Juan Luis Linares, Pier Giorgio Semboloni (a cura di)
La famiglia nell’Opera Metafore liriche per problemi relazionali
Con la collaborazione di Francisco Javier Ortega, Roberto Pereira, Carlos Sluzki Illustrazioni di Alejandra Zúñiga
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© Copyright Alpes Italia srl - Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 06-39738315 I Edizione, 2021
Juan Luis Linares psichiatra e psicologo, è stato Presidente dell’EFTA (European Family Therapy Association). È professore titolare di Psichiatria all’Università Autonoma di Barcelona, è stato direttore dell’Unità di Psicoterapia ed è direttore della Scuola di Terapia Familiare dell’Ospedale de la Santa Cruz e San Pablo di Barcelona. Pier Giorgio Semboloni medico psichiatra, psicoterapeuta, specialista in Neuropsichiatria Infantile con master in Adolescentologia, è professore a contratto al Dipartimento Scienze della Formazione dell’Università di Genova e Docente del Centro Milanese di Terapia della Famiglia. È stato codirettore del Centro Genovese di Terapia della Famiglia e direttore del Dipartimento Tossicodipendenze della ASL3 Genovese. Ha partecipato alla riduzione teatrale e rappresentazione di alcune opere di Beppe Fenoglio e Cesare Pavese. Francisco Javier Ortega è professore di Filosofia, terapeuta sistemico e presidente della Società Catalana di Terapia Familiare. L’opera fa parte del suo ampio repertorio di interessi culturali. Roberto Pereira condivide le sue attività come psichiatra con la sua passione per l’opera. È direttore della Scuola Vasco-Navarra di Terapia Familiare ed è stato presidente della Federazione spagnola delle Associazioni di Terapia Familiare. Carlos Sluzki è stato direttore del Mental Research Institute di Palo Alto e professore di psichiatria in varie università americane, figurando indiscutibilmente tra i grandi della terapia familiare di tutti i tempi.
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Indice generale 1. Introduzione di Juan Luis Linares, Pier Giorgio Semboloni...
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2. La famiglia di origine: i genitori in Verdi
di Pier Giorgio Semboloni........................................................... 1
2.1 Rigoletto................................................................................. 2
2.2 Il Trovatore.............................................................................
2.3 La Traviata.............................................................................. 14
2.4 Don Carlo.............................................................................. 23
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3. Il mito di Don Juan
di Juan Luis Linares..................................................................... 37
4. La Coppia
4.1 Otello e la violenza di genere di Juan Luis Linares .................................................................... 47
4.2 Aida e le coppie in conflitto cronico di Roberto Pereira........................................................................ 49
4.3 Il mito di Carmen: modelli di relazione di coppia di Juan Luis Linares..................................................................... 70
4.4 Coppie intelligenti e coppie stupide di Juan Luis Linares..................................................................... 78
4.5 I rischi della curiosità: morali per coppie dalle opere su Barbablù di Carlos Sluzki............................................................................ 95
4.6 Orfeo de Euridice: l’amore incrollabile o il lutto perpetuo di F. Javier Ortega........................................................................ 109
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La famiglia nell’Opera
5. La Coppia in Puccini
di Juan Luis Linares..................................................................... 139
5.1 La Bohème............................................................................. 140
5.2 Tosca...................................................................................... 147
5.3 Madama Butterfly.................................................................
5.4 Turandot................................................................................ 160
Bibliografia................................................................................
