I rapaci del Pollino

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nel 1970. È ingegnere civile ed appassionato di uccelli rapaci. Socio LIPU, è stato per oltre un decennio volontario e poi Direttore del Centro di Recupero Animali Selvatici di Cosenza.

Chiunque passi per il Pollino, anche solo percorrendo frettolosamente l’autostrada che lo attraversa, non potrà non notare la rapida successione di ambienti che lo caratterizza. Proprio gli ambienti, con la loro diversità, vengono utilizzati come chiave di lettura di quest’opera che fornisce in modo chiaro e agile un’accurata descrizione (anche fotografica) del grande Parco Nazionale. Il libro è un invito ad un approccio corretto alla conservazione della fauna (e dei rapaci in particolare) e dell’ambiente che li ospita.

T U T TA L A T E R R A A B I TATA

Giuseppe Viggiani è nato a Cosenza

È impegnato nel campo della gestione delle aree protette e della conservazione degli uccelli

Claudio Celada Direttore Dipartimento Conservazione LIPU

rapaci ed esercita l’attività di ingegnere presso il Dipartimento di Difesa

Riduzione delle risorse disponibili, erosione dei suoli fertili, avanzamento

i

Rapaci

dei deserti, estinzione di centinaia di specie animali e vegetali, inquinamento atmosferico, distruzione della fascia di ozono, deforestazione, riscaldamento del pianeta: per la prima volta nella storia, l‘uomo ha il potere di decidere se la Terra debba continuare a rimanere

del Pollino

un luogo abitabile ed abitato. Solo l'emergere di una “coscienza planetaria” che allarghi i confini delle

ambienti, specie e conservazione

del Suolo dell’Università della Calabria, dove si occupa di didattica e ricerca

comunità umane fino a ricomprendere suoli, acque, piante ed animali; che faccia

Prefazione di C. Celada

in diverse discipline tecniche ed ambientali. È autore di varie pubblicazioni

comprendere la dipendenza reciproca di tutto e di tutti (organismi viventi ed ambienti); che trasformi l‘uomo

Disegni di L. Starnini

da conquistatore della Terra a cittadino del mondo, da colonizzatore del pianeta

GIUSEPPE VIGGIANI • I Rapaci del Pollino

scientifiche e divulgative in campo ingegneristico e naturalistico.

GIUSEPPE VIGGIANI

in “parte di un insieme” biologico e naturale più vasto, da sfruttatore delle risorse in custode responsabile e rispettoso dei diritti del futuro sul presente, può far sì che la Terra possa continuare ad ospitare la Vita in tutte le sue varietà, biologiche, genetiche e culturali. Accrescere la conoscenza, la sensibilità e la consapevolezza nei confronti di questi temi, diffondere un modo nuovo e diverso di concepire la natura ed il nostro rapporto con essa, stimolare la riflessione su visioni del mondo radicalmente diverse dalle tradizionali, ristabilire un senso di solidarietà e rispetto nei confronti del nostro pianeta e delle creature che lo popolano, rappresentano, non a caso, gli obiettivi e le coordinate entro le quali si svilupperà il progetto editoriale di questa collana.

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Per conoscere ed amare tutta la Terra

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abitata.


Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino I diversi ambienti del Parco del Pollino sono stati sinteticamente classificati come ambienti rupestri, aperti, boscati, umidi e antropizzati. Ciascuno di essi è stato descritto nelle linee generali, con riferimenti ad aspetti faunistici e vegetazionali di interesse naturalistico e conservazionistico o anche estetico e paesaggistico. A ogni ambiente sono state associate le specie di rapaci che maggiormente vi sono legate, anche se molte specie possono essere presenti o nidificare in ambienti diversi. Sono state infine considerate le principali rotte migratorie e le specie che più di frequente le attraversano. Si è fatto riferimento ai rapaci inclusi nella check-list degli uccelli italiani di Brichetti e Massa (aggiornata a dicembre 1997; www.unipv.it/webbio/ciso), ossia l’elenco in ordine sistematico degli uccelli presenti in Italia con indicazione della fenologia. Sono state escluse le specie accidentali in Italia o nel Parco e i migratori meno comuni o quelli non nidificanti o svernanti nel Parco. Per ciascuna specie sono riportate (Brichetti et al., 1992; Cramp e Simmons, 1980; Forsman, 1999; Mezzatesta, 1989): • una breve descrizione; • la distribuzione, con eventuali riferimenti a sottospecie presenti in altre regioni zoogeografiche; • la fenologia nel Paleartico occidentale; • una descrizione dell’habitat tipico nel Paleartico occidentale, con particolari relativi all’habitat in Italia; • note sull’alimentazione e la caccia. L’habitat, in particolare, è descritto non solo secondo la tradizionale definizione dei vecchi autori di “complesso degli ecosistemi in cui è possibile osservare o raccogliere una specie” (Brandmayr e Ghirardelli, 1995), ma come ambiente in grado di soddisfarne le esigenze e, quindi, tentando di precisare le principali funzioni assolte dagli elementi che lo costituiscono. Sono poi indicati: • la popolazione europea, desunta da “European Bird Population - Estimates and trends” (Heath et al., 2001), che include anche la Turchia e la Russia europea; • la popolazione italiana, come riportata in Brichetti (1997) o, dove espressamente indicato, aggiornata con dati più recenti; • la fenologia in Italia, desunta dalla stessa check-list; • dettagli sull’habitat in Italia e, in particolare, sulla distribuzione altitudinale (Brichetti, 1997); • situazione nel Parco del Pollino, con dettaglio variabile, in dipendenza dal livello di conoscenza, dall’indicazione di dati di presenza/assenza, alla stima o al valore esatto della consistenza della popolazione. 17


Capitolo 1

Termini fenologici (Brichetti e Gariboldi, 1997; semplif.) Nidificante (B): specie che porta regolarmente a termine il ciclo riproduttivo in un determinato territorio. Viene sempre indicato anche se la specie è sedentaria. Sedentaria (S): specie che permane (salvo eventuali erratismi stagionali di breve portata) per tutto il corso dell’anno in un determinato territorio, dove porta regolarmente a termine il ciclo riproduttivo. Viene sempre abbinato a Nidificante (SB). Migratrice (M): specie che compie annualmente spostamenti dalle aree di nidificazione ai quartieri di svernamento (in questa categoria sono incluse anche le specie dispersive e quelle che compiono erratismi di una certa portata). Una specie viene definita migratrice in un determinato territorio quando vi transita senza nidificare o svernare. Le specie migratrici nidificanti (“estive”) sono indicate con: Migratrice regolare, Nidificante (M reg, B). Svernante (W): specie migratrice che passa l’inverno in un determinato territorio, ripartendo in primavera verso le aree di nidificazione. In questa categoria sono incluse anche specie la cui presenza nel periodo invernale non sembra assimilabile a un vero e proprio svernamento (vengono indicate come Svernante irregolare, W irr). Un individuo o una popolazione in migrazione tardiva o precoce possono essere confusi con casi di svernamento. Accidentale (A): viene indicato il numero di segnalazioni ritenute valide. Parziale (par): viene abbinato a Sedentaria, Nidificante per indicare specie con popolazioni sedentarie e migratrici; abbinato a Svernante indica che lo svernamento riguarda solo una parte della popolazione migratrice. Irregolare (irr): può essere abbinato a tutti i simboli. ?: può seguire ogni simbolo e significa dubbio.

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Check-list degli uccelli rapaci italiani aggiornata a dicembre 1997 (Brichetti e Massa). Sono indicate modifiche proposte da altri autori e altri dati recenti

