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Bimestrale sull’ambiente e il territorio con il patrocinio del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
Redazione
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Direttore responsabile Raffaele Fiengo Direttore editoriale Giuseppe Fiengo Condirettori Antonella Anselmo, Roberto Sinibaldi Responsabile settore Rifiuti e risanamento ambientale Maurizio Pernice Responsabile settore Aree protette e sostenibilità Roberto Sinibaldi Caporedattore Susanna Tomei Hanno scritto sul n 2/2018: Luca Andriola, Massimo Bachetti, Marco Bonat, Cristina Cossu, Isabella De Meo, Maria Carmela Giarratano, Mario Iorizzo, Tetyana O. Kovalenko, Giorgia Lucianetti, Linda Maggiori, Roberto Mazza, Luisa Napoliello, Alessandro Paletto, Paolo Pigliacelli, Roberto Sinibaldi, Gianfranco Tamburelli Comitato scientifico Giuseppe Campos Venuti, Sandro Amorosino, Lorenzo Bardelli, Marco D’Alberti, Simone Franceschini, Stefano Grassi, Fabrizio Lemme, Franco Gaetano Scoca, Roberto Sinibaldi, Gianfranco Tamburelli, Giuliano Tallone, Marcello Vernola Sede Redazione Via G. D. Romagnosi, 3 - 00196 - Roma Tel. Fax: 06.39738315 r.a. www.gazzettaambiente.it redazione@gazzettaambiente.it
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2018 da Tipolitografia Petruzzi Corrado & C. s.n.c. via Venturelli, 7 Zona industriale Regnano 06012 Città di Castello (PG) su Carta ecologica realizzata con materia prima (cellulosa) ottenuta da foreste rinnovabili
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Reg. Trib. N. 286 del 27 giugno 1994 (ai sensi della Decisione della Corte d’Appello di Roma, I Sez. Civile del 10 febbraio 1999). Reg. telematica, Trib. Roma N. 118 del 13 luglio 2017.
Convenzioni di collaborazione scientifica con:
Regione Lazio, Direzione Capitale naturale, parchi e aree protette
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Il riconoscimento della funzione ambientale dei beni di uso civico Usi civici e beni ambientali: l’esperienza dell’isola di Giannutri nel Parco dell'Arcipelago Toscano................................................................... 7 di Maria Carmela Giarratano Beni di uso civico e ambiente: nuove prospettive di tutela e composizione delle questioni sulla qualitas soli...................................................... 9 di Massimo Bachetti, Cristina Cossu
I cambiamenti del sistema idrologico nelle regioni alpine Studio idrogeologico delle Pale di San Martino: un primo passo verso una gestione sostenibile delle risorse idriche.......................................... 27 di Giorgia Lucianetti, Roberto Mazza, Marco Bonat
Una Green List per aree protette efficaci Il nuovo standard internazionale per supportare la gestione dei parchi realizzato con il contributo delle aree protette italiane..................... 47 di Paolo Pigliacelli
Analisi dei Servizi ecosistemici erogati dalle foreste per definire le future strategie gestionali Servizi ecosistemici erogati dalla foresta di Monte Morello: conoscenze e opinioni dei portatori d’interessi........................................................ 63 di Luisa Napoliello, Alessandro Paletto, Isabella De Meo
Stategie per la comunicazione ambientale dei parchi Un'informazione consapevole e partecipativa per la tutela dell'ambiente delle Aree protette........................................................................... 87 di Roberto Sinibaldi
Sviluppo sostenibile Le città amiche delle bambine e dei bambini Come rendere le città a misura di bambini per garantire il loro diritto di viverle in sicurezza e con meno auto................................................. 109 di Linda Maggiori
Sommario
Aree protette
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SOMMARIO
Sommario
L'industria mineraria nello spazio Materie prime “critiche non rinnovabili” e la nuova frontiera delle “miniere dello spazio cosmico"....................................................................... 125 di Luca Andriola, Mario Iorizzo
Cooperazione internazionale e ambiente Chernobyl: esperienza e prospettive La creazione di una riserva UNESCO della biosfera in Ucraina............ 135 di Tetyana O. Kovalenko, Gianfranco Tamburelli