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1. Introduzione di Juan Luis Linares, Pier Giorgio Semboloni
Questo libro è il risultato dell’aver messo per scritto il seminario che i due autori, Pier Giorgio Semboloni e Juan Luis Linares, da molti anni stanno presentando, insieme o separatamente, nei più diversi ambiti della terapia familiare sistemica del mondo intero. Si sono recentemente aggiunti a loro Javier Ortega, Roberto Pereira e Carlos Sluzki, preziosi autori per attraversare, dal punto di vista della riflessione teorica sistemica,il sottile mondo dell’opera. Essi hanno apportato una componente di rigore, ma allo stesso tempo di freschezza,imprescindibile per portare a buon fine un progetto così peculiare. Scrivere sulla famiglia nell’opera potrebbe sembrare una impresa fondamentalmente ludica, ma in realtà non lo è. Se tratta, in caso di dubbio, di un invito a pensare, diretto a chiunque provi curiosità intellettuale davanti alle più svariate manifestazioni dell’umana avventura. Allo stesso tempo rappresenta un invito ad abbandonarsi al piacere di ascoltare buona musica seguendo una pista (una in più delle tante possibili) che si possa esplorare in alcune delle sue infinite sfumature. Così dunque, il motto che meglio illustra l’intenzione degli autori sarebbe il titolo dell’opera miscellanea di Tirso de Molina “Deleitar aprovechando” (Deliziare con beneficio). L’ opera rappresenta il prodotto più ricco e complesso della cultura occidentale, probabilmente il più vicino all’idea dello “spettacolo totale” sognato da tanti creativi e artisti. Nell’ opera convergono tre elementi fondamentali:la musica, la voce umana e il teatro, anche se non mancano nemmeno di importanza le arti plastiche, così influenti nell’arredo e nella scenografia, e, naturalmente, ogni volta di più,la tecnologia, nei suoi infiniti sviluppi contemporanei. Per quello che si riferisce alla musica, esistono compositori inequivocamente associati al genere lirico, come i due grandi rappresentanti dell’opera tardo-romantica, Verdi e Wagner, tra tanti altri. Altri compostori, come Beethoven, si unirono al genere appena con qualche opera (Fidelio), di indubbia qualità ma di scarsa importanza in proporzione al contesto della sua grande opera sinfonica. In altri infine,la produzione operistica si trova equilibrata, raggiungendo una rappresentazione ponderata nell’insieme della loro opera. È il caso di Mozart, geniale compositore tanto di opere come di musica sinfonica o da camera. In ogni caso e contro quello che V
La famiglia nell’Opera
hanno osato affermare alcuni detrattori dell’opera, senza di questa la musica perderebbe alcune delle sue più brillanti pagine. L’esplorazione della voce umana, nella sua infinita gamma di sfumature qualitative e quantitative, costituisce senza dubbio un altro fattore per definire il genere operistico, forse il più nucleare e allo stesso tempo, paradossalmente, quello che più ha potuto contribuire al suo discredito. Il canto virtuoso dei solisti o la sincronizzata disciplina del coro, costruendo episodi di sublime bellezza, possono elevare la tensione emotiva dello spettacolo fino a risultati incredibili. E, fortunatamente,gli eccessi acrobatici dei divi di una volta sono sempre meno frequenti, non essendo più quei tiranni che erano soliti essere, per accettare il criterio dei direttori d’orchestra e dei registi. Infine,la dimensione teatrale dell’opera non ha smesso di adeguarsi e arricchirsi. Si è ispirata da sempre alle più nobili fonti della mitologia e della letteratura, ma progressivamente i libretti sono stati affidati a grandi specialisti e scrittori. Il caso della collaborazione tra Da Ponte e Mozart che probabilmente rappresenta l’insieme operistico di maggior qualità mai prodotto (Le nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte) è paradigmatico, ma non demeritano, tra tante altre, le opere di Richard Strauss scritte da Hoffmanthal o Zweig. L’opera contemporanea cerca specialmente la qualità delle sue basi letteraria e drammatiche,relegando in un passato remoto i tempi nei quali libretti inverosimili servivano solo da pretesto alla brillantezza vocale delle dive. In definitiva, le