Le vie d’accesso PUGLIA
Bari
Melfi
Matera
Potenza
A3 407 Basentana (Cartina Basilicata con indicazione delleS.S. distanze dai centri della provincia e regione)
CAMPANIA
S.S. 106 Ionica
A3
CALABRIA 3
Come arrivare a Matera La città di Matera è agevolmente raccordata alla grande viabilità autostradale Adriatica e pertanto facilmente raggiungibile con il mezzo privato. Percorrendo l’autostrada A14 si esce a Modugno-Bari e si prosegue per la SS. 96 in direzione Altamura, qui si prende la SS. 99 per Matera. Chi viaggia sull’Autostrada A3 uscito a Sicignano/Potenza deve proseguire per la SS. 407 Basentana fino a Ferrandina, e poi prendere la SS. 7 Appia fino a Matera. La città dista circa 60 Km dall’Aereoporto di Bari-Palese, cui è collegata da un servizio bus-navetta. Chi è solito viaggiare in treno può raggiungere l’importante nodo ferroviario di Bari collegato alla rete nazionale ed europea e da qui arrivare a Matera con il treno delle Ferrovie Appulo Lucane. Infine per chi viaggia in autobus c’è una fitta rete di collegamenti diretti con le province confinanti e con tutte le principali città italiane ed europee. Distanze in km da: Bari, 65 - Taranto, 75 - Potenza, 100 Napoli, 270 - Roma, 485
... Da non perdere Da quando, nel 1993, Matera è stata insignita del titolo di Patrimonio Mondiale UNESCO, le “bellezze” della città offrono ancor meglio al turista il panorama variegato di un centro caratteristico e unico nel suo genere, nel quale i richiami naturalistici fanno eco alle ricche suggestioni storicoarcheologiche, il frenetico spirito popolare della “Festa” si unisce al raffinato gusto della buona tavola e del “quieto vivere”, così tipico della cultura del nostro Sud. 4
• I capitelli in S. Giovanni, il coro in Cattedrale Austero spiritualismo e senso del sublime. Dal romanico al barocco, l’architettura chiesastica nei due esempi classici di ispirazione religiosa, anche riuniti in una complessa e unica realizzazione (il Duomo). • Il Pane Il colore giallognolo derivato dall’uso della farina di grano duro, la caratteristica forma a cornetto, un sapore inconfondibile e difficilmente superabile. A buon diritto Matera viene considerata oggi la “Città del Pane” e, orgogliosa, continua a rivendicare la propria origine contadina. • L’assalto al Carro Trionfale In ogni festa di popolo che si rispetti il Sacro si unisce al
Profano, la fede ultraterrena alla mondanità “plebea”, la preghiera allo scatenamento fisico delle passioni: la Sagra della Bruna del 2 Luglio rappresenta perfettamente il carattere contraddittorio della “Festa”; il culmine, dopo la liturgia, diventa la distruzione violenta dell’opera realizzata allo scopo di riedificare il nuovo. • Il Palombaro Lungo Nel ventre della terra, al centro della città, il fascino gotico di una suggestione “dantesca”, emblema folgorante di una civiltà antichissima e “sotterranea”. • La gita al lago Il lago di S. Giuliano è l’ideale destinazione per una escursione fuori porta dal sapore naturalistico, o anche solo per una rilassante gita domenicale. Un’oasi suggestiva, estesa per oltre 1000 ettari, che ospita migliaia di specie botaniche e faunistiche (uccelli acquatici soprattutto e rapaci). • Il Museo Nazionale Ridola Alle radici delle civiltà, per scoprire le evoluzioni della specie attraverso le produzioni dell’uomo nella preistoria e nella protostoria. Il Museo Ridola, tra i più ricchi in assoluto di reperti e testimonianze, ci fa rivivere il fascino della lenta stratificazione dei tempi.
