Francesca Natascia Vasta, Salvatore Gullo, Raffaella Girelli (a cura di)
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica Una guida per il clinico
Collana “Gruppal-Mente: teoria, prassi clinica, ricerca” diretta da Raffaella Girelli e Francesca Natascia Vasta
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Francesca Natascia Vasta, psicologa, psicoterapeuta, gruppoanalista. Docente a contratto presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma). Docente di Psicoterapia psicoanalitica di gruppo e Supervisore presso la Scuola di specializzazione COIRAG (Roma). Vicedirettore del CSR-COIRAG (Centro studi e ricerche E. Ronchi). Svolge attività clinica e di ricerca sui gruppi terapeutici e di formazione, in ambito istituzionale e privato Salvatore Gullo, psicologo, psicoterapeuta, gruppoanalista. Professore associato di Psicologia dinamica presso l’Università degli studi di Palermo. Autore di numerose pubblicazioni nell’ambito della valutazione delle psicoterapie, dello studio del processo e delle dinamiche di gruppo e della ricerca sulla formazione in psicoterapia. Svolge attività clinica e di ricerca in ambito universitario. Raffaella Girelli, psicologa, psicoterapeuta, gruppoanalista. Docente presso la Scuola di specializzazione in Psicologia clinica (Università “Sapienza”) di Tecniche di intervento psicologico sui gruppi. Membro del Consiglio direttivo di sede e docente di Teorie e metodi dell’osservazione nei gruppi presso la Scuola di specializzazione COIRAG (Roma). Svolge attività clinica e di ricerca empirica sul gruppo psicodinamico in ambito istituzionale e privato. Fra le pubblicazioni dei curatori inerenti il gruppo psicodinamico, ricordiamo il volume Quale omogeneità nei gruppi? Elementi di teoria, clinica e ricerca, per la medesima collana (Alpes, 2013). In copertina: Composizione VIII (1923) di Vasilij Kandinskij conservata al Guggenheim Museum di New York.
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I curatori desiderano ringraziare sentitamente tutti gli autori per la generosa condivisione dei contenuti e per la pazienza dimostrata verso il lavoro comune. Porgiamo inoltre un pensiero di affettuosa gratitudine ai nostri specializzandi per gli stimoli ricevuti. Infine, siamo costantemente debitori e grati verso i nostri pazienti, non solo per la disponibilitĂ a far pubblicare le storie cliniche, ma anche perchĂŠ il lavoro che svolgiamo con loro rappresenta la principale fonte di ispirazione e il “destinatario ultimoâ€? di quanto espresso nel libro.
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Indice Presentazione di Francesca Natascia Vasta ............................................ IX Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici di Girolamo Lo Verso, Serena Giunta .................................................... XIII
I Parte La fase di avvio 1. Fondare e avviare un gruppo (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli)........................................... 3 2. Un esempio clinico: i passaggi di Giovanni dal primo incontro al gruppo (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli)........................................... 39
II Parte La fase intermedia e il monitoraggio del processo gruppale 3. La posizione del terapeuta nella fase intermedia di vita del gruppo (Salvatore Gullo, Alessandro Lunetta).................................................... 63 4. La relazione terapeutica nei gruppi. I principali costrutti del processo terapeutico: definizioni empiriche e strumenti di valutazione (Francesca Giannone, Maria Lo Cascio, Salvatore Gullo, Anna Maria Ferraro, Maria Rita Infurna, Cinzia Guarnaccia) ............. 75 5. Dallo spazio potenziale allo spazio possibile: i fattori terapeutici nell’analisi del processo di gruppo (Cristina Marogna, Floriana Caccamo)............. 95 6. Il monitoraggio clinico ed empirico dei gruppi di psicoterapia (Cecilia Giordano, Marie Di Blasi).......................................................
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Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
III Parte
La fase finale e la valutazione dell’esito 7. La valutazione dell’esito della psicoterapia psicodinamica di gruppo (Franco Del Corno, Emanuela Brusadelli)............................................. 127 8. La ricerca sulle psicoterapie di gruppo tra efficacia e processo clinico (Gianluca Lo Coco, Veronica Oieni) .................................................... 145 Conclusioni e prospettive (Salvatore Gullo) ......................................... 155
Appendice - Schede tecniche degli strumenti Gli strumenti per la ricerca empirica: una considerazione preliminare (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli, Salvatore Gullo).................. 161 Schede tecniche degli strumenti per l’assessment............................. 163 Reattivo grafico di E. Wartegg – CWS System (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli)........................................... 163 Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata 2 (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli)........................................... 165 Shedler-Westen Assessment Procedure – 200 (Francesca Natascia Vasta, Raffaella Girelli)........................................... 168 Colloquio Carta di Rete (Ivan Ambrosiano)......................................... 171 Schede tecniche degli strumenti per la valutazione di processo ed esito (Salvatore Gullo) ................................................................................. 175 California Psychotherapy Alliance Scale – Group Version.................... 175 Group Climate Questionnaire – Short Form....................................... 178 Group Questionnaire.......................................................................... 181 Group Session Rating Scale................................................................. 183 Session Evaluation Questionnaire........................................................ 185 Tabella di sintesi dei principali strumenti per la valutazione empirica di processo ed esito (Salvatore Gullo).................................................................................. 188 Bibliografia ...................................................................................... 195
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Autori Ivan Ambrosiano, psicologo, psicoterapeuta, gruppoanalista. Vice-Presidente ASVEGRA (Associazione veneta per la ricerca e la formazione in psicoterapia analitica di gruppo e analisi istituzionale). Direttore CSR- COIRAG (Centro studi e ricerche E. Ronchi) e membro CSN-COIRAG (Commissione scientifica nazionale). Autore di varie pubblicazioni sulla Carta di Rete utilizzata secondo un’ottica integrata di clinica e ricerca empirica. Emanuela Brusadelli, psicologa, psicodiagnosta, PhD in Psicologia sociale, cognitiva e clinica, professore a contratto di Metodi diagnostici e cultrice della materia presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca degli insegnamenti di: Tecniche del colloquio; Dalla diagnosi all’indicazione al trattamento; Strumenti di valutazione della personalità. Collabora con il reparto di Psicologia clinica e di Medicina del lavoro dell’ASST Rhodense di Garbagnate Milanese (Milano) e con ARP studio associato (Milano). Floriana Caccamo, psicologa, psicoterapeuta, dottore di ricerca. Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia, psicologia applicata, Università degli studi di Padova. Franco Del Corno, psicologo, psicoterapeuta, socio fondatore dell’Associazione per la ricerca in psicologia clinica (ARP) e di ARP studio associato. Dirige la collana di Psicologia clinica e psicoterapia per l’editore Cortina. Past president della sezione italiana della Society for Psychotherapy Research. Tra le sue numerose pubblicazioni: con M. Lang e F. Menozzi, Modelli di colloquio in psicologia clinica (Angeli, 2017). Marie Di Blasi, psicoterapeuta individuale e di gruppo, professore associato presso il Dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche e della formazione, Università degli studi di Palermo. Anna Maria Ferraro, psicologa, psicoterapeuta, gruppoanalista, autrice di diverse pubblicazione nel campo della psicologia del fenomeno mafioso e sui temi dell’identità e della soggettualità. Francesca Giannone, professore ordinario di Psicologia dinamica presso il Dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche e della formazione, Università degli studi di Palermo. Cecilia Giordano, Psicoterapeuta individuale e di gruppo, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze psicologiche, pedagogiche e della formazione, Università degli Studi di Palermo. Serena Giunta, psicologa, psicoterapeuta gruppoanalista. Dottore e assegnista di ricerca in Psicologia. Docente a contratto presso i corsi di laurea in: Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali, Università LUMSA S. Silvia, Palermo; Scienze e tec-
