Veins n1

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Numero UNO

Rivista tecnico-scientifica on-line a diffusione mirata • Organo ufficiale della AFI - Associazione Flebologica Italiana

AFI, un anno insieme Ricordo di Mihail Georgiev

La flora batterica aerobia ed anaerobia nelle ulcere flebostatiche degli arti inferiori Appuntamenti 2010

Foam sclerotherapy: a possible cause of ischaemic stroke? Questionario AFI

Metodo semplificato di iniezione endovenosa di micro mousse di Trombovar® all’1% con ago cannula (metodo MS): un’efficacia stabile confermata dai risultati a 2 anni

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Le malformazioni vascolari come causa di tromboembolismo cronico e ipertensione polmonare


È un supplemento de

Organigramma AFI

L’AMBULATORIO

MEDICO

Autorizzazione Tribunale di Bologna n. 7071 del 05/12/2000

Presidente

Direttore responsabile de L’Ambulatorio Medico Marco Montanari

Dr. Alessandro Frullini info@associazioneflebologicaitaliana.it

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VALET S.r.l. Via dei Fornaciai 29/b - 40129 Bologna Tel. 051.63.88.334 - Fax 051.32.68.40 edizioni@valet.it - www.valet.it

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Diffusione nazionale

Medici specialisti in: anestesia e rianimazione, Angiologia e Flebologia, chirurgia generale, chirurgia plastica, dermatologia, dietologia, endocrinologia, fisiatria, malattie reumatiche, medicina sportiva e patologia vascolare, centri di medicina e Chirurgia Estetica, estetica medica, medici di base, studi privati di agopuntura e mesoterapia, infermieri professionali, ambulatori di chiroterapia, fisioterapia, fisiokinesiterapia e massaggi, poliambulatori, case di cura e cliniche private, direttori sanitari: A.S.L., ospedali, stabilimenti termali, associazioni e istituzioni sanitarie, istituti scientifici e di ricerca, docenti e corsisti Divisione Didattica VALET: C.P.M.A. e C.E.D.A.

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Dr. Maurizio Ronconi ronconi@med.unibs.it Dr. Vincenzo Mattaliano vmat@libero.it

Responsabili VEINS Dr. Maurizio Ronconi ronconi@med.unibs.it Dr. Paolo Casoni casonip@tin.it

Segreteria Elisa Bertocchi segreteria@associazioneflebologicaitaliana.it

Rappresentanti regionali Dr. Sergio Amitrano - Campania Dr. Giuseppe Caprarola - Umbria Dr. Paolo Casoni - Emilia Romagna Dr. Pietrino Forfori - Liguria Dr. Demetrio Guarnaccia - Campania Dr. Oronzo Walter Loparco - Abruzzo Dr. Cesare Moretti - Sardegna Dr. Gianfranco Nero - Lazio Dr.ssa Patrizia Pavei - Veneto Dr. Michele Rendace - Calabria Dr. Maurizio Ronconi - Lombardia


AFI, un anno insieme

EDITORIALE DI Dr. Alessandro Frullini Presidente AFI

L’

AFI è ormai una realtà consolidata della flebologia italiana e sembra strano pensare che siamo nati da poco più di un anno: evidentemente il bisogno di qualcosa di nuovo era fortissimo in tutti noi. In questo poco tempo il numero di associati è lievitato a circa 150, tutti regolarmente iscritti e paganti. La vostra fiducia è fonte di grande soddisfazione e nel contempo sentiamo il dovere a un impegno costante per la flebologia italiana.

In questo anno ha suscitato molto interesse la nostra azione sull’AIFA nei confronti della schiuma sclerosante. L’AFI rivendica con orgoglio la sua azione per qualificare il trattamento con schiuma sclerosante e continueremo su questa strada fino a che non saranno chiariti tutti gli aspetti normativi e legali. Per quello che riguarda le interpretazioni faziose (per non dire sospette) di queste azioni troverete in questo numero di Veins un articolo dell’avvocato Lerro che chiarisce una volta per tutte la situazione .

*

Sono state già organizzate le rappresentanze regionali in molte parti d’Italia e ci aspettiamo nei prossimi mesi nuove iniziative a livello locale per le quali l’impegno dell’AFI sarà costante e fattivo. A nome dell’AFI desidero ringraziare tutti i rappresentanti regionali per quello che faranno.

La direzione dell’AFI ha finalmente concluso un’accordo con ITAS Assicurazioni per l’assicurazione del flebologo. Questa comprende anche il trattamento off label e quindi la schiuma sclerosante. Le tariffe che abbiamo concordato sono molto vantaggiose e vi invito a confrontarle con quelle della vostra attuale assicurazione.

Sclerotherapy 2010, primo congresso nazionale dell’AFI è stato un grande successo. Una partecipazione così vasta e un livello scientifico così alto sono stati per noi fonte di grande soddisfazione e uno stimolo a continuare su questa strada. Il 26 Marzo 2011 terremo il primo AFI DAY a Bologna e invito tutti a segnare questa data sul calendario. Sarà un simposio pluritematico di un giorno ma sono sicuro non mancheranno le occasioni di confronto e di apprendimento.

Molte altre sono le azioni dell’AFI che abbiamo programmato e stiamo realizzando. Il vostro supporto è fondamentale perché non si perda l’occasione di “fare gruppo” per portare avanti il nostro lavoro in un modo finalmente “normale”. Buon lavoro a tutti

*Relazione in merito ai pareri espressi dall’AIFA Facendo seguito alle riflessioni espresse in sede congressuale, ci premuriamo di offrire una breve disamina sulla situazione normativa attuale, relativa all’impiego di farmaci sclerosanti impiegati sotto forma di schiuma, alla luce del più recente parere espresso dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

emersa l’utilità dell’impiego della cosiddetta schiuma sclerosante per la cura delle Teleangectasie, Varici di piccole dimensioni, Varici di medie dimensioni e Varici di grandi dimensioni. Il trattamento viene eseguito anche mediante l’utilizzo di un farmaco sclerosante avente, quale principio attivo, il Lauromacrogol (polidocanolo).

L’AFI promuove lo studio e la pratica della flebologia, è un’Associazione scientifica che segue con attenzione l’evoluzione di tale branca della medicina, avendo cura di valutare gli studi clinici e le nuove metodiche che il settore scientifico propone, al fine di rendersi punto di snodo per l’approfondimento delle terapie, saggiandone la terapeuticità e la possibilità di impiego.

Il farmaco in parola è commercializzato anche in Italia.

A tal fine, stante il grande interesse suscitato nel mondo scientifico dalla “scleroterapia con schiuma sclerosante” l’AFI, in persona del presidente Dottor Alessandro Frullini, si è rivolta alla competente Agenzia Italiana del Farmaco al fine di formulare richiesta di parere, prendendo spunto dalle seguenti considerazioni.

