenza del vis-à-vis, discussione su La fine del divano? di Raymond Cahn.................
142
Appendice n° 3 Sull’attualizzazione del sito.............................
146
Capitolo IX. Psicoanalisi con inizio e Psicoanalisi senza inizio.................
149
Appendice Incontro e consultazione psicoanalitici.......................
157
Capitolo X. Sull’evoluzione della domanda................................................
161
Capitolo XI. Si parla di un bambino..........................................................
171
IV
Presentazione italiana di Jean-Luc Donnet
La pubblicazione in lingua italiana de La situazione analizzante è per me motivo di piacere e di orgoglio. Vorrei esprimere tutta la mia riconoscenza all’amica che è all’origine di quest’impresa, la dottoressa Roberta Guarnieri, e al traduttore, Mario Sancandi, che con la mia scrittura non ha avuto un compito facile; la conoscenza profonda che Roberta Guarnieri ha della psicoanalisi francese e la lunga storia dei nostri calorosi incontri assicurano una traduzione fedele. Diversi capitoli del libro sono stati oggetto di discussioni feconde in occasione di incontri con colleghi italiani, soprattutto di Venezia e di Parma, e mi sono chiesto, a volte, quanto l’impressione di una reciproca complicità, malgrado la differenza delle nostre opzioni teoriche, fosse dovuta allo spirito latino – essendo la mia linea paterna di origine piemontese. Se dovessi riassumere lo spirito di questo libro, che deve molto al gioco winnicottiano, direi che la preoccupazione centrale è quella di esplorare le contraddizioni dell’avventura analitica, la quale deve conciliare l’esigenza di un incontro autentico con l’irrazionalità dell’inconscio e quella di un suo sufficiente padroneggiamento da parte del metodo che la organizza. Per questo motivo, ho paragonato il processo analitico a un’odissea nella quale gli imprevisti della navigazione sono affrontabili solo grazie a una nave ben preparata. L’episodio del canto delle Sirene può illustrare il paradosso ultimo di un metodo che deve assumere l’avventura del transfert: ho evocato la possibilità che le precauzioni prese dall’astuto Ulisse per ascoltarne il canto senza correre rischi abbiano potuto dissuadere le Sirene dal cantare! Per dirla con Platone1, bisognerebbe considerare che oltre ai vivi, ai morti e a quelli che vanno per mare, [tra coloro che possono udire il canto delle Sirene] ci sono anche quelli che vanno sul divano…
1 [NdT] Il riferimento è al mito di Er (La Repubblica, libro X), dove Platone afferma che il canto delle Sirene accompagna il transito delle anime che scendono dal cielo verso la terra per incarnarsi o che, viceversa, stanno abbandonando la terra dopo la morte.
Nota del traduttore di Mario Sancandi La scrittura di Donnet si avvale di numerose espressioni idiomatiche, in parte caratteristiche della cultura psicoanalitica francese e in parte frutto della sedimentazione dell’elaborazione personale dell’Autore. Per agevolare la fruizione del testo sono state inserite delle note a fondo pagina e delle interpolazioni tra parentesi quadre, oltre ad alcuni rimandi bibliografici, relativi soprattutto l’edizione italiana delle Opere di Sigmund Freud. Può essere utile, tuttavia, presentare fin da subito alcune scelte di traduzione che accompagnano i capitoli nel loro insieme. • Après-coup: si è scelto di mantenere la dicitura in lingua, ormai di uso frequente anche nei testi italiani, preferendola a termini quali ‘posteriorità’ o ‘ritrascrizione’. Come segnala Conrotto1, citato da Galiani2, la diffusione dell’espressione après-coup testimonia il «debito pressoché esclusivo» che la centralità del concetto ha nei confronti della psicoanalisi di area francese. Per la nozione di après-coup (Nachträglichkeit) in Freud cfr. J. Laplanche e J.B. Pontalis (1967), Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza, Bari, 1973, pp. 426-430; e C. Le Guen (2008), Dizionario freudiano, Borla, Roma, 2013, pp. 161-168. Per una discussione del concetto alla luce delle rielaborazioni contemporanee cfr. il numero della “Revue française de Psychanalyse” (LXXIII, 5) che riporta gli atti del CPLF del 2009 dedicato a questo tema. • Cornice: traduzione di ‘cadre’ (‘cornice’, ‘quadro’). Si è preferita una traduzione letterale al più diffuso, in Italia, termine ‘setting’. Oltre a essere più congrua al linguaggio dell’Autore, questa scelta risponde a un’esigenza di esattezza concettuale. Essa permette infatti di far giocare la distinzione, che andrebbe altrimenti persa con la nozione di setting, più inclusiva, tra la cornice (contrattualistica, temporale e interna dei partecipanti) che regola il lavoro analitico e il dispositivo del quale esso si avvale (divano-poltrona o vis-à-vis). • CPLF: è stato mantenuto l’acronimo, con il suo sapore familiare, per indicare il Congresso degli psicoanalisti di lingua francese. 1 F. Conrotto (2009), L’après-coup: plusieurs temporalités ou plusieurs code de traduction?, in “Revue française de Psychanalyse”, LXXIII, 5, pp. 1623-1628. 2 R. Galiani (2018), Presentazione dell’edizione italiana e note di traduzione, in L. Danon-Boileau e J.-Y. Tamet (a cura di), Psicoanalisti in seduta. Glossario clinico di psicoanalisi contemporanea, Alpes Italia, Roma.