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Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
niche psicologiche, Scuola delle Scienze umane e del patrimonio culturale, Università degli studi di Palermo. È stata componente del gruppo di lavoro presso il Ministero della Salute per l’elaborazione delle Linee di indirizzo per la salute mentale in Italia. Esperta nel campo della cura della grave patologia mentale, della valutazione delle psicoterapie e della psicologia del fenomeno mafioso; ha pubblicato numerosi studi in questi campi. Cinzia Guarnaccia, psicologa, dottore di ricerca in Psicologia e pubbliche relazioni presso il Laboratoire Parisien de Psychologie Sociale, Université Paris VIII Vincennes Saint-Denis. Maria Rita Infurna, psicologa clinica, psicoterapeuta, gruppoanalista, dottore di ricerca in Scienze psicologiche e sociali presso l’Università di Palermo e l’Università di Heidelberg (Germania). Docente a contratto presso l’Università di Palermo e l’Università N. Cusano. Maria Lo Cascio, psicologa, cultrice della materia presso l’Università degli Studi di Palermo per l’insegnamento di Psicologia dinamica. Gianluca Lo Coco, psicologo, psicoterapeuta, gruppoanalista. Professore ordinario di Psicologia clinica, Università degli studi di Palermo. Presidente SPR- Italy Group. Girolamo Lo Verso, psicoterapeuta, libero professionista e docente presso l’Università di Palermo. Past president div. clinica Sips, COIRAG, SPR, dottorato di ricerca in Psicologia presso l’Università di Palermo. Autore di 400 tra saggi e ricerche e 41 volumi nel campo della psicoterapia analitica, della gruppoanalisi soggettuale, della psicologia mafiosa. Alessandro Lunetta, psicologo, psicoterapeuta, gruppoanalista, docente COIRAG, autore di diverse pubblicazioni nel campo della psicoterapia di gruppo. Cristina Marogna, psicoanalista. Professore associato M-PSI/07 presso il Dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia, psicologia applicata, Università degli studi di Padova. Titolare di vari insegnamenti: Diagnosi psicoanalitica, Psicodinamica dei gruppi e delle istituzioni, Teorie e tecniche del colloquio ad orientamento psicoanalitico. Veronica Oieni, psicologa, psicoterapeuta, gruppoanalista, autrice di diverse pubblicazione nel campo dei disturbi del peso e dell’alimentazione.
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Presentazione Francesca Natascia Vasta
Osservando una casa, che si tratti di un appartamento in un palazzo o di una bella villetta indipendente, ne possiamo apprezzare le linee geometriche, le proporzioni e la posizione, ma è solo accedendo all’interno che riusciamo a percepire le condizioni di vivibilità; inoltre, le disposizioni degli spazi riescono a renderla adatta ad accogliere nel tempo chi la abiterà. Prima di divenire un’ospitale dimora, quell’edificio ha attraversato diverse fasi. Prima di tutto si è pensato alla stabilità e alla sopravvivenza della struttura: si è scelto così un terreno dove costruire che possedesse determinate caratteristiche e qualità e potesse essere un terreno edificabile. Se si fosse scelto un luogo inospitale o inadeguato, ciò avrebbe potuto pregiudicare la resistenza e la durata nel tempo della struttura. Una volta designato un terreno/luogo adatto, diverse professionalità si sono incontrate e hanno stabilito dei criteri sui quali hanno fondato i lavori di edificazione. L’idoneità di una casa da un punto di vista strutturale si regge sulle sue fondamenta: pilastri e travi portanti devono garantire di resistere a vari tipi di intemperie; inoltre, la base di una casa risulta fondamentale perché è assai difficile da modificare una volta costruita. Anche un gruppo terapeutico ha origine in maniera simile: nasce in un luogo/terreno che lo sosterrà e dovrebbe rispondere a specifiche necessità e possibilità di quel territorio; viene poi progettato e la sua stabilità dipenderà da come sono avvenuti determinati passaggi. È importante che la struttura segua determinati criteri: ma quali potrebbero essere? Ci auguriamo di poter proporre una risposta utile e soddisfacente nelle pagine di questo volume e che il lettore possa essere stimolato nel creare nuove connessioni tra teoria, pratica clinica e ricerca. Questo volume nasce con un intento preciso: quello di aiutare lo psicoterapeuta di gruppo in formazione o già formato ad acquisire una conoscenza delle indicazioni attuali più utili per la fondazione di un gruppo terapeutico, nonché di permettere a tutti coloro che si avvicinano a questa disciplina – si tratti di studenti di psicologia, operatori, ecc. – di orientarsi e di approfondire l’argomento. Il volume ha visto la sua gestazione in diversi momenti. Molti anni fa io e Raffaella Girelli abbiamo iniziato a raccogliere le ricerche italiane relative alla psicoterapia psicodinamica di gruppo dato che eravamo specificamente interessate a capire quali principi guidassero il clinico nella fondazione di un gruppo. Durante questa fase riscontrammo una certa eterogeneità nel campo, trovando la quasi totalità di contribuiti teorici che illustravano per lo più una lista di criteri relativi alle controindicazioni per l’inserimento IX
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
di determinati pazienti nel gruppo psicodinamico. In quel momento decidemmo di avviare un’ indagine conoscitiva (Vasta & Girelli, 2010a) con l’obiettivo di raccogliere i dati relativi a come il gruppoanalista organizzasse e monitorasse la vita di un gruppo esplorando l’eventuale conoscenza di procedure empiriche, specificamente dedicate alla ricerca in psicoterapia psicodinamica di gruppo. Durante quell’occasione ci confrontammo con i colleghi del gruppo di ricerca che fa capo a Girolamo Lo Verso e avviammo delle indagini congiunte per mappare e comprendere il rapporto tra clinica e ricerca in psicoterapia psicodinamica di gruppo. Le nostre indagini hanno permesso di fare diverse riflessioni. Per quanto riguarda la psicoterapia psicodinamica di gruppo italiana, oltre ai retaggi che derivano dal suo ambiente culturale originario, a forte connotazione psicoanalitica, sussistono ostacoli di tipo economico alla conduzione di ricerche perché nel privato esse sono a totale carico del clinico e nel pubblico la situazione dipende da quanto le direzioni sanitarie siano interessate a investire nei protocolli, senza contare che è difficile trovare del personale strutturato già formato a esercitare una prassi clinica gruppale che sia integrata con la ricerca empirica. Infatti, una nostra indagine qualitativa condotta nelle principali scuole italiane di psicoterapia di gruppo psicodinamica ha rilevato che il gap fra ricerca e clinica nasce già nel percorso formativo poiché ad oggi non sussistono insegnamenti nelle scuole specificamente dedicati a questi aspetti (Vasta, Girelli, & Gullo, 2012). Queste dimensioni di contesto, descritte qui molto sommariamente per motivi di spazio, hanno contribuito a rendere particolarmente difficile l’identificazione di prassi comuni e condivise rispetto alla selezione dei pazienti, la valutazione del processo e dell’outcome terapeutico (o, per meglio dire, degli outcomes terapuetici: Del Corno & Brusadelli, nel volume). Il seminario nazionale del 2011 tenuto presso l’Università di Aosta ha visto nascere ufficialmente il Network nazionale della ricerca empirica sui gruppi, su iniziativa di Girolamo Lo Verso e di Maurizio Gasseau. Da allora, ricercatori (accademici e non) e clinici, operanti nei servizi pubblici, nel privato-sociale e nel privato in diverse regioni italiane, si sono mantenuti in contatto e incontrati una volta all’anno condividendo esperienze di gruppo condotte nei vari contesti professionali, arricchendo le relative presentazioni con i dati tratti dal monitoraggio empirico di tipo qualitativo e/o quantitativo. Proprio nell’ambito del Network abbiamo presentato l’idea di scrivere un volume che aiutasse il clinico a realizzare un lavoro terapeutico con i gruppi che includesse anche il monitoraggio empirico (ossia la valutazione dell’efficacia clinica1) della terapia messa in atto e che fosse 1 Per una definizione di efficacia clinica (effectiveness) rispetto all’efficacia tout court vedi nel volume: Del Corno & Brusadelli; Lo Coco & Oieni.