La scleroterapia eseguita mediante l’impiego del farmaco sclerosante in forma liquida è un atto medico che prevede l’introduzione, nei vasi, del farmaco sclerosante al fine di ottenere l’esito terapeutico appena descritto. Il trattamento denominato “scleroterapia con schiuma sclerosante” differisce, pertanto, dal trattamento di “scleroterapia liquida”, per lo stato di aggregazione del farmaco utilizzato, che è il medesimo, e che viene nell’una impiegato in forma di schiuma e nell’altra impiegato in forma liquida.

Da studi scientifici effettuati a livello internazionale è

Il quesito posto dall’AFI ha riguardato il quadro nor3


mativo applicabile al trattamento medico eseguito con un farmaco regolarmente autorizzato in Italia, per finalità terapeutiche rispondenti a quelle espressamente indicate nel decreto di AIC (terapia sclerosante), ma impiegato in una forma diversa (da liquida a schiuma).

dubbi sulla qualificazione giuridica del trattamento delle sclerosanti con schiuma e la sua diffusione non è mai stata rivolta ad acquisire riconoscimenti per un’autorizzazione che può essere, peraltro, richiesta solo dalla Ditta produttrice del farmaco già in commercio autorizzato per l’uso in forma liquida. Ciò posto, alla luce del parere espresso, il singolo flebologo ha poi avuto il compito e l’onere, in scienza e coscienza, di ravvisare le condizioni cliniche e giuridiche per l’adozione di un trattamento che si configura come off label, ovvero di praticare il trattamento: 1) sotto la sua diretta responsabilità; 2) previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso; 3) ove tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale. Sulla valutazione clinica che tale uso del farmaco comporta, l’Associazione non può certo sostituirsi al professionista, che rimane l’unico responsabile delle scelte terapeutiche operate per la tutela e la salute dei pazienti lui affidati.

Dalle risultanze del Tavolo Tecnico istituito dall’AFI nel maggio del 2009, al quale hanno preso parte il Presidente Dottor Frullini, il Dottor Giovanni Rocchi Medico Legale e l’Avvocato Federica Lerro, è risultato come la modificazione della forma del farmaco nel suo impiego fosse fattispecie che, in astratto, poteva rientrare nelle previsioni legislative di utilizzo del farmaco off label (art. 3 comma 2 Legge 94/98). L’art. 3 comma 2 della normativa citata conferisce, infatti, al medico facoltà, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, di impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata. Alla luce delle conclusioni rassegnate dal tavolo Tecnico, i quesiti posti all’Agenzia Italiana del Farmaco sono stati i seguenti: • Liceità del trattamento di scleroterapia mediante l’impiego della schiuma sclerosante. • Rispondenza della pratica medica descritta nel quadro normativo di cui alla legge 94/98 art. 3 (impiego del farmaco off-label).

Certi di aver reso ogni più opportuno chiarimento, porgiamo i nostri migliori saluti. di Federica Lerro Avvocato AFI e Alessandro Frullini Presidente Associazione Flebologica Italiana (AFI)

Collabora con

L’Agenzia Italiana del Farmaco, con nota 88638/P F.1 a.a./49, esprimeva il seguente parere “Il quadro normativo di riferimento è, come da Voi giustamente individuato, la legge 94/98, applicabile al trattamento medico eseguito con un farmaco regolarmente autorizzato in Italia e, in questo caso, per finalità terapeutiche rispondenti a quelle espressamente indicate nel decreto di AIC, ma impiegato in forma diversa”.

Se vuoi pubblicare un articolo o il commento ad un articolo sulla rivista VEINS invialo in formato DOCX, DOC o RTF a:

L’AIFA, pertanto, esprimeva parere circa la liceità del trattamento, ponendo i limiti dettati in materia di utilizzo di farmaci al di fuori delle indicazioni terapeutiche (c.d. uso “off Label”) limiti posti all’utilizzo dei soli farmaci industrialmente prodotti e immessi in commercio. A seguito della comunicazione del testo del parere citato sono sorte alcune riflessioni che hanno imposto alla nostra Associazione di intervenire, con un messaggio diffuso come il presente, per amore di verità.

segreteria@associazioneflebologicaitaliana.it Inserendo: • Titolo • Sottotitolo/Autore del commento • Autore • Articolo/Riassunto e Commento • Riferimenti bibliografici

In nessuna comunicazione istituzionale, formale e informale, così come in alcuna delle comunicazioni congressuali promosse dall’AFI, è stato mai definito il parere espresso dall’Agenzia Italiana del Farmaco come “autorizzazione all’uso della schiuma sclerosante”. Il parere espresso dall’Agenzia ha infatti avuto il pregio, a impulso dell’AFI, di rendere chiara la qualificazione giuridica del trattamento delle sclerosanti con schiuma sclerosante, e la questione ha riguardato limitatamente un farmaco non ancora approvato in forma di schiuma. Il parere ha pertanto prodotto il solo effetto di fugare i

i testi NON DEVONO essere stati pubblicati altrove 4


Mihail Georgiev

RICORDO DI Dr. Stefano Ricci - RM varicci@tiscali.it

(22.03.1949 - 07.06.2010)

Michele ci ha lasciato dopo una lotta tanto coraggiosa quanto disperata, come succede per le imprese eroiche (simboliche, ma senza risultato). Con Michele ho avuto rapporti “intimi” di lavoro. Veniva nel mio studio per operare, insieme, i suoi pazienti che necessitavano di safenectomia. Come sempre in questi casi, si finiva per parlare di tante cose al di fuori del lavoro, e le nostre comuni origini balcaniche hanno catalizzato delle affinità naturali. Il nostro sodalizio è durato molti anni ed è finito quando abbiamo orientato il trattamento delle safene verso orizzonti più conservativi o, comunque, meno aggressivi. Era facile collaborare sul campo, era difficile andare d’accordo sul resto. Due litigate rimangono memorabili: una di politica (lui di destra, anticomunista per aver vissuto il regime bulgaro), una di religione (lui era “creazionista” senza nessuna ombra di dubbio). Ma discutere fa bene, ed alla fine rimangono le esperienze comuni, come aver comprato contemporaneamente il primo Eco-Doppler ed averne elaborati i risultati (Georgiev M. The preoperative duplex examination. Dermatol Surg 1998 24:433-440; Ricci SS, Georgiev M Ultrasound anatomy of the superficial veins of the lower limb. J Vasc Technol 2002; 26: 183-199), aver basato il trattamento della malattia varicosa sulla flebectomia ambulatoriale (tanto che alla fine ne è venuto fuori un libro scritto a quattro mani : Ricci S, Georgiev M, with Goldman P: Ambulatory Phlebectomy. A practical guide for treating varicose veins. Mosby St.Louis, 1995), aver fatto parte di un gruppo di amici che si occupano di flebologia (Flebo Club). Oltre ai comunisti odiava la CHIVA, ma più per partito preso che per vera convinzione. Portava ai Congressi una provetta con un pezzo anatomico di giunzione Safeno femorale prelevata a un paziente operato di CHIVA come dimostrazione del fallimento della tecnica, ma alla fine utilizzava l’80 % della stessa metodica tramite la flebectomia. Il suo lavoro più importante rimane, probabilmente, quello sulla vena Femoro-Poplitea, (poi rinominata SSV Thigh Extention): Georgiev M. The femoropopliteal vein: ultrasound anatomy, diagnosis and office surgery. Dematol Surg 1996; 22:57-62.; Georgiev M, Myers KA, Belcaro G. The thigh extension of the lesser saphenous vein: from Giacominìs observations to ultrasound scan imaging. J Vasc Surg 2003;37:558–563. Michele era un medico affermato, un flebologo competente di livello internazionale, un padre

