Alfredo De Risio, Alessandra Gherardini, Matteo Pio Ferrara, Tommaso Speranza (a cura di)
Le nuove prigioni Dai territori della pena alla pena dei territori in tempi di emergenza sanitaria
Collana Psicologia penitenziaria
Alpes Italia srl, Via G.D. Romagnosi, 3 - 00196 Roma tel./fax 0639738315 – e-mail: info@alpesitalia.it – www.alpesitalia.it
© Copyright Alpes Italia srl Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 0639738315 I edizione, 2021
Alfredo De Risio, psicologo psicoterapeuta ad orientamento analitico adleriano è specialista in Psicologia Clinica. È Dirigente Psicologo con incarico di Alta Specializzazione presso il DSM-DP ASL Roma 6 e referente per la gestione dello stress lavoro correlato COVID-19 della medesima azienda sanitaria. È docente presso l’Università LUMSA di Roma. È socio fondatore della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria, è oggi Presidente eletto del Collegio dei Probiviri. Alessandra Gherardini, Ph.D, Psicologa clinica, esperta in psicologia giuridica e penitenziaria. È cultore della materia presso l’Università LUMSA di Roma. È Esperta Psicologa ex art. 80 O.P. presso l’Ufficio Locale Esecuzione Penale Esterna (U.L.E.P.E.) di Prato - Ministero della Giustizia e Operatore della Cooperativa Cuore Liburnia Sociale nell’ambito della marginalità sociale e della disabilità. Matteo Pio Ferrara, Ph.D, psicologo e psicoterapeuta ad indirizzo Breve Strategico. Attualmente lavora come specialista ambulatoriale presso Servizio Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL di Ferrara. Tommaso Speranza, psicologo psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale. È Responsabile del Servizio di Psicologia delle Malattie Infettive, IMNI-IRCCS Lazzaro Spallanzani (Roma).
TUTTI I DIRITTI RISERVATI Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. È vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera. Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotocopia, fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modifiche sulla tutela dei diritti d’autore.
Indice generale Prefazione.................................................................................................. V Tutti dentro, nessuno escluso!............................................................ VII
Capitolo 1 Le due città di Ezio Antonio Giacalone...........................................................
1
1.1 Dietro le sbarre, dentro le sbarre......................................................... 1
1.2 Dentro le sbarre, questa volta, la città................................................. 7
1.3 Saremo migliori, dopo?....................................................................... 16
Capitolo 2 Disturbi del sistema, disturbi di sistema: individuo, rete, relazione di Alessandra Gherardini, Matteo Pio Ferrara............................. 19
2.1 La comunicazione e la prossemica nell’epoca dell’emergenza sanitaria
19
2.2 Le relazioni e il Covid- 19 ................................................................. 22 2.3 Comunicare la malattia e il lutto ....................................................... 26 2.4 La pandemia agli occhi dei bambini ................................................. 31 2.5 La tecnologia durante il Covid-19: nasceranno nuove dipendenze?..... 35
Capitolo 3 Le Professioni di cura e di aiuto: rischi e responsabilità nell’emergenza di Tommaso Speranza, Sara Ercoli, Silvia Trotto........................ 39
3.1 Gli operatori sanitari dell’emergenza: il ruolo di medici, infermieri, OSS, OSA che sono ad oggi considerati eroi, ma al contempo incutono timore per la paura del contagio ............... 39 3.2 Il sostegno psicologico agli operatori sanitari durante e dopo l’emergenza
50
III
Le nuove prigioni 3.3 Il ruolo dello psicologo durante l’emergenza....................................... 61
3.3.1 Cambiamento dei setting (e paure dello psicologo)......................... 70
3.4 Rischi e responsabilità degli operatori sanitari verso gli utenti/pazienti
77
Capitolo 4 Fattori di vulnerabilità e fattori di protezione in emergenze complesse di Alfredo De Risio, Paulina Szczepanczyk ................................... 87
4.1 Lo stress lavorativo ed il burnout nell’emergenza Covid-19................ 87 4.2 Il Disturbo post traumatico da stress ................................................. 89 4.3 Resilienza........................................................................................... 98 4.4 Oltre la pandemia: il rifiuto di vivere per danno economico .............. 100 4.5 La “sindrome della capanna”............................................................... 107
Riflessione di sintesi “non conclusiva”.............................................. 111 Note biografiche dei curatori............................................................. 115
IV