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Presentazione
utile anche in sede di formazione post-universitaria, per il gap nei percorsi curriculari di cui sopra. Esistono libri di edizione italiana (per esempio: Lo Coco, Prestano, & Lo Verso, 2008) in cui viene trattato il tema della ricerca empirica sui gruppi psicodinamici, ma gli autori sono quasi tutti stranieri. Mancava un punto di riferimento che si basasse sulla nostra realtà sociale e culturale, sia nei metodi che negli strumenti. L’idea è stata quella di voler creare una bussola, una guida per il clinico che non voglia mantenere un assetto autoreferenziale nel proprio operato, bensì aprirsi al confronto e alla possibilità di presentare dei dati che siano condivisibili. Con l’aiuto dei colleghi del Network, si è dunque realizzato il presente volume, che descrive in apposite parti ogni fase della vita del gruppo, con le relative indicazioni sulla prassi clinica e su quali strumenti preferenzialmente utilizzare2. Lo spirito che ha animato il lavoro dei colleghi che, insieme a me, hanno perseguito questo progetto per alcuni anni, e che naturalmente ringrazio di cuore, non è quello di chiudere in strettoie o rigide procedure il lavoro del clinico che si occupa di gruppi, ma di renderlo più trasparente a se stesso, ai colleghi e ai pazienti, il che significa renderlo sempre più “pensato e presentabile” in una maniera condivisa con la comunità scientifica nazionale e internazionale. Questo approccio al lavoro rappresenta una componente di etica professionale dello psicoterapeuta di gruppo contemporaneo (Giordano & Di Blasi; Vasta & Girelli, 2018, nel volume) e spero vivamente che questo libro possa offrire un contributo importante in questa direzione di sviluppo della formazione e della professione. In termini generali, possiamo definire il ruolo professionale del terapeuta di gruppo in base a specifiche competenze, compiti (diversi nelle varie fasi di vita del gruppo) e responsabilità. Nel gruppo psicoterapeutico psicodinamico, la funzione costante del terapeuta è quella di mantenere il gruppo orientato al compito della cura di se stesso e dei suoi membri, durante i vari passaggi e i diversi movimenti che il gruppo può attraversare, sia evolutivi sia regressivi: stagnazione piuttosto che vivo confronto fra i membri; oppositività piuttosto che cooperazione; blocchi di pensiero, “presenze sul corpo” piuttosto che messa in parola dei vissuti e delle emozioni e tentativi ripetuti nella costruzione di un pensiero comune; fughe dal compito e assenteismo piuttosto che ascolto reciproco e tolleranza rispetto al non comprendere sempre ciò che sta accadendo. Come illustrato nel volume, assolvere a questa “macro-funzione” implica: • dapprima un lavoro sulla fondazione e sull’avvio del gruppo (con un assetto mentale e alcune operazioni specifiche, vedi prima parte a cura di Vasta & Girelli); sin dal primo pensiero del terapeuta ri2 In questa fase di lavoro, abbiamo dovuto limitare la stesura del volume riferendoci ai gruppi psicoterapeutici psicodinamici verbali e per pazienti di età giovane adulta/adulta. Sui criteri di scelta degli strumenti, vedi: Vasta, Girelli, & Gullo nell’Appendice.
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Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
posto su un qualsiasi gruppo, inoltre, è indispensabile qualificare il dispositivo che si intende fondare sulla base di specifici parametri (a cura di Lo Verso & Giunta); • quindi la conduzione del gruppo già avviato (che per gli scopi di questa sede abbiamo definito “fase intermedia”, a cura di Gullo & Lunetta), in cui il terapeuta lascia via via maggiore spazio al gruppo come agente dei propri processi, pur mantenendo il compito di custode/garante nonché responsabile del processo di cura; • infine, nella fase conclusiva del gruppo, il compito si snoda su due filoni: quello di facilitare l’elaborazione della separazione per i membri del gruppo e quello del poter valutare insieme i benefici eventualmente ricavati dal percorso di terapia, così come le aree che ancora necessitano di aiuto (a cura di Del Corno & Brusadelli). Congiuntamente a tutto ciò, durante il percorso di cura, è proficuo il monitoraggio empirico del processo gruppale, quale componente integrata con la clinica. Ecco perché alcuni capitoli sono dedicati rispettivamente ai fattori terapeutici (a cura di Marogna & Caccamo) e alle indicazioni tecniche su come attuare questo tipo di monitoraggio (a cura di: Di Blasi & Giordano; Giannone, Lo Cascio, Gullo, Ferraro, Infurna, & Guarnaccia; Lo Coco & Oieni). Ferma restando l’idea che il nostro obiettivo è quello di offrire un sostegno al clinico e non quello di fornire schemi rigidi e identici per tutte le situazioni, aggiungo che la trattazione non ha la pretesa di essere esaustiva ed anzi desidera aprire questioni e possibilità piuttosto che saturare i temi esaminati, tanto meno esaurire la complessità dell’esperienza gruppale. Tuttavia, ritengo che le scelte che abbiamo fatto come gruppo di autori sul piano etico e metodologico (la messa in comune dell’esperienza di diversi colleghi italiani; l’aggiornamento dei contenuti esposti attraverso lo studio della letteratura specialistica nazionale e internazionale; il confronto vivo fra gli autori e fra i curatori) sostengano la “ragionevolezza” di quello che presentiamo. Con piena fiducia in questo elemento fondativo del volume, auguro buona lettura.