opere accumulano una grande bellezza, mentre affrontano miti e costruiscono archetipi capaci di mobilizzare affettivamente coloro che si avvicinano a loro. Non può perciò meravigliare che siano una fonte inesauribile di metafore capaci di esemplificare e illustrare il complesso mondo delle relazioni umane e le infinite giravolte della psiche. Personaggi come Don Juan, Carmen o Otello, coppie come quelle costituite da Rosina e il Conte d’Almaviva, Susanna e Figaro, Cio Cio San e Pinkerton, Turandot e Calaf e relazioni parento-filiali come quelle di Rigoletto e Gilda o Manrico e Azucena, per citare solo alcuni esempi, rappresentano potentissimi miti che, aldilà delle convenzioni proprie del genere, mostrano con rara chiaroveggenza e con grande intensità emotiva fenomeni psicologici e relazionali di grande trascendenza nel campo della salute mentale e della psicoterapia. Questo libro si costruisce ad un incrocio nel quale convergono gli interessi degli amanti della musica e dell’opera in particolare, con quelli degli psicoterapeuti e, più concretamente, dei terapeuti di famiglia e di coppia. Per questa ragione gli autori hanno sfuggito i luoghi comuni più diffusi cercando di focalizzare preferibilmente i conflitti relazionali e interpretare
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Introduzione
i personaggi enfatizzando sfumature riferite al vincolo problemático con i loro sistemi di appartenenza quali la coppia o la famiglia di origine. Da questo punto di vista, Carmen non rappresenta semplicemente la gitana ribelle e esotica che suscita la lascivia di Don Josè, quanto piuttosto la sua partner in una coppia impossibile, costituita con una organizzazione simmetrica e i cui membri possiedono mitologie incompatibili. Nella malata ossessione di Rigoletto di proteggere Gilda, non si vedrà la abnegata preoccupazione di un padre per il bene della figlia, quanto l’egocentrismo narcisista di un uomo che antepone la gratificazione dei suoi propri fantasmi alle necessità reali di chi deve proteggere. E nel suicidio di Madama Butterfly si enfatizzerà l’importanza dell’abbandono e del rifiuto della famiglia di origine,simbolizzate dall’episodio dello zio bonzo che lascia Cio Cio San inerme davanti alla truffa predatrice di Pinkerton, cosa che costituisce un’eccellente metafora della depressione.
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Ci sono molte maniere di avvicinarsi all’opera e quello che segue in questa introduzione è così legato all’esperienza di uno degli autori (Semboloni) che vale la pena rispettare la redazione in prima persona del testo originale. “Da bambino ero abituato ad ascoltare qualche frammento di opera alla radio e da adolescente di tanto in tanto compravo qualche disco, ma è stato da adulto che ho avuto l’opportunità di assistere alla messa in scena di opere. In ogni modo posso dire di aver avuto un contatto più ravvicinato con il mondo della lirica un po’ più tardi e … per motivi familiari. Ecco dunque il mio primo riferimento alla famiglia nell’opera: avendo mio figlio Mario partecipato al coro delle voci bianche di Carmen, nel teatro Carlo Felice di Genova,ebbi l’occasione, aldilà di ogni mia remota aspettativa e desiderio, di conoscere questo mondo in una maniera più ravvicinata, quasi dal suo interno. Così fu durante i tre mesi di prove e le successive otto rappresentazioni alle quali,volente o nolente, dovetti assistere come accompagnatore. Chiaramente, e sempre per le ragioni di famiglia già menzionate, in questo caso fissai la mia attenzione soprattutto sul coro, un vero terreno di dinamiche di gruppo e giochi relazionali che meriterebbero uno studio più specifico. Il coro rappresenta la moltitudine, il popolo, la gente che osserva e commenta, tanto nella scena come aldifuori, i fatti che i personaggi vivono e, nello stesso tempo, le interpretazioni offerte dagli artisti. Il coro non è quasi mai protagonista, se si eccettua il caso di Nabucco di Verdi, prima opera importante e di successo per il compositore. Succede raramente che si chieda un bis al coro,tuttavia dalla sua qualità e dalla sua armonia
