UN’ANTOLOGIA FANTASTICA PER RACCONTARE IL FEMMINICIDIO
UN’IDEA NATA DALLA CONSIDERAZIONE CHE LA PRESENZA FEMMINILE NELLE ANTOLOGIE DEL GENERE FANTASTICO È ESIGUA. LE DICIOTTO AUTRICI NARRANO STORIE DIVERSE TRA LORO PER CONTESTO, PER AMBIENTAZIONE, PER EPOCA, ALCUNE PRENDENDO SPUNTO DA FEMMINICIDI REALMENTE ACCADUTI, ALTRE ATTINGENDO ESCLUSIVAMENTE DALLA PROPRIA IMMAGINAZIONE. OGNUNA DI LORO HA RACCONTATO SECONDO LA PROPRIA VISIONE O LA PROPRIA ESPERIENZA UMANA ED EMOZIONALE.
Rosa sangue
Rosa sangue, un'antologia “fantastica” per raccontare il femminicidio.
Diciotto autrici che raccontano storie di femminicidi senza usare toni rancorosi o polemici, non mettendo alla gogna il genere maschile, non scegliendo di essere un manifesto femminista. Il fantastico come strumento femminile per parlare del femminicidio.
A CURA DI DONATO ALTOMARE E LOREDANA PIETRAFESA
Rosa sangue
ROSA SANGUE È LA PRIMA ANTOLOGIA DI STORIE FANTASTICHE AL FEMMINILE CHE PARLANO DI FEMMINICIDIO. A CURA DI DONATO ALTOMARE E LOREDANA PIETRAFESA PREFAZIONE DI DANIELE GIANCANE RACCONTI DI Marina Alberghini Anna Maria Bonavoglia Sara Bosi Denise Bresci Mariangela Cerrino Adriana Comaschi Elena Di Fazio Irene Drago Francesca Garello Claudia Graziani Annalisa Guarnieri Annarita Petrino
€ 20,00 ISBN 978-88-6960-047-0
Loredana Pietrafesa Monica Serra Luigina Sgarro Giusy Tolve
9 788869 600470
Nicoletta Vallorani Ida Vinella
UN’ANTOLOGIA FANTASTICA PER RACCONTARE IL FEMMINICIDIO A CURA DI DONATO ALTOMARE E LOREDANA PIETRAFESA
Rosa sangue
© 2016 Altrimedia Edizioni ISBN: 978-88-6960-047-0 Copertina: Enzo Epifania - Virare/DiòtimaGroup Altrimedia Edizioni è un marchio di Diòtima srl - servizi e progetti per l’editoria Via Ugo La Malfa, 47 - 75100 Matera Tel. 0835 1971591 Fax 0835 1971594 www.diotimagroup.it www.altrimediaedizioni.com info@altrimediaedizioni.com
PREFAZIONE Daniele Giancane L’idea di questa antologia di racconti, venuta in mente (e come poteva altrimenti?) al fecondo ‘narratore’ Donato Altomare, è geniale e attualissima. Chiamare a raccolta un gruppo di scrittrici per confrontarsi con la violenza alle donne, che purtroppo giunge a volte anche al femminicidio, è un’operazione letteraria che ha evidenti risvolti sociali. Spesso ci si chiede (ma è una domanda che attraversa tutta la storia della letteratura) quale sia il ruolo del ‘fare’ letterario: attestarsi in una turris eburnea per non contaminarsi col male del mondo? Prendere parte politicamente (e persino partiticamente) alle battaglie per il potere? Questa silloge di racconti offre una risposta: visto che un impegno direttamente politico per uno scrittore è davvero improponibile (lo scrittore per natura è utopico, la politica è mediazione e ambiguità, ricerca del potere fine a se stesso) e visto che un ‘ritiro’ in una sorta di ‘convento’ letterario è altrettanto impossibile (si può far finta di nulla se la casa brucia?), ci si può però impegnare seriamente nella messa a fuoco di un problema tragico come quello testé citato. Certo, la letteratura non fa la rivoluzione, ma contribuisce ad ‘allargare l’area della coscienza’ (Ginsberg). Con l’impegno letterario si testimonia e si fa riflettere. È una sorta di germe positivo che viene messo in circolo. Naturalmente, se abbiamo a che fare con della buona letteratura (se no, tutto il discorso viene meno): ebbene, i 18 3
racconti presenti in questo volume, possiamo affermarlo con certezza, sono buona letteratura. Le storie sono scritte assai bene, sono agili e coinvolgenti. Tutte le autrici conoscono, evidentemente, l’arte della narrazione: l’incipit che subito affascina il lettore, la suspense, il colpo di scena, la conclusione (che qui, ovviamente, è spesso tragica: si tratta di donne che vengono vessate, perseguitate, uccise). Sono racconti, insomma, che si leggono d’un fiato. A voler analizzare brevemente le storie, si dirà che buona parte di esse hanno a che fare con la letteratura di fantascienza, ma ciò non sorprende affatto, visto che i curatori dell’opera sono Donato Altomare, noto scrittore di fantascienza (ben pochi come lui possono vantare due romanzi