Il Gran Priorato giovannita di Capua ISBN 978-88-86820-77-6
VII â‚Ź 28,00
Il Gran Priorato giovannita di Capua a cura di Antonella Pellettieri prefazione di Michel Balard
La biblioteca e l’archivio dell’arcidiocesi di Capua Francesco Ciociola
Nel 1568 l’arcivescovo Nicola Caetani di Sermoneta1 (1546-1549 e 15581572), in seguito alle disposizioni del grande Concilio Tridentino, fondò il seminario di Capua, uno dei primi in Italia, presso la casa canonica della chiesa di San Marcello Maggiore, abbastanza recettiva per accogliere con molta cautela e quasi ad experimentum i primi dieci alunni.2 Il suo successore, Cesare Costa,3 ne curò una migliore sistemazione logistica e lo dotò di una rendita di 600 ducati; affidò poi a suo nipote, il gesuita Giulio Mancinelli, per alcuni mesi direttore del pio istituto, il compito di redigere le regole disciplinari. L’alto prelato, dotato 1 Nacque a Roma il 24 febbraio 1526. Il padre discendeva dall’illustre casato di papa Bonifacio VIII; la madre era cugina di Paolo III Farnese che, a soli dieci anni, durante il concistoro del 22 dicembre 1536, lo nominò in pectore cardinale diacono. Appena ventenne, sempre da Paolo III, fu incaricato del governo della Metropolia di Capua, reggenza che tenne per tre anni, al termine dei quali vi rinunciò in virtù del suo ufficio di protonotario apostolico e poi di nunzio apostolico presso le corti di Spagna e di Francia. Nel 1558 gli fu nuovamente affidato, da Pio IV, il governo dell’arcidiocesi di Capua, che tenne fino al 19 novembre 1571, quando lo lasciò per sempre. Durante il suo ministero a Capua, essendo nunzio apostolico, risiedé abitualmente a Roma; nella sede campana venne poche volte e per brevissimo tempo. La sua più grande opera fu la fondazione del seminario diocesano, codificata durante la celebrazione del primo sinodo provinciale (6 aprile 1567). Cfr. F. Granata, Storia sacra della chiesa metropolitana di Capua, I, Napoli 1766, p. 163. 2 Cfr. F. Provvisto, Il seminario di Capua nell’opera degli arcivescovi Caetani, Costa, Bellarmino, Melzi e Caracciolo, in “Capys” XVII (1984), p. 103. 3 Nato a Macerata nel 1530, non ancora ventenne, iniziò gli studi giuridici. Si addottorò in utroque jure e intraprese una brillante carriera pubblica, a cui affiancò, non con minore merito, quello di docente di diritto Nel 1565 fu nominato referendario apostolico e membro della commissione pontificia dei correctores del Decretum Gratiani. Il 19 novembre 1572, in seguito alla rinuncia del cardinale Nicola Caetani, fu nominato arcivescovo di Capua e il 15 marzo entrò solennemente in diocesi. La sua attività pastorale fu molto intensa; celebrò sinodi diocesani e provinciali, completò il seminario e prestò grande attenzione alla vita monastica, alla predicazione e alla riforma dei costumi ecclesiastici. Morì a Napoli il 12 febbraio 1602. Cfr. U. Dovere, La Chiesa di Capua alla fine del ‘500. In margine alle relationes ad limina dell’arcivescovo Cesare Costa (1572-1602), in Studi in onore di Mons. Luigi Diligenza, a cura di Antonio Ianniello, Aversa 1989, pp. 103-142.
