Ezio Zucconi Mazzini - Gilberta Alpa
COLLANA La Malattia del Potere
Il coraggio di inventare l’avvenire La scienza e la dignità dei popoli per una vera pace globale Prefazione di Alex Zanotelli
Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 - 00196 Roma tel./fax 06-39738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it
© Copyright Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 06-39738315 I Edizione, 2019 Ezio Zucconi Mazzini: Psichiatra, medico e psicoterapeuta, ha introdotto in Italia l’Analisi Bioenergetica e fondato con Alexander Lowen e con lo psichiatra americano Renato Monaco la SMIAB (Società Medica italiana di Self Analisi Bioenergetica per lo studio e la terapia del carattere e dei disturbi di personalità). Ricercatore a livello internazionale. È Presidente della Fondazione Science for Peace.Eu-Power Personality Disorder. Gilberta Alpa: Psicoterapeuta, allieva di Leonard Hochman, direttrice didattica e del dipartimento di ricerca sulle basi neurofisiologiche dei Diritti Umani Universali della SMIAB, ricercatrice nel campo dell’Infant Research, degli attaccamenti sociali e vicepresidente della Fondazione Science for Peace. Eu-Power Personality Disorder. Via Paola Falconieri, 84 – 00152 Roma Tel. 0658209954 – email: gilalpa@tin.it Fondazione Science for Peace. Eu-Power Personality Disorder Onlus e-mail: gilalpa@tin.it
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Indice Prefazione di Alex Zanotelli.......................................................... V Premessa......................................................................................... IX 1 – Il concetto fisiologico di democrazia...................................
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2 – Non esistono le razze ma solo i razzisti e i razzismi mascherati. 13 Il cervello dei razzisti funziona differentemente .................................. 17 Le origini scientifiche della famiglia umana ....................................... 20 “Restiamo umani” (Stay Human): psicoanalisi dell’inconscio razzista per la prevenzione precoce dei razzismi .............................................. 26
3 – La pace non è un’utopia........................................................... 39 4 – “Aiutiamoli a casa loro”: la menzogna più ipocrita e crudele 59 Il debito dell’Africa e “la carità che uccide” ............................... 91 5 – La fame: il cavaliere nero........................................................ 103 6 – I mali dell’Africa.................................................................... 115 7 – I tre grandi Padri dell’Africa: Kwame Nkrumah, Patrice Lumumba, Thomas Sankara......................................... 125 Kwame Nkrumah, il padre costituente degli Stati Uniti Africani (USAfrica) .................................................. 125 Patrice Lumumba............................................................................... 142 Thomas Sankara................................................................................. 154
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Il coraggio di inventare l’avvenire - La scienza e la dignità dei popoli per una vera pace globale
8 – A quando l’Africa delle donne?............................................. 175 9 – La violenza delle armi e la psicopatologia della guerra....... 195 10 – “Science for Peace”: una sfida e un sogno che possono diventare realtà........... 225 Il Moral Self e il cervello morale secondo le neuroscienze .......... 227 Neuroni specchio ...................................................................... 241 Emozioni e resilienza ................................................................. 248 Empatia e altruismo: essere e sentire con gli altri ....................... 252 Bibliografia.................................................................................... 269
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Prefazione di Alex Zanotelli
Pochi libri ci aiutano a leggere la realtà come il libro dell’Apocalisse, un libro che non ha nulla a che fare con la fine del mondo, come purtroppo è stata interpretata attraverso i secoli. Il libro dell’Apocalisse è stato scritto da un profeta cristiano alla fine del primo secolo, per aiutare le comunità cristiane dell’Asia Minore a leggere con occhi critici l’Impero Romano, nel suo momento di massima gloria e potenza. Il profeta invita le piccole comunità cristiane a non lasciarsi affascinare dallo splendore dell’Impero, ma a leggerlo criticamente. Il profeta può fare questa lettura critica perché lo legge, partendo da Gesù, crocifisso dall’Impero e da tutte le persone crocifisse nell’Impero Romano. Un Impero, quello romano che permetteva a pochi romani (5%) di calpestare il 95% della popolazione, in buona parte costituita da schiavi o ex-schiavi. Il profeta fa questa critica utilizzando l’immaginario dei quattro cavalieri dell’Apocalisse che rappresentano le forze oppressive all’interno dell’Impero. Il cavallo bianco rappresenta un Impero vittorioso nelle sue guerre. La sua vittoria però è la vittoria della violenza politica (cavallo rosso), dell’oppressione economica (cavallo nero) e della morte (cavallo verdastro). Chi fa quest’analisi è un esiliato nell’isola di Patmos a causa della ‘Parola di Dio’ e della ‘testimonianza di Gesù’! Per fare questa analisi il profeta ha dovuto utilizzare il ‘codice’: un linguaggio che solo la comunità a cui si rivolgeva poteva capire. Se l’Apocalisse fosse caduta nelle mani dei servizi segreti romani non avrebbero capito nulla. La letteratura apocalittica è sovversiva ma in ‘codice’. È incredibile come un profeta abbia letto l’Impero Romano in maniera così dura. Lo ha potuto fare perché ha letto l’Impero partendo dagli impoveriti, dai vinti, dai crocifissi. Dobbiamo sempre chiederci da dove leggiamo i Sistemi entro cui viviamo. Se oggi leggiamo il nostro Sistema da Manhattan, non possiamo che rimanerne ammirati. Ma se lo leggiamo da una baraccopoli africana come Korogocho, dove sono vissuto per 12 anni, la leggeranno in ben altra maniera: e cioè, come un Impero mondiale vittorioso che impoverisce i più e affama, uccide con guerre sanguinose e violenta il Pianeta Terra (Gaia).