pubblicati da Mondadori) e Loredana Pietrafesa, poetessa e anche lei scrittrice del fantastico. Prendiamo per esempio il racconto: Amore e morte alla corte dei Faraoni. Si tratta di una narrazione che riprende alcune insistenti teorie sul coinvolgimento degli alieni nella storia umana, centrando poi la vicenda sulla storia di una donna che assume il potere nell’antico Egitto (grazie a un aiuto alieno) con il progetto di avviare quella terra alla prosperità e alla pace. Progetto che si concluderà tragicamente (metafora della donna che, sinora, non ha potuto governare il mondo per l’ostilità degli uomini). DeV ha invece a che fare con i rifiuti planetari (qui si scontrano uomini naturali e non) e con un orrido traffico di femmine ridotte in schiavitù; addirittura ne Il futuro quasi nato non esistono più femmine e si confida nei farmaci per farle rinascere, mentre ne L’isola senza sorelle si narra di ‘esistenza abusiva’ di donne che, se scoperte, devono essere soppresse. In Kat la sopravvissuta, una donna muore due volte. Forse meglio che vivere una sola in un mondo devastato. E come non soffrire la storia de L’altra morte, nella quale una donna può morire 52 volte. Dolorosamente. Come dolorosamente ne L’amaro sogno si tocca il tasto delicatissimo dell’aborto. Ecco, un ‘topos’ di questi 18 racconti è appunto un incubo ricorrente: quello della sparizione delle donne dalla storia 4
umana (i figli si generano in modo artificiale). Forse è questo, alla fine, che vorrebbe un becero maschilismo imperante? Altri racconti sono più condotti con mano poetica (Szomorù Vasàrnap, abile narrazione nonostante si parli di partiti politici, Gli occhi di Giada, dolce ed efficace, come l’intervento dei gatti tanto amati da molte delle autrici) o persino parapsicologica (La casa dei misteri, inquietante giallo condotto sul filo della memoria, e La dea del mare dove cyborg, poesia e amaro futuro ne scandiscono il ritmo ) o panica, nel senso di collegamento fra gli umani e la natura (Io sono te, può essere ‘superflua’ una bambina?). Qualcuno allude a pratiche interessanti come l’adozione dei nonni (Doppelgänger, dove c’è il doppio maligno di una persona). Il racconto La viaggiatrice è condotto su una linea davvero originale, perché abbiamo a che fare con una dimensione storico/fantascientifica: la vicenda terrestre di Isabella Morra viene rivisitata attraverso l’ideazione di portali e universi paralleli (specifici della fantascienza). Così il personaggio storico Isabella Morra si sdoppia in un’altra Isabella, che vive però una vita felice e ha tempo di realizzare i suoi progetti letterari. Sulla stessa strada si pone il racconto Il Demone di Duino, rivisitazione molto calzante ed efficace di una leggenda triestina e, per certi versi, anche La figlia del marinaio che ripropone un mito alquanto famoso in un bel finale liberatorio. Pochi di questi racconti, occorre osservare, realizzano il tema con modalità realistiche (Fiori di Biancospino, che è capace di specchiare una pseudo realtà per lasciare il lettore sorpreso, Il roseto, lineare, sintesi di quello che dovrebbe sempre accadere), forse perché l’argomento è talmente difficile e ‘duro’ da indurre le autrici a percorrere itinerari più fantastici. In qualche modo più lievi e attraenti per il lettore. Ne viene fuori una galleria di donne-vittime spesso però straordinarie (Egle, Abisa, Rose) o capaci di gesti eclatanti, comunque di rivolta e di rifiuto della sopraffazione. Il femminicidio (in un racconto si ipotizza il termine ginocidio) è qui rappresentato con tutta la sua crudeltà e la sua insensatezza, opera di uomini con gravi problemi di relazione (e spesso ai limiti della sanità mentale). 5
In definitiva, a me pare che questa raccolta di storie sia davvero di qualitĂ elevata, sul piano letterario, e incisiva (in qualche momento giustamente angosciante). Un bel lavoro, che piacerĂ ai lettori e a tutti coloro che sentono sulla propria pelle (donne e uomini) il problema del femminicidio, quale evento terribile di un mondo che, forse, deve ancora individuare un felice equilibrio fra i due sessi.