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La tematica degli usi civici, della loro natura e della loro rilevanza alla luce del mutato assetto economico-sociale, è oggetto di costante dibattito, dal quale emerge sempre più non solo come le risorse fondamentali che gli stessi comprendono debbano essere amministrate conformemente alla loro qualificazione di beni collettivi e comuni, ma anche come esista un’altra proprietà che, rispetto alla nozione civilistica, è riuscita ad esprimersi e svilupparsi sino ad assurgere a bene di rilevanza costituzionale. Proprio la Consulta con più pronunce ha fatto rientrare la materia degli usi civici nella branca del diritto pubblico, in ragione degli interessi di carattere generale ad essi collegati e che lo Stato considera meritevoli di tutela. Peraltro, la conferma della natura pubblicistica dei beni di uso civico si riscontra anche in varie disposizioni normative a partire dalla Legge dell’8 agosto 1985, n. 431 (c.d. Legge “Galasso”), la quale ha riconosciuto agli stessi carattere ambientale e paesaggistico. In seguito, tale indirizzo è stato confermato dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il cui art. 142 annovera tra i beni paesaggistici «le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici». Negli articoli che seguono, Maria Carmela Giarratano, Direttore Generale per la Protezione della Natura e del Mare (PNM) del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), Massimo Bachetti, Avvocato dello Stato e Cristina Cossu, Funzionario dell’Agenzia del Demanio, illustrano la tematica degli usi civici con particolare focus sul caso dell'isola di Giannutri, situata all’interno del perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e interamente classificata quale Zona di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva 79/409/CEE e quale Sito di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva Habitat 92/403/CEE.
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Il riconoscimento della funzione ambientale dei beni di uso civico
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Nonostante la ricchezza di risorse idriche che tipicamente si riscontra nelle regioni alpine, gli studi idrogeologici in questi territori sono estremamente scarsi e i meccanismi che regolano la circolazione idrica sono ancora poco noti, sia dal punto di vista concettuale che sperimentale. La gestione sostenibile delle risorse idriche richiede una conoscenza adeguata del funzionamento del sistema idrogeologico e un modello concettuale di riferimento su cui impostare specifici monitoraggi. Lo studio oggetto di questo articolo è iniziato nel 2014 e ha interessato il gruppo montuoso delle Pale di San Martino. Essendo il primo studio idrogeologico della regione, una gran parte del lavoro è quindi consistita nella raccolta dei dati pre-esistenti di tipo geologico, idrogeologico e di utilizzo delle risorse, al fine di avere un quadro di partenza su cui impostare il lavoro di ricerca. A questo si sono affiancati specifici rilevi sul campo, tra cui misure di portata per definire l’entità della risorsa, analisi chimico-fisiche delle acque e test di tracciamento per comprendere i meccanismi idrogeologici che regolano il deflusso idrico sotterraneo. Grazie a questo studio è stato possibile raggiungere diversi obiettivi tra cui: i) quantificare le risorse idriche rinnovabili, ii) identificare le aree di ricarica del sistema e i principali serbatoi contenenti le risorse idriche, iii) identificare i punti di recapito della circolazione idrica sotterranea, iv) fornire una prima stima degli impatti dell’uomo sulle risorse idriche disponibili. In particolare, lo studio ha messo in luce una notevole differenza tra i quantitativi di acqua prelevati per gli usi idroelettrici, che rappresentano circa il 66% delle risorse disponibili, e quelli captati per scopi idropotabili (circa il 3% del totale). Le nuove conoscenze acquisite evidenziano che in un’ottica di pianificazione futura sarebbe opportuno prediligere soluzioni di utilizzo per il consumo umano a favore delle comunità locali. Inoltre, i risultati della ricerca potrebbero essere il punto di partenza per la valutazione di incidenza di nuove opere o per razionalizzare gli usi sulle numerose derivazioni già esistenti, in un’ottica di gestione integrata delle risorse idriche.
