Storie di narcisismo maligno e psicopatia

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Daniela Cataldo

Storie di narcisismo maligno e psicopatia Il Generale, il Procuratore, il Cardiochirurgo Prefazione di Alfredo De Risio

Collana i Territori della Psiche diretta da Doriano Fasoli Board Scientifico: Alberto Angelini, Andrea Baldassarro, Nicoletta Bonanome, Marina Breccia, Carla Busato Barbaglio, Nelly Cappelli, Giuseppina Castiglia, Domenico Chianese, Cristiana Cimino, Antonio Di Ciaccia, Riccardo Galiani, Roberta Guarnieri, Lucio Russo, Marcello Turno, Adamo Vergine

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© Copyright Alpes Italia srl Via G. Romagnosi, 3 – 00196 Roma, tel./fax 0639738315 I edizione, 2021

Daniela Cataldo è nata il 9 agosto 1976, è psicoterapeuta psicoanalitico. Si è specializzata in “Psicologia Applicata all’Analisi Criminale” dopo la laurea in Psicologia conseguita presso l’Università degli Studi de L’Aquila. Durante gli studi ha collaborato come corrispondente per il quotidiano “Il Messaggero” dedicandosi prevalentemente alla cronaca nera. Si è occupata, in ambito penitenziario, di assessment diagnostico e terapeutico di autori di crimini violenti, anche non compatibili con il regime carcerario. Già cultore della materia in “Psicologia e Psicopatologia Forense” e docente di “Etica e Deontologia Professionale” nei corsi di preparazione all’Esame di Stato per psicologi, è oggi cultore in “Criminologia e Psicoterapia Forense” presso l’Università LUMSA di Roma. Ha partecipato come relatore a numerosi convegni a carattere scientifico sui crimini violenti, la violenza di genere e la relazione vittima-carnefice. È CTP per la tutela e la quantificazione del danno derivato da violenza fisica e psicologica.

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Quando si lavora con soggetti con patologia narcisistica, la sfida più cruenta è fra quello che il professionista sa e quello che il professionista è.



Indice generale Note dell’Autore......................................................................................... VII Prefazione di Alfredo De Risio..................................................................... IX 1 Introduzione............................................................................................. 1 1.1 Narcisismo e perversione...................................................... 15 1.2 La genesi della patologia narcisista....................................... 17 1.3 La perversione...................................................................... 22 2 La storia del Generale.............................................................................. 27 2.1 La madre del Generale: genesi di un funzionamento perverso 28 2.2 La crisi: Ipotesi..................................................................... 30 2.3 Perversività e perversione di due reparti ............................... 31 3 Il trattamento psicoterapeutico con il PPM: La sfida........................... 39 3.1 Preliminari al primo colloquio ............................................. 39 3.2 Il primo colloquio ............................................................... 41 3.3 Il secondo colloquio ............................................................ 44 3.4 Il terzo colloquio .................................................................. 50 3.5 Le sedute successive ............................................................ 57 3.6 Il Generale e l’“Io corrotto” ................................................ 60 3.7 Chiusura della terapia ......................................................... 63 3.8 Conclusioni ........................................................................ 66 4 Il Cardiochirurgo.................................................................................... 69 4.1 L’Avvocato ........................................................................... 77 4.2 La perizia ............................................................................ 78 4.3 Il processo ........................................................................... 79 4.4 Il vero Professor Tancredi: dietro la maschera ....................... 80 4.5 L’ultima udienza ................................................................ 87

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Storie di narcisismo maligno e psicopatia 5 Chiara ..................................................................................................... 89 5.1 Il primo contatto ................................................................ 89 5.2 Il primo incontro con Chiara ............................................. 90 5.3 L’infanzia di Chiara ............................................................ 92 5.4 Chiara e il suo inferno di sopravvissuta............................... 94 6 Cenni di giurisprudenza di Franca Chierici, Francesca Mei ........................................................ 107 6.1 Danno biologico: cenni storici ............................................ 107 6.2 Obbligo di notazione ......................................................... 107 6.3 Tornando al diritto Romano ............................................... 109 6.4 Il danno biologico oggi e le origini del danno tanatologico .. 112 6.5 Il danno psichico................................................................. 118 6.6 Il Danno esistenziale e il danno morale ............................. 119 6.7 Attività quotidiane/sociali e danno psichico......................... 122 6.8 Attività di autorealizzazione ............................................... 123 Relazioni in tema di danno biologico-psichico e pregiudizi esistenziali ...............................................................