INTRODUZIONE Loredana Pietrafesa Scrivere di uomini che uccidono donne potrebbe apparire banale o addirittura patetico, considerando che quasi ogni giorno cruente storie di femminicidi spiccano tra i titoli della cronaca nera di telegiornali e quotidiani. Da nord a sud, senza distinzione sociale o culturale, centinaia e centinaia di donne vengono massacrate dai propri compagni, dai propri mariti, e quasi sempre per cieca gelosia, in nome di una folle presunzione di possesso. Come si possono raccontare queste storie senza scadere in descrizioni raccapriccianti, senza approfittare del gusto dell’orrido tipico di tanti amanti del genere, perennemente incollati a quegli infimi programmi televisivi pseudoinvestigativi che fanno del pettegolezzo il nucleo del loro pseudoinvestigare, in cerca di rivelazioni scandalose e soffermandosi su dettagli meschini e totalmente irrispettosi del dolore altrui? Difficile pensare di riuscirci narrando queste storie limitandosi a riportare semplicemente la realtà dei fatti. Il rischio di scrivere qualcosa che somigli a un articolo di cronaca sarebbe decisamente alto. Ed è forse ancora più difficile se a farlo sono delle donne, poiché il desiderio di vendetta o di giustizia che le accomuna, per solidarietà alle tante vittime, potrebbe in qualche modo alterare la loro capacità di raccontare con mente lucida e con equilibrio. Anche perché di rado per questi crimini si ottiene una vera giustizia. 7
Eppure, in questa antologia, nulla di tutto ciò è accaduto. I racconti delle diciotto autrici non somigliano ad articoli di cronaca, non sono rancorosi o polemici, non hanno nulla in comune con manifesti femministi, non mettono alla gogna tutto il genere maschile. Il pregio di questa raccolta sta nel particolare taglio che si è voluto conferire a essa: il fantastico come strumento femminile per parlare del femminicidio. Un’antologia unica in questo genere, poiché per la prima volta i racconti sono tutti di donne. L’idea è nata proprio dalla considerazione che la presenza femminile nelle antologie del genere fantastico è indiscutibilmente esigua. Le diciotto autrici hanno narrato tutte storie diverse per contesto, ambientazione ed epoca, alcune prendendo spunto da femminicidi realmente accaduti, altre attingendo esclusivamente dalla propria immaginazione. Ognuna di loro è stata lasciata libera di trattare il tema in modo personale, secondo la propria visione o la propria esperienza umana ed emozionale. Ed è davvero interessante leggere come le donne possano affrontare questo spinoso argomento e quali fantastici risvolti o epiloghi possano ipotizzare per storie così difficili da raccontare, siano esse vere, verosimili o immaginarie. Con dolcezza, con raffinatezza, con eleganza. Alcune sottovoce, altre con orgoglio e un pizzico di ironia. Qualcuna fa sorridere, qualche altra commuovere, altre ci fanno pensare e riflettere a lungo. Ma tutte, proprio tutte, sia che ci conducano nello spazio o nel passato o in mondi alternativi sia che ci facciano restare sulla nostra Terra o nella nostra quotidianità, tutte riescono a dare un finale diverso e originale a queste storie di violenza, non cedendo mai alla sin troppo facile tentazione di cercare vendette istintive e scontate, ma scegliendo di percorrere le più appaganti strade di una consolante, perfetta giustizia, infinitamente più umana. Loredana Pietrafesa
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POSTFAZIONE (piccola indagine storica) Donato Altomare Il femminicidio ha radici antichissime, spesso poco documentate in quanto era una prassi quasi ordinaria neanche degna di menzione. Uno zio di un mio caro amico era un medium. Faceva cose a dir poco strane ed era posseduto da sette spiriti di defunti, tutti deceduti violentemente, sei di uomini e uno di donna. Gli spiriti degli uomini morti erano feroci e crudeli e tentavano spesso di farlo morire, ma c’era sempre quello della donna che lo difendeva e lo aiutava. L’ha fatto sino a quando sarebbe durata naturalmente la sua vita terrena, quando Rocco, lo zio del mio amico, avrebbe compiuto 52 anni. Da quel momento in poi lo spirito della donna non sarebbe stata più in grado di difenderlo dalla ferocia degli altri spiriti malvagi. Quindi lui sapeva quando sarebbe morto, e così è stato, affogato in un fiume pochi giorni dopo aver compiuto cinquantadue anni. Perché vi racconto questa breve storia (assolutamente vera e testimoniata)? Perché lo spirito che lo proteggeva apparteneva a una donna uccisa dalla sua stessa famiglia intorno all’inizio del secolo scorso. La cosa che mi ha sempre sconcertato è che in passato l’uccisione di donne nell’ambito familiare era molto diffusa, tanto da non destare nessun interesse, specie nella legge. E la storia lo testimonia. Ma, nel passato, c’erano anche uomini illuminati. 239