ed un marito equilibrati. Per ottenere questo nulla gli è stato regalato. Era fuggito dalla Bulgaria, era stato nel campo profughi di Latina, si era costruita una carriera senza aiuti familiari od esterni. Racconta Paolo Zamboni: “Una mattina di giugno 2002 eravamo a Berlino per una riunione dell’European Venous Forum. Mi chiese di accompagnarlo al Checkpoint Charly, il punto che separava il mondo dell’est dall’Europa libera, proprio dove i cannoni del Patto di Varsavia affrontavano quelli della NATO. Mihael si era commosso richiamando alla mente i suoi ricordi e scoppiò in lacrime. Ci rifugiammo in un caffè vicino. Mi raccontò della sua rocambolesca fuga dalla Bulgaria, nascosto dentro una macchina con sua madre, terrorizzato. Mihael passò inizialmente in Svizzera dove, giovane Dottore imparò l’arte della scleroterapia da Sigg, il maestro in persona.” Anche il commiato ultimo è stato duro, sempre in lotta. Anche durante questa lotta però la sua mente non poteva fare a meno di elaborare idee, e proprio la forzata inattività lavorativa ha dato alimento alla sua ultima produzione, questa volta di argomento teologico: M.Georgiev. Charles Darwin – Oltre le colonne d’ercole – Protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle origini e sull’evoluzione. Gribaudi Milano 2009. Alla fine ciò che rimane di ognuno di noi, è il segno, qualunque esso sia, che che lasciamo nel mondo nel quale siamo vissuti. Questo segno Michele ce l’ha senza dubbio lasciato. Le foto allegate sono una ufficiale ed una curiosa (fornitami da Attilio Cavezzi) che rispecchio perfettamente il personaggio di Michele. E una foto scattatagli mentre esegue su sé stesso una flebectomia in anestesia locale, dimostrando originalità, coraggio, indipendenza, abilità e fiducia nella tecnica di Muller, che coltivava con entusiasmo.

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La flora batterica aerobia ed anaerobia nelle ulcere flebostatiche degli arti inferiori

Dr. Paolo Casoni - PR casonip@tin.it Dr. Fabio Villa - PR casonip@tin.it Dr. Piero Corona - PR pierocoro@virgilio.it Dr.ssa Anna Avanzi - PR ippocrateparma@virgilio.it

Centro Flebologico Hospital Piccole Figlie - Parma Centro Ippocrate – Vein Clinic – Parma Direttore: Dr. Paolo Casoni

SOMMARIO

che attribuiscono alle infezioni un ruolo controverso nel ritardare o, paradossalmente stimolare la fibroblastogenesi ed infine la riepitelizzazione [2-6].

La presenza di germi saprofiti o patogeni negli essudati delle ulcere da stasi ha un ruolo controverso. Se è infatti possibile escludere un ruolo eziopatogenetico dell’infezione sulla formazione dell’ulcera, non è chiaro il ruolo dei germi nella evoluzione della stessa. Vengono riportati i risultati in 287 ulcere esaminate, laddove una popolazione batterica era documantata nel 96,5% dei casi, di cui solo nel 37% erano presenti patogeni con una popolazione superiore a1 106. Vengono analizzate le relazioni tra i vari patogeni presenti e gli effetti sulla riepitelizzazione, delineando alcuni aspetti terapeutici chiave nelle varie situazioni.

MATERIALI E METODI

In un periodo di 3 anni sono state esaminate e trattate 287 lesioni ulcerative agli arti inferiori. In 251 casi (87,4%) erano presenti le stigmate della insufficienza venosa cronica, pertanto furono classificate come flebostatiche pure, mentre nel restante 12,7% erano presenti altre cause (Tab. I - II).

CAUSE DI LESIONI ULCERATIVE AGLI ARTI INFERIORI:

SUMMARY

• Stasi venosa • Insufficienza arteriosa • Traumi

The presence of pathogenic or saprofitic germs in leg ulcers exudates plays a controversial role. It is infact possible to exclude a pathogenetic cause of infection on ulcer formation, nevertheless it is not clear it’s part in ulcer evolution. The Authors report exudates sample results in 287 ulcers examinated. It was documented germ cohesistence in 96,5% of cases, yet a population superior at 106 has been faund only in 37% of cases. In the present report the relationschip among the various germs found in the ulcer’s ecxudate are discussed and some therapeutical aspects are stressed.

PATOLOGIA Insufficienza Venosa Miste

(Arteriosa e venosa)

26 / 9, 0% 7 / 2,4%

Carcinoma

2 / 0,6%

(Spinocellulare, kaposi)

Altre Cause

(Stafilococcia sistemica)

Le ulcere da stasi agli arti inferiori sono comunemente sede di colonizzazione batterica da parte di germi cutanei saprofiti o di altri patogeni con cui il paziente viene in contatto. Se è quindi possibile escludere un ruolo eziopatogenetico dell’infezione sulla formazione dell’ulcera, non è ancora chiaro quale ruolo possano avere alte concentrazioni di microorganismi nella evoluzione clinica della stessa. Sono riportati in letteratura dati clinici e sperimentali

251/ 87,4%

Malattie Sistemiche

(Collagenopatie, diabete ecc.)

INTRODUZIONE

NUMERO/ %

1 / 0,3% Tab. I

Nel presente studio sono state considerate solo le lesioni flebostatiche pure in pazienti che non presentassero concause che potessero alterare i partametri in esame; sono stati altresì esclusi pazienti diabetici e precedentemente sottoposti a terapia antibiotica sistemica e/o locale. Non 6


Dermatopatie

ipertensione arteriosa, diabete, gotta, anemia falciforme, policitemia, talassemia, crioglobulinemia, Crohn, colite ulcerosa pemfigo, granuloma piogenico, impetigine, psoriasi

Collagenopatie

artrite reumatoide, P.A.N., sclerosi sp., lupus eritematoso sistemico

Malattie Infettive

stafilococia, sifilide, lebbra, t.b.c., carbonchio, micosi, lehismaniosi, tularemia

Malattie Sistemiche

Stasi Linfatica Cronica Neoplasie

carcinoma squamoso, basocellulare, sarcoma di Kaposi Tab. II

sono stati considerati un limite l’età, il sesso, l’estensione o particolari caratteri di gravità della lesione ulcerativa. In ultima analisi la popolazione in esame è risultata essere di 218 ulcere in 210 pazienti, di cui 165 (78%) di sesso femminile e con età compresa tra 34 e 78 anni (media 65,3). Per ciascun paziente si provvedeva, in occasione della prima visita, ad effettuare una accurata registrazione dei dati clinici generali e delle caratteristiche morfologiche della lesioni (sede, dimensioni, margini, fondo, cute circostante) provvedendo altresì ad una documentazione iconografica mediante fotografia digitale. In tutti i pazienti si provvedeva a prelevare un doppio campione per esame colturale per aerobi ed anaerobi. Tutti i pazienti sono stati trattati mediante elastocompressione, preferendo la terapia antibiotica sistemica solo nei casi con segni locali o sistemici di provata infezione e solo sulla scorta dei risultati microbiologici [4].