Accipitriformi Accipitridi • Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) M reg, B • Nibbio bianco (Elanus caeruleus) A - 3 (Piedmont 1938, Calabria 1969 e 1974) • Nibbio bruno (Milvus migrans) M reg, B, W par (Sicilia) • Nibbio reale (Milvus milvus) SB, M reg, W par • Aquila di mare (Haliaeetus albicilla) M reg ?, W par (SB estinto: Sardegna c.1956) • Gipeto (Gypaetus barbatus) M irr (SB estinto: Sardegna 1965-69; reintr.: Alpi) • Capovaccaio (Neophron percnopterus) M reg, B, W irr • Grifone (Gyps fulvus) SB, M irr, W irr (M reg: Friuli-V.G.) • Avvoltoio monaco (Aegypius monachus) M irr (SB estinto: Sardegna c. 1961) • Biancone (Circaetus gallicus) M reg, B, W par (Sicilia). (W par in Campania; Mancuso et al., 1999) • Falco di palude (Circus aeruginosus) SB, M reg, W • Albanella reale (Circus cyaneus) M reg, W (SB estinto: Padania ’50; dato incerto) (1 cp. B Padania, 1999-2000; Melega, 2002) • Albanella pallida (Circus macrourus) M reg • Albanella minore (Circus pygargus) M reg, B • Astore (Accipiter gentilis) SB, M reg, W par • Sparviere (Accipiter nisus) SB, M reg, W • Sparviere levantino (Accipiter brevipes) A - 2 (Calabria 1893, Calabria/Sicilia 1989) • Poiana (Buteo buteo) SB, M reg, W • Poiana codabianca (Buteo rufinus) M reg ?, W irr (M reg, W irr; • Corso et al., 2001) • Poiana calzata (Buteo lagopus) M reg, W • Aquila anatraia minore (Aquila pomarina) M reg ?, W irr • Aquila anatraia maggiore (Aquila clanga) M reg, W par • Aquila rapace (Aquila rapax) A - 2 (Sardegna 1876, 1898) • Aquila delle steppe (Aquila nipalensis) A - 8 • Aquila imperiale (Aquila heliaca) A - 14 • Aquila reale (Aquila chrysaetos) SB, M irr, W irr • Aquila minore (Hieraaetus pennatus) M reg, W irr • Aquila di Bonelli (Hieraaetus fasciatus) SB, M irr Pandionidi • Falco pescatore (Pandion haliaetus) M reg, W par (B estinto: Sicilia c.1968, Sardegna 1965 -1968-69?)

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Capitolo 1

Falconiformi Falconidi • Grillaio (Falco naumanni) M reg, B, W par • Gheppio (Falco tinnunculus) SB, M reg, W • Falco cuculo (Falco vespertinus) M reg, B, W irr • Falco cuculo orientale (Falco amurensis) A - 1 (Calabria/Sicilia 1995) • Smeriglio (Falco columbarius) M reg, W • Lodolaio (Falco subbuteo) M reg, B, W irr • Falco della Regina (Falco eleonorae) M reg, B, W irr • Lanario (Falco biarmicus) SB, M reg, W irr • Sacro (Falco cherrug) M reg, W irr • Pellegrino (Falco peregrinus) SB, M reg, W par • Falcone di Barberia (Falco pelegrinoides) A - 9 Strigiformi Titonidi • Barbagianni (Tyto alba) SB, M reg, W par Strigidi • Assiolo (Otus scops) SB par, M reg, W par • Gufo reale (Bubo bubo) SB, M irr • Civetta nana (Glaucidium passerinum) SB, M irr • Civetta (Athene noctua) SB, M reg, W par • Allocco (Strix aluco) SB, M irr • Allocco degli Urali (Strix uralensis) M reg, W par, SB (Friuli-Venezia Giulia), A (altrove) • Gufo comune (Asio otus) SB par, M reg, W • Gufo di palude (Asio flammeus) M reg, W par • Civetta capogrosso (Aegolius funereus) SB, M irr, W irr

Principali categorie corologiche (Brichetti e Gariboldi, 1997; semplif.) Cosmopolita: relativo a specie presenti in tutte le principali regioni zoogeografiche. Paleartica: relativo a specie presenti nel Paleartico (approssimativamente: Europa, Asia settentrionale, Africa settentrionale). Neartica: relativo a specie presenti in Nord-America. Oloartica: include le due precedenti.