Conoscendo le norme che riguardano la condizione delle donne, possiamo rilevare che esse erano soggetti deboli nella società dei primi secoli del secondo millennio, ma non privi di una propria dignità che la legge tutelava. E detta tutela non era soltanto per la classica infirmitas sexus (la presunta inferiorità biologica della donna), ma soprattutto per la dignitas sexus. Questa è la novità più apprezzabile, per esempio, del pensiero di Federico II, espresso nel suo codice che ha avuto attenzione fino ai tempi moderni. Prima di tutto venivano tutelate le donne consacrate, cioè le monache: “... si alcuno furasse una monaca, anchora che non sia velata, deve essere privato de la vita…”, reato probabilmente molto diffuso in tempi di monacazioni forzate. Ma c’era anche una disposizione che riguardava l’opposta condizione femminile: il meretricio. La pena di morte, “privato del capo”, era comminata a chi avesse forzato la volontà della donna, sempre che la vittima avesse denunciato la violenza entro otto giorni, “excepto se in quilli octo giorni non stesse in sua libertà”*, altrimenti era considerata consenziente. Quando si pensa alla prostituzione d’oggi sulle nostre strade, alle giovani donne extracomunitarie costrette a prostituirsi, ridotte in schiavitù, si vede come forte e importante era la difesa giuridica che Federico II dava ai suoi tempi anche alle donne più reiette della società; difesa uguale a quella data a tutte le altre donne, vergini, spose, vedove, maritate che subissero stupri o rapimenti. Lo stupratore o rapitore era sempre passibile di pena di morte. La mano dell’imperatore si stese sulla violenza più comune che la donna potesse subire: essere posseduta contro la sua volontà, anche se, in seguito, il possesso veniva ammantato di legittimità sposando la vittima. Il cosiddetto “matrimonio riparatore”, che per secoli è stato praticato nella nostra Italia, e che già allora era antica consuetudine, fu vietato da Federico II: “... cessante quell’antiqua consuetudine che voleva che, si lo raptore la pigliasse per mogliere, non fusse tenuto ad alchuna pena” *. Una norma avveniristica che non veniva seguita però nella prassi popolare, per cui continuarono gli stupri per impalmare la sventurata. 240
Ma ciò non sorprende, Federico II era giuridicamente un innovatore, basti solo citare le Costituzioni Melfitane del 1231, che anticiparono di 400 anni la giustizia ordinaria. Non era prevista soltanto la condanna a morte. Se una donna gridava aiuto, chi la sentiva e non la soccorreva veniva punito, “excepto se fusse sordo overo zoppò [... ], se debia componere con la corte in quattro augustali”*, che era una multa salatissima. L’Imperatore poneva di seguito una serie di norme che regolavano e tutelavano la donna chiamata in giudizio; era anche comune che la donna reagisse ferendo o addirittura uccidendo lo stupratore. Cosa inimmaginabile in quei tempi, aveva diritto a un difensore d’ufficio. E se qualcuno poi la ingannava approfittando della sua ignoranza (non era un’offesa, la stragrande maggioranza dei popolani, uomini e donne, non avevano nessuna istruzione), veniva punito. L’unica nota dissonante era quella relativa all’adulterio. Premesso che Federico II non faceva distinzione tra uomo e donna adulteri – l’uomo veniva punito con la confisca dei beni, la donna con la fustigazione –, nell’ipotesi che un marito sorprendesse la moglie e l’amante in flagrante adulterio, aveva la facoltà di uccidere entrambi. L’unico caso di omicidio legalizzato. Ma, si faccia attenzione: entrambi. Non solo la donna, com’era e com’è stata troppo a lungo consuetudine. Il senso dell’onore era fortissimo e si passava rapidamente alle armi anche per ragioni molto più futili di un tradimento. Non è chiaro se lo stesso avrebbe potuto fare la donna sorprendendo il marito con l’amante. Ma ho forti dubbi in proposito. Che la pratica dell’uccisione della moglie o dell’amata fosse già una consuetudine antica la si rileva da una iscrizione funeraria ritrovata nella necropoli di Isola Sacra, a Fiumicino,
* Brani tratti da “Un’epitome in volgare del Liber Augustalis (o Costituzioni Melfitane, 1231)”, testo magistralmente curato da Domenico Maffei (Ed. Laterza, 1995, Bari).
