Proposte di sviluppo per la Regione Basilicata

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I proventi della vendita di questo libro servono per finanziare l’Associazione “Pinguini Lucani - Idee per la Lucania”

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Pietro De Sarlo

... NIENTE GIUSTIFICA IL FATTO CHE UNA REGIONE RICCA DI RISORSE (ACQUA, VENTO, SOLE, PETROLIO, PAESAGGI ASPRI E INCANTEVOLI, CULTURA, BUON CIBO, ASSENZA DI MICROCRIMINALITÀ E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA...) CONSENTA ANCORA OGGI CHE VENGA RUBATO IL FUTURO AI PROPRI GIOVANI...

Proposte di sviluppo per la Regione Basilicata

Pietro De Sarlo

Proposte di sviluppo per la Regione Basilicata dell’Associazione


1. I perché dello sviluppo possibile Rabbia pura nasce quando si ragiona sul fatto se la Basilicata abbia o meno le possibilità di rinascere economicamente. Guardiamoci intorno: paesaggi mozzafiato, ricchezze storiche ed archeologiche, sole, vento e petrolio per produrre energia, giovani con elevata scolarità che fanno la fortuna di altre aree del Paese e risorse economiche da dedicare allo sviluppo. Nei soli documenti esaminati nel capitolo successivo si parla di 700 milioni di euro e altre risorse ingenti sono disponibili dalle royalties dell’acqua e dalle prossime estrazioni petrolifere. All’inizio di questo lavoro mi chiedevo dove andassero a finire questi enormi fiumi di soldi, come mai la Lucania non fosse ancora diventata terra di immigrazione, per poi scoprire che la realtà, al solito, supera le migliori fantasie. Semplicemente questi soldi vengono enunciati ma mai spesi: tutto qui! Sono quindi sempre più convinto che invece partendo proprio dai nostri asset e utilizzando meglio queste risorse sia possibile lo sviluppo della nostra Terra e oltre alla critica scontata, quasi banale e stucchevole, cercherò nel seguito di indicare anche una via da seguire. 11


Ritengo, però, che sia possibile cambiare rotta facendo leva su tre elementi a nostro avviso indispensabili per rilanciare lo sviluppo dell’economia: infrastrutture, cultura e competenze che però non possono essere sviluppati con gli attuali strumenti culturali della pubblica amministrazione e della politica locale. Come vedremo nel capitolo 2, infatti, mancano in tutti i documenti di programmazione delle idee forti e trainanti dello sviluppo e a questa assenza di “visione” si associa una cronica incapacità di spesa. Quindi o la politica cambia approccio e si convince che ha bisogno di “competenze” forti dall’esterno e di apposite “business unit”, vedi cap. 4, o saremo costretti ad assistere impotenti a nuovi insuccessi e a nuove ondate di giovani che metteranno a disposizione le proprie energie a favore di altri territori. Ma la politica può cambiare? Non credo che senza la pressione della società civile questo sia possibile ma la società civile a propria volta deve acquisire consapevolezza che la politica non può più essere un macigno sulle nostre spalle e deve anche porsi il problema di come sostituire una politica ormai sorda alle istanza della società. Per questo è nata l’Associazione Pinguini Lucani - Idee per la Lucania e la stesura di questo libro.

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2. I documenti di programmazione regionale Come anticipato nella introduzione abbiamo cercato di farci una idea di quale sia la visione dell’economia e della struttura delle incentivazioni di chi governa la spesa pubblica. Pur nella parzialità di quadro i documenti esaminati, PO Val D’Agri, PIEAR e PO FESR, rappresentano un significativo ammontare di risorse di per se già sufficienti a far decollare l’economia regionale. Il tratto comune, che è presente in tutti i documenti, indica l’assenza di forti idee guida e il risultato complessivo è una parcellizzazione di interventi che alla fine rischia di non aver nessun “motore” trainante di sviluppo. A questo si aggiunge la incapacità di spesa degli enti. Troppo spesso la burocrazia e i politici preposti al suo governo ritengono che la sola individuazione delle risorse voglia dire ave fatto la propria parte. Occorre però ricordare che le risorse individuate e stanziate diventano motore economico solo quando diventano spesa. Un’altra caratteristica comune è la lunga analisi iniziale in genere molto strutturata ma con dati obsoleti ri13