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Il coraggio di inventare l’avvenire - La scienza e la dignità dei popoli per una vera pace globale
Oggi viviamo dentro un Impero economico-finanziario, anzi più finanziario che economico: infatti sono le banche a governare il mondo. Questo poi permette a sempre meno persone di possedere ricchezze. OXFAM afferma che gli otto uomini più ricchi al mondo hanno tanto quanto 3.6 miliardi di persone più povere. E l’1% della popolazione mondiale ha più del 99% della stessa. Questo Sistema economico-finanziario permette poi al 10% della popolazione mondiale di consumare il 90% dei beni prodotti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: tre miliardi di persone costrette a vivere con due dollari al giorno, e un miliardo che soffre la fame e trenta milioni di morti per fame all’anno. “Questa economia uccide”, afferma Papa Francesco nell’enciclica Evangelii Gaudium. Tutto questo Sistema regge perché chi ha e sta bene, e per chi è armato fino ai denti. Le armi proteggono i privilegi e lo sfruttamento. Ogni giorno infatti ben 4.5 miliardi di dollari vengono spesi in armi. Gli USA da soli spenderanno nei prossimi anni mille miliardi di dollari per rinnovare il proprio armamentario nucleare: la bomba atomica è la Regina del terrore. Il problema è che questo sistema economico-finanziario militarizzato sta talmente depredando le risorse del Pianeta che ci sta saltando l’Eco-sistema. Questo Sistema infatti emette nell’atmosfera trenta miliardi di tonnellate di anidride carbonica che creano l’effetto serra con il conseguente surriscaldamento. Se continueremo su questa strada, gli scienziati dell’ONU ci dicono che rischiamo a fine secolo dai 3,5° ai 5,5° gradi centigradi in più. Sarebbe una catastrofe per il Pianeta e per l’Homo Sapiens, che purtroppo è diventato Homo demens, come dice lo psichiatra Vittorino Andreoli che, nel suo ultimo libro, denuncia l’attuale involuzione della civiltà, da “homo sapiens sapiens ad homo demens demens”. Il nostro infatti è un Sistema che ammazza per fame, ammazza per guerre e uccide il Pianeta vivente (Gaia), rivelandosi un Sistema di morte. Se il profeta dell’Apocalisse aveva definito l’Impero Romano una Bestia orrenda, un mostro, non so come descriverebbe un Sistema come il nostro, ben più bestiale di quello di Roma. P Un grande profeta del nostro tempo, il vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga così descrive il nostro Sistema: “La blasfemia dei nostri giorni, l’eresia suprema, che finisce per essere la macroidolatria del mercato globale e del dio denaro. L’insensibilità delle religioni di fronte alla macroingiustizia istituzionalizzata oggi nel neoliberismo, che è peccato mortale, omicida e suicida. Perchè il neoliberismo esclude e discrimina l’immensa maggioranza dell’umanità. Questo è il peccato del mondo e può essere il peccato della Chiesa”. VI
Prefazione
L’analisi che fa il vescovo Pedro Casaldaliga, è simile a quella del profeta dell’Apocalisse per le prime comunità cristiane: ci fa leggere la realtà del nostro sistema economico-finanziario con altri occhi. È quello che ci aiutano a fare gli autori di questo volume, a leggere la realtà con altri occhi. Un noto scrittore keniano Ngugi O’ Thiongo chiama questo percorso “decolonizzare la mente”. Significa mettere in crisi la maniera in cui abbiamo continuato a guardare al Continente Africa. Trovo questo libro molto bello in particolare due capitoli: ”I mali dell’Africa” e “Aiutiamoli a casa loro: la menzogna più ipocrita e crudele”. Per me questo libro è stato una boccata d’ossigeno in questo momento di razzismo e xenofobia rampante in Europa e in Italia, così ben espressa dall’attuale ministro degli Interni Salvini e da molti dei suoi omologhi europei. È una sfida enorme quella che ci sta davanti: o riusciremo a riconoscere l’Altro come una ricchezza, proprio perché diverso da me o saremo destinati a sbranarci vicendevolmente: e questo inizio di cambiamento evolutivo ed etico è quello studiato dagli Autori. È quello che in Africa chiamiamo Ubuntu: io sono perché noi siamo. Un concetto così ben espresso dal vescovo di Oran (Algeria) Pierre Claverie, ucciso nel 1996 : “Non c’è umanità se non al plurale e quando pretendiamo di possedere la verità o di parlare a nome dell’umanità, cadiamo nel totalitarismo o nell’esclusione”. Napoli, Novembre 2018 Padre Alex Zanotelli è il vero missionario nel senso in cui lo avrebbe inteso Gesù: indomito uomo di frontiera ha vissuto negli Slums, insieme ai ragazzi di strada e ovunque vi fossero sofferenze umane da condividere. Noi ringraziamo Padre Alex per il suo esempio di vita, per il suo impegno costante, per il suo lavoro impareggiabile e per la sua appassionata prefazione al nostro libro. Considerando il feeling dei nostri neuroni con quelli di Alex e la nostra empatica identità di visione del mondo attuale, vorremmo aggiungere per i nostri lettori un altro punto di riflessione, affermando che quando il dio danaro, che sembra regnare sovrano negli imperi finanziari della nostra società occidentale, si ammala (crisi economiche) produce in ogni parte del mondo catastrofi, come disoccupazione e povertà, che a loro volta producono guerre e migrazioni bibliche di sopravvivenza. Gli Autori
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Premessa A tutti coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno… Ai reietti, ai respinti, agli esclusi… A tutti coloro che ancora si commuovono… A chi non si arrende mai… agli eroi dimenticati… A chi non ha paura di dire quello che pensa…. Miguel de Cervantes, Don Chisciotte
