CHI SIAMO Altre Velocità è un gruppo di critici, giornalisti ed educatori teatrali, redazione “intermittente” che dal 2005 cerca di esplorare le traiettorie della scena italiana e internazionale. Fino all’11 giugno affiancherà Futuri Maestri conducendo un laboratorio di giornalismo con studenti universitari e delle scuole superiori. La nostra redazione vi racconterà il progetto con recensioni, disegni, schede di approfondimento e interviste, inventando rubriche e incursioni dietro le quinte o in mezzo al pubblico, sperimentando diversi formati di pubblicazione con un’uscita ogni giorno. Buona lettura e buone vision(i)! (Agnese Doria, Francesco Brusa, Carmen Zaira Torretta, Matteo Posa, Jacopo Giancaspro, Gabriele Gelmini – disegno in copertina di Gianpaolo Parrilla) potete trovare gli altri numeri su futurimaestri.it
FUTURI GIORNALISTI NUMERO 3
martedì 6 giugno 2017
I racconti impossibili dialoghi dietro le quinte
Camerini dell’Arena del Sole. Momento di festa dopo il debutto dello spettacolo. Tre attori in disparte (Gilda, 10 anni | Enrico, 19 anni | Ilaria, 17 anni), stremati ma ancora colmi di adrenalina.
Gilda – Io ancora non ci credo che tutto questo sia nato da noi, da dei ragazzi della nostra età…ho conosciuto tutta un’altra faccia della mia personalità (non riuscendo a trattenere nel tono della voce un forte senso di invincibilità) Ilaria – (cercando di contenere, invano, l’entusiasmo dirompente dell’amica) Sì, certo, però c’è da dire una cosa…la nostra presenza è stata forte, ma dove saremmo andati senza l’aiuto degli adulti che ci hanno seguiti? Enrico – Abbiamo creato una forte intimità con il mondo degli adulti, penso sia questo il punto: rendere i ragazzi più grandi e gli adulti più piccoli. (mettendo in ordine i pensieri confusi nella sua testa) Insomma, ora adulti e ragazzi sono sullo stesso piano! (riuscendo finalmente a spiegarsi) Gilda – Giusto, ora riesco a parlare con i miei genitori anche di temi difficili. (incupendosi) ora parlo talmente tanto che a volte li porto allo sfinimento… Ilaria – Sono temi di cui non si parla molto tra giovani…ma abbiamo bisogno di parlarne e soprattutto di essere ascoltati, altrimenti come impareremo ad esprimerci? Enrico – Siamo noi giovani a dover dare una svolta al mondo (propositivo per il futuro, imitando un gesto eroico). Vi immaginate un mondo popolato da Futuri Maestri? Dove tutti i ragazzi e le ragazze della nostra generazione hanno partecipato ad un progetto del genere e hanno imparato quello che abbiamo imparato noi? (cerca con sguardo emozionato il consenso delle compagne) Ilaria – Sarebbe bellissimo (con occhi sognanti), un mondo pieno di speranza, dove si possono risolvere i problemi irrisolvibili, dove posso mettermi in rapporto con i più piccoli e trasmettere loro i valori che sono stati trasmessi a me. Gilda – Tutti si sentirebbero orgogliosi di un progetto del genere, come mi sento io: in un mondo di Futuri Maestri, mi sentirei a casa in ogni angolo della terra. Incantati da tale immagine, i ragazzi osservano un punto fisso del camerino e cala lentamente la luce sui loro volti sorridenti.