spetto all’incessante rincorrersi dell’economia e quasi mai si fa un’analisi seria dei consuntivi dei singoli piani operativi per trarne conseguenze utili per il futuro. I documenti esaminati nel seguito sono facilmente reperibili in Internet e al lettore attento non possono sfuggire alcune affermazioni, contenute nei documenti, che assumono veste comica, speriamo involontaria. Una chicca per tutte tratta da pag. 7 dall’ultimo report sullo stato di avanzamento del P.O. della Val D’Agri: “il P.O. (...) rappresenta una grande opportunità di crescita economica sociale e culturale per l’intero Comprensorio”. Mica male come incipit per un report che, solo due pagine dopo, dice che su 350 milioni di euro di dotazione finanziaria complessiva dal 2003 al 2008 ne sono stati spesi 67! 2.1 Il P.O. della Val D’Agri La Basilicata ha significative risorse ambientali, energetiche, è esente da fenomeni di criminalità organizzata e non e l’attività estrattiva mette a disposizione del territorio significative risorse economiche. Per la sola Val D’Agri (un territorio di circa 25.000 abitanti) il P.O. rende disponibili 350 milioni di euro. Una cifra che dovrebbe far crescere il PIL dell’area a tassi vertiginosi anche in una situazione di crisi come quella attuale. (Fate una semplice proporzione: 350 milioni di euro per 25.000 abitanti equivalgono a 700 miliardi di euro per 50.000.000 di abitanti. In altre parole se per tutta l’Italia ci fossero le stesse risorse pro-capite da destinare allo sviluppo avremmo risolto tutti i problemi, almeno nel presupposto non scontato di una classe politica na14


zionale migliore di quella locale. Eppure utilizzare questi fondi per iniziative credibili e con i moltiplicatori classici dell’economia - 20 % capitale pubblico, 20 % capitale privato, 60 % leva - vuol dire avere a disposizione una cifra pari a 1,75 miliardi di euro). Ma tutto questo non avviene. Occorre quindi chiedersi cosa non funziona e quali sono le azioni correttive da mettere in pista. Anche perché le risorse petrolifere non sono infinite e quando finiranno resteranno probabilmente ferite sul territorio fatte di impianti sportivi lasciati decadere, aree camping deserte... Infatti: Il piano operativo della Val d’Agri Innanzi tutto alcuni dati tratti dal report al 31 dicembre 2008. Il piano parte con la Delibera di Giunta Regionale del 2003. Quindi si tratta del consuntivo di 6 anni di attività. Ad oggi su un budget complessivo di 350 milioni di euro la situazione è la seguente: (in milioni di €)

Programmato

Speso

%

Comuni

74

22

31%

Edilizia di culto

7

4,2

60%

Edilizia di scolastica

6

2,8

47%

Viabilità

50

6

12%

Sostegno all’impresa

134

29

22%

Altre e da programmare

79

3

4%

Totale

350

67

19%

15


In altri termini su un budget di 350 milioni di euro sono stati programmati interventi per 265 milioni di euro e spesi 67 milioni pari al 19%. Tra le cose che non hanno funzionato c’è sicuramente la capacità di spesa dei Comuni. Per un Comune con un ufficio tecnico esiguo sia numericamente sia qualitativamente e con dei pubblici amministratori che, nella migliore delle ipotesi sono animati dalla sola buona volontà, c’è una prima difficoltà nell’individuare gli obiettivi di spesa e una difficoltà ancora maggiore nella messa a punto delle linee di indirizzo tecnico e della gestione degli appalti. Potrei fare numerosi esempi di obiettivi sbagliati e ancora maggiori esempi sulle difficoltà di gestire la spesa. Esaminando nel particolare gli interventi previsti dai singoli Comuni si individuano due tratti generali. Il primo è il frazionamento della spesa su più iniziative, il che dimostra che nessun Comune ha una idea forte su cui indirizzare le risorse, il secondo è relativo alla mancanza di coordinamento tra Comuni limitrofi. Che senso ha che tre Comuni che distano tra loro 20 o 30 minuti di auto potenzino le aree sportive? Una volta realizzati gli impianti, p.es. le piscine, chi si accolla i costi di manutenzione? Si ha l’idea che tra qualche anno di tutto questo resterà un buon recupero della edilizia privata, facciate e simili, qualche piazza più bella e molti ruderi di impianti e aree attrezzate. Ma niente che possa far pensare a uno sviluppo duraturo della economia locale. Occorre inoltre considerare che, sommando insieme il finanziato dei Comuni, dell’edilizia scolastica e di culto e gli aiuti alle imprese turistiche (agriturismo), in realtà quasi la metà delle risorse del P.O. finanzia un unico 16