VII
La situazione analizzante
Come si vedrà, una caratteristica della riflessione di Donnet è di non sottrarsi a una precisa contestualizzazione storica e geografica: il suo è un pensiero ‘situato’, che sorge nel confronto con un contesto scientifico-culturale identificabile e investito; al tempo stesso, essa attinge a – e riesce a far cogliere profondamente – dei gangli per così dire ‘universali’ (che si riferiscono cioè a una forma fondamentale) dell’esperienza psicoanalitica: a la psicoanalisi. Ritroviamo in ciò la questione del legame tra storia e struttura, che a sua volta è uno degli oggetti su cui Donnet esercita la propria riflessione. Per la storia del CPLF, i cambiamenti di denominazione che si sono succeduti nel tempo e il loro significato in relazione alle vicende societarie cfr. A. de Mijolla (1991), Le Congrès des psychanalystes des Pays romans: quelques éléments d’historie, in “Revue française de Psychanalyse”, LV, 1, pp. 7-38. • Perlaborazione: traduzione di ‘perlaboration’, preferita al termine più comune ‘rielaborazione’. Oltre a mantenere l’omofonia con il francese, è sembrato che ‘perlaborazione’ fosse più idoneo a esprimere la specificità del lavoro psichico prodotto dalla processualità psicoanalitica, in cui l’insieme dei rimaneggiamenti preconsci-consci è indissociabile dalla trasformazione degli equilibri economici inconsci che regolano il gioco delle resistenze. Va comunque tenuto presente che tanto ‘perlaborazione’ che ‘rielaborazione’, utilizzato nell’edizione italiana delle OSF, rimandano al medesimo concetto freudiano di Durcharbeitung. Il problema dei rapporti tra la dimensione secondarizzata/parlata dell’attività perlaborativa e quella intrapsichica-inattingibile è al centro del cap. VI, Il silenzio della perlaborazione. Sul tema cfr. anche R. Guarnieri (2012), Durcharbeitung. Il tempo della perlaborazione, in “Rivista di psicoanalisi”, LVIII, 2, pp. 277-290. • Recadrage: è stata mantenuta l’espressione francese, in quanto più sintetica ed efficace nell’indicare un’operazione di ricentramento sulla/della cornice di lavoro. • Scavo del transfert: traduzione di ‘creusement du transfert’. L’espressione ‘scavo del transfert’ indica la tendenza alla riattualizzazione, nel transfert, di aspetti vieppiù remoti della storia o preistoria psichica del soggetto. L’immagine dello ‘scavo’ suggerisce la dimensione processuale dei fenomeni transferali, che possono allora essere paragonati a un fiume che scava il suo letto scorrendo. Il termine creusement rimanda altresì alla nozione di ‘transfert en creux’ (‘transfert nel vuoto’) proposta da Laplanche. Cfr. J. Laplanche (1987a), Problematiche V. Il “baquet”. Trascendenza del transfert. La biblioteVIII
Nota del traduttore ca, Roma-Bari, 2001; e J. Laplanche (1987b), Nouvi fondamenti per la psicoanalisi, Borla, Roma, 1989, pp. 155-158. • Wo Es war… : in tedesco nel testo. Abbreviazione della famosa affermazione di Freud: «Wo Es war, soll Ich werden»; tradotta nell’edizione italiana delle OSF curata da Cesare Musatti come: «Dove era l’Es, deve subentrare l’Io»3. Di questa frase che intende riassumere il movimento alla base della cura psicoanalitica, sulla quale molto è stato detto e scritto, Donnet mette in risalto soprattutto il carattere di reciprocità, di mutua contaminazione tra i territori dell’Es e quelli dell’Io (nei termini di una psichizzazione della pulsione e di una pulsionalizzazione dell’Io, cfr. cap. VI) e il fatto che essa implica una temporalità asintotica, un ‘tendere verso’ che evoca un resto, la rimanenza di un’apertura.