Matteo Posa
(disegno di Bianca Sandri)
Alle 7:00 suona la sveglia. Chicchirichì chicchirichì. Ti butti giù dal letto ancora con gli occhi chiusi. Scalzo, ti avvicini alla finestra e butti giù anche le tende. Il cielo è plumbeo, alcune persiane del palazzo di fronte sono illuminate. Sai di non essere l’unico ma questo pensiero non ti rassicura più. 7: 10. Fra venuti minuti passa il pullman e ti sale un conato di vomito che ricacci indietro, costretto. Nel pullman le persone si portano addosso il proprio odore e quando sono tante il puzzo diventa insopportabile. Indossi mollemente la divisa del lavoro, le scarpe anti-infortunistiche, lasci la fede sul comodino e guardi tua moglie. Ti stupisci a provare tenerezza per lei, ma non amore, quello no. 7:25. Accatasti questi pensieri, ti avvolgi nell’impermeabile, ti incammini in strada e come ogni mattina, il freddo pungente sul viso, ti chiedi che forse è meglio affrontarla questa crisi, che forse è stato peggio tacere, che forse è possibile cambiare, che forse…Chicchirichì chicchirichì. C’è chi è in crisi da sempre e gli va bene così. C’è chi della crisi non ne vuol sapere niente, perché vive meglio senza. C’è poi chi si dimentica di se stesso e non lo sa. Potenzialmente, crisi. Le ruote del passeggino fanno un rumore plastico sull’asfalto. Il bambino esplode in guizzi di gioia con
Crisi di Carmen Zaira Torretta
il suo giochino tra le dita. E il padre, cuffie alle orecchie, con lo sguardo scruta attorno a sé. Le guance del bambino sono bagnate da lacrimoni di sonno e fame. E il padre, cuffie alle orecchie, si interroga sul perché non è altrove. La presenza della crisi è crisi della presenza. C’è chi non ha i soldi, il tempo o il coraggio di rivolgersi a una figura professionale. C’è chi è in crisi e non ne parla con nessuno. Dal settimo piano la salvezza è assicurata. C’è chi è in crisi d’astinenza dall’esistenza. E poi c’è un’altra sfumatura della crisi, quella che fa male come un pugno nello stomaco e poi passa. Il semaforo è rosso, un ragazzo attraversa le strisce pedonali e sghignazzando accusa una zingara di vendere i suoi figli per soldi. Vero o falso che sia, non importa. Il pugno è arrivato diretto, secco. C’è chi è in crisi se perde. Nessuno gli ha insegnato a cadere. La tua giornata però continua, il lavoro ti aspetta e il dolore passa. Ma nessuno ti leva dalla testa che la crisi è anche questa narcotizzazione dell’ascolto, dello sguardo: non sento, non vedo, vivo. C’è chi non è più in crisi solo se perde tutto.
L'ospite: Alessandra Morelli Alessandra Morelli, romana, è delegata dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Il suo percorso professionale l’ha portata in aree altamente problematiche a dialogare con diversi governi e istituzioni sovranazionali, oltre che con ONG locali, per la gestione delle emergenze umanitarie. Dal 1992 è impegnata nella protezione e nel soccorso di rifugiati e sfollati in alcune aree di conflitto, tra cui Ruanda, Kosovo, Afghanistan, Sahara occidentale, sud-est asiatico, senza dimenticare l’isola di Lesbo (Grecia) in cui è riuscita a gestire l’emergenza profughi del 2015. Morelli è ora impegnata in Italia in una serie di incontri per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della migrazione, lontano dalle narrazioni mainstream dei principali media nazionali, per verificare come una rielaborazione del racconto sui rifugiati possa apportare cambiamenti anche nel tessuto sociale. Gabriele Gelmini
Prossimi appuntamenti
INCONTRO CON L'AUTORE ore 18,30 - 19,30 (chiostro) a seguire spettacolo - ore 20,00 - 6 giugno ALESSANDRA MORELLI, delegata dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR) - 7 giugno GIUSEPPE LA ROSA, soccorritore navale della guardia costiera - 8 giugno IGNAZIO DE FRANCISCI, Procuratore Generale Bologna
Futuri Giornalisti prende d’assalto gli spettatori prima dello spettacolo. Il focus della nostra inchiesta ruota attorno alla parola chiave “migrazione”. Abbiamo chiesto al pubblico quali altri concetti venissero in mente a bruciapelo pensando al nostro tema ed ecco le loro risposte accorpate nella nostra #Tagcloud
(a cura di Carmen Zaira Torretta)
Umar-hell di Jacopo Giancaspro (disegno di Gianpaolo Parrilla)
- Ma come vi permettete? - Non avete rispetto dei luoghi - Brutti scansafatiche Andatura ingobbita, velocità da moviola, mani strette dietro la schiena e si va a giudicare. Queste sono le caratteristiche di Alichino, Farfarello e Libicocco, diavoli dall’ origine dantesca, ora carnevalizzati da Futuri Maestri come nonnini brontoloni… - Ah quelli sì erano tempi - Meritereste una bella punizione - Sono sempre i giovani a cadere in tentazione Questi personaggi sentenziano dall’alto della loro esperienza perché si sentono legittimati a muovere critiche di tutti i tipi verso i ragazzi solo perché “ne hanno viste tante”… In questo momento storico Post-moderno, pieno di incertezze, è forte la tentazione di trovare un capro espiatorio per qualsiasi problema... piuttosto che lasciare questioni aperte, meglio una “paranoia sicura”, perché l’ ignoto fa paura. Così vediamo chi se la prende con l’arbitro anche se non ha mai arbitrato, chi inveisce contro i politici anche se di politica (si) sa poco, chi se
la prende con il professore pur non essendo mai stato dalla sua parte della cattedra… proliferano i suggerimenti da uomini della strada, come direbbe Schutz, composti da frasi fatte, luoghi comuni e presunte “pillole di saggezza”. Viviamo in un periodo complesso, pieno di arene di dibattito, in cui il Prospettivismo regna… un mondo in cui Spazio e Tempo sono tanto compressi e tutto è molto più rapido e concitato rispetto all’epoca dei nostri genitori/nonni… Ma come fare a non creare uno stallo comunicativo tra le diverse generazioni? Sbagliamo tutti e non potremmo progredire se non commettendo errori. In fondo, i sentimenti umani sono sempre gli stessi, ciò che cambia è il contesto storico-relazionale. Per poter esprimere dei giudizi e dare consigli è allora necessario “immergersi” completamente nella realtà dell’altro, trovare un terreno di condivisione. Detto questo, spero solo che da domani non vedremo settantennni sui Social e ragazzi alla bocciofila.