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La famiglia nell’Opera dipende il successo dello spettacolo allo stesso modo che dalle voci dei cantanti-divi. L’opera può essere definita come teatro adattato alla musica,ma,da un altro punto di vista, la metafora teatrale è stata usata come riferimento anche dalla psicologia sociale. Per questo rappresenta una risorsa per coloro che studiano l’agire sociale. “ Il teatro mostra come la vita possa essere trattata come messa in scena, come tutti gli elementi della rappresentazione teatrale possano commentare avvenimenti ovvi del mondo quotidiano. Allo stesso tempo esso interpreta le realtà sociali attraverso la metafora prescelta di un particolare dramma, in modo da mettere in evidenza la relazione, ad esempio,tra le intenzioni delle persone e i loro atti,fra i loro atti e i contesti dell’azione,fra questi contesti e i mezzi per l’azione che essi offrono. È anche vero che il teatro non è solo una messa in scena qualsiasi della vita che comunica attraverso la prospettiva di particolari forme metaforiche;è la messa in scena della vita come azione. La recitazione-la presentazione di una trama attraverso i personaggi- è il fondamento delle rappresentazioni drammatiche” (Mangham & Overington, 1987). Risulta evidente come a questa considerazione, nel caso dell’opera, teatro adattato alla musica, si debbano aggiungere,come fattore determinante, tutte le considerazioni relative all’elemento musicale che definisce l’originalità e l’unicità di questa forma di espressione artistica rispetto al teatro di prosa. A questo punto devo far riferimento ad un altro elemento che mi ha spinto a riflettere sulla famiglia nell’opera. Si tratta di un elemento che ha a che fare direttamente con il mio lavoro di terapeuta e con il mondo dell’opera. Mi arriva un giorno in terapia una ragazzina di sedici anni per un problema di bulimia. Come tante altre coetanee si trova ad affrontare un problema connesso al proprio corpo, alla propria crescita e, naturalmente a dinamche relazionali con i propri genitori caratterizzate dalla loro separazione, dalla ricostituzione di due famiglie diverse e dalla nascita di un fratellino, dal secondo matrimonio del padre. Niente di nuovo se non fosse che il padre è un noto cantante lirico,il quale ha sposato in seconde nozze una giovane cantante lirica,soprano e, passando da un teatro all’altro in Italia e all’estero, ha pochissimo tempo per fare il padre della figlia primogenita, preferendo in quei pochi momenti di incontro, tra una tournèe e l’altra, trattarla come amico generoso e colpevolizzato piuttosto che come padre. D’altra parte la figlia bulimica di fronte al padre giovanile e distratto,per farsi notare, preferisce mostrarsi sempre più grassa e sempre meno attraente. Inoltre,avendo anche lei come hobby principale quello del canto, riesce a farsi cacciare dal coro a cui partecipa. Infine con il nuovo partner della madre, che le si propone con autorevolezza paterna e che invece lei vorrebbe come amico, interagisce lasciandosi andare a sgrade-
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Introduzione voli scene isteriche. Quando,dopo i primi colloqui con la paziente e con la madre, riesco ad averli finalmente tutti e tre davanti ( compreso il richiestissimo e poco raggiugibile padre), mentre li osservo non posso fare a meno di fantasticare immaginando la stessa situazione all’interno di un quartetto d’opera. Ed ecco la paziente-figlia,con voce e figura di soprano cerca di comunicare la gelosia,l’amore e il dolore per questo padre che la trascura, senza trovare nella realtà le parole per esprimere tutto ciò, tanto da ridursi ad un patologico linguagio del corpo. Mi chiedo se un elemento aggiuntivo, la melodia,che trasformi in canto un’interazione linguistica altrimenti impossibile, non potrebbe sostituire in questo caso la patologica espressione corporale. Me la immagino con voce accorata offrire al pubblico “le dolorose note” della sua sofferenza. Immagino anche la madre, separata ormai da tempo dal primo marito, un po’ stufa dei comportamenti disturbanti della figlia,rivolgersi con dito accusatore e voce di mezzosoprano a questo padre disattento e, tanto per parlare con linguaggio da libretti d’opera “d’ogni mal reo”. Vedo il bel tenore,che anche nella realtà sembra guardarsi allo specchio ogni momento, colpito,stordito dalle insistenti e acute muliebri voci. Sta un po’ in disparte e rivolgendosi a se stesso in maniera teatralmente autoriflessiva attacca la romanza ” son io quel desso che a sì gran male addussi la fanciulletta mia!”