Futuri giornalisti n 7

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numero 5

LA M OSTR A

SABATO 1 0 giugno 201 7

FU T URI GIORN ALISTI

IL TERREMOTO IN SCENA

Il giusto labirinto di Marianna Laudano

Un’esperienza breve ma intensa viene offerta al visitatore della mostra

Presente e futuro: parole, immagini, visioni d’artista su amore, guerra, lavoro, crisi, migrazione , un viaggio tra grandi tematiche lette attraverso lo sguardo di sedici artisti internazionali. L’esposizione, nel piccolo foyer dell’Arena del Sole, è uno dei tanti tasselli del progetto Futuri maestri . Il

manifesto “Amore”, realizzato dai bambini della VB della Scuola primaria De Amicis di Bologna, inaugura il percorso dell’osservatore. Interessante è la scelta di accostare l’opera di Massimo Sciacca a quella di Florence Cestac. La prima, Touch me (1988), è una fotografia in bianco e nero dal sapore agrodolce: due corpi sdraiati, stanchi, che si sfiorano appena. La collation du voyageur (2014), illustrazione a colori, segue una linea completamente diversa: gola e lussuria prendono vita attraverso i caratteristici personaggi della fumettista. Un suggestivo video è associato a Pensavo fosse amore (2012), poesia di Alfonso Maria Petrosino. L’amore lascia il posto al lavoro. Ci guardano gli operai di Men Art Work (2009) di Ottavio Celestino. Cosa raccontano i loro volti? Sono di certo velati di stanchezza ma, ancor di più, è visibile l’orgoglio di chi ha costruito con fatica «un’opera architettonica destinata ad ospitare opere d’arte» e che, dopo il “clic” della macchina fotografica, diventa a sua volta opera d’arte. È il lavoro in nero che Sergio Ricciardi, invece, rappresenta nella sua opera del 2017. La mano scura regge un succoso pomodoro eppure ci sembra quasi di scorgere un cuore insanguinato. Lavorare è purtroppo necessario perché i soldi hanno un valore fondamentale. Ma qual è davvero questo valore? A porsi questa domanda è Paolo Agrati che, confrontando i prezzi di tanti prodotti per comprendere quante e quali cose sia possibile comprare con seicento euro, dà vita ad una lunga lista, utile per comprendere l’importanza della differenza tra «necessario e desiderio». La sezione dedicata alla guerra propone nuovamente l’incontro di linguaggi differenti con: la poesia Un giorno qualunque (2016) di Alessandra Racca, la fotografia Between Lands (2011) di Loris Savino e le due illustrazioni, Women’s movement e Candy Crush (2016) di Takoua Ben Mohamed. La migrazione è analizzata attraverso delle storie. My Journey (2016) è un racconto autobiografico per immagini dell’artista nigeriano Uyiagha. Il suo tratto grezzo è adatto per narrare il suo viaggio pericoloso. Mentre Loris Savino sceglie di fissare un preciso attimo con la fotografia I sognatori (2011), Stefano Liberti, Mario Poeta, Paolo Martino optano per il video reportage. A questo punto il visitatore è quasi giunto alla fine della mostra ma una panchina lo invita a sedersi, non solo per osservare con calma The Humming-il mormorio (2016) e Maybe Tomorrow (2014), ma soprattutto per riflettere. Questa pausa risulta essere una tappa necessaria, un trampolino per tuffarsi nell’ultima parte della mostra. È in crisi chi È nata donna, Anarkikka (2015), e deve affrontare situazioni di discriminazione ogni giorno. «Ogni crisi può portare ad una risoluzione positiva del problema oppure può degenerare in una soluzione negativa». Ma in crisi è anche chi, giunto in un punto cruciale, si è arreso alla stasi come la Grecia di Panta rei (2011) di Eloisa d’Orsi, cristallizzata in uno scatto che ce la mostra immobile, proprio come nella realtà. Dobbiamo muoverci anche quando ci sembra che tutto stia degenerando perché la crisi è onnipresente. Amore, guerra, lavoro, migrazione sono tematiche tanto diverse ma tutte strettamente legate dalla necessità di compiere delle scelte. Non si può vivere senza scegliere. Siamo in un labirinto, Nel labirinto sbagliato (2016) di Filippo Balestra, e sentirsi persi è inevitabile. «L'unica salvezza nel labirinto sbagliato è riuscire a concepire, che il labirinto sbagliato è ovunque». A questo punto, ciò che davvero fa la differenza è «convincersi di essere nel labirinto giusto. E finalmente muoversi: cercare l'uscita».