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dove abitava la giovanissima Prima Florenzia: Restuto Piscinese e Prima Restuta posero a Prima Florenzia, figlia carissima, che fu gettata nel Tevere dal marito Orfeo. Il cognato Dicembre pose. Ella visse sedici anni e mezzo. Della fanciulla, vissuta al tempo della Roma imperiale, non si sa praticamente nulla, e non c’è modo di capire cosa possa aver spinto il consorte a ucciderla e se l’uomo fu poi condannato per l’orrendo delitto.** Di un paio di secoli successiva è la vicenda di Ipazia, considerata la più rilevante figura di filosofa di tendenze neoplatoniche, morta ammazzata intorno al 415 d.c. e figlia del matematico e astronomo Teone di Alessandria. Anch’ella si interessò alle scienze (come abbiamo tutti visto nel film Agorà). Il suo delitto? Essere donna colta e pagana, sostenitrice della netta separazione tra filosofia e religione. Ai talebani cristiani questo non andava giù. Fu uccisa per strada da alcuni fanatici.*** Ma torniamo ai giorni nostri. Smanettando in Wikipedia, scopriamo che “Il termine femminicidio (o femicidio), nella sua accezione contemporanea, è un neologismo semantico (e qui tutti d’accordo, n.d.a.) che identifica quei casi di omicidio doloso o preterintenzionale (il ‘preterintenzionale’ credo sia più frequente del ‘doloso’, n.d.a.) in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi basati sul genere (inteso come genere femminile, n.d.a.). Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima (interessante questa applicazione dell’insiemistica all’omicidio, n.d.a.).” Pare, sempre grazie a Wikipedia, che la più antica citazione del genere vada ricercata in un libro satirico pubblicato nel 1801 (a noi sconosciuto, nonostante le ricerche, n.d.a), dove si introduceva il neologismo femicide associandolo però non
** L’espresso web, 23 giugno 2014. *** “Donne Filosofe”, a cura di Ernesto Riva, in www.filosofico.net
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all’uccisione di una donna, ma alla sua perdita di illibatezza in modo violento. Un aspetto invero interessante, nel senso che si considerava lo stupro alla stessa stregua di un assassinio, benché sia da ritenersi peggiore in quanto i suoi segni rimangono per tutta la vita. È doloroso apprendere che, nella nostra epoca moderna, soltanto nel 1848 nel Regno Unito l’uccisione di una donna divenne un reato perseguibile dalla legge e che soltanto nel 1981 (sì, avete letto bene, n.d.a.) fu eliminata dal Codice Penale la riduzione della pena per chi compiva un delitto d’onore. Sino ad allora, non soltanto le pene per gli omicidi (di chi giace col coniuge, figlia o sorella, n.d.a.) erano ridotte (da un minimo di tre a un massimo di sette anni, mentre per quelli ‘normali’ la pena era da cinque a diciotto anni, n.d.a.), ma era anche in auge il matrimonio riparatore. E non si commetta l’errore di vedere il solito siciliano con la lupara alle spalle dello sposo in chiesa, la pratica era diffusa ovunque. Ora però bisogna concludere. Una delle nostre autrici mi ha detto che mal sopporta l’uso del termine femminicidio. Non me ne ha spiegato la ragione, ma mi sento di essere d’accordo con lei. Coniare un termine per un particolare delitto in qualche modo significa fare differenze, significa, esasperando il concetto, addirittura essere razzisti di fronte alla morte di un essere umano femmina. Insomma, dire che ho un caro amico è un fatto, dire che ho un caro amico nero è una forma indiretta di razzismo, a voler sottolineare che accetto la sua amicizia nonostante il colore della sua pelle. Quindi parlare di femminicidio, cioè differenziarlo dall’omicidio generalizzato, significa rammentare che è stata uccisa una donna e che il fatto suscita un interesse a volte purtroppo morboso. E questo è proprio una vergogna.