• La Murgia Grande in panoramica La calma vasta e immobile delle rocce, la saggezza della perenne presenza nei millenni, il rumore remoto di un corso d’acqua che scorre placido nella Gravina; il paesaggio dell’altopiano murgico che si ammira dal Sasso Caveoso dice molto dell’immagine assoluta di “Natura” che si respira e colpisce senza scampo la fantasia dello spettatore. • L’arte rupestre della Cripta del Peccato Originale L’antica arte dei longobardi risalta in questa cripta medievale, tra le più belle di tutto l’insediamento rupestre. Il “Ciclo della Genesi” che vi è rappresentato è considerato dagli esperti come un altissimo esempio d’arte pittorica dell’affresco. • La Grotta dei Pipistrelli Paura e mito, segrete vie d’accesso e dimora di diavoli, leggende di tesori nascosti e di nobili sepolture. Il carattere fiabesco di questa singolare caverna, incastonata nelle rocce della Murgia, non nasconde la realtà di un sito antropico tra i più antichi e affascinanti della storia materana.
E inoltre... • L’Arcivescovado (il Salone degli Stemmi) • La chiesa di S. Pietro Barisano (le tombe ipogee)
• La chiesa del Purgatorio (la cupola lignea) • La chiesa di S. Francesco d’Assisi (il polittico di Lazzaro Bastiani) • La chiesa rupestre di S. Maria della Valle • La chiesa rupestre di Santa Barbara • La chiesa rupestre di Cristo la Selva • Il santuario della Palomba • Il convicinio di S. Antonio • La veduta dei Sassi da Murgia Timone • La veduta dei Sassi da Murgecchia • La veduta della Civita dal Monterrone • La veduta della Civita da S. Agostino • La veduta del Sasso Caveoso da Piazzetta Pascoli • La veduta del Sasso Caveoso da Via Muro • La veduta del Sasso Caveoso da Via S. Potito • La veduta del Sasso Barisano da Piazza Vittorio Veneto • La veduta del Sasso Barisano dalla Cattedrale • La veduta del Sasso Barisano dalla Torre Metellana
Da gustare... • Grano e ceci • L’agnello alla brace con patate • I dolci di Natale (pettole con miele, cartellate e strazzate) • Le chiacchiere di Carnevale • La pannarella di Pasqua • La crapiata il primo agosto • Le zeppole di S. Giuseppe
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Cenni storici
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Le origini di Matera sono avvolte nel mistero e nella leggenda, perché si perdono nella notte dei tempi. Le fonti storiche e mitologiche sono diverse e contrastanti, e molti suoi visitatori, per via dei numerosi reperti paleolitici conservati presso il Museo Nazionale D. Ridola, la ritengono abitata praticamente da sempre. Secondo la tradizione, i superstiti di Metaponto ed Heraclea, risalendo il fiume Bradano per sfuggire ai Romani, si insediarono in una nuova città che chiamarono Methera, dalle sillabe iniziali di METaponto ed HERAclea. La città nacque nei pressi della Via Appia antica che collegava Roma a Brindisi passando per la Masseria Ciccolocane, lungo la strada Matera-Altamura, il cui nome fu dato dai contadini a ricordo di un cippo segnaletico con la scritta “Hic Est Lucania”, che indicava l’antica Lucania, e la Masseria Viglione, lungo la
strada Matera-Gioia del Colle. Da sempre terra di conquista, stremata dalle scorrerie dei Goti, nel VI sec., la città fu liberata da Bellisario, Capitano dell’Imperatore di Costantinopoli rimasto per sempre nella memoria dei Materani (infatti ancora oggi Bellisario è un nome molto diffuso in città). Nell’anno 568, con l’arrivo dei Longobardi, Matera fu annessa al Ducato di Benevento ed elevata a Castaldato. Il Duca Romoaldo, minacciato da Costanzo Imperatore di Costantinopoli, nell’anno 612 la dotò di mura di cinta e la chiamò Materia, perchè abbondante di macchia mediterranea, ovvero di “materiale” ligneo di uso domestico. Passata al Ducato di Salerno tra l’847 e l’852, la città seguì le travagliate vicende della Terra d’Otranto, subendo più volte l’assedio dei Saraceni, fino all’anno 994. In quel periodo dovette subire l’affronto di essere distrutta e ricostruita più volte. Il primo Conte della città fu Guglielmo Fereback, figlio maggiore di Tancredi, conte d’Altavilla, che prese la città nell’anno 1042. Seguì il dominio dei Loffredi, sotto i quali, come ci dice il Tasso nella La Civita: originario nucleo di una città ricca di storia.