PREVALENZA DI POPOLAZIONI AEROBIE Solo Aerobi 64 / 62, 1% Mista Anaerobi

39 / 37,8 % 0 Tab. III

vedeva maggiormente rappresentati i Bacteroides, nelle varietà Melaninogenicus (34,6%), Fragilis (15,4%) ed infine Eikenella Corrodens ed altri meno noti nel 7,6% dei casi. Altri anaerobi come l’Acinetobacter calcoaceticus, la Klebsiella e la Serratia sono stati isolati 3 volte ciascuno, altri come B. intermedius, Fusobacterium, Peptostreptococcus, enterococchi una volta ciascuno (Tab. IV). Tutti gli anaerobi sono stati isolati in pazienti con ulcere croniche, datanti da più di 3 mesi e con scarsa toilette domiciliare. La guarigione completa delle ulcere è avvenuta dalle 4 alla 24 settimane di trattamento a seconda dei casi [5], tuttavia abbiamo osservato che le ulcere con infezione conclamata, fondo scarsamente granuleggiante e/o francamente “biancastro”, margini sottominati, cute circostante in preda a fatti flogistici franchi, necessitavano di terapia antibiotica sistemica per ottenere un significativo miglioramento clinico [4]. Altre lesioni, anche piccole, ma decisamente fibrosclerotiche e in presenza di una cute lipodermatosclerotica e discheratosica, pur in assenza di fatti infettivi, presentavano lunghissimi tempi di guarigione a dispetto di un trattamento elastocompressivo corretto.

RISULTATI

I risultati degli esami batteriologici hanno mostrato la presenza di una popolazione batterica in 277 casi (96,5%), tuttavia la concentrazione di 106 è stata raggiunta in 103 pazienti, pari al solo 37% dei casi. La presenza di batteri in sé, senza che raggiungano una determinata conentrazione, non va considerato elemento aggravante o ritardante la guarigione, infatti paradossalmente in alcuni casi la presenza di stafilococco <106 determina un impedimento alla crescita dello pseudomonas, favorendo così indirettamente la riepitelizzazione (1-3-6), così come la presenza di proteolitici in bassa concentrazione favorisce la naturale “toilette” del letto della lesione, anche in questo caso favorendo indirettamente la restitutio adintegrum [5]. L’analisi complessiva dei 103 casi ha mostrato trattarsi nel 37% di flora batterica mista (aerobia ed anaerobia) e da soli germi aeorbi nel 62, 1% del totale; in nessun caso è stata documentata una infezione sostenuta da soli germi anaerobi (Tab. III). In linea con quanto riscontrato in letteratura [3] i microorganismi di più frequente riscontro sono stati gli Stafilococchi, in particolare la variante Aureus, lo Pseudomonas ed infine gli Streptococchi. Sono altresì stati isolati saprofiti gram negativi e, sebbene più raramente, altri gram positivi. La concomitante coabitazione di flora anaerobia

DISCUSSIONE

I risultati degli esami microbiologici effettuati documentano la presenza di una flora batterica mista e con netta prevalenza di microorganismi aerobi.. In accordo con quanto scritto da Ramelet [6] il problema della colonizzazione dell’ulcera riguarda la potenzialità distruttiva di un germe solo se in elevate concentrazioni e solo in presenza di concomitanti fattori sistemici di rischio (immunosoppressione, diabete mellito ecc.). In questi casi è perentoria la terpia antibiotica sitemica sulla guida dell’antibiogramma previa generosa toilette prima di un bendaggio occlusivo. Il rischio di incorrere in complicanze più gravi (cellulite necrotica, fascite necrosante, setticemia) deve essere te7


GERMI ISOLATI DALLE ULCERE Staphylococcus Aureus

49

47,5%

Pseudomonas Aeruginosa

50

48,5%

Escherichia Coli

27

26,2%

Streptococcus Pyogenes

23

22,3%

Proteus Mirabilis

20

19,4%

Staphylococcus Albus

12

11,6%

Streptococcus Viridans

9

8,7%

Acinetobacter Calcoaceticus

3

2,9%

Enterococcus

3

2,9%

Klebsiella

3

2,9%

Serratia

3

2,9%

Candida Albicans

9

8,7%

Bacteroides Melaninogenicus

39

37,8%

Bacteroides Fragilis

16

15,5%

Eikenella Corrodens

2

1,9%

Bacteroides Intermedius

1

0,9%

Fusobacterium

1

0,9%

Peptostreptococcus

1

0,9%

Fig. 1: Vasta lesione ulcerativa con fondo necrotico e margini sottominati. Infezione mista

la crescita in vitro dello stafilococco, dello pseudomonas e del Proteus [6]. Paradossalmente in molti casi si assiste ad una inspiegabile “autopulizia” del fondo necrotico che noi attribuiamo sovente alla nostra abilità, invece va tenuto presente che molte specie, cosìdette proteolitiche, favoriscono, in misura sempre controllata, (<106), la detersione spontanea della ferita. Questo concetto di “Biochirurgia” è fonte di studio in alcuni centri ospedalieri per favorire in certi casi particolari la formazione molto rapida di un buon tessuto di granulazione (Fig. 3 - 4). Altri studi hanno altresì riportato che la terapia antibiotica sistemica non presenta una chiara efficacia nel ridurre complessivamente il tempo di riepitelizzazione, anche se è noto che in assenza di arteriopatia obliterante, l’antibiotico raggiuge la superficie dell’ulcera [7] Altri studi ne raccomandano invece l’uso [5], quindi la scelta della terapia sistemica nelle ulcere deve essere ben ponderata e limitata a situazioni cliniche ben