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Gli ambienti rupestri Le aree rupestri sono un ambiente comune nel Parco del Pollino, al punto da costituire una componente ecologicamente importante e un elemento caratterizzante del paesaggio. Sono presenti grandi pareti rocciose calcaree a strapiombo su valli fluviali strette e incise, come quelle del Raganello, dell’Argentino, del Lao, del Rosa e tante altre, o in corrispondenza delle grandi cime montuose, come il Pollino, il Pollinello, il Dolcedorme, il M. Alpi, la Montea, il M. la Caccia, il Sellaro. Le pareti, spesso poco accessibili, si presentano talvolta quasi lisce, più spesso ricche di cenge e cavità e interrotte da estesi canaloni detritici o vere e proprie grandi frane. Alcune sono estremamente corrugate, con pieghe spettacolari e segnate da pinnacoli, spuntoni e lame di roccia. Tipicamente, sulle pareti rocciose si abbarbicano lecci, alle quote più basse, e pini loricati a quelle più elevate, ma in alcuni casi la particolare esposizione permette la coesistenza di queste due specie arboree, dando vita a paesaggi spettacolari, come nella Valle dell’Argentino. Sulle grandi e soleggiate pareti delle timpe di S. Lorenzo, di Cassano e di Porace, grazie al calore che viene immagazzinato dalla roccia, la macchia mediterranea si manifesta con esemplari di ginepro fino ai 900 m di quota e oltre, mentre il leccio, nella stessa zona, cresce fino a quote ancora più elevate. Nella parte settentrionale, ai calcari, caratteristici dell’intero Appennino, si sostituiscono rocce sedimentarie (come le argille), con pareti più piccole, e laviche (Timpa di Pietrasasso).

In Italia, il Capovaccaio “seleziona zone poco antropizzate e nidifica su pareti rocciose in aree aperte aride, con vegetazione bassa o a pascolo, abbandonando i siti di nidificazione disturbati” (Valle del Raganello, sito di nidificazione abbandonato) - G. V.

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Capitolo 1

L’Aquila reale “richiede pareti rocciose non disturbate dove sceglie posatoi molto panoramici e costruisce diversi nidi, sufficientemente riparati e in posizione favorevole per il trasporto delle prede”. Caccia “in aree aperte con vegetazione sparsa o bassa, specialmente su pendii e in zone soprastanti le pareti rocciose, che permettano l’uso delle correnti ascensionali” (Massiccio del Pollino, versante meridionale) - G. V.

Massiccio del Pollino: praterie d’altitudine, dove l’Aquila reale può cacciare prede come lepri, coturnici e serpenti, tipicamente seguendo le ondulazioni del terreno a pochi metri di altezza e compiendo una repentina e breve picchiata - P. Alessi

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Monti di Orsomarso: valli ricche di pareti rocciose indisturbate possono ospitare anche più coppie di Pellegrino. Spettacolari le azioni di caccia, fra versanti ammantati di fitta vegetazione rapidamente cangiante dalla macchia mediterranea, ai pini neri e loricati, fino ai faggi, spesso alternati a querce, carpini, tassi e aceri - G. V.

Il Lanario predilige “vaste aree aperte a pascolo, steppa o incolto, dominate da asperità rocciose, in vallate ampie e soleggiate” (Massiccio del Pollino, versante meridionale) - G. V.

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Capitolo 1

Le pareti talvolta emergono da boschi fitti, talvolta sono circondate da ampie zone aperte, come praterie d’altitudine, steppa mediterranea, pascoli e coltivi. Esistono quindi gli habitat per diversi rapaci rupicoli, come l’Aquila reale, il Capovaccaio, il Gufo reale, il Pellegrino e il Lanario. Questi, infatti, necessitano di pareti rocciose indisturbate con supporti per la nidificazione (cavità, nicchie, terrazzini, cenge) e, con l’eccezione del Pellegrino, di ambienti aperti per la caccia al suolo o la ricerca. Il Corvo imperiale (Corvus corax) condivide spesso le pareti con i rapaci rupicoli, mentre recentemente è stato avvistato il Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), la cui presenza era nota, nell’Appennino, fino al Monte Sirino, più a nord. Sulle pareti rocciose nidificano anche la Rondine montana (Hirundo rupestris), il Codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros) e il Passero solitario (Monticola solitarius).

Anche piccole pareti di roccia sedimentaria non disturbate possono essere utilizzate dal Lanario per la nidificazione (Valle del Sinni) - G. V.