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Schema di relazione...................................................................... 125

Metodologia da seguire nello svolgimento delle attività...... 126 Giurisprudenza di riferimento..................................................... 127

7 Il danno psichico e le condotte abusanti di Anna Ranieri .................................................................................... 131 7.1 Il danno biologico ................................................................ 132 7.2 Il risarcimento ..................................................................... 134 7.3 La prova del danno ............................................................. 137

Bibliografia e Sitologia............................................................................. 139 Bibliografia parte giuridica ......................................................... 139

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Note dell’Autore Le storie narrate sono tutte liberamente ispirate a casi realmente trattati dall’autore in contesti diversi: clinico e forense. L’autore è formato come psicoterapeuta psicoanalitico alla tecnica del PPM (Processo Psicoanalitico Mutativo), un metodo che mantiene come modello teorico di riferimento la teoria psicoanalitica classica, raccogliendo i contributi delle relazioni oggettuali da Ferenczi, alle teorie recenti sul concetto di “campo psichico” e “interpsichico”. Attraverso la lente dell’IPM (Investigazione Psicoanalitica Mutativa), che costituisce la prima fase del PPM, quella diagnostica, l’autore consegna al lettore una più approfondita conoscenza del mondo intrapsichico del paziente, che si riflette nei comportamenti con i quali si relaziona con l’ambiente e con il terapeuta nella sua duplice declinata attività clinica e forense. Cornice degli scenari professionali proposti è, in ogni caso, la mirata ed approfondita formazione del professionista e la conoscenza dei possibili campi di applicazione. Saper riconoscere, attraverso la psicodinamica e la storia psico-sociale del paziente/cliente, i narrati schemi comportamentali ricorrenti, nella loro evidente natura disfunzionale ed a tratti deviante, rimanda, in ultima analisi, alle implicazioni etiche e deontologiche insite nella pratica professionale delle professioni di cura e di aiuto.

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Prefazione di Alfredo De Risio1

[…] Qui il fanciullo, spossato dalle fatiche, attratto dalla fonte, cerca di sedare la sete, ma un’altra sete gli cresce: mentre beve, invaghitosi della forma che vede riflessa, spera in un amore che non ha corpo. Ingenuo, che stai a cercar di afferrare un’immagine fugace? Quello che brami non esiste, quello che ami, se ti volti, lo fai svanire. “So che mi piace, so che lo vedo, ma se lo vedo e mi piace, pure trovarlo non mi riesce: tanto l’amore mi confonde! […] Ma questo sono io! Quel che bramo l’ho in me: ricchezza che equivale a povertà.” La morte buia chiuse quegli occhi che ancora ammiravano la forma del loro padrone. Il corpo era scomparso. Al suo posto trovarono un fiore: giallo nel mezzo, e tutt’intorno petali bianchi. Un narciso. Ovidio, Le metamorfosi (il mito di Narciso).

Ho accolto con molto piacere l’invito a scrivere la prefazione al volume di Daniela Cataldo sia per l’amicizia con l’autrice sia per avervi ritrovato l’approfondimento di quel sapere – saper fare motivati attraverso un analogo percorso di formazione professionale. Le storie narrate, in un alchemico incontro tra realtà osservabile e il piano delle fantasie soggettive, declinano, come un gioco di forze, gli aspetti insieme fascinosi ed inquietanti che trovano spazio nella pratica della psicoterapia analitica. Attraverso un’attenta elaborazione di alcune prospettive teoriche, senza giungere ad un mero collage, l’Autrice, nel prendere spunto dall’esperienza di analista, esamina da vicino il nucleo psicopatologico della personalità narcisistica e perversa, o per dirla con Delroy e Kevin (2002), la triade oscura della personalità. Di recente, come spesso accade in ambito accademico, sono stato chiamato ad esporre una più ampia riflessione sulle radici del funzionamento psichico alla base della patologia perversa, e di come tali radici, in linea di principio, siano esplorabili sia nella mente umana, come nel caso del presente volume, sia da una più attenta ri-lettura dei miti. La mitologia, quale madre di tutti i fenomeni, già molte volte approfondita dalle scienze dell’uomo, ben si presta a fare da cornice alla presente riflessione, come per altro ha saputo in tempi altri suggerire preziose forme 1 È Psicoterapeuta analitico adleriano e specialista in Psicologia Clinica. È Dirigente Psicologo con incarico di Alta Specializzazione in Psicologia Penitenziaria DSM-DP ASL RM6. Di vasta esperienza accademica, è oggi professore di Criminologia Clinica e Psicoterapia forense presso l’Università LUMSA di Roma. Socio fondatore della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria è oggi Presidente eletto del Collegio dei Probiviri.