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Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici Girolamo Lo Verso, Serena Giunta
Per poter effettuare un qualsiasi lavoro clinico e/o di ricerca in psicoterapia è necessario, nei limiti del possibile, esplicitare e definire chiaramente il set(ting) e il contesto in cui il lavoro si svolge. Altrimenti il rischio è di creare una sorta di paradosso operativo e cioè quello di dire che si fa un lavoro ma senza dire come, dove e perché; dando, quindi, per scontate le cose che non lo sono affatto. Chiarire, quindi, il dispositivo, lo strumento con cui si lavora, è fondamentale. Ciò è ancor più necessario in un set(ting) complesso come quello del gruppo terapeutico in cui i fattori relazionali e di campo psichico sono assai rilevanti. Questo è ciò che è diventato “evidente” dopo molti anni di ricerca empirica e clinico-teorica; è necessario quindi delimitare il concetto di terapia di gruppo come qui lo intendiamo. In primo luogo, gli obiettivi a cui ci riferiamo sono di terapia analitica, cioè sia di cura sintomatica che di conoscenza a finalità trasformativa, volta al superamento della psicopatologia e dell’insieme delle problematiche del paziente. Ciò naturalmente è possibile solamente in gruppi di durata medio-lunga e solo in maniera limitata in gruppi brevi (che infatti possono assumere un taglio in parte diverso di tipo sistemico e cognitivo ma, comunque, in senso relazionale). Tali gruppi sono possibili se si ha un riferimento teorico-operativo che comprenda la complessità della compresenza osservativa e di intervento dei fattori individuali (mondo interno conscio ed inconscio), di quelli relazionali ed interattivi, di quelli gruppali (visibili e invisibili). È ovvio che un lavoro siffatto richiede competenze specifiche ed adeguate al set(ting): devono riguardare la psicopatologia, la dinamica relazionale e i processi di gruppo. Deve riguardare, anche, la persona del terapeuta e ciò implica un grosso e adeguato lavoro personale con se stessi di tipo analitico-relazionale e non “ideologico”. Il gruppo, infatti, diviene un potente attivatore del mondo interno di pazienti e terapeuti. Segnaliamo, infine, la necessità di tener conto, in terapia di gruppo, della compresenza di fattori psichici, legati alla storia personale, in primo luogo familiare, e di fattori ed esperienze relazionali legati al passato e al qui e ora degli elementi biologici e antropologici che in gruppo sono fortemente presenti e attivati. Riteniamo, quindi, in questo testo dedicato alla ricerca e al suo rapporto con la clinica, utile riprendere in versione nuova e limitata all’obiettivo terapeutico i cosiddetti “parametri” (Lo Verso, 1998). Essi rispondono all’esigenza, anche XIII
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
formativa e di supervisione, di fornire a chi fa, o volesse fare, gruppi terapeutici delle linee di orientamento o meglio delle indicazioni scientifico-cliniche che consentono di definire di che tipo di gruppi parliamo, con quali tempi e obiettivi ci muoviamo, ecc. Questa è un’evidente necessità clinica ma è una necessità forse ancora più forte nella ricerca empirica. Non è, infatti, metodologicamente possibile raccogliere dati senza specificare il contesto e come lo si fa. Ricordiamo un tale che parlava di un lavoro di ricerca un po’ naif poiché riportava dati raccolti alla fine delle sedute di gruppo riguardanti i singoli individui. Non si teneva conto del fatto che i dati emergevano dentro un’esperienza di gruppo. Tutto ciò veniva motivato con l’idea che il modello a cui il terapeuta si riferiva comprendeva solo gli individui. Ci chiediamo se si può fare ricerca e/o clinica al di fuori dei dati di realtà come se il nostro modello, e non i contesti reali e le persone in essi, fosse l’unica realtà. Naturalmente i parametri sono solo un metodo per ampliare il pensiero clinico e scientifico, per implementare il “pensarci su”. Tuttavia, rispetto ai parametri elaborati anni fa, la situazione oggi è cambiata e il contesto è ancora più complesso per la ricerca e la clinica. Se, infatti, allora importavamo dalla psico-sociologia il concetto di “andar per gruppi”, oggi è necessario partire direttamente dalla clinica e dalla psicopatologia e parlare di “andar per pazienti”. Già allora sostenevamo che non esisteva il gruppo “standard” o presentato così come ad esempio Foulkes (1975) lo aveva fondato o Yalom (1975) lo aveva proposto. Il gruppo ideale di Foulkes comprendeva otto pazienti, un gruppoanalista di lunga formazione (che prevedeva analisi personale, partecipazione e osservazione di gruppi, supervisioni), affiancamento di un co-terapeuta e osservatori. Già allora segnalavamo molti tipi di parametri a seconda dei differenti tipi di gruppo: gruppi classici di lunga durata, gruppi mono-sintomatici, in medicina, in comunità e case-famiglia, con bambini, adolescenti, anziani, gruppi di formazione e/o supervisione, gruppi con coppie e famiglie, gruppi per dipendenze patologiche, gruppi di arteterapia ma condotti con obiettivi e competenze professionali, gruppi con immigrati, in contesti traumatici, criminali e mafiosi. Si vuole segnalare altresì il già citato concetto di set(ting) (Giannone & Lo Verso, 1997) con cui si proponeva di riservare al termine “set” i fattori organizzativi relativi a orari delle sedute, pagamenti, periodicità, ecc. Inerenti invece al concetto di setting sono tutti i fattori attinenti al terapeuta e quindi a obiettivi, modello operativo, formazione. Il set(ting) riguarda tutto ciò che contribuisce alla costruzione del campo gruppale o con-transferale: in sostanza il dispositivo gruppale che viene dapprima costruito nella mente del terapeuta e poi via via co-costruito con i pazienti. A questa schematizzazione si collegano i “parametri” e cioè una descrizione il più possibile approfondita e dettagliata delle variabili che intervengono nella fondazione e nel processo del gruppo. Esse sono ovviamente infinite ed è
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Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici
quindi fondamentale un umile riduttivismo sia nella ricerca che nell’intervento. Oggi, tuttavia, il set(ting) è diventato sempre più duttile, ampio, eticamente e professionalmente laico; il set(ting) è sempre più, quindi, nella testa e nella consapevolezza del terapeuta. È chiaro che anche per la ricerca ci sono notevoli, ma interessanti, difficoltà metodologiche nel seguire una realtà che alla continuità del lavoro può affiancare frequenti cambiamenti nella prassi. Il gruppo, ad esempio, può via via diminuire di numero e può essere necessario lavorare con due soli pazienti, cosa impensabile negli anni in cui si diceva: “Il gruppo comincia con tre pazienti”. Possono essere necessarie elaborazioni sui pagamenti, integrazioni di sedute individuali, incontri con i familiari, confronti con psichiatri o colleghi di orientamenti differenti. Possono essere presenti aspetti cognitivi o sistemici, biologici o strettamente legati a problematiche mediche. Proviamo, adesso, ad esemplificare cosa intendiamo parlando di parametri come strumento di aiuto alla visualizzazione del set(ting) gruppale esemplificandolo in tre tipi di gruppo: i gruppi classici, i gruppi monosintomatici e i gruppi in medicina generale. I primi si tengono in genere in ambulatorio o in uno studio professionale, hanno una durata relativamente lunga e una conduzione classicamente gruppoanalitica (o assimilabile); i secondi si possono svolgere in contesti privati, pubblici, psichiatrici, sanitari e gli ultimi si svolgono prevalentemente in contesti ospedalieri o comunitari. Un riferimento teorico-clinico va qui fatto poiché deriva dall’esperienza di lavoro con i gruppi. L’idea che la psicoterapia sia uno strumento psichico che interviene su tematiche psichiche è diventata insufficiente. La psicoterapia infatti lavora sull’insieme delle problematiche del rapporto mente-corpo-relazione (Lo Verso & Giorgi, 2011). In particolare, in gruppo l’incidenza sulle problematiche psico-somatiche è significativa; le neuroscienze hanno contribuito a spiegare alcuni passaggi del come la relazione si colleghi così fortemente al bios, integrando così gli studi psico-somatici a partire dal rapporto tra psiche e sistema immunitario. Sulla relazione si è lavorato molto e su di essa si è fondata la “Gruppoanalisi Soggettuale”, il nostro modello teorico-clinico “laico”. La relazione è culturalmente e biologicamente fondata, ad essa è legata la nascita e lo sviluppo della vita psichica, diviene costitutiva nel vissuto psichico inconscio e incide sulle future modalità relazionali; esse a loro volta continuano a far crescere l’identità personale e la ristrutturano. Nel set(ting) di psicoterapia in generale, e ancor di più ovviamente in quello di gruppo, la relazione è il principale strumento di lavoro attuabile nell’identificazione, nel con-cepimento di pensieri trasformativi (come nella nascita e sviluppo della vita psichica), nelle risonanze, nei rispecchiamenti fra i pazienti e fra essi e il terapeuta, nel co-transfert che coinvolge tutti, nel processo gruppale.