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Il Gufo reale vive in “aree poco antropizzate e poco accessibili, con pareti rocciose o grandi alberi per la nidificazione”, in prossimità di aree aperte di varia natura per la caccia che, a differenza dell’Aquila reale, avviene normalmente anche nelle zone sottostanti al nido (Massiccio del Pollino, versante meridionale) - G. V.

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Capitolo 1

Capovaccaio (Neophron percnopterus) Descrizione Lunghezza: 56-75 cm Apertura alare: 163-171 cm Silhouette particolare, con ali rettangolari piuttosto ampie, coda a cuneo e testa sottile e allungata, con faccia nuda giallo-arancio (adulti) o blu pallido (giovane) e zampe rosa. Adulti bianchi, con remiganti e copritrici delle primarie del soprala nere. Collare, petto, scapolari e copritrici interne del soprala spesso più scuri. Giovani e immaturi prevalentemente bruno scuro, con coda più chiara e parti chiare di estensione variabile sulle parti superiori. Volo attivo rilassato, ad ali piuttosto rigide e con ampi colpi d’ala. Volteggio ad ali quasi piatte. Distribuzione Europa, Africa e Asia fino al Pakistan e alle montagne del Tien-Shan (ssp. ginginianus in India). Migratore nel Paleartico occidentale, talvolta svernante. Sono stimate 29007200 coppie in Europa, concentrate in Spagna (circa 1350) e in Turchia (1000-5000). Sverna generalmente in Africa, a sud del Sahara. Anche in Italia è migratore regolare, nidificante e svernante irregolare, con popolazione conosciuta ridotta, allo stato attuale, a circa 15 coppie, di cui almeno 8 in Sicilia (Grenci S., 2000), 1-2 in Basilicata, 0-1 in Puglia (Palumbo G., com. pers.) e 2-3 in Calabria. Sullo Stretto di Messina sono stati osservati 151 individui in migrazione primaverile (min-max: 1-15; media: 8.8) nel periodo 1984-2000 (Corso, 2000). Nel Parco del Pollino una coppia era nota come nidificante nei primi anni ’80 nella Valle del Raganello e un sito limitrofo è stato occupato nel 1996 (AA.VV., 1997). Habitat Tollera climi mediterranei o montani e freddi (fino a 3600 m in Caucaso), ma in Italia nidifica da 100 a 1000 m di altitudine, eccezionalmente fino a 1500 m. Ricerca il cibo su qualsiasi tipo di terreno aperto: steppe, paludi, deserti, rive fluviali con vegetazione bassa, discariche e persino città. La taglia ridotta rispetto agli altri avvoltoi gli consente di muoversi indipendentemente dalla disponibilità di correnti M. Belardi

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

termiche, spesso seguendo il bestiame al pascolo o scendendo rapidamente sul terreno arato o bruciato. Nidifica su pareti, specialmente in cavità nascoste ma dominanti. Poco sensibile o indifferente all’uomo dove non è perseguitato. In Italia seleziona zone poco antropizzate e nidifica su pareti rocciose in aree aperte aride, con vegetazione bassa o a pascolo, abbandonando i siti di nidificazione disturbati. Alimentazione Ricerca carogne e ogni sorta di resti organici, anche su discariche o in ambiente antropizzato. Può catturare insetti, rettili e piccoli roditori e rompere uova colpendole con piccole pietre tenute nel becco. In Italia il Capovaccaio è alle soglie dell’estinzione. Scomparso ormai in diverse regioni (Lazio, Campania, Toscana), resiste con poche coppie in Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia. Le cause di insuccesso riproduttivo relative all’Italia peninsulare nel periodo 1970-99 sono dettagliatamente riportate da Liberatori e Penteriani (2001). Predominano le uccisioni dirette (17), la sterilità delle uova (13), le depredazioni di uova o nidiacei (13), il disturbo ai siti di nidificazione (4), l’avvelenamento (2), per un totale di 49 casi di insuccesso. In Calabria, dove, all’inizio degli anni ’80 erano presenti più di 10 coppie, nel 2000 non è stata portata a compimento alcuna nidificazione. Una delle cause del declino è la conversione di incolti e pascoli in uliveti e altre colture, oggetto di incentivi da parte dell’U.E., che hanno determinato una riduzione dei territori di ricerca alimentare. Nel 2001 una coppia ha nidificato in un sito abbandonato dalla fine degli anni ‘80 (probabilmente a causa di un incendio), allevando un piccolo non giunto all’involo. I casi di ricolonizzazione di siti abbandonati, per il Capovaccaio in Italia, non sono frequenti. Anche nella Valle del Raganello, che era sito di nidificazione fino alla metà degli anni ‘80, ha avuto luogo una nidificazione su una parete prossima a quella storicamente utilizzata, ma solo per una stagione (un piccolo allevato, con esito non noto; AA.VV., 1997). ‘90