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di una spiccata cultura, fondò anche la biblioteca arcivescovile4 pro ipsius Ecclesiae Cathedralis Capuae, et ecclesiasticarum personarum servitio, et commoditate, che trovò la sua prima sede in un locale di proprietà della mensa arcivescovile, e precisamente sull’Arco del Foro venale (oggi piazza dei Commestibili).5 Clemente VIII ne approvò la fondazione con due brevi pontifici (uno del 30 dicembre 1593, l’altro del 13 dicembre del 1598) in cui tra l’altro vietava sub suspensionis a divinis et interdicti ingressus Ecclesiae, caeteris vero quibuscumque personis tam laicis, quam clericis cuiuscumque status, gradus, ordinis, conditionis, et dignitatis fuerint, sub excommunicationes maioris penis, ne libros huiusmodi e dicta Bibliotheca ulla occasione, vel praetextu, aut etiam temporis spatio extrahere praesumant, perpetuo pariter interdicimus, et inhibemus.6 Il consistente fondo librario, donato dallo stesso Costa, fu affidato alla custodia di un prete che, perciò, aveva il diritto e l’obbligo di vivere in un’abitazione attigua alla biblioteca. Un primo semplice inventario dei volumi, oggi perduto, fu redatto nel 1640, in occasione della visita pastorale dell’arcivescovo Camillo Melzi (1636-1659),7 dai canonici della cattedrale Giovanni Battista Ventriglia e Bartolomeo Saldimarco. Fu con il ministero dell’arcivescovo Nicola Caracciolo8 (1703-1728) che la biblioteca, arricchita tra l’altro della raccolta libraria del primicerio don Bonaventura Milano, vicario generale dell’arcivescovo Giovanni Antonio Melzi9 (1661-1687), fu trasferita dal locale del Foro Venale a quello del seminario e aperta al pubblico, secondo la testimonianza di un’epigrafe che ne riassumeva 4 Per biblioteca arcivescovile, fino all’episcopato del cardinale Serra di Cassano, si intendeva quella del seminario, e viceversa. Dalla seconda metà dell’Ottocento si distinguevano due fondi librari, quello dell’arcivescovo e quello del seminario, sempre però riuniti in un unico complesso. 5 Cfr. F. Provvisto, Il seminario di Capua nell’opera degli arcivescovi Orsini, Gervasio, Serra Cassano, Cosenza e Apuzzo, in “Capys” XX (1987), pp. 54 ss. 6 Bullarium, V/ II [1753], p. 196, n. 168, anno VI di pontificato. 7 Nato il 12 dicembre 1589, compì i primi studi a Milano. Studiò retorica e filosofia presso il Collegio Romano e conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’università di Bologna. Fu nominato arcivescovo di Capua il 18 febbraio 1636 e cardinale da papa Alessandro VII. Morì a Roma il 21 gennaio 1659. Cfr. F. Ughelli, Italia sacra..., VI, Venetiis 1720, coll. 363-364. 8 Nato a Chieti l’8 novembre 1658, compì i primi studi a Napoli. Studiò filosofia e sacra teologia nel seminario romano e conseguì la laurea in utroque jure presso l’Università di Napoli. Clemente XI lo nominò vicegerente di Roma, amministratore di alcune chiese (Ancona, Fabriano, Montalto, Perugia e Viterbo), nunzio apostolico a Firenze e assistente al soglio pontificio. Il 15 maggio 1703 ricevette il pallio arcivescovile per la diocesi di Capua. Morì nella stessa città il 7 febbraio 1728. Uomo di cultura, dedicò grande attenzione alla biblioteca del seminario e alla cura dei giovani “premiando i buoni, tenendo svegliati i pigri, e non senza gastigare i colpevoli”. Cfr. F. Granata, Storia sacra, cit., I, pp. 175 - 176. 9 Nipote di Camillo Melzi, fu nominato arcivescovo di Capua il 14 marzo 1661; il 5 aprile dello stesso anno ricevette il pallio dalle mani di Alessandro VI. Si dedicò molto alle visite pastorali, al buon mantenimento delle chiese e all’osservanza dei buoni costumi, soprattutto nel seminario.