3 S. Freud (1932), Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni), in OSF, XI, p. 190.
IX
Nota bibliografica di Roberta Guarnieri, Mario Sancandi
Nei suoi più di sessant’anni di produzione – il primo articolo, Un cas de jalousie, è del 1957 – Jean-Luc Donnet ha pubblicato più di 120 lavori tra libri, articoli, contributi a volumi collettanei e prefazioni1. Per ragioni di spazio e di opportunità ci si limiterà, in questa sede, a una sintetica presentazione dei suoi testi più importanti. Donnet J.-L. e Green A. (1973), L’enfant de ça: psychanalyse d’un entretien, Éd. de Midnuit, Paris. Fino all’attuale pubblicazione de La situazione analizzante, questo è stato l’unico libro di Donnet ad essere stato tradotto in italiano, con il titolo: La psicosi bianca2. Vicende editoriali hanno voluto che esso uscisse nel nostro Paese come un libro di André Green, con il nome di Donnet relegato in secondo piano (la copertina dell’edizione Borla, sotto il nome di Green, che ne costituisce il riferimento autoriale, riporta un minuto «in collaborazione con Jean-Luc Donnet»). Il libro è incentrato su un’esperienza che Donnet e Green hanno fatto all’Ospedale Sainte-Anne di Parigi. Si tratta di un singolo colloquio con un giovane paziente in cui i due erano coinvolti come consultante e osservatore; un colloquio bizzarro e perturbante, nel quale gli autori – come hanno avuto modo di realizzare après-coup – hanno percepito di trovarsi in presenza dell’«ombelico della psicosi». Oltre ad analizzare la dinamica del colloquio, il libro rende conto delle successive rielaborazioni, controtransferali e metapsicologiche, che esso ha imposto loro. Viene introdotto, in questo contesto, il concetto di ‘psicosi bianca’, destinato a una forte risonanza a livello internazionale. Recentemente, interrogato a riguardo da Françoise Coblence, Donnet è tornato sulla nascita del libro, raccontando come il testo originario (corrispondente ai primi cinque capitoli dell’edizione italiana) sia stato scritto da lui, mentre di Green è la corposa appendice (Per introdurre la psicosi bianca, pp. 217-311 dell’ed. italiana) che riprende e correda, fondandole su una base più ampia, le intuizioni metapsicologiche ivi contenute. Ripercorrendo quelle vicende, Donnet sottolinea come, al di là della mano 1 Per la bibliografia completa delle opere di Donnet cfr. Aa. Vv. (2017), Une traversée du site analytique avec Jean-Luc Donnet, Société Psychanalytyque de Paris Éd., Paris, pp. 133-145. 2 A. Green (1973), La psicosi bianca, Borla, Roma, 1992.
XI
La situazione analizzante
che ha fisicamente vergato le diverse parti del libro, le riflessioni che lo attraversano siano il frutto di un’elaborazione congiunta: «il nostro dialogo era uno scambio permanente, incessante, e sarebbe stato impossibile distinguere a posteriori ciò che veniva dall’uno o dall’altro»3. Donnet J.-L. (1995), Le divan bien tempéré, PUF (Le fil rouge), Paris. Questo libro, considerato ormai un classico della letteratura psicoanalitica d’oltralpe, raccoglie una selezione di articoli apparsi nelle principali riviste francesi a partire dagli anni ’70, rivisti e rimaneggiati. Vi si trovano i temi principali della riflessione di Donnet, gli stessi che saranno poi oggetto di una rielaborazione costante: l’investimento sull’analisi / su una concezione, necessariamente soggettivata, della psicoanalisi; il rapporto tra cornice e processo; il problema della formazione; il ruolo e le modalità dell’agieren in seduta; la questione dello scarto tra teoria e prassi. A fare da perno tra questi temi è l’interesse per la situazione analitica, con i suoi paradossi e la sua irriducibile complessità. Nell’introduzione de Le divan bien tempéré compaiono per la prima volta le nozioni di ‘sito analitico’ e ‘situazione analizzante’. Donnet J.-L. (1995), Surmoi 1: le concept freudien et la règle fondamentale, PUF (Monographies de psychanalyse de la Revue française de psychanalyse), Paris. Scritto per le monografie della “Revue Française de Psychanalyse”, questo libro costituisce la prima parte di un approfondimento concettuale sul Super-io pensato in due tomi: il primo, realizzato da Donnet, tratta il concetto freudiano; il secondo, collettaneo, esplora gli sviluppi post-freudiani4. Troviamo qui all’opera il Donnet lettore di Freud: un lettore grato e molto attento, ma mai celebrativo; sollecitato dalle aporie e dai nodi irrisolti del testo freudiano. Nel percorrere i fili che intessono la riflessione freudiana sul Super-io – i precursori del concetto, il rapporto con le istanze, l’apporto pulsionale, le relazioni col masochismo, le funzioni delle identificazioni, gli aspetti edipici e post-edipici – Donnet evidenzia come esso corrisponda, probabilmente, alla nozione in cui maggiormente si condensa il senso della svolta freudiana degli anni ’20: esso appare come il frutto di un revisione teorica profonda e in parte incompiuta; come ‘in cantiere’, secondo Donnet, rimane il concetto stesso di Super-io. La seconda parte del libro è costituita da un lavoro che l’Autore aveva inizialmente pensato come a sé stante, poi inserito per la sua continuità 3 J.-L. Donnet (2017), in Aa. Vv., op, cit., p. 17; traduzione nostra. 4 N. Amar, G. Le Goues et G. Praiger, sous la dir. de (1995), Surmoi II: Les développements post-freudiens, PUF, Paris.