Tab. IV

nuto sempre presente; d’altra parte va altresì considerato che il trattamento antibiotico sistematico non è corretto per il rischio di selezionare specie batteriche multiresistenti (Ploy). La sovrainfezione anaerobia ha un significato peggiorativo nella evoluzione della lesione, già Ryan aveva osservato che si può creare in questi casi un sinergismo tra aerobi ed anaerobi, in particolare questo avviene nelle ulcere con un fondo necrotico (Fig. 1), infatti il materiale di degradazione tessutale favorisce sia lo sviluppo di germi proteolitici creando poi le condizioni anche per lo sviluppo di specie anaerobie. Il decorso clinico più lungo ed indaginoso per le ulcere callose, quindi croniche, con sovrainfezione batterica (Fig. 2) potrebbe esseere dovuto, oltre alla particolare scarsa responsività della cute lipodermatosclerotica alla crescita, anche al concomitante rallentamento proliferativo indotto dal sinergismo batterico. La possibilità di accelerare i tempi di guarigione delle lesioni di questo tipo in corso di trattamento con metronidazolo [1], confermerebbe il ruolo patogenetico delle infezioni miste nella evoluizone clinica successiva. Una lesione ulcerativa può ospitare anche specie diffferenti di germi aerobi, (31% dei casi nella nostra esperienza), tuttavia le interrelazioni tra i vari germi non sono ben note. Lo stafilococco ad esempio aumenta la tossicità tissutale del proteus [6], mentre un esempio di coalizione favorevole è quella tra lo streptococco beta emolitico che inibisce

Fig. 2: Ulcera plurirecidiva, cronica, con cute lipodermatosclerotica, infetta

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Fig.3 - 4: Medesimo paziente. Esempio di infezione mista con stafilococco e pseudomonas (proteolitici) che hanno “collaborato” controllati, nella naturale detersione della lesione

sufficiente a dirimere un dubbio sulla natura del germe in esame. Ad esempio lo stafilococco determina una flogosi severa del tessuto circostante con epidermolisi ed aggravamento rapido ed estensione della lesione con severa ed ingravescente disepitelizzazione, mentre lo pseudomonas può essere ritrovato al solo esame della garza che presenta un tipico colorito verdastro (Fig. 5 - 6). In ultima analisi una accurata valutazione clinica permette nella stragrande maggioranza dei casi di capire quale può essere il grado di colonizzazione batterica e di che tipo. Questi elementi consentono, quando necessario, di intraprendere una terapia antibiotica sistemica prima che giungano gli esiti di un eventuale tampone con uin rischio di errore molto basso; va poi ricordato che talvolta il tempo necessario per avere un antiobiogramma supera le 36 ore, mentre quando si diagnostica una infezione di grado più o meno severo, più tempestivo è il trattamento migliore è la prognosi.

definite, laddove infatti sussista il pericolo di una complicazione sistemica, oppure nei casi in cui un sinergismo negativo tra più germi ne possa aggravare l’evoluzione. Resta tuttavia indispensabile in caso di grave flogosi dei tessuti molli periulcerosi, e quando è presente una notevole crescita di un singolo agente microbico. Resta da definire un protocollo uniformabile e standardizzabile in tutti i casi, quindi è sempre la valutazione del singolo caso a regolare la necessità di un approccio integrato mediante quello o un altro antibiotico, oppure dall’astenersi. Va tenuto presente che in ogni caso in cui l’apporto di un antibiotico potrebbe giovarci, dobbiamo eseguire un esame colturale per avere la certeza del patrimonio batteriologico di quella particolare lesione e quindi lasciarci guidare nella scelta. In molti casi l’aspetto clinico obiettivo della lesione, ed altre volte della stessa medicazione può essere

BIBLIOGRAFIA 1. Baker PG, Haig G. Metronidazole in the treatment of chronic leg ulcers. A comparison with standard treatments in general practice. The Practitioner 225,569, 1981 2. Hopkins NFG, Jamieson CW, Antibiotic concentration in exudate in venous ulcers: the prediction of ulcer healing rate. Br. J. Surg. 70,532, 1983 3. Ramelet A.A. Bactèriologie de l’ulcere de jambe. Phlebologie 21, 177, 1992 4. Alinovi A., Bassissi P. Pini M., Systemic administration of antibiotics in the management of venous ulcers. J Am Acad Dermatol 15, 186, 1986 5. Casoni P. Chronic leg ulcers - Randomized trial using new topical colloids and Bandages. W:P:De Groot Recipient. 16th Annual Congress A.C.P. – November 2002- Abs. P. 156. 6. Ramelet A.A. Ulcer de jambe-Bacteriologie –Phlebologie 52,4,393, 1999 7. Annoni F. et Al. Bacterial growth in venous ulcers of the lower extremity and its sensivity to antibiotics. Vasc Surg. 23, 161, 1989

Fig. 5: 6 Infezione da Pseudomonas. Tipico colorito verdastro della garza

Fig. 6: Infezione stafilococica

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HELIOS Hauttumorzentrum ErfurtAnsprechpartner: Kerstin Pethes, 
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Foam sclerotherapy: a possible cause of ischaemic stroke?

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Edoardo Cervi - BS edoardo.cervi@libero.it

La terapia con schiuma sclerosante: una possibile causa di stroke ischemico? J Neurol Neurosurg Psychiatry 2010; 81: 582-583 Candice Picard, Bertrand Deltombe, Cecile Duru, Olivier Godefroy, Jean –Marc Bugnicourt

RIASSUNTO

Nella discussione gli Autori riesaminando la Letteratura Scientifica, evidenziano i possibili tre meccanismi responsabili delle complicanze neurologiche maggiori post trattamento con schiuma: 1) il tromboembolismo paradosso; 2) l’embolia gassosa; 3) il vasospasmo. La diagnosi di probabile embolia paradossa richiede: a) l’evidenza di un embolia arteriosa; b) una comunicazione tra la circolazione di destra e di sinistra (pervietà del forame ovale); c) presenza di embolia polmonare o identificazione di un trombo nella zona di comunicazione dx sx; d) assenza di altre cause. La prima ipotesi è chiamata solitamente in causa anche quando vi è il riscontro di una TVP in assenza di una embolia polmonare. Hanisch et al (Eur J Med Res 2004), Bush et al (Phelebology 2008) riportano un associazione tra schiuma sclerosante e stroke. Foorle et al (J Vasc Surg 2006) descrivono eventi neurologici verificatesi pochi muniti dopo l’iniezione della schiuma ipotizzando come causa l’embolia paradossa delle schiuma e /o embolia gassosa per pervietà del forame o vale. Per quanto riguarda il l vasospasmo non è stato ancora ben chiarito attualmente il suo possibile ruolo (Foorle et al J Vasc Surg 2006). Nel loro case report gli Autori attribuiscono l’infarto cerebellare al tromboembolismo parodosso; essi ritengono che la tromboflebite superficiale possa essere stato il primum movens dei problemi cerebrali del paziente anche in assenza di una TVP, in quanto anche una tromboflebite superficiale, (come per altro riportato in Letteratura - Hill et al Phlebology 2008) può causare le stesse complicanze di una trombosi profonda. La concomitanza poi della PFO e dell’aneurisma del setto ha permesso lo shunt dx-sx con conseguente embolia paradossa a livello cerebellare. In conclusione questo caso supporta la possibilità di stroke conseguente al trattamento dell’insufficienza venosa con schiuma sclerosante in pazienti con shunt atriale.