di Pietro "Pedro Pe" Perelli

C'è una piccola parte dello spettacolo Futuri Maestri che è stata aggiunta nella replica di giovedì 8 giugno. È un pezzo poco provato, inserito tra le scene della città militarizzata di Numanzia e della città degli uccelli, ma molto significativo. Si parla di eventi catastrofici che hanno colpito l'Italia negli ultimi anni, i terremoti che da quel 6 aprile 2009 a l'Aquila fino a quello delle Marche dell'estate scorsa hanno segnato migliaia di persone. I protagonisti, subito prima, sono incarcerati ma liberi di sognare. Continuano il loro viaggio con la fantasia dei ragazzi e al termine di questo sogno è inserita questa scena nella quale si racconta della ricostruzione sognata e mai completamente avvenuta dei territori terremotati. Una voce fuori campo ricorda «L’Aquila: comune italiano di 69.648 abitanti, capoluogo dell’omonima Provincia e della regione Abruzzo. Montegallo: comune italiano di 523 abitanti della provincia di Ascoli Piceno nelle Marche. Mirandola: comune italiano di 23.911 abitanti della provincia di Modena in EmiliaRomagna.» Sono ferite aperte, abrasioni che hanno rovinato il nostro stivale e sulle quali è stata spalmata una pomata che ha, forse, alleviato il dolore ma non ha

I giovani nella parte dei giovani

guarito la ferita. Un cerotto color pelle la copre cercando di nasconderla ma i futuri maestri non ci stanno, vogliono ricordarle, non dimenticarle e lo fanno attraverso la partecipazione di un gruppo scout che si è messo in gioco nei lavori di Protezione Civile a Mirandola. Sono lì, in scena, con le loro uniformi azzurre che, immersi nel caos, provano a mettere ordine costruendo una casetta sopra quei carcerati che hanno appena finito di sognare o forse stanno ancora sognando. Riescono così a mostrare le due facce della medaglia. Quella che mostra la grande umanità dei volontari e la gioia della solidarietà che ha visto sempre accorrere tantissime persone per aiutare chi si era improvvisamente trovato privato di quelle case che ci riparano e fungono da rifugio ultimo. E quella che mostra, anche se velatamente, la difficoltà e incapacità dello stato nel rispondere a queste inaspettate crisi. «Ed ecco che lo Scout, che sorride e fischietta anche nelle difficoltà, – dice, utilizzando una metafora calcistica, la voce fuori campo – realizza il calcio di trasformazione. Anche il tetto è stato posizionato. Triplice fischio. Tutti a casa. Quella nuova». Sarebbe bello non fosse ancora un sogno per molti.

Se una di queste sere andate all’Arena del Sole e cercate degli attori, non ne troverete affatto. Non c’ nemmeno la platea, al momento. Forse il teatro ha chiuso i battenti? No davvero, al contrario ha spalancato le porte a una piccola orda di impuri, invitati dal Teatro dell’Argine a giocare assieme al teatro. Tutto questo e molto altro è Futuri Maestri, un progetto prima che uno spettacolo, che dopo due anni di lavoro porta in scena per nove sere consecutive studenti delle scuole primarie, medie inferiori e superiori, e sfida le pratiche di teatro inclusivo e partecipato. Gli autori ce lo raccontano come «una bussola data in mano ai più giovani, perché ci aiutino a capire il mondo e il tempo in cui viviamo». Con questa bussola in mano, in due ore di spettacolo “gli impuri” (così si battezzano i ragazzi) esplorano mondi altri, rubati a classici del teatro e della letteratura, in cerca di una cura per il nostro tempo, per combattere lo strano morbo che ammala i loro genitori e i loro maestri, una peste che porta «sogni sbiaditi e parole che non comunicano». La missione è altissima, quella inscenata tanto quella intrapresa dal Teatro dell’Argine con questo progetto. Il gesto è generoso e reciproco: da una parte c’è una vocazione quasi pedagogica, indubbiamente inclusiva, di un teatro che si fa comunità, dall’altra c’è una risposta calda e accorata dai piccoli invitati al gioco. La posta in palio è in definitiva la nostra salvezza, di noi tutti insieme. Da un parte i grandi vogliono salvare i piccoli, dall’altra i piccoli vogliono salvare sia noi, i grandi di oggi, che loro stessi, i grandi di domani. Pur se la drammaturgia ruota intorno alla contrapposizione giovani/adulti, in scena più che contestazione o protesta, c’è empatia e rispecchiamento. Questa di per sé, è già una vittoria preziosa, condivisa da attori e spettatori, e da tutta la comunità che si è creata attorno al progetto. Ora si tratta di capire come difendersi dai rischi del rispecchiamento, come non scivolare nella consolazione e lasciare che “i giovani” possano avere luogo anche quando non sanno recitare la parte dei giovani, quando loro, tanto quanto noi, non hanno le parole giuste per raggiungere la Luna e stroncare il morbo, ma ne custodiscono altre, inattese, inaudite o incomprensibili. Alice "Alicanto" Merenda Somma

(disegno di Bianca Sandri)


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