Questo libro si propone di prendere per mano il lettore, incoraggiandolo ad ampliare lo sguardo a 360°, usando la testa senza mai separarla dal cuore. Ad ispirare il nostro lavoro è stata una frase di uno dei grandi padri del panafricanismo Thomas Sankara, che pensando al futuro delle prossime generazioni scriveva: “per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d’inventare l’avvenire, e noi dobbiamo osare inventare l’avvenire”. Secondo gli autori ogni vera rivoluzione evolutiva nasce, non solo dal coraggio di sognare un mondo migliore, ma soprattutto dal desiderio di realizzare anche i sogni che sembrano irrealizzabili. E la pace globale è un’“utopia sostenibile” e realizzabile se ci si impegna a “rifondare la speranza”, con un lavoro costante contro l’apatia, il disimpegno morale, l’egoismo, l’indifferenza e soprattutto contro i quattro cavalieri dell’Apocalisse del mondo globalizzato: 1. La povertà che ogni anno uccide per fame 1/5 della popolazione mondiale e che genera migrazioni e guerre: la nostra ricerca pionieristica ha scientificamente dimostrato che la povertà non è genetica ma dovuta a discriminazioni sociali che rallentano lo sviluppo dell’ippocampo e della corteccia prefrontale, centri cerebrali dove ha sede la Moral Agency, cioè “il buon padre di famiglia” e “la buona politica” che ha a cuore il Bene Comune. Pertanto la povertà è curabile con politiche umanitarie e l’educazione al rispetto per l’ambiente e la biodiversità, perché il Pianeta vivente (Gaia) è l’unica casa che il genere umano può abitare, tenendo conto che le sue risorse non sono inesauribili. 2. Il razzismo che è un tragico pregiudizio del potere che si oppone all’evoluzione della specie umana. IX
Il coraggio di inventare l’avvenire - La scienza e la dignità dei popoli per una vera pace globale
3. La guerra che è sempre un orrore e che è paranoicamente “giusta” solo per gli interessi e il potere di pochi e che oggi, uccide solo civili inermi. 4. La corruzione che è l’attuale pandemia di disgregazione morale e civile. Lo scopo di questo libro è dare un contributo scientifico che, partendo dalle radici psicologiche e neuroscientifiche dell’intersoggettività (che è il sistema motivazionale innato ed essenziale alla sopravvivenza della specie), del Sé Morale (empatia e neuroni specchio), della relazione intersoggettiva con l’Altro e dei meccanismi cerebrali che sovrintendono all’altruismo e all’empatia, indichi le vie possibili per una cultura della pace, dei diritti umani universali, dell’appartenenza all’unica specie umana e per un’etica del rispetto per l’Africa che è un continente tanto grande, ricco e vitale quanto sfruttato, traumatizzato e vittima di ingiustizie e di crimini contro l’Umanità. Per questo la nostra ricerca scientifica si è impegnata nella dimostrazione del fatto che non esistono le razze ma solo i razzisti e che il meticciato (melting pot) è un valore universale che assicura la sopravvivenza e l’evoluzione della specie umana. Con tutte le nostre forze ci battiamo contro ogni politica che elevi muri e mettiamo tutto il nostro impegno per una politica di solidarietà e di integrazione che si impegni, in nome della verità, a sostenere le migliori energie africane e a risarcire l’Africa accogliendo degnamente e dignitosamente i migranti in fuga, aprendo canali umanitari e proteggendone la libera circolazione. Senza mai dimenticare che le migrazioni, da sempre, hanno forgiato l’umanità: il primo migrante della storia è stato Gesù che fuggiva dalla “strage degli innocenti” di Erodwe e la stessa Roma è stata fondata dai discendenti di Enea e di suo figlio Ascanio, che erano profughi troiani. Oggi molti Stati europei parlano di “governo del cambiamento”, ma i cambiamenti, come stiamo tristemente vedendo in questi tempi difficili possono essere anche peggiorativi, mentre quello che noi auspichiamo è costruire una società in cui vengano davvero rispettati i diritti di tutti, e in cui la politica torni ad essere una speranza, un servizio, una passione, fatta di giustizia sociale e di riconoscimento della dignità umana. La chiusura delle frontiere e dei porti in molti paesi europei e italiani è la più grande forma di disumanità del nostro tempo e, nella nostra prospettiva scientifica, significa chiusura del cuore e della mente in cui prende il sopravvento una visione divisiva e paranoica (sospettosità, divisione manichea tra Bene e Male e ricerca del nemico) della realtà, per cui si sposta la colpa delle crisi economiche e la conseguente decimazione dei posti di lavoro (e dei risparmi) facendola ricadere sui migranti innocenti ed inermi.
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Premessa
Molti Paesi dell’Unione europea e l’attuale Governo italiano purtroppo, di fronte ad una scelta tra civiltà e barbarie hanno fatto la scelta suicida della barbarie e dell’egoismo, attuando politiche moralmente inaccettabili che limitano il sacrosanto diritto di fuggire da guerre civili, da regimi totalitari, dalla fame e dallo sfruttamento. Queste politiche crudeli hanno scelto un gioco tanto opportunista quanto facile: prendersela con persone che non hanno più nulla né un posto in cui vivere e a cui dovrebbe invece essere restituito almeno il diritto di credere nel futuro. Il processo di globalizzazione ci ha illuso e ci ha fatto sperare in un mondo senza confini, non solo tecnologici ma anche reali, invece le già esistenti frontiere sono diventate, in nome della sicurezza, dei veri e propri muri eretti di fronte a chiunque non sia cittadino di quel paese, stranieri che vengono percepiti come una minaccia. Inoltre i paesi alle porte dell’Europa, si sono trasformati in guardie di frontiera, aumentando il razzismo e la xenofobia. Per quel che riguarda l’Unione europea, che con il Trattato di Schengen avrebbe dovuto eliminare i confini interni ai Paesi UE e creare uno spazio libero comune di sicurezza e di giustizia, sembra essersi ridotta ad una fortezza chiusa nella paura di un assalto incontrollato, a causa della sua incapacità a gestire le crisi umanitarie che causano il fenomeno della migrazione. Oggi tutte le misure restrittive che gli stati europei stanno prendendo autonomamente e senza nessun sentimento federativo e comunitario, stanno ponendo seri interrogativi sulla tenuta del sistema Schengen e sull’operato di Frontex, l’agenzia europea creata nel 2004 per uniformare i controlli di polizia ai confini esterni dell’UE, coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne e assistere gli Stati membri in materia di formazione del corpo nazionale delle guardie di confine. Frontex che dal 2016 è stata rafforzata e trasformata in Agenzia Europea della Guardia Costiera e di frontiera della UE. Solo che i confini esterni per l’Italia, la Spagna, Malta e Cipro sono per lo più costituiti da mare, e sul mare, per fortuna secondo noi, non si possono erigere quei muri tanto cari a Trump (che li ha eretti al confine con Messico), a Israele, ai Paesi di Visegrad e ai tanti politici xenofobi. D’altra parte i ventotto stati dell’Unione europea, contravvenendo al pensiero dei Padri Fondatori dell’Europa, non sono mai davvero divenuti una federazione di Stati come gli USA perché conservano la loro sovranità e i loro Parlamenti, hanno eserciti e servizi segreti propri, non è ancora stata fatta un’eurointelligence, né uno stretto coordinamento fra i servizi segreti: l’intelligence infatti è una delle funzioni della sovranità più gelosamente custodita da ogni Stato, con un rapporto esclusivo fra apparato