XII
Nota bibliografica con i temi trattati nella prima parte. La règle fondamentale et le Surmoi esplicita l’interesse di Donnet per il gioco instaurato dalla regola fondamentale e per i paradossi cui essa dà luogo, il primo e fondativo dei quali è rappresentato dall’evocazione di un obbligo di parlare liberamente. Donnet J.-L. (2005), La situation analysante, PUF (Le fil rouge), Paris. Questo libro, qui proposto nell’edizione italiana, è forse il più rappresentativo dell’opera di Donnet; l’unico, ad oggi, a essere stato tradotto in inglese5. Esso rappresenta, in un certo senso, il prolungamento, a dieci anni di distanza, de Le divan bien tempéré: vi si ritrovano lo stesso interesse «per il gioco di forze che la situazione analitica utilizza e dalle quali essa è organizzata» e molti dei temi sopra evocati, colti ora dal vertice della coppia ‘sito analitico’ - ‘situazione analizzante’, della quale l’Autore ha nel frattempo sviluppato l’elaborazione concettuale. La situation analysante rappresenta, si può dire, un punto d’arrivo e di ripartenza: troviamo al suo interno un notevole sforzo di sintesi e visione d’insieme, che informa soprattutto la prima parte – legata all’esperienza del Congresso IPA di Nizza del 2001; parallelamente, il libro propone con forza il senso dell’inesauribilità di un gioco – quello analitico – che invita a un continuo ritorno sulle sue innervazioni. Donnet J.-L. (2009), L’humour et la honte, PUF (Le fil rouge), Paris. L’humour et la honte può essere inteso come un’altra importante tappa lungo il percorso di rielaborazione che Donnet esercita sui suoi temi più cari. In particolare, torna qui protagonista la riflessione sul Super-io/ Ideale, che diviene anche il vertice da cui guardare ad aspetti cruciali della situazione analizzante, quali: la neutralità, il rapporto tra azione e parola, la seduzione. Un rilievo particolare, come reso evidente già dal titolo, è dato ai concetti di vergogna e di umorismo tenero. Donnet J.-L. (2016), Dire ce qui vient: association libre et ransfert, PUF (Le fil rouge), Paris. Dire ce qui vient costituisce, per certi versi, un’ideale punto d’approdo della serie: Le divan bien tempepéré - La situation analysante - L’homour et la honte. Questioni cardine di questo percorso di pensiero – quali: le poste in gioco del metodo psicoanalitico, l’umorismo tenero, la trasmissione della psicoanalisi – vi si trovano riproposte con uno sforzo di sistematicità espositiva, senza tuttavia rinunciare a rilanci e aperture. 5 J.-L. Donnet (2005), The analyzing situation, Karnac Books, London, 2009.