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la storia.10 Il porporato ampliò il fondo librario con proprie donazioni e l’affidò a un bibliotecario scelto fra i seminaristi più capaci; così la biblioteca olim exiguam si trasformò in magnificam bibliothecam magnis librorum copia repletam, ac pubblica commoditati addictam.11 Alla fine del XVIII secolo la biblioteca, seguendo la sorte del seminario, fu trasferita nel soppresso monastero di Montevergine; da questo momento non si hanno più notizie circa le sue vicende, fino al ministero episcopale di Giuseppe Cosenza (1850-1863),12 che ne arricchì ulteriormente il fondo librario, comprando (con la somma di 50.000 ducati) dai legittimi eredi, dopo lunghe controversie giudiziarie, il prezioso patrimonio librario del cardinale Francesco Serra di Cassano (1826-1850).13 In realtà il Serra aveva destinato all’arcivescovo di Capua pro tempore la sua biblioteca privata, con oltre diecimila volumi, parecchi di bellissima stampa e “assai svariata; sicché può servire egualmente agli studj sacri e ai profani, e forse un po’ più particolarmente agli studj storici, che oggi sono in grande onore”;14 morì però senza fare testamento e così i suoi familiari si appropriarono di tutto quello che gli era appartenuto, tra cui molti mobili e oggetti preziosi che il presule aveva destinato alla mensa arcivescovile di Capua. Alla morte dell’arcivescovo Cosenza la biblioteca restò chiusa per otto anni; il 27 febbraio 1871 la Curia di Capua iniziò con il Ministero della Giustizia la 10 Bibliothecam / olim exiguam ab ill.mo, et r.mo D. Caesare Costa arch.o cap.no erectam / vetustate, incuriaque iam nullam / ope, et opera ill.mi, et r.mi d.i Nicolai Caraccioli eiusdem eccl.ae arch. pi / redivivam, auctamqe in augustiorem hunc locum translatam / ab ill.mo d. Bonaventura Milano huius olim eccl.ae primic.o, gen.lique vic.o / et in romana denique curia magni nominis advocato / aliam pene a se ipsa iam redditam innumeris dotatam libris / vigili, indefessoque labore admodum R. Josephi Rosa Can.ci Majorisque poenitent. ii, / ac archiep.alis seminarii rectoris, suum redactam in ordinem, et dignitatem / mirare quicunque ingrederis, / et privatam utilitatem scito quot publicis debeas hominibus; / uni tamen, ac soli d. o. m. gratias profitere, / cuius aspirante gratia / et a Milano mira pietate donatos libros, / et a Caracciolo magnifice exceptos, / atque promptos habes. MDCCVII. Cfr. F. Provvisto, Il seminario, cit., p. 55. 11 Capua, Archivio Storico Arcivescovile, Sante Visite. Nicola Caracciolo, II, ff. 321-323. 12 Nato a Napoli il 20 febbraio 1788, fu ordinato sacerdote il 14 marzo 1812. Insegnò teologia e lingua ebraica nel seminario di Napoli e il 12 luglio 1832 fu eletto vescovo di Andria. Nel concistoro del 30 settembre 1850 ricevette da Pio IX il pallio arcivescovile per la Chiesa di Capua. Morì nella stessa città il 29 marzo 1863. 13 Nato a Napoli il 21 febbraio 1783, studiò diritto a Roma. Fu nominato da Pio VII ufficiale del tribunale della Segnatura Apostolica, vicario della basilica di Santa Maria Maggiore, membro della Congregazione del Buon Governo, delegato apostolico di Camerino, nunzio apostolico presso la corte di Baviera e arcivescovo di Nicea. Fu trasferito a Capua il 3 luglio 1825 come coadiutore con diritto di successione dell’arcivescovo Mormile e prese possesso della nuova sede il 13 giugno 1827. Morì il 17 agosto 1850. L’unico obiettivo del suo ministero fu la restaurazione materiale e morale della diocesi. 14 Cfr. Il 7 di marzo 1881. L’apertura al pubblico della Biblioteca Arcivescovile di Capua, Caserta 1881, p. 6.
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trattative per la riapertura, dal momento che “il clero non ha più i libri a consultare, ed anche i laici e militari che spesso erano ammessi dall’arcivescovo a leggere i libri della ricca biblioteca non hanno a chi rivolgersi”.15 Il ministro guardasigilli nominò esecutore delle proprie disposizioni (emanate l’11 marzo 1872) il subeconomo Gaetano Casertano, che designò il rettore del seminario come custode e consegnatario della biblioteca; la prima fase della consegna avvenne il 12 luglio 1872. Il sub economo Casertano, il canonico Pietro Carusone, pro-vicario generale dell’arcidiocesi, e don Giuseppe de Mattheis, facente funzione di rettore, presero visione dei volumi e li stiparono in 42 scaffali con i sigilli dell’arcivescovo e quelli del sub-economato. Le procedure per la consegna ripresero il 16 novembre e si conclusero il 15 agosto 1875. Le trattative per la riapertura della biblioteca però si fermarono per la morte del cardinale arcivescovo Francesco Saverio Apuzzo (1871-1880),16 che ne aveva caldeggiato l’apertura. A poco più di un mese dalla sua morte, fu eletto alla sede di Capua monsignor Alfonso Capecelatro (1880-1912),17 uomo di chiesa e di cultura, che aprì ai suoi diocesani, ritenendola un patrimonio comune, la biblioteca arcivescovile, dopo aver unito i due fondi librari del seminario e del cardinale Serra. Le ragioni del suo gesto, compiuto all’alba del suo episcopato, furono espresse nella notificazione di riapertura dell’8 febbraio 1881 con queste parole “Le ragioni, che m’inducono ad aprire al pubblico la biblioteca privata dell’arcivescovo di Capua con l’annessa del seminario, si possono assai facilmente immaginare. Mentre che il sapientissimo pontefice Leone XIII incoraggia per tutt’i modi dal Seggio Vaticano il sapere, a me pare bello imitare il suo nobile esempio e promuovere, quanto è da me, i buoni studj in questa arcidiocesi presso il clero e il laicato”. 18
Cfr. F. Provvisto, Il seminario, cit., p. 56. Nato a Napoli il 5 aprile 1807, studiò prima nel seminario di Pozzuoli e poi in quello di Napoli. Nella città partenopea fu professore di teologia, membro del Collegio dei Teologi e presidente del Consiglio Generale della Pubblica Istruzione. Arrivò alla sede arcivescovile di Capua il 7 gennaio 1872. Morì il 30 luglio 1880. 17 Nato a Marsiglia il 5 febbraio 1824, a soli sedici anni entrò nella Congregazione dell’Oratorio di Napoli. Ordinato sacerdote nel 1874, fu nominato poco dopo vice-bibliotecario di Santa Romana Chiesa da Leone XIII che, nel 1885, lo elevò al cardinalato e nel 1893 lo pose a capo della Biblioteca Apostolica Vaticana. Il 20 agosto 1880 fu nominato arcivescovo di Capua, dove entrò il 18 ottobre 1880. Durante il suo lungo episcopato si prodigò molto, con l’esempio, le opere e le direttive, per migliorare le condizioni morali, religiose e culturali della città e della diocesi. Cfr. Alfonso Capecelatro arcivescovo di Capua nella storia e nella Chiesa, Atti del Convegno di Studi (Capua 1983), Napoli 1985. 18 Il 7 marzo 1881, cit.. 15 16
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Probabilmente nei propositi dell’arcivescovo l’evento aveva un significato più ampio e “poteva produrre un accostamento più ampio alla cultura ecclesiastica [...] da parte di coloro che forse per diversi motivi, non ultimo le influenze della cultura laicista, da essa si tenevano lontani, a provocare così anche un maggior contatto, un atteggiamento psicologico di maggior apertura tra laici ed ecclesiastici”.19 Non a caso, sempre nella notificazione dell’8 febbraio, auspicando un nuovo fervore di studi che potessero aiutare “a conoscere le nobili e verissime attinenze che corrono tra la scienza e la fede, tra la civiltà e la religione”, invitava a studiare nella biblioteca del loro padre e vescovo i suoi “figlioli dell’arcidiocesi capuana, e particolarmente quelli del clero”, ma anche “altri che il vorranno”.20 La seconda guerra mondiale, con il cruento bombardamento su Capua del 9 settembre 1943, arrecò gravissimi danni alla biblioteca, con la perdita di circa cento manoscritti, duemila volumi a stampa, molte pergamene e altro materiale d’archivio. L’arcivescovo pro tempore, monsignor Salvatore Baccarini (19301962),21 unì il fondo dell’archivio a quello della biblioteca22 e raccolse tutto il materiale in una sala del palazzo arcivescovile,23 dove rimase abbandonato per circa quarant’anni, ammassato su vecchi scaffali di legno. Dal dopoguerra, quindi, la storia dell’archivio diventa comune a quella della biblioteca, ma le sue radici sono più antiche, poiché la data di fondazione dell’archivio risale alla metà del Quattrocento, come testimoniano i documenti cartacei più antichi in esso conservati24 e la continuità nella raccolta e nel deposito delle carte della Curia arcivescovile. La notizia di una prima iniziativa di riordino del materiale ci viene fornita dallo storico Francesco Antonio Granata25 che, in riferimento all’archivio capitolare, oggi parte integrante di quello arcivescovile, scrive: 19 Cfr. P. Lopez, L’attività pastorale di Alfonso Capecelatro arcivescovo di Capua (1880-1912), in Alfonso Capecelatro, cit., p. 291. 20 Il 7 marzo 1881, cit.. 21 Nacque a Lanuvio, nel Lazio, il 9 agosto 1881. Fu eletto vescovo il 7 marzo 1922 e destinato a reggere la diocesi di Teracina, Sezze e Priverno. Nominato arcivescovo di Capua il 30 giugno 1930, fece il solenne ingresso nella città il 26 ottobre dello stesso anno. 22 Cfr. F. Ciociola, Storia dell’Archivio Arcivescovile di Capua, in “ Capys “ XXVIII (2005), p. 104. 23 Cfr. Le cinquecentine della Biblioteca Arcivescovile di Capua, a cura di F. Ciociola, Capua 1996, p. 8. 24 I documenti cartacei più antichi si riscontrano nei fondi Visite pastorali e Processi civili e criminali. 25 Erudito ecclesiastico capuano, nato a Capua il 5 febbraio 1701 e consacrato sacerdote il 13 marzo 1723. Fu ordinato vescovo di Sessa il 2 ottobre 1757. Morì nella stessa città l’11 gennaio 1771.