S. Francesco d’assisi: edificata in
epoca medievale, più volte ricostruita
e ampliata nel corso dei secoli, è il tipico esempio della lenta
stratificazione dei tempi presente in molti monumenti materani.
“Gerusalemme Conquistata”, molti materani partirono crociati in Terra Santa. È una nobile storia quella di Matera. Sin dal tempo degli Svevi e degli Angioini, intorno al XIII sec., la città lucana volle rivendicare sempre il privilegio di essere libera, cioè senza Baroni e alle dirette dipendenze del Re, così che quando gli Aragonesi nel 1497 la vendettero al Conte Giancarlo Tramontano, essi si riscattarono uccidendo l’inviso feudatario dopo una sommossa popolare. In questo periodo la città conobbe un notevole sviluppo demografico. Si formarono così tanti casali e, nel 1595, si contarono 18600 abitanti. Il suo prestigio fu così elevato che, nel 1663, diventò Capoluogo di una nuova Provincia: la Basilicata. Nel 1799, con l’arrivo dei Francesi nel Regno di Napoli, la città ospitò il famigerato Il Castello Tramontano (xv sec.):
il declino dell’epoca feudale risalta
nell’opera imponente e incompiuta
di questa dimora-fortezza. L’aristocratica morte del suo antico proprietario, ucciso dal popolo in rivolta, testimonia la tradizionale insofferenza del popolo materano verso l’esercizio tirannico del potere.
Cardinale Ruffo, che marciò per la Restaurazione dei Borboni. Fu questo il motivo per cui nel 1806 il Re Giuseppe Bonaparte, prima di affidare il Regno di Napoli a Gioacchino Murat, concesse la guida della Regione a Potenza.La città di Matera non fu estranea ai moti che portarono all’Unità d’Italia e può vantare tra i suoi cittadini Giambattista Pentasuglia, Tenente Colonnello di Garibaldi, medaglia d’oro al patriottismo, che tanta parte ebbe nella riuscita della spedizione dei Mille. Elevata a Capoluogo di Provincia nel 1927, Matera è famosa in tutto il mondo per i Sassi, Patrimonio dell’Umanità dal 1993.
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Matera nei Sassi
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Groviglio di grotte e di case scavate nella roccia come tane, alveare pietroso abitato da uomini, labirinto di caverne, antico regno di pastori e contadini. I Sassi sono tutto questo e molto di più, perché rappresentano senza alcun dubbio il più fulgido esempio di civiltà rupestre. Il domenicano Leandro Alberti, originario di Bologna, ci riferisce in un documento del 1553 di una affascinante tradizione imposta dai maggiorenti della città: al segnale lanciato dal banditore pubblico, dopo il tramonto, tutti dovevano accendere un lume fuori dalla propria abitazione per confondere i Sassi illuminati col cielo stellato. I Sassi sorgono nell’età del bronzo medio come piccoli centri indigeni disposti a nuclei sparsi attorno alla Civita, in piazza S. Francesco d’Assisi, sotto porta Pistola, e in piazza S. Pietro Caveoso.
In età alto-medioevale si presentano invece come tanti piccoli “Casali Rupestri”, ovvero villaggi pastorali scavati nella pietra attorno al Castel Vecchio, una fortezza longobarda che proteggeva la città fortificata e i confini del Ducato di Benevento. Il nucleo più antico della città è la Civita, su cui si erge la Cattedrale romanica. Ai lati vi sono due borghi abitati in valli profonde, chiamati rispettivamente Sasso Barisano, da Vòria, il vento gelido di Tramontana, e Sasso Caveoso, che guarda a scirocco. Il degradare delle case verso il basso lascia immaginare lo scenario descritto da Carlo Levi in una delle pagine più celebri del Cristo si è fermato ad Eboli: “... La forma di quel burrone era strana: come quella di due imbuti Veduta dei Sassi da Murgia Timone.