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I cambiamenti del sistema idrologico nelle regioni alpine
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Green List è un nuovo standard per le aree naturali protette ideato e gestito dalla IUCN - l’Unione Internazionale della Conservazione della Natura. L'obiettivo di Green List è quello di mettere a disposizione dei gestori dei parchi naturali di tutto il mondo uno standard qualificato che permetta di migliorarne la gestione sia da un punto di vista di efficacia dei risultati che di equità per i soggetti coinvolti. Il meccanismo è quello tipico dei sistemi di certificazione volontaria con l’individuazione di standard minimi e dei relativi indicatori, organizzati per aree tematiche: Governance, Pianificazione, Gestione e Risultati di conservazione di successo che attestino il raggiungimento degli obiettivi di un'area protetta. L’ostacolo principale che ha affrontato Green List è stata l’individuazione di standard applicabili alle diverse realtà di aree protette nel mondo. Questa oggettiva difficoltà è stata affrontata attraverso un lungo processo di adattamento durato 4 anni che ha visto il coinvolgimento di 10 Paesi pilota in tutto il mondo, tra cui l’Italia attraverso il Comitato Italiano IUCN presieduto dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare. Un lavoro che nel nostro Paese è stato sviluppato su 10 aree protette grazie anche al fondamentale contributo di Federparchi nel ruolo di segretariato del Comitato Italiano IUCN. In questi 4 anni si è arrivati anche al riconoscimento Green List per 24 aree protette pilota di tutto il mondo tra cui il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Le risultanze sono confluite nella versione definitiva del manuale d’uso (IUCN Green List of Protected and Conserved Areas: User Manual, Version 1.1 scaricabile qui: https://www.iucn.org/theme/protected-areas/our-work/iucngreen-list ). Ora siamo alla vigilia del lancio definitivo dello standard Green List IUCN che, per quanto riguarda l’Italia, vedrà la composizione dell’ultimo tassello mancante, ovvero dei valutatori esterni che, entro gennaio 2019 saranno formati dalla IUCN. Il riconoscimento Green List è aperto a tutti i gestori delle aree naturali protette italiane, ma l’elevato livello degli standard richiesti e la qualità della documentazione necessaria di supporto, rappresentano di fatto una selezione di partenza che riserva questo prestigioso riconoscimento ai gestori di aree protette di realtà significative in termini di habitat
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e specie, oltre che di superficie protetta, con personale e risorse coerenti con obiettivi di conservazione ambiziosi. Discorso a parte per i gestori dei siti della Rete Natura 2000 che, per le loro specifiche caratteristiche, potranno usufruire di uno standard apposito che attualmente si sta mettendo a punto attraverso un progetto Life “Green List for N2K�.
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Attraverso il programma LIFE l’Unione europea (UE) eroga finanziamenti per progetti di salvaguardia dell’ambiente e della natura. Il progetto LIFE FoResMit (LIFE14 CCM/IT/000905) “Recupero di foreste degradate di conifere per il ripristino della sostenibilità ambientale e la mitigazione dei cambiamenti climatici” si colloca nel settore prioritario “Mitigazione dei cambiamenti climatici” ed ha una durata temporale di quattro anni (dal 2015 al 2019). Il progetto è nato dalla necessità di individuare opzioni di gestione forestale adatte al recupero di pinete degradate in ambiente mediterraneo e allo stesso tempo aumentare il loro effetto di mitigazione dei cambiamenti climatici. Infatti, a partire dagli anni ’40 in Europa e anche in Italia furono realizzati numerosi rimboschimenti con pino nero al fine di garantire la difesa idrogeologica del territorio. Successivamente al loro impianto, il diffuso abbandono di questi soprassuoli ha generato situazioni di degrado, con conseguente riduzione dei servizi ecosistemici erogati dai boschi. In questo contesto il progetto LIFE FoResMit ambisce a definire delle linee guida di pratiche selvicolturali innovative finalizzate al recupero di pinete peri-urbane, al fine di ripristinare la stabilità ecologica ed il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici. L’esperienza maturata all’interno di questo progetto, e di altri analoghi progetti di ricerca finalizzati al ripristino dei popolamenti forestali degradati per il mantenimento e il miglioramento dell’erogazione dei servizi ecosistemici (LIFE SelPiBio “Selvicoltura innovativa per accrescere la biodiversità dei suoli in popolamenti artificiali di pino nero”), fanno del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) un punto di riferimento nell’ambito del ripristino dei boschi colpiti da calamità naturali e dai cambiamenti climatici. In tal senso il CREA
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potrà svolgere un ruolo di supporto tecnico-scientifico negli interventi di ripristino e di miglioramento strutturale dei popolamenti forestali delle Alpi orientali (Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia) recentemente colpiti dalla “tempesta Vaia”. Secondo le prime stime tali eventi meteorologici estremi verificatisi dal 28 al 30 ottobre 2018 hanno dato luogo all’abbattimento di 6-8 milioni di metri cubi di legname con inestimabili danni economici alla filiera foresta-legno italiana.