settore contribuendo a intasare quei colli di bottiglia precedentemente esposti. Non molto meglio vanno gli altri soggetti titolari della spesa (insomma tra viabilità e sostegno all’impresa anche la Provincia e la Regione non brillano!). Non è un caso che l’istituzione che spende meglio è la Chiesa con le sue Diocesi! 2. 2 Il PIEAR (Un cambio di paradigma) Uno dei miei primi maestri incontrato nel mondo del lavoro mi disse: “realizzare una impresa è come fare un tavolo. Per stare in piedi ci vogliono almeno tre gambe: i soldi, le idee e le gambe per farle camminare”. Proviamo ad applicare questo insegnamento al PIEAR.1 I soldi Esaminando il Piano si rileva che i soldi stanziati sono in misura più che adeguata. Con 60 milioni di euro si fanno tante cose. Ma i soldi di per se non hanno nessun valore. Provate a immaginarvi sopravvissuti a un naufragio con l’unica risorsa salvata con voi costituita da una valigetta piene di euro. Valore zero! I soldi, per assumere un valore reale, devono poter essere spesi e se si vuole sviluppare un progetto occorre per prima cosa avere un’idea di spesa. Le idee A pagina 117 del PIEAR si legge come: “... la Regione Basilicata sia stata nel 2005 un’esportatrice netta di energia. Il consumo interno lordo ammonta solamente al 28% della produzione totale mentre le esportazioni nette di fonti energetiche ammontano a ben 3904 ktep”. 1

PIEAR: Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale.

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Con questa premessa in linea di principio il piano energetico della regione dovrebbe assomigliare a quello del Kuwait, ossia tutto orientato alla massimizzazione dei profitti derivanti dalla vendita di energia. Tanto più che esaminando il resto del documento si scopre che nel 2020 il fabbisogno di energia scende a circa il 16-17% a causa dell’aumento delle attività estrattive. Però siccome noi lucani ci poniamo, giustamente, il tema dell’inquinamento e del riscaldamento del pianeta e siccome abbiamo un deficit di produzione di energia elettrica ci poniamo l’obiettivo di colmare questo deficit con la produzione di energia da fonti rinnovabili. Cosa sicuramente possibile poiché più di ogni altra regione italiana la Basilicata ha fonti energetiche. Dal petrolio al vento al sole e all’acqua. Ecco quindi che, a mio avviso, occorre cambiare paradigma e quindi ragionare come segue: “il problema di fondo della regione è quello di recuperare in termini di sviluppo dell’economia e di lotta alla disoccupazione, in modo da dare occasioni di crescita e progresso culturale ed economico nella regione sì da combattere la denatalità e la continua emigrazione dei giovani”. Solo se siamo consapevoli di questa necessità possiamo affrontare il tema dell’energia chiedendoci: l’enorme ricchezza di fonti di energia mette a disposizione risorse per finanziare lo sviluppo e quindi è possibile un piano energetico regionale che contribuisca a creare occupazione? In qualche modo il PIEAR si pone questo problema ma dimenticando alcune cose: - la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica crea scarsa occupazione (p. es. le tante dighe 18


che alimentano le centrali elettriche hanno depauperato la regione di tanti ottimi terreni agricoli, ma che occupazione hanno creato? Che occupazione creano le tante pale per l’eolico?); - appare velleitario ipotizzare la nascita di un indotto locale per l’istallazione di micro centrali domestiche (tutta la Val D’agri conta 25.000 abitanti e quindi non ci sono i volumi necessari di potenziale mercato per creare un indotto significativo); - non esiste nel piano una forte idea guida. È un po’ come se avendo ereditato un grosso campo uno seminasse un po’ di zucchine, un po’ di pomodori, dei fagioli... e visto che ci siamo anche la jojoba per l’industria dei cosmetici. Un campo molto pittoresco ma lontano da qualsiasi logica industriale; - singolare l’idea di fare della SEL2 la centrale di acquisto per esempio per la sanità. Occorre considerare che con ogni probabilità, in termini di consumo di energia, tutti gli ospedali e le ASL della Regione sono assimilabili alla metà dei reparti di una struttura come il San Raffaele a Milano. Ma al San Raffaele l’acquisto di energia viene fatto da un funzionario dell’ufficio acquisti. Ossia da un lato non esistono volumi sufficienti dall’altro oggi è abbastanza agevole fare shopping per acquistare energia a basso prezzo sul mercato. - ottima l’idea del centro ricerche ma mancano alcuni protagonisti essenziali ossia i produttori non solo di energia ma degli impianti per produrre energia. Se quindi provassimo a ridisegnare il piano attorno a una sola idea guida ossia il patto tra produttori di ener-