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Il coraggio di inventare l’avvenire - La scienza e la dignità dei popoli per una vera pace globale
informativo ed autorità politica. Ma la mancanza di un coordinamento sovrannazionale crea zone d’ombra e una mancanza di comunicazione delle informazioni segrete tra i vari Paesi membri, il che si riscontra nel deficit di prevenzione e contrasto alla criminalità e alla lotta al terrorismo. Il conclamato fallimento federalista dell’EU, nata per assicurare una pace duratura, è evidente anche nelle politiche capitaliste e liberiste che, con i muri, i fili spinati, gli egoismi nazionali, la volontà di ripristinare le frontiere e l’indisponibilità all’accoglienza mostra la totale incapacità dell’UE a governare il fenomeno migratorio. Per questo l’UE, pur essendo un’unione economica non è assolutamente una comune casa politica; purtroppo un’Europa morale non è mai nata, perchè sepolta sotto apparati burocratici, particolarismi, nazionalismi e derive populiste di destra come quella attuale. I populismi oggi sono sinonimo di demagogia, di “parlare alla pancia” delle masse (spesso frustrate e arrabbiate) con promesse difficilmente realizzabili, di “essere sempre contro qualcuno” per ottenere il consenso popolare senza mai fare una vera proposta politica sostenibile. I populismi europei cavalcano il disagio sociale, cercano consensi tra le classi sociali meno istruite e informate, usando luoghi comuni di facile presa sull’elettorato, sono fortemente euroscettici, contro la moneta unica, nazionalisti, xenofobi e, pur mantenendosi con un piede dentro e un piede fuori dall’Unione, ne minacciano la credibilità politica internazionale e la forza unitaria. Le Brexit (uscita del Regno Unito dall’UE), le richieste di indipendenza della Catalogna, dei fiamminghi nelle Fiandre e tutti i paesi euroscettici che minacciano referendum per uscire dall’Europa (Polonia, Paesi Bassi, Danimarca, Ungheria, Austria, Ucraina e alcune frange populiste in Francia e in Italia), indeboliscono i governi delle singole nazioni e quello centrale europeo, fanno prevedere una crisi sempre maggiore dell’Europa, fino all’ implosione o addirittura al suo tramonto. L’indebolimento di alcuni stati europei, per le spinte autonomiste di molte regioni, insieme alla cessione di sovranità economica, dovuta alla globalizzazione, stanno frantumando alcuni stati nazionali in “piccole Patrie”, che sono seducenti, per i leader che le propongono, perché semplificano la complessità, ma anche patologiche come lo è, per la psicopolitica, ogni forma di frammentazione. In quasi tutti gli Stati europei ci sono conflitti tra movimenti indipendentisti e nazionalisti, che possono contagiare, per effetto domino, tutti i paesi dell’Unione; in particolare i secessionisti più accesi, che hanno una natura eversiva, tradiscono l’idea stessa su cui l’Europa è stata fondata e i Trattati che, con grande sforzo, ne hanno tentato l’unificazione.
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Premessa
In mancanza di un federalismo europeo il potere viene sempre più centralizzato e accentrato nelle mani di pochi; ciò indebolisce la sovranità degli Stati, per cui le politiche divengono imprevedibili e ogni stato esercita la sua volontà di potenza dimenticando cosa significhi nei fatti “Unione europea” e riducendo queste due parole ad un concetto astratto e manipolabile. L’hybris di alcune nazioni più ricche, un’economia a due velocità e un governo europeo di Bruxelles che non ha un primato federale sulle leggi dei singoli stati, hanno fatto fallire gli ideali e gli scopi della Costituzione europea nata per essere il cuore pulsante e morale che unisce i cittadini di tutto il continente e che dovrebbe rappresentare la summa democratica di tutte le Costituzioni nazionali. Questa Europa che ha fatto il passo più lungo della gamba, è tristemente diventata solo l’Europa delle banche e della finanza, che crea preoccupazioni ansiogene in molti paesi, strangolati nei debiti pubblici e nella disoccupazione, facendo dimenticare e perdere completamente i valori umani e morali dei padri fondatori. Nel loro nome noi speriamo in un rinnovato futuro di vero federalismo e di unione europea (tutti uniti con un unico passaporto europeo), e ci auguriamo che vengano messe in pratica le parole dell’inno europeo che parla, sulle note meravigliose di Beethoven, della Gioia, che oggi non c’è, di quando “tutti gli uomini diventeranno fratelli solidali”. Tutta l’attuale recrudescenza di razzismo, secondo noi, è il prodotto di una regressione morale e politica, sostenuta da una propaganda tossica, che nega che le migrazioni dall’Africa sono provocate da secoli di colonialismo e proseguono oggi con un efferato neocolonialismo soprattutto di stampo cinese. La ricetta salvifica sarebbe molto semplice: smettere di derubare l’Africa delle sue risorse, perché ciò crea caos economico negli stati africani, smettere di vendere armi ai signori della guerra e lasciare l’Africa agli africani, magari estinguendo il loro debito pubblico e fornendo loro i mezzi per rendersi autonomi, risarcendo così i secolari danni che il “primo mondo” ha fatto all’Africa. Se l’Occidente avesse ascoltato il grido di dolore di miliardi di esseri umani che soffrono sotto governi ingiusti e crudeli sostenuti dall’Occidente stesso, oggi molte “vittime africane” del nostro sistema avido e corrotto non sarebbero costrette a scegliere, per la sopravvivenza, tra una morte probabile in mare ed una sicura nei loro paesi, nè dovrebbero subire il trauma dell’esilio che li catapulta in un mondo tanto nuovo quanto inospitale, dopo aver attraversato un universo di privazioni, umiliazioni e torture. Inoltre secondo le previsioni scientifiche di molti esperti e anche nostre, tra qualche decennio ci sarà l’esodo biblico di milioni (stimati in un numero da 50 a 250 milioni di persone), di quelli che l’Organizzazione Interna-