. Inevitabilmente mi chiedo quale parte tocchi a questo punto al terapeuta, quale la tonalità più adeguata ad un intervento volto a ricomporre ”gli affanni di cotal famiglia”. E allora sento quei toni di basso che, a volte ho trovato durante gli interventi terapeutici in momenti di analogo dramma psicoterapeutico. Mi pare che la tonalità grave e solenne del basso, quasi come certi sacerdoti del melodramma, possa dar voce a chi deve “ dipanare l’arcano dell’umana sofferenza”. A questo punto la scena è completa e l’interazione magica della fantasia, consente un concertato dove il dialogo tra diverse voci che si sovrappongono è canto e non rumore, è armonia e non confusione tra personaggi,interpreti,voci,tonalità e punti di vista che magicamente possono coesistere ed esprimersi nello stesso luogo, nello stesso momento grazie ad un elemento in più che va oltre la parola: è il miracolo della musica. È la capacità dell’elemento comunicativo musicale di andare oltre il linguaggio verbale e analogico, aggiungendo una via di comunicazione più diretta e comunque di un livello meta rispetto a parole e gesti (questo elemento,la musica, consente infatti di sopportare ad esempio i versi orribili di certi libretti d’opera o certe cantanti inadeguate ai personaggi,senza cadere nel ridicolo). L’opera è dunque una forma d’arte di una tale intensità emotiva che per esprimerla le sole parole risulterebbero inadeguate. Ed ecco che la mia fantasia terapeutico operistica di una seduta che si sviluppa come uno di quei quartetti celebri nei quali tutti i personaggi
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La famiglia nell’Opera in gioco esprimono contemporaneamente questi sentimenti fortissimi e spesso inconciliabili può avere il senso di una metafora rispetto ai limiti, ai condizionamenti di un linguaggio che Selvini, Boscolo, Cecchin e Prata (1974) ebbero il grande merito di segnalare come uno dei problemi centrali già in Paradosso e controparadosso: “... il pensiero razionale si forma attraverso il linguaggio, noi concettualizziamo la realtà secondo il modello linguistico che viene così ad essere per noi tutt’uno con la la realtà. Ma il linguaggio non è la realtà. Infatti il linguaggio è lineare, mentre la realtà vivente è circolare” e ancora “ La necessità di operare una dicotomizzazione, cui il linguaggio ci costringe, esigendo inevitabilmente un prima e un poi, un soggetto e un oggetto, nel senso di colui che fa l’azione e colui che la subisce, comporta un postulato di causa-effetto e di conseguenza una definizione moralistica”. Ma anche Bateson (1972) scriveva a proposito: “… la pura razionalità finalizzata,senza fenomeni come l’arte, la religione,il sogno e simili, è di necessità patogena e distruttrice della vita; e la sua virulenza scaturisce specificatamente dalla circostanza che la vita dipende da circuiti di contingenze interconnessi, mentre la coscienza può vedere solo quei brevi archi di tali circuiti sui quali il finalismo umano può intervenire” (p. 181). Da parte sua Keeney (1987) affermava che esiste “la possibilità che la patologia sia perpetuata da terapeuti che operano senza un orientamento estetico. Il terapeuta che si veda come un intermediario del potere, o manipolatore unilaterale, lavora con segmenti parziali di sistemi cibernetici” (p. 207). Questo è il vero limite che,secondo me,la musica ci aiuta a capire, dimostrandoci una volta in più come l’arte abbia una capacità di sintesi, di comunicazione a differenti livelli e di espressione delle emozioni, superiore alle azioni puramente razionali,alle tecniche terapeutiche e, in generale, a qualsiasi altra forma di espressione umana. Naturalmente, aldilà di questi risultati artistici e comunicativi dell’opera, esistono anche le tecniche e la storia della trasformazione dell’opera.
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