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SEL: Società Energetica Lucana

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gia, produttori di impianti e motori elettrici finalizzato a produrre in Basilicata non solo energia “eolica”, ma anche pale e motori per produrla, non solo campi di cellule fotovoltaiche ma impianti per la produzione di cellule. Se poi questo non fosse possibile, perché non ci sono le condizioni generali di mercato di un aumento di capacità produttiva allora occorrerà riconsiderare la possibilità di nuovi campi eolici in Basilicata. Infatti se la produzione di energia porta qualche spicciolo nelle casse dei Comuni l’inquinamento visivo sui crinali compromette le possibilità turistiche dell’area. Le gambe Non mi stancherò mai di ripetere che la vera necessità della nostra Regione è quella di attrarre competenze e per attrarle occorrono piani credibili ed infrastrutture (aeroporto). Queste competenze oggi mi sembra siano scarse in Basilicata e se guardiamo la SEL, che dovrebbe essere uno dei motori fondamentali del piano, viene immediata la curiosità di dare un’occhiata ai curricula dei vertici della società a partire da quello del Presidente. Proviamo quindi a dare le gambe giuste al piano, iniziandolo a riformulare mettendo attorno al tavolo gli attori giusti e chiarendo che la Regione finanzierà solo iniziative forti che producano consistente occupazione e incrementino le capacità e la cultura manageriale e imprenditoriale dell’area. Chi mettere attorno al tavolo: - Regione (ovvio); - Fiat (fare il centro ricerche motori non è solo un sogno proibito); 20


- ENI; - Enel, Sogenia; - Produttori motori per l’eolico; - Produttori cellule fotovoltaiche; - Università; - Associazioni di categoria. A questi soggetti va chiarito l’obiettivo primario, ossia lo sviluppo occupazionale. A questi soggetti si deve proporre la costituzione di una società di scopo attraverso lo strumento del private equity, in cui la Regione mette una parte consistente di denaro e gli altri attori, oltre al denaro, apportano competenze. Questa società ha la finalità di realizzare ricerca nel campo dei motori, delle costruzioni, degli impianti di produzione e di realizzare stabilimenti per la produzione delle centrali elettriche (piccole o grandi), e di produrre energia Mentre ci siamo: 1) Niente Nucleare! Il tema generale è diminuire i consumi energetici. E poi con il grado di corruttela presente in Italia (vedi la sabbia di mare per fare le case in Abruzzo) chi ci garantisce che le centrali rispettino i migliori standard di sicurezza? 2) Niente scorie! Non esiste nessun sito al mondo che garantisca la tenuta di depositi di scorie nel corso dei milioni di anni necessari al decadimento dell’uranio (vogliamo che le prossime generazioni siano costituite da mutanti?). 21


3) in Basilicata abbiamo già dato! Un insediamento di una centrale di produzione di energia con il nucleare non genera indotto, non crea occupazione e soprattutto darebbe l’alibi per riempire di scorie uno dei posti più belli al mondo (Scanzano). 2.3 Il P.O. Fesr 3 La lettura del documento sui Fondi Europei per lo Sviluppo Regionale impone alcune riflessioni. La prima, forse la più trascurabile e comune a quasi tutti i documenti di programmazione regionale, è sul piano metodologico. Il Fesr riguarda il periodo 2007-2013 e si basa su una analisi molto strutturata che usa una base dati 2004. Ora le evoluzioni a cui ci ha abituato l’economia mondiale gira ad un ritmo tale che richiederebbe maggiore prontezza e flessibilità di analisi, altrimenti, si rischia di produrre piani già vecchi al momento della loro emissione. È ovvio che le basi dati complete vengono di per se emesse con ritardo ma occorrerebbe, su queste basi dati, inserire osservatori di tendenza atti a disporre di quadri meno precisi ma più aggiornati. Detto questo all’analisi dei dati storici ed obsoleti viene dedicata buona parte del documento (circa 70 pagine) mentre appare modesta sia qualitativamente sia quantitativamente l’analisi sul piano precedente (2000-2006). La carenza di analisi, specialmente quantitativa, sul piano precedente impedisce di usare l’esperienza fatta nel passato per capire cosa non ha funzionato e cosa si dovrebbe