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zionale per le Migrazioni chiama “migranti ambientali” (e che a noi piace chiamare “eco-refugees”), perchè il capitalismo sfrenato e incontrollato sta distruggendo l’ecosistema dell’Africa, che è il secondo polmone del mondo dopo quello amazzonico. L’Africa che è un continente che possiede il 30% delle risorse naturali dell’intero Pianeta, viene sistematicamente derubata e abusivamente cementificata, producendo un consumo irreversibile di suolo coltivabile con una conseguente desertificazione. Infatti “il debito ecologico causato dallo sfruttamento delle risorse naturali gioca un ruolo cruciale in questo scenario perchè impedisce al continente di uscire dal cerchio della povertà e fa scattare la necessità di avere più aiuti” (Charles Mutasa, direttore dell´African Forum and Network on Debt and Development). Ricordiamo che ogni essere umano necessita di circa 2 ettari di superficie terrestre, chiamata biocapacità, per produrre alimenti, energia e depurazione dei rifiuti che produce. In Italia si è superata la biocapacità sostenibile e stiamo consumando quella delle generazioni future. Gli economisti e i politici non si rendono conto che consumando, cementificando, sfruttando e sprecando le risorse planetarie si va incontro a tragedie apocalittiche, che pur ampiamente annunciate, continuano ad essere ignorate, perchè, come diceva Gandhi “Ci sono abbastanza risorse per soddisfare i bisogni di ogni uomo, ma non l’avidità di ogni uomo”. Anticipando la banalità del male che stiamo facendo a Gaia. Quando Trump, strenuo difensore del nazionalismo economico, ripetutamente dice “America first”, sta costruendo un’identità nazionale sulla negazione di tutte le altre con un egoismo che lascia intendere che chi è americano è migliore di tutti a prescindere da chi sia e da come si comporti. Questa idea, che mette la nazionalità prima delle persone e prima della comune appartenenza al genere umano, è stata purtroppo imitata da altrettanti nazionalismi e sovranismi di molti paesi europei tra cui il nostro e sintetizzata nel triste slogan xenofobo “prima gli italiani”, ghigliottinando tutti i principi umanitari dell’Illuminismo, su cui si basa la democrazia, e la Costituzione. Inoltre Trump e tutti coloro che la pensano come lui, stanno facendo passare un messaggio gravissimo e molto pericoloso, perché sostiene la logica per cui “il mercato domina, l’avidità è positiva, l’uomo bianco è migliore degli altri uomini e ciò che conta nella vita è il denaro e la natura esiste per essere saccheggiata” (Naomi Klein). Con questi messaggi, vengono sdoganate minacce gravissime per l’Umanità quali: l’asservimento al dio danaro, perché senza l’economia la politica è zoppa e non va da nessuna parte, e lo sviluppo senza limiti dei paesi più ricchi che è la vera minaccia per il Pianeta Vivente (Gaia) perché
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Premessa
produce ingravescenti problemi climatici e di inquinamento. Infatti noi sappiamo che sono proprio le due maggiori potenze mondiali, Stati Uniti e Cina, ad essere i maggiori inquinatori del Pianeta. Quindi lo slogan “America first”, o tutti i “prima noi”, urlati da tutti quei paesi che si ritengono l’ombelico del mondo, di fatto producono un ripiegamento su se stessi perchè esprimono un’ansia identitaria e sovranista di fronte alla globalizzazione che determina l’economia, le relazioni internazionali e l’avvenire del mondo, soffocando il multiculturalismo, che è invece il fattore evolutivo e di pace. Inoltre la ricerca scientifica della nostra Fondazione “Science for Peace. Eu” ha realizzato che gli appelli di Trump e dei populisti di tutto il mondo, che vogliono circoscrivere il potere nelle mani di persone di pelle bianca, anche chiudendo le frontiere ed erigendo muri, contengono un diabolico messaggio per il Terzo Mondo e soprattutto per l’Africa, che da sempre ha subito il nazionalismo sfrenato dei suoi colonizzatori. Come un bravo medico, ispirandosi a Ippocrate, si occupa della salute delle persone, tutti noi dobbiamo avere a cuore la salute di Gaia, e occuparci dei progressi della pace, della riduzione della povertà, dell’aumento della scolarizzazione, ma soprattutto tutte quelle azioni che possono portare ad un aumento delle aspettative di vita: miglioramento delle condizioni sanitarie, della possibilità di accesso alle cure chirurgiche e mediche (quali farmaci antiretrovirali per l’AIDS e vaccini che per esempio hanno permesso di estirpare completamente il vaiolo). Gaia è arrivata al pronto soccorso del pianeta in codice rosso, dopo il ritiro degli USA dagli accordi di Parigi del 2015, che avevano impegnato i paesi firmatari a contenere l’aumento della temperatura mondiale entro i due gradi centigradi, soglia oltre la quale il global warming sarebbe devastante per le attività umane. Infatti l’aumento della temperatura di 3° centigradi, soglia critica, determinerebbe, secondo gli esperti, conseguenze ambientali, sociali ed economiche irreversibili. Il ritiro degli USA, uno dei principali responsabili insieme alla Cina (20% USA e 18% Cina nelle cui grandi città si cammina con le mascherine), del global warming e delle emissioni di gas ad effetto serra è dunque una cosa gravissima, insieme al fatto che si stanno consumando tutte le risorse planetarie. Infatti un consumismo tanto sfrenato quanto cieco sembra non tener conto che nel 2050, probabilmente non ci saranno risorse sufficienti per appagare i bisogni di una popolazione mondiale che avrà raggiunto i 10 miliardi di esseri umani. Il ritiro dalla Convenzione di Parigi, è reso ancora più grave dal fatto che purtroppo non è prevista nessuna sanzione in caso di inosservanza degli accordi, che si basano solo sulla buona volontà dei singoli Paesi.