‘91

‘92

‘93 ‘94 ‘95

‘96

‘97

‘98

‘99

‘00

‘01

Coppie conosciute

3

Coppie riproduttive 2

4

4

5

4

4

5

4

4

4

2

3

3

3

3

4

2

4

3

3

3

3

3

0

1

4

4

3

0

2

Giovani involati

2

3

4

4

4

Parametri di riproduzione (semplificati) della popolazione di Capovaccaio nidificante in Calabria nel periodo 1990-2001 (da Cortone e Mordente, 1997; modif. e aggiorn.)

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Capitolo 1

Il fatto che nel sito non siano intervenute modificazioni sostanziali dell’habitat supporta l’ipotesi che l’abbandono sia stato causato dal disturbo antropico (arrampicate in primo luogo) e da bocconi o carcasse avvelenati. La specie è irregolarmente presente nel periodo estivo (1-2 individui), ma senza compiere tentativi riproduttivi. Altri ambienti adatti si trovano nel settore orientale del Parco (Valle del Sinni, Valle del Sarmento, ecc.), ma sono segnalate solo osservazioni sporadiche (Bavusi e Libutti, 1997). La presenza del Capovaccaio nel Parco, valutata in termini di idoneità ambientale, potrebbe essere, in prima analisi, più stabile e consistente. Il Pollino era stato in effetti incluso fra le aree strategiche del Sud Italia nel Progetto Capovaccaio del WWF, che prevede, tra l’altro, riproduzione in cattività e azioni di restocking e reintroduzione della specie in varie regioni d’Italia. Attualmente, il gruppo di capovaccai disponibile presso il Centro di riproduzione di Semproniano (Grosseto) è di 25 soggetti, che costituiscono la maggiore popolazione in cattività al mondo. In particolare, sono state create 11 coppie, comprendenti 4 dei 5 esemplari nati in cattività, trattenuti per aumentare lo stock riproduttivo (Ceccolini e Cenerini, 2002). Punti di alimentazione artificiale ad hoc in prossimità delle potenziali pareti di nidificazione nel periodo di arrivo del Capovaccaio nelle aree di riproduzione possono favorire la permanenza naturale della specie e incrementarne la produttività (Hatzofe O., com. pers.; Liberatori e Penteriani, 2001).

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Aquila reale (Aquila chrysaetos) Descrizione Lunghezza: 80-93 cm Apertura alare: 187-219 cm Aquila grande e possente, con coda lunga e ali lunghe, più sottili alla base. Bruna scura in maniera abbastanza uniforme, con nuca dorata molto evidente. Giovani più scuri e, come gli immaturi, con macchie alari bianche (nettamente più ampie sul sottoala) di estensione variabile individualmente. Coda bianca con banda terminale scura fino al 5°-6° anno di età. Iride e becco neri nel giovane, poi progressivamente più chiari. In volteggio, tiene le ali leggermente a “V”, con la punta delle primarie rivolta verso l’alto. In planata a “V” o arcuate. Il volo battuto è usato raramente ed è caratterizzato da pochi colpi d’ala. Distribuzione Europa occidentale e Asia occidentale (sottospecie nominale), Spagna, Africa settentrionale e Medio Oriente (ssp. homeyeri), Asia (ssp. daphanea e japonica), America settentrionale (ssp. canadensis). 6600-12000 coppie in Europa, concentrate in Turchia (1000-5000), Spagna, Scandinavia e sulle Alpi, con adulti sedentari e immaturi migra-

Adulto di Aquila reale al nido nella stagione riproduttiva caratterizzata da cainismo e involo eccezionalmente ritardati (Monti di Orsomarso, ob. 500 + duplicatore) - P. Alessi