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LE AUTRICI Marina Alberghini
Nata a Roma per caso, da famiglia fiorentina, è saggista, pittrice, incisore e storica felina. Ha scritto la biografia di L. F. Céline e P. Klee, e un saggio sui poeti cantautori de Le Chat Noir (ed. Mursia). Colleziona da sempre grandi classici di FS. Nel 2014 pubblica il romanzo di FS I Giorni del Quinto Sole (Solfanelli). È presidente dell’Accademia del Gatti Magici. Espone opere di pittura e grafica con gli Artisti Fiesolani. Ama i gatti, il blues, i film vintage e leggere. Vive in un bosco presso Fiesole con 13 gatti e 2 cani. Anna Maria Bonavoglia
È nata a Taranto ma vive e lavora a Torino, dove si occupa di gatti, contabilità, scrittura e sogni, non necessariamente in questo ordine. Ha pubblicato racconti sul Giallo Mondadori e su Urania e in numerose antologie . Ha pubblicato il giallo Tutto iniziò a Halloween (Pintore, 2009); il romanzo ecologico esoterico Shan, (Triskel, 2008), e il romanzo breve Il caso del Collare dei Savoia (Magenes editoriale, 2003). www.annamariabonavoglia.it Sara Bosi
Vive sulle colline dell’Appennino modenese. Le sue passioni sono da sempre le storie e i viaggi, ma per pagare le bollette lavora con i numeri. Lettrice compulsiva e onnivora, non esce mai di casa senza un libro. È co-fondatrice del collettivo Xome245
gap, con cui ha pubblicato due antologie di genere fantastico, alcuni e-book e la saga fantasy Finisterra. Ha collaborato alla sceneggiatura di cortometraggi per il Nonantola Film Festival e ha pubblicato diversi racconti in antologie di autori vari. Denise Bresci
Nata a Genova nel 1968, vi risiede. Ha esordito con “Quando ci incontreremo di nuovo noi tre?” (Nero Liguria, Perrone, 2011). In seguito ha pubblicato altri racconti e il romanzo Nessun Dubbio (Delos Books, 2014). I suoi preferiti sono quelli scritti con Ugo Polli: “Il peso del mondo è amore” (Sognavamo macchine volanti, 2012; ripubblicato su «Robot» n. 72 e «Next Stream» n. 18), Requiem (NeroNovecento, 2013) e “Danzando nella danza della distruzione” (L’amore ai tempi dell’apocalisse, 2015, curata da Paolo Zardi, finalista premio Strega). Mariangela Cerrino
È nata a Torino, nelle cui vicinanze vive. Ha pubblicato numerosi romanzi storici tradotti in Germania e Spagna, tra cui la Trilogia degli Etruschi (Longanesi, 1992, 1993, 1995) e la quadrilogia del Ciclo dell’Anno Mille (Longanesi, 1999, 2000; Susalibri 2010). I suoi romanzi più recenti sono Absedium (Rizzoli, 2012) e il thriller Il Ministero delle Ultime Ombre (TimeCrime Fanucci, 2015). www.mariangelacerrino.it Adriana Comaschi
È nata a Venezia, dove ha studiato, si è laureata e ha lavorato per il Comune e l’Università, relegando la scrittura a un semplice hobby. Lasciato il lavoro nel 2003, si è trasferita a Stradella e ha continuato a scrivere ma con l’intento di riuscire ad affermarsi come scrittrice professionista; e ci è riuscita dapprima con Edizioni Domino, e poi con Tabula Fati e con l’americana Inknbeans Press che sta pubblicando alcuni suoi testi sia in italiano che in inglese. 246
Elena Di Fazio
