Introduzione
Simona Milanese, Roberta Milanese
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing
Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi 3 - 00196 Roma tel./fax 06-39738315 - e-mail: info@alpesitalia.it - www.alpesitalia.it
I
© Copyright Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 - 00196 Roma, tel./fax 06-39738315 I edizione, 2018 Roberta Milanese, psicologa psicoterapeuta, è ricercatore associato presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, diretto da Giorgio Nardone, e docente della Scuola di specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica. Vive e lavora a Milano. Da anni si occupa della cura dei disturbi alimentari. Ha pubblicato Le prigioni del cibo. Vomiting, anoressia, bulimia. La terapia in tempi brevi (1999), Coaching strategico. Trasformare i limiti in risorse (2007), Cambiare il passato. Superare le esperienze traumatiche con la terapia strategica (2009), L’azienda vincente. Migliorare il presente, inventare il futuro: problem solving per le organizzazioni (2012), Il tocco, il rimedio, la parola. La comunicazione tra medico e paziente come strumento terapeutico (2015), Psicopillole. Per un uso etico e strategico dei farmaci (2017), Il cambiamento strategico. Come far cambiare alle persone il loro sentire e il loro agire (2018). Simona Milanese, medico specializzato in Psicoterapia Breve Strategica presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, in Oncologia e in Medicina Interna (negli USA), attualmente lavora come psicoterapeuta ufficiale di Giorgio Nardone a Torino e ad Asti. Esperta di alimentazione, da anni integra l’approccio nutrizionale sia alla pratica medica sia a quella psicoterapeutica, nell’ottica del raggiungimento del benessere psicofisico della persona. Ha pubblicato Il tocco, il rimedio, la parola: la comunicazione medico paziente come strumento terapeutico (2015).
TUTTI I DIRITTI RISERVATI Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotocopia, fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche sulla tutela dei diritti d’autore.
Introduzione
Indice generale Prefazione di Giorgio Nardone.................................................................................... VII Introduzione............................................................................................ IX I Falso mito n°1 Per dimagrire devo mangiare di meno (e consumare di più) ... 1 I. 1. A lezione di fisica................................................................................... 2 I. 2. Cos’è una caloria.................................................................................... 4 I. 3. Le calorie che entrano: il cibo................................................................. 5 I. 4. Le calorie che escono: l’attività fisica...................................................... 7 I. 5. Equivalenze diaboliche: energia, peso, grasso.......................................... 9 I. 6. Gazzelle e foche: il metabolismo in regia................................................ 10 I. 7. Si ingrassa perché si mangia troppo o si mangia troppo per ingrassare?... 13 I. 8. Il fallimento delle diete ipocaloriche....................................................... 14 I. 9. Una caloria non è una caloria................................................................. 16 I. 10. Gli alimenti ipocalorici: una tentata soluzione che complica il problema
17
I. 11. Comunicare con il nostro cibo: dalle calorie ai nutrienti....................... 19
III
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing II Falso mito n°2 Il cervello ha bisogno di zucchero .................................................... 23 II.1. Un uomo molto grasso........................................................................... 23 II.2. Signori, vi presento l’insulina.................................................................. 25 II.3. Chi guida il guidatore?............................................................................ 26 II.4. Quando il troppo stroppia: l’insulinoresistenza....................................... 30 II.5. Il cervello ha davvero bisogno di zucchero?............................................. 31 II.6. Zucchero: il potere delle parole............................................................... 33 II.7. Miele e altri dolcificanti “naturali”.......................................................... 35 II.8. Fruttosio: dalle stelle alle stalle................................................................ 37 II.9. Etichette e altri giochi di parole.............................................................. 40 II.10. Dolcificanti “ipocalorici” e “non nutritivi”............................................ 42 II.11. Tirare le somme.................................................................................... 44
III Falso mito n°3 I grassi fanno ingrassare ...................................................................... 47 III.1. Grassi saturi e insaturi........................................................................... 47 III.2. “Grassi” e “grasso” sono la stessa cosa?................................................... 48 III.3. Effetti della dieta “low-fat”.................................................................... 50 III.4. Il problema dell’industria alimentare..................................................... 51 III.5. Siamo grassofobici e grassi..................................................................... 53
IV
Indice generale IV Falso mito n°4 Il colesterolo è un killer, i grassi saturi i suoi complici..............
