F u t u ri G i o rn a l i s t i Migrazione di Gabriele Gelmini, disegno di Marianna Laudano 2 maggio 2017, Stazione Centrale di Milano. Circa cinquanta giovani richiedenti asilo, su ordine del questore Marcello Cardona, vengono circondati dalla polizia, perquisiti e fatti salire su una camionetta, diretti agli uffici della Questura. Un’operazione ambigua, che suscita il plauso dei principali partiti politici e lo sdegno delle associazioni antirazziste. Ciò che infatti molti esponenti delle istituzioni chiamano «prevenzione e controllo del territorio» appare invece come un rastrellamento in piena regola. Decine di persone non indentificate portate all’Ufficio immigrazione contro la propria volontà e senza assistenza legale; solo alcune scoprono in tarda serata di aver ottenuto il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie. Degli altri non è dato sapere. Il dibattito mediatico non si è fatto attendere. Le dichiarazioni del Pd e della destra, straordinariamente
simili, vengono però oscurate dallo show di Salvini, che si fa riprendere mentre arringa la folla con il telefono in mano, pronto a filmare lo sgombero. Fotografi, cronisti e operatori: tutti (o quasi) snobbano il blitz per puntare l’attenzione sull’esponente del Carroccio. E allora, poniamoci delle domande di educazione civica. Il diritto all’informazione è innegabile; ma quanto delle notizie che riceviamo può essere oscurato, pilotato, controllato? A chi è giusto rivolgere l’attenzione in tali contesti? Qual è l’effetto sull’opinione pubblica? Sicuramente i mezzi di comunicazione giocano un ruolo di primaria importanza, soprattutto nella narrazione del fenomeno migratorio, da tempo ormai elemento di scontro politico. L’impasse in cui ci sembra di essere caduti, e da cui non troviamo via di fuga, è però prima di tutto
L'ospite: Gabriele Del Grande Gabriele Del Grande, scrittore e documentarista, è il terzo ospite di Futuri Maestri . Nato nel 1982, il giornalista toscano ha mostrato fin da subito un grande interesse verso “l’altro”. Dopo aver conseguito la laurea in Studi Orientali a Bologna, dà vita a una delle sue principali attività: Fortress Europe, osservatorio sulle vittime delle frontiere. Creato nel 2006, rappresenta un valido tassello per una riflessione sulla migrazione, tra l’altro una della parole cardine di Futuri Maestri . Durante la sua carriera collabora con numerose riviste (tra cui Time, L’Unità, PeaceReporter) ed è autore di libri come Mamadou va a morire (2007) e Roma senza fissa dimora (2009). Nel 2014 realizza il documentario Io sto con la sposa, presentato al Festival del Cinema di Venezia. Il film, diretto insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, racconta la vicenda di cinque profughi siriani e palestinesi in fuga dalla guerra e diretti verso la Svezia. Vien quindi narrata la storia di un difficile viaggio. In effetti Gabriele Del Grande conosce molto bene questo tema perché è, forse, soprattutto un viaggiatore. La voglia di comprendere e di far comprendere realtà diverse, di entrare in contatto con gli altri mettendo in luce le «storie singole degli uomini e delle donne», lo ha spinto ad allontanarsi più volte dall’Italia. «Il mio posto è in viaggio» ha dichiarato in seguito alla sua liberazione dall’arresto in Turchia nell’aprile 2017. Del Grande ha capito che non si può parlare di migrazione senza migrare, che bisogna diventare “l’altro” per capire quanto sia complesso essere esclusi. Anche i “futuri maestri” sono protagonisti di un viaggio e l’ospite di questa sera è la guida perfetta. Il giovane giornalista sa bene quanto sia eccitante decollare, spinti da «un dannato bisogno di bellezza e di nostalgia», armati solo di una gran sete di conoscenza. Non bisogna partire con bagagli zeppi di pregiudizi e risposte formulate a priori ma solo con valigie colme di domande. È la curiosità il motore di ogni viaggio e Del Grande, proprio come un bambino, non ha mai smesso di interrogare, senza timore, la realtà. Marianna Laudano
NUMERO 2
5 giugno 2017 culturale. Senza proposte costruttive per il futuro – un futuro che pare eterno presente, incapace di slanci o stravolgimenti – ristagniamo in una fase di stallo nella quale non riusciamo più a riconoscere gli errori del passato. A poco serve ricordare ai contemporanei che questi fenomeni sono già avvenuti e fanno parte del nostro vissuto, come italiani e come uomini. Al racconto delle attuali migrazioni, del risveglio dei nazionalismi e dei razzismi, bisogna affiancare l’aspetto performativo. La civiltà dello spettacolo, Mario Vargas Llosa dixit, si accompagna al trionfo dell’emotività sulla realtà: questo è il fulcro della cosiddetta «post-verità». E mentre la barca affonda, in altre faccende affaccendata, l’equipaggio alza i toni e inneggia a un passato da dimenticare. Sta a noi impedirgli di prendere il comando del timone.