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Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
Desideriamo aggiungere che nella nostra esperienza e in quella di molti altri colleghi l’uso di parametri come strumento integrativo, di tipo osservativo/elaborativo, non è certo limitativo alla creatività del terapeuta o una reificazione del lavoro. Certamente, è un aiuto a combattere gli “aspetti narcisistici dell’io sento” (o anche l’altro estremismo di cure psicoterapiche “oggettive”) che dimentica che cinquanta modelli portano spesso a “sentire” cose differenti. I parametri possono rendere il terapeuta in gruppo più competente e consapevole, quindi eticamente più utile ai pazienti, e contribuire a fondare una ricerca empirica metodologicamente adeguata alle specificità del nostro oggetto scientifico-professionale. Segnaliamo, altresì, che i primi due parametri riportati sono una rivisitazione/ampliamento di precedenti contributi (Di Maria & Lo Verso, 2002; Lo Verso & Raia, 1998), il terzo invece è inedito. Concludiamo questa introduzione riadattando per i parametri quanto detto da Bobbio per la politica: “Non c’è democrazia senza norma”. Per i parametri si potrebbe dire: “Non c’è clinica o ricerca senza trasparenza, chiarezza, visualizzazione, analisi di sé e del metodo, ecc.; dobbiamo, quindi, evitare l’assenza di norme”.
Parametri di gruppo Tipo di gruppo
Obiettivi
1) Gruppo di terapia analitica (standard, soggettuale) Trasformazione del self nei suoi aspetti sintomatici e superamento della psicopatologia, maturazione delle strutture psichiche, comprensione/ distanziamento dalla gruppalità interna e dall’identità/patologia sintomatica. Separazione/individuazione. Conseguimento di adeguate capacità comunicative relazionali e di essere, sia dentro se stessi che socialmente, in un rapporto io-noi il più possibile autentico, vivibile. “Cura” del rapporto con il self e con l’alterità. Soggettivazione. Apertura di dialogo interno con le matrici familiari sature e loro superamento. Integrazione mente-corpo-relazione. Più forte e verbalizzata presenza del simbolico nei gruppi strettamente analitici. Naturalmente si tratta di obiettivi “ideali” verso cui procedere ed è chiaro che necessitano di tempi lunghi, adeguata formazione e competenza del conduttore, presenza di patologie non troppo gravi e uno standard culturale medio-alto. Sia l’esperienza clinica che la ricerca confermano, tuttavia, che questo set(ting) può essere considerato “ideale” per le possibilità psicoterapiche complessive che offre rispetto ai processi maturativi interni e relazionali.
Individuale o di un servizio. Vi è il problema dell’analisi della domanda, del contesto, dell’auto-rappresentazione, delle aspettative rispetto al terapeuta. Prevede colloqui preliminari e una diagnosi intesa in senso Domanda ampio. Va fatta una valutazione rispetto all’inserimento in uno specifico (inizio del rapporto) gruppo (nel caso di un gruppo già esistente, porre attenzione all’ingresso e uscita del singolo paziente, rispetto a lui e rispetto al gruppo) e posta particolare cura nella preparazione all’ingresso del gruppo (nei casi più gravi può essere più lunga).
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Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici
Tipo di utenza e tipologia di pazienti Numero partecipanti
In grado di formulare una domanda e condividere il progetto terapeutico (anche con eventuale supportività). Indicazioni classiche alla terapia analitica di gruppo. 4-8 Oggi tale indicazione è modificabile ed elaborabile.
Luogo di lavoro
Studio professionale privato o pubblico (ambulatorio e simili).
Cadenza sedute
Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive.
Set(ting) e matrice di gruppo
Nei limiti del possibile, strutturato e stabile dopo le fasi di fondazione o le uscite o gli inserimenti di nuovi pazienti (se il gruppo è semiaperto o semichiuso). Se si tratta di un gruppo nuovo sono fondamentali la fase preliminare e di inizio, di fondazione e costruzione del set(ting) gruppale, la prefigurazione del gruppo. Creazione progressiva di una matrice dinamica transpersonale. Posizione a cerchio, frequentemente un tavolino al centro.
Pagamento
Diretto nel caso di lavoro privato. Indiretto se si svolge nei servizi. Il problema del pagamento e le relative questioni sono oggetto di elaborazione psicodinamica. Va segnalato, oggi, che questi gruppi apparentemente costosi in realtà sono i più economici al di là dei limitati calcoli. Essi, infatti, consentono una notevole riduzione delle ricadute psicopatologiche e il mantenimento/implementazione dei risultati nel lungo periodo poiché consentono un lavoro adeguatamente approfondito e l’acquisizione di un metodo di autoosservazione e riflessivo che si mantiene anche dopo la fine dell’analisi.
Farmaci
Trattamento farmacologico possibile e tendenzialmente transitorio. Di solito è gestito da psichiatri esterni al gruppo (in contatto con lo psicoterapeuta). L’elaborazione dei vissuti psichici e degli aspetti simbolici legati all’assunzione dei farmaci fa parte del lavoro clinico. Essi, infatti, possono assumere un carattere di contenitore delle parti psichiche angosciate, divenire una forma di dipendenza non tanto clinica, quanto rituale ed “esorcistica”, dalla paura dei sintomi già vissuti.
Durata del lavoro Lunga, di tipo analitico. Solitamente almeno 3 anni.
Fondazione del gruppo
Processualità del gruppo
La fondazione di un gruppo è variabile, nei contesti, nelle modalità, nella durata. Essa, tuttavia, deve tendere a costruire un assetto stabile, a facilitare la possibilità di ingresso nel gruppo, la sua strutturazione, la stabilità nella partecipazione a esso, ecc. Il lavoro di fondazione è centrale e richiede un adeguato impegno e molta attenzione poiché da esso dipende lo sviluppo futuro del gruppo. Oggi questa fase è ancora più importante per le difficoltà (culturali, economiche, ecc.) esistenti nell’accettare rapporti stabili e profondi in un tempo di comunicazione on-line in tempo reale, di disidentità (Ferraro, 2011), di crisi dei grandi valori. È necessaria quindi una particolare disponibilità clinico-relazionale rispetto ai pazienti. Comunicazioni-interazioni visibili ed invisibili (inconsce o comunque inconsapevoli) non pensabili e non dicibili a sé e all’altro, verbali e non verbali, relazionali. Riportare nel gruppo pensieri ed accadimenti esterni ad esso ma che implicano supportività se necessaria, meglio se gruppale ed effettuata dai pazienti stessi. Va sottolineato che è oggi sempre più chiaro con l’evoluzione delle psicoterapie nel loro insieme, con gli studi neuroscientifici ed etnopsicoterapici che il fattore terapeutico più rilevante è proprio la relazione e che quindi il processo del gruppo e la sua gestione sono fondamentali. Questo rimanda anche alla centralità della formazione relazionale e ovviamente non solo nei gruppi.
XVII
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
Presenza del corpo
La presenza del corpo è da considerare centrale in ogni tipo di gruppo poiché è il luogo dove la relazione vive e agisce. Va tenuta in conto la centralità della comunicazione non verbale in terapia di gruppo: una psicoterapia di gruppo approfondita è anche una “terapia biologica" (Fasolo, 1995) poiché può incidere positivamente a livello somatico e sanitario. L’intervento psicoterapico e ancora di più se si verifica in gruppo è sostanzialmente psicosomatico e cioè utilizza l’interezza del bios, del vivente per incidere a questo livello. Il corpo, quindi, in senso ampio, è oggetto di attenzione e lavoro clinico sia sul piano simbolico sia rappresentativo che bio-psichico legato ai sintomi.
Aspetti istituzionali
La presenza degli aspetti istituzionali è centrale nei gruppi sia nel caso di presenza effettiva di essi (fa parte del lavoro gruppoanalitico gestire i rapporti tra gruppo e istituzione e il rapporto con i colleghi), che di presenza indiretta e psichica (istituzioni di appartenenza del terapeuta, ecc.). Va considerato che anche le rappresentazioni psico-sociali che i pazienti e il loro mondo hanno dell’analista costituiscono un fattore istituzionale.