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È proprio per questo che la sfida da raccogliere, per la sopravvivenza del pianeta, dovrebbe essere quella di uno sviluppo “sostenibile” ed il passaggio alle energie rinnovabili non è più rinviabile; stiamo infatti consumando più di quanto il Pianeta sia in grado di rigenerare in un anno (sovrasfruttamento). Lo stato di salute degli ecosistemi e la perdita della biodiversità continuano a crescere con un costo complessivo valutato il 10% del PIL mondiale, oltre al costo in vite umane. I cambiamenti climatici sono purtroppo una realtà ormai tangibile ovunque: tempeste, cicloni, burrasche e uragani. Solo per fare un esempio, molte isole del Pacifico e dell’Oceano Indiano corrono il rischio concreto di venire sommerse per l’innalzamento degli Oceani, dovuto allo scioglimento dei ghiacci polari, per effetto del riscaldamento globale. Ma il vero problema è soprattutto la siccità e un clima sempre più caldo e umido che provoca grandi canicole a cui si alternano piogge torrenziali e alluvioni, con migliaia di morti per scarso adattamento delle persone al clima alterato. Il global warming influisce in modo diretto o indiretto su fattori decisivi per la salute umana: aria e acqua (sempre più inquinate) e alimentazione; per questo gli scienziati prevedono per il futuro prossimo una recrudescenza delle allergie e delle malattie infettive o parassitarie. Inoltre, anche se un aumento delle temperature ha come vantaggio il calo della mortalità invernale, quando la temperatura supera per lungo tempo i 25 °C, aumenta il rischio di mortalità per bambini ed anziani e c’è la possibilità di sviluppare patologie cardio-vascolari, cerebro-vascolari, respiratorie, metaboliche psichiche e stress da calore (colpo di sole e di calore). Il calore e l’umidità, inoltre rappresentano fattori di sviluppo per molti batteri e funghi microscopici, mentre le forti precipitazioni atmosferiche implicano un aumento delle muffe nell’aria. La Cina, che è oggi una delle principali potenze economiche in continua estensione, paga la sua modernizzazione con il degrado dell’ambiente, anche per la scarsissima coscienza ambientale della sua popolazione: l’industrializzazione e lo sfruttamento eccessivo delle risorse (soprattutto la deforestazione e l’impoverimento delle risorse idriche), richiedono una immediata attuazione, da parte dei politici cinesi, di soluzioni integrate per uno sviluppo sostenibile. L’aumento vertiginoso dei veicoli a motore ha portato ad un allarme rosso sull’inquinamento atmosferico: l’OMS raccomanda, come media annuale di polveri sottili, un massimo di 10 microgrammi al metro cubo, mentre nelle grandi città cinesi il tasso supera i 36 microgrammi al metro cubo. Anche il mare è minacciato dall’impoverimento ittico dovuto ad una pesca eccessiva e dall’inquinamento causato da prodotti tossici o non bio-
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Premessa
degradabili. La contaminazione assume forme eccezionali in quelle zone dove le correnti creano giganteschi vortici di acque oceaniche dove si accumulano rifiuti di plastica: nel Pacifico settentrionale gli scarichi di plastica formano un settimo continente di una superficie pari a 3,5 milioni di Km quadrati (pari a sette volte la Francia), altrove invece l’inquinamento consiste in scorie radioattive. Il tutto si ripercuote nella fauna marina, per cui anche noi mangiamo pesce imbottito di plastica. L’alternativa è rappresentata dalle energie rinnovabili che tutti noi dovremmo incoraggiare e sostenere: la competitività dell’intera filiera rinnovabile (eolico, solare, biomassa e idraulico) che oggi costa esattamente come il petrolio e il carbone. La globalizzazione, che ha generato e oggi coincide con una progressiva diffusione del liberalismo e del liberismo economico, oggi vede ai primi posti la Cina e l’India, le cui grandi metropoli sono diventate centri che stimolano l’ampliamento degli scambi finanziari, anche grazie allo sviluppo di tecnologie e la digitalizzazione che danno impulso all’innovazione. Nel complesso però gli scambi mondiali sono appannaggio di una decina di paesi e la mondializzazione geoeconomica si struttura intorno a tre grandi poli: USA, Unione Europea e Asia settentrionale (Giappone, Cina e Corea del Sud), dove si concentrano i grandi centri di impulso economico, interconnessi in rete, che polarizzano i poteri decisionali globali. Dall’altra parte la Corea del Nord del dittatore Kim Jong-Un che minaccia il mondo con i suoi test missilistici e la sua bomba atomica, preoccupando anche la Cina, suo unico alleato. Kim, nonostante l’incontro molto scenografico ma di poca sostanza, con il Presidente americano Trump, vuole proseguire il suo folle programma per portare la Corea del Nord ad essere riconosciuta come potenza nucleare mondiale, ben sapendo di quanto letale sarebbe per il suo paese, oltre che per il mondo intero, una possibile guerra atomica con gli Stati Uniti. In confronto ai due colossi USA e Cina, l’Unione europea si trova decisamente in una posizione di inferiorità, rispetto ad una comunità economica governata da una sorta di G3 (USA, Cina, Russia): potenze che costituiscono un direttorio di superpotenze a “democratura” illiberale. Inoltre, oltre al fortissimo debito pubblico della zona euro, Trump accusa l’Unione europea, per quel che riguarda la Nato, di comportarsi in modo parassitario, perché ritiene che non finanzi sufficientemente le spese militari dell’Alleanza Atlantica. La disuguaglianza fra questi grandi poli commerciali e il resto del mondo dipende anche dal fatto che il principale fattore della crescita economica sta nell’innovazione scientifica e tecnologica e in quella che si chiama la “rivoluzione digitale”, per cui si sono creati degli Hub (fulcro, elemento
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centrale) dell’innovazione globale, e sono stati anche valorizzati paesi che esportano sevizi digitali tra cui l’India e le Filippine. Un discorso a parte merita la Cina che sta diventando la prima economia mondiale: si sta comprando l’Africa a pezzetti diversificando i suoi investimenti nelle infrastrutture, nell’edilizia, nelle banche e nelle proprietà fondiarie ed ha come obiettivo di crescere ancora economicamente attraverso un nuova “via della seta” e cioè collegando con nuove infrastrutture l’Europa, l’Asia e l’Africa per aumentare i suoi commerci e i suoi profitti. Anche l’Africa ha la possibilità di fare un grande balzo in avanti attraverso lo sviluppo delle tecnologie e della comunicazione informatica (TIC), che permetterà a questo continente di ovviare almeno in parte alle sue carenze infrastrutturali oltre a sviluppare una nuova economia di servizi. In Africa c’è stata la più rapida crescita della telefonia mobile e dei servizi Internet per il trasferimento di danaro e di pagamenti tramite cellulare che sono soluzioni alternative alle banche, inoltre le prospettive più favorevoli riguardano i servizi a distanza (e-commerce, e-health, e-administration) che permetterebbero di superare l’isolamento fisico dovuto alla carenza di infrastrutture. Questo potrebbe migliorare lo sviluppo dell’Africa, facendone emergere il potenziale e tenendo meglio connessi i 54 paesi che, nel giro di alcune generazioni, potrebbero dare vita all’USAfrica. Ma purtroppo questa battaglia in Africa non è ancora vinta perché l’accesso alla rete si scontra con la difficoltà di accesso all’energia elettrica e con l’analfabetismo. Secondo la FAO e la Banca Mondiale poi, l’Africa rappresenta una delle ultime possibilità mondiali per la valorizzazione delle terre arabili e proprio per questo vittima del triste fenomeno predatorio dell’accaparramento della terra (land grabbing): si tratta di progetti globali che riguardano centinaia di migliaia di ettari che finiscono nelle mani di imprenditori locali e internazionali che, a loro volta, arricchitisi con il commercio o con l’industria, dispongono di un rilevante capitale e di molti appoggi politici.