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Storie di narcisismo maligno e psicopatia

ed espressioni generali dell’animo umano e, come vedremo ora brevemente nel mito di Narciso, quale prototipo significativo nella regolazione dei rapporti tra “Sé” ed “Altro da sé”. Sebbene esistano molte versioni di questo mito, la fonte più autorevole è Ovidio che nelle Metamorfosi recita: «Ama una speranza senza sostanza; crede che sia sostanza quella che è solo un’ombra». Narciso era nato da uno stupro del dio del fiume, Cefiso, e dalla ninfa Liriope che, il dio avvolse tra le sue acque per possederla; da questa violenza nacque un bimbo di grande bellezza. La madre, preoccupata, si recò dall’oracolo Tiresia, che le consigliò di non fargli mai conoscere se stesso. Il bambino crebbe e divenne un adolescente bellissimo, del quale tutti si innamoravano, invano, poiché Narciso li respingeva tutti. E così a lui, per volere degli dei, la punizione di un amore impossibile: l’amore per se stesso. Ad ogni modo, a qualunque versione ci si riferisca, questo mito ha affascinato generazioni e generazioni di tutte le epoche storiche, influenzando i grandi della pittura, si ricordi in particolare il Narciso di Caravaggio (1600); Narciso ed Eco di William Turner (1804) e la Metamorfosi di Narciso di Salvador Dalì (1937); così come nella letteratura dell’ottocento il famoso romanzo di Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray (1890), che trova le sue lontane radici nella figura di sempre giovane e bel Narciso. Chi non ricorda poi Biancaneve e i sette nani, bella pellicola d’animazione del 1938, ove la perfida matrigna dai saperi occulti ogni giorno interrogava il suo magico specchio: «Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?», declinando così l’insaziabile sete di ammirazione e continue conferme. In ambito psicologico, il termine “Narcisismo” fu utilizzato per la prima volta nel 1898 da Havelock Ellis per indicare l’atteggiamento del ripiegamento su se stessi della pulsione libidica; all’anno successivo, con il lavoro di Paul Näcke, l’accostamento alle perversioni sessuali. Ad Otto Rank (1911), il primo documento psicoanalitico sul narcisismo. È in Totem e tabù (1912-1913), che il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, associa per la prima volta il narcisismo all’onnipotenza. L’evoluzione di questa teoria prosegue in “Introduzione al narcisismo” (1914), dove l’autore utilizza ancora il termine di derivazione mitologica riguardo all’assunzione della propria persona come oggetto d’amore: «Il soggetto – scrive Freud – si comporta come se fosse innamorato di se stesso». Nell’evoluzione del pensiero freudiano, il concetto di narcisismo sarà concepito sia come una normale fase dello sviluppo infantile (narcisismo primario), che come esito di un ritorno della libido sul proprio Io (narcisi-

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Prefazione smo secondario), a causa del quale il soggetto – al pari del bel Narciso – più che investire libidicamente sull’oggetto esterno, si ripiega su se stesso. Nel tempo molte e significative osservazioni psicologiche e psicopatologiche si sono succedute, anche in chiave psicodinamica, grazie all’attività clinica di psichiatri e analisti, consentendo così, tra controversie riformulazioni, l’evoluzione e diversificazione delle teorie della mente, tra normalità e patologia. Nell’ambito di questo complesso dibattito, l’interesse della Psicologia Individuale di Alfred Adler, ove per cultura e formazione mi riconosco, ha radici storiche che risalgono agli ampi confronti in seno alla Società di Psicoanalisi; vale la pena ricordare, a tal proposito, la lettera scritta da Freud ad indirizzo dei suoi allievi: «Senza questo (leggasi: l’utilizzazione del concetto di libido narcisistica) io sento che potreste allontanarvi troppo da me verso Jung o piuttosto verso Adler». Per Adler, la strutturazione della personalità narcisistica è strettamente connessa con le vicende dei primissimi rapporti sociali del bambino e non viene ipotizzato un narcisismo primario che sia del tutto svincolato dall’interazioni con l’ambiente, con particolare attenzione alle vicende precoci del rapporto madre-bambino e di come queste, possano incidere sull’autostima e sul sentimento sociale dell’individuo. Il bisogno originario del bambino, fin dalla più tenera età, è quello di essere considerato e compreso dalla figura materna; se a lui ciò è corrisposto, il bambino crescerà superando gradualmente il sentimento di inferiorità e consolidando via via l’autostima Alla luce di queste tematiche si può ipotizzare, ricollegandoci alla genesi mitologica di Narciso, che la madre, la ninfa Liriope, chiusa nel dolore dello stupro subito, non sia stata in grado di riconoscere gli stati emotivi del figlio e corrispondere in modo adeguato alle attese richieste, lasciando al bimbo un profondo senso di solitudine ed inadeguatezza, reso ancor più amaro da un padre, il dio fiume Cefiso, inesistente. Pertanto, riprendendo il pensiero adleriano sulle strategie compensatorie, introduciamo il concetto di “volontà di potenza” quale nuova forza psichica dell’attività umana, intimo rimedio a profonde insicurezze. Così, in La conoscenza dell’uomo (1927) le parole di Adler: «[…] La teoria della compensazione psichica, propugnata dalla Psicologia Individuale, ci mostra chiaramente che quanto è più forte è il sentimento d’inferiorità, tanto più in alto viene collocata dall’individuo la finalità della propria potenza. […] Una cattiva educazione, situazioni sfavorevoli, debolezze fisiche congenite rinforzano questo sentimento di minorazione e, con ciò, anche il desiderio opposto, quello di farsi valere e di dominare, così comune nel bambino».