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“Alla parte opposta all’altare vi è l’archivio capitolare. Di questo si potrebbe qui dire varie cose ma per ora basta accennare che in una delle stanze superiori del palazzo arcivescovile, al tempo dell’arcivescovo Giuseppe Maria Ruffo, vi erano varie casse, nelle quali si conservano gran numero di antiche carte che per ordine dello stesso arcivescovo furono in gran parte dall’erudito sacerdote don Giuseppe Pasquale interpretate ed ordinate in forma di archivio”. 26
Da questa preziosa testimonianza si evince anche il ritardo con cui la curia di Capua aveva tenuto fede alla disposizione vaticana del 1725, che decretava l’erezione degli archivi diocesani, la documentazione che vi doveva essere conservata, gli inventari di tutti i beni ecclesiastici dei vari enti della diocesi, le cautele da prendere per la protezione degli archivi al tempo delle sedi vacanti e le pene da infliggere a chi sottraeva documenti.27 A tale disposizione seguì, il 14 giugno 1727, la costituzione apostolica Maxima vigilantia, nella quale si prescriveva agli ordini religiosi in Italia di redigere un proprio archivio e di dotarlo di un archivista. Questo documento, in trenta paragrafi, fu redatto in seguito alla constatazione che in molti archivi diocesani e in quelli di altre chiese, enti ecclesiastici e istituti religiosi, si registravano negligenze nelle buona tenuta degli archivi e, soprattutto durante la vacanza delle sedi vescovile e nella successione di altre autorità, si perpetravano consistenti sottrazioni e alterazioni di documenti, con grave danno degli enti a cui appartenevano. La costituzione, perciò, evidenziava tutti i mezzi per assicurare una diligente amministrazione degli archivi, contemplando eventuali cautele per ovviare ai suddetti inconvenienti e le pene da infliggere. Ad essa si accompagna una sorta di ‘istruzione’ in sette paragrafi, che enumerava tutte le specie di scrittura che dovevano essere conservate e riposte nelle varie categorie di archivi diocesani: una puntuale guida per gli archivisti impegnati nel lavoro di riordinamento e classificazione delle carte e nella redazione degli inventari. In seguito a queste direttive, anche la Curia capuana organizzò in modo sistematico il proprio archivio che, come si deduce dalla testimonianza dell’arcivescovo Mondillo Orsini (1728-1743),28 non ebbe vita facile, né fu esente da perdite consistenti. Infatti F. Granata, Storia sacra, cit., I, pp. 180-181. L’arcivescovo Giuseppe Maria Ruffo (1744-1754) citato nel testo, era nipote del cardinale Tommaso Ruffo, prefetto della Casa pontificia e arcivescovo di Ferrara. “Per lo spazio di dieci anni [...] governò la Chiesa di Capua [...] sempre incomodato da gravi mali cronici, che soventi lo mettevano in pericolo di vita” (Ivi). 27 Cfr. V. Monachino, Introduzione, in Guida degli archivi diocesani d’Italia, Roma 1991, p. 22. 28 Raimondo Orsini, conosciuto con il vezzeggiativo di Mondillo, era nipote di Benedetto XIII. Promosso a Capua dalla sede di Melfi, fece il suo ingresso nella città il 28 aprile 1728. Il 19 dicembre 1742 rassegnò al papa Benedetto XIV le dimissioni dal governo della sede episcopale. 26
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“l’archivio dove si conservano tutte le scritture della Curia arcivescovile di Capua da qualche tempo in qua ha patito diversi incomodi secondo la vicendevolezza de’ tempi sofferti, impercioché prima stavano tutte le scritture nel seminario regolate dal canonico don Antonio Ricciardi, poi rivolte sotto sopra dal nuovo archiviario padre Giovanni Andrea Esculapio, poi accomodate da un archiviario don Salvatore Guarini in una stanza del palazzo arcivescovile; e le scritture delle Sante Visite sono andate da tempo in tempo in mano diverse, tanto che moltissime scritture dell’archivio suddetto si sono trovate mancanti, e si sono più volte fulminati li capi di scomunica per poterle recuperare”.29