Altre Velocità è un gruppo di critici e giornalisti, esperti di teatro, una redazione “intermittente” che dal 2005 cerca di esplorare le traiettorie della scena italiana e internazionale. Fino all’11 giugno affiancheremo il progetto Futuri Maestri conducendo un laboratorio di giornalismo con studenti universitari e delle scuole superiori. Cercheremo di raccontarvi il progetto con recensioni, disegni, schede di approfondimento e interviste, chiedendo ai ragazzi di inventarsi rubriche e incursioni dietro le quinte o in mezzo al pubblico, sperimentando diversi formati di pubblicazione con un’uscita ogni giorno.
Prossimi appuntamenti
INCONTRO CON L'AUTORE Ore 18,30 - 19,30 (chiostro) - 5 giugno GABRIELE DEL GRANDE, giornalista, scrittore e documentarista - 6 giugno ALESSANDRA MORELLI, delegata dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR) - 7 giugno GIUSEPPE LA ROSA, soccorritore navale della Guardia Costiera
C H I S I A M O
L'utopia come forma di welfare
La parola a...
recensione di Matteo Posa
Ieri sera 4 maggio, è andata in scena la prima replica di Futuri Maestri , esito finale di un progetto durato più di un anno e che ha coinvolto quasi mille tra ragazzi e bambini impegnati nella drammaturgia, nella recitazione e nell’incontro: i giovani si sono infatti confrontati con “maestri” dei nostri giorni (Roberto Saviano e Daniel Pennac, tra i tanti) e “antichi maestri” a cui è ispirato l’impianto narrativo dello spettacolo. Tra le scene più emotivamente coinvolgenti dello spettacolo, si staglia chiaramente il riferimento a Gli Uccelli di Aristofane. Nella commedia classica, la più antica pervenutaci per intero ma tra le più attuali per le tematiche trattate, si racconta di due personaggi ateniesi che, stanchi del mondo corrotto in cui sono costretti a vivere, decidono di lasciare la pólis alla ricerca di un posto migliore. Lo trovano insieme al personaggio di Upupa, antico re dei Traci trasformato in uccello dagli dei, con il quale decidono di fondare insieme agli altri uccelli una città dove tutti possano considerarsi liberi. Nasce la mitica Nubicuculia , ripresa anche nell’ultimo atto dai mille ragazzi di Futuri Maestri. La loro città degli uccelli, come nell’opera di Aristofane, raffigura il concetto classico di utopia (dal greco “nessun posto”) letteralmente un luogo che non esiste sulle cartine geografiche ma che rappresenta l’ideale di perfezione e di quello che noi forse oggi chiameremmo welfare , di benessere per chi vi abita. Come dicono i ragazzi nello spettacolo, non semplicemente una città fatta di strade, case e lampioni ma un mondo in cui “le città sono fatte dalla gente che le abita, dal modo in cui stanno insieme”. Tutti vorremmo vivere in una situazione simile, pochi però possiedono i mezzi e le idee per mettere in atto un processo di risanamento della società che possa portare alla nascita di tali visioni utopiche. Anche nell’opera originale fa capolino l’impossibilità di concretizzare un’utopia: alla fine gli uccelli si trasformano negli stessi deitiranni da cui intendevano discostarsi, ricreando inevitabilmente la situazione di partenza nonostante le buone premesse e intenzioni. Futuri Maestri condivide la concezione di fondo aristofanea, ribaltandone però lo svolgimento narrativo e, pertanto, il senso ultimo. I ragazzi, dopo aver ascoltato le parole del “maestro” ospite (una personalità diversa per ogni messinscena che fa dono ai giovani e al pubblico di suggestioni e consigli) decidono infatti di “abbandonare l’utopia” e, costretti dalla necessità, di farsi maestri per gli altri, di fare ritorno al teatro, luogo di contagio della “peste”, intesa come causa della corruzione presente nel mondo governato dagli adulti. La fine del loro viaggio allegorico rappresenta il ritorno al mondo, al punto di partenza ripudiato ma con una nuova premessa, un nuovo obiettivo: non più quello di scappare bensì di “risanare”, di estendere le loro nuove conoscenze e la loro idea di nuovo mondo libero dagli effetti negativi di un governo di soli adulti che si rifiuta di dare voce ai più piccoli. Sia la drammaturgia di Nicola Bonazzi che la performance sul palco dei ragazzi, esemplificano con forza questa necessità che hanno i giovani di esprimersi, di condividere idee con i propri coetanei (come con gli adulti) attraverso un vero e proprio contagio, di trovare nuove parole che portino ad un mondo ideale in cui vivere. Ciò che prima esprimeva il disagio della gioventù di questi anni, diventa, nel finale, una sorta di avvertimento per chi ascolta, concretizzando quanto si dice nell’apertura dello spettacolo: “Abbiamo aria nei polmoni, fiamme nel cuore e terra sotto i piedi da correre senza fermarci. Abbiamo macinato pensieri come si camminano le strade. E se siamo arrivati fin qui, è perché adesso vogliamo parlare”.