55
IV.1. Colesterolo: un vile assassino?................................................................ 55 IV.2. I sospetti................................................................................................ 56 IV.3. L’accusa.................................................................................................. 57 IV.4. La difesa................................................................................................ 60 IV.5. Gli effetti della dieta.............................................................................. 61 IV.6. La sentenza............................................................................................ 63
V Falso mito n°5 Gli oli vegetali fanno bene................................................................... 67 V.1. L’era d’oro degli oli di semi...................................................................... 67 V.2. La cottura............................................................................................... 70 V.3. Olio d’oliva e dieta mediterranea............................................................. 71 V.4. Il problema della torta............................................................................. 71 V.5. Ma allora chi sono i veri cattivi? ............................................................. 75
VI Falso mito n°6 Il pesce è meglio della carne................................................................ 77 VI.1. Proteine: i mattoni della vita................................................................. 77 VI.2. La carne................................................................................................ 78
V
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing VI.3. Il pesce fa bene….................................................................................. 82 VI.4. Carne o pesce?....................................................................................... 85
VII Falso mito n°7 Le uova fanno male al fegato (e fanno alzare il colesterolo)..... 87 VII.1. Le uova non fanno male al fegato…..................................................... 88 VII.2. …e non fanno neanche alzare il colesterolo.......................................... 89 VII.3. Via libera alle uova…........................................................................... 89 VII.4. …ma di quali galline?.......................................................................... 90
VIII I falsi miti psicologici ................................................................. 93 VIII.1. Basta solo un po’ di forza di volontà................................................... 93 VIII.2. Posso trasgredire, tanto poi brucio...................................................... 96 VIII.3. Il “naturale” fa bene, l’“artificiale” fa male........................................... 97 VIII.4. Per essere in forma devo mantenere il peso giusto............................... 102
Conclusioni.............................................................................................. 105 Bibliografia.............................................................................................. 111
VI
Prefazione di Giorgio Nardone
La evoluzione dell’uomo e delle sue capacità di manipolare il mondo intorno a lui creando un sempre maggiore benessere sociale ha creato anche veri e propri paradossi nei comportamenti tanto individuali quanto sociali. In primis produciamo e sprechiamo cibo in quantità tale da nutrire felicemente tutta l’umanità eppure esiste ancora la fame nel mondo. Ma forse ancora più assurdo appare il fatto che più si è evoluta la tecnologia alimentare e più è peggiorata la qualità di ciò che mangiano coloro che vivono nelle società caratterizzate da ricchezza e opulenza alimentare. Come anche il non esperto del settore può intuire il cinismo degli interessi economici, rivolti al puro profitto, biecamente focalizzato sui risultati a breve termine e, pertanto, incapace di vedere gli effetti boomerang di tali strategie di mercato, domina la produzione e la distribuzione del cibo. Questo essendo per i fortunati che vivono nel benessere sociale non più un puro bisogno ma piuttosto una fonte di puro piacere, ha fatto sì che il marketing della alimentazione divenisse vieppiù orientato alla promozione di cibi di scarsa qualità nutritiva ma di alto effetto gustativo, al punto tale da creare cibi che producono dipendenza come vere e proprie droghe. Simona e Roberta Milanese, medico e psicologo, entrambe psicoterapeute formatesi in Terapia Breve Strategica, mie allieve-didatte del CTS di Arezzo e nelle sue sedi di Training nel mondo, nonché brillanti ricercatrici, offrono al lettore una attenta discrimina di questi argomenti chiarendo in modo straordinariamente chiaro caratteristiche, qualità ed effetti del nostro nutrirsi. In questo modo svelano gli inganni del marketing della alimentazione e propongono i modi per evitare di essere vittime.