Ulteriori perdite si sono registrate nel corso degli anni, poiché il prezioso materiale è stato conservato in luoghi inidonei o ha subito l’incuria e la mano impietosa dell’uomo. Tra il 1966 e il 1970 l’arcivescovo Tommaso Leonetti (19621978), in seguito a un paziente e instancabile lavoro, operò una prima catalogazione del materiale a stampa e lo collocò, in una moderna scaffalatura metallica, nell’antica sala ebraica del palazzo arcivescovile, dove è tuttora conservato, mentre il materiale archivistico fu depositato in una sala adiacente. Da una sua nota del 31 agosto 1967 risulta che la biblioteca conservava 9.639 volumi; a questi furono aggiunti quelli della sua biblioteca privata e, più tardi, quelli lasciati dal parroco Salvatore Mincione. Nel 1980 l’arcivescovo Luigi Diligenza (1978-1997),30 nell’intento di meglio promuovere gli studi sacri e profani della diocesi, riaprì al pubblico la biblioteca, che nel 1983 si arricchì di 1.100 volumi del seminario (il trasferimento fu curato da don Felice Provvisto) e del fondo librario dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, che ha sede in alcuni locali del seminario. Il prelato ne affidò la direzione al professor Antonio Ianniello e la vice direzione, con compiti di bibliotecario, a chi scrive. In questi anni, con tenacia e costanza, si è provveduto a catalogare tutto il patrimonio librario e a incrementare il fondo moderno mediante l’acquisto di pubblicazioni di alto livello scientifico e l’abbonamento a oltre cinquanta riviste. Capua, Archivio Storico Arcivescovile, Sante Visite. Raimondo Orsini, X. Nato ad Arzano il 10 febbraio 1921, fu ordinato sacerdote l’8 agosto 1943. Dopo essersi laureato in Sacra Teologia, conseguì il diploma in Paleografia e Archivistica e la specializzazione in Storia della Chiesa presso la facoltà di Storia ecclesiastica della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Docente di religione fino al 1967, insegnò Storia civile nel liceo arcivescovile e Storia della Chiesa presso la facoltà di Teologia di Napoli. Il 23 aprile 1978 fu nominato arcivescovo di Capua. Il suo ministero episcopale è stato caratterizzato da una sincera e profonda spiritualità, da una spiccata cura pastorale secondo lo stile del dialogo e della comunione e da un forte impulso alla qualificazione culturale (fondazione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, riapertura al pubblico della biblioteca e dell’archivio arcivescovile, realizzazione di numerosi convegni di studio, pubblicazioni di pregiate opere storiche, filosofiche, teologiche). Il 29 aprile 1997 il Santo Padre Giovanni Paolo II accettò la sua rinunzia al governo pastorale dell’arcidiocesi. 29 30
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L’attuale arcivescovo, monsignor Bruno Schettino (1997-ad multos annos),31 sulla scia dei suoi predecessori, segue con appassionata sollecitudine tutti gli impegni culturali che onorano la Chiesa di Capua e ne rinnovano gli antichi splendori. Da vero mecenate, incoraggia, sostiene, favorisce quanti mostrano affezione verso la ricerca di testi antichi e l’acquisizione scientifica “poiché tocca a noi non disperdere un patrimonio culturale di grande rilevanza, ma tramandare alle future generazioni un’eredità che continua ad essere patrimonio comune di fede e di cultura”.32 Nel 2005, nell’ottica di una diversa distribuzione delle risorse presenti nell’arcidiocesi, il titolare della diocesi ha nominato chi scrive direttore della biblioteca e dell’archivio storico arcivescovile, destinando il professor Ianniello ad altro incarico. In questi ultimi anni ogni iniziativa intrapresa ha portato alla valorizzazione piena, ad intra e ad extra, dei preziosi fondi librari e cartacei. Per quanto riguarda la biblioteca, gli interventi ad intra si sono concentrati soprattutto sulla catalogazione informatizzata del materiale a stampa, sia del fondo antico sia di quello moderno; anche i periodici (175 titoli) sono già stati tutti catalogati. Si contano inoltre trentacinque abbonamenti a riviste specializzate. Molte energie sono state spese per sistemare il materiale archivistico in sale più idonee, ubicate sulla navata destra della cattedrale, con ingresso dal palazzo arcivescovile, tutte modernamente