Panoramica della Civita: “L’edifici dela Città sono al più palacci fabricati di petra bianca quadrata e grotti cavate” (Verricelli, Cronaca, 1595).
affiancati, separati da un piccolo sperone... questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi ... hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante. E cominciai anch’io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo... uno spettacolo come quello non l’avrei mai neppure immaginato”. Qui le strade sono scalinate, realizzate sui sentieri che utilizzavano i pastori durante la transumanza. L’insediamento, partendo dall’alto, si è fermato al livello dei due “Gran Valloni” o “Grabiglioni”, tributari del torrente Gravina. Le abitazioni sono grotte scavate con facciata in muratura, disposte su vari livelli, così che il tetto di una abitazione funge anche da strada del piano superiore e viceversa. Quello che colpisce maggiormente è l’organizzazione degli spazi, sorprendentemente razionale nella sua funzione di luogo di aggregazione sociale. Le case non sono isolate, ma disposte a piccoli gruppi attorno ad uno spazio aperto semicircolare: il “Vicinato”. Composti da numerosi vicinati, i Sassi erano abitati da una società rigida e inquadrata per classi. Pastori, artigiani, contadini e borghesi avevano
regole comportamentali proprie, e tramandavano ai figli il proprio mestiere. Il dialetto è uno strano miscuglio di suoni e di parole con poche vocali, impastate di vocaboli longobardi, greci, arabi, francesi e spagnoli. Durante i periodi di pioggia, le vie dei Sassi diventano piccoli torrenti, e così dai tetti e dalle strade, attraverso canali scavati e grondaie in terracotta, l’acqua veniva convogliata nelle cisterne. Un ruolo importante era svolto dalle vasche di decantazione (infatti quando l’acqua rimane per molto tempo in una vasca, gli elementi pesanti, ovvero i metalli, si depositano sul fondo rendendo l’acqua più limpida). Per lavarsi, spesso i pastori utilizzavano l’acqua dello Jurio, un laghetto naturale dove le donne lavavano i panni e i bambini imparavano a nuotare. Per riscaldare quei tuguri, freddi d’inverno ed umidi d’estate, gli abitatori utilizzavano il calore degli animali e la fermentazione della paglia.
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L’illuminazione delle grotte, sia sulla Murgia che nei Sassi, era un rituale laborioso: in un barattolino, si metteva un po’ di acqua piovana, un po’ di olio di lentisco, ed una circonferenza sottile di ferula sulla quale poggiare una fogliolina secca di cimiciotta greca usata come stoppino. Caratteristiche sono le neviere, usate per addensare la neve d’inverno, e vendere ghiaccio imballato con paglia, d’estate. Infatti, nei giorni di festa, era solito per i materani gustare la “raschiata”, una specie di sorbetto primordiale ottenuto con ghiaccio grattato e succo di limone, di amarena, o foglie di menta. Ma al di là dell’aspetto folklorico, la storia dei Sassi è anche una storia di miseria e di degrado. Da un’indagine statistica condotta nel 1951 emersero i dati della precaria condizione igienica e sanitaria in cui versavano gli antichi rioni. Delle 3329 abitazioni dei Sassi, appena 158 erano ritenute abitabili. Matera contava allora 30390 abitanti, e più della metà della popolazione
viveva in tuguri di grotta insieme con gli animali. Il sovraffollamento e la mortalità infantile intorno al 70% posero il problema Sassi all’attenzione del mondo intero. Evacuati in seguito ad una legge speciale di risanamento firmata nel 1952, i Sassi furono abbandonati, e gli abitanti trasferiti in massa nei nuovi rioni costruiti tra il 1953 e il 1968. Gli architetti che progettarono la nuova città, Ludovico Quaroni, Luigi Piccinato e Carlo Aymonimo, disposero i palazzi a semicerchio in modo da avere uno spazio interno comune, che loro chiamavano “il Vicinato in chiave moderna”, nuovo centro di aggregazione sociale. Oggi però questo spazio aperto è diventato un ottimo parcheggio per le auto e la solidarietà del vicinato è stata sacrificata per un nuovo stile di vita. Molti definirono “trogloditico” l’antico stile di vita in senso spregiativo. Il Sasso Barisano: emblema di una secolare e singolare omogeneità strutturale tra il fattore antropico e quello ambientale.