Responsabilità/ Conduttore
Gruppoanalista/i (inteso in senso ampio). Importanti le tematiche relative alla committenza e alla storia psichica e professionale del conduttore, all’adeguato training formativo per questo specifico tipo di gruppo.
Conduzione
Relativa direttività soprattutto dopo la fondazione, facilitazione del processo gruppale e della sua funzionalità terapeutica, centratura del lavoro sull’asse circolare individuo-interazione-gruppo. Mantenimento della responsabilità terapeutica. Lavoro sul singolo “attraverso” il gruppo. Oscillazione fra processo nel qui e ora del gruppo e comprensione/ trasformazione della gruppalità interna. Costante attenzione al divenire processuale del gruppo e dei pazienti. Va ricordata la responsabilità eticoclinica del terapeuta rispetto ai risultati ottenuti, pieni o parziali che siano.
Attivazione della comunicazione e del processo gruppale, interpretazioni, stimolazione della capacità associativa e auto-etero introspettiva del gruppo e dei singoli, centratura sul qui e ora e sul lì e allora, sul non Tipo di interventi dicibile a sé e all’altro: storico, rappresentazionale, familiare, inconscio. (modalità operative) Attenzione prevalente al rapporto fra dinamiche intrapsichiche e intragruppo e a quella tra dimensioni comunicative inconsce e relazionali. Interventi di mantenimento del set(ting) e via via stimolazione/apertura a nuove problematiche.
Formazione dei conduttori
XVIII
Training gruppoanalitico (osservazione di gruppi terapeutici, supervisione, studio teorico-clinico, terapia personale analitica di gruppo e individuale), partecipazione a workshop di dinamica di gruppo, conseguimento delle capacità di fondare e gestire il contesto/campo gruppale in rapporto ai singoli e di “essere il primo paziente del gruppo” (Foulkes, 1975) all’interno di una forte consapevolezza psicopatologica e della centralità dell’efficacia della cura. Capacità di effettuare una fondazione del setting clinico-gruppale, di crescere attraverso l’esperienza e di porre al centro l’altro e la sua sofferenza.
Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici
Tipo di gruppo
Obiettivi
Domanda
(inizio del rapporto)
Tipo di utenza e tipologia di pazienti Numero partecipanti Luogo di lavoro Cadenza sedute
Set(ting) e matrice di gruppo
Pagamento
2) Gruppi a tempo limitato e/o monosintomatici Rispetto agli obiettivi dei gruppi di terapia analitica va posta una più diretta attenzione alle tematiche e problematiche legate al sintomo, al corpo, alla relazione mente-corpo-relazione, alla fusionalità/ identificazione con la matrice familiare, al decentramento sintomatico inizialmente necessario, agli opportuni decentramenti ideologici, culturali, ambientali. Attenzione va posta, inoltre, ai risvolti interpersonali e sociali legati al sintomo, all’evoluzione della psicopatologia e alle profonde difficoltà relazionali nel qui e ora del gruppo e nella vita quotidiana. Individuale, familiare, invio da parte di strutture sociali, sanitarie, medici, amici, altri pazienti. Molto presente l’aspetto istituzionale salvo nella libera professione. Forte attenzione iniziale agli aspetti supportivi, alla dimensione familiare, alla forte coesione gruppale dovuta all’identificazione monosintomatica. Prevalente presenza femminile in gruppi di pazienti con disturbo del comportamento alimentare, maschile nelle tossicodipendenze e in genere nelle dipendenze patologiche. 4-10. Oggi tale indicazione è modificabile ed elaborabile. Centro specializzato privato-sociale e/o pubblico, strutture cliniche di vario tipo, studio professionale, strutture assistenziali varie. Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive. Strutturato e stabile dopo le fasi di fondazione o le uscite o gli inserimenti di nuovi pazienti (se il gruppo è semiaperto o semichiuso). Se si tratta di un gruppo nuovo sono fondamentali la fase preliminare e di inizio, di fondazione e costruzione del set(ting) gruppale, la prefigurazione del gruppo. Creazione progressiva di una matrice dinamica transpersonale. Posizione a cerchio, frequentemente un tavolino al centro. È necessario, rispetto al precedente parametro, porre inoltre maggiore attenzione alle problematiche “terapeutiche”, all’”emergere” psicosomatico, alla “presenza” della famiglia, allo specifico sintomatico e alla strutturazione cognitiva e rituale di esso. Importanti sono i fattori interpersonali e la coesione di gruppo. Il rispecchiamento “monosintomatico”, utile e fondativo inizialmente, deve evolvere durante il lavoro per consentire l’approfondimento psicologico. Senza questa evoluzione trasformativa, che è responsabilità del terapeuta, si può correre il rischio di cronicizzazione e stabilizzazione del sintomo presente in gruppi non strettamente psicoterapici ma supportivi, di auto-aiuto, di consultazione, di stimolazione, ecc. Diretto nel caso di lavoro privato (ma può esserci l’intervento della famiglia). Indiretto se si svolge nei servizi. Il problema del pagamento e le relative questioni sono oggetto di elaborazione psicodinamica. Con maggiore frequenza possono intervenire associazioni pubbliche, amministrazioni, istituzioni sanitarie pubbliche e private, associazioni di pazienti.
XIX
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
Farmaci
Trattamento farmacologico possibile e tendenzialmente transitorio. In certe sintomatologie è fortemente presente nelle fasi iniziali. Di solito è gestito da psichiatri esterni al gruppo (in contatto con lo psicoterapeuta). L’elaborazione dei vissuti psichici e degli aspetti simbolici legati all’assunzione dei farmaci fa parte del lavoro clinico. Essi, infatti, possono assumere un carattere di contenitore delle problematiche psichiche. A volte sono utili trattamenti medici o comunitari iniziali anche di tipo non strettamente psichiatrico ma di medicina generale.
Durata del lavoro
A volte medio-lunga. È minore in gruppi più supportivi e maggiore in quelli espressivi. Può esserci un termine prefissato di durata variabile (da qualche mese a due anni). Il gruppo può anche essere chiuso.
Fondazione del gruppo
È necessaria qui molta attenzione vista la frequente fragilità, ambivalenza e diffidenza di questa tipologia di pazienti e la loro difficoltà iniziale a con-dividere un setting. Si basa inizialmente sul legame dei pazienti con l’analista e, nell’avvio del gruppo, sulla condivisione dei sintomi, sul potersi capire reciprocamente, ecc. Soprattutto nel caso di pazienti giovani, è necessario pensare la famiglia (reale e interna) in maniera attenta. Vanno in linea di massima evitate interpretazioni analitiche in questa fase e incoraggiata la costruzione e la tenuta del legame. Importante è anche la costruzione dei confini del gruppo, la chiarificazione degli obiettivi, la comunicazione “autentica” del fatto che il gruppo effettua una presa in carico dei problemi e che essi possono essere affrontati.
Processualità del gruppo
Comunicazioni-interazioni visibili e invisibili (inconsce o comunque inconsapevoli) non pensabili e non dicibili a sé e all’altro, verbali e non verbali, relazionali. Riportare nel gruppo pensieri e accadimenti esterni a esso ma che implicano supportività se necessaria, meglio se gruppale ed effettuata dai pazienti stessi. In questo tipo di gruppi è necessaria maggiore attenzione iniziale ai sintomi e alla famiglia, alla sua storia, al campo psichico, ai segreti e ai bisogni. Fondamentale è anche l’attenzione all’incontro interpersonale, sia nel gruppo che nella vita quotidiana.
Presenza del corpo
Il corpo in tutti i suoi aspetti sessuali, narcisistici, simbolici, relazionali, biologici, ecc. è centrale in questo tipo di gruppo e ad esso va posta la massima attenzione psicodinamica (e anche biologica in situazioni gravi). Il rapporto corpo-relazione-mentalizzazione è fondamentale in tutte le problematiche che coinvolgono direttamente la fisicità.