VII
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing Questo e molto altro è quello che il lettore troverà leggendo le pagine di questo godibile quanto utile libro che consiglio vivamente tanto allo specialista quanto al lettore comune. Se, come affermava Aristotele, “siamo quello che facciamo ripetutamente” quello che mangiamo quotidianamente ci condiziona e ci asservisce più di quanto noi condizioniamo il cibo che consumiamo. Arezzo, 24 gennaio 2018
VIII
Introduzione
Tutte le scoperte della medicina si possono ricondurre alla breve formula: l’acqua bevuta moderatamente, non è nociva Mark Twain
Per “falsi miti” intendiamo tutte quelle credenze presenti nell’immaginario collettivo che, nonostante non siano state confermate o siano state addirittura smentite dalla ricerca, sono ormai ritenute verità indiscusse. Perché si strutturi un falso mito possono essere necessari anche molti anni, ma una volta che questo è entrato nella credenza popolare è molto duro da scardinare. Dopo aver mangiato bisogna aspettare almeno un’ora per entrare in acqua; la terra di inverno è più lontana dal sole; uscire con i capelli bagnati fa venire il raffreddore; sono solo alcuni tra i falsi miti più famosi e diffusi. D’altra parte, come efficacemente sostenuto da Albert Einstein, “è più difficile rompere un pregiudizio che un atomo”. Fra tutti gli ambiti, quello dell’alimentazione e della nutrizione è sicuramente uno di quelli più suscettibile alla nascita e al mantenimento di falsi miti. E questo in virtù di differenti fattori. Il primo è legato alle caratteristiche peculiari della ricerca scientifica applicata all’ambito nutrizionale. In numerose discipline, come la fisica e la chimica, gli esperimenti scientifici portano solitamente a risultati incontrovertibili e replicabili: se unisco un atomo di cloro a uno di sodio, ad esempio, ottengo sempre un composto comunemente chiamato “sale da cucina”. La ricerca nutrizionale, al contrario, è estremamente complessa sia da condurre, sia da interpretare. Studiare gli effetti di un alimento sulla salute comporta reclutare molte persone, tutte simili tra loro, per età, sesso, provenienza e stile di vita, per eliminare le variabili confondenti; persone abbastanza giovani perché gli effetti della dieta abbiano tempo di esprimersi e in numero sufficiente per evidenziare anche effetti molto IX
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing piccoli; queste persone devono essere seguite per decenni, per registrare tutte le malattie e le cause di morte; e, cosa più difficile di tutte, devono seguire scrupolosamente per mesi o anni una dieta che vari solo in un aspetto (ad esempio ricca o povera di grassi). Si tratta di studi costosissimi e difficilissimi, i cui esiti devono venire attesi per anni o decenni e sono spesso negativi, di fatto vanificando tutto il tempo e i soldi spesi. Per queste ragioni, la maggioranza degli studi nutrizionali sono epidemiologici di correlazione, ovvero studi in cui si osservano le abitudini alimentari di determinati gruppi di persone alla ricerca di una correlazione con un particolare evento, ad esempio una malattia. Immaginiamo di voler verificare l’ipotesi che i grassi nella dieta aumentino il rischio di infarto. Si dovrà confrontare una popolazione che mangia tanti grassi, come i francesi, con una che ne mangia di meno, come i giapponesi, e misurare chi ha più infarti: se si nota una differenza significativa tra i due gruppi abbiamo trovato una correlazione. Questa metodologia, molto più semplice della prima, è però imprecisa e approssimativa, non per imperizia degli sperimentatori, ma per la sua stessa natura, e i risultati sono soggetti a moltissimi errori di interpretazione. Innanzitutto le abitudini alimentari vengono solitamente investigate con questionari che, malgrado i migliori sforzi dei ricercatori, sono strumenti estremamente imprecisi. Infatti le persone possono approssimare, sovrastimare o sottostimare il loro consumo di un determinato alimento; inoltre, le categorie alimentari sono spesso vaghe o generiche. Ad esempio, tra chi dichiara di consumare “carne” 3-4 volte a settimana, troveremo sia i consumatori di carne di buona qualità, ben cucinata, e magari accompagnata da un contorno di verdura, sia chi mangia l’hamburger nel fast-food con un piattone di patatine fritte e maionese. Valutare gli effetti della “carne” sulla salute sarà quindi estremamente difficile, e questo vale per qualsiasi altro alimento. Questo tipo di studi solitamente individua diverse correlazioni, la maggior parte del tutto casuali, ponendo ai ricercatori grossi problemi di interpretazione. Ad esempio, si può dimostrare statisticamente che negli Stati Uniti esiste una correlazione tra il consumo di gelati e il rischio di X
Introduzione essere attaccati da uno squalo. Ovviamente, gli squali non prediligono i consumatori di gelato, e le due categorie sono legate tra loro da un terzo fattore, l’arrivo dell’estate. Con il caldo, gli americani mangiano più gelati e fanno più spesso il bagno in mare, rischiando così di incontrare uno squalo. Analogamente si può trovare una correlazione tra mangiare formaggio e il rischio di morire strangolato dalle lenzuola o tra il consumo di margarina e il tasso di divorzi nel Maine (USA). Questi sono esempi volutamente bizzarri, che dimostrano però quanto sia facile trovare correlazioni statisticamente corrette ma del tutto prive di significato2. Inoltre, poiché una dieta povera di qualcosa, (come i grassi), sarà automaticamente ricca di qualcos’altro (come i carboidrati), trovare una correlazione ad esempio con il diabete, lascia aperta la questione se il problema sia mangiare pochi grassi o troppi carboidrati. E, per finire, la maggioranza delle malattie moderne non ha una causa unica, come le malattie infettive, ma molte cause diverse che si combinano in misura diversa. Se una persona col colesterolo alto che è anche fumatore, sovrappeso e diabetico, muore d’infarto, è colpa del colesterolo o del diabete? Oppure del fumo? O di una combinazione di fattori? Anche quando, con tutte le cautele del caso, una correlazione appare particolarmente significativa non bisogna cadere nella trappola di scambiarla per una causazione. Dire che due eventi avvengono insieme, non significa che uno sia la causa dell’altro, e la correlazione è solo il punto di partenza per ulteriori indagini. Per questa ragione, se si vuole valutare la bontà di una correlazione si usano diversi criteri, cosiddetti di causalità. Prendiamo la ben nota correlazione tra il fumo di sigaretta e il rischio di ammalarsi di cancro al polmone; prima di poter dire che il fumo è una causa di cancro al polmone, sono stati valutati diversi aspetti della correlazione. Il primo è la forza: se il rischio di ammalarsi nei fumatori è molto più alto di quello dei non fumatori, e chi fuma di più o da più tempo si ammala di più (relazione dose-effetto), abbiamo una correlazione forte. Il secondo è la consistenza: il fumo correla col cancro ai polmoni in tutte le 2 Per alcune divertenti nonché irrilevanti correlazioni segnaliamo il sito http://www.tylervigen.com/spuriouscorrelations.