Il teatro nell'era Netflix
Dopo la presentazione di Futuri Maestri che potete trovare sul numero 0, pubblichiamo la seconda parte di una nostra chiacchierata con Nicola Bonazzi. Il regista e drammaturgo del Teatro dell’Argine riflette sul valore pedagogico del teatro e sull’attività scenica con attori non-professionisti .
Con il progetto Futuri Maestri avete condotto molteplici laboratori con bambini, ragazzi e giovani anche nelle scuole e in orario curricolare. Secondo te è meglio che il teatro rimanga un’attività facoltativa o diventi parte integrante del percorso scolastico?
Come ogni esperienza formativa, ha valore nel momento in cui la si sceglie. L’imposizione può essere controproducente in ogni ambito, come quando ti fanno leggere i Promessi Sposi a scuola e pensi “mazza, che zozzeria!”. Io penso che i Promessi Sposi sia un romanzo bellissimo da leggere consapevolmente dopo la scuola. Ma se c’è un bravo insegnante, puoi amare anche ciò che ti viene imposto. Ci sono però tanti elementi da considerare, ma un’esperienza formativa che si scopre poter diventare qualcosa di importante per sé, ha più forza
di un’attività che viene imposta.
In questo mondo in cui sono cambiate le forme di intrattenimento e di narrazione e in cui ci si può fondamentalmente costruire il proprio palinsesto, come può un giovane preferire il teatro a una serie TV su Netflix? È difficile rispondere... penso che anche una serie di Netflix possa avere un suo valore. Quello che ti regala in più il teatro è il gioco, l’interazione con i tuoi coetanei. Attraverso i giochi impari varie cose quasi senza accorgertene. Introietti soprattutto delle dinamiche relazionali, impari a stare insieme agli altri, ad avere un dialogo. Senza che questo lo sminuisca, credo che il teatro in età adolescenziale abbia una valenza simile a uno sport di squadra: ti insegna a stare al tuo posto, come un terzino nella squadra di calcio, nella consapevolezza però di far parte di un meccanismo collettivo.
Qual è invece la messa in gioco dello spettatore? Bisogna dare allo spettatore gli strumenti per capire il teatro. Credo che una delle grandi scommesse di questi anni sia la voglia di dare questi strumenti allo spettatore, perché ci si sta
trovando sempre di più con uno spettatore non educato al teatro, quindi totalmente passivo, amorfo. Credo che questa idea di teatro, nata qualche anno fa ma che viene praticata molto, sia un modo per rendere il pubblico più consapevole e creare, in definitiva, degli “spettatoriattori”.
Parlando di teatro come attività formativa adolescenziale, qual è la tua personale esperienza? Tu da ragazzo lo praticavi? Nella mia generazione non credo esistesse, io non ho fatto teatro a scuola. A memoria mia, nelle scuole superiori il teatro è cominciato a essere praticato a metà degli anni ’80, inizio anni ’90. Può anche darsi che non si facesse nella mia scuola, ma non conosco coetanei che l’abbiano fatto. All’età di questi ragazzi, non sapevo nemmeno cosa fosse il teatro. Ho cominciato a praticarlo un anno dopo la fine della scuola, perché in maniera casuale ho frequentato una scuola di teatro pur non nutrendo un forte interesse. Allora preferivo il cinema, ma mi ero detto che prima di lavorare come regista di cinema, avrei fatto meglio a sapere che cosa fa un attore! Jacopo Giancaspro, Marianna Laudano, Matteo Posa