XIII
La situazione analizzante
Aa. Vv. (2017), Une traversée du site analytique avec Jean-Luc Donnet, Édition Société Psychanalytique de Paris (Collection Partage), Paris. Questo libro, edito dalla Società psicoanalitica di Parigi, costituisce una traccia scritta della giornata che la SPP ha voluto dedicare a Jean-Luc Donnet il 7 gennaio 2017, organizzata e coordinata da Évelyne Chauvet. Esso riprende gli interventi dei relatori che si sono succeduti nel corso della giornata corredati, ciascuno, da un commento di Donnet. Ritroviamo, in questa ‘traversata’, le dimensioni caratterizzanti della figura di Donnet: il lettore di Freud, lo studioso della situazione analizzante, il direttore del Centro di consultazione e trattamento psicoanalitici Jean Favreau… Ma, soprattutto, si ritrova la passione di Donnet per i confronti interanalitici: «l’atmosfera vivente e la dinamica calorosa» (É. Chauvet, in op. cit., p. 10) che hanno caratterizzato la giornata, e che è possibile cogliere anche dal testo, testimoniano la stima e l’affetto che questa personalità importante della psicoanalisi ha saputo raccogliere attorno a sé.
XIV
Introduzione
Jean-Luc Donnet: l’avventura del metodo di Roberta Guarnieri
La pubblicazione in italiano di questo libro di Jean-Luc Donnet colma un vuoto importante: è il primo libro di questo Autore, uno dei più autorevoli psicoanalisti francesi, ad essere tradotto in italiano. Il volume, ormai un classico, L’enfant de ça, pubblicato in francese dai due Autori, Jean-Luc Donnet e Andrè Green, uscì, in traduzione italiana, con un diverso titolo e riferimento autoriale1. La situazione analizzante si apre, non a caso, con una prefazione dal titolo che può ben riassumerne l’opera complessiva, L’avventura del metodo. I passaggi che incontriamo sono, a mio avviso, chiarificatori rispetto a molte questioni che caratterizzano il dibattito psicoanalitico contemporaneo: il metodo psicoanalitico, il metodo delle libere associazioni e della cosiddetta attenzione liberamente fluttuante, così come si mettono ad operare all’interno della cura, nella situazione che, proprio per questo, può diventare ‘analizzante’, è un’invenzione di tale portata euristica da permettere la costituzione di un processo terapeutico anche in situazioni cliniche molto lontane da quelle per le quali la psicoanalisi fu inventata. Il modo di sviluppare il pensiero psicoanalitico che incontriamo leggendolo è tanto più interessante e rilevante in quanto in questi ultimi anni una parte del mondo psicoanalitico sembra ritenere che produrre del ‘nuovo’, nella pratica e nella teoria, non possa che essere il frutto di un abbandono della conoscenza approfondita del testo freudiano, una presa di distanza definitiva da quel lungo ed inesauribile processo di appropriazione di un’eredità complessa che ogni analista può, in modi e forme diversi, intraprendere. Il lettore che con curiosità vuole avventurarsi nella ricchezza mai dogmatica che questo Autore è in grado di estrarre dall’opera freudiana, confrontandosi con la complessa pratica di costruzione teorica che le è propria, attraverso i suoi rimaneggiamenti e riassestamenti, carichi di dubbi ed interrogativi, non resterà deluso. Nulla è più lontano, in questo modo di lavorare con Freud, e con Winnicott, anch’egli continuamente presente come figura di riferimento, dall’idea, che sempre più spesso sentiamo propagare, che la psicoanalisi che si muove in continuità con l’avventura 1 Si veda, a questo riguardo, la nota bibliografica nelle pagine precedenti di questo volume. Infra, p. XI.
XV
La situazione analizzante
della sua creazione-invenzione-scoperta, la psicoanalisi cioè freudiana, sia ormai superata e che per pensare al suo futuro occorra partire dall’oggi, intendendo con ciò non tanto il confronto con una pratica clinica sempre più diversificata, che costringe di per sé a reinterrogare il modo di condurre la cura analitica, in tutte le sue declinazioni, quanto invece addirittura l’abbandono dello studio e della conoscenza della teoria psicoanalitica costituita dall’opera freudiana2. Se leggiamo il capitoletto che Jean-Luc Donnet dedica al caso di Dora, all’interno della sua ampia elaborazione su una delle questioni che stanno al centro della clinica contemporanea, l’agire del paziente da un lato e il controtransfert dall’altro, potremo renderci conto di come sia possibile, ma direi anche necessario, radicare i cambiamenti importanti nel modo di condurre la cura analitica e le terapie ad essa ispirate in continuità ma anche in discontinuità con un passato che va non solo conosciuto, ma indagato e fatto proprio. I nuovi analisti, i futuri analisti, gli psicoterapeuti di formazione psicoanalitica, a cui viene indicata la via breve della semplificazione, della riduzione della pratica analitica a pratica terapeutica fondata sulla dualità, troveranno una questione che corre lungo tutta l’opera di J.