P.O. FESR: Programma Operativo Fondo europeo per lo sviluppo regionale

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fare.Tant’è che il nuovo piano ripercorre in gran parte il piano precedente ed è destinato ad avere la stessa sorte. Quello che colpisce è l’assenza di una idea forte su come spendere le consistenti cifre a disposizione, 300 milioni di euro non sono pochi, ma vengono vanificati e polverizzati su 86 iniziative molto disomogenee tra loro sia negli importi (si va dai 400.000 euro per le piste ciclabili ai 23 milioni di euro per la viabilità) sia nelle finalità (dalla R&ST nei centri di ricerca, item 1 del PO sulle elaborazioni politiche, item 81). In alcuni articoli di stampa, la descrizione fatta del PO appariva come fortemente orientato a finanziare la ricerca e lo sviluppo ma, in realtà, a questa voce sono dedicati circa 20 milioni di euro (anche qui divisi su numerosi progetti) e poi recupero siti industriali, trasporti e via così. Insomma pioggia di interventi e di finalità e quando piove si sa vengono bagnati sia gli orti sia le gramigne. Altra cosa che non si capisce mai nei PO riguarda i meccanismi di accesso alla spesa. Non mi stancherò mai di dire che la logica dei bandi va superata. Purtroppo, e spero vivamente di essere smentito dai fatti, si profila una ennesima delusione e verificheremo che anche questi 300 milioni rimarranno in gran parte nel cassetto. Se la Provincia di Potenza non riesce a spendere da 6 anni 50 milioni di euro per la viabilità, perché inserire altri 23 milioni nel Fesr? Misteri della politica. Come nel resto del libro dopo la critica non possono mancare le proposte e quindi: cosa dovrebbe fare la Regione? 1) Aumentare la capacità di ascolto delle Associazione delle categorie produttive della Regione, delle impre23


se regionali e no, delle Associazioni del volontariato e aumentare le “antenne” volte a individuare i settori economici e le aziende trainanti del mercato. 2) Sviluppare la capacità di selezione delle aziende separando quelle “farlocche”, che si avvicinano alle risorse lucane con intenzioni di rapina, da quelle sane che possono essere validi interlocutori per lo sviluppo. 3) Abituarsi a dare risposte certe in tempi certi alle aziende. 4) Sviluppare le capacità di valutazione delle iniziative proposte e di affidamento delle aziende 5) Modificare le logiche di finanziamento da contributi una tantum, che possono suscitare interessi tipo “prendi i soldi e scappa”, a incentivi dilazionati nel tempo e commisurati alla effettiva occupazione prodotta nell’area in modo da fidelizzare le aziende al territorio. 6) Rendere trasparenti e facili le modalità di accesso alle contribuzioni inserendo la figura del tutor. 7) Aumentare le capacità di spesa degli enti pubblici costituendo unità specifiche che creino economie di scala e di scopo e soprattutto curve di esperienza e competenze specifiche e non generaliste. 8) Attrarre competenze qualificate dal resto del Paese per la realizzazione dei piani e programmi. Fatto tutto questo occorre ridefinire gli obiettivi del piano e produrre un piano di maggior concretezza. Ma tutto questo presuppone il riconoscimento della “insufficienza culturale” della classe dirigente lucana e questo riconoscimento non potrà avvenire autonomamente ma dovrà essere spinto dalla società e dalle Associazioni come la nostra.

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2.4 Le risorse complessive Il 13 luglio scorso è stato presentato il documento che mette insieme le cifre complessive per rilanciare lo sviluppo della Basilicata. Si tratta di un documento in pdf facilmente reperibile in Internet.4 Nella pagina seguente, la tavola di sintesi sulle risorse disponibili sui vari strumenti di programmazione economica. La lettura dei documenti di programmazione regionale, oltre che la citata documentazione in pdf, non rende affatto semplice avere un quadro chiaro delle linee complete di sviluppo ma le domande che sorgono spontanee dalla lettura di questi documenti sono tre: 1. Quali sono le idee forti trainanti lo sviluppo? 2. In quali settori economici? 3. Con quali partner si intende realizzarli? PoichÊ non troviamo risposte convincenti a questi interrogativi ci sembra che i piani previsti manchino di concretezza e di reali progetti operativi e che le risorse individuate siano destinate a trovare scarso impiego nello sviluppo. Uno sviluppo reale e progetti concreti sono a nostro avviso possibili solo attraverso un adeguato sviluppo di: 1. Infrastrutture 2. Cultura 3. Competenze

4 http://www.regione.basilicata.it/presidenza/default.cfm?fuseaction= linkdoc&doc=1980&link=1982

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