USAfrica Se volete andare in fretta, andate soli; se volete andare lontano, andate insieme Proverbio africano L’Africa è il continente più grande del mondo, ricco di risorse umane e naturali, eppure continua a vivere in uno stato di sudditanza nei confronti dell’Occidente: le è stato sempre negato un seggio nel Consiglio di SicuXVIII
Premessa
rezza delle Nazioni Unite, dove l’Africa non ha neppure nessun diritto di veto. Per questo sono state legittimate invasioni e rovesciamenti di governi africani che l’Occidente riteneva, di volta in volta, vantaggiosi o intollerabili per i propri interessi. L’Africa è terreno di libero e spesso irrispettoso intervento di forze straniere e molte nazioni africane hanno addirittura lingue ufficiali non africane, quali francese, inglese, spagnolo, portoghese. Sembra che l’Africa debba eternamente restare debole, fragile, divisa fra lotte fratricide e guerre di religione “eternamente convinta che l’Occidente e soprattutto l’Europa sia il paradiso, mentre la verità è che l’Europa e l’Occidente sono l’inferno per i migranti africani, mentre al contrario l’Africa è stato il paradiso dell’Europa” (Ngugi wa Thiong’o). L’Africa è stata vittima del peggior imperialismo occidentale, ha sempre avuto un ruolo importante nello sviluppo del capitalismo moderno che la ha tenuta prigioniera e schiava, è stata esportatrice di forza lavoro, il suo corpo è stato mercificato, ha dato ricchezze e ha ottenuto in cambio mali terribili quali: malattie, povertà, ignoranza e violenza. Per questo noi riteniamo che sia nostro dovere cominciare a relazionarci all’Africa, che tanto ci ha donato, in termini di parità, reciprocità, uguaglianza fra dare e avere. E l’Africa deve smettere di illudersi che l’Occidente sia un benefattore generoso e di comportarsi a sua volta come un mendicante grato e paziente per le elemosine della Cooperazione Internazionale; malgrado la globalizzazione l’Africa non deve più fare sconti morali all’Occidente e far sentire la sua voce per incrementare le richieste di giustizia sociale che possano correggere i tristi secoli delle ingiustizie coloniali e post coloniali. L’Europa ha fallito nella formazione degli Stati uniti d’Europa perché non è una federazione di Stati, ma l’Africa può diventare una federazione di Stati (USAfrica), un’Africa unita (come chiedeva Kwame Nkrumah), sicura di sé, con una chiara visione del proprio futuro, e potrebbe recuperare la gestione delle sue immense risorse energetiche ed umane, una visibilità globale e occupare un posto importante nel mondo, diventando davvero autosufficiente. USAfrica dunque significa riappropriarsi della propria energia, della propria forza, cultura e tradizione, ritornare alla sua vera base, il popolo, e scrivere finalmente la sua storia, con le proprie mani e la propria lingua. L’Africa, dal punto di vista linguistico, è una Torre di Babele: ancora oggi si contano mille e cinquecento lingue e moltissimi dialetti, mentre sarebbe opportuna una lingua unificante, una sorta di esperanto africano, anche se il linguaggio del corpo che gli africani sanno parlare molto bene, con il loro magnifico modo di muoversi e il loro sorriso, è una lingua universale. E anche per quanto riguarda i confini, le frontiere che dividono i 54 Stati africani sono artificiosi e non naturali, perché tracciati durante la colonizzazione e, per questo sono stati spesso fonte di conflitti e guerre.
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Eppure questa estrema diversità umana è anche una grande ricchezza, basterebbe creare un’identità comune attraverso la lingua, la cucina, lo sport, le arti, la musica e trasformare ogni forma di vittimismo in un nuovo senso di dignità. Ma USAfrica dovrebbe significare soprattutto un continente senza confini, in cui i vari stati nazione si trasformino in un unico stato federale, che si oppone a qualsiasi forma di neocolonialismo. Una federazione democratica, secondo la definizione di Abramo Lincoln, che intendeva la democrazia come il “governo del popolo, dal popolo e per il popolo” e che al popolo fosse capace di dare risposte ogni giorno. Una democrazia, come quella ateniese, che noi profetizziamo debba essere patrimonio dell’umanità, patrimonio di uomini e donne liberi, senza schiavitù, con una predominanza di donne nei punti chiave del potere. Una democrazia che sia insieme partecipativa e rappresentativa, laddove il potere nel Parlamento fosse davvero esercitato nel nome del popolo. In Africa infatti si giocherà la battaglia finale (Armageddon) tra la vita e la morte del Moral Self africano e di tutta l’umanità. L’Africa unita dovrebbe iniziare un processo di integrazione economica, con un incremento delle comunicazioni, una moneta unica e una sorta di mercato comune africano che può durare solo se si arriva ad un’unione politica, che, a sua volta accelererà l’integrazione economica. Solo così, un’Africa economicamente e politicamente unita potrà affrontare le altre potenze mondiali in una lotta proattiva per una comunità globale più equa, giusta e solidale in tutti i continenti. Questa visione potrebbe essere definita idealista e coloro che intendono realizzarla potrebbero essere chiamati, parafrasando John Lennon, dei sognatori; ma noi crediamo che sempre, in tutte le epoche, molto si deve a coloro che hanno osato sognare una società umana multicolore, fondata sull’etica di un Moral Self universale e sulla forza di un cambiamento progressista di tutta l’umanità, un mondo che piuttosto che essere senza confini per il capitale e per la smania di potere, fosse senza confini per le persone. L’Africa potrà trovare la sua vera identità, il suo posto nel mondo non conformandosi all’Europa, ma seguendo una strada più creativa di un continente nato dalla comune Eva africana, il cui latte potrà alimentare equamente una grande alleanza globale fondata sulla sovranità del popolo, perché, come sosteneva Franz Fanon, nella sua importante opera “I dannati della terra”: “Decidiamo di non imitare l’Europa, ma tendiamo i nostri muscoli e i nostri cervelli in una direzione nuova. Cerchiamo di inventare l’uomo e la donna planetari che l’Europa è stata incapace di far trionfare”.