Aspetti istituzionali
La presenza degli aspetti istituzionali è centrale nei gruppi sia nel caso di presenza effettiva di essi (fa parte del lavoro gruppoanalitico gestire i rapporti tra gruppo e istituzione e il rapporto con i colleghi), che di presenza indiretta e psichica (istituzioni di appartenenza del terapeuta, ecc.). Va considerato che anche le rappresentazioni che i pazienti e il loro mondo hanno dell’analista costituiscono un fattore istituzionale. Particolare attenzione, inoltre, va posta alla “rappresentazione” che la realtà curante propone di sé all’utenza.
Responsabilità/ Conduttore
Gruppoanalista/i ma con capacità di adeguata attenzione alla specifica situazione sintomatica e alla “famiglia”. Può esserci la collaborazione dei medici curanti che va seguita con attenzione.
Conduzione
Relativa direttività soprattutto dopo la fondazione, facilitazione del processo gruppale e della sua funzionalità terapeutica, centratura sull’asse circolare individuo-interazionegruppo. Mantenimento della responsabilità terapeutica. Lavoro sul singolo “attraverso” il gruppo. Oscillazione fra processo nel qui e ora del gruppo e comprensione/ trasformazione della gruppalità interna. Costante attenzione al divenire processuale del gruppo e dei pazienti. Va ricordata la responsabilità etico-clinica del terapeuta e dei risultati ottenuti. Inizialmente maggiore supportività e aiuto all’avvio del processo comunicativo e al suo allargamento oltre il sintomo ma con attenzione al superamento di esso.
XX
Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici
Tipo di interventi (modalità operative)
Attivazione della comunicazione e del processo gruppale, interpretazioni, stimolazione della capacità associativa e auto-etero introspettiva del gruppo e dei singoli, centratura sul qui e ora del gruppo e sul lì e allora, sul non dicibile a sé e all’altro: storico, rappresentazionale, familiare, inconscio. Attenzione prevalente al rapporto fra dinamiche intrapsichiche e intragruppo e a quella tra dimensioni comunicative inconsce e relazionali. Calibrare però il tutto in base alla specificità di questi gruppi. Rispetto ai gruppi di lunga durata deve essere posta maggiore attenzione alle dinamiche interpersonali interne/esterne e minore attenzione, almeno inizialmente, alle dimensioni inconsce, conoscitive.
Formazione dei conduttori
Training gruppoanalitico (osservazione di gruppi terapeutici, supervisione, studio teorico-clinico, terapia personale analitica di gruppo e individuale), partecipazione a workshop di dinamica di gruppo, conseguimento delle capacità di fondare e gestire il contesto/campo gruppale in rapporto ai singoli e di “essere il primo paziente del gruppo” (Foulkes, 1975) all’interno di una forte consapevolezza psicopatologica e della centralità dell’efficacia della cura. Capacità di effettuare una fondazione del setting clinico-gruppale, di crescere attraverso l’esperienza e di porre al centro l’altro e la sua sofferenza. Integrare il tutto con specifici approfondimenti sulla conoscenza del sintomo e con la capacità di lavorare, a volte, con trattamenti integrati e di pensare agli aspetti organizzativo-istituzionali. Necessaria anche buona consapevolezza rispetto alle dinamiche familiari.
Integrazioni
Adattamenti specifici legati ai trattamenti integrati e all’organizzazione del centro “curante” se vi sono. Importanti modifiche di set(ting) sono ovviamente necessarie per ogni tipo di gruppo mono-sintomatico (psicotici, disturbi alimentari, attacchi di panico, tossicodipendenza, gioco d’azzardo, gruppi monosessuali, gruppi con malattie organiche). In questi gruppi va ancor di più gestita la funzionalità gruppale, l’identificazione adesiva, la questione dell’Altro come simile “a me”, la dipendenza, ecc. Va altresì mantenuta una forte attenzione, ancora più diretta, alle problematiche della cura e alle aspettative create dall’istituzione. Vanno anche tenuti presente i rischi che la coesione identificatoria sintomatica, utile inizialmente, comporta nel lungo periodo se non viene superata. A differenza dei cosiddetti gruppi di auto-aiuto che spesso diventano un “immobilitatore” della patologia, in questo tipo di gruppi il terapeuta invece consente il superamento reale non solo della sintomatologia ma anche della problematica ad essa sottesa. Per quanto riguarda questo tipo di gruppi un’esposizione completa è contenuta nel contributo di Ustica (2002) che approfondisce la tematica del gruppo omogeneo di terapia analitica con pazienti con problematiche fisiche, disturbi del comportamento alimentare, pazienti ipovedenti.
XXI
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
Tipo di gruppo
Obiettivi
Domanda
(inizio del rapporto)
Tipo di utenza e tipologia di pazienti Numero partecipanti
3) Gruppi in medicina generale Accompagnamento delle cure sanitarie e integrazione di esse con interventi gruppali che aiutino le difese psichiche e quindi fisiche (immunitarie, ecc.). Consentire una più serena assunzione dei trattamenti sanitari, aiutare pazienti, familiari e curanti a essere meno soli nell’affrontare situazioni angoscianti (si pensi alle patologie oncologiche, pediatriche, cardiologiche, geriatriche, con immigrati in situazione di malattia, ecc.). Solitamente da parte di operatori ospedalieri e in genere di strutture sanitarie. Va “istruita” la domanda con pazienti, familiari, operatori sanitari. Molta attenzione va posta alla domanda esplicita (in genere di rinforzo al lavoro di cura, di alleviamento di tensione e ansia, di contributo psicosomatico, ecc.), così come a quella implicita o inconscia e alle angosce che l’immaginario può avere rispetto a questi contesti. Pazienti di medicina negli specifici settori di malattia. Più direttamente familiari e personale sanitario. Molto variabile. Da un piccolo gruppo (4-5) ad un gruppo mediano (25).
Luogo di lavoro
Solitamente realtà ospedaliere, comunitarie, associative. Sono in crescita forme di intervento nel privato-sociale.
Cadenza sedute
Una o due volte a settimana (1h e 30) o due sedute consecutive. Frequentemente settimanali ma possono assumere altre periodicità, ad esempio quindicinali, che naturalmente vanno a modificare il set(ting) e le modalità di lavoro.
Set(ting) e matrice di gruppo
Come il precedente, strutturato e stabile dopo le fasi di fondazione o le uscite o gli inserimenti di nuovi pazienti (se il gruppo è semiaperto o semichiuso). Se si tratta di un gruppo nuovo sono fondamentali la fase preliminare e di inizio, di fondazione e costruzione del set(ting) gruppale, la prefigurazione del gruppo. Creazione progressiva di una matrice dinamica transpersonale. Posizione a cerchio, frequentemente un tavolino al centro. Viene centrata, però, maggiormente l’attenzione sulla patologia organica, sui modi di vivere la malattia, sulle dinamiche pazientefamiliare, sui vissuti e le angosce legate alla patologia e alle paure a essa connesse. In realtà rispetto ai precedenti, va tenuta molto in conto la situazione sanitaria ed ospedaliera, la centralità della problematica medica.
Pagamento
Diretto nel caso di lavoro privato. Indiretto se si svolge in servizi. Il problema del pagamento e le relative questioni sono oggetto di elaborazione psicodinamica. Sempre più frequente il gruppo è un servizio offerto da strutture ospedaliere di avanguardia.
Farmaci
Sempre presenti: aspetto centrale della cura medica. Solo occasionalmente psico-farmaci; qui il farmaco assume un aspetto più “normale”, è indispensabile e solo secondariamente implica problematiche psicologiche.