Nata e cresciuta a Roma, risiede da alcuni anni a Faenza (RA) e lavora per l’agenzia di service editoriali Studio83, di cui è socia co-fondatrice. Lettrice onnivora per passione e per lavoro, come autrice si dedica quasi esclusivamente al genere fantascientifico; di pari intensità è l’amore per i viaggi zaino in spalla in giro per il mondo. Su un’isola deserta porterebbe Ubik di Philip K. Dick e Cuore di tenebra di Conrad. Irene Drago
È nata a Genova nel 1990. Ha iniziato a scrivere da adolescente, con articoli per il giornalino del liceo “Andrea D’Oria”, “Dragut”. Sotto pseudonimo, ha pubblicato racconti per Cordero Editore, Delmiglio Editore, Liberodiscrivere. Sempre sotto pseudonimo ha collaborato a “Guida alla letteratura fantastica” (Odoya Edizioni) a cura di Claudio Asciuti. Da poco laureata in Medicina, vive a Genova con quattro gatti. Francesca Garello
Nata a Venezia, vive a Roma. Da 15 anni scrive giochi e racconti fantastici molti dei quali raccolti nell’antologia L’uomo che volle farsi strega (Homo Scrivens, 2013), altri pubblicati in numerose antologie tra cui Ma gli androidi mangiano spaghetti elettrici? (Edizioni della Vigna, 2015). Ha curato Maiden Voyage (Homo Scrivens, 2014), romanzo collettivo di fantascienza della Carboneria Letteraria, di cui è anche una degli autori. Claudia Graziani
Nata a Napoli ma di sangue reatino, è avvocato, giornalista pubblicista, docente di diritto, e mediatrice civile. Collabora con Fantasy Magazine, e suoi racconti sono stati segnalati in concorsi nazionali di letteratura e di fantascienza. Ha pubblicato su varie antologie della Delos Books, e gli scritti più recenti sono: il giallo Con le sue mani; il romance Giochi e 247
Delizie, con Silvia Forte; il racconto di fantascienza Incroci, con Dario Tonani, su Robot n 75. Il racconto di fantascienza “Sotto prova”, per l’antologia Terra promessa, Tabula Fati. Ha pubblicato anche su Skan Magazine, su Alcheringa edizioni e su Forum&Salute. È propensa alla contaminazione tra i generi. Annarita Guarnieri
Nata a Trieste nel 1955, ha esordito come traduttrice e curatrice (La Frontiera Edizioni) nel 1979, poi come traduttrice e editor per l’Editrice Nord. Al contempo, come scrittrice amatoriale negli Anni Novanta ha vinto il Premio Italia per il miglior racconto amatoriale e l’anno successivo è arrivata terza. Come scrittrice professionista ha scritto due brevi saggi sui gatti per la casa editrice Magenes. Nel 2011 ha pubblicato Cats: Instructions for Use, or how to survive being owned by a cat e The Importance of Being Shine, biografia del suo pastore belga, con Inknbeans Press, Murrieta, California. Attualmente sta lavorando a The Golden Pendant, un fantasy/horror liberamente ispirato alla leggenda della Dama Bianca di Duino. Intanto, continua a tradurre per la Delos Books, Elara, Urania e, dall’italiano, per Jolly Troll. Divorziata, con due figlie ormai adulte, vive sulle colline dell’oltrepò pavese con i suoi 20 gatti. Annarita Petrino
Nata nel 1977 a Giulianova (TE), risiede a Montorio al Vomano (TE). Laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università “G. D’Annunzio” di Pescara, insegnante di scuola dell’infanzia e sposata dal 2009. Attualmente membro di EWWA European Writing Women Association, dell’Associazione World SF Italia e della Dedalus Studi di Teramo. Ha pubblicato due raccolte di racconti di fantascienza cristiana con le Edizioni Il Papavero You God (2013) e Racconti nascosti nei sogni (2015).