XI
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing popolazioni osservate (se, a parità di sigarette, si ammalassero gli spagnoli ma non i francesi, la correlazione perderebbe di significato). Importanti anche la temporalità (l’esposizione al fumo precede il cancro e non viceversa), e la plausibilità biologica, vale a dire, in base a quello che sappiamo dell’azione del fumo sul polmone, la correlazione è plausibile (a differenza di quella tra i gelati e gli squali). Purtroppo la maggior parte degli studi nutrizionali non risponde a tutti questi criteri e i risultati vanno interpretati quindi con moltissima cautela. Infatti in un articolo dal titolo provocatorio “Is everything we eat associated with cancer? A systematic cookbook review” (Schoenfeld 2013) gli autori hanno selezionato a caso da un libro di ricette 50 ingredienti di uso comune (come il pepe o il limone) e hanno trovato che l’80% di essi era stato studiato in relazione ai tumori in almeno un articolo scientifico, anche se nella maggior parte degli studi le correlazioni osservate erano verosimilmente casuali. Un’ulteriore difficoltà negli studi nutrizionali sono i tempi estremamente lunghi necessari per interpretare i risultati. Dire che negli ultimi 30 anni il consumo di grassi è diminuito e sono diminuite anche le morti per infarto, potrebbe far pensare che i grassi causino l’infarto, e mangiandone di meno le persone muoiano di meno. Ma se aggiungo l’informazione che i casi di infarto totali sono in realtà aumentati, il quadro cambia completamente. Non è mangiare meno grassi che salva la vita, ma i notevoli progressi fatti dalle terapie mediche negli ultimi 30 anni. In realtà, ci si ammala di più, anche se si muore di meno, e questo cambia completamente il significato della correlazione. Molti studiosi cercano di aggirare questi limiti studiando gli animali, come i topolini o i conigli: in questi casi, infatti, il controllo dello sperimentatore sull’alimentazione è completo e, data la loro aspettativa di vita più breve, non è necessario attendere decenni per valutare gli effetti della dieta. Tuttavia i risultati di questi studi non sono necessariamente trasferibili all’essere umano, e ancora una volta vanno interpretati con molta cautela. Un secondo fattore che complica la situazione è relativo al cosiddetto publication bias, cioè il fenomeno per cui uno studio ha molta più probaXII
Introduzione bilità di essere pubblicato su riviste scientifiche se ha esito positivo, ovvero se mostra la correlazione che gli studiosi stavano cercando, piuttosto che negativo, ovvero disconferma quanto ipotizzato dai ricercatori. Questo fenomeno, purtroppo trasversale a tutta la ricerca in ambito medico, finisce inevitabilmente per falsare la percezione anche dello studioso più scrupoloso, visto che gli studi pubblicati non sono realmente rappresentativi di tutta la ricerca che è stata effettuata su un dato tema. Un terzo fattore è quello che potremmo definire il “bias del ricercatore”, ovvero l’errore legato alla tendenza tipica di noi esseri umani di andare alla ricerca di ciò che conferma le nostre convinzioni e credenze. Soprattutto quando hanno dedicato il lavoro di una vita alla propria teoria, anche i ricercatori più seri e scrupolosi rischiano di rimanere vittima del loro bisogno di confermarla, finendo così per creare o alimentare falsi miti. Questo processo di autoinganno è reso ancora più potente proprio per la difficoltà di interpretazione dei dati tipica di questo tipo di ricerca. Come ben espresso da Blaise Pascal: “la gente arriva a credere non sulla base di prove, ma in base a quello che trova attraente”. Non bisogna inoltre dimenticare che qualunque ipotesi, se ripetuta un certo numero di volte, si trasforma inesorabilmente in un dato di fatto, diventando poi una verità assodata che nessuno si sognerebbe più di mettere in dubbio. Quando è stata proclamata una “verità” scientifica, i ricercatori