Prefazione Questo libro nasce dal bisogno di condivisione e di riflessione tra colleghi in un periodo storico che ci ha messi tutti alla prova. Il 10 marzo 2020, giorno in cui ha avuto inizio il lockdown, sarà una data che difficilmente dimenticheremo perché da quel momento le nostre vite sono cambiate e non sappiamo se per sempre o ci sarà un ritorno a quel che era prima. Quello che ad oggi sappiamo è che tutti gli aspetti della nostra vita, dalla professione, alle dinamiche familiari e relazionali, alle nostre abitudini più semplici, hanno dovuto subire dei cambiamenti per adattarsi alle nuove regole che hanno avuto (e in parte ancora hanno, dato che, proprio in questi giorni, il Governo sta valutando il prolungamento dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2020) come obiettivo principale la tutela della salute della collettività. Il 10 marzo 2020 è il giorno in cui l’Italia è divenuta, usando un termine che abbiamo imparato bene a conoscere, “zona rossa” e da quel giorno per due mesi circa la maggior parte delle persone si è vista letteralmente chiudere dentro casa, con la sola libertà di uscire per procurarsi i beni di prima necessità; insomma, uno scenario di guerra potremmo definirlo, laddove il nemico è invisibile ma non per questo meno nocivo e distruttivo. Da un giorno all’altro ognuno di noi è diventato prigioniero: i primi giorni probabilmente la condizione di recluso si è fatta sentire meno, le persone cercavano di darsi forza con gli appuntamenti canori sui balconi e i flashmob domestici. Ma ben presto tutto questo ha lasciato il posto alla paura, all’insofferenza di vedersi privati della libertà anche di fare pochi passi fuori dalla propria abitazione ed è da questo sentimento condiviso che abbiamo sentito la necessità di confrontarci tra colleghi, colleghi che in comune hanno la conoscenza di quel luogo che, nella condizione attuale, hanno sentito quanto mai vicino: il carcere. È bastato poco per trovarci a riflettere, durante lunghe telefonate, alle similitudini tra la condizione dei prigionieri giuridicamente riconosciuti e la nostra durante il lockdown, prigionieri di un virus, prigionieri oggi per proteggerci e riappropriarci della nostra vita domani. Ci siamo confrontati, grazie all’aiuto della tecnologia, che ci ha permesso di essere in contatto durante i benevoli domiciliari, su come ci facesse sentire questa nuova condizione di “reclusi” perché per quanto razionalmente la maggior parte delle persone abbia ben compreso fin dall’inizio l’applicazione di queste “misure restrittive”, dall’altro l’istinto di libertà ha V
Le nuove prigioni
fatto sì che si insinuasse dentro di noi un senso di insofferenza profondo e continuo. Oltre ai sentimenti legati alla privazione della libertà, un futuro fumoso ed a tratti evanescente, ha portato un’ulteriore condizione di costante incertezza: dal punto di vista professionale ci siamo confrontati sui molti dubbi legati al poter rivedere i pazienti dentro gli studi, all’utilizzo dei DPI, allo smart working e alla paura che molte cose non possano tornare come prima; dall’altra parte, chi di noi ha continuato a lavorare ha convissuto con la paura e il rischio di essere contagiato. Notizie dei mesi scorsi sono state le rivolte in carcere dovute all’impossibilità di vedere i parenti, divieti applicati per ridurre il rischio di contagio in carcere così come in altre strutture, ad esempio le RSA, ma dal nostro punto di vista in questo periodo abbiamo anche noi sperimentato, chi più chi meno, la lontananza dalle persone a cui siamo legati. È in relazione a questi mutamenti dell’individuo e del suo/nostro sociale che ci è parso utile approfondire, inoltre, la riflessione sull’impatto che l’emergenza sanitaria sulle professioni di cura e di aiuto che, impegnati nei diversi setting, hanno visto innalzare grandi ed invalicabili muri, al pari di quelli del penitenziario, contribuendo così a disegnare sempre più società confinate ed emozioni prigioniere. Al lettore è rimesso il giudizio circa la rispondenza delle Nostre intenzioni alle rispettive esigenze. Noi possiamo solo augurarci che sia stato positivo. I Curatori
VI
Tutti dentro, nessuno escluso! L’emergenza sanitaria ha provocato moltissimi cambiamenti nelle nostre vita, nelle nostre abitudini quotidiane e nei luoghi frequentati. Trovarsi chiusi in casa, da un giorno all’altro, vedendosi privati delle persone e dei luoghi frequentati fino al giorno precedente ha creato uno sconvolgimento negli equilibri di tutti noi. Le nostre case, dopo questo periodo di lockdown, probabilmente non avranno più lo stesso significato di prima, il nostro legame nei loro confronti, così come verso i luoghi di lavoro, di studio, sono sicuramente cambiati e non sappiamo se per sempre. Una riflessione importante in questo periodo storico riguarda i luoghi, frequentati, sottratti, costretti, sicuri che ci siamo trovati a vivere in maniera forzata. È comunemente condivisa e accettata l’idea che la