-L. Donnet: il metodo e la cornice analitica riuniscono e separano allo stesso tempo i due protagonisti, analista e paziente. Essi costituiscono quel principio di terzietà che rende ragione delle potenzialità trasformative dell’esperienza della cura analitica. Non si tratta perciò di ‘applicare’ il metodo psicoanalitico, libere associazioni e attenzione liberamente fluttuante, né tanto meno di estenderlo: la frattura che, nella comunità psicoanalitica, si è creata tra coloro che pensano il metodo in termini di padroneggiamento di una tecnica e coloro che, in nome della libertà necessaria della coppia analitica e dell’implicazione soggettiva dell’analista, arrivano a prendere posizione contro il metodo, può essere ripensata e superata se si pensa che, «Il discorso del metodo è [...] abitato da un paradosso fondamentale, tale per cui esso deve prevedere – se non prescrivere – i suoi stessi fading» (infra, p. 5). Il metodo analitico, che si è costituito a partire dalla scoperta del procedimento della libera associazione, attraverso la regola fondamentale che esso ‘prescrive’ al paziente, sia che essa venga esplicitata o meno, è fondato sul principio dell’associatività. Nel passaggio, più volte messo in luce da J.L. Donnet, dal procedimento delle libere associazioni alla cosiddetta regola fondamentale, il metodo viene messo di fronte alla sua stessa smentita: il 2 Nel recente libro/intervista di Antonino Ferro, si legge la seguente affermazione: «Ogden ha detto in maniera splendida che dobbiamo riuscire a sognare con il paziente quelle cose che, non sognate, sono diventate sintomi. Ma per capire questo dobbiamo ver letto Freud? […] Però quando Ogden dice così, dobbiamo ripartire dal caso dell’uomo dei topi o ripartiamo da questa situazione che Ogden ci racconta e andiamo avanti da qui? Perché dobbiamo perdere tempo?» (A. Ferro, Pensieri di uno psicoanalista irriverente. Guida per analisti e pazienti curiosi, a cura di A. Nicoli, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017, pp. 28-29).
XVI
Introduzione
transfert, il transfert analitico, che prende forma nella situazione analitica, imprime alle libere associazioni del paziente una valenza, appunto, transferale. Il metodo sembra chiedere al paziente di accedere ad una situazione impossibile, una libertà inarrivabile. Esso offre al paziente un paradosso dunque: questa condizione paradossale sembra essere la condizione che fa da garante rispetto ad un rischio per l’analista di voler ‘applicare’ una metodologia. Non di questo si tratta. Il metodo al contrario permette di comprendere, e trattare, come se fossero delle libere associazioni, tutte le produzioni del paziente in seduta… ed anche al di fuori della seduta, se teniamo in considerazione i transferts cosiddetti laterali3. Come ben mette in evidenza Françoise Coblence «… il lavoro clinico con J.-L. Donnet ci fa immergere improvvisamente nella dialettica spesso serrata che caratterizza il suo approccio della paradossalità dei fenomeni e del metodo analitico, dell’importanza dell’après-coup, che va di pari passo con il metodo stesso – e del lavoro di controtransfert»4. Preservare l’ingenuità dell’esperienza dell’incontro del paziente con l’analista è ciò che caratterizza l’incontro analitico e la psicoanalisi ha enormemente sviluppato questo aspetto della pratica clinica: esso si accompagna con l’interiorizzazione del metodo da parte dell’analista prima e del paziente poi, nel corso della sua analisi, una interiorizzazione che ha il valore di una appropriazione, che mette in tensione tutte le istanze coinvolte, l’Io così come il Super-io/Ideale dell’Io, sulla base di un’attivazione pulsionale ed affettiva che la situazione analizzante permette ed anzi favorisce. Il metodo diventa parte del processo, che è caratterizzato dalla attivazione del funzionamento in aprèscoup, e permette che si sviluppi il transfert all’interno della cornice analitica, anch’essa parte essenziale del processo della cura. La presa in considerazione di tutti gli elementi in gioco permette all’Autore di ripensarli, potendo oltrepassare le logiche improntate alla scissione che ritroviamo sovente nel dibattito e negli scontri all’interno della comunità psicoanalitica. Un oltrepassamento che non è frutto di un evitamento delle differenze che diversi analisti, diverse declinazioni della pratica e della teoria psicoanalitica, evidenziano: esso rimanda al contrario alla possibilità di mantenere aperti gli interrogativi che la pratica analitica impone ad ogni analista, invitandolo a ripensare alle ‘origini’, per ritrovare in esse le ragioni di un rinnovamento necessario. Il lavoro clinico con pazienti che manifestano un funzionamento non nevrotico, che non sono d’emblée degli analizzanti, permette, all’analista che non abbandona il terreno del metodo, di impegnarsi in un lavoro pre3 Rimando per un approfondimento di queste problematiche all’ultimo libro dell’Autore: Dire ce qui vient. Association libre et transfert, PUF, Paris, 2016. 4 F. Coblence, in Aa. Vv. (2017), Une traversée du site analytique avec Jean-Luc Donnet, Société Psychanalytique de Pairs, Coll. Partage, Paris, p. 13, trad. mia.