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Comunicare l’ambiente, tenendosi a distanza dalle tendenze documentaristiche televisive di tipo disneyano e da quelle scientifiche dal linguaggio iperspecialistico, è tutt’altro che semplice. Considerando che nel nostro Paese si assiste quasi ad un analfabetismo di ritorno che interessa una bella fetta di italiani, il quadro in cui cimentarsi è ancora più complesso. Roberto Sinibaldi, che ha maturato diverse esperienze in questo campo, ci illustra un metodo semplice nei concetti, ma che ha bisogno di un grosso lavoro di base per raggiungere dei traguardi apprezzabili, nei quali i visitatori che partecipano alle escursioni organizzate di un Parco, per esempio, rappresentano un patrimonio di influenza e di diffusione della conoscenza, che va molto al di là del pur interessante indotto economico prodotto dalle stesse visite. Del resto la comunicazione, in un quadro ormai piuttosto sfilacciato dal punto di vista delle gerarchie amministrative, rappresenta uno dei più importanti punti di forza sul quale un Parco può puntare, uno strumento che, se opportunamente utilizzato, crea partecipazione, consapevolezza e consenso: la materia prima per dare legittimità amministrativa a qualsiasi soggetto pubblico, ma in particolare ai parchi, spesso additati come portatori di vincoli e limitazioni, che invece – bisogna spiegare bene – sono i forzieri da cui attingere ricchezze irriproducibili e per questo di ancora maggior valore. Quello che sta al centro di un buon gruppo di lavoro è sempre il carattere delle persone, prima ancora delle competenze. Le conoscenze tecniche, l’esperienza, l’affinamento delle sensibilità viene con il tempo, se c’è passione e tensione emotiva. Un piccolo gruppo di specialisti può fare la differenza anche in un grande Parco. E una buona comunicazione è uno di quegli snodi che danno credibilità all’ente che la fa. In un Parco non riguarda solo le attività istituzionali, ma tutta la struttura e più in generale dà identità a un territorio. Una informazione di base, fino alla più minuta conoscenza territoriale, dà spessore e credibilità al Parco, consentendo un riconoscimento sociale che è fondamentale per esercitare efficaci azioni di tutela ambientale. La vera essenza, la ragione fondante dell’esistenza dei Parchi, in un mondo complesso come il nostro, è la tutela della biodiversità, ma per farla è neces-
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Strategie per la comunicazione ambientale dei Parchi
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STRATEGIE PER LA COMUNICAZIONE AMBIENTALE DEI PA R C H I
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sario comunicare, in un flusso narrativo nel quale ciascuno possa riconoscersi e identificarsi, riscoprire le storie, le leggende, i miti, per coinvolgere i cittadini del luogo e renderli consapevoli che non sono solo semplici abitanti, ma componenti di una comunità con un patrimonio denso e articolato, questo è l’obiettivo.
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In un’Italia sempre più motorizzata, poche sono le città che possono vantarsi di rispettare il diritto dei bambini di camminare sicuri nelle strade e vivere in ambienti non inquinati. Con 38,5 milioni di veicoli, in Italia abbiamo il più alto tasso di motorizzazione in Europa (63,7%), quasi un’auto ogni maggiorenne. Oltre all’inquinamento dell’aria, questa gran quantità di veicoli motorizzati aumenta l’insicurezza delle strade e sottrae spazio a pedoni e ciclisti, agli utenti deboli della strada. Un tempo i bambini giocavano sulla strada, andavano a scuola da soli, ora i bambini sono trasportati da un luogo all’altro quasi sempre in auto, con ripercussioni negative sulla loro autonomia, sulla loro autostima e sulla loro salute. L'articolo che segue, scritto da Linda Maggiori, affronta il problema di come rendere le nostre città più a misura di bambini per ripristinare il loro diritto a viverci in sicurezza e a potersi riprendere gli spazi per il gioco. “Da quando io e la mia famiglia sperimentiamo uno stile di vita sostenibile e viviamo senz’auto, – ci racconta l'Autrice, blogger di famigliesenzauto. blogspot.com e di famiglie-rifiutizero.blogspot.com – dopo che un incidente l’ha distrutta, abbiamo ripreso consapevolezza di quanta poca democrazia c’è nella strada, di quanto poco spazio resta ai bambini. Viviamo in una società adultocentrica, ingombrante e fossile (in tutti i sensi) che blocca la strada, ruba lo spazio e avvelena l’aria ad una società giovane, leggera e sostenibile. Per questo da 8 anni scrivo, pedalo, mi documento e mi batto per una mobilità più sostenibile, perché il diritto dei bambini, sancito dall’Unicef, di ‘camminare sicuri nella strada’ e ‘respirare aria pulita’, sia rispettato”. In varie città europee sta nascendo un movimento, chiamato “Playing out” in Inghilterra o “la rue des enfants” a Parigi che vuole ridare le strade ai bambini. Dovremmo prendere ad esempio le città europee “car free”, come Friburgo, Vienna, Malmo, Copenaghen, Pontevedra, dove il numero delle auto procapite è davvero basso (10%) e gli spazi liberati dalle auto sono trasformati in parchi, orti e zone verdi dove i bimbi possono giocare. Alcuni