nostra identità, oltre ad essere influenzata dai nostri atteggiamenti e dai nostri comportamenti, sia fortemente determinata dai luoghi in cui viviamo o abbiamo vissuto e il nostro comportamento e il nostro modo di pensare dipendono da dove siamo oltre a chi siamo. Di conseguenza, i luoghi che frequentiamo nel corso della nostra esistenza, entrano in gioco nella costruzione del Sé e influiscono su ciò che facciamo e pensiamo. L’identità di luogo definisce “una parte dell’identità di Sé che rimanda a quelle dimensioni del Sé che definiscono l’identità personale del soggetto in relazione all’ambito fisico attraverso un insieme di idee, credenze, valori, mete consapevoli e inconsapevoli, sentimenti, unite alle tendenze comportamentali e le abilità rilevanti per tale ambito” (Proshansky, 1978); legata al concetto di identità di luogo ci sono i significati emotivi che le persone attribuiscono ai luoghi, che si concretizzano nei ricordi. In base alle nostre esperienze creiamo una sorta di legame, positivo o negativo, proviamo una forte carica affettiva, un sentimento nei confronti di quel luogo, in quanto può far emergere in noi dei ricordi. Tale legame affettivo può essere descritto attraverso il concetto di attaccamento al luogo, definito come “un insieme di sentimenti che si riferiscono a un luogo geografico, i quali legano emotivamente una persona a questo luogo in funzione del suo ruolo o come setting esperienziale” (Rubstein, 1992). Pensiamo, ad esempio, ai suddetti concetti in relazione ad un reparto ospedaliero Covid o ad una casa di studenti in cui si è trascorsa la quarantena: questi fino a pochi mesi fa erano semplicemente luoghi di lavoro o abitazioni in cui trascorrere un periodo transitorio della propria vita; adesso probabilmente per le persone che li hanno vissuti questi luoghi hanno una valenza completamente diversa e i ricordi ad essi legati creano dei senVII
Le nuove prigioni
timenti molto diversi da quelli precedentemente sperimentati. Allo stesso modo i sentimenti sperimentati durante la quarantena possono influenzare lo stile di attaccamento verso un luogo specifico, pensiamo ad esempio ad una casa in cui le relazioni sono conflittuali o violente: la convivenza forzata in questo tipo di relazioni farà probabilmente cambiare i sentimenti verso quel luogo, da cui in questo periodo era impossibile fuggire, per sempre. Viene da sé che, così come sono cambiati i nostri rapporti con i luoghi che viviamo, con l’emergenza sanitaria sono cambiati in parte i rapporti tra le persone: molte famiglie si sono trovate separate davanti al lockdown, altre a condividere spazi che hanno annullato per un po’ i confini personali, bambini e ragazzi separati da mesi dai loro compagni di scuola, colleghi di lavoro in contatto via telefono o via web. Ci è venuta in aiuto la tecnologia, che ci ha dato l’opportunità di restare in contatto, si sono visti nonni imparare ad utilizzare i cellulari per videochiamare figli e nipoti, ma questo che conseguenze avrà sul futuro? Una volta che il virus sarà sconfitto torneremo ad abbracciarci o continueremo a videochiamarci? Un altro cambiamento importante in questo periodo che ha avuto dei risvolti importanti sul benessere delle persone è stato il mancato accesso ai luoghi aperti e naturali, poiché soprattutto nella cosiddetta “Fase 1”, ai fini di evitare assembramenti, la regola era “restare a casa”. Tuttavia, non è da sottovalutare, quanto questo periodo sia stato estremamente stressante sia per chi ha lavorato in prima linea contro il virus, ma anche per chi è dovuto rimanere in casa, pensiamo ai bambini e ai ragazzi per molti mesi senza scuola e senza sport, per chi è rimasto a casa e ha visto compromettersi il proprio posto di lavoro, insomma lo stress in questo periodo non è certo mancato a causa delle molte incertezze e paure legate al futuro. Un antidoto naturale contro lo stress che ci è stato negato per tutelare la nostra salute è stato proprio il contatto con la natura: infatti ricerche recenti dimostrano sul piano sperimentale che il contatto con ambienti naturali migliora l’umore e riduce lo stress. Stare a contatto con la natura e gli ambienti verdi ha in generale effetti molto benefici sulla salute umana non solo a livello psicologico e sociale, ma anche fisico. Di contro, la mancanza di un contatto con un ambiente verde può portare a lungo termine ad un maggiore rischio di essere soggetti ad ansia, crisi depressive, iperattività e sindrome da deficit di attenzione. In generale, è stato visto che i rumori naturali allentano le tensioni nervose e le bellezze del paesaggio migliorano l’equilibrio mentale. Una semplice passeggiata in un bosco o stare all’aria aperta in generale può fare molto per alleviare lo stress e l’ansia, agendo come calmante e riequilibrante del sistema nervoso e rendendo più dolce la risposta dell’organismo di fronte alle situazioni difficili.