XVII
La situazione analizzante
liminare, quella che viene chiamata perlaborazione preliminare, che permette al paziente di familiarizzarsi non tanto «con le sue resistenze, ma con le risorse del sito»5. Ritengo che sia proprio intorno a queste questioni che si possono apprezzare le differenze, sempre più sostanziali, di diversi modi di concepire la pratica analitica e la teoria che la esprime, nel loro reciproco rapporto che in questo libro viene, secondo diverse prospettive, definito come il necessario ‘scarto teorico-pratico’. Il rigore delle argomentazioni ha una sua intrinseca necessità e risponde ad una domanda che, a mio avviso, muove l’insieme del pensiero teorizzante di questo analista: la messa in crisi dell’approccio alla sofferenza psichica del paziente, che modificherà nel profondo la concezione della psiche da parte di Freud stesso, costretto a procedere ad una revisione delle sue costruzioni teoriche, sarà la strada che aprirà le prospettive più nuove, per molti aspetti inquietanti per gli psicoanalisti stessi. Mi riferisco, naturalmente, alla presa in considerazione della coazione a ripetere, al passaggio dalla dialettica rappresentazione/affetto a quella delle spinte pulsionali di un Es che non coincide più con l’inconscio della prima topica, in sostanza al rivolgimento di prospettiva che la cosiddetta ‘svolta degli anni venti’ imprime alla pratica e alla teoria psicoanalitica, che si voglia o no accettare lo spostamento della conflittualità psichica verso la polarità pulsioni di vita/pulsioni di morte. Il rigore che ritroviamo nel percorso di J.-L. Donnet non diventa mai dogmatico proprio perché il discorso sul metodo, se deve restare psicoanalitico, non può non essere impregnato dei movimenti pulsionali, dunque affettivi, che abitano la teorizzazione dello psicoanalista, sempre alle prese con l’incontro con il paziente e con il turbamento reciproco, spesso sub-traumatico, che esso implica. Parlando in prima persona come un analista che ripercorre, quasi auto-analiticamente, il proprio percorso, J.-L. Donnet così si esprime: «[…] in breve, il sito analitico rimaneva, fantasmaticamente, ‘il limitare dell’antica patria degli uomini’, o, più ‘strutturalmente’, la Scena primaria. […] L’eccesso del bisogno di teorizzarla prolungava l’esigenza infantile di ‘controllare’ la scena originaria, di legiferare su di essa, nella misura in cui essa sfuggiva alla possibilità di dominarla e lasciava persistere il dubbio della sua legittimazione»6. Se dovessi scegliere uno dei capitoli del libro La situazione analizzante che, accanto agli altri ma più degli altri, ci dà un’idea di quali possano essere le ricadute sulla nostra pratica analitica, indicherei il capitolo V, La 5 Infra, p. 8, corsivo dell’Autore. La nozione di sito è stata sviluppata a partire dal capitolo di presentazione de Le divan bien tempéré (J.-L. Donnet, 1995). 6 J.-L. Donnet (1995), Le divan bien tempéré, PUF, Paris, p. 10, trad. mia.