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Le città amiche delle bambine e dei bambini
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LE CITTÀ AMICHE DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI
Sviluppo sostenibile
esempi virtuosi ci sono anche in Italia, pensiamo a città come Bolzano o Pesaro, con le loro “Bicipolitane”, ma anche piccoli paesi, dove grazie ad una lungimirante limitazione del traffico, e valide alternative all’auto, i bambini possono andare a scuola da soli a piedi o in bici, giocare sulle strade e nelle piazze. Dalla Fiab alle associazioni locali dei genitori, sale la richiesta in tutta Italia di limitare il traffico, pedonalizzare, creare zone 30 (a 30 km all’ora), soprattutto davanti alle scuole e nei luoghi frequentati da ragazzi e bambini. Il Codice della strada dovrebbe rendere obblgatorie queste misure di sicurezza. È compito dei governanti, degli amministratori, così come dei genitori e dei cittadini impegnarci tutti affinché le nostre città diventino sempre più a misura di bambine e bambini.
Vauban, quartiere di Friburgo: biciclette parcheggiate fuori della scuola. (Foto di Linda Maggiori).
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La nuova "corsa all'oro" si svolgerà nello spazio? La sempre maggiore concorrenza per determinate risorse, dovute alla crescita economica e all’aumento della popolazione globale, provocherà scarsità di materie prime con conseguenti tensioni economiche e geopolitiche. In risposta a questi scenari sono state sviluppate diverse iniziative internazionali a partire dalle strategie sulle materie prime critiche (la prima riunione trilaterale USA-Giappone EU è dell’ottobre 2011) sino alle politiche per la transizione verso l’economia circolare. Oggi, i progressi tecnologici hanno letteralmente alzato il livello della sfida della scarsità delle risorse: si sta aprendo la possibilità di sfruttare le risorse dei corpi celesti. Alcune compagnie private stanno da tempo portando avanti un nuovo settore commerciale denominato ”space mining”, scontrandosi però con il ”Trattato sullo spazio extra-atmosferico” del 1967, che rappresenta il fondamento giuridico del diritto internazionale dello spazio. Potrà ostacolare la corsa all’oro dei prossimi decenni? Quindi oltre agli aspetti tecnici ed economici, l'elemento fondamentale per lo sviluppo dell’iniziativa privata nel settore spaziale è l’aspetto normativo: trattati internazionali, diritto internazionale e normative nazionali. Lo sfruttamento delle risorse degli asteroidi o degli altri corpi celesti si deve basare su un chiaro diritto di proprietà sui beni estratti. Nell'ambito delle normative nazionali due Paesi hanno legiferato nel settore con una certa velocità: gli Stati Uniti e il Granducato del Lussemburgo. Nel 2015 il Presidente Barak Obama ha promosso l’adozione della prima normativa nazionale che tratta delle operazione minerarie nello spazio: il Commercial Space Launch Competiveness Act entrato in vigore negli Stati Uniti nel novembre 2015. In tale norma si afferma che gli USA non stabiliscono alcuna sovranità nazionale sui corpi celesti ma proteggono i diritti di proprietà esclusivi sui minerali e le risorse estratte delle imprese private sui corpi celesti. Nell’aprile 2018, è stato inoltre approvato dalla Camera dei Rappresentanti l’American Space Commerce Free Enterprise Act che attribuisce al Dipartimento del commercio degli Stati Uniti d’America il compito
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L'INDUSTRIA MINERARIA NELLO SPAZIO