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Capitolo 1

Protezione dal disturbo

SUP

Grande

Cengia

No

Parziale

Parziale

1100

E

MED

Media

Nicchia

X

Si

No

No

600

O

SUP

Grande

Nicchia

X

Si

No

Parziale

1000

SE

SUP

Piccola

Nicchia

X

1100

NE

SUP

Grande

Terrazzino

1100

SO

MED

Grande

Terrazzino

1400

NO

SUP

Grande

950

N

MED

850

N

MED

800

N

700 1200

Prot. da ag. atmosferici

NE

Tipologia supporto

950

Dimensione parete

Mimetismo

Nidi abbandonati

Posizione in parete*

Esposizione del nido

Altitudine (m s.l.m. ca)

tori (popolazioni settentrionali) o dispersivi. In Italia è sedentaria nidificante, migratrice irregolare e svernante irregolare, con 300-400 coppie su Alpi, Appennini e Italia insulare. Nel Parco del Pollino sono presenti con regolarità 3 coppie, che nidificano nel versante meridionale (Massiccio del Pollino, Monti di Orsomarso).

Massiccio del Pollino (1 sito occupato, 2 siti abbandonati)

Si

Parziale

No

No

No

Si

Parziale

Parziale

Si

Nicchia

Si

Si

Parziale

Grande

Cengia

Parziale

Si

Parziale

Grande

Cengia

Parziale

Parziale

Parziale

MED

Grande

Cengia

Parziale

Parziale

Parziale

NE

SUP

Media

Nicchia

X

Si

No

No

S

INF

Piccola

Cengia

X

No

No

No

S

X

900

Monti di Orsomarso (2 siti occupati) MED

Grande

Cengia in

Si

No

Si

Si

No

Si

cavità 900

S

MED

Grande

Cengia in cavità

900

S

MED

Grande

Terrazzino

No

Parziale

Si

450

SE

SUP

Piccola

Nicchia

Si

No

Parziale

600

SO

INF

Grande

Nicchia

750

SO

INF

Piccola

Terrazzino +

1000

N

SUP

Media

700

O

INF

Grande

Si

No

No

No

Parziale

Parziale

Terrazzino

No

No

Si

Cengia

Parziale

Si

Si

X

albero

Principali caratteristiche dei nidi di Aquila reale nel Parco del Pollino (* Terzo SUPeriore/MEDio/INFeriore)

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Rapaci e ambienti nel Parco del Pollino

Habitat Principalmente climi temperati, ma anche molto più freddi o caldi. In Europa occidentale, è confinata in zone di montagna, mentre in aree indisturbate può colonizzare anche pianure con boschi e zone umide. In Italia, nidifica da 600 a 2200 m di altitudine, eccezionalmente da 100 a 2600 m. Normalmente, richiede pareti rocciose non disturbate, dove sceglie posatoi molto panoramici e costruisce diversi nidi, sufficientemente riparati e in posizione favorevole per il trasporto delle prede. Può sopravvivere anche quando la densità di prede disponibili è bassa, grazie alla sua capacità di cacciare su aree molto estese, alla mancanza di predatori abituali e alla dieta non molto specializzata. Evita generalmente zone umide, acque interne e foreste, cacciando in aree aperte con vegetazione sparsa o bassa, specialmente su pendii e in zone soprastanti le pareti rocciose, che permettano l’uso delle correnti ascensionali. Gli individui in migrazione utilizzano anche altri ambienti (coste, aree agricole). Alimentazione Principalmente uccelli di medie dimensioni (pernici, coturnici, tetraonidi, corvidi, uccelli domestici, ecc.), mammiferi (marmotte, lepri, meno frequentemente scoiattoli, volpi, martore, ecc.). Carogne in inverno (i giovani anche in autunno). Anche rettili in Europa meridionale (testuggini, serpenti). Cattura le prede a terra o in volo. Tipicamente segue le ondulazioni del terreno a pochi metri di altezza e compie una repentina e breve picchiata. Nel Parco del Pollino sono noti tre siti di nidificazione di Aquila reale regolarmente occupati dagli anni ‘80, tutti sul versante calabrese, in corrispondenza di grandi pareti rocciose calcaree del Massiccio del Pollino e dei Monti di Orsomarso. Altri due siti risultano da tempo abbandonati. Uno di essi è frequentato da coppie o individui non stabilmente presenti o provenienti da siti limitrofi. La posizione dei siti occupati, la distanza fra siti confinanti e diversi avvistamenti fanno presumere la presenza di un quarto sito occupato e, in via teorica, anche di un quinto (Viggiani, 1999a). Sul versante lucano del Parco, dove mancano gli ambienti ottimali, non vi sono coppie presenti e non sono noti siti abbandonati. È segnalato solo un avvistamento di un individuo sul Monte Alpi (Priore G., com. pers.). In Calabria, l’Aquila reale è stata osservata anche in Aspromonte, dove è anche data come nidificante (2 coppie; Malara, 1999), ma si tratta rispettivamente di una nidificazione solo ipotizzata e di una singola osservazione di un esemplare già involatosi il 20 di giugno, data molto precoce rispetto a quelle note per l’Appennino (Spinetti, 1997; Nini et al., 2001; Viggiani, dati inediti). In Basilicata sono segnalate 1-2 coppie in provincia di Potenza (Sigismondi et al., 1995) ed è stato individuato un probabile sito abbandonato in Val d’Agri.