Durata del lavoro
Molto variabile, dipende anche dal tipo di gruppo: aperto, chiuso, semiaperto, a termine o meno. Può essere legata al periodo di ricovero e/o continuare a prescindere da esso. È rilevante la validità di questo tipo di gruppi rispetto alle problematiche economiche poiché può molto contribuire alla minore durata dei ricoveri, a un uso non ansioso dei farmaci, alla gestione serena della malattia.
XXII
Introduzione ai gruppi psicodinamici: parametri per qualificare i dispositivi terapeutici
Fondazione del gruppo
La fondazione di questo tipo di gruppi avviene a partire da problematiche sanitarie e da questioni inerenti le strutture organizzative. La fondazione va quindi con-divisa e co-costruita con i referenti sanitari con i quali vanno valutati gli aspetti evolutivi della malattia. Agli aspetti sanitari vanno affiancati i significati simbolici e relazionali della malattia che tuttavia non sono “altro” rispetto alle problematiche fisiche, alle angosce e paure di peggioramenti e questo va affrontato clinicamente con chiarezza e valorizzazione delle differenze.
Processualità del gruppo
È ovviamente molto peculiare. Certamente il ruolo fondativo del terapeuta è indispensabile per aiutare i pazienti (ed anche i familiari e gli operatori sanitari) a comprendere il senso e l’utilità del gruppo. Altrettanto lo è l’aiuto ad esprimersi e a cogliere il significato più ampio dei sintomi e della malattia, cosa che va fatta nel rispetto delle possibilità di ognuno di affrontare “l’orrore della malattia” e le sue angosce. Solitamente dopo le prime sedute, il lavoro è agevolato da pazienti che spesso, per la prima volta, si sentono ascoltati. Come vedremo ciò pone non pochi problemi di conduzione; il buonismo demagogico di pseudo-interventi psicoterapici può essere controproducente. Chi vive angoscia profonda motivata o comunque realistica non può e non deve essere preso in giro da “professionisti” timorosi o seduttivi ma ha bisogno di una con-divisione profonda dei reali timori della situazione che è realmente quella che è. Naturalmente se il terapeuta gestisce e condivide interiormente le angosce ciò ha un rilevante effetto terapeutico contenitivo ma anche trasformativo del modo di vivere la malattia e di guardare i pensieri mortiferi. La ricerca-intervento con i pazienti retinopatici (Ustica, 2002) ci ha mostrato che questi gruppi (eccetto con pazienti con nevrosi strutturate e/o disturbi di personalità che necessitano di gruppi classici) possono consentire buoni risultati in tempi non lunghi. Ovviamente sono risultati di tipo terapeutico sul piano interpersonale e di stato d’animo e non di trasformazione di radici dell’identità o di personalità, lavoro che spesso con queste problematiche non è necessario.
Presenza del corpo
La presenza del corpo in questi gruppi è molto importante. Il lavoro parte, infatti, dall’esperienza del corpo malato affidato alle cure mediche. Il corpo spesso produce dolore, si teme che muoia. Può essere ferito, deperito, legato al rimpianto pensando alla giovinezza, alla collera e/o alla forza. Può essere problematico rispetto alle funzioni complessive o di un organo. In sostanza in questi gruppi il lavoro è pienamente integrabile rispetto al bios e all’interezza del vivente. Da considerare l’aspetto biologico integrato con i vissuti psichici affettivi, cognitivi, relazionali, i rapporti interpersonali, la famiglia ma anche la memoria, il lavoro, il rapporto culturale con la malattia e il dolore.
Aspetti istituzionali
Particolare rilevanza ha il fatto che i pazienti sono seguiti all’interno di istituzioni sanitarie, comunitarie, case-famiglia, centri sociali. Raramente il lavoro si svolge nel privato. In psicoterapia solitamente la malattia non è il problema principale attuale. Ma può essere un ricordo, un’esperienza familiare, una fantasia ansiosa, un timore per i figli.
XXIII
Psicoterapia psicodinamica di gruppo e ricerca empirica. Una guida per il clinico
Responsabilità/ Conduttore
Questi gruppi richiedono un lavoro molto forte e approfondito con se stessi anche se non hanno un carattere principalmente analiticointerpretativo. È necessario infatti che il terapeuta accolga le angosce. Per lui è necessario “esserci (essere con)” e non solo in modo esteticofenomenico o comportamentale o interpretativo. Questa con-divisione è insieme alla comunicazione uno dei principali fattori terapeutici. Per una persona terrorizzata sentire la possibilità di confronto con qualcuno che vive come “normale” avere a che fare con il vivere e il morire è di per sé uno straordinario fattore terapeutico. Ovviamente ciò si rende possibile se vi è una buona formazione analitica e un lavoro su di sé che consenta di guardare in faccia la morte e la malattia, in primo luogo, da parte dei terapeuti.
Conduzione
Relativa direttività soprattutto dopo la fondazione e facilitazione del processo gruppale e della sua funzionalità terapeutica, centratura sull’asse circolare individuo-interazione-gruppo. Mantenimento della responsabilità terapeutica. Lavoro sul singolo “attraverso” il gruppo. Oscillazione fra processo nel qui e ora del gruppo e comprensione/ trasformazione della gruppalità interna. Costante attenzione al divenire processuale del gruppo e dei pazienti. Va ricordata la responsabilità eticoclinica del terapeuta e la necessità di valutazione non autoreferenziale dei risultati ottenuti.
Tipo di interventi (modalità operative)
Attivazione della comunicazione e del processo gruppale, interpretazioni prevalentemente collegabili al vissuto di malattia, stimolazione della capacità associativa e auto-etero introspettiva del gruppo e dei singoli, centratura sul qui e ora del gruppo e sul lì e allora, sul non dicibile a sé e all’altro: storico, rappresentazionale, familiare, inconscio. Attenzione prevalente al rapporto fra dinamiche intrapsichiche e intragruppo e a quella tra dimensioni comunicative inconsce e relazionali. Questi interventi formalmente simili ai precedenti sono però contestualizzati alla situazione e all’obiettivo.
Formazione dei conduttori
Training gruppoanalitico (osservazione di gruppi terapeutici, supervisione, studio teorico-clinico, terapia personale analitica di gruppo e individuale), partecipazione a workshop di dinamica di gruppo, conseguimento delle capacità di fondare e gestire il contesto/campo gruppale in rapporto ai singoli e di “essere il primo paziente del gruppo” (Foulkes, 1975) all’interno di una forte consapevolezza psicopatologica e della centralità dell’efficacia della cura. Capacità di effettuare una fondazione del setting clinicogruppale, di crescere attraverso l’esperienza e di porre al centro l’altro e la sua sofferenza. Il tipo di formazione deve, quindi, permettere di muoversi senza schemi prefissati ma calibrando, processualmente, via via ciò che è opportuno. Formazione gruppale molto “robusta” che consente di “tenere” e agevolare un gruppo dove ci si confronta con cose che in genere nella vita quotidiana ma anche nella prassi sanitaria sono scarsamente parlabili.
Integrazioni
Variazioni nel set(ting) e nella conduzione. Il lavoro con questi gruppi richiede una forte trasparenza e correttezza etica del conduttore e una specifica formazione. Oltrepassando la tradizionale visione individualistica, significa considerare la sofferenza psichica come fenomeno relazionale e multidimensionale avendo chiari il concetto di cura e di guarigione come “atto clinico” volto a produrre miglioramento e/o remissione totale (Lo Coco & Lo Verso, 2006). Far propri, quindi, il concetto di “umiltà” ma anche di “coraggio” nell’assumersi la responsabilità del lavoro con gravi malattie fisiche.
XXIV