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Loredana Pietrafesa
Di origine lucana, vive a Molfetta. È docente di scuola media, pianista e clavicembalista, e fa parte della redazione de La Vallisa, per cui collabora con recensioni, critiche e saggi. Ha pubblicato nove volumi di poesie, tre romanzi, diversi racconti e fiabe. È stata tradotta in serbo, albanese, macedone e sloveno e ha partecipato come rappresentante ufficiale dell’Italia a Meeting Internazionali di Letteratura in Serbia, Montenegro e Macedonia. È presente in numerose antologie di autori contemporanei e in riviste specializzate. Monica Serra
Nata nel 1968, calabrese di nascita e formellese di adozione, nella vita di tutti i giorni lavora, è madre di due figli e di due gatti, combatte una dura battaglia personale e collaboro con alcuni blog letterari. Dietro questa “copertura”, però, si nasconde un vero agente segreto della fantasia: ha scritto un fantasy, racconti di ogni genere (tra cui la serie sci fi Sangue alieno) e il romanzo breve Ali del futuro (EVE editrice). Le sue passioni: leggere e viaggiare. www.monicaserra.jimdo.com Luigina Sgarro
È nata, ultima di cinque figli, a Rutigliano, ridente paesino noto per i fischietti in terracotta e spesso confuso con il più noto Polignano. Consulente aziendale, psicologa, psicoterapeuta e coach, appassionata di fotografia. Ha collaborato alle antologie Onda d’Abisso, Crisis e Gli androidi mangiano spaghetti elettrici? (Edizioni della Vigna, 2015), e all’antologia terapeutica C’era st(r)avolta; coautrice del saggio “Il Matto, il Mago, il Mondo”. Scrive perché ha capito che in Italia è l’unico modo di parlare senza essere interrotti. Odia il termine ‘femminicidio’. www.artiemanagement.it
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Giusy Tolve
È nata a Potenza nel 1982, dove risiede, si è laureata in Filologia presso l’Università Ca’Foscari di Venezia. Da anni partecipa ad iniziative in campo letterario. Insegnante di professione, è stata autrice nel 2014 del volume Guida ai luoghi misteriosi della Basilicata - Leggende lucane e storie di fantasmi e coordinatrice del progetto “Basilicata Mistero”. Appassionata di fotografia, da tempo si è dedicata interamente a quest’arte cercando di fonderla al magico mondo della letteratura. www.giusytolve.it Nicoletta Vallorani
È nata nelle Marche e vive a Milano, dove insegna Letterature Inglese e Angloamericana all’Università. Ha pubblicato romanzi distopici (tra gli altri, Eva nel 2002), noir (tra gli altri, Le madri cattive nel 2011) e romanzi per ragazzi (tra gli altri, Come una balena nel 2000). Cordelia, del 2006, è l’unico suo romanzo non di genere. Il cuore finto di DR, il suo primo romanzo, ha vinto il Premio Urania nel 1993, mentre Le madri cattive si è aggiudicato il Premio Maria Teresa Di Lascia nel 2012. È tradotta in Francia da Gallimard e in Inghilterra da Troubador Publishing. È una delle socie fondatrici dell’associazione culturale Tessere Trame (www.tesseretrame.com) e l’ideatrice del Progetto Docucity. Documentare la città (www.docucity.unimi.it). Ida Vinella
Nata nel gennaio ‘91 e sin dall’infanzia residente a Barletta, laureata in “Scienze dell’Informazione editoriale, pubblica e sociale” con il massimo dei voti, da sempre si dedica alla scrittura di poesie e racconti. Alcuni suoi scritti sono stati pubblicati in antologie e volumi collettivi, fino al saggio del 2015 dedicato al mondo del cosplay sulla rivista internazionale “Les Cahiers européens de l’Imaginaire”. Innamorata di cinema e giornalismo, con una segreta passione per fumetti e videogame, lavora come giornalista, addetta stampa e organizzatrice di eventi. 250
INDICE INDICE PREFAZIONE
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INTRODUZIONE
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1. Amore e morte alla corte dei faraoni
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Marina Alberghini 23
2. Fiori di biancospino
Mariangela Cerrino 3. Il roseto Adriana Comaschi
37
4. The “Brothel house” la casa dei misteri Giusi Tolve
45
5. La figlia del marinaio di Praga
63
Anna Maria Bonavoglia 71
6. La dea del mare
Claudia Graziani 87
7. Szomorú vasárnap
Luigina Sgarro 95
8. DeV
Francesca Garello 253
9. Gli occhi di Giada
105
Irene Drago 10. Doppelgänger
119
Elena Di Fazio 11 Il futuro quasi nato
137
Ida Vinella 12. Io sono te
149
Denise Bresci 13. L’altra morte
155
Nicoletta Vallorani 14. L’amaro sogno
169
Annarita Petrino 15. La viaggiatrice
183
Loredana Pietrafesa 16. L’isola senza sorelle
199
Sara Bosi 17. Il demone
213
Annarita Guarnieri 18. Kat la sopravvisuta
231
Monica Serra POSTFAZIONE
239
LE AUTRICI
245
254