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Storie di narcisismo maligno e psicopatia

Una seconda istanza si contrappone alle spinte antisociali della volontà di potenza, il sentimento sociale … quando le due istanze sono in equilibrio, si ha una buona salute mentale. Appare evidente che, quando l’impulso di energia espresso dalla volontà di potenza con l’intento di ottenere un bilanciamento del soggettivo sentimento di inferiorità, è tanto smodato tale da sforare la sfera di realtà, si determina una supercompensazione che, se contaminata dal narcisismo, può sconfinare nella lettura individuapsicologica nel patologico complesso di superiorità. In tale circostanza, i traguardi si fanno così ambiziosi da enfatizzare la stima di sé, al punto da ridurre sino ad annullare la consistenza e la considerazione degli altri. Restando sul tema, appaiono evidenti le possibili influenze dell’epoca offerte dal pensiero del sociologo tedesco Max Weber (1864-1920) che, cento anni or sono, definiva il potere come la possibilità di ottenere subordinazione, da parte di alcuni individui, a comandi o norme che abbiano un determinato contenuto. In questo senso, il concetto di potere differisce da quello di potenza, che viene definita come «qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad una opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità». Weber distingue tre tipi di potere: legale, tradizionale e carismatico. Quest’ultimo – il potere carismatico – sussiste in virtù di una dedizione affettiva alla persona che lo detiene, in funzione delle sue prerogative di efficienza per quanto riguarda lo spirito e la comunicazione. In tempi più recenti, la tensione dialettica che ha visto contrapporsi Kohut (1969,1971) e Kemberger (1975, 1984) ha poi segnato la progressiva modificazione del concetto di eziopatogenesi del narcisismo patologico, orientando così nuovi fertili filoni di studio e trattamento dei gravi disturbi di personalità. Coerentemente a questa indicazione di direzione l’autrice, seguendo la sua natura professionale, guida il lettore alla possibilità di accedere, per voce della relazione analitica, alle complesse risonanze delle organizzazioni perverse. Tali risonanze (come pure quelle del terapeuta) non potranno non riguardare il problema dell’incapacità di empatica della personalità narcisista o l’attivazione di modalità di rapporto improntate sulla seduzione. È in questo gioco di distanze e vicinanze pericolosamente perverse, che la preparazione professionale dell’analista viene messa alla prova; è qui, nell’ambito della reciprocità di uno spazio limitato, il setting, che si disegna la qualità della relazione stessa che viene definita con il concetto di “alleanza”.

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Prefazione Su queste premesse Daniela Cataldo, certamente guidata da una solida preparazione clinica e sensibilità psicopatologica, tratteggia il complesso ed affascinante territorio della relazione terapeutica, ove, anche soltanto attraverso una generica richiesta di aiuto, è possibile centrare, come nei casi clinici descritti, le prime implicazioni legate alla presenza di aspetti narcisistici e predatori che risuonano sin dalla percezione della richiesta di aiuto e che, come sulle orme di Agatha Christie, spinge il lettore a cercare, passo dopo passo, nuovi indizi di un complesso intrigo. Roma, gennaio 2021

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