non fanno ulteriori studi sull’argomento perché perdono interesse, temono di non riuscire a trovare i necessari fondi o pensano di non riuscire a pubblicare i risultati. Le verità accettate, anche provvisoriamente, diventano così verità indiscusse, che nessuno prova più a disconfermare. Un ultimo fattore (non in ordine di importanza) che determina la diffusione e il mantenimento dei falsi miti è, purtroppo, quello di tipo economico. L’industria alimentare è la più potente al mondo ed è evidente a tutti che intorno alle abitudini alimentari delle popolazioni si muovono enormi interessi economici. Quando negli anni 70 in America sono state emesse nuove linee guida alimentari che raccomandavano di aumentare i carboidrati a discapito dei prodotti animali, ad esempio, l’industria del mais e di altri cereali ha avuto un’impennata degli introiti mai vista prima. XIII
Alimentazione: falsi miti e inganni del marketing Proprio perché la ricerca è difficile, imprecisa e a volte contraddittoria, è possibile per l’industria alimentare selezionare informazioni isolate e presentarle come certezze assolute contribuendo così alla creazione dei falsi miti. Si assiste così al cosiddetto fenomeno del “cherry picking”, (cioè del cogliere le ciliegie) che si riferisce alla selezione arbitraria di casi particolari per confermare la propria posizione. I grandi interessi economici che ruotano intorno all’alimentazione coinvolgono un altro importante business mondiale, quello dell’industria farmaceutica. La diffusa paura dell’“ipercolesterolemia” (cioè del colesterolo alto), ad esempio, ha fatto sì che i farmaci per abbassare i livelli di colesterolo, le statine, diventassero dei veri e propri best seller a livello mondiale. L’industria ha ormai chiaro il fatto che, una volta che ci siamo fatti un’opinione sulla dannosità o i benefici legati all’assunzione di certi alimenti, tendiamo a cercare conferme che avvalorano la nostra idea, fino a sviluppare vere e proprie ideologie. Tramite abili strategie di marketing, l’industria alimentare da un lato cavalca e avvalora i preconcetti già esistenti (basti pensare a quanti prodotti riportano la dicitura “con vitamina C”), dall’altro si fa portatrice di nuove supposte conoscenze. Si assiste così a mode sempre più diffuse, come quella degli integratori, quali gli omega-3 e il selenio, che sta aprendo nuovi promettenti settori di business. Tutto questo sponsorizzato non solo tramite la pubblicità, ma anche grazie alla divulgazione scientifica amplificata dai mezzi di comunicazione di massa. Per queste ragioni abbiamo ritenuto che in un libro sui falsi miti alimentari non potessero mancare quelli che abbiamo provocatoriamente definito “inganni del marketing”, strategie comunicative abilmente utilizzate per sfruttare e diffondere sempre più i falsi miti e promuovere la vendita dei prodotti che a questi si richiamano. L’idea di questo libro è nata come risultato delle chiacchiere tra due sorelle che, in qualità di medico e psicoterapeuta, si occupano da anni del benessere psico-fisico delle persone. Nella nostra esperienza, infatti, capita sovente di incontrare persone vittime di falsi miti legati al cibo: alcune hanno solo bisogno di informazioni corrette, altre hanno sviluppato vere e proprie patologie legate alle condotte alimentari. E, parallelamente, XIV
Introduzione per entrambe è ormai diventato un gioco aggirarsi per i supermercati, divertirsi (un po’) e indignarsi (molto) nell’osservare come siamo ormai tutti inevitabilmente immersi in un mondo di informazioni pubblicitarie tendenziose e spesso scorrette. Scopo di questo libro non è ovviamente quello di proporre nuovi “miti” alimentari, né tanto meno di dare indicazioni dietologiche, ma di fornire al lettore una fotografia dello stato attuale della ricerca in ambito alimentare e, al tempo stesso, di stimolare una riflessione critica e consapevole su quanto ci viene quotidianamente raccontato.
XV