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di regolare tutte le attività commerciali ‘non tradizionali’ nello spazio, ivi incluse le attività minerarie. Nel 2016 il Lussemburgo ha definito il proprio quadro normativo nazionale (che prevede anche incentivi finanziari) per favorire lo sviluppo del settore delle esplorazioni minerarie sui corpi celesti. I punti chiave di tale normativa sono l’obbligo da parte della società impegnata nelle attività spaziali, oltre ad essere una società di diritto lussemburghese o di altro Paese EU, di avere la sede amministrativa in Lussemburgo. Per l’ottenimento delle autorizzazioni ad operare nello spazio extra atmosferico è necessario presentare anche un piano dei rischi e le adeguate coperture finanziarie di tali rischi. Inoltre in base alla nuova legge lussemburghese l’operatore privato è pienamente responsabile dei danni causati dalla missione. Il caso del Lussemburgo è un buon esempio di come un’opportuna regolamentazione possa, indipendentemente dalla reali condizioni di un Paese, attrarre capitali e far sviluppare filiere produttive ad alto valore aggiunto. Il granducato non ha alcuna agenzia spaziale nazionale, nessun sito di lancio e solo modeste capacità di ricerca ed è più noto come centro finanziario e fiscale. La storia economica del Lussemburgo, però, mostra come la rapida definizione di quadri normativi favorevoli possa far sviluppare rapidamente nuove iniziative in settori altamente tecnologici. In questo articolo Luca Andriola e Mario Iorizzo dell'ENEA forniscono un quadro preliminare della nascente industria estrattiva spaziale mettendo in evidenza l’attuale quadro normativo/regolamentare (sia nazionale che internazionale) e come la sua evoluzione possa definire la ‘competizione regolamentare’ tra diversi Paesi in un'ottica di investimenti privati e di creazione di occupazione altamente qualificata.
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Il tragico episodio dell'esplosione del reattore nucleare di Chernobyl, nell’allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, a circa 100 km da Kiev provocò il rilascio di materiali radioattivi dal quarto blocco della centrale. In Ucraina fu contaminata un’area di oltre 53.000 Km2 e 330.000 persone vennero evacuate dalla zona dell’esplosione. Le conseguenze dell’incidente colpirono poi la salute e le condizioni di vita di oltre tre milioni di persone, tra cui circa un milione di bambini. Tale evento aprì comunque anche a nuove visioni relativamente all'energia nucleare, ma soprattutto influì non solo sull’adozione di nuove misure giuridiche concernenti la tutela dell’ambiente e la prevenzione del danno ambientale transfrontaliero, ma anche sulla percezione da parte dell’opinione pubblica delle questioni concernenti la sicurezza nucleare e sulla formazione degli orientamenti in materia di politica energetica. Le autorità sovietiche per lungo tempo vollero affrontare a livello nazionale le conseguenze dell’esplosione ma poi si decisero, data la gravità, ad aprirsi alla cooperazione internazionale. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una Risoluzione sul rafforzamento della cooperazione internazionale e il coordinamento degli sforzi per studiare, mitigare e minimizzare le conseguenze del disastro di Chernobyl e predispose un primo Piano per individuare le priorità dell'intervento come la salute, il reinsediamento, il risanamento economico delle aree colpite, la riabilitazione socio-psicologica delle persone colpite, il monitoraggio alimentare e agricolo e il recupero ambientale. Nel 1991 l’Ucraina, conseguita l’indipendenza, assunse pienamente la responsabilità delle attività volte a fronteggiare le conseguenze del disastro. Nel corso degli anni sono state modificate le strategie fino ad arrivare a obiettivi di sviluppo sostenibile nelle regioni colpite con nuove iniziative, non più necessariamente da etichettare come “progetti per Chernobyl”, ma tese alla promozione di una crescita verde, alla conservazione della biodiversità, alla prevenzione del degrado del territorio e degli incendi boschivi, al miglioramento dell’efficienza energetica, al miglioramento dei sistemi di governance locale. L’Ucraina ha aderito al programma Men & Biosphere - MAB dell’UNESCO, che pre-
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Chernobyl: esperienza e prospettive
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CHERNOBYL: ESPERIENZA E PROSPE TTIV E
Cooperazione internazionale e ambiente
vede la creazione di riserve della biosfera intese come aree in cui, attraverso un’appropriata gestione del territorio, si perseguono sia finalità di conservazione di ecosistemi naturali e biodiversità, sia finalità di uso sostenibile delle risorse naturali. In Ucraina le riserve della biosfera sono istituti di ricerca scientifica di importanza nazionale per la protezione della natura, create allo scopo di conservare nello stato naturale i complessi naturali più tipici, di attuare un fondamentale monitoraggio ecologico e sviluppare studi sull’ambiente e i suoi cambiamenti dovuti all’influenza di fattori antropogenici.