arredate e dotate di impianti di riscaldamento e di deumidificazione. Il materiale d’archivio, prelevato dai depositi della Curia, è stato accuratamente vagliato per stabilire gli interventi di restauro più urgenti e per una prima divisione per argomenti. Nel corso di questo delicato lavoro sono state rinvenute tredici ‘cinquecentine’ in pessime condizioni (che si aggiungono alle 308 già catalogate e in parte restaurate) e venticinque opere del Seicento, molte delle quali mutile del frontespizio e di alcune pagine finali e iniziali. Sempre nell’ambito della catalogazione si è proceduto all’inventario delle pergamene, che sono state messe a dimora nelle apposite cassettoniere: tutte necessitano di restauro per essere state a lungo ammassate in luoghi inidonei. Dallo scorso mese di aprile è iniziata la catalogazione informatizzata del materiale archivistico e già dal prossimo autunno l’utenza potrà usufruire di tale
Nato a Marigliano il 5 gennaio1941, è stato ordinato sacerdote il 28 giugno 1964; nominato vescovo nel 1987, ha retto prima le diocesi unite di Teggiano e Policastro, poi, dal 29 giugno 1979, quella di Capua. 32 B. Schettino, Prefazione, in I manoscritti della biblioteca arcivescovile di Capua, a cura di F. Ciociola, Capua 1999, p. VII. 31
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servizio. Nel contempo si è cercato di incrementare il fondo librario moderno mediante l’acquisto di opere di grande valore culturale, tra cui il Corpus Christianorum (series graeca, series latina, continuatio medievalis); Sorces Chrétiennes; gli Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Ecumenici Vaticani II; l’opera omnia di Sant’Ambrogio e quella di Sant’Agostino; la Storia del Mondo Antico, edizione italiana della Cambridge Ancient History; a esse si aggiungono le continue donazioni di monsignor Schettino e l’acquisto di opere monografiche da parte dell’arcidiocesi. Attualmente il patrimonio librario comprende 30.000 volumi a stampa, 322 cinquecentine,33 500 opere del XVII secolo, 1.600 opere del XVIII secolo e oltre 2.000 volumi dell’Ottocento; tra le opere più antiche, oltre a 50 manoscritti e tre codici miniati, si segnalano una Biblia Poliglotta (1657); P. Labbeo, Ad sacrosancta concilia...(1672); C. Baronio, Annales Ecclesiastici...; Delle antichità di Ercolano (1771); J. Gronovius, Thesaurus graecarum antiquitatum (1697); Quintus Horatius Flaccus, Opera (Parma, Bodoniana, 1791); Marcus Tullius Cicero, Opera (Oxoni, 1783); R. A. Vertot, Histoire des chevaliers hospitaliers de saint Jean de Jerusalem appelez depuis chevaliers de Rhodes & aujourd’hui chevaliers de Malte (7 voll., Paris, Jean Desanti, 1727). Di gran pregio è un incunabolo del 1484 della Divina Commedia di Dante Alighieri, commentata da Cristoforo Landino; l’opera, stampata dal tipografo fiorentino Michele Di Lorenzo e corredata di marca tipografica, è mutila dei fogli di guardia, ma conserva il registro finale che riporta tutte le cantiche con relative segnature. Si segnala anche il terzo volume dell’opera di H. de Segusio, Decretalium librum commentaria..., Venetiis 1560, di cui la biblioteca conserva l’unico esemplare presente in Italia. Le attività ad extra, finalizzate a una maggiore apertura al territorio, hanno inteso valorizzare tutte le occasioni contingenti per avviare e consolidare i rapporti con le associazioni culturali, le scuole e le università presenti sul territorio. Si segnala fra tutte l’istituzione, nel 2005, del premio letterario “La Scheda d’Oro”, destinato a scrittori e opere che valorizzino la cultura campana in Italia e nel mondo. L’archivio oggi è collocato in cinque nuove sale sulla navata destra della cattedrale, con accesso dal palazzo arcivescovile. Secondo i dati in nostro possesso, al momento approssimativi perché è ancora in corso il lavoro di catalogazione e sistemazione dei documenti, il materiale archivistico risulta costituito da 4125 fasci comprendenti gli anni che vanno dal 1450 al 2007; 29 volumi (restaurati
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Cfr. F. Ciociola, Le cinquecentine, cit., p. 8.