Un gorgo naturale della Gravina: dalla conformazione profondamente incisa e irregolare, conferisce al paesaggio murgiano un aspetto arcano e suggestivo.
Si trattava in realtà di un modo diverso di intendere la vita, l’architettura urbanistica e l’organizzazione dello spazio: tutto veniva scavato piuttosto che costruito, e così facendo si ottimizzavano i materiali e le superfici disponibili risparmiando lavoro e risorse. I Sassi, svuotati dei loro abitanti, furono ridotti all’abbandono e colmati di rifiuti, finché un concorso internazionale di idee per ingegneri ed architetti, mosso da un dovere morale, ne ha avviato il recupero. Ma non tutte le case oggi sono recuperabili a scopo abitativo; solo quelle sufficientemente illuminate, per le altre, umide e buie, si cerca di favorire
l’imprenditoria giovanile con la realizzazione di Bar, Pub, ristoranti e pizzerie, e soprattutto con la rinascita dell’artigianato locale. Oggi la città si presenta con un volto nuovo: presa d’assalto da turisti italiani e stranieri tutto l’anno, rappresenta il fiore all’occhiello dell’offerta turistica regionale. In ogni angolo della città si può ancora respirare l’arte e la storia assieme alla modernità del progresso sociale. Le attività economiche sono legate soprattutto alla grande industria del salotto, che negli ultimi anni si è imposta su tutti i principali mercati. L’osservazione della terra e la ricerca scientifica, infine, la pongono all’attenzione del mondo intero per il Centro di Geodesia Spaziale “Colombo”, la punta di diamante della ricerca mondiale, ragguardevole soprattutto per la misurazione delle grandi distanze spaziali con uno strumento sofisticato: la telemetria laser satellitare lunare.
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La casa-grotta
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Nel Sasso Caveoso, la casagrotta di Vico Solitario rende nel migliore dei modi lo stile di vita dei contadini. L’arredamento della casa, con tutti gli oggetti di uso domestico, ci riporta indietro negli anni offrendoci uno spettacolo unico. La facciata in muratura addossata alla grotta scavata è dotata di un piccolo finestrino per arieggiare l’ambiente. L’interno è un vero museo della civiltà contadina: la cucina in muratura, il telaio, il tradizionale piatto di terracotta, dal quale in comune si attingeva la pietanza, il braciere, la tinozza per lavare i panni e il timbro del pane, per riconoscere il proprio pezzo dopo la cottura al forno comune.
Il letto, col materasso pieno di lana e foglie di granturco a seconda delle stagioni dell’anno, era molto alto, per allontanare il giaciglio dall’umido del pavimento. Spesso sotto il letto si lasciavano maturare, avvolti nella paglia, i frutti del pero selvatico e si ospitava talvolta la chioccia con i pulcini. La stalla per la mucca, il mulo o il cavallo è posizionata in fondo all’abitazione, mentre la parte anteriore è nel contempo cucina, soggiorno, camera da pranzo e camera da letto. Tipica casa-grotta dei Sassi: culla della civiltà contadina,
Matera custodisce gelosamente
i segni della propria tradizione,
le cui radici culturali richiamano uno stile di vita vigoroso e sobrio.
Tutt’intorno si ammirano i mobili di uso domestico, tra cui il cassone del grano, la cassa per gli alimenti, il comò per gli indumenti, la cassa per il corredo portata in dote dalla moglie, e gli attrezzi usati per i lavori dei campi. Per i bisogni fisiologici, si utilizzava
il “cantero”: un vaso di terracotta verniciato svuotato quotidianamente nei Grabiglioni o sul lungo Gravina. Il sistema di canalizzazione, visibile accanto alla porta d’ingresso, convogliava l’acqua piovana nella cisterna scavata all’interno della grotta.
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