VIII
Tutti dentro, nessuno escluso!
Anche a livello fisico il contatto con la natura ha dei risvolti positivi: infatti, le sostanze che vengono respirate e con le quali si entra in contatto durante una passeggiata nella natura hanno una significativa influenza sulla funzionalità immunitaria, sulla pressione sanguigna, sul tono muscolare. (http://associazione-accade.it/accade/articoli/benessere-salute/207-natura-benessere). In sintesi, trascorrere alcune ore a contatto con la natura può davvero fare la differenza, poiché il contatto con la natura aumenta la vitalità, stimola la creatività e l’autostima, diminuisce l’ansia e la ruminazione del pensiero, migliora il tono dell’umore e le capacità di memoria, ha importanti risultati sul benessere fisico. Chiaramente, come anticipato, a tutto questo abbiamo dovuto rinunciare e talvolta si è assistito e forse tutti abbiamo un po’ sperimentato livelli di ansia e di stress molto alti, alimentati dal flusso continuo di notizie di morte e malattia che ci raggiungevano in ogni momento della giornata e a cui non potevamo spesso dar sfogo. Tutto quanto detto fino a qui, la costrizione, la chiusura, per quanto misure adottate per la tutela della salute, ci fanno avere la sensazione di essere stati “prigionieri” dentro le nostre case e da qui parte una riflessione più ampia: i professionisti del penitenziario, lavorando dentro le carceri, spesso hanno raccolto le parole dense di sofferenza dovute spesso alla solitudine, alla separazione dai propri cari, al distacco completo dalla propria vita con tutte le abitudini e gli impegni di cui essa è intrisa e quello che abbiamo sperimentato negli ultimi mesi, può in parte farci capire tale stato d’animo e questo interessante parallelismo verrà affrontato nella disamina a seguire. I professionisti della salute mentale si sono trovati oggi a fronteggiare un evento distruttivo che ha portato con sé enormi conseguente sul piano psicologico. Oltre a rivedere i propri metodi di intervento secondo le misure anti contagio, si sono anche trovati ad agire in una situazione di emergenza, dove ad aver bisogno di aiuto sono state le vittime, i familiari, gli operatori e chiunque si sia adoperato per sconfiggere il virus, che hanno convissuto con sentimento di paura e angoscia per mesi. I setting di intervento, come menzionato sopra, hanno subito grandi cambiamenti: non potendo vedere, o almeno essendo sconsigliato nella “Fase 1” vedere i pazienti in presenza, è risultato anche difficile mettere in atto tempestivamente interventi di aiuto si verso i singoli che verso i gruppi; di contro, mentre psicologi e psicoterapeuti si stanno organizzando per operare attraverso le nuove tecnologie, il disagio cresce in maniera esponenziale e rischi di cronicizzarsi in sintomi e patologie che persistono nel tempo. Da questo nasce un’importante riflessione per chi opera nel campo della salute men-
IX
Le nuove prigioni
tale: come poter essere di aiuto, che tipologie di interventi applicare, come sopperire ai limiti imposti dall’utilizzo dei DPI, dubbi a cui ancora oggi, nella “Fase 3” non siamo sicuri di aver dato le giuste risposte.
Bibliografia Baroni R., Psicologia ambientale, Bologna, Il Mulino, 2008. Costa M., Psicologia ambientale e architettonica. Come l’ambiente e l’architettura influenzano la mente e il comportamento, Milano, FrancoAngeli, 2009. Proshansky H.M. (1978), The City and Self-Identity, Environment and Behavior, 10, 2.
Sitografia http://www.environmentbehavior.it http://www.crescita-personale.it/sostegno-psicologico/2058/psicologia-emergenza-pronto-soccorso-peranima/2701/a http://associazione-accade.it/accade/articoli/benessere-salute/207-natura-benessere https://www.davidealgeri.com/legame-di-attaccamento-ai-luoghi/
X