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Capitolo 1

Nel Parco del Pollino, il territorio frequentato dalla specie è di circa 1000 km2 (Viggiani, 1999a). La densità, per quanto bassa (1 coppia/333 km2), è paragonabile ad altre zone dell’Appennino centrale (1 coppia/346 km2; Magrini et al., 2001) e settentrionale (1 coppia/300 km2; Magrini e Cenni, 2001), mentre sulle Alpi, per diversi motivi (copertura vegetale, abbondanza di prede, grado di antropizzazione, ecc.), è molto più elevata. I nidi individuati (in numero di 20), sono costruiti prevalentemente nella parte superiore di pareti di medie o grandi dimensioni, meno soggette a disturbo o depredazione, mentre non sono noti nidi su albero (Viggiani, 1999a). I nidi più prossimi a fonti di disturbo (strade, sentieri frequentati, costruzioni, tagli di boschi) sono stati perlopiù abbandonati (Viggiani, 2001b). La produttività delle coppie presenti è piuttosto bassa ed è influenzata da diversi fattori negativi. Nel Parco, la specie è tradizionalmente ritenuta nociva e, come tale, perseguitata. Sono noti due casi di abbattimenti (nei Monti di Orsomarso, nel 1988 e nella Valle del Raganello, nel 1993) e testimonianze di altre uccisioni. I nidi sono stati saccheggiati in diverse circostanze per prelevare uova e nidiacei. La specie, inoltre, è probabilmente vittima dei bocconi avvelenati, generalmente destinati ad altre specie (Lupo in primo luogo). Infine, l’Aquila reale risente del crescente disturbo antropico di tipo turistico, anche a causa di pratiche apparentemente innocue come l’escursionismo, la fotografia naturalistica, il deltaplano e, soprattutto, le arrampicate sulle pareti rocciose. Recentemente, nei Monti di Orsomarso è stato osservato un caso di cainismo e involo eccezionalmente ritardati, verificatisi rispettivamente dopo 54-58 giorni e 8894 giorni dalla schiusa (Viggiani, 2001a), valori leggermente superiori a quelli più elevati riportati in letteratura, anch’essi Civita, paese di origine albanese alla fine della lunga Gola del Raganello: monumento dedicato all’Aquila riferiti all’Appennino (52 e 83-85 giorni reale. La specie era presente nelle immediate vicinanrispettivamente; Spinetti, 1997). ze del paese, dove si possono osservare alcuni nidi L’alimentazione della specie è poco abbandonati. Il nome “Civita” (Çifti nella lingua arbëreshe) derivenota, anche a causa della scarsa accessirebbe da Qift (Aquila) e, per estensione concettuale, bilità dei nidi e delle difficili condizioni di facendo riferimento al sito dell’insediamento urbano, osservazione in quasi tutti i siti. “Nido d’aquila” (Bruno e Emmanuele, 1998) - G. V.

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