Gli Autori descrivono il caso di un paziente di 33 anni, fumatore ed obeso, con insufficienza della grande safena, trattato nell’Aprile 2008 con schiuma sclerosante. La grande safena è stata incanulata sotto guida ecografica, sono stati iniettati 4 cc di schiuma di polidocanolo allo 0,5 %, prodotta secondo il metodo Tessari. Durante l’iniezione la cross safeno-femorale è stata compressa per intrappolare la schiuma nella safena ed è stato confezionato un bendaggio elasto compressivo. Il paziente è stato dimesso senza nessuna complicazione. A distanza di 4 ore il paziente accusa nausea ed un intensa vertigine, che viene trattata con anti infiammatori. Dopo 5 giorni il soggetto ha uno stroke (4/42 secondo la National Institutes of Health Stroke Scale) che si manifesta con paresi facciale sinistra, disartria ed emiatassia; si associa ipertermia del braccio e della gamba destra. La Risonanza Magnetica dell’encefalo evidenzia un infarto cerebellare destro nel territorio dell’arteria cerebellare superiore. La AngioRM è normale, evidenziando solamente un’arteria vertebrale destra dominante. Il paziente esegue anche radiografia del torace, elettrocardiogramma ecocolor doppler dei tronchi sovra aortici, doppler transcranico, ecocardiogramma trans toracico, tutti risultati nella norma. Gli esami di laboratorio, inclusa la funzionalità tiroidea, l’emogas analisi, il test della sifilide sono normali. Non si evidenziano alterazioni della coagulazione. L’ecocardiogramma trans esofageo rileva una pervietà del forame ovale con shunt destro-sinistro e la presenza di un aneurisma del setto dell’atrio (17 mm); le valvole cardiache risultano nella norma, non calcificazioni aortiche e assenza di ipertensione polmonare. Il paziente esegue anche un ecocolor doppler venoso degli arti inferiori che riscontra la presenza di una trombosi della grande safena estesa sino alla giunzione safeno-femorale senza TVP. Il paziente, dopo opportuna fisioterapia e terapia anticoagulante, viene dimesso in buone condizioni generali in decima giornata (National Institutes of Health Scale = 0) 12


COMMENTO

mente sicuri ma in quanto invasivi non esenti completamene da complicanze. Perchè se vogliamo fare diagnosi di PFO non possiamo affidarci solamente ad un ecg o ad un ecocardio gramma trans toracico ma ad accertamenti più sensibili e specifici quali l’ecocontrastografia bidimensionale e l’ecocardiografia trans esofagea color doppler. Il problema è dunque identificare i soggetti a rischio e quali sono queste persone? • Pazienti giovani di età inferiore ai 60 anni colpiti da uno o più episodi di ischemia cerebrale la cui causa non sia stata determinata e si sospetti un’embolia cerebrale paradossa (la causa di un episodio di ischemia cerebrale rimane sconosciuta nel 35-40% dei casi); • Pazienti che riferiscono emicranie, vertigini, sintomi neurologici e/o visivi non adeguatamente indagati. Purtroppo, come in questo caso non sempre è possibile accertare il paziente portatore di patologia cardiaca. Un’altra osservazione che mi sembra importante sottolineare, è il dato riscontrato all’ecocolor doppler venoso agli arti inferiori di trombosi venosa superficiale della grande : ogni paziente sottoposto a schiuma sclerosante sviluppa un tromboflebite chimica del vaso trattato, gli Autori non chiariscono se la tromboflebite riscontrata all’ecocolor doppler è la schiuma all’interno della vena o una vera e propria trombosi dovuta alla cascata coagulativa. L’effetto della schiuma sclerosante è proprio quello di obliterare il vaso trattato e di sviluppare una sclerosi endoteliale, quindi la trombosi la farmacologica c’è sempre nel vaso trattato ed è chiaro riscontrarla al controllo ecografico, il problema sta invece nella pervietà del forame ovale che evitando passaggio nel circolo polmonare, fa saltare al flusso sanguigno quel filtro naturale rappresentato dagli alveoli polmonari, permettendo il passaggio di sostanze direttamente all’encefalo. Un dato interessante è inoltre il problema causa-effetto. Il paziente sviluppa i primi sintomi (nausea e vertigine) dopo quattro ore, ma lo stroke compare dopo 5 giorni. Il farmaco, che ricordiamoci causa vasospasmo, probabilmente rimane intrappolato nelle arterie di piccolo calibro dell’encefalo vaso costringendole e provocando una ischemia irreversibile del parenchima cerebrale. La ripresa del paziente è stata rapida dopo 10 giorni, sarebbe stato utile a mio avviso prima della dimissione eseguire una RM dell’encefalo di controllo per verificare anche dal punto di vista strumentale l’evoluzione della lesione. In conclusione ritengo che la schiuma sclerosante rimanga comunque a tutt’oggi un trattamento sicuro se eseguito correttamente secondo le linee guida indicate dal Consensus Meeting on Foam Sclerotherapy, senza tralasciare mai una accurata anamnesi del paziente, e ricordandoci sempre che nessuna procedura in campo medico chirurgico è esente da complicanze, le quali comunque possono aiutarci a migliorare le nostre conoscenze.

Le complicanze neurologiche della schiuma sclerosante sono note in Letteratura e fortunatamente rare. Alcune volte sono dovute a procedure non eseguite correttamente ( vedi commento del Dott Tessari sul primo numero di Veins ), in altri casi anomalie anatomiche del nostro organismo ( pervietà del forame ovale, aneurisma del setto) causano la comparsa di accidenti vascolari cerebrali, già peraltro noti con il liquido sclerosante, che evidentemente con la schiuma diventano più significativi. La procedura eseguita dagli Autori, sembra rispettare quanto indicato al 2° Tengernsee Consensus Meeting on Foam Sclerotherapy riguardo agli accorgimenti da eseguire durante il trattamento, e la complicanza insorta al paziente ha verosimilmente cause da anatomofunzionali. È noto che la principale controindicazione del trattamento con schiuma sclerosante è la pervietà del forma ovale e l’aneurisma del setto interatriale: il paziente sfortunatamente conviveva con entrambe queste patologie, le quali peraltro, da quanto si evince dall’articolo, non avevano mai dato segno di sé. A livello autoptico è stato riscontrato nel 25-35% della popolazione, utilizzando l’ecocontrastografia un PFO si può rilevare nel 5-20% della popolazione adulta. La presenza della PFO aumenta il rischio di eventi cerebrali ricorrenti di circa 5 volte. Il rischio è di 30 volte, se al PFO si associa un aneurisma del setto interatriale. I soggetti con pervietà del forame ovale possono presentare emicrania con aurea con una incidenza da 2 a 5 volte quella della popolazione. La pervietà del forame ovale permetterebbe il passaggio dal versante venoso a quello arterioso. Nelle normali condizioni di vita, il PFO non comporta generalmente nessun problema( molti pazienti infatti sono asintomatici). Se invece la pressione nell’atrio destro supera quelle dell’atrio sinistro, ci può essere un passaggio di sangue nell’atrio sx ( manovra di Valsalva, immersioni subacque). Il volume di sangue che viene deviato dipende oltre che dal gradiente pressorio anche dalle dimensioni dell’apertura. Da questi pochi dati emerge dunque che già in una situazione parafisiologica quale è la pervietà del forame ovale il paziente, seppur nella maggior parte dei casi asintomatico è un soggetto chiaramente più vulnerabile rispetto alla popolazione normale, e quindi più suscettibile a complicanze dopo manovre mediche invasive Questo caso potrebbe essere un ulteriore conferma, di un dato ribadisco che peraltro è già noto, che in determinate categorie di pazienti, il trattamento con schiuma sclerosante è da evitare. Il problema è però un altro come prevenirlo, in quanto non sempre un’accurata anamnesi possa essere di aiuto. Risulta dunque importante identificare una categoria a rischio in quanto non è immaginabile fare eseguire a tutti i pazienti con insufficienza venosa che vogliamo trattare con schiuma sclerosante accertamenti diagnostici certa13