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e rilegati a cura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali) relativi alle visite pastorali svolte dal 1587 al 1970; 82 fasci contenenti gli atti e la corrispondenza degli arcivescovi Serra di Cassano, Mormile, Apuzzo, Capecelatro, Baccarini, Leonetti e Limongi ; 208 fasci che raccolgono i processi criminali e civili dal 1550 al 1700, grazie ai quali è possibile ricostruire aspetti inediti della vita religiosa e civile dell’epoca; quattro faldoni che contengono processi per magia e superstizione, dagli anni 1550 al 1710,34 con le relative sentenze del Sant’Uffizio, nonché alcuni processi contro eretici che permettono “di mettere in luce alcuni aspetti dell’infiltrazione eterodossa in Terra di Lavoro a cavallo degli ’50 del XVI secolo e i primi anni ’60”;35 55 fasci di atti della Curia concernenti gli anni tra il 1550 e il 1960; 562 fasci del Capitolo Metropolitano, con molti documenti di ecclesiastici e concorsi delle diocesi suffraganee datati dal 1599 al 1968; 230 faldoni di singoli processi, un gran numero di atti patrimoniali e di stati del clero (dal 1530 al 1930), dispacci reali (dal 1750 al 1850) e il fondo corrente. Un discorso a parte va fatto per il patrimonio pergamenaceo, seriamente danneggiato dagli eventi bellici e dalle ingiurie del tempo “e più di un rigo, che ancora cinquanta o forse trenta anni fa era leggibile o almeno decifrabile, è oggi sbiadito fino a diventare irriconoscibile o addirittura andato distrutto”.36 Nel 1957 tutte le pergamene, per iniziativa dell’arcivescovo Baccarini, furono depositate presso l’archivio di Stato di Napoli affinché ne fosse eseguito il riordinamento. Il lavoro richiese circa dieci anni e si concluse con l’inventario (ancora parziale) redatto dalla dottoressa Renata Orefice. Nel luglio 1975 le pergamene furono ritirate e molte di esse restaurate grazie all’interessamento dell’arcivescovo Leonetti; nel mese di febbraio di quest’anno tutto il materiale pergamenaceo è stato messo a dimora nelle apposite cassettoniere, sistemate in ambienti idonei alla conservazione. Dal meticoloso lavoro di riordino risulta che le pergamene sono 7296 (300 già restaurate), di cui 2792 del Capitolo e 4504 della Curia. La pergamena più antica una charta dationis, appartiene al Capitolo e risale all’agosto del 1091.37 Il fondo Pergamene della Curia comprende due pergamene dell’XI secolo, set-
34 Cfr. F. Ciociola, Un processo per stregoneria nella Capua dell’inizio del Settecento, in “Capys” XXIV-XXV (1991-92), pp. 155-161. 35 Cfr. P. Scaramella, ‘Con la croce al core’. Inquisizione ed eresia in Terra di Lavoro 1551-1554, in “Campania Sacra” XXV (1994), pp. 173-268. 36 G. Bova, Le pergamene normanne della Mater Ecclesia Capuana 1091- 1197, Napoli 1996, p. 69. 37 Ivi, p.14.
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te del XII secolo, 1050 del XIII secolo, 1230 del XIV secolo, 1300 del XV secolo, 250 del XVII secolo, 130 del XVIII secolo, 70 del XIX secolo e 30 del secolo appena trascorso. Tra le pergamene della Curia sono stati ritrovati quattro rotoli di svariati metri con inventari del Capitolo capuano e della mensa arcivescovile, i quali, per le loro dimensioni, sono stati riposti in luoghi più idonei alla conservazione. Il fondo Pergamene del capitolo comprende due pergamene dell’XI secolo, 50 del XII secolo; 430 del XIII secolo; 1210 del XIV secolo; 920 del XV secolo, 60 del XVI secolo; 60 del XVII secolo e sette pergamene databili tra il Settecento e l’Ottocento; numerose sono anche le Bolle papali e gli atti concernenti donazioni e concessioni.38 Le pergamene contengono per lo più atti di natura privata, ma non mancano documenti pubblici e semipubblici.39
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Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, 2 voll., Napoli 1960. G. Bova, Le pergamene normanne della Mater Ecclesia Capuana 1201-1228, Napoli 1998, p. 17.
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