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Introduzione
nuova via regia?. Il ripensamento teorico che si può individuare nella clinica dei pazienti che presentano funzionamenti psichici al di là della nevrosi ha portato l’Autore a intraprendere una lunga e diversificata ricerca attorno al metodo analitico, iniziata già nei lavori che hanno poi costituito il libro più sopra citato Le divan bien tempéré. La riflessione sul metodo e quella sulla portata clinica e teorica della presa in considerazione dell’agieren, dall’agire vero e proprio, in seduta e al di fuori di essa, fino alla cosiddetta ‘parola agita’, sono perciò le due polarità che portano a domandarsi se l’agieren non possa essere considerato la nuova via regia, stante che il sogno è la prima e principale via d’accesso all’inconscio, e perciò alle trasformazioni psichiche che sono al centro del processo terapeutico della cura analitica. Vorrei qui fare un inciso: la pratica analitica a cui l’Autore fa riferimento, e che alimenta incessantemente tutto l’arco della sua riflessione, riguarda la pratica privata da un lato, e la pratica clinica all’interno del CCTP7, di cui J.-L. Donnet è stato direttore per lunghi anni e nel quale continua ad essere attivo nelle ‘riunioni del giovedi’, luogo insostituibile di elaborazione clinica attraverso quelli che vengono chiamati gli ‘scambi inter-analitici’. I pazienti del CCTP manifestano molto spesso delle problematiche che potrebbero rientrare nei cosiddetti casi limite: la questione dell’agieren si pone perciò al centro di una pratica analitica che si è dovuta e si deve confrontare con i necessari ripensamenti rispetto al paziente nevrotico, per il quale la psicoanalisi fu inventata. La densa elaborazione teorica che viene qui proposta attorno all’agieren, ha il merito di essere pensata in continuità con la centralità della parola e dello scambio verbale che costituisce il terreno specifico della clinica psicoanalitica: con la parola, con il dire in seduta e, naturalmente, con il transfert. Si tratta forse di una delle messe in forma teoriche più interessanti: la presa in considerazione del transfert sulla parola accanto al transfert sull’oggetto, com’è stata proposta ed elaborata da Green nel corso della sua opera. Significativamente questi due aspetti del transfert, che incrociano la problematica dell’agieren in modo specifico, vengono accostati al percorso dall’oggetto soggettivo all’incontro con l’oggetto reale, distrutto e creato, secondo la prospettiva winnicottiana. 7 Il CCTP, Centre de Consultation et de Thérapie Psychanalytique, è il centro clinico della Société Psychanalytique de Paris, fondato da Jean Favreau nel 1958. Jean-Luc Donnet, che è anche uno psichiatra, ne è stato a lungo direttore. Il CCTP è un centro di consultazione e di cura, sostenuto finanziariamente dal governo dello Stato francese, dal Ministero della sanità. Le cure analitiche (analisi cosiddetta classica, psicoterapia psicoanalitica, psicoterapia psicoanalitica di gruppo, psicodramma psicoanalitico) sono offerte ai pazienti gratuitamente. Gli psicoanalisti vengono remunerati, con tariffe adeguate a quelle delle visite specialistiche del sistema sanitario pubblico. Il centro opera all’interno della città di Parigi. Recentemente è stato creato, assieme al Centre Kestemberg, per gli adolescenti e al Centre Binet per i bambini, un polo di eccellenza: le cure analitiche possono svolgersi in queste istituzioni in una condizione di sostanziale libertà quanto a durata, frequenza e indicazioni al trattamento.
XIX
La situazione analizzante
«L’agieren parlato dovrebbe la sua posizione privilegiata, la sua dimensione di via regia, al fatto che esso può realizzare un a transizione tra la scarica e il legame, tra l’agire e la rappresentazione, tra l’onnipotenza dell’allucinatorio e il suo lutto in favore della dimensione metaforica»8. A tutti i livelli, così fittamente intrecciati, in cui il pensiero di J.-L. Donnet si svolge, possiamo ritrovare la presenza dei due protagonisti, paziente e analista, uniti e separati in una asimmetria garantita dal metodo e dalla prima regola fondamentale (più e più volte reinterrogata lungo tutta l’opera di questo Autore) che diventa paradossalmente simmetrica grazie alla seconda regola: l’analisi dell’analista stesso. Essi sono coinvolti in un gioco che lungo tutto il corso del processo terapeutico tiene in considerazione sia il game sia la sua trasformazione in play, o piuttosto playing: quello che diventa il gioco (game) quando le regole che lo reggono, grazie alla costruzione del sito e della situazione analizzante, rimangono sullo sfondo. Questo libro, assieme al già citato Le divan bien tempéré, e all’ultimo uscito, Dire ce qui vient. Association libre et transfert, costituiscono una sorta di manuale di navigazione: il grande e riuscito sforzo di tenere assieme la teoria freudiana, reinterrogandola, l’apporto di Winnicott e il confronto con una parte rilevante della riflessione teorica psicoanalitica, anche recente, non solo di area francese9, lo rende un’opera imprescindibile e che non cessa, ad ogni rilettura, di aprire prospettive di pensiero in cui avventurarsi.
8 Infra, p. 91, corsivi dell’Autore. 9 Mi piace ricordare che Jean-Luc Donnet, assieme ad un nutrito gruppo di analisti della SPP, per lunghi anni organizzò incontri clinici con analisti della British Society tra i maggiori dell’epoca. Quel livello di scambi, diretti e basati sulla conoscenza reciproca, alimentò, secondo l’Autore, che spesso ne fa cenno in conversazioni private, un periodo di creazione teorico-clinica ricchissimo, verso il quale siamo tuttora debitori.
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