Questionario AFI: Cosa ti aspetti dall’Associazione?

Modulo compilabile direttamente sul PDF

Cara Socia,caro Socio L’AFI ha tanti progetti ma quello che è importante per noi è la tua opinione. Ti chiediamo pochi minuti del tuo tempo per compilare un questionario su ciò che tu ritieni prioritario per la nostra professione e per l’associazione stessa. Puoi spedire la risposta a segreteria@associazioneflebologicaitaliana.it e ricorda che siamo sempre a disposizione per ogni chiarimento. Se preferisci scarica il questionario in formato WORD cliccando QUI Nome e Cognome

1 Quali sono gli obiettivi più importanti per un’associazione come l’AFI?

2 Quali sono le priorità?

3 Ritieni adeguato un congresso nazionale ogni due anni?

4 Cosa ti ha reso più insoddisfatto dalla tua partecipazione in altre Società Scientifiche?

5 Quali sono i media con i quali l’AFI dovrebbe comunicare con il pubblico?

6 Ritieni utile un sostegno attraverso l’AFI per ricerche scientifiche?

7 Credi che la nostra associazione dovrebbe cercare di far riconoscere ufficialmente la figura del Flebologo?

8 Quali sono stati fino a questo momento i tuoi riferimenti per la formazione in campo flebologico?

9 Vorresti che a livello congressuale venissero effettuati corsi per il personale di supporto allo studio flebologico? Commenti:

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Metodo semplificato di iniezione endovenosa di micro mousse di Trombovar® all’1% con ago cannula (metodo MS): un’efficacia stabile confermata dai risultati a 2 anni

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr.ssa Patrizia Pavei - PD patrizia.pavei@sanita.padova.it

M. Sica, G. Biasi, E. George Phlebologie 2006,59; n.4,339-342

RIASSUNTO

ottimo rapporto costo/beneficio, elemento questo sempre più attuale in materia sanitaria. Richiede una buona competenza nella diagnostica ecografia, nell’utilizzo delle mousse sclerosanti e nel posizionamento endovenoso dei cateteri.

L’articolo, uno studio prospettico randomizzato con un follow up di 2 anni, descrive una tecnica di ecosclerosi della vena grande safena e piccola safena, usando il Metodo Semplificato (Metodo MS) d’iniezione di micromousse sclerosante di Trombovar® all’1%. Questa tecnica prevede l’utilizzo di un agocannula 20G lungo 30mm o 18G lungo 45mm, nel caso di safene più profonde, di una prolunga per connettere l’ago alla siringa, di 2 siringhe da 10ml e di un connettore a 2 vie. Il farmaco utilizzato è stato il Trombovar all’1%. La tecnica prevede: 1) posizionamento sotto guida ecografia dell’agocannula connesso alla prolunga; 2) fissazione del catetere con un cerotto ed iniezione della micromopusse preparata estemporaneamente; 3) posizionamento di un bracciale gonfiabile a livello di gamba per evitare il passaggio della schiuma di trombovar all’1% nelle varici, che verranno sclerosante in seguito con minori concentrazioni; 4) dopo l’iniezione compressione alla crosse safeno-femorale o safeno-poplitea e posizionamento di contenzione elastica per 1 settimana. Gli autori hanno incluso nello studio sia vene grandi safene (GS) che piccole safene(PS) con un diametro misurato a 30mm dalla giunzione tra 6-18mm. Si tratta di 359 GS e 184 PS, per le quali è stato usato Trombovar 1% in quantità tra i 6 e 25 ml aseconda del diametro del vaso. RISULTATI: obliterazione del 95,7% delle vene trattate a 7 giorni; ad 1 anno totale obliterazione nell’86,9% delle GS e nell’89,6% delle PS; a 2 anni totale obliterazione nell’81,8% delle GS e nell’83,7% delle PS. Gli autori concludono che il metodo MS è una tecnica endovenosa non invasiva adatta a qualunque tipo di vena, alternativa alle altre tecniche endovenose, con un

COMMENTO

La tecnica presentata propone di utilizzare un ago-cannula per l’iniezione della mousse sclerosante, consentendo così l’iniezione in sicurezza anche di grosse quantità di sclerosante (fino a 25ml in questa casistica). Tale tecnica, già in passato proposta da vari autori (Grondin fu il primo ancora quando si usavano gli sclerosanti liquidi), ha inoltre il vantaggio di permettere di usare la stessa via venosanel caso di insorgenza di complicanze, per la somministrazione di farmaci. La casistica presentata ha una percentuale di occlusioni a 2 anni dell’81,8% per la GS e dell’85,7% per la PS, che si allinea con i dati presenti in letteratura, con una casistica importante di 543 casi trattati (359 GS e 184 PS). Gli autori porpongono tale tecnica per vasi di qualunque calibro, anche importante, anche se nei risultati non viene descritta in dettaglio la casistica e non vi è un’analisi stratificata per dimensione, così come non è chiaro quanti dei 543 casi abbiano completato il follow up a 2 anni. E’interessante notare che gli autori hanno preferito l’uso del Tetradecilsolfato di Sodio al Polidocanolo, forse considerandolo uno sclerosante maggiore. La contenzione elastica sembra essere stata usata per 1 sola settimana, nonostante questo con una modesta incidenza di complicanze flebitiche. L’articolo presentato conferma l’interesse e la validità della tecnica sclerosante ecoguidata con mousse che ormai si sta delineando come una valida ed economica alternativa alle altre tecniche endovascolari. 15


Metodo semplificato di iniezione endovenosa di micro mousse di Trombovar® all’1% con ago cannula (metodo MS): un’efficacia stabile confermata dai risultati a 2 anni COMMENTO

COMMENTO DI Dr. Sergio Amitrano - NA sergioamitrano@virgilio.it

anni abbiamo di molto trascurato la persona (paziente) in nome dei famigerati D.R.G., come se la salute fosse considerata solo una voce del bilancio di una ASL. Invece la mininvasività e la maneggevolezza della tecnica di scleromousse sono due priorità nel trattamento della patologia varicosa della piccola safena e la scarsità di recidive nel lavoro dei colleghi francesi ne è una riprova. Una cosa è certa: il FLEBOLOGO MODERNO è e deve essere quella figura professionale capace di poter adattare tutte le tecniche disponibili, al soggetto che si presenta alla sua osservazione e che affida a lui proprio quella salute che è e rimane il bene più prezioso.