Vincenzo Picone, uno dei registi di Futuri Maestri , è venuto a trovarci in redazione e, al riparo dalla grande calura bolognese, abbiamo parlato dello spettacolo. Con lui abbiamo cercato di scoprire il più possibile la natura di questo progetto. Futuri Maestri è nato quando La Terra vista dalla Luna era ancora in atto. Quanto il primo spettacolo ha influenzato questo progetto? Da quali idee siete partiti?
(disegno di Bianca Sandri)
Futuri Giornalisti prende d’assalto gli spettatori prima dello spettacolo. Il focus della nostra inchiesta ruota attorno a due parole, due questioni, due realtà: Crisi e Lavoro. Abbiamo chiesto agli intervistati di dirci quali concetti gli venivano in mente, pensando a questi argomenti ed ecco le loro risposte accorpate nella nostra #Tagcloud (a cura di Carmen Zaira Torretta)
Tutto è iniziato all’interno di un bar, dove io e Andrea Paolucci stavamo sorseggiando uno spritz. Improvvisamente ci è venuta l’idea di realizzare un progetto e poi uno spettacolo rivolto alle nuove generazioni, fondamentali per la società odierna e futura. Cinque parole, che in seguito si sono sviluppate, sono alla base di questo progetto: amore, guerra, lavoro, crisi e migrazione, che rispecchiano la realtà dei nostri giorni. In quello stesso bar è nata inoltre l’idea di coinvolgere i ragazzi in laboratori di drammaturgia e l’anno dopo inserirli all’interno dello spettacolo. La Terra vista dalla Luna è stato infatti un laboratorio a cielo aperto di gestazione per Futuri Maestri . In quello spettacolo sono rappresentate delle situazioni anormali che però accadono quotidianamente. Allo stesso modo anche in Futuri Maestri sono i ragazzi a rielaborare le situazioni, esprimendo il loro disagio rispetto alle tematiche presentate. Si può dire quindi che Futuri Maestri è nato da uno spritz e si è costruito basandosi sulle percezioni dei ragazzi del mondo di oggi, le loro guerre, i loro amori e le loro idee su ciò che li circonda. Ne La Terra vista dalla Luna si può notare una sorta di “occhio critico”, rappresentato dagli anziani abitanti della luna che osservano gli eventi assurdi e anormali sulla terra. C’è uno sguardo analogo anche in Futuri Maestri? L’occhio critico in Futuri Maestri è rappresentato dalla bambina
Innocenzio, un personaggio in qualche modo “opposto” agli anziani. Lei guida il viaggio di tutti i ragazzi senza pronunciare alcuna battuta ma “agendo silenziosamente”, al contrario degli anziani che semplicemente osservano gli eventi terrestri. Come è stato per te gestire i diversi quadri per ottenere un risultato finale che fosse il più corale possibile? In quale di essi hai partecipato di più? E’ stato un lavoro delicato: ci siamo divisi lo spettacolo in quattro sia per la drammaturgia che per la regia. Io, Mattia, Nicola e Andrea abbiamo lavorato a parti diverse “macchiandole” con i nostri gusti e le nostre scelte. Dopodiché Andrea, il regista, ha dato coerenza a questo “magma creativo”. È stata una sfida notevole: ogni parte dello spettacolo ha una sua impronta e ognuno di noi si riconosce maggiormente in scene diverse. Per me si tratta certamente di Numanzia, la città militarizzata, e il gioco del “ce l’hai”, nato in un momento ricreativo che non ho interrotto, bensì incoraggiato. I ragazzi sono stati una costante fonte di ispirazione. Ci si può aspettare un’ulteriore evoluzione da Futuri Maestri a un nuovo progetto? Credo che questo tipo di teatro attivo, partecipato, debba essere coltivato e portato avanti per permettere ai non professionisti di recitare. E ciò non significa svalorizzare il teatro, ma anzi conferirgli una nuova dimensione estetica e, pertanto, etica. Quindi non ritengo impossibile che in futuro io e Andrea potremmo ritrovarci a parlare all’interno di un bar, seduti a un tavolo e con uno spritz in mano. Anche se in questo momento l’unica cosa che mi viene da pensare è il mare.
Carmen Zaira Torretta, Riccardo Franzoni