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Premessa
Gabriele Schwab sostiene che “una persona che provoca un trauma e una persona che lo subisce, spesso rinchiudono il trauma in una tomba psichica, facendo finta che non sia mai avvenuto. La vittima non piange la perdita e il colpevole non ammette il suo crimine, perché non si può piangere una perdita o riconoscere un crimine se vengono negati”. Questo avviene a livello individuale ma anche a livello di gruppo e di società e tutti i crimini perpetrati nei confronti di un popolo, di una nazione o di un intero continente possono restare sepolti in una “tomba psichica collettiva” che fa rimuovere il fatto di averli commessi o subiti realizzando il disimpegno morale (Bandura). Ma questo impedisce il superamento delle esperienze traumatiche che restano incistate in profondità minacciando il futuro. L’Occidente non ha mai riconosciuto la schiavitù, il colonialismo, il neocolonialismo e lo sfruttamento, le guerre come un crimine contro l’Africa e contro tutta l’umanità, perché riconoscerlo avrebbe significato ammettere le sue responsabilità e ammettere che gli africani sono poveri solo perché sono stati derubati. Ma l’Africa, a sua volta, ha quasi sempre accettato questa condizione di inferiorità. Tutto ciò ha lasciato una ferita aperta nella psiche collettiva, che è arrivato il momento di sanare con un panafricanismo in cui, imparando dal passato e dalla diaspora forzata subita con la schiavitù, gli africani possano recuperare una vera integrità e un sano desiderio di prendersi la capacità e la responsabilità di proteggere se stessi e promuovere l’USAfrica che potrebbe essere portatrice di pace nel mondo. Alcuni regimi africani sono degenerati nella violenza omicida per un desiderio smodato di potere di folli criminali spesso però sostenuti dalla economia capitalista, schiava di un culto diabolico per il dio denaro. L’economia è un’arma sociale potentissima ma è sempre la politica affaristica a premere il grilletto, e come ben sappiamo, il potere finanziario è perverso perché riesce a trasformare anche le migliori imprese umane in merce (come spesso si fa con le donne). La spirale negativa dell’economia africana dunque predispone sia alle guerre che alle necessità di aiuti internazionali, ma non ci può essere pace e sviluppo sostenibile, senza empatia e condivisione del proprio benessere con l’intera umanità. Oggi è “l’economia che detta legge e fa la politica” e troppo spesso e ipocritamente la nostra società ricca ed egoista si lava la coscienza facendo la carità, tenendosi ben lontani dal coinvolgersi profondamente e usando le cosiddette “adozioni a distanza” (ti do qualcosa purchè tu mi stia ben lontano), piuttosto che impegnarsi veramente uscendo allo scoperto con “adozioni a vicinanza” che restituiscano all’Africa dignità e il pieno pos-
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sesso delle sue risorse economiche ed umane. Quello che avviene invece è che l’Africa è lasciata a tendere la mano per ricevere aiuti che sono molto più simili ad umilianti elemosine e facendo vivere come mendicanti dei paesi che produrrebbero a sufficienza materie prime per far vivere dignitosamente i loro figli. L’Africa infatti rappresenta uno dei più grandi giacimenti di risorse naturali del mondo, non è come si vuol far credere un paese povero ma ricchissimo ed è proprio la sua ricchezza a costituirne il principale problema, perché attira le avide mani di sfruttatori senza scrupoli che la depredano lasciandola nella povertà e nell’ignoranza. E, come diceva Steven Biko “L’arma più potente nelle mani dell’oppressore è la mente dell’oppresso”. Per questo noi riteniamo che l’Africa vada protetta anche dai finanziamenti della cooperazione internazionale, che si è rivelato essere un grande e pericoloso coacervo di contraddizioni, perché i finanziamenti per lo sviluppo andrebbero dati direttamente alle piccole comunità autoctone, attraverso persone oneste, morali (come i missionari) e capaci di combattere la corruzione. Inoltre ci sembrerebbe fondamentale che debba essere garantito in tutte le Costituzioni del mondo il principale diritto dell’uomo che è il lavoro, che non dà solo dignità e produttività ma, agendo sullo stato d’animo delle persone, dà anche sicurezza e solidarietà (fraternità). Infatti senza la redistribuzione delle ricchezze, la crescita crea solo disuguaglianza, come dimostra il fatto che gli abitanti degli Stati Uniti sono un terzo del continente africano e l’Europa un sedicesimo, ma gli americani consumano dieci volte le risorse del continente africano e gli europei il doppio. Per questo, per “Science for Peace. Eu” una soluzione potrebbe essere un piano Marshall europeo per l’Africa come quello che ha salvato l’Europa distrutta dalla seconda guerra mondiale. Ci stiamo quindi impegnando per salvare il patrimonio umano e morale di tre grandi personaggi che hanno dato la vita nel tentativo di unire l’Africa attraverso il panafricanismo (Thomas Sankara, Patrice Lumumba, Kwame Nkrumah,); ci stiamo impegnando per far vivere le loro idee di progresso e di speranza, perché se uomini così avessero potuto governare a lungo l’Africa, avviando processi davvero democratici di unione fra gli Stati, sarebbe stato possibile ridare davvero “l’Africa agli africani”. Un’Africa che oggi deve essere restituita al suo popolo, deve avere governanti degni di questo compito, che le ridiano splendore, dignità, speranza nel domani e senso dell’unione perché, come dice un proverbio africano “Se si sogna da soli è solo un sogno. Se si sogna insieme è la realtà che comincia”.
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Premessa
Per tutte queste ragioni la nostra ricerca scientifica, che riportiamo in questo libro, si ripromette di individuare gli strumenti e formulare progetti per conseguire una vera e duratura pace nel mondo e migliorare le relazioni tra i popoli ed i continenti, lavoro che probabilmente richiederà alcune generazioni perché si realizzi e diventi strutturale, ma che deve essere fatto con impegno lottando contro ogni forma di indifferenza e apatia morale. Infatti un percorso lungo anche qualche generazione comincia con un primo passo e noi di “Science for Peace. Eu”, lo abbiamo già fatto scrivendo questo libro.
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