La problematica dell’approccio terapeutico, chirurgico e non, nell’ambito della patologia varicosa del territorio della piccola safena, è sempre stata oggetto di ampie discussioni. L’articolo, sulla esperienza della scleromousse ecoguidata, della “Clinique de la Veine Hopital Americain de Paris” mette in evidenza due aspetti fondamentali: 1) la mininvasività; 2) l’economicità. Tuttavia sembra del tutto secondario occuparsi dell’aspetto economico, in quanto ritengo che negli ultimi

Le malformazioni vascolari come causa di tromboembolismo cronico e ipertensione polmonare

RIASSUNTO E COMMENTO DI Dr. Byung-Boong (B.B.) Lee Washington, U.S.A. bblee38@gmail.com

Oduber CE; Gerdes VE; van der Horst CM; Bresser P J Plast Reconstr Aesthet Surg 2009 May;62(5):684-9

RIASSUNTO

COMMENTO

Viene riferito di quattro pazienti con tromboembolismo cronico e ipertensione polmonare (CTEPH) dovuti presumibilmente a episodi ricorrenti di embolia polmonare da malformazioni vascolari a basso flusso e viene effettuata una revisione della letteratura. Le malformazioni venose come la sindrome di KlippelTrenaunay KTS) possono essere associate con ipercoagulabilità, trombosi ed episodi di embolia polmonare recidivanti cioè a CTEPH. Dal momento che molti medici non conoscono il rischio di complicazioni di queste patologie, tali complicazioni possono essere diagnosticate con ritardo.

L’embolia polmonare (EP) in una sindrome KTS è stata involontariamente ignorata per anni malgrado il rischio che una malformazione venosa (MV) possa complicarsi in tal senso. Questo è un articolo ben fatto in quanto è una review che comprende tutti i punti essenziali della KTS, delle MV e delle embolie polmonari legate a questa sindrome e vorrei congratularmi con gli autori per il loro contributo. Malgrado questo alcune affermazioni non sono accurate al 100% e ritengo necessario operare alcune correzioni per evitare errori o cattive interpretazioni. Innanzitutto è necessario comprendere la differenza tra 16


una sindrome di Klippel Trenaunay e una malformazione venosa. La KTS è un eponimo che rappresenta una condizione clinica di natura complessa basata su un gruppo di differenti malformazioni vascolari. Le malformazioni venose sono invece un gruppo di malformazioni vascolari congenite (MVC) spesso combinate a malformazioni linfatiche o capillari.Quindi la KTS rappresenta una condizione clinica, non solo poche malformazioni vascolari congenite ma anche il loro esito secondario riflettendo una molteplicità di anomalie coinvolgenti i tessuti molli o lo scheletro.Questa distinzione dovrebbe essere chiaramente compresa per evitare errori legati alla mancata comprensione delle priorità (per esempio interventi ortopedici per controllare l’ipertrofia ossea). Il principio che ci deve guidare è che la lesione primaria va considerata per prima mentre le conseguenze vanno trattate secondariamente. Vorrei quindi che l’era egli eponimi (Klippel-Trenaunay Syndrome, Parkes-Weber Syndrome, Gorham’s Syndrome, Sturge-Weber Sindrome ecc ecc) finisse una volta per tutte. Non c’è nessun vantaggio a basarsi sugli eponimi e in alcuni casi una documentazione basata su questi potrebbe essere considerata una mancanza in termini medico-legali.All’inizio del XX°secolo non era possible spesso fare una diagnosi precisa ed era frequente fare solo una descrizione della patologia, ma oggi tutto è differente.Quando I medici francesi Maurice Klippel e Paul Trenaunay nel 1900 incontrarono due pazienti con questo problema fecero solo la migliore descrizione possible a quell tempo:: lesione angiomatosa della cute associata all’asimmetria dei tessuti molli e ipertrofia ossea “naevus variqueux osteohypertrophique”. Questa bizzarra condizione fu quindi denominata sindrome di KlippelTrenaunay e per secoli divenne la definizione di tutte le malformazioni vascolari. Questo però portò a un abuso di questa terminologia che venne usata per tutte le condizioni rare negando ai pazienti l’opportunità di un trattamento Malgrado che questo eponimo sia stato una guida per molti medici in passato, nel XXI° secolo, con tutti i progressi tecnologici che ci sono stati, non possiamo più fare questo tipo di errore. In secondo luogo bisogna differenziare le VM extratronculari, originate a uno stadio precoce dell’embriogenesi (spesso confuse con l’emangioma) da quelle tronculari che si generano più tardi. Queste due tipologie di VM si comportano in modo differente e solo quelle extratronculari hanno un potenziale evolutivo (spesso al menarca, in gravidanza, dopo trauma, chirurgia o terapia ormonale). Al contrario le lesioni tronculari hanno solo un impatto di tipo emodinamico sul circolo venoso che comunque può essere enorme in taluni casi. In terzo luogo tutte le MV hanno un rischio di coagulazione intravascolare. Spesso si possono osservare dei

fleboliti nelle lesioni extratronculari e una grossa malformazione può portare a una coagulopatia da consumo, molto differente dalla Kasabach-Merritt Syndrome nell’emangioma neonatale. Considero comunque che un rischio di questo tipo sia abbastanza basso e difficilmente viene considerato una sorgente di EP. Comunque nelle lesioni tronculari il rischio di EP è completamente differente ed è dovuto alla molteplicità di fattori emodinamici coinvolti. Il flusso e il volume ematico della vena marginale non si possono confrontare con quelli delle malformazioni extratronculari e una EP o una CTEPH si possono quindi osservare. Inoltre tutte le malformazioni vascolari che coinvolgono il sistema profondo dovrebbero essere controllate attentamente prescindendo dalla loro localizzazione per il rischio di trombosi e di embolia polmonare e finchè questo rischio non verrà eradicato, il rischio di EP acuta e di CTEPH continuerà a essere presente malgrado l’anticoagulazione, filtro cavale ecc. programma preliminare

DAY

26 Marzo 2011 VALET - Bologna

9.00 9.10

inizio lavori “come faccio a....” fare l’ecocolordoppler - seduta pratica con collegamento audio/video con il poliambulatorio

10.00 coffee break 10.30 “come faccio a....” fare i bendaggi 11.00 seduta presentazioni libere 12.00 assemblea soci AFI 13.00 pranzo 14.30 peer review: discussione di casi clinici proposti dai soci 16.00 coffee break 16.30 aspetti medico-legai della Flebologia: incontro con l’Avvocato e il Medico Legale 17.30 termine dei lavori

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